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segno Spedizione in abbonamento postale Poste Italiane S.p.A. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 ROC · Registro degli operatori di comunicazione n. 18524 - ISSN 0391-3910 00 in libreria

E 7.

Anno XXXVI

ESTATE 2011

236

segno Attualità Internazionali d’Arte Contemporanea

# 236 - Estate 2011

Attualità Internazionali d’Arte Contemporanea

dal 19 maggio 2011 al 9 ottobre 2011 GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea www.gamtorino.it

con il sostegno straordinario di

evento incluso in

RICCARDO DE MARCHI Segno 236 copertina.indd 1

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A r t i s s i m A 18 i n t e r n At i o n A l FA i r o F C o n t e m p o r A r y A r t

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Regione Piemonte Provincia di Torino Città di Torino

Camera di commercio di Torino Compagnia di San Paolo Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT

Main Partner: UniCredit Partner: illycaffè

info@artissima.it www.artissima.it

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#236 sommario

estate 2011

in copertina

40/43

Josh Smith [16]

Riccardo De Marchi

Senza titolo, 2008

plexiglass e buchi, 300x185x22 cm (dettaglio) (Foto Prima Studio, Udine) courtesy A arte Studio Invernizzi, Milano

4/13 Anteprima Mostre & Musei News gallerie e Istituzioni news/worldart - news Italia-estero a cura di Lisa D’Emidio e Paolo Spadano

14/31 Speciale Biennale di Venezia ILLUMInazioni - ILLUMInations

Paolo Consorti [22]

Padiglioni nazionali e Mostre collaterali Padiglione Italia: Il richiamo delle sirene di Francesca Pini Negli Inferi del Padiglione Italia di Paolo Balmas e Lucia Spadano

/ interviste e documentazioni 32/67 attività espositive / recensioni Eroi (Gabriella Serusi), Christian Boltanski (Ilaria Piccioni), Cartsen Holler (L.S.), Paolo Grassino (Antonello Tolve), Art in The Street (Patrick Steffen), Gli alfabeti possibili di Riccardo De Marchi (Chiara Mari), Giorgio Ciam (Jacopo Pavesi), Il Mercante di Sogni Show (Marina Pizzarelli), David Smith (Patrick Steffen), Beatrice Pediconi/Roberto De Paolis (Paola Ugolini), Gianni Dessì (Paolo Aita), Giorgio Botta (Stefano Taccone), Josè d’Apice (Rebecca Delmenico), Berlin Ottanta, pittura irruente (Simona Caramia), Identità e libertà (Simona Caramia), 15 cubi per 15 artisti (P.M.), Arte Essenziale (Silvia Bottani), TraCarte IV (Maria Vinella), Andrei Molodkin (Alessandro Trabucco), Jacob Hashimoto (a cura di Ignazio Maria Colonna e Ziao Li), Luigi Mainolfi (Gabriella Serusi), Gianni Caravaggio / Tony Cragg (Gabriella Serusi), David Tremlett (Raffaella Barbato), Teo De Palma (Linda Gezzi), Thomas Lange (Matteo Galbiati), Manuela Bedeschi (Matteo Galbiati), Arte Italiana all’ascolto (L.S.), Happy New Ears! John Cage, 1963 (Anna Castelli Guidi), Rosaria Iazzetta (Stefano Taccone), Dacia Manto (Giorgio Viganò), Col segno... di poi /2000-2010 (Intervista a Fabio Sargentini a cura di Ilaria Piccioni), Alessandro Mendini (Valentina Ricciuti), Susan Norrie (M.Letizia Paiato).

Padiglione Spagnolo [20]

news e tematiche espositive su www.rivistasegno.eu

Le mostre nei Musei, Istituzioni, Fondazioni e Gallerie

68/87 Documentazione/Altre mostre - Fiere d’arte a cura di Paolo Spadano

Padiglione Italia [22]

88/98 osservatorio critico Forms of Collecting /Forme della Committenza - Faenza Festival dell’arte Contemporanea (di Federica Tolli), Interviste a Pier Luigi Sacco e Angela Vettese (a cura di Luciano Marucci) Smile & Connecting People (di Gabriele Perretta) Arte contemporanea e restauro (Maria Letizia Paiato) Libri e cataloghi (a cura di Chiara Ceccucci, Ornella Fazzina, Lucia Spadano)

segno

periodico internazionale di arte contemporanea

Direzione e redazione Corso Manthonè, 57 65127 Pescara Telefono 085/61712 Fax 085/9430467 www.rivistasegno.eu redazione@rivistasegno.eu

Direttore responsabile LUCIA SPADANO (Pescara) Condirettore e consulente scientifico PAOLO BALMAS (Roma) Direzione editoriale UMBERTO SALA

ABBONAMENTI ORDINARI E 30,00 (Italia) E 40,00 (in Europa CEE) E 50,00 (USA & Others)

Soci e collaboratori: Paolo Aita, Davide Angerame, Marcella Anglani, Paolo E. Antognoli, Raffaella Barbato, Veronica Caciolli, Simona Caramia, Nicola Cecchelli, Daniela Cresti, Paola D’Andrea, Rebecca Delmenico, Lia De Venere, Marilena Di Tursi, Andrea Fiore, Rosanna Fumai, Matteo Galbiati, Barbara Goretti, Andrea Mammarella, Antonella Marino, Fuani Marino, Francesca Nicoli, Maria Letizia Paiato, Ilaria Piccioni, Enrico Pedrini, Gabriele Perretta, Valentina Ricciuti, Gabriele Sassone, Gabriella Serusi, Stefano Taccone, Federica Tolli, Antonello Tolve, Alessandro Trabucco, Paola Ugolini, Stefano Verri, Maria Vinella.

ABBONAMENTO SPECIALE PER SOSTENITORI E SOCI E 500,00 L’importo può essere versato sul c/c postale n. 15521651 Rivista Segno - Pescara

Distribuzione e diffusione Spedizione in abbonamento postale Poste Italiane S.p.A. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Pescara - ROC · Registro degli operatori di comunicazione n. 18524 Concessionaria distribuzione in libreria: DIEST, Torino - 011.8981164. Edito dalla Associazione Culturale Segno e da Sala editori associati per gli esecutivi e layout di stampa Registrazione Tribunale di Pescara nº 5 Registro Stampa 1977-1996. Traduzioni Lisa D’Emidio. Coordinamento tecnico grafico Roberto Sala e Massimo Sala - Tel. 085.61438 - grafica@rivistasegno.eu. Redazione web news@rivistasegno.eu Impianti grafici e stampa Publish Allestimento Legatoria D’Ancona. Ai sensi della legge N.675 del 31/12/1996 informiamo che i dati del nostro indirizzario vengono utilizzati per l’invio del periodico come iniziativa culturale di promozione no profit. Segno 236 03-29.indd 3

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Anteprima/News Torino

Firenze

L

X3 Centro per l’arte contemporanea ospita, fino E all’11 settembre, il lavoro di due artiste internazionali: la prima personale in uno spazio istituzionale

TRANSAFRICANA

Tykkä / Migliora

a Fondazione 107 ospita dal 17 giugno al 16 ottobre 2011 la mostra TRANSAFRICANA a cura di Achille Bonito Oliva. Il titolo si ispira alla storica linea ferroviaria che taglia longitudinalmente il continente africano, racchiudendo il desiderio di offrire un’arte di attraversamento che metta in comunicazione popolazioni eterogenee. Sei gli artisti selezionati: Esther Mahlangu, George Lilanga, Seni Camara, Mikidadi Bush, Kivuthi Mbuno e Peter Wanjau, pittori e scultori che propongono modelli alternativi di recupero del sentimento del reale, della vita, rifiutando la corsa verso la globalizzazione estetica che pervade ormai tutta l’arte occidentale.

italiano della filmakers finlandese Salla Tykkä, dal titolo White Depths, esposizione a cura di Marinella Paderni; Rada, progetto site-specific di Marzia Migliora, a cura di Arabella Natalini. Si tratta, nel caso dell’artista finnica, di un nuovo progetto filmico e fotografico dedicato all’immagine della bellezza come espressione del dominio sulla natura e del potere culturale nella storia delle società occidentali. Per l’artista italiana, lavori che prendono spunto da una bandiera il cui segno grafico, nel Codice Internazionale dei segnali marittimi, significa “sospendete quello che state facendo”.

Ester Mahlangu, 2010, acrilico su tela Mikidadi Bush, 2009, smalto su masonite Kivuthi Mbuno, 2008, smalto su masonite George Lilanga, smalto su faesite, diametro cm.100 courtesy Fondazione 107, Torino

Salla Tykkä, Airs Above The Ground, 2010, video, 7’ 21”, courtesy EX3, Firenze

MILANO Marco Neri

lla Galleria Pack, nel decimo anniversario della A sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 2001, Marco Neri offre un tour virtuale attraverso i

Martinafranca

NASCOR2 fra arte e natura

Premio LUM per l’arte contemporanea

a Fondazione Noesi - Studio Carrieri di Martina l comitato curatoriale del Premio LUM, composto da L Franca dedica la seconda edizione di NASCOR fra IGiusy Caroppo, Stefano Chiodi e Caroline Corbetta, arte e natura ai temi della questione ecologica, in par- ha selezionato i dodici artisti che partecipano, dal 20 ticolare alle riflessioni sulla tutela ambientale e sulle relazioni arte/ambiente, con uno speciale focus sul benessere delle specie viventi e i diritti degli animali. Dal 25 giugno al 28 agosto, l’attenzione del mondo culturale e sociale riflette sulle condizioni di vita di quella enorme varietà di specie creatasi grazie all’evoluzione biologica, che siamo stati capaci di addomesticare, modificare, ingabbiare, respingere, chiudere in zoo e riserve, privare della dignità e del rispetto. Svisceriamo la gamma di esperienze moralmente rilevanti come paura, gioia, tristezza, noia, angoscia, felicità, nonché la parentela biologica che a loro ancora ci unisce, attraverso le opere video e le installazioni di Mirella Bentivoglio, Enzo Calibè, Luisella Carretta, Elvio Chiricozzi, Bruno Conte, Cracking Art Group, Mario Cresci, Ale Guzzetti, Selene Lazzarini, Luigi Mainolfi, Sabina Mirri, Antonio Paradiso e Mariagrazia Pontorno. Mirella Bentivoglio, Tarta/Ruga, 1975.

giugno al 4 luglio, ai laboratori tenuti alla Biblioteca provinciale di Santa Teresa dei Maschi da Olaf Nicolai e Liliana Moro, coordinati da Antonella Marino. Questa la rosa dei nomi tra i quali il Comitato scientifico formato dal direttore Achille Bonito Oliva, Vito Labarile, Salvatore Lacagnina, Maurizio Morra Greco, Chiara Parisi e Cesare Pietroiusti individuerà il vincitore: Nico Angiuli, Carola Bonfili, Thomas Braida, Tomaso De Luca, Loredana Di Lillo, Francesco Fonassi, Chiara Fumai, Martino Genchi, Emiliano Maggi, Nicola Nunziata, Carlotta Sennato, Valentina Vetturi. Il prescelto realizzerà un’opera che la LUM darà in comodato alla città di Bari.

Giardini dell’Arsenale, in una sorta di rivisitazione critica e sentimentale del proprio passato, presentando dipinti, sculture e collage per rappresentare ciascun padiglione. Fino al 17 settembre, nella mostra Giardini gli edifici diventano elementi mistici, cifre grafiche, ritratti architettonici nei quali la mano dell’artista si piega all’osservanza della specificità strutturale del soggetto. Si tratta, a ben vedere, di una dichiarazione d’amore nei confronti della pittura in cui le stesse sculture, sagome umanoidi senza ossatura, si prestano a essere interpretate come dipinti tridimensionali.

Cosenza

Fritz Baumgartner

partire dal 25 giugno, fino al 2 ottobre, il MACA A - Museo Arte Contemporanea Acri (cs) ospita la più ampia antologica mai dedicata in Italia al pittore Fritz Baumgartner dal titolo Il ritorno di un austriaco. L’artista, maestro del segno e del colore, ha saputo fondere come pochi la lezione espressionista a una sempre più urgente esigenza d’astrazione. A testimonianza di questo percorso artistico, oltre cinquanta dipinti e tredici disegni che spaziano dai primi anni ’50, quando frequentava l’Accademia delle Arti Figurative di Monaco di Baviera (sotto la guida di Oskar Kokoshka), fino alle opere realizzate pochi mesi prima della morte, nel 2006.

Fritz Baumgartner, Un Buddha, 1969, acrilico su tela, 100x73, courtesy MACA, Acri

Marco Neri, Scarpa, 2011, Acrilico su lino, cm.50x46 courtesy Galleria Pack, Milano

A Tribute to Photography

a Primo Marella Gallery, fino al 31 luglio, A Tribute D To Photography, rassegna che propone al pubblico una riflessione sugli ultimi trent’anni di fotografia

attraverso gli scatti di 50 artisti internazionali. Dagli anni Ottanta in America ed Europa fino alle ricerche più recenti di artisti emergenti provenienti da Cina, India, Sud-Est asiatico ed Africa, le opere esposte offrono una

Inez van Lamsweerde & Vinoodh Matadin, Anastasia, 1994, courtesy Primo Marella Gallery, Milano

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>anteprima e news gallerie e istituzioni su www.rivistasegno.eu< panoramica esaustiva sui cambiamenti nell’utilizzo del mezzo fotografico e nelle finalità dei vari artisti. Lavori di: Sherman, Serrano, Moffatt, Levinthal, Mapplethorpe, Antin, LaChapelle, Van Lamsweerde & Matadin, Neshat, Ruff, Goldin, Collishaw, Odani, Rosenberg, Davis, Fisher, Rekula, Klein, T. Greenfield-Sanders, Gordon, Brown, Dean, Muniz, McGinley, Templeton, Marcopoulos, Sullivan, Khazem, Reisewitz, Brand, Haronitaki, Rong, Liuming, Zhu Ming, Huang Yan, Lu Zhengyuan, Li Wei, Jiang Zhi, Wang Ningde, Wang Qingsong, Weng Fen, Liu Zheng, Yang Fudong, Chen Lingyang, Cui Xiuwen, Yee I Lann, E.Santos, B.Sikka, T.Shah, C.Ganesh, Y.Shonibare, Deacon, N.Mntambo, Patra Ruga, A.V. Jackson. Pietrasanta

sopra|naturale

i articola tra il Complesso di S. Agostino e Piazza del S Duomo di Pietrasanta (lu) la mostra sopra|naturale lo sguardo che riflette, collettiva a cura di Alessandro Ro-

manini, Maria Rosa Cotta Sandretto e Maurizio Vanni, focalizzata sull’uomo e le sue proiezioni metafisiche, la sua dimensione naturale e la sua aspirazione all’ultraterreno. In mostra, dal 25 giugno fino al 28 agosto, opere di: Cecchini, Garutti, Geers, Marthine Tayou, Ilya e Emilia Kabakov, Fabre.

Gilbert&George, Fischli&Weiss, Raimondi, Arienti, Cingolani, Galliano, Barzagli, Pettibon, Kilimnic, Pruitt-Early, Johnston, Kern, Sherman, Marclay, Gutman, Billingham, Quinn, Taylor-Wood, Hirst, Donwood, Mik, Oursler, Vascellari, Becheri, Gilberti, LaChapelle, Trubkovich, Molaro.

lare la loro intensità dando origine a un’interferenza che può rivelarsi costruttiva o distruttiva. Gli artisti coinvolti: Mario Airò, Emilio Isgrò, Cesare Pietroiusti, Paolo Parisi, Paola Pivi, Arcangelo Sassolino, Ettore Spalletti, Giuseppe Stampone, Sabrina Torell.

ROMA L’arte vista da Pappi Corsicato

Al MART di Rovereto (tn) dal 1 luglio al 30 0ttobre 2011, all’interno della mostra Percorsi riscoperti dell’arte italiana nella VAF-Stiftung 1947 - 2010, a cura di Gabriella Belli e Daniela Ferrari, sarà presente Lo SPERIMENTALE P. - Lia Drei e Francesco Guerrieri - di cui la Fondazione VAF possiede dieci opere.

o spazio espositivo The Office - contemporary art, L situato nella sede della società di produzione cinematografica Orisa Produzioni, ospita fino al 5 luglio i corti d’autore che il regista cinematografico Pappi Corsicato ha realizzato negli anni su sei dei più autorevoli artisti contemporanei italiani: Jannis Kounnelis, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Ettore Spalletti, Gilberto Zorio. Nella mostra, a cura di Alessio Verzenassi, i filmati fruibili su tablet, sono affiancati dalle opere dei relativi artisti, così da permettere l’alternanza della visione del corto a quella contemplativa dell’oggetto plastico.

Pappi Corsicato, Ontani, still da video courtesy The Office - contemporary, Roma

Trento

Drei / Guerrieri

SPERIMENTALE P., courtesy Fondazione VAF

Venezia

Marisa Merz

La mostra di Marisa Merz dal titolo Non corrisponde eppur fiorisce, alla Fondazione Querini Stampalia fino al 18 settembre, è il frutto di una residenza veneziana dell’artista nella primavera del 2006. Una serie di suggestioni hanno preso corpo in un progetto espositivo, arricchito in questa occasione da opere storiche e altre inedite che tracciano nel complesso il percorso della Merz negli ultimi anni. Nella mostra, a cura di Chiara Bertola, uno dei temi più significativi dell’opera dell’artista, il volto, diventa centrale e viene a rappresentare una traccia dello spirito umano emergente nel momento unico e infinito del suo apparire. Fisionomie composte da fugaci linee arabescate, distaccate da ogni contesto sociale o narrativo, sfidano le espressioni di identità individuale fissandosi in uno stato di sospensione del tempo. Il progetto è nato grazie alla collaborazione con la Fondazione Merz e al sostegno della Fondazione Hangar Bicocca di Milano.

