La Cultura 765
Carlo Azeglio Ciampi e Antonio Puri Purini, nel 2005.
Antonio Puri Purini
Dal Colle piÚ alto Al Quirinale, con Ciampi negli anni in cui tutto cambiò Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi
www.saggiatore.it (sito & eStore) Twitter @ilSaggiatoreEd Facebook il Saggiatore editore Š il Saggiatore S.p.A., Milano 2012
Dal Colle pi첫 alto ai miei figli Chiara, Giovanni, Ilaria, Giacomo
Sommario
Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi
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Introduzione
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1. Un nuovo inizio
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Consigliere diplomatico del capo dello Stato 25 – La politica estera negli anni 29 – Le responsabilità internazionali del presidente 32 – La diplomazia 37 – L’impostazione dei viaggi 42 – I primi impegni internazionali 49 – Dalla continuità alla discontinuità 56
2. Ciampi e la Germania
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L’Italia e la Germania 62 – Il rapporto fra i due presidenti 70 – L’impegno comune italo-tedesco in Europa 77 – Interrogativi tedeschi sull’Italia 81 – Da Rau a Köhler 96
3. L’impegno diretto Primi interrogativi 101 – Interrogativi sull’Italia 111 – Il caso Renato Ruggiero ministro 116 – Contatti europei 123 – La centralità dell’impegno europeo 131 – La collaborazione fra gli Stati fondatori 135
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4. Il semestre italiano e oltre
141
La vigilia 141 – Il debutto 144 – Il fallimento 153 – Una parabola discendente 156
5. Un’amicizia autentica
162
L’11 settembre 164 – Viaggio a Washington 171 – Le elezioni presidenziali del 2004 176
6. Il Quirinale e il conflitto in Iraq
181
Afghanistan e Iraq 181 – L’Italia di fronte al conflitto 184 – Effetti europei 193
7. Russia, Cina, India
198
La Federazione Russa 198 – Cina 204 – India 210
8. Mediterraneo, Africa, Balcani, America Latina
216
Il Mediterraneo 216 – Il mondo arabo e Israele 219 – L’Africa 229 – I Balcani 232 – America Latina 238 – Il seguito 244
9. I Paesi vicini e i viaggi di riconciliazione
246
Le motivazioni 246 – L’Adriatico 249 – La Slovenia 252 – La Croazia 253 – Un progetto di riconciliazione storica 258
10. La Santa Sede
263
Il Quirinale e la Santa Sede 266 – L’Europa e la Santa Sede 268 – Ciampi e Giovanni Paolo ii 271
11. Ambasciatore in Germania
280
Ciampi in Germania 292
Appendici Dieci anni dopo Intervista a Carlo Azeglio Ciampi sull’Europa e sull’euro
Note Indice dei nomi
295 297 307 317 323
Prefazione di Carlo Azeglio Ciampi
Quando Antonio Puri Purini nel corso di una delle sue visite – un’affettuosa consuetudine dopo il suo rientro da Berlino – mi mise a parte del progetto di questo libro, alla cui stesura, aggiunse, lavorava da tempo, per prima cosa gliene chiesi la ragione. La domanda sembrava anticipare, da parte mia, una certa perplessità sull’iniziativa. In verità anche in passato mi capitava di avere nell’immediato una reazione di una certa ruvidezza di fronte alle iniziative prospettatemi dai miei collaboratori, soprattutto se provenienti da quelli intellettualmente più vivaci e dotati di uno spirito intraprendente. È stato così nei lunghi anni della Banca d’Italia; altrettanto è avvenuto alla presidenza del Consiglio e al ministero del Tesoro. E anche ora che la mia «condizione professionale» ha pressoché azzerato le occasioni in cui mi si chiede di vagliare iniziative e progetti, mi rendo conto di mantenere lo stesso atteggiamento: sono ormai convinto che sia un modo di saggiare le motivazioni dell’interlocutore.
