Lynda Gratton
Il Salto Reinventarsi un lavoro al tempo della crisi Traduzione di Luca Larcher
www.saggiatore.it (sito & eStore) Twitter @ilSaggiatoreEd Facebook il Saggiatore editore © Lynda Gratton, 2011 © il Saggiatore S.p.A., Milano 2012 Titolo originale: The Shift
Il Salto Ai nipoti di mia madre Barbara – la «generazione rigenerante» – Carla, Max, Christian, Frankie, Dominic, Hunter, Freddie, Tilly, Jasmine, Eve e Summer
Sommario
Prefazione. Il lavoro di domani inizia oggi Introduzione. Prevedere il futuro del lavoro PRIMA PARTE.
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Le cinque forze che modificheranno il vostro futuro
1. Le cinque forze SECONDA PARTE.
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Il lato oscuro del Futuro di Default
2. Frammentazione: un mondo di tre minuti
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3. Isolamento: la genesi della solitudine
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4. Esclusione: i nuovi poveri TERZA PARTE.
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Il lato positivo del Futuro Creattivo
5. Co-creazione: la moltiplicazione dell’efficienza e dell’energia 138 6. Partecipazione sociale: l’ascesa dell’empatia e dell’equilibrio 156 7. Microimprenditorialità: costruire vite creative QUARTA PARTE.
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Il Salto
8. Il primo Salto: da vago generalista a vero maestro
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9. Il secondo Salto: da competitore isolato a connettore innovativo
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10. Il terzo Salto: da consumatore vorace a produttore appassionato
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QUINTA PARTE.
Appunti per il futuro
Appunti per bambini, amministratori delegati e governi
297
Ringraziamenti
305
Note
307
Bibliografia
331
Indice analitico
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Prefazione. Il lavoro di domani inizia oggi
Tutto è cominciato con una di quelle semplici domande che spesso ti rivolgono i ragazzi. Mentre facevo colazione, i miei pensieri sono stati interrotti dal mio primogenito Christian, diciassettenne, che appena finita la scuola stava riflettendo sul suo futuro. «Mi piacerebbe molto diventare un giornalista» disse. Suo fratello Dominic, di due anni più giovane, forse ispirato da quell’affermazione, lo ha seguito dicendo: «E io sto pensando di studiare medicina». Entrambe le frasi furono pronunciate in modo abbastanza interrogativo, le ho prese più come domande che come dichiarazioni. Essendo professoressa di gestione aziendale e consulente manageriale da più di tre decenni, mi considero abbastanza esperta sul perché e il per come del lavoro. Ovviamente sono anche la prima a riconoscere che i miei figli, poiché adolescenti, probabilmente non si interesseranno molto alla mia opinione. Ma quella mattina sono stata folgorata dal pensiero che avrei dovuto avere almeno un punto di vista sul futuro del lavoro. Il problema era questo: qual era il mio punto di vista? Mi sono resa conto che, nonostante gli anni di consulenza aziendale e le mie ricerche sul lavoro, tutto quello che potevo mettere assieme quella mattina erano delle convinzioni piuttosto antiquate e sciocche, assieme a scampoli di dati straordinariamente incompleti e del tutto superati. Nei mesi successivi, riflettendo sulle domande dei miei figli, ho scoperto che sempre più persone mi chiedevano informazioni sul proprio
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futuro lavorativo. Uno degli studenti più intelligenti della mia classe al Master in Businness Administration (MBA) voleva sapere come avrebbe potuto crearsi una vita lavorativa che gli permettesse di essere un padre presente nella vita familiare. Mi spiegò che per lui era fondamentale passare più tempo con suo figlio che ancora doveva nascere di quanto non avesse fatto suo padre con lui. Altri volevano sapere dove vivere per poter lavorare meglio, quali competenze sviluppare e a quale carriera dedicarsi. Allo stesso tempo, i dirigenti a cui insegnavo volevano sapere quando andare in pensione, cosa fare una volta raggiunti i sessantacinque anni, come prendersi un anno sabbatico e come comunicarlo alle loro aziende. Poi, il mio gruppo di ricerca, assieme a dei colleghi di Unilever, ha sottoposto alcuni bambini sotto i dieci anni a un test, chiedendo di raccontare le loro idee sul lavoro. Ci hanno parlato di robot e transumani, di computer e riscaldamento globale. A soli dieci anni giocavano con questi scenari futuri. Infine, i dirigenti specializzati in risorse umane a cui insegno alla London Business School sembravano seriamente preoccupati del fatto che le loro aziende fossero troppo gerarchiche e burocratiche, troppo lente nell’adeguarsi ai trend emergenti nel mondo del lavoro. Ho iniziato a scrivere su alcune