Alberto Garutti, Senza titolo, 2008, Pietrasanta Prato

LIVE! L’arte incontra il rock

per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenIcuratalta,Centro fino al 7 agosto, LIVE! L’arte incontra il rock, mostra da Luca Beatrice e Marco Bazzini. La suggestiva

tesi dimostrata dal percorso espositivo è che la storia dell’arte contemporanea e la storia del rock siano andate di pari passo, incrociandosi e sovrapponendosi, contribuendo infine alla costruzione dell’universo culturale degli ultimi decenni. LIVE! propone una lettura parallela e originale di alcuni grandi “tappe” attraverso l’esposizione di dipinti, sculture, installazioni, videoclip, artworks, LP, opere grafiche, fotografie, riviste e film. La selezione musicale comprende nomi come The Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd, David Bowie, Sex Pistols, Grace Jones, Bob Marley, Renato Zero, U2, Vasco Rossi, Elvis Costello, Paul Simon, Nick Cave, Nirvana, Blur, Oasis, Gorillaz, Bjork, Radiohead, Michael Jackson, cui fanno da contrappunto le opere di Boetti, Lodola, Yoko Ono, Boyd, Warhol, Indiana, Schneider, Gorgoni, Guarnaccia, Icaro, Vaccari, Turcato, Jori, Oppenheim, Jonas, Giaccari (MUel), Lüthi, Ontani, Vasarely, Forsyth & Pollard, Christopherson, English, Reid, Linder, Kippenberger, Wegman, Patti Smith, Mapplethorpe, Chia, De Maria, Mendini, Iosa Ghini, Nam June Paik, Beyus, Bertoglio, Basquiat, Haring, Clemente Longo, Kostabi, Tschinkel-Innertube, Tschinkel, Corbijn, Sidibé, Samba, Sokov, Billhardt, Goldin, Kaufmann,

Teramo

Fondazione Menegaz

Castelbasso (te), la Fondazione Malvina Menegaz A per le Arti e le Culture propone, a partire dal 2 luglio e fino al 31 agosto, l’antologica di Renato Guttuso dal

titolo Immaginazione Realistica
Opere dagli anni ’30 agli anni ’70 e la mostra collettiva Interferenze. Con Guttuso, la Fondazione prosegue nel solco tracciato con le grandi mostre degli anni scorsi dedicate ad Alberto Burri e Alighiero Boetti. Nelle sale del palazzo sono esposti trenta dipinti selezionati da Francesco Poli, per documentare i soggetti e i temi più significativi, dalle nature morte ai paesaggi siciliani, dai tetti di Roma ai ritratti, dalle scene di interni ai nudi femminili o ai lavoratori. Vengono così analizzate le fasi cruciali dell’evoluzione formale e compositiva, in cui entrano in gioco componenti espressioniste, postcubiste, veriste, elaborate sempre con grande libertà e originalità. Il progetto Interferenze costruttive Costruttive - Artisti in Residenza in Aziende del Territorio, a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Francesca Referza, coinvolge creatività artistica e produzione aziendale con un’esposizione in cui le opere sono pensate e realizzate dagli artisti rapportandosi con aziende del territorio, che diventano a tutti gli effetti “soggetti d’arte”. Il titolo è ispirato a un fenomeno fisico nel quale due o più onde, incontrandosi nello spazio, possono sommare o annulRenato Guttuso, Ritratto di Mimise, 1938, cm.70,6x50, courtesy Fondazione Menegaz, Castelbasso

Franco Vaccari, Rolling Stones, Isola di White, 1970 courtesy Centro L.Pecci, Prato Marco Lodola, Beatles, 1969 Abbey Road courtesy Centro L.Pecci, Prato

Marisa Merz, Senza titolo, carta velina, filo di rame, courtesy Fondazione Querini Stampalia, Venezia Verbania

Alloucherie / Hartung

Il CRAA - Centro Ricerca Arte Attuale di Verbania, a partire dal 2 luglio e fino al 25 settembre, ospita nella cornice di Villa Giulia le esposizioni Una Realtà Fluttuante di Jocelyne Alloucherie e Boeing, 1970 di Hans Hartung. Una realtà fluttuante presenta un insieme di opere realizzate nell’ultimo biennio, con un percorso espositivo che parte dagli schizzi tridimensionali, dai disegni, dalle fotografie e dai bozzetti per proseguire con sculture e disegni di grandi dimensioni oltre a due installazioni composite, costituite per la maggior parte da fotografie. Boeing, 1970 rende omaggio alla parabola di Hartung, artista partito dallo studio dei grandi pittori classici, prediligendo Goya e Rembrandt, per giungere a un decisivo incontro con la poetica astrattista di Kandinskij. Legato all’Informale, in cui convivono le tendenze europee, come il Tachisme francese, e quelle statunitensi dell’Action Painting e dell’Espressionismo Astratto, Hartung ha interpretato come lchi una dimensione internazionale dell’arte, con somma eleganza ed equilibrato controllo dell’irruenza pittorica.

VII Giornata del Contemporaneo

AMACI - Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani ha scelto la data dell’8 ottobre per la settima edizione della Giornata del Contemporaneo, evento dedicato all’arte contemporanea che cresce di anno in anno aprendo le porte in ogni angolo del Paese, per presentare artisti e nuove idee attraverso mostre, laboratori, eventi e conferenze. Un programma multiforme regalerà al grande pubblico l’occasione di vivere da vicino il complesso e vivace mondo dell’arte contemporanea, incentivando lo sviluppo del tessuto culturale territoriale. L’iniziativa ha il sostegno della Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. L’artista scelto per creare l’immagine guida di questa edizione della manifestazione è Giulio Paolini, che raccoglie il testimone di Stefano Arienti, protagonista nel 2010. 236 | ESTATE 2011

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June 14–19, 2011 64 GALLERIES fRom 19 CoUNTRIES new at LISTE* Austria: Andreas Huber, Vienna. Krobath, Vienna/Berlin. Mezzanin, Vienna Belgium: Office Baroque, Antwerp. Elisa Platteau, Bruxelles. Tulips & Roses, Bruxelles China: Platform China, Beijing france: *Balice Hertling, Paris. Bugada & Cargnel, Paris. Lucile Corty, Paris. Gaudel de Stampa, Paris. *Marcelle Alix, Paris. Schleicher + Lange, Paris. Jocelyn Wolff, Paris Germany: Circus, Berlin. Croy Nielsen, Berlin.*Exile, Berlin. Kadel Willborn, Karlsruhe. *Koch Oberhuber Wolff, Berlin. Lüttgenmeijer, Berlin. Neue Alte Brücke, Frankfurt a.M.. Peres Projects, Berlin. Micky Schubert, Berlin. Sommer & Kohl, Berlin. Supportico Lopez, Berlin Great Britain: Ancient & Modern, London. Sorcha Dallas, Glasgow. Carl Freedman, London. Herald St., London. Hotel, London. Limoncello, London. Mary Mary, Glasgow. *Rob Tufnell, London Greece: The Breeder, Athens Hungary: Kisterem, Budapest Italy: Fluxia, Milan. Fonti, Naples. Kaufmann Repetto, Milan. Francesca Minini, Milan. Monitor, Rome. T293, Naples mexico: Labor, Mexico D.F. Netherlands: Wilfried Lentz, Rotterdam. Diana Stigter, Amsterdam. Martin van Zomeren, Amsterdam. Zinger, Amsterdam New Zealand: *Hopkinson Cundy, Auckland Norway: Lautom, Oslo Poland: *Stereo, Poznan Romania: Andreiana Mihail, Bucharest. Plan B, Cluj/Berlin Spain: NoguerasBlanchard, Barcelona Sweden: Johan Berggren, Malmö Switzerland: BolteLang, Zurich. Karma International, Zurich. *RaebervonStenglin, Zurich USA: Altman Siegel, San Francisco. Bureau, New York. Elizabeth Dee, New York. Foxy Production, New York. James Fuentes, New York. *Laurel Gitlen, New York. *Renwick, New York. Wallspace, New York

Foto: Hans-Jörg Walter, Zurich; Grafik: Ute Drewes, Basel

opening Reception: Monday June 13, 5 p.m. to 10 p.m. open Hours: Tuesday to Saturday 1 p.m. to 9 p.m., Sunday 1 p.m. to 7 p.m. Burgweg 15, CH 4058 Basel, T +41 61 692 20 21, info@liste.ch, www.liste.ch, a project in the workshop community Warteck pp

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>anteprima e news gallerie e istituzioni su www.rivistasegno.eu<

Art 42 Basel P

er la 42ima edizione di Art Basel, la prestigiosa Mostra internazionale d’arte moderna e contemporanea a Basilea, quasi 300 gallerie espositrici da America del Nord, America Latina, Europa, Asia e Africa presentano le opere di più di 2500 artisti – dai grandi maestri dell’arte moderna alle ultime generazioni di artisti emergenti – spaziando tra le varie forme di espressione artistica dalla pittura alla scultura, dalle installazioni alle stampe, fotografia, video arte e arte digitale. Nelle diverse sezioni tra le gallerie partecipanti si annoverano 73 gallerie provenienti dagli USA, 50 dalla Germania, 32 dalla Svizzera, 31 dalla Gran Bretagna, 23 dalla Francia, 20 dall’Italia, 8 dal Belgio, 7 dal Giappone e dalla Spagna, 6 dall’Austria, 4 dal Brasile e dalla Polonia, 3 dalla Cina, dalla Danimarca, dall’India, dalla Norvegia e dai Paesi Bassi, 2 dal Canada, dall’Irlanda, dal Messico, dal Portogallo, dalla Svezia, dal Sudafrica e dalla Turchia e 1 rispettivamente dall’Argentina, dalla Corea del Sud, dalla Finlandia, dalla Grecia, da Hong Kong, dall’Islanda, da Israele, dal Libano, dalla Russia, dalla Slovenia, dalla Thailandia e dall’Ungheria. Nella sezione Art Galleries le gallerie italiane sono rappresentate da Alfonso Artiaco, Napoli; Galleria Continua, San Gimignano (Siena); Massimo De Carlo Milano; A arte Studio Invernizzi, Milano con le opere di Rodolfo Aricò e François Morellet; Studio la Città, Verona; Magazzino Roma;

Gió Marconi Gallery, Milano; Galleria Franco Noero,Torino; Galleria Raucci / Santamaria, Napoli; Galleria Christian Stein, Milano; Tucci Russo, Torre Pellice (Torino); Zero... Milano.
Sono presenti quest’anno come nuovi espositori le gallerie Concept (Parigi), Blondeau (Ginevra), Bortolami (New York),Isabella Bortolozzi (Berlino), Cabinet (Londra), gb agency (Parigi), Holland-Hibbert (Londra), Joanna Kamm (Berlino), Regina (Mosca), Sfeir-Semler (Beirut), Standard OSLO (Oslo), Vintage (Budapest) e dopo una breve interruzione anche Moeller Fine Art (New York) e Szwajcer (Anversa). Il settore Art Statements propone 26 mostre personali di giovani artisti provenienti da 14 paesi diversi (Brasile, la Cina, la Germania, il Giappone, la Gran Bretagna, l’India, l’Irlanda, i Paesi Bassi, la Polonia, il Portogallo, il Sudafrica, la Svezia, la Turchia e gli USA), con progetti appositamente realizzati, selezionati da una Giuria composta da Daniel Birnbaum; Thomas Olbricht, Karola Kraus, Petra Roettig e Martin Schwander, Presidente della Giuria. Tra gli artisti partecipanti la Galleria A Gentil Carioca (Rio de Janeiro) presenta Paulo Nenflidio, sound artist, con una scultura cinetica; la Galleria David Kordansky (Los Angeles) propone il solo project di Kathryn Andrews. La sezione Art Feature si concentra sugli aspetti curatoriali dell’attività galleristica e propone 20 progetti curati da gallerie di 12 paesi e 3 continenti. Tra le gallerie selezionate dal Comitato di Art Basel la Galleria Opdahl, (Stavanger) presenta Jimmie Durham; la 100 Tonson Gallery (Bangkok) presenta Rirkrit Tiravanija; tra le italiane Noire Contemporary Art (Torino) presenta un solo show dedicato ai lavori rari e inediti (video filmati nel1969 in super 8) di Alighiero Boetti; Suzy Shammah, (Milano) presenta le

Foto: Hans-Jörg Walter, Zurich; Grafik: Ute Drewes, Basel

Cerith Wyn Evans, C=O=N=S=T=E=L=L=A=T=I=O=N (I call your image to mind), 2010 (White Cube)

opere di Rémy Zaugg e Florian Slotawa; la Galleria d’Arte Maggiore (Bologna) una selezione di lavori ad olio su tela, disegni, acquerelli di Giorgio Morandi; la Galleria S.A.L.E.S. (Roma) presenta ‘A come Arienti B come Boetti’ una selezione delle ultime opere inedite di Alighiero Boetti contrapposte ai lavori più recenti di Stefano Arienti. Dopo il suo esordio dello scorso anno la seconda edizione di Art Parcours prevede performance e opere site-specific, create appositamente da artisti di fama internazionale e da giovani talenti, disseminate in 10 location nel quartiere storico di St. Alban, in un percorso tra le opere che integra gli interventi artistici nel tessuto urbano. Tra i lavori previsti anche quello dell’artista Ai Weiwei, all’Old City Wall (Galleria Urs Meile Beijing-Lucerna e neugerriemschneider, Berlino); Ugo Rondinone al St. Alban Churchyard (Galleria Eva Presenhuber, Zurigo);
Yinka Shonibare, MBE al St. Alban Rheinweg, (Stephen Friedman Gallery, Londra).
Per la sezione Art Unlimited – che offre ad artisti e gallerie un padiglione espositivo di 17.000 metri quadri per opere di dimensioni che trascendono le possibilità degli stand convenzionali delle mostre d’arte – il curatore ginevrino Simon Lamunière ha selezionato 62 progetti tra sculture, proiezioni video, installazioni, murales, serie fotografiche e performance artistiche che superano le dimensioni consuete, molti dei quali appositamente realizzati per Art 42 Basel. Quest’anno opere di artisti del calibro di Carl Andre, John Baldessari, Daniel Buren, Hans-Peter Feldmann, Dan Flavin, Mona Hatoum, Anish Kapoor, Robert Rauschenberg, Thomas Schütte, Rirkrit Tiravanija e Cerith Wyn Evans, sono contrapposti ai lavori di artisti emergenti dell’ultima generazione, come Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, Gardar Eide Einarsson, Jacob Kassay, Robert Kusmirowski, Mark Leckey e Sarah Morris.Tra i progetti presentati da gallerie italiane Alfonso Artiaco, Napoli, presenta il lavoro di Carl Andre; Noire Contemporary Art, Torino, presenta l’installazione video e sonora Kreppa Babies, (2010) di Nicolò Massazza e Jacopo Bedogni (Masbedo); Tucci Russo, Torre Pellice (Torino) il progetto di Thomas Schütte, e la Galleria Massimo Minini, Brescia, la scultura Push – Pull, 2008 di Anish Kapoor. Diversi i progetti presentati dalla Galleria Continua di San Gimignano: l’installazione scultorea large-scale CarouSoul, realizzata appositamente dall’artista Nari Ward per Art Unlimited 2011 e i progetti di Daniel Buren, Mona Hatoum (con White Cube, Londra) e Kendell Geers, (con Goodman Gallery, Johannesburg; Stephen Friedman Gallery, Londra; Rodolphe Janssen, Bruxelles). Completa il programma di Art42Basel l‘ampio ventaglio di proposte delle sezioni Art Basel Conversations e Art Salon - con insigni esponenti della scena artistica internazionale protagonisti nell’arco della settimana di colloqui artistici, presentazioni di libri, tavole rotonde - e la sezione Art Film, con una selezione di film e video di artisti e su artisti, a cura di Marc Glöde insieme a This Brunner. Il fitto calendario di Art42Basel è affiancato da numerose mostre proposte da musei e istituzioni della città: Constantin Brancusi e Richard Serra, alla Fondation Beyeler; Francis Alÿs, per Schaulager alla Haus zum Kirschgarte; R.H. Quaytman al Kunsthalle Basel; Konrad Witz con The Unique Exhibition al Kunstmuseum Basel e Henrik Olesen al Museum für Gegenwartskunst Basel. Nari Ward, Galleria Continua San Gimignano, Beijing

Anish Kapoor, Push 8211 Pull, 2008 Galleria Massimo Minini Carl Andre, 9 x 27 Napoli Rectangle, 2010. Alfonso Artiaco

LISTE 16 Basel C

ome ogni anno LISTE - the Young Art Fair presenta una selezione di nuove gallerie (con meno di 5 anni di esperienza) e giovani artisti under 40. Tra le 64 gallerie partecipanti da 19 Paesi, 6 sono le presenze italiane: da Milano, Fluxia, Francesca Minini e Kaufmann Repetto, da Napoli Galleria Fonti e T293 e da Roma Monitor. Per la prima volta a Liste le gallerie Balice Hertling, Parigi - Marcelle Alix , Parigi - Exile, Berlino - Koch Oberhuber Wolff, Berlino - Rob Tufnell, Londra - Hopkinson Cundy, Auckland - Stereo, Poznan Raebervon Stenglin, Zurigo - Laurel Gitlen, New York - Renwick Gallery, New York. Josse Bailly, diplomato presso la Haute école d’art et de design di Ginevra, è il Vincitore del Premio Nationale Suisse 2011 dedicato agli allievi di Accademie d’Arte in Svizzera che si sono distinti nel campo delle arti visive e della media art. La sua serie di dipinti ad olio di piccolo formato dal titolo «Jeu et guerre» sarà esposta a Liste 16. Il calendario del Performance Project prevede numerose performance nell’arco della settimana di artisti selezionati a cura di Maja Wismer: Matthew Lutz-Kinoy, US, Lili Reynaud Dewar, FR, Seob Boninsegni, CH, Ruth Buchanan, NZ, Bonny Poon, Stéphane Querrec, FR, Busy Rocks, BE Udio, DE. 236 | ESTATE 2011

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Anteprima/News Thorsten Brinkmann, Leo d’Ohro, 2009 courtesy artfinder Galerie | Mathias Güntner. Federico Pietrella, 16 gennaio 2011, 2011 Paolo Maria Deanesi (Rovereto).

Pedro Motta, Suspencion Landscape, 2010/2011 Celma Albuquerque Belo Horizonte. João Castilho,Tempero, 2009 Celma Albuquerque Belo Horizonte.