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Conoscendo Puri Purini non dubitavo che, illustrandomi il progetto, ne avrebbe sostenuto le ragioni con dovizia e solidità di argomenti; la risposta che ricevetti, tuttavia, fu per certi versi spiazzante. Disse di avvertire come «doveroso» – al termine della sua attività al servizio della Repubblica – dare una testimonianza sul significato del servire lo Stato e, più in generale, le istituzioni, così come lo aveva osservato, vissuto, praticato durante la sua esperienza di consigliere diplomatico del presidente della Repubblica. Che cosa avrei mai potuto obiettare di fronte a siffatto intendimento? Le istituzioni, in generale, non godono presentemente di buona salute; la loro gracilità non trova certo ricostituente efficace in uno spirito di servizio neghittoso oppure sfacciatamente «piegato» a interessi di parte. Allora perché non dare voce a chi, movendo da un’esperienza professionale, mette al centro della riflessione non già e non tanto la propria vicenda personale, quanto piuttosto un costume civile; un metodo di lavoro. Chiamo metodo, per comodità di espressione, ciò che più correttamente si dovrebbe definire come insieme di valori etici assunti a criterio-guida dell’agire nell’interesse generale. Prima che cominciasse il nostro rapporto non conoscevo personalmente Antonio Puri Purini; disponevo però di credenziali che ne tracciavano un profilo combaciante con quello che mi prefiguravo essere il mio consigliere diplomatico. Non secondario era il fatto che oltre alle capacità professionali e al senso delle istituzioni di cui aveva dato sicura prova nel corso della carriera, una particolare sottolineatura veniva riservata alla sua convinta fede europeista. Posso affermare, a posteriori, che è stata l’Europa il sigillo
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del nostro rapporto di collaborazione. Terminato nell’aprile del 2005, esso ha successivamente lasciato il posto a una consuetudine amicale, resa da ultimo più intensa dalla comune apprensione per l’infiacchirsi dello spirito europeo, esposto ai venti perigliosi della crisi economica. La preoccupazione per il futuro dell’Europa ha finito per essere argomento pressoché esclusivo dei nostri incontri. Questa insistenza sulla «voce» Europa serve a mettere in luce la peculiarità di questo rapporto di lavoro. Se, infatti, il sentimento europeo di Antonio Puri Purini fosse stato meno radicato o solo convenzionalmente manifestato, non per questo egli sarebbe stato per me un collaboratore meno valido di quel che è stato. Certamente, però, il nostro rapporto non si sarebbe giocato su quel terreno ideale dove anche tutte le altre partite in cui siamo stati impegnati hanno trovato un humus particolare, che ha reso più fecondo il nostro lavoro e che ha fatto di Puri Purini quella peculiare figura di collaboratore che queste mie brevi note vogliono tratteggiare. Quando prese avvio la nostra collaborazione il progetto europeo stava vivendo uno dei suoi momenti più alti: l’euro era divenuto realtà. Per l’Italia, il raggiungimento di un traguardo inseguito con tenacia d’impegno, con passione, con sacrificio; forse una delle ultime occasioni in cui gli italiani sono stati capaci di ritrovarsi uniti intorno a un obiettivo condiviso, facendo sentire il sostegno della volontà popolare alle autorità di governo impegnate nel difficile compito. Un compito che ci demmo allora come missione. L’Europa, che è stata la «cifra» del nostro rapporto, occupò da subito un posto centrale nei nostri incontri, nei nostri
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scambi di opinione. Potevano essere vere e proprie riunioni di lavoro; spesso erano conversazioni improvvisate, al di fuori dell’agenda degli impegni. Questi confronti nati sovente in modo casuale, sulla scia di una notizia, di un fatto che ci trovavamo a commentare, proprio perché sollevati dall’assillo del contingente, si prestavano «a studiare» questo mio collaboratore, che mi piaceva sollecitare e coinvolgere in discussioni sui più diversi argomenti. La varietà dei temi che affrontavamo e la forza del suo argomentare mi confermavano che su Antonio Puri Purini avrei potuto contare con la garanzia offerta da una professionalità di eccellente livello. Quegli scambi, talora estemporanei, mi consentivano anche di metterne a fuoco la personalità decisa, il carattere fermo, le convinzioni sicure, frutto di autonoma elaborazione. Convinzioni che era pronto a difendere con energia e non senza una discreta dose di vis polemica. Quest’ultima, non raramente nel prosieguo del nostro lavoro, mi avrebbe visto nel ruolo di mediatore all’interno della «squadra» dei miei collaboratori. D’altra parte questo è un prezzo che ho sempre pagato di buon grado, persuaso come sono che il collaboratore migliore sia quello che non cerca di «anticipare» l’opinione del capo, ma quello che, con argomenti solidi, eventualmente la contrasta, avanzando alternative convincenti, migliori. Devo precisare che quali che fossero le opinioni e i giudizi di Antonio Puri Purini, condivisibili o meno, essi erano sempre ispirati e maturati sullo sfondo di un profondo spirito di servizio; di un assoluto rispetto delle istituzioni; opinioni e giudizi limpidamente scevri di interesse personale.
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Alla condivisa fede europea che tanto ha propiziato il nostro rapporto non fu estranea, credo, la comune predilezione per la cultura tedesca, con la quale entrambi avevamo avuto commerci fruttuosi e frequentazioni assidue negli anni giovanili: ambedue soggiogati dal genio di Goethe, affascinati dalla profondità del pensiero kantiano; rapiti dall’arte sublime di Bach e di Beethoven. Non sorprenda, quindi, la sintonia tra noi – una certa condivisa Weltanschauung – e un modo di guardare alla Germania come interlocutore privilegiato per far progredire il processo di integrazione del Vecchio continente: nella fattispecie, per procedere speditamente al superamento dello stato di incompiutezza dell’Unione Europea dopo la creazione dell’euro. Innanzitutto per l’assenza di una comune politica economica; una grave «zoppia» rispetto alla politica monetaria unica, esercitata da un organismo sovranazionale, di tipo federale, qual è la Bce. Stendo queste brevi note per adombrare a grandi linee la personalità e il modus operandi di un servitore dello Stato, per come l’ho conosciuto e apprezzato; esse si astengono dall’entrare nel contenuto del libro. Puri Purini, tra le numerose esperienze professionali maturate nel corso della prestigiosa carriera percorsa in diplomazia, ha scelto di raccontarne qui il tratto compiuto presso la presidenza della Repubblica. Esperienza che egli considera profondamente significativa sul piano soggettivo e allo stesso tempo paradigmatica di un corretto rapporto con le istituzioni e nelle istituzioni. Questo il leitmotiv che egli propone; dirà il lettore se e in che misura tale proposta sia condivisibile.