di queste preoccupazioni e domande durante la recessione globale che tra il 2009 e il 2010 ha scosso tutti. Ne sentivo in prima persona l’impatto nelle mie lezioni. Nel 2000, io e il mio collega Sumantra Ghoshal scegliemmo quattro aziende su cui scrivere dei case studies, che sarebbero poi stati usati come materiale didattico alla London Business School e in tutto il mondo. Optammo per aziende al tempo tra le prime cinque del loro settore, e che godevano dell’ammirazione generale. Per il settore bancario scegliemmo la Royal Bank of Scotland, per l’industria British Petroleum, tra le banche d’investimento Goldman Sachs, e Nokia per il settore tecnologico. A metà del 2010, la Royal Bank of Scotland aveva perdite enormi, tra le maggiori che la storia bancaria ricordi; British Petroleum aveva causato una perdita di petrolio nel Golfo del Messico ed era stata sanzionata dal Congresso americano per la sua responsabilità; e su Goldman Sachs pendeva una grossa multa della commissione di controllo sulla borsa. Solo Nokia ne uscì incolume, anche se il valore delle sue azioni era ridicolo in confronto a quello della potente Apple. E ovviamente, fino al 2009, ho diretto il Lehman Cen-
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tre alla London Business School. Persino gli accademici chiusi nelle loro torri d’avorio iniziavano a sentire gli effetti del cambiamento. Parlando con dirigenti di Nokia e di Reuters delle scoperte tecnologiche dietro l’angolo, con colleghi della Shell delle future sfide energetiche, e con altri accademici della crescita della sfiducia e dell’ansia che si poteva osservare nei lavoratori, iniziai a rendermi conto che stavo assistendo a qualcosa di più che non il semplice effetto di una recessione. In più, dai miei viaggi semestrali in India e Africa potevo chiaramente dedurre che questi continenti si stavano trasformando, ma in un modo diverso da quello a cui avevo assistito in altre occasioni. Iniziai a rendermi conto che le cose non sarebbero state come prima. Compresi che stavamo entrando in un periodo molto fluido, pieno di trasformazioni, e io non ero in grado di rispondere adeguatamente alle domande che mi venivano poste. Mi serviva un punto di vista sul futuro del lavoro più ragionato e ponderato, rispetto alle idee piuttosto vaghe e contraddittorie che avevo. Sapevo che le domande che mi venivano rivolte erano di fondamentale importanza. Il lavoro è ed è sempre stato uno degli aspetti più caratteristici della nostra vita. È dove incontriamo gli amici, ci entusiasmiamo e ci sentiamo creativi e innovativi. Ma potrebbe anche essere il luogo dove ci sentiamo frustrati, esasperati e sminuiti. Il lavoro è importante: per noi stessi come individui, per la nostra famiglia e i nostri amici, e anche per le comunità e le società in cui viviamo. Sapevo inoltre che molti degli aspetti del lavoro che negli ultimi vent’anni abbiamo dato per scontati – lavorare dalle nove alle cinque, rimanere sempre nella stessa azienda, passare del tempo in famiglia, prendersi dei fine settimana liberi, lavorare con persone che conosciamo bene – iniziavano a scomparire. E quello che stava arrivando al loro posto era molto più difficile da conoscere e capire – quasi troppo sottile per essere afferrato. Tuttavia, nonostante la difficoltà di capire il futuro, avevo bisogno di risposte, così come ne avevano bisogno le persone che mi avevano fatto tutte quelle domande. Ovviamente, anche tu hai bisogno di risposte. Forse non assolute. Come me, hai bisogno di un punto di vista, un’idea di base su quelli che sono i dati di fatto sul futuro, e un modo coerente di pensare al futuro in linea con la tua individualità e con ciò in cui cre-
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di. Tu, io, i miei figli e le altre persone per noi importanti, abbiamo tutti bisogno di capire il futuro del lavoro, perché dobbiamo prepararci a questo futuro. E preparare gli altri. Per capire meglio questi profondi cambiamenti, ho iniziato il mio viaggio con l’obiettivo di scoprire i futuri sviluppi del lavoro, cercando d’individuare quanti più dettagli possibili. Mi interessavano particolari della vita quotidiana come questi: cosa faremo io, i miei amici e i miei figli nel 2025? Come sarà la mia vita lavorativa alle dieci del mattino? Chi incontrerò per pranzo? Che compiti dovrò svolgere? Quali competenze saranno in ascesa e quindi più importanti? Dove vivrò? Come riuscirò a conciliare la famiglia e gli amici con il lavoro? Chi mi pagherà lo stipendio? Quando andrò in pensione? Volevo anche capire se nel futuro potrebbero cambiare i nostri pensieri e le nostre aspirazioni. Domande del tipo: come sarà la mia coscienza lavorativa nel 2025? A che genere di lavoro aspirerò? Quali saranno le mie speranze? Cosa mi terrà sveglia la notte? Cosa voglio per me stessa e per le persone che