VOLTA7 P

er la settima edizione di VOLTA una selezione di 70 gallerie, (57 dall’Europa, 8 dagli Stati Uniti e le restanti da Sud America, Medio Oriente, Asia e Canada) presentano come di consueto i lavori di un singolo artista, o di due artisti le cui opere in qualche modo dialoghino e siano correlatie da un concept comune. Saranno presenti opere di artisti che lavorano normalmente in coppia, come gli artisti turchi Özlem Günyol + Mustafa Kunt (presentati da Heike Strelow, Frankfurt) o solo per progetti specifici, come gli artisti brasiliani João Castilho e Pedro Motta (Celma Albuquerque, Belo Horizonte). Il Team curatoriale della Fiera ha introdotto inoltre quest’anno la nuova formula che permette ai galleristi di presentare all’interno del proprio spazio una serie di piccole mostre, con una scelta di opere di tre o

quattro artisti al massimo. Su 70 gallerie, 16 presentano solo shows, 35 puntano sul dialogo tra artisti e 19 gallerie hanno curato delle piccole mostre con 3 o 4 artisti al massimo. Molte gallerie hanno risposto al nuovo concept curatoriale con ambiziose installazioni, o proponendo artisti diversi nell’arco della settimana —come Paolo Maria Deanesi (Rovereto), con i due artisti Diango Hernandez e Jacopo Mazzonelli che si alternano a Federico Pietrella e Antonio De Pascale; Nusser & Baumgart (Munich) che presenta due nuovi artisti ogni due giorni, aprendo con Michael Wesely/Benjamin Bergmann; LARMgalleri (Copenhagen), che presenta la personale di un diverso artista al giorno, aprendo con il pittore italiano Nicola Samori – dando a VOLTA7 la connotazione di luogo da visitare più volte nell’arco della settimana. Le gallerie italiane presenti: Paolo Maria Deanesi (Rovereto), diagonale/galleria, Roma; Federico Luger Milano, MAGROROCCA Milano.

SCOPE Basel

er l’edizione 2011 SCOPE Basel torna in una sede P storica, Kaserne, con 75 gallerie internazionali, mantenendo la sua

tradizionale formula, presentando personali e collettive tematiche, affiancate da eventi speciali, proiezioni di film e video e performance. Confermano la loro presenza dopo le precedenti edizioni le gallerie SPINELLO Projects( Miami), Fabian and Claude Walter Galerie (Zurigo), Jacob Karpio Galeria (San Jose), Primo Marella Gallery (Milano-Beijing), Officine Dell’Immagine (Milano), Galerie Maurits van de Laar (The Hague), Analix Forever (Geneva), janinebeangallery (Berlino), The Drawing Room (Makati), x-ist (Istanbul), Wilde Gallery (Berlino) e la Galleries Association of Berlin (LVBG): Galerie Deschler, LEEgalerieBERLIN, MORGEN CONTEMPORARY, schultz contemporary, Swedish Photography, and WAGNER + PARTNER. Presenti per la prima volta le gallerie Aranapoveda (Madrid), Balloon (Chicago) Butter (Miami), Cross Gallery (Dublino), Contra Projects (Detroit), Da Xiang Art Space (Taichung City), Flo Peters Gallery (Amburgo), Guillochon Gallery (Londra), Hania Bailly Contemporary (Ginevra) e Semarang Gallery (Semarang). Altre italiane presenti, da Torino le gallerie Alessandro Marena Project
e Gagliardi Art System.

Marie Hendriks, POMODORI vs STARS, 2010 Courtesy l’artista and Analix Forever, Ginevra. Abdoulaye Konate,
Le dos à l’Ame,
2008 Primo Marella, Milano.

The-soloproject

rie Tanit Monaco Michael Biberstein e Stephen Waddell; Union Gallery Londra Yu Jinyoung e Rose Wylie; Michael Schultz Gallery - Berlino/Seoul/Beijing Ma Jun e Maik Wolf; Galerie Voss Dusseldorf Giacomo he-solo-project per la sua quarta edizione presenta Costa e Claudia Rogge; Mario Mauroner Contem50 gallerie internazionali, che propongono lavori di porary Art Vienna/Salisburgo propone Carlos Aires, promettenti nuove leve e artisti affermati. La Galleria Herbert Brandl, Jan Fabre, Luc Mattenberger, Bianconi di Milano presenta Daniele Veronesi; Gale- Bruno Peinado, Jaume Plensa. Claudia Rogge, EverAfter Paradise IV, 2010, Courtesy Galerie Voss, Dusseldorf

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Jan Fabre, Krijgers rozenkrans / Warriors rosary, 1999. Courtesy Mario Mauroner Contemporary Art Vienna/Salisburgo. Ma Jun, TV No.7, 2008 Courtesy Michael Schultz Gallery Berlino/Seoul/ Beijing. 8-

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>anteprima e news gallerie e istituzioni su www.rivistasegno.eu< Museum Kurhaus Kleve (Germania) e Museion, Bolzano

Carl Andre

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l Museum Kurhaus Kleve in Germania e il Museion di Bolzano dedicano una retrospettiva, curata da Roland Mönig e Letizia Ragaglia, all’artista Carl Andre, tra i padri fondatori della Minimal Art, insignito quest’anno del prestigioso premio artistico Roswitha-Haftmann. I lavori raccolti per Kleve e Bolzano coprono l’arco della produzione dell’artista dalla fine degli anni Cinquanta fino ad oggi. In mostra più di venti sculture, opere di medie e piccole dimensioni e le famose installazioni di grande formato - tra queste “Wirbelsäule” (colonna vertebrale), uno lavori esterni raramente esposti, realizzato nel 1984 a Basilea. Particolare attenzione verrà dedicata ai “Poems”, opere testuali poco conosciute. A Kleve fino al 28.agosto e a Bolzano dal 17 settembre all’8 gennaio 2012.

Carl Andre, 144 Graphite Silence, 2005. Courtesy Galerie Tschudi, Glarus / Zuoz, Switzerland

Fotomuseum Winterthur

AI WEIWEI

Interlacing ino al 21 agosto il Fotomuseum Winterthur dedica all’artista cinese Ai Weiwei la mostra Interlacing, a cura di Urs Stahel: un’ampia retrospettiva dei lavori fotografici e video del poliedrico artista concettuale, anche architetto, scultore, fotografo, blogger, Twitterer e critico culturale. La mostra raccoglie anche centinaia di foto e post dal suo blog e foto dal suo cellulare, testimonianza dell’intento dell’artista di “interlacing”, connettersi continuamente con il mondo per confrontarsi e denunciare i problemi sociali in Cina e nel mondo.

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Museum für Gegenwartskunst, Basilea

Henrik Olesen

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l Museo di Arte Contemporanea di Basilea presenta un’ampia retrospettiva delle opere dell’artista danese Henrik Olesen. In mostra una selezione dei suoi lavori degli ultimi quindici anni tra collages, demontages, e interventi spaziali: l’installazione Mr. Knife and Mrs. Fork (2009), il gruppo di opere intitolato How Do I Make Myself a Body? (2009), Fino all’11 settembre. Kunstmuseum Basel

Konrad Witz Ai Weiwei June 1994, 1994. C-print, 117,5 x 152 cm © Ai Weiwei

The Unique Exhibition l Kunstmuseum presenta l’arte di Konrad Witz: più di ottanta opere tra cui numerosi prestiti, che spaziano anche nel campo delle arti grafiche, con diversi esempi d’incisioni, opere murali e su vetro. Completano la mostra dati acquisiti attraverso metodi innovativi di analisi dei dipinti.

Fino al 3 luglio.

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Haus zum Kirschgarten, Basilea

Francis Alÿs

Fabiola chaulager presenta la mostra Francis Alÿs: Fabiola presso il museo Haus zum Kirschgarten di Basilea. Oltre 350 ritratti di Santa Fabiola si affiancano alla mostra esistente, e costituiscono la collezione che l’artista ha raccolto nell’arco di vent’anni di ricerche tra mercatini e antiquari di Europa e America. Fino al 28 agosto.

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Grand Palais des Champs-Elysées, Parigi - Monumenta 2011

Anish Kapoor

Leviathan opo il successo delle prime tre edizioni che ha visto protagonisti artisti del calibro di Anselm Kiefer, Richard Serra e Christian Boltanski, MONUMENTA sceglie per l’edizione 2011 di ospitare la maestosa scultura Leviathan dell’artista inglese Anish Kapoor nell’eccezionale spazio del Grand Palais nel cuore di Parigi. Fino al 23 giugno.

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Francis Alÿs, Untitled, from When Faith Moves Mountains. 2002 A destra: Anish Kapoor, Leviathan
© MONUMENTA 2011

MoMA New York

Francis Alÿs

A Story of Deception ino all’1 Agosto in mostra l’ampia collezione delle opere del Museum of Modern Art dell’artista Francis Alÿs – incluse le tre recenti acquisizioni Re-enactments (2001), When Faith Moves Mountains (2002), and Rehearsal I (Ensayo I) (1999–2001) – che include video installazioni, dipinti, disegni, collage, fotografie e newspaper clippings. La mostra continua presso il MoMA PS1 con un approfondimento sull’opera Modern Procession (2002), lavoro commissionato dal MoMA nell’ambito del temporaneo trasferimento al Queens durante i lavori di espansione del museo dal 2002 al 2004.

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Fondazione Banca del Monte Domenico Siniscalco Ceci Foggia

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Rassegna biennale di opere in carta

Nobushige Akiyama Minou Amirsoleimani Vibeke Bak Hansen Tiziana Bargagnati Valeria Bertesina Valerie Buess Vito Capone Domenico Carella Wanda Casaril Francesca Cataldi Luciana Costa Gianello Gabriella Crisci Eliabetta Diamanti Krustyna Dyrda-Kortyka Ulla Enevoldsen Vittorio Fava Fernanda Fedi Simonetta Ferrante Eberhard Freudenreich Vibeke Fuglsang-Damgaard Johan Gaellman Gino Gini Salvatore Giunta Paolo Gobbi Gabriella Göransson Francesco Granito Paolo Gubinelli Iginio Iurilli Trude Kranzl

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Beppe La Bianca Bara Lehmann-Schulz Nicola Liberatore Matteo Manduzio Margareta Mannervik Sandra Marconato Maren Marie Mathiesen Rosalba Mitaritonna Tana Kika MØller Anna Morolin Mariarosa Pappalettera Valentina Pigliapoco Mikhail Pogarsky Teresa Pollidori Lydia Predominato Jytte Rasmussen Fernando Rea Pilar Roca Alessandra Ruo Rosemarie Sansonetti Claudio Schiavoni Antonella Servili Marian Smit Joanna Stokowska Mimmo Totaro Nadia Trotta Daniela Tzvetkova Serena Vallese Franco Zingaretti

Foggia

Fondazione Banca del Monte Domenico Siniscalco Ceci 7 maggio - 11 giugno 2011 Inaugurazione sabato, 7 maggio 2011 ore 18,00 Via Arpi, 152 - Tel. 0881.712182 www.fondazionebdmfoggia.com info@tracarte.it

progetto Vito Capone

a cura di Loredana Rea

La mostra è aperta dal lunedì al sabato ore 9-13; 17-20

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elvio chiricozzi un brusio d’ali

rodolfo ďŹ orenza fotografo

22 maggio 31 luglio 2011

www.castellodirivara.it

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54. Esposizione Internazionale d’Arte Venezia

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ILLUMInazioni - ILLUMInations 4 giugno - 27 novembre 2011 l via ai Giardini e all’Arsenale la 54. EsposiA zione Internazionale d’Arte dal titolo ILLUMInazioni - ILLUMInations, diretta da Bice

Curiger. «La Biennale di Venezia» ha dichiarato Bice Curiger «è uno dei forum più importanti per la diffusione e la riflessione sugli sviluppi attuali dell’arte. Il titolo della 54. Esposizione Internazionale d’Arte, ILLUMInazioni, pone letteralmente l’accento sull’importanza di questa funzione e capacità della Biennale, anche in un mondo globalizzato. La più prestigiosa nonché la progenitrice di tutte le biennali d’arte internazionali è animata oggi da uno spirito che trascende i confini nazionali, in un’epoca in cui gli artisti stessi hanno un’identità poliedrica e sono diventati migranti consapevoli e turisti della cultura». La Mostra, allestita al Padiglione Centrale ai Giardini e all’Arsenale, forma un unico percorso espositivo, con 83 artisti da tutto il mondo (32 sono giovani nati dopo il 1975 e 32 sono le presenze femminili vedi elenco artisti partecipanti) i quali hanno realizzato nuove produzioni, molte create appositamente per l’occasione, riferendosi direttamente ai temi centrali di ILLUMInazioni. «La 54. Esposizione Internazionale d’Arte dovrebbe configurarsi e svilupparsi in un processo di scambio di ispirazioni e stimoli fra tutti coloro che ne sono coinvolti» ha dichiarato la Direttrice. In quest’ottica ha chiesto a quattro artisti partecipanti (Monika Sosnowska, Franz West, Song Dong e Oscar Tuazon) di creare dei “parapadiglioni”, opere di carattere architettonico e sculturale allestite ai Giardini e all’Arsenale, realizzate per ospitare il lavoro di altri artisti. ILLUMInazioni si concentra sulla presentazione di giovani artisti, ciononostante sono incluse anche opere di autori di generazioni precedenti la cui attualità li proietta oggi al centro del dibattito: tra questi, Llyn Foulkes (*1934), Luigi Ghirri (*1943- 1992), Jack Goldstein (1945-2003), Gedewon (*19391995), Jeanne Natalie Wintsch (*1871- 1944). Nel Padiglione Cen-

trale ai Giardini all’ingresso della Mostra sono esposte tre grandi tele del pittore veneziano Jacopo Tintoretto (1518–1594): l’Ultima Cena (proveniente dalla Basilica di San Giorgio Maggiore) il Trafugamento del corpo di San Marco e la Creazione degli Animali (entrambe conservate presso le Gallerie dell’Accademia), concesse in prestito dalla Soprintendenza per il Polo Museale Veneziano. «L’incorporazione delle opere di Tintoretto del Sedicesimo secolo in una biennale d’arte contemporanea» afferma la Direttrice «trasmette segnali inaspettati e stimolanti e getta luce sulle convenzioni del sistema dell’arte. Tale accostamento non deriva tanto da analogie di natura formale ma è piuttosto pensato come rafforzamento reciproco, finendo per sottolineare l’importanza delle opere d’arte come veicoli visivi d’energia». La Biennale effettuerà un intervento di manutenzione straordinaria sui dipinti e si farà carico di un’operazione analoga anche sugli altri tre teleri con le Storie di San Marco conservati presso le Gallerie dell’Accademia e non richiesti in prestito. La Mostra è affiancata, come di consueto, negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia, da 89 Partecipazioni nazionali (vedi elenco) ben dodici in più rispetto all’edizione 2009: le nazioni presenti per la prima volta sono Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh, Haiti. Altri paesi partecipano quest’anno dopo una lunga assenza: India (1982), Congo (1968), Iraq (1990), Zimbabwe (1990), Sudafrica (1995), Costa Rica (1993, poi con l’IILA), Cuba (1995, poi con l’IILA). La partecipazione italiana è affidata a Vittorio Sgarbi, curatore del Padiglione Italia. Gli artisti in esposizione all’Arsenale sono oltre 200 (vedi elenco artisti). Alla Mostra si affiancano 37 Eventi collaterali proposti da enti e istituzioni internazionali, che hanno allestito le loro mostre e le loro iniziative in vari luoghi della città in concomitanza con la Biennale (vedi elenco). Nell’ambito della cerimonia di inaugurazione si è svolta la consegna

La Giuria della 54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia composta da Hassan Khan (Presidente, Egitto) e da Carol Yinghua Lu (Cina), Letizia Ragaglia (Italia), Christine Macel (Francia) e John Waters (USA), ha deciso di attribuire nel modo seguente i premi ufficiali: Leone d’Oro per la migliore Partecipazione nazionale alla Germania con l’installazione di Christoph Schlingensief (Padiglione ai Giardini), Commissario: Susanne Gaensheimer Leone d’oro per il miglior artista di ILLUMInazioni a Christian Marclay (Stati Uniti, 1955; espone alle Corderie dell’Arsenale) con l’opera The Clock, 2010. Leone d’argento per un promettente giovane artista di ILLUMInazioni a Haroon Mirza (Gran Bretagna, 1977; espone alle Corderie dell’Arsenale e al Padiglione Centrale, Giardini). La Giuria ha inoltre deciso di assegnare due menzioni speciali alla Lituania (Padiglione in città; Scuola S. Pasquale, Castello 278) con l’installazione Behind the White Curtain di Darius Mikšys, e a Klara Lidén (Svezia, 1979; espone all’Arsenale) con lopera Untitled, (Trashcan), 2011. In alto: Haroon Mirza, la figlia di Christoph Schlingensief, il commissario del padiglione tedesco Susanne Gaensheimer e Franz West alla cerimonia di premiazione. Sotto: Christian Marclay, The Clock, 2010. A sinistra, Susanne Gaensheimer con la figlia di Christoph Schlingensief, Christian Marclay, il leone d’argento di Haroon Mirza.

dei premi ufficiali: sono stati attribuiti i Leoni d’oro alla carriera all’artista americana Sturtevant e all’artista austriaco Franz West dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta della Direttrice Bice Curiger: «per l’unicità e la particolare attualità del loro contributo all’arte contemporanea, e per aver sviluppato un’opera ricca e piena di forza, che invita a vedere la produzione artistica in connessione ad altri ambiti intellettuali».