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Quale che sia l’opinione del lettore, a mia volta propongo a mo’ di chiusa e a ideale suggello di queste note, in cui ho cercato di lumeggiare la «qualità» umana di un rapporto di collaborazione, un passaggio di Karl Jaspers che rimanda a quel comune terreno ideale evocato all’inizio; sostrato su cui si sviluppa la narrazione di Puri Purini; primum movens del libro, che in questo passaggio credo trovi la sua chiave di lettura autentica: Come europei, possiamo volere soltanto un mondo in cui l’Europa abbia il suo posto, ma in cui né l’Europa, né un’altra civiltà predomini sul resto; un mondo in cui gli uomini consentano vicendevolmente alla libertà altrui e partecipino con gli altri in reciproca solidarietà.
febbraio 2012
Introduzione
Dal 1999 al 2005 sono stato testimone privilegiato, come consigliere diplomatico del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, di anni turbolenti e importanti. Ho vissuto anche una straordinaria esperienza professionale e umana. Collaboravo con una personalità che aveva uno speciale rispetto per le istituzioni, condividevo una forte sintonia di pensiero, operavo in un luogo, il palazzo del Quirinale, colmo di suggestivi riferimenti storici e simbolo della solennità dello Stato. Per di più, condividevo il metodo di lavoro di Ciampi («sta a noi essere capaci di risolvere un problema»), la lucida visione degli interessi italiani, lo sforzo di capire lo sviluppo degli eventi, la concretezza dell’azione, la capacità d’ispirarsi in maniera non retorica al passato. Mi piaceva infine assaporare giornalmente la solida cultura umanistica che faceva parte integrante nelle nostre giornate. Dopo aver lasciato la diplomazia nel 2009, ho riflettuto a lungo prima di cominciare a scrivere. Avevo condiviso con il presidente momenti complessi e incalzanti. Mi coinvolsero, an-
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che emotivamente, nella trattazione dei problemi che ricadevano sotto la mia responsabilità. Sarebbe stato un peccato non fornire un contributo alla loro conoscenza. Ho quindi raccontato il mondo visto dal Quirinale e l’opera del presidente nel tutelare l’autorevolezza del Paese, nel tenere la rotta, nell’affrontare le oscillazioni della politica estera italiana e l’indebolimento del processo unitario europeo. Voglio esprimere la mia gratitudine al presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Se non avessimo condiviso un lungo e appassionante cammino intellettuale, non avrei potuto scrivere questo libro. Sono riconoscente alla signora Franca Ciampi per la sua capacità di creare conversazioni gradevoli e intelligenti. Ringrazio Stefano Folli, Maria Teresa Pandolfi, Andrea Riccardi, Luigi Zanda, per molti utili suggerimenti. Ricordo ugualmente due indimenticabili collaboratori, Stefano Stefanini e Maria Letizia Puglisi. Sono grato all’ex presidente della Commissione europea Jacques Delors e all’ex presidente della Convenzione sul futuro dell’Europa Valéry Giscard d’Estaing: il tempo che mi hanno dedicato mi ha permesso di puntualizzare momenti significativi della collaborazione con il presidente Ciampi durante gli anni del dibattito sul trattato costituzionale europeo. Aurelio Pino, editor del Saggiatore, mi ha fornito indicazioni preziose nella revisione e nella messa a punto del testo, mettendomi sulla buona strada per non abusare della pazienza dei lettori. Spero d’esserci riuscito. La collaborazione con Pino mi ha ricordato l’aforisma di Theodor Adorno secondo cui «non c’è correzione, per quanto marginale o insignificante, che non valga la pena d’effettuare».1
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Quando si raccontano vicende controverse e complesse è impossibile essere obiettivi. L’importante è l’autenticità della testimonianza, il rispetto della verità. Su questo posso mettere le mani sul fuoco. Ho omesso giudizi personali su situazioni e persone che potevano urtare suscettibilità. Fra dieci anni sarebbe diverso, oggi è prematuro. È possibile che abbia commesso degli errori. Me ne assumo la responsabilità. Un ringraziamento davvero speciale va a mia moglie Rosanna e ai miei figli Chiara, Giovanni, Ilaria e Giacomo. Ho scritto gran parte di questo libro in mesi problematici. Combattevo su due fronti: da un lato la scrittura, dall’altro la salute. Mi sono stati vicini in ogni momento della giornata, sostenendomi e proteggendomi con grande affetto. Mi hanno fornito molti utili consigli di cui ho tenuto conto nella redazione del manoscritto. Soprattutto mi hanno dato con generosità la serenità e la solidarietà necessarie per concentrarmi su questo lavoro.