verranno dopo di me? Fatti quotidiani, fugaci momenti di riflessione che influenzeranno la tua vita lavorativa e quella dei tuoi colleghi, dei tuoi figli e dei tuoi amici. Dettagli importanti, sui quali si fondano le nostre vite lavorative. Presto mi sono resa conto che nonostante la semplicità delle domande, le risposte non sono scontate. Ho iniziato a pensare che non possiamo descrivere il nostro futuro lavorativo come una linea retta che unisce il passato al presente, per continuare nel futuro. Piuttosto, ho iniziato a vedere il futuro come un insieme di possibilità, una serie di opportunità, strade diverse tutte egualmente percorribili. Ma rimaneva la domanda di come utilizzare al meglio queste opportunità e queste possibilità. Mia madre è bravissima nel fare coperte a patchwork. Da piccola mi ricordo che metteva assieme scampoli di stoffa raccolti negli anni – usati, regalati da qualche amica o comprati. Ogni anno gli scampoli nella scatola del patchwork aumentavano, e mia madre li tirava fuori per controllarli. Tentava di assemblare una trama con i vari pezzi di tessuto. Cercava gli scampoli che si abbinavano meglio per creare un disegno che avesse senso. Una volta deciso quale pezzi tenere e quali scartare, iniziava a mettere assieme i pezzi che aveva tenuto. Spostava gli scampoli in posi-
Prefazione. Il lavoro di domani inizia oggi 13
zioni diverse, finché non decideva come unirli al meglio per fare una coperta. A questo punto li stendeva sul pavimento della sua stanza da letto per avere una prima idea del lavoro, poi iniziava a fare le prime imbastiture. Finito questo lavoro e risolti gli ultimi dubbi sulla posizione di qualche scampolo, iniziava la laboriosa e definitiva cucitura per unirli. Nello scrivere questo libro sul futuro del lavoro, mi sono ricordata di mia madre e delle sue coperte fatte con stoffe diverse. Spero sia rassicurante senza essere risibilmente ottimista e ingenuo, e illustrativo senza essere limitante. Nel mettere assieme questo libro ho seguito la stessa tecnica che usava mia madre per le sue coperte a patchwork. Nel corso degli anni, ho conservato molti scampoli di idee e qualcuna ne ho presa in prestito dagli amici. Più di recente, ho riunito un Gruppo delle grandi idee, con esperti di tutto il mondo perché potessero aiutarmi con idee e intuizioni. Poi, giunto il momento di cercare una trama, ho deciso cosa scartare e cosa invece conservare. Poi, come mia madre prima di me, mi sono imbarcata nel lungo lavoro di cucire i vari pezzi, per creare un patchwork sul futuro del lavoro. Questo libro è il risultato di quella lunga operazione. Credo fermamente che la scala dei cambiamenti cui assisteremo in questo decennio metterà seriamente in discussione alcune delle convinzioni che abbiamo mantenuto con tenacia riguardo a cosa serva per arrivare al successo. Ignorare questi cambiamenti è pericoloso e sconsiderato. Ma è anche ingenuo pensare che ciò che ha funzionato nel passato funzionerà anche nel futuro. Farlo vorrebbe dire mettere a repentaglio il nostro futuro lavorativo e quello dei nostri cari. Prevedere il futuro del lavoro e creare una vita lavorativa che porti felicità e soddisfazione sono due tra i regali più preziosi che puoi fare a te stesso e ai tuoi cari. Non aspettare che sia troppo tardi per riflettere e prendere l’iniziativa.
Introduzione. Prevedere il futuro del lavoro
Perché adesso? Oggi siamo testimoni di una rottura con il passato tanto importante quanto quella a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, quando una parte del mondo iniziò il lungo processo di industrializzazione. Quello che conosciamo come lavoro – ciò che facciamo, dove lo facciamo, come e quando – è cambiato fondamentalmente quando la Rivoluzione industriale lo trasformò, a partire dalla Gran Bretagna, tra la fine del XVIII secolo (intorno al 1760) e l’inizio del XIX (intorno al 1830).1 Sembra probabile che il periodo verso cui ci stiamo muovendo porterà cambiamenti di pari portata, anche se ovviamente gli esiti sono molto meno chiari. Per avere un’idea di come la velocità dei cambiamenti possa spazzare via così tante convinzioni, consideriamo il periodo tra il 1760 e il 1830. In meno di un secolo – si tratta di solo quattro generazioni – c’è stato un cambiamento fondamentale e irreversibile nel Regno Unito, che ha poi coinvolto il resto del mondo, mentre l’industrializzazione si diffondeva prima in Europa e poi in Nord America. Prima di quel periodo, il lavoro – che fosse arare un campo, tessere la lana, soffiare il vetro o modellare il vasellame – era un’attività artigianale, in larga parte domestica, che usava abilità antiche, meticolosamente sviluppate. Dal tardo XVIII secolo in poi, queste abilità hanno iniziato a trasformarsi in seguito allo sviluppo del settore manifatturiero, che travalicava i limiti della produzione artigiana.