A sinistra, il padiglione tedesco con l’installazione di Christoph Schlingensief. Sopra, a sinistra, Haroon Mirza, titolo, 2011, a destra Klara Lidén, Untitled, (Trashcan), 2011

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54. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia Gli artisti invitati per la mostra internazionale

ILLUMInazioni – ILLUMInations Giorgio Andreotta Calò, Meris Angioletti, Nairy Baghramian, Yto Barrada, Elisabetta Benassi, Birdhead

(Song Tao e Ji Weiyu), Monica Bonvicini, Mohamed Bourouissa, Carol Bove, Gerard Byrne, Mariana Castillo Deball, Maurizio Cattelan, Gianni Colombo, Martin Creed, DAS INSTITUT(Kerstin Brätsch e Adele Röder), Guy de Cointet, Gintaras Didžiapetris, Song Dong, Trisha Donnelly, Shannon Ebner, Latífa Echakhch, Ida Ekblad, Omer Fast, Urs Fischer, Peter Fischli & David Weiss, Llyn Foulkes, Luca Francesconi, Katharina Fritsch, Cyprien Gaillard, Dani Gal, Ryan Gander, Gedewon, GELITIN, Luigi Ghirri, David Goldblatt, Jack Goldstein, Loris Gréaud, Nicholas Hlobo, Karl Holmqvist, Bruno Jakob, Norma Jeane, Rashid Johnson, Annette Kelm, Gabriel Kuri, Elad Lassry, Klara Lidén, Christian Marclay, Fabian Marti, Nathaniel Mellors, Asier Mendizabal, Haroon Mirza, Jean-Luc Mylayne, Shahryar Nashat, Navid Nuur, Roman Ondak, Nicolás Paris, Philippe Parreno, Mai -Thu Perret, Amalia Pica, Giulia Piscitelli, Sigmar Polke, Seth Price, R.H. Quaytman, Nick Relph, Pipilotti Rist, Marinella Senatore, Cindy Sherman, Dayanita Singh, Josh Smith, Monika Sosnowska, Frances Stark, Sturtevant, Anya Titova, Rosemarie Trockel, Oscar Tuazon, James Turrell, Emily Wardill, Rebecca Warren, Corinne Wasmuht, Andro Wekua, Franz West, Jeanne (Johanna) Natalie Wintsch, Christopher Wool.

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14 Mostra ILLUMI-NATIONS. Giardini: 1a. Jacopo Robusti detto Tintoretto, Trafugamento del corpo di San Marco e (1b) La creazione degli animali, 1550-1553. Gallerie dell’Accademia, Venezia. Courtesy of Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC). 2. Monika Sosnowska, Antechamber, 2011. 3. Cindy Sherman, Untitled, 2011. 4. Christopher Wool, Untitled, 2011. 5. In alto: Maurizio Cattelan, Others, 2011 e Jack Goldstein, The Jump, 1978. 6. Josh Smith, ILLUMI-NATIONS, 2011 e in alto i piccioni imbalsamati di Maurizio Cattelan, Others, 2011. 7. Karl Holmqvist. 8. e 9. Gabriel Kuri. 10. Peter Fischli & David Weiss, Spazio Numero 13. 11. Das Institut. 12. Sigmar Polke, Polizeischwein. 13. Pipilotti Rist, Non voglio tornare indietro, 2011. 14. Nairy Baghramian. 15. Norma Jeane. 15

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21 Mostra ILLUMI-NATIONS. Arsenale, Corderie: 16. Urs Fischer. 17. Fabian Marti. 18. Mai-Thu Perret. 19. Elisabetta Benassi. 20. Rebecca Warren, Feelings, 2009. 21 e 34. Song Dong, Parapadiglione, 2011. 22. Franz West. 23. Shannon Ebner, The * As E//or, 2009. 24. Nicholas Hlobo. 25. Bruno Jakob. 26. Rashid Johnson. 27. Shahryar Nashat. 28. Navid Nuur. 29. Katharina Fritsch, 6. Stilleben, 2011. 30. Loris GrĂŠaud, The Geppetto Pavilion, 2011. 31. James Turrell. 32. Birdhead. 33. Monica Bonvicini, Untitled (15 Steps to Virgin), 2011. 35. Ida Ekblad, Working with: A Caged Law of the bird the hand the land, 2011. 36. Andro Wekua. 37. Giulia Piscitelli, Spiga, 2011.

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54. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia

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Partecipazioni nazionali ALBANIA Geopathies, Anila Rubiku, Orion Shima, Gentian Shkurti, Eltjon Valle, Driant Zeneli Commissario: Parid Tefereçi. Curatore: Riccardo Caldura. Sede: Spazio Rolak, Giudecca ANDORRA Més enllà de la visió / Beyond vision / Oltre la visione, Helena Guàrdia Ribó, Francisco Sánchez Sánchez Commissario: Pedro de Sancristóval y Múrua. Commissari aggiunti: Joan Gil Gregório, Ermengol Puig Tàpies, Francesc Rodríguez Rossa. Curatori: Paolo de Grandis, Josep M. Ubach Bernada. Sede: Chiesa di San Samuele, Campo San Samuele Regno dell’ARABIA SAUDITA, The Black Arch, Shadia Alem e Raja Alem, Commissario: Abdulaziz Alsebail. Curatore: Mona Khazindar, Robin Start. Sede: Padiglione all’Arsenale ARGENTINA Ahora 3 estaré con mi hijo, Adrián Villar Rojas Commissari: Magdalena Faillace. Curatore: Rodrigo Alonso. Sede: Padiglione all’Arsenale Repubblica di ARMENIA, Manuals: Subjects of New Universality, Mher Azatyan, Grigor Khachatryan, Astghik Melkonyan Commissario: Viktor Mnatsakanyan. Curatori: Ruben Arevshatyan, Vardan Azatyan, Nazareth Karoyan. Sede: Collegio Armeno Moorat Raphael, Ca’ Zenobio, Dorsoduro AUSTRALIA The Golden Thread, Hany Armanious Commissario: Doug Hall AM. Curatore: Anne Ellegood. Commissario aggiunto: Simon Mordant. Sede: Padiglione ai Giardini AUSTRIA Markus Schinwald Commissario: Eva Schlegel. Sede: Padiglione ai Giardini Repubblica dell’AZERBAIJAN, Relational, of Baku, Mikayil Abdurahmanov, Zeigam Azizov,

4 Padiglioni nazionali: 1. CINA, Yuan Gong, Pan Gongkai, Liang Yuanwei, Yang Maoyuan, Cai Zhisong; 2. GIAPPONE TABAIMO, teleco-soup; 3. Cristina Fernandez de Kirchner, Presidentessa dell’Argentina; 4. ARGENTINA, Adrián Villar Rojas; 5. AUSTRIA, Markus Schinwald; 6. LITUANIA, Darius Mikšys; 7. UCRAINA, Oksana Mas; 8. BELGIO, Angel Vergara; 9. FRANCIA, Christian Boltanski; 10. CANADA, Steven Shearer; 11. ARABIA SAUDITA, Shadia e Raja Alem; 12. BRASILE, Artur Barrio; 13. GRECIA, Maria Marangou, Diohandi.

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Khanlar Gasimov, Aga Ousseinov, Altay Sadikhzade, Aidan Salakhova Commissario/Curatore: Chingiz Farzaliyev. Commissario aggiunto: Vittorio Urbani. Curatore: Beral Madra. Sede: Palazzo Benzon, San Marco Repubblica Popolare del BANGLADESH, Parables, Tayeba Begum Lipi, Promotesh Das Pulak, Imran Hossain Piplu, Kabir Ahmed Masum Chisty, Mahbubur Rahman Commissari: Tayeba Begum Lipi, Fiona Biggiero. Curatori: Mary Angela Schroth, Paolo W. Tamburella. Sede: Gervasuti Fondation, Fondamenta S.Anna (Via Garibaldi), Castello Repubblica di BELARUS, Kodex, Yury Alisevich, Artur Klinau, Kanstantsin Kastsiuchenka, Viktar Piatrou, Dzianis Skvartsou, Commissario: Natalia Sharangovich. Curatore: Mikhail Barazna. Sede: in via di definizione BELGIO Feuilleton, Angel Vergara Commissario/Curatore: Luc Tuymans. Sede: Padiglione ai Giardini BRASILE Artur Barrio: Registros + (Ex) Tensões y Pontos, Artur Barrio, Commissario: Heitor Martins. Curatori: Moacir dos Anjos, Agnaldo Farias. Sede: Padiglione ai Giardini BULGARIA Bond of Generation, Greddy Assa, Pavel Koichev, Houben Tcherkelov Commissario/ Curatore: Georges Luks. Sede: Palazzo Carminati, Santa Croce 1882 CANADA Steven Shearer : Exhume to Consume, Steven Shearer, Commissario: National Gallery of Canada. Curatore: Josee Drouin-Brisebois. Sede: Padiglione ai Giardini CILE Gran Sur, Fernando Prats Commissario: Antonio Arévalo. Curatore: Fernando Castro Flórez. Sede: Padiglione all’Arsenale CINA, Repubblica Popolare Cinese, Pervasion, Yuan Gong, Pan Gongkai, Liang Yuanwei, Yang Maoyuan, Cai Zhisong, Commissario: Zhang Yu, Yan Dong China Arts & Entertainment Group. Curatore: Peng Feng. Sede: Padiglione all’Arsenale Repubblica di CIPRO, Temporal Taxonomy, Marianna Christofides, Elizabeth Hoak-Doering, Commissario: Louli Michaelidou. Commissario aggiunto: Angela Skordi. Curatore: Yiannis Toumazis. Sede: San Marco 3198, secondo piano Palazzo Malipiero, campo S. Samuele Repubblica Democratica del CONGO, L’Art et la Femme dans le nouveau Congo, Barly Baruti, Ange Bofenda, Huguette Diwampovesa, Dieudonné Kumindike, Ilanga Moli, Fifi Panzu Commissario: Rocky Makota Kayimbi. Sede: in via di definizione Repubblica di COREA, The Love is gone but the Scar will heal, Lee Yongbaek, Commissario: Yun Chea Gab. Sede: Padiglione ai Giardini COSTA RICA Stupore, Luis Chacón, Francisco Córdoba, Silvia Fossati e Raffaella Rosa Lorenzo, Gianfranco Meggiato, Gavin Rain, Jaime David Tischler, Patrizio Travagli, Horst Uhlemann, Alec Von Bargen, Luca Zampetti Commissario/Curatore: Francesco Elisei. Sede: Sant’Elena Campo della Chiesa CROAZIA One Needs to Live Self-Confidently…. Watching , Antonio G. Lauer aka Tomislav Gotovac, BADco Commissari/Curatori: What, How and for Whom/WHW. Sede: Padiglione all’Arsenale CUBA Cuba mon amour, Alexandre Arrechea, Alessandro Busci, Yoan Capote, Felipe Cardeña, Duvier Del Dago, Giorgio Ortona, Alessandro Papetti, Eduardo Ponjuàn, Desiderio Commissario: Miria Vicini. Curatore: Duccio Trombadori. Curatore aggiunto: Jorge Fernandez. Sede: Isola di San Servolo, Caserma Cornoldi. DANIMARCA SPEECH MATTERS, Agency, Ayreen Anastas e Rene Gabri, Robert Crumb, Zhang Dali, Stelios Faitakis, FOS, Sharon Hayes, Han Hoogerbrugge, Mikhail Karikis, Thomas Kilpper, Runo Lagomarsino, Tala Madani, Wendelien van Oldenborgh, Lilibeth Cuenca Rasmussen, Taryn Simon, Jan Švankmajer, Johannes af Tavasheden, Tilman Wendland, Commissari: The Danish Arts Council Committee for International Visual Arts: Christine Buhl Andersen (Chairman), Eva Koch, Mikael Andersen, Jakob Jakobsen, Gitte Ørskou (1 April 2007 – 31 March 2011) / Rune Gade (Chairman), Jesper Elg, Mads Gamdrup, Lise Harlev, Anna Krogh (1 April 2011 – 31 March 2015). Curatore: Katerina Gregos. Sede: Padiglione ai Giardini EGITTO 30 Days of Running in the Space, Ahmed Basiony Commissario: Shady El Noshokaty. Curatore: Aida Eltorie. Sede: Padiglione ai Giardini EMIRATI ARABI UNITI Second Time Around, Reem Al Ghaith, Abdullah Al Saadi, Lateefa Bint Maktoum Commissario: Hamdan Lamees. Curatore: Vasif Kortun. Sede: Padiglione all’Arsenale ESTONIA A Woman Takes Little Space, Liina Siib, Commissario: Johannes Saar. Commissari aggiunti: Andris

Brinkmanis, Elin Kard. Sede: Palazzo Malipiero (primo piano), San Marco FINLANDIA And all structures are unstable 2011, Vesa-Pekka Rannikko Commissario/Curatore: Laura Köönikkä. Sede: Padiglione ai Giardini FRANCIA, Chance, Christian Boltanski, Commissario: Institut Français. Curatore: JeanHubert Martin. Sede: Padiglione ai Giardini GEORGIA, Any-Medium-Whatever, Tamara Kvesitadze, Commissario: Paivi Tirkkonen. Curatore: Henk Slager. Sede: Palazzo Pisani Santa Marina, Cannaregio GERMANIA, Christoph Schlingensief Commissario: Susanne Gaensheimer. Sede: Padiglione ai Giardini GIAPPONE TABAIMO: teleco-soup, Commissario: Yuka Uematsu. Commissari aggiunti: Miwa Kaneko, Atsuko Sato. Sede: Padiglione ai Giardini GRAN BRETAGNA Mike Nelson, Commissario: Andrea Rose. Curatore: Richard Riley. Sede: Padiglione ai Giardini GRECIA Diohandi, Commissario: The Hellenic Ministry of Culture and Tourism. Curatore: Maria Marangou. Sede: Padiglione ai Giardini HAITI Death and Fertility, Jean Hérard Celeur, André Eugène, Claude Saintilus Commissario/ Curatore: Daniele Geminiani. Commissario: The Island. Curatore aggiunto: Leah Gordon. Comitato scientifico: Donald John Cosentino, Leah Gordon. Sede: Riva Sette Martiri (fino al 28 luglio)Haiti Kingdom of This World, Sergine André, Elodie Barthelemy, Mario Benjamin, Maksaens Denis, Edouard Duval-Carrié, Frankétienne, Guyodo, Sébastien Jean, Killy, Tessa Mars, Pascale Monnin, Paskö, Barbara Prézeau, Roberto Stephenson, Hervé Télémaque Commissario: Fonds de dotation Agnès B et Institut Français. Commissario aggiunto: Regine Estimé. Curatore: Giscard Bouchotte. Comitato scientifico: Carlo A. Célius, Edouard Duval-Carrié. Sede: Fondazione Querini (fino al 31 luglio) INDIA Everyone Agrees: It’s About to Explode, Zarina Hashmi, Gigi Scaria, Praneet Soi, The Desire Machine Collective (Sonal Jain, Mriganka Madhukaillya) Commissario: Ranjit Hoskote. Sede: Padiglione all’Arsenale IRAN Morteza Darehbaghi, Mohammad Mehdi Ghanbeigy, Monir Ghanbeigy, Mohsen Rastani Commissario: Mahmood Shalooei. Commissario aggiunto: Mojtaba Kalhor. Sede: Palazzo Malipiero, San Marco IRAQ Acqua ferita (Wounded Water), Adel Abidin, Halim Al Karim, Ahmed Alsoudani, Ali Assaf, Azad Nanakeli, Walid Siti Commissario: Alì Assaf. Commissario aggiunto: Vittorio Urbani. Curatore: Mary Angela Schroth. Sede: Gervasuti Foundation, Fondamenta S. Anna (Via Garibaldi), Castello IRLANDA Corban Walker, Commissario: Emily-Jane Kirwan. Curatore: Eamonn Maxwell. Sede: Santa Maria della Pietà ISLANDA Under Deconstruction, Libia Castro, Olafur Olafsson Commissario: Dorothée Kirch. Curatore: Ellen Blumenstein. Sede: Palazzo Zenobio, Collegio Armeno Moorat-Raphael, Fondamenta del Soccorso, Dorsoduro ISRAELE One man’s floor is another man’s feelings, Sigalit Landau Commissari: Michael Gov, Arad Turgeman. Curatori: Jean de Loisy, Ilan Wizgan. Sede: Padiglione ai Giardini LETTONIA Tranquillità artificiale (Il Paesaggio Contemporaneo), Kristaps Gelzis Commissario: Daiga Rudzate. Commissario aggiunto: Paivi Tirkkonen. Curatore: Astrida Rogule. Sede: Palazzo Albrizzi, Cannaregio LITUANIA Behind the White Curtain, Darius Mikšys Commissario: Kestutis Kuizinas. Sede: Scuola San Pasquale, Castello Granducato di LUSSEMBURGO, Le cercle fermé, Martine Feipel, Jean Bechameil, Commissario: René Kockelkorn. Curatori: Kevin Muhlen, Jo Kox. Sede: Ca’ del Duca, Corte del Duca Sforza, San Marco Ex Repubblica Jugoslava di MACEDONIA, ZERO: The Trailer Files, Art Collective Zero (Aleksander Stankoski, Igor Toshevski, Bedi Ibahim, Zlatko Trajkovski, Sinisha Cvetkovski, Mishko Desovski, Perica Georgiev, Gorancho Gjorgjievski) Commissario: Maja Krstevska. Curatore: Gorancho Gjorgjievski. Sede: Palazzo Pesaro Papafava, Cannaregio. Leap Žarko Bašeski Commissario: Toni Catleski. Curatore: Emil Aleksiev. Sede: Palazzo Pesaro Papafava, Cannaregio MESSICO, Cuadrado rojo, imposible rosa, Melanie Smith, Rafael Ortega, Commissario: Gastón Ramírez Feltrín. Curatore: José Luis Barrios Lara. Sede: Palazzo Rota Ivancich, Castello Repubblica di MOLDOVA, The world around me, Valeria Duca, Commissario: Darii Denis. Commissario aggiunto: Plesco Natalia. Sede: Galleria d’Arte III Millennio, San Marco 236 | ESTATE 2011

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54. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia Cognition, Nicoleta Stati, Commissario: Darii Denis. Commissario aggiunto: Plesco Natalia. Sede: Galleria d’Arte III Millennio, San Marco Transnistria, Art Group Moë (Aliona Kononova, Igor Avramenko, Mark Verlan) Commissario: Darii Denis. Commissario aggiunto: Plesco Natalia. Curatore: Oxana Maleeva. Sede: Antico Squero San Trovaso, Dorsoduro MONTENEGRO The Fridge Factory and Clear Waters, Marina Abramovic: MACCO Cetinje – Marina Abramovic Community Center Obod Cetinje, Ilija Šoškic, Natalija Vujoševic, Commissari-Curatori: Svetlana Racanovic, Petar Cukovic. Sede: Palazzo Malipiero, San Marco NORVEGIA The State of Things, Franco Berardi, Leo Bersani, Judith Butler, T.J. Clark, Jan Egeland, Fawaz Gerges, Jacques Rancière, Saskia Sassen, Vandana Shiva, Eyal Weizman, Commissario: Office for Contemporary Art Norway. Curatori: Marta Kuzma, Pablo Lafuente, Peter Osborne. Sede: diversi luoghi della città di Venezia, tra cui l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e l’Università IUAV di Venezia Beyond Death: Viral Discontents and Contemporary Notions about AIDS, Bjarne Melgaard insieme agli studenti del suo Master presso la Facoltà di Design e Arti, Università IUAV di Venezia: Paola Angelini, Michelangelo Corsaro, Cecilia Divizia, Elisa Fantin, Marco Fellini, Corinne Mazzoli, Nicole Moserle, Beatrice Piva, Valentina Roselli, Alessio Sacchetto, Valeria Romagnini Solfato, Davide Spillari, Commissario: Office for Contemporary Art Norway. Curatori: Marta Kuzma, Pablo Lafuente, Peter Osborne. Sede: Facoltà di Design e Arti, Università IUAV di Venezia e Palazzo Contarini Corfù NUOVA ZELANDA On First Looking into Chapman’s Homer, Michael Parekowhai, Commissario: Jenny Harper. Sede: Palazzo Loredan dell’Ambasciatore, Dorsoduro OLANDA Herman Verkerk, Paul Kuipers, Yannis Kyriakides, Maureen Mooren, Joke Robaard, Johannes Schwartz, Sanneke van Hassel, Barbara Visser Commissario: Mondriaan Foundation. Curatore: Guus Beumer. Sede: Padiglione ai Giardini POLONIA … and Europe will be stunned, Yael Bartana Commissario: Hanna Wróblewska. Curatori:

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Padiglioni nazionali: 14. ISRAELE, Sigalit Landau; 15. Repubblica di COREA, Lee Yongbaek; 16. OLANDA Opera Aperta / Loose Work, Herman Verkerk, Paul Kuipers, Yannis Kyriakides, Maureen Mooren, Joke Robaard, Johannes Schwartz, Sanneke van Hassel, Barbara Visser; 17. TURCHIA, Ayse Erkmen; 18. ROMANIA, Ion Grigorescu, Anetta Mona Chisa, Lucia Tkacova; 19. SVIZZERA, Thomas Hirschhorn; 20. INDIA, Zarina Hashmi, Blinding Light, 2010 e Noor (Divine Light), 2008; 21. SPAGNA, Dora Garcia, Lo inadecuado, 2011; 22. GRAN BRETAGNA, Mike Nelson, I, Impostor, 2011; 23. STATI UNITI D’AMERICA, Jennifer Allora, Guillermo Calzadilla, Track and field.

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>SPECIALE< Entre Siempre y Jamás

Padiglione America Latina - IILA (Istituto Italo-Latino Americano), Arsenale ’IILA (Istituto Italo-Latino Americano), Istituzione che dal 1972 viene invitata dalla Biennale di Venezia a organizzare il Padiglione America Latina, presenta all’interno dell’Arsenale fino al 27 novembre la mostra Entre Siempre y Jamás (Fra Sempre e Mai) – citazione di una poesia dello scrittore uruguayano Mario Benedetti – dedicata al Bicentenario dell’Indipendenza latinoamericana. Il curatore del Padiglione Alfons Hug – tra i massimi esperti di arte latinoamericana, già curatore della Bienal de São Paulo (2002 e 2004) e della Bienal del Fin del Mundo di Ushuaia (2009), attuale direttore del Goethe-Institut di Río de Janeiro – coadiuvato dal commissario Patricia Rivadenera, propone per la prima volta un progetto sulla cultura dell’intera America Latina, attraverso lo sguardo di artisti provenienti da tutto il Continente. Gli artisti invitati esplorando l’America Latina in lungo e in largo, hanno esplorato i 200 anni dell’Indipendenza latinoamericana e il suo patrimonio culturale; le opere proposte raccontano le decisive trasformazioni in ambito politico, sociale e culturale vissute dagli Stati americani contemporanei. Questi gli artisti invitati: Leticia El Halli Obeid (Argentina), Narda Alvarado (Bolivia), Neville D’Almeida (Brasile), Sebastián Preece (Cile), Juan Fernando Herrán (Colombia), Sila Chanto (Costa Rica), Reynier Leyva Novo (Cuba), María Rosa Jijón (Ecuador), Walterio Iraheta (El Salvador), Regina José Galindo (Guatemala), Adán Vallecillo (Honduras), Julieta Aranda (Messico), Rolando Castellón (Nicaragua), Humberto Vélez (Panama), Claudia Casarino (Paraguay), Fernando Gutiérrez (Perù), David Pérez Karmadavis (Repubblica Dominicana), Martín Sastre (Uruguay), Alexander Apóstol (Venezuela). Inoltre, sono stati inclusi nel progetto espositivo anche alcuni artisti europei che hanno realizzato le loro opere in America Latina: Alberto de Agostini (Italia), Gianfranco Foschino (Italia/Cile), Christine de la Garenne (Germania), Olaf Holzapfel con Teresa, Mirta, Dionisia, Noelia e Luisa Gutiérrez della comunità indigena Wichi (Germania/Argentina), Bjørn Melhus (Norvegia). La mostra Entre Siempre y Jamás è accompagnata da una pubblicazione edita da Sala Editori in vendita presso i Bookshop Electa all’interno della Biennale, nelle migliori librerie e sul sito www.salaeditori.eu.

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Sebastian Cichocki, Galit Eilat. Sede: Padiglione ai Giardini PORTOGALLO Scenario, Francisco Tropa, Commissario: Direcção-Geral das Artes Ministério da Cultura. Curatore: Sergio Mah. Sede: Fondaco Marcello, Calle del Traghetto o Ca’ Garzoni, San Marco REPUBBLICA CECA e SLOVACCA The Sleeping City, Dominik Lang, Commissari: Petr Hnízdo, Vera Krejcová. Curatore: Yvonna Ferencová. Sede: Padiglione ai Giardini ROMANIA Performing History, Ion Grigorescu, Anetta Mona Chisa, Lucia Tkacova, Commissario: Monica Morariu. Commissario aggiunto: Alessandro Damian. Curatori: Maria Rus Bojan, Ami Barak. Sede: Padiglione ai Giardini Romanian Cultural Resolution- documentary, Adrian Bojenoiu, Alexandru Niculescu Commissario: Monica Morariu. Commissario aggiunto: Alessandro Damian. Sede: Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica, Cannaregio RUSSIA, Empty Zones, Andrei Monastyrski e the ‘Collective Actions’ Group (Nikita Alexeev, Elena Elagina, Georgy Kizevalter, Igor Makarevich, Andrei Monastyrski, Nikolai Panitkov, Sergei Romashko, Sabine Hänsgen) Commissario: Stella Kesaeva. Curatore: Boris Groys. Sede: Padiglione ai Giardini Repubblica di SAN MARINO, Luce In-azione, Dorothee Albrecht, Marco Bravura, Cristian Ceccaroni, Daniela Comani, Ottavio Fabbri, Verdiano Manzi, Patrizia Merendi, Cristina Rotondaro, Omar Paolucci, Lars Teichmann, Thea Tini, Daniela Tonelli, Paola Turroni Commissario: Leo Marino Morganti. Curatore: Valerio Pradal. Comitato Scientifico: Alberto Bassi, Manuela Comoglio, Loretta Guerrini, Maria Gloria Riva, Renata Stih, Chiara Tartarini. Sede: Palazzo Riva del Vin, San Silvestro, San Polo SERBIA Light and darkness of symbols, Dragoljub Raša Todosijevic, Commissario: Živko Grozdanic. Curatore: Sanja Kojic Mladenov. Sede: Padiglione ai Giardini SINGAPORE The Cloud of Unknowing, Ho Tzu Nyen, Commissario: National Arts Council. Curatore: June Yap. Sede: Salone di Ss. Filippo e Giacomo del Museo Diocesano di Venezia SIRIA, Repubblica Araba Siriana, Evoluzione, Talal al Abballa, Sabhan Adam, Bernard Aubertin, Nemat Badawi, Beppe Bonetti, Ivan Lardschneider, Renato Mambor, Piero Mottola, Salvo Pastorello, Nizar Sabour, Rima Salamoun, Pg-Slis Commissario: Christian Maretti. Curatori: Fabio Anselmi, Sandro Orlandi. Sede: Isola di San Servolo, Caserma Cornoldi Repubblica di SLOVENIA, Heaters for Hot Feelings, Mirko Bratuša, Commissario/Curatore: Nadja Zgonik. Commissario aggiunto: Jure Mikuž. Sede: Galleria A+A SPAGNA L’inadeguato / Lo inadecuado, Dora Garcia, Commissario/Curatore: Katya Garcia-Anton. Sede: Padiglione ai Giardini STATI UNITI D’AMERICA Gloria, Jennifer Allora, Guillermo Calzadilla Commissario: Lisa D. Freiman. Sede: Padiglione ai Giardini SUDAFRICA Desire: Ideal Narratives in Contemporary South African Art, Siemon Allen, Lyndi Sales, Mary Sibande Commissario: Lethole Mokoena. Curatore: Thembinkosi Goniwe. Sede: Torre di Porta Nuova, Arsenale Nuovissimo SVEZIA Borderless Bastards, Fia Backström, Windows, Trees and Inbetween, Andreas Eriksson, Commissario: Ann-Sofi Noring. Curatore: Magnus af Petersens. Sede: Padiglione ai Giardini SVIZZERA, Crystal of Resistance, Thomas Hirschhorn, Commissario: Urs Staub. Sede: Padiglione ai

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Padiglione Venezia Fabrizio Plessi

Venezia presenta ai Giardini delIl’operallaPadiglione Biennale il video artista Fabrizio Plessi con realizzata per Louis Vuitton. Plessi propone qui

una nuova visione della sua flotta digitale che si sviluppa in maniera simbiotica all’interno della struttura a emiciclo del Padiglione Venezia, che Arzanà Navi e Louis Vuitton restituiscono alla città dopo un consistente ed accurato restauro, riempiendone gli spazi con un grandioso concerto d’acque in continuo movimento e divenire. Sei imbarcazioni in acciaio nero emergono dall’oscurità mentre sui video schermi delle chiglie sono evocati suoni, correnti e flutti di simbolici mari. Curatore: Renzo Dubbini, commissario: Madile Gambier.

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Giardini Chewing the Scenery, Pauline Boudry / Renate Lorenz, Maria Iorio/Raphaël Cuomo, Uriel Orlow, Eran Schaerf, Tim Zulauf/KMUProduktionen e altri Commissario: Andreas Münch. Curatore: Andrea Thal. Sede: Teatro Fondamenta Nuove (fino al 2 ottobre 2011) THAILANDIA Paradiso di Navin, Navin Rawanchaikul, Commissario: Prisna Pongtadsirikul. Curatori: Pandit Chanrochanakit, Steven Pettifor. Sede: Paradiso Gallerie, Giardini della Biennale, Castello TURCHIA Plan B, Ayse Erkmen, Commissario: Istanbul Foundation for Culture and Arts. Curatore: Fulya Erdemci. Curatore aggiunto: Danae Mossman. Sede: Padiglione all’Arsenale UCRAINA Post-vs-Proto-Renaissance, Oksana Mas Commissario: Viktor Sydorenko. Curatori: Achille Bonito Oliva, Oleksiy Rogotchenko. Curatori aggiunti: Ute Kilter, Diana Fedorova-Pecherskaya. Sede: Chiesa di San Fantin e Campo San Stae UNGHERIA Crollo - Intervista passiva, Hajnal Németh, Commissario: Gábor Gulyás. Curatore: Miklós Peternák. Sede: Padiglione ai Giardini

24. GERMANIA, L’esterno del padiglione dedicato a Christoph Schlingensief; 25. ISTITUTO ITALO-LATINO AMERICANO; 26. PADIGLIONE VENEZIA, Fabrizio Plessi, Mari verticali.

URUGUAY un lugar común/ a common ground, Alejandro Cesarco, Magela Ferrero Commissario: Silvia Listur. Curatore: Clio E. Bugel. Sede: Padiglione ai Giardini VENEZUELA Spazi, Francisco Bassim, Clemencia Labin, Yoshi, Commissario: Javier Cerisola. Curatore: Luis Hurtado. Sede: Padiglione ai Giardini Repubblica dello ZIMBABWE, Seeing ourselves: questioning our geographical landscape and the space we occupy from yesterday, today and tomorrow, Berry Bickle, Calvin Dondo, Tapfuma Gutsa, Misheck Masamvu, Commissario: Doreen Sibanda. Curatore: Raphael Chikukwa. Sede: Santa Maria della Pietà, Castello CENTRAL ASIA PAVILION, Lingua Franca, Commissari: Andris Brinkmanis, Asel Akmatova. Curatori: Oksana Shatalova, Boris Chukhovich, Georgy Mamedov. Sede: Palazzo Malipiero, San Marco KYRGYZSTAN, Natalia Andrianova, Adis Seitaliev, Marat Raiymkulov KAZAKHSTAN Said Atabekov, Galim Madanov, Zauresh Terekbay, Yerbossyn Meldibekov TAJIKISTAN Alla Rumyantseva, Aleksey Rumyantsev UZBEKISTAN Artyom Ernst, Alexander Nikolaev. 236 | ESTATE 2011

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54. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia

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Padiglione Italia a partecipazione italiana affidata a Vittorio L Sgarbi, curatore del Padiglione Italia, è stata proposta all’Arsenale con oltre 200 artisti

in esposizione (vedi elenco), indicati da altrettanti scrittori, poeti, registi, uomini di pensiero volutamente non-critici d’arte, chiamati a far parte di un comitato tecnico scientifico, presieduto da Emmanuele F.M. Emanuele. «L’obiettivo è» - ha dichiarato Vittorio Sgarbi - « il risarcimento del rapporto fra letteratura, pensiero, intelligenza del mondo e arte, chiedendo, non a critici d’arte, neppure a me stesso, quali siano gli artisti di maggiore interesse tra il 2001 e il 2011, ma a scrittori e pensatori, il cui credito è riconosciuto per qualunque riflessione essi facciano sul nostro tempo». Nella Tese dei Soppalchi, riaperta per l’occasione, il Museo della Mafia, portato da Salemi a Venezia, accoglie il pubblico con un grande cartello “L’Arte non è cosa nostra» leit-motif dell’esposizione. Il progetto di ampliamento e allestimento del padiglione all’Arsenale è stato affidato all’architetto Benedetta Miralles Tagliabue, già vincitrice dello scorso Expo di Shangai per il Padiglione spagnolo. Il progetto del Padiglione Italia si estende anche fuori Italia. Gli 89 Istituti italiani di Cultura disseminati nei cinque continenti, nell’ambito delle Celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, sono stati chiamati a proporre una selezione di opere (pittura, scultura, video arte/performance, grafica, fotografia, ceramica e design) di artisti italiani operosi all’estero. Presso ciascuno degli 89 Istituti sono esposte le opere di 219 artisti (vedi elenco) italiani o di origine italiana residenti o attivi nelle rispettive giurisdizioni: le 89 mostre confluiscono nel Padiglione Italia all’Arsenale, in collegamento in tempo reale con Venezia attraverso altrettante installazioni multimediali, nell’intento di consentire una presenza virtuale agli artisti selezionati. Simmetricamente in un palazzo veneziano, vengono documentati gli artisti stranieri che lavorano in Italia. L’installazione di Benedetta Miralles Tagliabue, architetto italiano operante a Barcellona, è accompagnata da una composizione musicale inedita realizzata per l’occasione da Ennio Morricone e intitolata Da Pitagora e oltre. «Ma il Padiglione Italia vero e proprio sarà altrove» ha dichiarato Sgarbi «sarà in tutta Italia, tentando una rappresentazione variegata e credibile della creatività italiana indagata regione per regione.» In collaborazione con le regioni italiane, gli assessorati alla cultura e direttori di musei, una commissione di studio ha raccolto e valutato per ogni regione il lavoro di più di 1000

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artisti tra esponenti delle varie tendenze, dalla video-art, alla fotografia, alla pittura, alla grafica e al design. Le opere selezionate sono esposte in numerose mostre dislocate in varie sedi sparse sul territorio italiano. «Ogni sede sarà Padiglione Italia» ha affermato il curatore «consentendo l’esposizione di circa mille artisti in corrispondenza con l’epopea dei Mille nel 150° dell’Unità d’Italia». Il progetto del Padiglione Italia si completa con la presenza delle venti Accademie di Belle Arti d’Italia, che hanno selezionato tra i loro allievi 200 giovani artisti chiamati ad esporre una scelta delle loro opere nelle Tese di San Cristoforo, di fronte all’Arsenale (vedi elenco).

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>SPECIALE<

Negli Inferi del Padiglione Italia

di Paolo Balmas e Lucia Spadano

e borse di tela rossa con la scritta “Free Ai Weiwei” (l’artista ciL nese in carcere da sei mesi) sono state il filo di Arianna attraverso i padiglioni della 54esima edizione della Biennale di Venezia nei

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Padiglione Italia: 1. Benedetta Miralles Tagliabue e Vittorio Sgarbi. 2. Stefano Belisari (Elio e le storie tese) che impersona San Francesco per l’opera di Paolo Consorti. 3. L’Italia in croce di Gaetano Pesce. 4. Jannis Kounellis. 5. Uno dei corridoi dell’allestimento sul Museo della mafia di Salemi. 6. Lo spazio del Casoria Art Museum con l’opera di Antonio Manfredi, May be. They could live here. International warrant, 2011. 7. Weiner Vaccari. 8. Veduta generale dell’ambiente. 9. In primo piano le sculture di Giovanni Tamburelli. 10. Veduta generale dell’ambiente. 11. Antonio Paradiso. 12. Gino Sabatini Odoardi. 13. Marco Nereo Rotelli con la sua opera . 14. Arturo Casanova, Fieramosca info-point monument, 2011 15. Veduta generale dell’ambiente.