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Oltre duecento anni dopo, guardando a questa storia con il senno di poi, possiamo imparare molto sulla traiettoria e la velocità dei cambiamenti nelle vite lavorative. La Rivoluzione industriale è iniziata in modo graduale, cambiando lentamente le vite dei lavoratori. La crescita economica in quel periodo è stata poco più dello 0,5 per cento annuo pro capite, e sebbene adesso siamo soliti pensare che il leitmotiv del tempo fossero le «oscure macchine sataniche», in realtà il settore tessile spesso rappresentava meno del 6 per cento del Pil inglese. In effetti, la crescita della produttività di quel periodo era lenta, se considerata con standard moderni.2 Si è trattato di un’evoluzione piuttosto che di una rivoluzione; un processo graduale, non un cambiamento violento, basato su una serie di continui piccoli sviluppi piuttosto che su innovazioni radicali. A chi era vissuto in quel periodo, non sarebbe sembrato un tempo d’immensi cambiamenti, ed è solo guardando al lungo corso della storia che l’intensità di quella trasformazione può essere messa in prospettiva. Il nocciolo di ogni rivoluzione nell’ambito del lavoro è inevitabilmente un cambio nell’impiego dell’energia. Le vere innovazioni nella produzione di merci o servizi sono il risultato della scoperta di nuove fonti di energia o metodi radicalmente più efficienti per utilizzare quelle esistenti. La Prima rivoluzione industriale, anche se ebbe un impatto sulle vite lavorative, non fu una rivoluzione energetica. Il movimento che si verificò, dall’agricoltura all’industria, non fu totalmente innovativo; l’artigianato rimaneva la prima attività produttiva. Tutto questo si riflette nei modesti tassi di crescita registrati tra fine Settecento e inizio Ottocento. La vera rivoluzione nelle vite lavorative della gente è avvenuta nella seconda metà del XIX secolo, quando gli scienziati britannici, diversamente dai loro colleghi europei, iniziarono a sperimentare. È stata questa cultura dell’innovazione, con le idee di una ristrutturazione organizzativa e tecnologica che vennero rapidamente raccolte da imprenditori e industriali, a trasformare le vite lavorative, permettendo a una nuova classe di emergere ed eccellere. Fu la nascita della classe degli ingegneri e della cultura dell’innovazione.3 La vera trasformazione del lavoro arrivò con un cambio nell’uso dell’energia – la potenza del vapore integrata al nascente sistema industriale. Una nuova forma di energia quindi, unita a uno spirito impren-
Introduzione. Prevedere il futuro del lavoro 17
ditoriale e innovativo. Il vapore è stato integrato nel processo produttivo come nuova fonte di energia solo quando il motore è stato combinato con una cultura ingegneristica in via di affermazione. Nei cinquant’anni che seguirono gli ultimi decenni del XIX secolo è successa una vera rivoluzione. L’affermazione di una nuova classe di ingegneri evidenzia la professionalizzazione delle scienze applicate e la ricerca istituzionale dell’innovazione. Ne è seguita una trasformazione della vita delle persone, prima in Inghilterra poi nel resto del mondo sviluppato. Il lavoro diventò più irreggimentato, più specializzato. I luoghi e gli orari più compartimentalizzati e gerarchici. Era lo stato embrionale del fordismo: l’ascesa degli ingegneri come organizzatori dell’attività economica e il declino degli artigiani. La disposizione di una fabbrica era tanto importante quanto le tecnologie al suo interno, incarnando la struttura di potere dell’organizzazione. Nella Seconda rivoluzione industriale, gli ingegneri ridisegnarono le fabbriche per collocare gli impiegati nelle linee di produzione. In questo processo i lavoratori persero la loro autonomia, diventando intercambiabili come le parti che producevano. Guardando al mondo in cui abitiamo oggi e ai decenni a venire, osserviamo il potenziale rovesciamento di quel trend, un passaggio da un lavoro gerarchico e intercambiabile, dominato da abilità generaliste, a un lavoro caratterizzato da una maggiore collaborazione orizzontale e da competenze specialistiche. È evidente che le trasformazioni odierne sono importanti quanto quelle passate. Ancora una volta sono alimentate da un cambiamento energetico (in questo caso la capacità di calcolo); di nuovo si alternano periodi di cambiamento più rapido e rallentamenti; e ancora una volta dipendiamo da una nuova serie di competenze tecniche e da una classe emergente di persone specializzate.4 Tuttavia, come vedremo, questa volta l’impatto della Rivoluzione industriale è globale e non locale, e la sua velocità ancora più accelerata. Ed è probabile che la rottura con il passato sia egualmente forte. Siamo all’apice di un enorme cambiamento creativo e innovativo che trasformerà profondamente le vite quotidiane delle persone di tutto il mondo.
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Assemblare il futuro Di fronte all’importanza di questi cambiamenti, come possiamo spiegarceli, e al contempo assicurarci che noi e i nostri cari siamo in grado di ottenere il meglio dai prossimi decenni? Ho usato la storia di mia madre e delle sue coperte come metafora del compito che tutti noi abbiamo di fronte nel prepararci per ciò che verrà. Mentre cercavo di spiegarmi il futuro – in un certo senso cucendo assieme i pezzi che ritenevo importanti – in certi momenti non riuscivo a non essere travolta dalla profonda complessità di questo compito, in modo molto simile a come sospetto mia madre si sia sentita all’inizio del suo lavoro con la coperta. Talvolta mi chiedo se valga effettivamente la pena di tentare di fare delle previsioni sulle nostre vite lavorative nel 2020, 2025 o oltre, fino al 2050. Tuttavia, la cosa che mi ha spinto ad andare avanti è che più imparavo, più mi rendevo conto che anche se il compito era molto complesso valeva assolutamente la pena di tentare. Ne vale la pena, perché tu, io e tutte le persone che ci sono care abbiamo bisogno di una qualche descrizione realistica di un possibile futuro, per prendere delle decisioni sensate. Mettiamola così: io ora ho cinquantacinque anni e posso aspettarmi di viverne più di ottanta, forse novanta. I miei figli hanno sedici e diciannove anni e potrebbero vivere per più di un secolo. Se lavoro fino a settant’anni, allora arrivo al 2025 lavorando, e se i miei figli facessero lo stesso lavorerebbero ancora nel 2060. Fai un momento gli stessi calcoli per te e per le persone che ti sono care. Ovviamente non devi prendere subito tutte le decisioni che riguardano la tua vita lavorativa. Nel caso dei miei figli, per esempio, mi aspetto che si adatteranno, cambiando e trasformandosi nel corso dei prossimi cinquant’anni – come ho fatto anch’io nella mia carriera. Tuttavia, non sarebbe utile avere una descrizione di qualche tipo delle storie di vita futura, degli scenari di scelta, per guidarci e darci qualche ispirazione? Abbiamo bisogno di tutte queste cose, non solo per il nostro futuro locale o a breve termine, ma anche per comprendere i futuri più lontani e globali. Solo perché tu, io e i miei bambini «abbiamo bisogno» di una descrizione realistica del futuro, non significa che possiamo averla. Le previsioni sugli sviluppi futuri della tecnologia e della società sono notoriamente inaffidabili – tanto che alcuni hanno proposto di lasciarle perdere del
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tutto nel fare i nostri piani e preparativi per il futuro. Eppure, anche se i problemi metodologici in questo tipo di indagini sono molto significativi, credo che lasciar perdere del tutto le previsioni sia una scelta sbagliata.5 La ragione per cui oggi è così importante fare almeno un tentativo per dipingere un quadro realistico di ciò che ci aspetta è che non possiamo continuare a immaginare il futuro estrapolando semplicemente dal passato. Non sono in grado di immaginare la mia futura vita lavorativa semplicemente tracciando una linea retta a partire dalla vita lavorativa di mio padre, e nemmeno posso aspettarmi che i miei figli prevedano la loro vita lavorativa partendo dalla mia. Non sto dicendo che cambierà tutto. Ovviamente alcuni aspetti della vita lavorativa rimarranno inalterati; una delle sfide è capire proprio cosa rimarrà stabile. Come lo scrittore di fantascienza William Gibson ha detto in una famosa intervista, «il futuro è già qui, è solo distribuito in modo ineguale».6 Non è sempre stato così difficile fare deduzioni dal passato. Per gran parte della storia dell’umanità, le vite quotidiane sono state percepite – con eccezioni molto rare – come immutabili, tanto nelle loro condizioni materiali, quanto in quelle tecnologiche ed economiche. Percezione cambiata radicalmente dal XVIII secolo con la Rivoluzione industriale, quando le forze della natura, fino ad allora considerate indomabili, poterono essere controllate con l’applicazione della scienza e della razionalità.7 Nelle scorse sei generazioni sono avvenuti i cambiamenti più rapidi e profondi che si ricordino in cinquemila anni di storia documentata