Il richiamo delle sirene

di Francesca Pini ell’allestire il Padiglione Italia, Sgarbi ha dimenticato alcuni elementi d’arredo: il carrettino dello zucchero filato, quello dei bomboloni, dei canditi e dei croccantini. E anche il banchetto delle salsicce. E pure i palloncini colorati, come si conviene a una vera sagra di paese, in questo caso del nostro Paese. Sagra però andata a male. Veramente non capisco come alcuni bravi artisti, ingolositi dal miraggio di essere finalmente proposti, accettati ed esposti alla Biennale di Venezia, non abbiano saputo resistere al richiamo delle sirene e dire di no a quest’ammmucchiata, a questo tritacarne visivo nel quale sono stati maciullati. Giustamente, il kitschartista Marco Lodola (che si è furbescamente sfilato da tutto questo bailamme insediandosi con le sue luminarie alla Ca’ D’Oro) parla di rivincita dei peones. Centinaia di opere che si accavallano e che diventano invisibili. Irriconoscibili. Un Padiglione visivamente impastato, sgangherato, fatto salvo per la sezione fotografica curata da Italo Zannier che risulta un’unità a sé stante. Sgarbi ha tentato un’operazione fuori dalle righe, demandando le scelte a centinaia di vip. Ed è come se a un congresso di cardiochirurgia gli specialisti da invitare venissero scelti da un “collegio” di filosofi, storici dell’arte, botanici, fisici, scrittori: così almeno non ci sarebbero i soliti noti. Se davvero Sgarbi avesse voluto rinunciare alla sua Egocrazia, scardinando veramente un certo sistema clientelare dell’arte (che tutti sappiamo esistere), avrebbe dovuto affidare queste scelte a un gruppo di giovani curatori, impegnandoli a scegliere, davvero, il meglio che il nostro Paese sa esprimere. Ci sarebbe stata una discussione, invece qui c’è solo tanta, tanta confusione. Ma a Sgarbi va dato almeno un merito: è perfino riuscito a superare l’infelice edizione 2009 curata dal duo BB (Beatrice & Buscaroli), e il che è tutto dire. Allegria!, avrebbe detto il grande Mike. “Passa la banda, chissà chi la manda”, cantava Mina.

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tre giorni super affollati riservati alla Stampa. Il Padiglione centrale, da cui parte la rassegna “ILLUMInazioni”, curata da da Bice Curiger, ci ha accolti col saluto della lunga fila di piccioni di Cattelan allineati sulla facciata d’ingresso. Il nucleo centrale della rassegna, come di consueto, si svolge ai Giardini per proseguire all’Arsenale. In un continuum ordinato e tranquillo che passa dallo stupore di fronte alle tre tele del Tintoretto, all’animazione di interventi come quello di Franz West (cui è stato assegnato il Leone d’oro alla Carriera), che nel suo “parapadiglione” ha accolto le opere di diversi artisti viennesi come Otto Muel e Rudolf Palanzsky, alla contemplazione della mastodontica scultura in cera di Urs Fischer (di cui alla fine della Biennale forse rimarrà ben poco visto che una fiammella la sta consumando poco a poco), alla riflessione di fronte all’opera The Clock di Christian Marclay (Leone d’oro per il miglior artista), un film capolavoro d’inventiva e di alta tacnologia. I Padiglioni nazionali quest’anno sono aumentati in maniera smisurata: sono 89 infatti le nazioni presenti e comprendono le nuove entrate come Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh e Haiti. L’Argentina ha avuto finalmente il suo padiglione permanente all’Arsenale e lo ha inaugurato con le straordinarie opere di Adrian Villar Rojas. Della gran parte dell’offerta dei Padiglioni parleremo dettagliatamente nel prossimo numero della rivista, così come delle numerose mostre collaterali e non, allestite nei Palazzi, nei musei e nelle Istituzioni veneziani, che brillano per bellezza ed intensità come quelle di Jan Fabre, di Kiefer, di Marisa Merz, Pino Pascali, Calzolari, Pintaldi e tante ancora, passando per Palazzo Grassi e Punta della Dogana. E discendiamo, infine, negli Inferi del Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi. Se n’è parlato già tanto prima che si inaugurasse, ma ciò non è bastato ad attutire l’impatto! Un guazzabuglio di “opere” affastellate l’una sull’altra, abbarbicate ad un supporto (un reticolato semicircolare) come panni stesi al sole. Gli sguardi scorrevano alla ricerca di qualcosa di rassicurante su cui soffermarsi, ma anche le opere, che, viste da sole in altri contesti, abbiamo amato, perdevano di senso e di intensità. “L’arte deve essere di tutti e per tutti” afferma Sgarbi, ma di quale arte stiamo parlando? Qui non c’è rispetto per nessuno! “Una vergogna nazionale” secondo qualcuno, un “censimento senza senso” secondo altri, “Una fiera di campagna organizzata dal Prevosto” a detta di Philippe Daverio, “Una puta mierda” secondo la gallerista spagnola Oliva Arauna. Più preciso e dettagliato è il commento di Giorgio Viganò (collezionista e curatore): “ Se l’intento di Sgarbi era quello di rappresentare gran parte del peggio dell’arte italiana : c’è riuscito! Se l’intento di Sgarbi era quello di rendere ridicola l’Italia anche nel settore artistico : c’è riuscito! Se l’intento di Sgarbi era quello “che una partecipazione alla Biennale di Venezia non si nega a nessuno”: c’è riuscito! Se invece Sgarbi voleva rappresentare l’arte contemporanea italiana: ha miseramente fallito! (ma, vi prego, segnalatemi il nome di un artista - almeno uno, se lo conoscete - presentato da Sgarbi negli ultimi 30 anni, che abbia avuto un qualche riconoscimento a livello internazionale) - resto in attesa!-” Concordiamo appieno con tutti ed in particolar modo con Adriana Polveroni che afferma: “Al di là dell’indignazione che giustamente suscita questo Padiglione, bisogna riflettere sulle conseguenze che una tale esposizione avrà a livello internazionale sia in termini di valutazione della nostra produzione artistica che in termini di mercato”. In conclusione, comunque stiano le cose, Sgarbi è stato innegabilmente e paradossalmente tradito dallo stesso espediente da lui escogitato. Rivolgendosi a scrittori, intellettuali e altre persone ritenute autorevoli per gusto e cultura ma, non compromesse con la “mafia” degli addetti ai lavori, pensava di poter finalmente esibire dinnanzi ad un pubblico stupefatto e plaudente, la più autentica produzione artistica italiana finalmente liberata da condizionamenti e deformazioni. Tutto quello che ha ottenuto è stato invece uno sgradevole coacervo di opere ascrivibili per la maggior parte ai soliti tardi epigoni rimasticatori di linguaggi esauriti, maldestri ibridatori di cose già viste, livorosi elaboratori di immagini aggressive, semplici dilettanti, inguaribili nostalgici e sprovveduti di ogni genere. Un groviglio non inestricabile, ma, al contrario assolutamente prevedibile da qualunque autentico esperto del settore, una urtante melassa che ha offeso e oscurato le poche opere di valore presenti. Un fatto inatteso tuttavia, il meccanismo innescato, l’ha dimostrato: la maggior parte delle stimabilissime persone interpellate, in fatto di arte contemporanea è, come minimo, poco informata. L’arte evidentemente non è cosa loro. PADIGLIONE ITALIA Gli allievi segnalati dalle Accademie di Belle Arti d’Italia ACCADEMIA DI BARI: Agrimi Dario, Teofilo Giuseppe, Vinci Nicola. ACCADEMIA DI BOLOGNA: Elisa Laraia, Silvia Venturi, Lara Mezzapelle/Giacomo Deriu, Maggiore Luciano, Marco Bertozzi, Yorkadjis Alexandros, Baldassarri Laura, De Marco Flavio, Manto Dacia, Grenci Domenico. ACCADEMIA DI CARRARA: Manuela Musca, Albano Francesco, Sidibè Antonio, Dellaclà, Jacopo Da San martino, Caterina Sbrana, Marco Ravenna. ACCADEMIA DI CATANIA: Baldaro Roberta, Zoda Giovanni, Gambadoro Claudia, Tropea Lidia, Di Giacomo Annamaria, Contino Tiziana, Ingrassia Carlo e Fabio, Indaco Luca, Cardillo Carmen/Tabacco Arianna. ACCADEMIA DI CATANZARO: Diaco Mayer Elena, Colonese Giuseppe, Ehab Halabi Abo Kher, Riga Andrea, Talarico Sonia, Grosso Ciponte Andrea, Verano Milton Blas. ACCADEMIA DI FIRENZE: Francesca Banchelli, Elham Asadi,, Federico Gori, Andreas Senoner,, Theo Putzu, Manuela Menici, Francesco Carone, Zoé Gruni, Anna Gramaccia, Pietro Manzo. ACCADEMIA DI FOGGIA: Francesca Loprieno, Michela Muserra, Lucia Stefanetti. ACCADEMIA DI FROSINONE:, Zolfo Alessia, Stefano Giovannone, Ilaria Morganti. ACCADEMIA DI L’AQUILA: Lucia Leuci, Marino Melarangelo, Domenico Boffa. ACCADEMIA DI LECCE: Alessandro Passaro, Francesca Speranza. ACCADEMIA DI MACERATA: Fidia Falaschetti, Giorgio Pignotti, Annaclara Di Biase, Fabrizio Cotognini. ACCADEMIA DI MILANO: Marco Maria Giuseppe Scifo, Matteo Cremonesi, Marta Roberti, Daniela Novello, Ho Jin Jung, Giorgia Vian, Aura Zecchini, Haruka Fujita, S.O.S Workshop (Cazzaniga e Franzoi), Lorenzo Casali, Kaori Miyayama, Miriam Secco, Michele Guido, Provezza Melissa, Luigi Consolandi. ACCADEMIA DI NAPOLI: Riccardo Albanese, Federico del Vecchio, Paola Di Domenico, Barbara La Ragione, Alessandro Papari, Anna Maria Saviano, Vincenzo Spagnuolo, Paolo Dell’Aquila, Alfonso Fraia, Carlo Alberto Palumbo, Di Nunzio Adelaide. ACCADEMIA DI PALERMO: Adalberto Abbate, Andrea Buglisi, Laboratorio Saccardi, William Marc Zanghi, Carmelo Nicotra, Manlio Sacco. ACCADEMIA DI REGGIO CALABRIA: Giovanni Longo, Dora Zambo, Francesca Condoluci. ACCADEMIA DI ROMA: Luana Perilli, Sara Basta, Alessandro Rosa, Mariana Ferratto, Roberta Coni, Delphine Valli, Alessandra Wolframm. ACCADEMIA DI SASSARI:, Narcisa Monni, Valentina Daga. ACCADEMIA DI TORINO: Fatma Bucak, The Bounty Kill Art (gruppo), Ludovica Carbotta, Manuele Cerutti,, Marco De Luca, Francesca Ferreri, Alessandro Gioiello, Massimo Spada, Alis/Filliol, Yael Plat. ACCADEMIA DI URBINO: Alireza Amirinmgaddam,, Marco Antonecchia, Gabriele Arruzzo, Luca Caimmi, Daniela D’Arielli, Matteo Fato, Andrea La Rocca, Elio Germani, Ettore Frani, Georgia Tribuiani, Giacomo Podestà. ACCADEMIA DI VENEZIA: Nebojsa Despotovic, Elisa Bertaglia, Jernej Forbici, Vania Comoretti, Igor Eskinja, Meta Grgurevic, Jaša, Primoz Bizjak, Gabriele Grones, Miriam Pertegato, Elisa Rossi, Alessio Bogani, Ludovico Bomben, Thomas Braida, Alex Bellan. ACCADEMIA DI RAVENNA:, Jacopo Casadei, Marco Michele Fellini. ACCADEMIA DI PERUGIA:, Giada Giorgino, Manuela Assilli. ACCADEMIA CARRARA DI BERGAMO: Luca Resta, Clara Luiselli, Stefano Romano, Francesco Pedrini, Caterina Rossato, Carlo Alberto Treccani. ACCADEMIA LIGUSTICA DI GENOVA: Gregorio Giannotta, Elena Aromando. ACCADEMIA DI VERONA: Laura Scottini (Laurina Paperina), Francesca Amato Arragon – FAARM, Edgar Caracristi, Tommaso Carozzi, Fabio Guadagni. 236 | ESTATE 2011

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54. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia

PADIGLIONE ITALIA L’Arte non è Cosa nostra Arsenale ELENCO ARTISTI INVITATI Artista - Intellettuale Accardi Carla - Enzo Boschi Acerbi Petrassi Rosetta - Roman Vlad Adami Valerio - Marino Rivolsi Anvidalfarei Lois - Joseph Zoderer Argeles Gloria - Vivian Lamarque Arrivabene Agostino - Pierluigi Pizzi Asti Adriana - Galli Della Loggia Atti Patrizia - Luigi Koelliker Bafico Enrico - Anacleto Verrecchia Balena Vincenzo - Maurizio Cucchi Barbieri Olivo - Italo Zannier Bartolini Giuseppe - Antonio Moresco Bazzocchi Paolo - Massimo Donà Beecroft Vanessa - Linda Nochlin Begnoni Renato - Italo Zannier Bergomi Giuseppe - Mario Botta Bertelli Pino - Don Andrea Gallo Bertozzi e Casoni - Walter Siti Bertusi Jasmine - Giuseppe Scaraffia Biagi Giuseppe - Mina Gregori Biasi Olimpia - Nico Naldini Biasi Alberto - Samuel C.C. Ting Biasucci Antonio - Toni Servillo, Italo Zannier Bielli Paolo - Vladimir Luxuria Boille Luigi - Tullio De Mauro Bonalumi Agostino - Lorenzo Zichichi Bonaventura Andrea - Luca Severino Boragina Pietro - Emanuele Severino Bottoni Maurizio - Giorgio Forattini Bozzato Paolo - Luca Bernardini Brachetti Peretti - Fernando Gualtiero Jacopetti Bulzatti Aurelio - Paola Capriolo Busci Alessandro - Francesco Micheli Cafagna Lucianella - Francesco Merlo Campigotto Luca - Italo Zannier Campironi Clarissa - Arturo Artom Campus Ciriaco - Alberto Abruzzese Capellini Lorenzo - Carlo Ripa di Meana Capitano Giuseppe - Benedetta Craveri Cappello Giovanni - Italo Zannier Cardena Felipe - Gaetano Cappelli Carmi Eugenio - Mario Andreose Cattani Bruno - Italo Zannier Cavallari Roberta - Edward Lucie‐Smith Celiberti Giorgio - Paolo Maurensig Chia Sandro - Andrew Viterbi Chimenti Pino - Gillo Dorfles Colazzo Marco - Dante Ferretti Colin Gianluigi - Italo Zannier Coltro Davide - Cesare Cavalleri

Consorti Paolo - Piero Melograni Cremonini Leonardo - Marc Fumaroli Crocicchi Luca - Fulvio Panzeri Cucchi Enzo - Alberto Castelvecchi Cucco Grazia - Mogol Cuoghi Vanni - Matteo Ramon Arevalos Cuschera Salvatore - Ludovico Corrao Davoli Angelo - Fabio Fazio De Conciliis Ettore - Tahar Ben Jelloun De Grandi Francesco - Antonino Zichichi De Luca Antonio - Sossio Giametta De Marco Danilo - Claudio Magris Degli Esposti Dominique - Morgan Della Torre Enrico - Ernesto Ferrero Delogu Marco - Rosetta Loy, Elisabetta Rasy Di Piazza Fulvio - Zeno Birolli Di Stasio Stefano - Arnaldo Colasanti Dobrilla Filippo - Luigi Mascheroni Dolcetta Marco - Angelo Guglielmi Dompè - Maria Lorenza Trucchi Dondero Mario - Nuccio Ordine Donizetti Mario - Vittorio Feltri Dorfles Gillo - Elio Fiorucci Ducrot Giuseppe - Giorgio Ferrara Ducrot Isabella - Silvia Ronchey, Ruggero Guarini Echaurren Pablo - Marcello Baraghini Eshetu Theo - Roberto Silvestri Esposito Lello - Ferzan Ozpetek Eustachio Marilù - Elisabetta Rasy Fabbri Fabrizio “Bicio” - Vincenzo Sparagna Fallani Mario - Fiamma Nirenstein Faravelli Stefano - Fabrizio Dentice Ferrando Monica - Giorgio Agamben Ferri Roberto - Fabio Isman Fiorio Giorgia - Cesare De Michelis Fiorito Lino - Ivan Cotroneo Fioroni Giosetta - Umberto Silva Fonda Lorenzo - Giorgio Albertazzi Formichetti Silvio - Dario Fo Francesconi Mario - Manlio Cancogni Frangi Giovanni - Luca Doninelli Frappi Luigi - Paolo Portoghesi Frongia Lino - Pietro Carriglio Gabellotto Fernando- Giancarlo Marinelli Gallo Alessandro - Giovanna Terminiello Gandolfi Paola - Lidia Ravera Garau Salvatore - Gavino Sanna Gavazzeni Carlo - Masatoshi Koshiba Geranzani Pietro - Gianfranco Bruno Gherardi Isabella - Gaia Servadio Giannobi Marina - Piergiorgio Odifreddi Giorgi Paolo - Corrado Augias Giovannoni Alessandra - Marisa Volpi Orlandini Giuffrè Gaetano - Raffaele La Capria Giugni Giuliano - Folco Quilici Grassino Paolo - Giuseppe Culicchia, Camilla Baresani Greco Ettore - Giordano Bruno Guerri Gregori Graziano - Diego Marani Gribaudo Ezio - Giorgetto Giugiaro Grudda Carin - Patrick Ferla