dell’umanità.8 Se l’economia mondiale continuerà a crescere allo stesso ritmo dell’ultimo mezzo secolo, quando i miei figli avranno la mia età attuale – nel 2050 – il mondo sarà sette volte più ricco di oggi, e la sua popolazione potrebbe superare i nove miliardi di persone, con un probabile, spettacolare aumento della ricchezza media.9 L’aspetto importante delle domande dei miei figli sul loro futuro è che loro stanno vivendo in un’era di rottura con il passato della stessa portata della Rivoluzione industriale. Le cause di quel cambiamento furono il carbone e l’energia a vapore. Questa volta il cambiamento non sarà il risultato di una sola forza, ma piuttosto una sottile combinazione di cinque diverse forze: l’esigenza di un’economia a basse emissioni inquinanti, il rapido sviluppo tecnologico, l’aumento della globalizzazione, i profondi cambiamenti nella longevità e nella demografia, e importanti mutamenti
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sociali, che assieme trasformeranno dalle fondamenta gran parte di quello che diamo per scontato sul lavoro. Non saranno solo le nostre routine e mansioni quotidiane a cambiare in modo radicale. Cambierà la nostra coscienza lavorativa, esattamente come l’era industriale ha cambiato la coscienza lavorativa dei nostri predecessori. La Rivoluzione industriale ha portato a un mercato di massa per le merci, e con questo mercato anche una riconfigurazione della mente umana verso un aumentato desiderio di consumo e accumulazione di proprietà e ricchezza. La domanda a cui ora dobbiamo rispondere è come la coscienza lavorativa dei lavoratori di oggi e di domani sarà trasformata dall’era della tecnologia e della globalizzazione in cui siamo entrati. Inevitabilmente, per i giovani il lavoro cambierà fino forse a diventare irriconoscibile, e quelli che sono già forza lavoro saranno impiegati in modi che fatichiamo persino a immaginare. Questa nuova ondata di cambiamento, come quelle che l’hanno preceduta in passato, sarà costituita da un processo graduale con probabili e imprevedibili grandi ondate. Riguarderà un aumento della globalizzazione, dell’industrializzazione e uno sviluppo della tecnologia. Ma come nel passato, questi cambiamenti porteranno anche qualcosa di qualitativamente diverso: nuove industrie basate sulle energie rinnovabili, sviluppi di Internet e, appunto, nuovi modi di pensare al lavoro.10 La realtà è che si può immaginare quello che ci attende solo per gradi; diversi aspetti del futuro del lavoro possono essere previsti con differenti gradi di affidabilità e precisione. Per esempio, posso prevedere con discreta accuratezza che i computer diventeranno più veloci, i materiali più resistenti e la medicina curerà più malattie, di modo che vivremo più a lungo. Altri aspetti, i flussi migratori, le temperature globali e le politiche governative, sono molto meno prevedibili. Per esempio, è più difficile ipotizzare come cambieranno le relazioni interpersonali e l’evolversi delle nostre aspirazioni. Se penso al mio futuro e a quello dei miei figli in rapporto all’incertezza attuale, allora ovviamente è una buona idea fare dei piani flessibili e seguire idee che rimarrebbero sensate anche se alcuni fattori contingenti dovessero cambiare. In altre parole, è saggio sviluppare delle strategie per rapportarsi all’incertezza. Tuttavia, è anche importante cercare di migliorare l’accuratezza della nostra concezione del futuro. Si tratta di un
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aspetto cruciale, perché, come mostrerò in seguito, ci potrebbero essere delle trappole sul nostro cammino, evitabili con delle previsioni ben fatte, oppure delle opportunità che potremmo cogliere molto prima, se saremo in grado di vederle in anticipo. Conoscere qualcosa del futuro aiuta nel prepararsi per quello che ci aspetta, influenza i consigli che dispensiamo e potrebbe avere un impatto fondamentale sulle nostre scelte, o su quelle della nostra famiglia, la nostra comunità o la nostra azienda; queste scelte riguardano le competenze che decidiamo di sviluppare, le comunità e i network su cui focalizziamo la nostra attenzione o le aziende e le organizzazioni con cui decidiamo di associarci.
Il Consorzio di ricerca sul futuro del lavoro Nonostante i miei tre decenni di studi sul lavoro, trovo che prevederne il futuro sia tremendamente difficile. Ecco perché ho creato un consorzio di ricerca, con l’obiettivo di mettere assieme idee e conoscenze da ogni parte del mondo. La ricerca si svolge ogni anno. È iniziata nel 2009 e con il passare del tempo il consorzio è diventato sempre più vario e globale. Ogni anno, iniziamo identificando le cinque forze che avranno il maggior impatto sul futuro (tecnologia, globalizzazione, demografia e longevità, società, risorse naturali); in seguito assembliamo i dati di fatto per ognuna di queste cinque forze, per poi presentarli ai membri. Il Consorzio di ricerca sul futuro del lavoro è forse uno degli esperimenti più affascinanti mai condotti, unendo le forze di manager, accademici e dirigenti aziendali così da creare in un certo senso un gruppo di esperti. Per esempio, nel 2009 i partecipanti erano più di duecento. Venivano da più di ventuno aziende di tutto il mondo, tra cui Absa (la banca sudafricana), Nokia, Nomura, Consulting Group (in India), Thomson Reuters e il ministero del Lavoro del governo di Singapore, assieme a due organizzazioni no profit, Save the Children e World Vision. Nel 2010, il numero delle aziende partecipanti è salito a quarantacinque, con più di quindici aziende asiatiche, tra cui SinTel a Singapore e Wipro, Infosys e Mahindra & Mahindra dall’India, e Cisco e Manpower dagli Stati Uniti. La ricerca è iniziata al principio di novembre 2009, alla London Busi-
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ness School, con la presentazione dei dati di fatto sulle cinque forze e la richiesta ai dirigenti di costruire una giornata del 2025 sulla base di quanto sentito. Poi abbiamo ripetuto questo esercizio con molte più persone a Singapore e in India. I discorsi che ne sono usciti sono il canovaccio delle storie che racconterò più avanti nel libro. Sono storie molto importanti, pur se fittizie, perché attraverso le descrizioni di una possibile quotidianità siamo in grado di immaginare le interazioni tra diverse idee e conoscenze. Ovviamente queste storie di vita del 2025 non sono previsioni, ma solo dei modi di vedere il futuro e unire diverse opinioni su di esso. A ogni modo, sono fondamentali perché ci permettono di iniziare a vedere un avvenire pieno di possibilità. Una volta sviluppate le storie, i partecipanti al consorzio ne hanno discusso nelle rispettive aziende. Nei mesi successivi hanno raccolto le opinioni della loro rete di conoscenze, estesa in più di trenta paesi, per darci dei feedback. A quel punto eravamo pronti per lavorare assieme in un complesso portale virtuale, discutendo le idee più importanti in un ciclo di seminari online a cadenza mensile, per poi continuare con una serie di workshop in Europa e Asia. Nel contempo ho testato alcune mie idee su un blog settimanale, www.lyndagrattonfutureofwork.com. In questo modo abbiamo raccolto le idee, le intuizioni e le ansie sul futuro, per dare profondità alla nostra conversazione. Idee alla base delle mie riflessioni personali che incontrerai proseguendo la lettura.
Le strade verso il futuro Esaminando più da vicino il futuro, diventa sempre più chiaro che ci sono molte strade che portano a futuri diversi. Per ognuno di noi è sicuramente possibile costruire una via che si limiti ad accentuare gli aspetti negativi delle cinque forze, la quale porterà a un futuro d’isolamento, frammentazione, esclusione e narcisismo. Si tratta del Futuro di Default, dove le cinque forze hanno battuto sul tempo ogni possibilità d’azione. In queste storie vedremo persone che possono aver avuto molto successo in un aspetto della loro vita, ma che non sono riuscite a prendere l’iniziativa in questioni molto importanti o si sono limitate alle azioni più ovvie e facili. Nel Futuro di Default nessuno è preparato a lavorare in gruppo per pro-
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muovere iniziative di coesione o cambiare lo status quo. In questo futuro, le risposte ai problemi non hanno né consistenza né coesione, e si limitano a seguire passivamente il corso degli eventi. C’è anche un futuro dove gli aspetti delle cinque forze sono imbrigliati per creare risultati più gestibili. Vedremo carriere e storie di vita dove la collaborazione gioca un ruolo chiave, e dove la gente ha approfittato con saggezza delle proprie possibilità di scelta prendendo l’iniziativa per crearsi una vita lavorativa più equilibrata. In queste storie del Futuro Creattivo la gente sperimenta nuovi modi di lavorare, impara in fretta dai colleghi e altrettanto rapidamente adotta nuove idee. Storie dove le forze che trasformeranno il lavoro danno luogo alla possibilità – forse persino alla promessa – di un futuro migliore, che potrebbe emergere se si faranno scelte sagge unite alla capacità di fronteggiarne le conseguenze. Un futuro dove le persone possono lavorare armoniosamente in gruppo, diventando più abili e specializzate, e dove le diverse vite lavorative possono essere integrate in modo più autentico. Le storie all’interno di questi due diversi scenari catturano delle possibilità; sono un modo per permetterci di esplorare il futuro e aiutarci a costruire il nostro avvenire. Ma c’è un’avvertenza: queste storie non sono in nessun senso delle previsione meccaniche di quanto succederà. Si basano sull’idea che ognuno di noi ha valori e convinzioni diverse, e quindi ognuno farà scelte che porteranno lungo strade diverse. Queste storie rivelano diversi futuri possibili, al contempo plausibili e problematici.