Padiglione Italia nel mondo - ISTITUTI ITALIANI DI CULTURA ALL’ESTERO (219 artisti italiani all’estero selezionati da 89 Istituti di Cultura Italiani) Per le Americhe: 53 artisti. CANADA Toronto: Francesca Vivenza, Tony Calzetta, Vincenzo Pietropaolo; Montreal: Leda, Mario Merola, Luci Mastropasqua; Vancouver: Davide Pan, Mena Martini, Andrea Padovani. STATI UNITI Washington:Maria Antonietta Mameli, Renato D’Agostin; Chicago: Antonia Contro, Lou Mallozzi, Carl Baratta, Sung Jang, Stefano Cossu, Virginio Ferrari, Marco Ferrari; New York: Gaetano Pesce; Angelo Filomeno; Los Angeles: Claudio Cambon, Luciano Perna, Elena Manferdini; San Francisco: Eva e Franco Mattes, Daniela Di Luzio. MESSICO Città del Messico: Teresa Cito, Luciano Spanó Tancredi. GUATEMALA Città del Guatemala: Maurizio Colombo, Oliver Stephens Giuliani, Andrès Asturias, Marino Cattelan. BRASILE Rio de Janeiro: Fabian, Carlo Carpi, Francesco “Ding”, Daniel Senise, Angelo Venosa, Andrea De Carvalho.San Paolo: Maria Bonomi, Anna Dorsa, Lamberto Scipioni. ARGENTINA Cordoba: Rosalba Mirabella, Natalia Segurado, Celeste Martinez Aburrà; Buenos Aires: Riccardo Arena, Marco Vernaschi; COLOMBIA Bogotà: Umberto Giangrandi; PERU’ Lima: Alberto Casari; URUGUAY Montevideo: Julio Testoni. VENEZUELA Caracas : Anna Maria Del Mare Mazzei, Rita Daini. CILE Santiago del Cile: Marcella Romagnoli Espinoza, Paola Vezzani Gonzales. Per l’Africa, il Medioriente, l’Asia e l’Oceania: 60 artisti. ALGERIA Algeri:Elisabetta Zavoli. EGITTO Il Cairo: Sandro Vannini. ETIOPIA Addis Abeba: Antonio Fiorente. KENIA Nairobi: Giulio D’Ercole, Mirella Ricciardi, Federico Veronesi, Francesco Baronti, Dino Innocente, Isaia Mabellini (Sarenco), Armando Tanzini. LIBIA Tripoli: Mario Verin MAROCCO Rabat: Corrado Levi, Stefano Ciannella, Karam Sebastiano Cannarella.. SUD AFRICA Johannesburg: Severa Rech Cassarino, Marco Cianfanelli; Citta’ del Capo: Lorenzo Nassimbeni. TUNISIA Tunisi: Mariano Brusca, Paolo Perrelli, David Volpini. ISRAELE Haifa: Anna Bachi Pasternak. Tel Aviv: Leo Contini Lampronti. LIBANO Beirut: Hussein Madi. SIRIA Damasco: Chirin Malla, Salah Keilani, Mustafa Ali, Wafaa Saad. CINA Shanghai: Girolamo Marri, Dionisio Cimarelli, Francesco De Grandi; Pechino: Stefano Avesani, Marcella Campa, Alessandro Rolandi. COREA Seul: Paolo Di Capua, Andrea Di Chiara, Marco Bruno e Simone Carena. GIAPPONE Tokyo: Cecco Bonanotte, Loic Sturani, Matteo Ceccarini, Claudio Colucci, Enrico Oyama; Osaka: Marco Foltran. INDIA New Delhi: Tarshito INDONESIA Jakarta: Filippo Amato Sciascia, Mondo (Edmondo Zanolini), Matteo Basilè, Federico Tomasi. AUSTRALIA Melbourne: 24 -

Guarienti Carlo - Leone Piccioni Gubinelli Paolo - Tonino Guerra Guccione Piero - Giovanni Reale, Stefano Malatesta, Giorgio Montefoschi, Franco Battiato, Andrèe Ruth Shammah, Lorenzo Zichichi Guerzoni Franco - Marco Santagata, Massimo Vitta Zelman Guidi Guido - Italo Zannier Icaro Paolo - Luigi Ballerini Innocenti Roberto - Fausta Garavini Iudice Giovanni - Giuseppe Iannaccone Jodice Mimmo - Jean d’Ormesson Kokocinski Maya - Oliviero Toscani Kounellis Jannis - Alda Fendi Lacasella Silvio - Fernando Bandini Lagrotta Massimo - Franco Maria Ricci Lelli Masotti Silvia - Ezio Frigerio Leone Francesca - Ennio Morricone Listri Massimo - Raniero Gnoli Lo Giudice Marcello - Giorgio Pressburger Lombardi Enrico - Carlo Sini Longaretti Trento - Enzo Bianchi Longobardi Nino - Vincenzo Trione Lorenzetti Carlo - Tullio Gregory Maini Roberto - Rosa Matteucci Manfredini Giovanni - Davide Rondoni Manzelli Margherita - Roger Abravanel Marangoni Federica - Alvise Zorzi Maresca Teresa - Roberto Mussapi Mariani Marcello - Sergio Zavoli Mariani Carlo Maria - Tsung Dao Lee Mariano Massimo - Arrigo Cipriani Marotta Gino - Giorgio Battistelli Marras Antonio - Salvatore Niffoi, Cesare De Michelis Martinelli Andrea - Edoardo Nesi Martinez Filippo - Barbara Alberti Martinez Florencia - Jolanda Insana Martini Pandozy - Raffaele Sebastiano Maffettone Matalon Luciana - Francesco Alberoni Matticchio Franco - Ermanno Cavazzoni Medail Patrizia - Grazia Gazzoni Modica Giuseppe - Massimo Onofri Montanino Veronica - Vincenzo Cerami Montessori Elisa - Claudia Salaris Mosena Stefano - Pino Roveredo Mostyn Owen - Orlando Giovanni Sartoni Musti Arrigo - Giuseppe Tornatore Muzzolini Bruno - Tiziano Scarpa Neira Dario - Luciana Littizzetto Nelson Ricci Loris - Gianni Letta Nocera Antonio - Louis Godart Ontani Luigi - Adriana Asti Paglia Fabrizio - Valerio Massimo Manfredi Paladino Mimmo - Domenico De Masi Papetti Alessandro - Marco Romano Paradiso Antonio -Arturo Schwarz Pardi Gianfranco - Salvatore Carrubba Parisi Paolo - Pietrangelo Buttafuoco Parmiggiani Claudio - Pietro Citati Patella Luca Maria - Italo Zannier Pedretti Antonio - Angelo Crespi

Pellegrini Max - Furio Colombo Pellegrini Simone - Gabriele Mazzotta Pericoli Tullio - Salvatore Settis, Antonio Gnoli Perilli Achille - Lucio Manisco Pesce Gaetano - Alain Elkan Petrus Marco - Marcello Veneziani Pietrantoni Marcello - Stefano Zecchi Pignatelli Ercole - Salvatore Veca Pistoletto Michelangelo - Domenico De Masi, Umberto Veronesi Pizzi Donata - Davide Rampello Politano Franco - Lucio Dalla Puglisi Giuseppe - Dominique Fernandez Quinn Lorenzo - Christian Maretti Rama Carol - Vittorio Strada Ramello Catone - Italo Zannier Ravà Tobia -Ferdinando Camon Renzetti Eros - Vincenzo Consolo Robusti Enrico - Camillo Langone Roma Fausto - Michele Ainis Romano Paola - Giovanni Puglisi Rosi Claudio - Fausto Lupetti Sabatini Odoardi Gino - Massimo Carboni Salbitani Roberto - Italo Zannier Samorà Nicola - Silvia Avallone Sarnari Franco - Giovanni Pratesi Savinio Ruggero - Annamaria Andreoli Scafiti Salvatore -Gianluca Nicoletti Severi Daniela - Mimmo Calopresti Severino Federico - Giuseppe Marcenaro Siciliano Bernardo - Miriam Mafai Soccol Giovanni - Maria Luisa Spaziani Somalvico Giorgio -Andrèe Ruth Shammah Spica Pietro - Andrea De Carlo Stagnoli Antonio - Marco Vitale Stefanoni Tino - Ermanno Olmi Sughi Alberto - Pupi Avati Talani Giampaolo - Fabio Canessa Tamagnini Luca - Italo Zannier Tamburelli Giovanni - Sebastiano Vassalli Tass Dora - Bernardo Bertolucci Toccafondo Gianluigi - Stefano Salis Toscani Oliviero - Gianfranco Pasquino Trizzino Lucio - Luciano Canfora Troilo Paolo - Younis Tawfic Trombadori Duccio - Giuliano Ferrara Vaccari Wainer - Roberto Franchini Vallorz Paolo - Jean Clair Valsecchi Carlo - Norman Foster Vangi Giuliano - Geminello Alvi Veneziano Giuseppe - Andrea Pinketts Ventrone Luciano - Giuseppe Conte Ventura Paolo - Italo Zannier Vignozzi Piero - Roberto Peregalli, Giovanni Pratesi Vitali Giancarlo - Andrea Vitali Vitali Velasco - Giulio Giorello Vitali Massimo - Paolo Mieli Vitone Luca - Pierluigi Cerri Vivante Anna - Umberto Pasti Waschimps Elio - Ferdinando Bologna Zanta Marco - Italo Zannier

Damiano Bertoli, Eugene Carchesio, Domenico De Clario, Gabriella e Silvana Mangano, Angela Cavalieri; Sidney: Diego Bonetto, Katthy Cavaliere, Vince Vozzo, SINGAPORE Luca Tettoni, Laura Miotto, Savina Nicolini. Per l’Europa: 106 artisti. ALBANIA Tirana: Eltjon Valle. AUSTRIA Vienna: Marco Dessì, (feld72) Michael Obrist, (feld72) Peter Zoderer, Luca Paschini, Karl Emilio Pircher, Giulio Polita, Esther Stocker, Innsbruck: Lucilla Catania, Morto da Goffezza, Cloti Ricciardi, Gianluca e Massimiliano De Serio. BELGIO Bruxelles: Nicola Evangelisti, Antonio Pio Saracino. BULGARIA Sofia: Nunzio Bibbò. CROAZIA Zagabria: Igor Gustini, Sabina Damiani. DANIMARCA Copenaghen: Alfio Bonanno, Monica Partipilo, Sandra Davolio. FEDERAZIONE RUSSA Mosca: Pietro Capogrosso, Elide Cabassi, Melchiorre Napolitano; San Pietroburgo: Cristiano Ceretti, Carlo Pisa. FINLANDIA Helsinky: Erica De Martino, Egle Oddo, Hannu Palosuo. FRANCIA Grenoble: Rossella Genovese; Lione: Bernhard Rudiger, Sandra Sanseverino; Marsiglia: Jan Nascimbene; Parigi: Valerio Adami; Strasburgo: Gea Casolaro, Rafael Pareja. GERMANIA Amburgo: Emidio Asquino, Paolo Moretto; Berlino: Emanuele Lami, Riccardo Adelchi Mantovani, Fausto Faini; Colonia: Pierluigi Guglielmo, Marco Di Piazza, Patrizia Marchese, Susanna Schoenberg; Francoforte: Gemis Luciani; Monaco: Philipp Messner, Iara Simonetti, Giovanna Valli, Ugo Dossi, Claudia Burgmayer-Papagno. Stoccarda:Alessandra Eramo in arte Ezramo, Nicola Silvano; Wolfsburg: Ivano Polastri. GRECIA Atene: Pino Pandolfini; Salonicco: Clara Fantini, Stefano Tinto. IRLANDA Dublino: Cecilia Bullo, Vittoria Colonna, Mario Sughi, Elena Gallotta, Paolo Scalera. LITUANIA Vilnius: Angelo Frosio. LUSSEMBURGO Irina Gabiani, Sonia Sion. MALTA La Valletta: Walter Coccetta. NORVEGIA Oslo: Simona Barbera. PAESI BASSI Amsterdam: Paolo Sistilli. POLONIA Varsavia: Pako Errico, Marco Angelini; Cracovia: Francesco Galli; Enrico Muscetra. PORTOGALLO Lisbona: Massimo Scoditti, Nadir Bonaccorso, Luciana Fina. REGNO UNITO Edimburgo: Giovanni Giacoia, Lisette Degioianni, Richard Demarco, Anna Costantinou, Francesca Nobilucci, Patrizio Belcampo, Owen Logan; Londra: Davide Quaiola. REPUBBLICA CECA Praga: Rossano Maniscalchi, Eugenio Percossi. ROMANIA Bucarest: Michele Bressan. SERBIA Belgrado: Fabio Sgroi. SLOVACCHIA Bratislava: Lucia Gardin. SLOVENIA Lubiana: Davide Grassi, Andrea Furlan. SPAGNA Barcellona: Benedetta Tagliabue Miralles, Daniel Bruno Arvizu, Antonio Violano, Tvboy; Madrid: Francesco Bartoli, Gianfranco Tripodo, Alice Zanni, Miranda D’Amico. SVEZIA Stoccolma: Axel Karfors. SVIZZERA Zurigo: Fosco Valentini, Arturo Di Maria. TURCHIA Ankara: Elio Montanari; Istanbul: Guido Casaretto, Claudio Cecchetti. UCRAINA Kiev: Oleg Vecherov. UNGHERIA Budapest: Sara Berti.

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>SPECIALE< Anastasia Khoroshilova, Starie Novosti (Old News) Biblioteca Zenobiana del Temanza, Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, Dorsoduro 1602 (Corte Zappa) dal 2 giugno al 27 novembre Starie Novosti presenta un’installazione composta da 9 lightbox fotografici. L’opera riflette sulla natura instabile della memoria sociale. Si basa sulla documentazione e ricerca dell’artista Anastasia Khoroshilova a Beslan (Russia), località diventata universalmente nota per uno dei più crudeli atti terroristici dell’ultimo decennio. Organizzazione: Moscow Museum of Modern Art. Anton Ginzburg: At the Back of the North Wind Palazzo Bollani, Castello 3647 - dal 4 giugno al 27 novembre Sculture di grandi dimensioni, un’installazione video, fotografie e opere su carta documentano un viaggio alla ricerca di Hyperborea, una mitica terra dell’età dell’oro. L’itinerario inizia nel nord-ovest americano, per poi continuare a San Pietroburgo e concludersi nei territori settentrionali della Russia, dove si trovano i gulag. Organizzazione: Blaffer Art Museum at the University of Houston; Artpace San Antonio. ArtSway’s New Forest Pavilion Palazzo Zenobio, Dorsoduro 259 (Fondamenta del Soccorso) - dal 4 giugno al 26 giugno ArtSway’s New Forest Pavilion presenta Gayle Chong Kwan, Dave Lewis, Hew Locke, Mike Marshall, Christopher Orr and Sophy Rickett, artisti che lavorano nel Regno Unito. A tutti sono state commissionate nuove opere per ArtSway ed altre organizzazioni affiliate, tra cui l’Arts University College di Bournemouth. Organizzazione: ArtSway. Barry X Ball. Portraits and Masterpieces Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano, Fondamenta Rezzonico 3136 - dal 4 giugno all’11 settembre Portraits and Masterpieces, personale dello scultore americano Barry X Ball (1955), presenta una ventina di installazioni distribuite sui tre piani del museo: ritratti di personalità del mondo dell’arte in marmi inconsueti e Purity e Envy, scansioni digitali in 3D di due sculture di Antonio Corradini e di Orazio Marinali, conservate nel museo. Organizzazione: Fondazione Musei Civici di Venezia. Call the Witness, Roma Pavilion UNESCO Regional Bureau for Science and Culture in Europe, Palazzo Zorzi, Castello 4930 - dal 1° giugno al 9 ottobre Una mostra temporanea che si evolve nel tempo attraverso un flusso di “testimonianze”—opere d’arte, performance, dialoghi e conversazioni di e con artisti, filosofi e politici— Call the Witness considera la situazione dei rom e la loro arte come emblematica del mondo contemporaneo, e medita su un futuro di maggiore speranza nel segno della solidarietà. Il progetto è realizzato da BAK, basis voor actuele kunst. Organizzazione: Open Society Foundations . Catalogna e Isole Baleari a Venezia. Mabel Palacin: 180º S.a.L.E. Docks, Magazzino del Sale n.2, Zattere, Dorsoduro dal 4 giugno al 30 ottobre Il titolo 180º fa riferimento al rapporto che nel cinema si stabilisce fra telecamera e spettatore. Sovrapponendo cinema, fotografia e video, il progetto di Mabel Palacin riflette sulla natura multiforme dell’immagine, il suo carattere non univoco e il ruolo dell’utente nella costruzione di narrative diverse. Organizzazione: Institut Ramon Llull. Concilio, Stefano Cagol Chiesa di San Gallo, San Marco 1103 (Campo San Gallo) - dal 31 maggio al 27 novembre Cosa ha a che fare Cuba con New York? Il Concilio di Trento del ‘500 col patto di Schengen? Le convergenze parallele di Aldo Moro con delle piramidi? Nella mostra personale di Stefano Cagol a cura di Gregor Jansen, ossimori inediti sono innescati da azioni di segnalazione e dialogo che – in video e installazioni – investono confini politici, naturali, mentali. Organizzazione:Mart – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Fondazione Galleria Civica – Centro di Ricerca sulla Contemporaneità di Trento. Cracked Culture?/The Quest for Identity in Contemporary Chinese Art Convento del Santo Spirito, Dorsoduro 460, Palazzo Giustinian Recanati, Dorsoduro 1012 - dal 1° giugno al 15 settembre Gli artisti cinesi di oggi vivono un intenso conflitto fra oriente e occidente, tradizione e modernità. Spesso le loro mostre presentate in vari luoghi del mondo riflettono le scelte di curatori e investitori occidentali. Questa mostra propone una prospettiva diversa. La nuova arte cinese cerca di rivelare il suo volto più autentico in un confronto con gli spazi e scenari artistici di Venezia. Organizzazione: Guangdong Museum of Art.

Days of Yi Spiazzi, Arsenale, Castello 3865 - dal 4 giugno al 27 novembre Days of Yi racconta il viaggio dell’artista multimediale Yi Zhou. La mostra, curata da Achille Bonito Oliva e Chang Tsong-zung, presenta un itinerario personale che parte dalle visioni giovanili, oscure e inconsapevoli, sulla natura e i disastri universali, attraverso i momenti di transizione e una personale ricerca d’identità; l’artista raggiunge infine la luce e la speranza, grazie a una migliore comprensione di se stessa e del futuro nel mondo adulto. Organizzazione: Museum of Contemporary Art, Shanghai.

Il banchetto di Chun-te Scoletta dei Battioro e Tiraoro, Campo San Stae 1980 - dal 1° giugno al 10 ottobre La mostra personale dell’artista taiwanese Hsieh Chun-te comprende 21 fotografie sceneggiate di grande formato, un’installazione e una performance teatrale culinaria, dato che l’artista è stato responsabile di uno dei migliori ristoranti del mondo. La sua opera indaga la relazione tra vita, morte e desiderio. Organizzazione: Museum of Contemporary Art of Taipei (MoCA, Taipei).