Prendere la strada giusta: i Salti Ognuno di noi vorrebbe scegliere il Futuro Creattivo ed evitare di soccombere al Futuro di Default. Ma come possiamo assicurarci di essere sulla strada giusta? Il viaggio che ho attraversato e quello che ti sto invitando a intraprendere ti farà mettere in discussione la tua mappa mentale del futuro, proprio come è successo a me. Io e te abbiamo già una mappa mentale del futuro, è stata proprio lei a guidare le decisioni che abbiamo preso finora e le scelte fatte. La domanda è: la tua mappa è esatta e ti ha portato sulla strada giusta? Per individuare la strada giusta è fondamentale avere quante più co-
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noscenze e informazioni possibili sul futuro che sarà. Io e il mio gruppo di ricerca lo abbiamo capito perfettamente e te lo esporremo nel corso di questo libro. Mi sembra che le storie, gli scenari e i dati di fatto ci portino a riesaminare le nostre concezioni e a porci tre domande: -- Quali sono gli eventi e gli sviluppi che potenzialmente potrebbero avere un effetto importante su di me e chi mi circonda? -- Quali sono i fattori che avranno la maggior influenza sulla mia vita lavorativa e come si evolveranno? -- Cosa dovrei fare nei prossimi cinque anni per assicurarmi di essere sulla strada giusta e crearmi una carriera a prova di futuro, in particolare in vista dei tempi turbolenti che ci attendono? Lo scopo di questo libro è chiaro. È scritto per aiutarti a sviluppare un punto di vista sul futuro, e farti trovare la strada verso una vita lavorativa a prova di futuro. Per farlo dovrai capire i dati di fatto in tutte le loro sfaccettature e muoverti all’interno delle storie e degli scenari per capire quali dei loro aspetti siano più importanti nel tuo caso; allo stesso tempo, dovrai essere perfettamente consapevole degli aspetti specifici del tuo contesto, che determineranno le scelte che avrai di fronte. Solo allora potrai attingere ai tuoi schemi mentali e alle tue convinzioni sul futuro per costruire una strada che ti assicuri una vita lavorativa solida, piena di significato e preziosa. Quindi, quali sono i presupposti che devono essere messi in dubbio nel creare una vita professionale a prova di futuro, e quali implicazioni ci saranno per le nostre vite lavorative? Prevedo vi siano tre Salti di convinzioni che ognuno di noi dovrà fare, per poter costruire una vita lavorativa piena di significato e di valore nei prossimi due decenni. In primo luogo, va messa in dubbio la nostra idea che le abilità generali sono preziose. In un mondo interconnesso, dove potenzialmente cinque miliardi di persone hanno accesso al Cloud, l’era dei generalisti è finita. Prevedo che per creare davvero valore nel futuro ti servirà quella che chiamo «vera maestria». Tutto ciò ha implicazioni molto importanti per capire quali saranno le abilità e le competenze più preziose e per sviluppare in queste una profonda maestria, rimanendo però capace di estendere le tue capacità in altri ambiti attraverso spostamenti e trasformazioni. Queste considerazioni sottintendono anche un mondo sempre
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più invisibile, quindi l’autopromozione e la capacità di farsi delle credenziali saranno molto importanti. In secondo luogo, devono essere messe in discussione le nostre convinzioni sul ruolo dell’individualismo e della competizione nel costruire vite lavorative appaganti e carriere di successo. In un mondo che potrebbe diventare sempre più frammentato e isolato, credo che la collaborazione, la connettività e le reti di contatti saranno fondamentali. Questi network potrebbero essere il gruppo che vi aiuta nei compiti più complessi; oppure l’insieme di persone diverse a cui affidarsi come fonte di idee e d’ispirazione; o anche le relazioni intime e affettuose che saranno al centro della capacità di rigenerarti e rimanere equilibrato. È cruciale considerare che – in un mondo sempre più virtuale – non si possono dare per scontate delle relazioni emotive forti e diversificate, ma bisognerà costruirle e coltivarle. Infine, considerando le cinque forze che determineranno le nostre vite lavorative nei prossimi due decenni e come queste potrebbero evolversi, sono colpita dalla necessità di riflettere seriamente sul tipo di vita lavorativa cui aspiriamo. Seguiremo le vecchie abitudini continuando a desiderare sempre maggiori consumi? Oppure è tempo di pensare alle scelte e alle rinunce, concentrandoci di più sulla produzione di esperienze di qualità e l’equilibrio della nostra vita, anziché farci guidare dal desiderio di un consumo sempre più vorace? Ognuno di noi può costruirsi una visione molto chiara delle sfide che lo aspettano e di molte scelte che dovrà fare. Ovviamente, il nostro futuro e quello dei nostri cari rimane essenzialmente inconoscibile. Ma ciò non vuol dire che dobbiamo lasciarlo al caso. Sono convinta che possiamo predisporre al futuro in modo da aumentare le nostre possibilità di successo. Possiamo farlo capendo le cinque forze che cambieranno il nostro mondo. Possiamo prepararci costruendo storie di futuri possibili, da usare come base per operare le nostre scelte e capirne le conseguenze. Infine, ci possiamo predisporre al futuro riconoscendo che alcune delle nostre convinzioni più profonde sono errate e che dovremo fare alcuni cambiamenti fondamentali nel nostro modo di pensare e agire, per costruire la nostra futura vita lavorativa. Nel farlo, ci stiamo assicurando di essere più attrezzati per costruirci un’esistenza che ci entusiasmi, ci soddisfi e crei valore per noi e per la nostra comunità.