Dmitri Prigov: Dmitri Prigov Università Ca’ Foscari, Dorsoduro 3246 (Calle Foscari) dal 1° giugno al 15 ottobre Attraverso una poetica egoista, fragile e trasparente, Dmitri Prigov si manifesta sia come manipolatore testuale sia come vittima del linguaggio. Da migliaia di disegni, installazioni e video emergono mondi di sogno e morte, angeli e mostri, sangue e una visione che domina tutto. La mostra è curata da Dimitri Ozerkov. Organizzazione: The State Hermitage Museum, Hermitage 20/21 Project for Contemporary Art.

I Miss My Enemies Sala del Camino, Giudecca 621 (Campo San Cosmo) - dal 4 giugno all’1 luglio Può l’inimicizia trasformarsi in amicizia? Il mistero delle minacce propagandistiche. Una dichiarazione di ostilità come primo passo verso una nuova intesa. Gli amici temuti della nostra infanzia, i veri o immaginari nemici di oggi. Evento a cura di Oxana Maleeva. Organizzazione: The Palaces of the Russian Museum Restoration Fund.

Dropstuff.eu Urban Screen Network for the Digital and Interactive Arts Riva Ca’ di Dio, Campo San Anzolo, Campo San Vio dal 1° giugno al 31 luglio Dropstuff.eu è una rete di schermi urbani per le arti digitali e interattive. Offre una piattaforma per l’arte interattiva e i giochi artistici nelle piazze pubbliche, sui treni e nelle stazioni della metropolitana, in musei, scuole, biblioteche, istituti d’arte e tramite il sito internet www.dropstuff.eu. Organizzazione: Dropstuff.nl / Pleinmuseum Foundation. Federico Díaz: outside itself Arsenale Novissimo Nappa 90 - dal 4 giugno al 30 settembre Un progetto site-specific. Sculture di dati assemblate da macchine robotizzate e non toccate da mano umana dal loro concepimento fino alla realizzazione. Migliaia di sfere che rappresentano fotoni individuali, composte e messe insieme dai robot. Federico Díaz: outside itself rappresenta la luce, che non è razionale ma estatica. Organizzazione: DOX Centre for Contemporary Art. Frog-topia Hong-kornucopia Arsenale, Campo della Tana, Castello 2126 dal 4 giugno al 27 novembre Frog King, artista e performer cinese di primaria importanza, ha adottato come suo simbolo e alter ego una rana. Frogtopia è una costruzione mentale in cui colloca i suoi valori artistici. L’artista – che lavora a Hong Kong, in Cina, ed espone in tutto il mondo – usa Frog-topia come un espediente per trascendere le convenzioni artistiche insite in tutti i mezzi di espressione. Organizzazione: Hong Kong Arts Development Council. Future Generation Art Prize @Venice Palazzo Papadopoli, San Polo 1364 - dal 3 giugno al 7 agosto Il Future Generation Art Prize è un premio internazionale d’arte contemporanea per scoprire, riconoscere e sostenere a lungo termine una generazione futura di artisti under 35. Con i suoi 19 artisti che operano in tutti i continenti e in 17 diverse nazioni, il Premio propone una stimolante rassegna globale sulla nuova generazione. Organizzazione: PinchukArtCentre; Victor Pinchuk Foundation. Future Pass Abbazia di San Gregorio, Dorsoduro 172, Palazzo MangilliValmarana, Cannaregio 4392 (Campo Santi Apostoli) dal 4 giugno al 6 novembre Oltre 100 artisti, asiatici e non, che offrono una panoramica sulla nuova estetica proveniente dall’Asia interpretando la loro relazione con il resto del mondo: un possibile accesso al Futuro, all’insegna della cultura digitale del XXI secolo, dell’eclettismo e della contaminazione di generi e discipline. Organizzazione: UNEEC Foundation for Culture and Education , Today Art Museum , Wereldmuseum , National Taiwan Museum of Fine Arts e Fondazione Claudio Buziol.

Karla Black Palazzo Pisani Santa Marina, Cannaregio 6103 (Calle delle Erbe) - dal 4 giugno al 27 novembre È sospesa tra energia e massa, questa personale di quasioggetti nuovi di zecca. La spoglia vastità di materiale e colore puri – polverizzati, atomizzati, accumulati, stratificati, sostenuti, sospesi e riversati sul pavimento – offre un’esperienza viscerale d’assorbimento nel mondo materiale. Organizzazione: Scotland + Venice. Koen Vanmechelen: Nato a Venezia - Università Aperta della Diversità una manifestazione contemporanea al confine tra arte e scienza Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Palazzo Loredan, Campo Santo Stefano 2945 - dal 4 giugno al 27 novembre Il fulcro dell’installazione di Koen Vanmechelen Nato a Venezia è una sorta di Università Aperta della Diversità. Il cuore dell’installazione è una banca dati genetica delle diverse razze in seno alla quale un ricercatore scientifico svolgerà una ricerca indipendente sulla diversità biologica e culturale. Ai visitatori sarà consentito l’accesso ai risultati della ricerca. Organizzazione: MAK Museum of Applied arts/Contemporary art. Lech Majewski / Bruegel Suite Chiesa di San Lio, Castello 5661, Campo San Pantalon, Dorsoduro 3711 - dal 4 giugno al 27 novembre Attraverso un arazzo digitale intessuto di strati di prospettiva, fenomeni atmosferici e atti di violenza, lo spettatore entra nel mondo di Peter Bruegel. I maestri del passato incontrano la tecnologia del computer. In una forma ispirata alla Andata al Calvario di Bruegel due sacrifici, uno anonimo, l’altro mitico, vengono proiettati su entrambi i lati dell’altare. Organizzazione:Angelus Silesius Society. Menglong – Oscurità Sala San Tommaso, Castello (Campo San Giovanni e Paolo) dal 4 giugno al 9 settembre Nelle spettacolari opere dei tre artisti in mostra, che spaziano dalla pittura al video e alla tridimensionalità, si celano tormenti e ansie individuali accompagnati da sfumature di cupa malinconia. Le storie dei singoli soggetti si mischiano con quelle della collettività cercando, attraverso l’arte, di fare luce sugli spazi d’ombra e di illuminare l’oscurità. Organizzazione: Nanjing Sifang Art Museum. Mobility & Memory Arsenale, Castello 2126/A (Campo della Tana) dal 3 giugno al 27 novembre Si tratta della terza partecipazione del Macau Museum of Art, con il patrocinio del Civic and Municipal Affairs Bureau, all’Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia. Il bando indetto per la partecipazione all’evento è ispirato al tema Mobility & Memory. In un ambiente in rapido cambiamento, come possiamo gestire i nostri valori culturali e il nuovo impatto? Organizzazione: The Macau Museum of Art - Civic and Municipal Affairs Bureau of Macau. Montebello-Megachromia Alliance française de Venise, Casino Venier, San Marco 4939 - dal 1° al 30 giugno, e dal 3 al 30 settembre La mostra presenta Megachromia, un nuovo concetto dell’artista francese Roger de Montebello. Si tratta di un tentativo di unire le potenzialità della pittura e della fotografia rovesciando i ruoli tradizionali delle due arti, per rendere un omaggio contemporaneo alla pittura. Organizzazione: Alliance française de Venise. Neoludica. Art is a Game 2011-1966 Scuola dei Laneri, Sala Laneri, Santa Croce 131/131/A (Tolentini) - dal 1° giugno al 27 novembre Centro Culturale Candiani, Mestre - dal 1° giugno al 31 ottobre L’arte è un gioco, diceva Duchamp. I videogiochi sono un’arte e hanno oggi un impatto sociale determinante. L’evento, esclusivo in prima mondiale, intende promuovere l’opera scientifica del progetto GameArtGallery, scandagliando co236 | ESTATE 2011

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54. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia raggiosamente le connessioni tra videogiochi-arti visive-musica-cinema. Organizzazione: Associazione culturale E-Ludo Lab. One of a Thousand Ways to Defeat Entropy Arsenale Novissimo Nappa 89 - dal 3 giugno al 27

novembre Una mostra collettiva di respiro internazionale sull’entropia che presenta nuove installazioni degli artisti Alexander Ponomarev (Russia), Hans Op de Beeck (Belgio), Adrian Ghenie (Romania) e Ryoichi Kurokawa (Giappone). L’evento è curato da Alexander Ponomarev e co-curato da Nadim Samman. Organizzazione: AVC Charity Foundation ; The Courtauld Institute of Art. Passage 2011 An actionistic, transalpine drama Scuola dell’Angelo Custode, Cannaregio 4448 (Campo Santi Apostoli) - dal 5 giugno all’11 settembre A mani nude, gli artisti trascineranno attraverso le Alpi una barca costruita da loro stessi. La loro missione è caratterizzata da uno sforzo sisifeo, il cui obiettivo apparente è far salpare la barca nella laguna in tempo utile per la Biennale, per celebrare infine la vittoria dell’arte sulla natura in un viaggio trionfale lungo il Canal Grande. Oppure, fallire miseramente. Organizzazione: Pilotraum 01 e. V. Personal Structures Palazzo Bembo, San Marco 4785 (Riva del Carbon) dal 4 giugno al 27 novembre La mostra presenta 28 artisti di 12 diversi paesi e 5 continenti uniti in una combinazione straordinaria, artisti affermati affiancati da artisti la cui opera è meno conosciuta. EnuncianJulian Schnabel, Untitled (Antonioni was here), 2010, Olio su Poliestere, cm 342,90 x 241,30, Private Collection, courtesy Gian Enzo Sperone and Marco Voena, © Tom Powel

Julian Schnabel Permanently Becoming and the Architecture of Seeing

do con forza il proprio credo, ogni artista espone nuove opere d’arte in un suo spazio esclusivo, site specific, o lavori nuovi provenienti direttamente dal suo studio. Organizzazione: Global Art Affairs Foundation. Rebel Isola della Certosa - dal 1° giugno al 27 novembre Rebel è un film installazione, che nasce nel suo spazio specifico, creato da James Franco in collaborazione con Douglas Gordon, Harmony Korine, Paul McCarthy, Ed Ruscha, Aaron Young e il curatore Dominic Sidhu. Rebel è biografia, diario, narrazione e documentario al tempo stesso. La premessa concettuale del film unisce il fascino mitico del cinema e dell’arte contemporanea, ponendosi come ode interrogativa all’iconografia di Hollywood. Organizzazione:The Museum of Contemporary Art, Los Angeles (MOCA). Round the Clock Arsenale Novissimo Spazio Thetis dal 1° giugno al 30 ottobre Round the Clock è un dialogo tra arte ed ecosistemi sostenibili, un’esposizione di artisti internazionali che mediante l’energia delle opere - fotografie, installazioni, video, sculture - allacciano percorsi e attraversano tentativi con materiali come carta, cartone, cenere, plastica, plexiglass, ferro, vetro, acqua, tessuto. Organizzazione: Di Segno in Segno. The Future of a Promise Magazzino del Sale n. 5 , Zattere, Dorsoduro dal 2 giugno al 20 novembre Esposizione di riferimento degli artisti contemporanei di punta del mondo arabo, The Future of a Promise analizza le promesse sociopolitiche e culturali che definiscono oggi il mondo arabo, ed esamina il modo in cui gli artisti selezionati si rapportano con l’incertezza in uno scenario in rapida

Fabre della Pietà di Michelangelo, dal titolo Sogno compassionevole (Pietà V) nella quale il Cristo ha il volto dell’artista stesso e la Madonna ha quello di un teschio, simbolo della morte: l’opera rappresenta una ‘scultura-performativa’ che mette in scena i veri sentimenti di una madre che vuole sostituirsi al figlio morto. Tutte le cinque sculture sono poggiate su una grande pedana dorata alla quale è possibile accedere dopo aver indossato un paio di pantofole messe a disposizione in otto postazioni laterali, per compiere il rito sacrale della visione. Allo spettatore è consentito salire sulla pedana-palcoscenico e divenire così attore tra le 5 bianche sculture, il cui tema ‘vita - morte - resurrezione’ si ricollega a quello dell’eterna metamorfosi. Per questo motivo, Fabre ha disposto anche 10 nidi - uno per ogni colonna - ricoperti da gusci di scarabeo gioiello, l’animale simbolo della metamorfosi, sacro agli antichi Egizi e all’artista stesso.

Museo Correr, Venezia

ino al 27 novembre il Museo Correr di Venezia F dedica un’importante rassegna a Julian Schnabel, celebre artista newyorkese dal poliedrico spirito

creativo. Il percorso espositivo, a cura di Norman Rosenthal, presenta oltre quaranta opere che ripercorrono la carriera artistica di Julian Schnabel dagli Anni ‘70 ad oggi offrendo l’opportunità di ammirare dipinti e sculture di un artista a tutto tondo. Pittore, scultore e regista di fama internazionale, Julian Schnabel si contraddistingue per la sua capacità metamorfica e la forza espressiva che comunica attraverso le sue opere. 
In mostra, tra le opere più significative, “Painting for Malik Joyeux and Bernardo” del 2006, “The sea” del 1981, “St. Francis in Ecstasy” del 1980, “Portrait of Rula” del 2010, “Arrowhead (Bez)” del 2010 e “The Atlas Mountains” del 2008.

Jan Fabre, Pietas

Nuova Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia

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n concomitanza con la 54 edizione della Biennale d’arte di Venezia, la Nuova Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia (Sestiere Cannaregio) ospita fino al 16 ottobre PIETAS il nuovo evento espositivo di Jan Fabre. Curata da Giacinto Di Pietrantonio e da Katerina Koskina, promossa dalla GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, dal State Museum of Contemporary Art di Salonicco e dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, la mostra presenta cinque grandi sculture in marmo puro e marmo statuario di Carrara dell’artista fiammingo. Tra queste spicca l’inedita rilettura fatta da

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evoluzione. L’evento è a cura di Lina Lazaar. Organizzazione: Edge of Arabia. The Heard and the Unheard - Soundscape Taiwan Palazzo delle Prigioni, Castello 4209 (San Marco) dal 4 giugno al 27 novembre La mostra presenta gli artisti Wang Hong-Kai e Su Yu-Hsien, e include un “Sound Library/Bar” – una campionatura di suoni non-mainstream, sia storici che contemporanei, di origine taiwanese. Il suono non funge solo da contenuto, ma anche da metafora di azione politica, dando inizio a un’esperienza di narrazioni uditive stratificate che si mescolano in contesti “globali-locali”. Organizzazione: Taipei Fine Arts Museum of Taiwan. Tim Davies Ludoteca Santa Maria Ausiliatrice, Castello 450 dal 4 giugno al 27 novembre La mostra Tim Davies, curata da Tom Rowland, presenta opere nuove e recenti in una installazione multimediale che comprende lavori tridimensionali, opere su carta e video site-responsive. I vari media trovano coerenza nella comune indagine di strutture costruite e temi socio-politici. Organizzazione: Arts Council of Wales. Venice in Venice. Glow and Reflection – Venice California Art from 1960 to the Present Palazzo Contarini dagli Scrigni, Dorsoduro 1057/C dal 4 giugno al 31 luglio “Riguarda gli artisti di Venice, California, che hanno creato cose basandosi su una visione assolutamente unica—l’arte. Non si basano sulla vostra auto, la vostra casa, il vostro cielo, la vostra donna, le vostre lacrime, la vostra angoscia, il vostro tormento, o qualsiasi altro riferimento alla condizione umana” (Billy Al Bengston). Organizzazione: Foundation 20 21.

Fondazione Prada Ca’ Corner de la Regina

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a Fondazione Prada ha annunciato l’apertura di Ca’ Corner della Regina, storico palazzo affacciato sul Canal Grande, con una mostra, a cura di Germano Celant, che comprende una selezione della collezione, un anticipo di future collaborazioni e il progetto per la nuova sede permanente della Fondazione di Milano in Largo Isarco, disegnato da Rem Koolhaas e OMA, che in Ca’ Corner della Regina include la presentazione di modelli in scala del futuro complesso architettonico, che aprirà nel 2013. Gli ambienti di Ca’ Corner della Regina, coinvolti solo parzialmente dalla prima fase del progetto di restauro conservativo, accolgono le imponenti sculture di Anish Kapoor, Michael Heizer e Jeff Koons che dal piano terra al primo piano nobile formano, intrecciate a importanti opere di Walter De Maria, John Baldessari, Charles Ray, Tom Friedman, Domenico Gnoli, Damien Hirst, Louise Bourgeois, Blinky Palermo, Bruce Nauman, Pino Pascali, Donald Judd, Francesco Vezzoli e Maurizio Cattelan, l’intero percorso architettonico. A Nicholas Cullinan, curatore di International Modern Art per la Tate Modern, Londra, il compito di attraversare la collezione offrendo una sua lettura del periodo dell’arte italiana dal 1952 al 1964, che comprende opere di Alberto Burri, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Francesco Lo Savio, Piero Manzoni, Salvatore Scarpitta e Mario Schifano. Fino al 2 ottobre 2011.

Jeff Koons, Tulips, 1997-2005. Fondazione Prada, Venezia. Vista dell’installazione Pietas. Jan Fabre. Biennale di Venezia 2011. Nuova Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia.

Pier Paolo Calzolari, Senza titolo, Materasso, 1971. Foto Semprucci

Pier Paolo Calzolari

Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’arte moderna

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a mostra - ideata da Pier Paolo Calzolari, con Silvio Fuso e Daniela Ferretti e co-organizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dalla Fondazione Calzolari - presenta nell’androne longheniano e il secondo piano di Ca’ Pesaro 25 opere dell’artista, realizzate tra il 1968 e oggi. Di fronte alla facciata del Museo, tra le acque del Canal Grande, si colloca la scultura Struttura ghiacciante del 1990.
La mostra offre l’opportunità di osservare la pluralità dell’opera di Calzolari e la sua capacità di coniugare i linguaggi formali più diversi. Catalogo Gli Ori, con testi critici di Massimiliano Gioni e Denys Zacharopoulos e la documentazione fotografica completa delle opere esposte. Fino al 30 ottobre 2011.

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>SPECIALE< Anish Kapoor, Ascension Basilica di San Giorgio, Isola di San Giorgio Maggiore

Pino Pascali, Treno, 1964, Latta intagliata e dipinta su faesite, cm 70x320, Collezione privata

Pino Pascali Ritorno a Venezia Puglia Arte Contemporanea Palazzo Bianchi Michiel, Cannaregio

a Fondazione Museo Pino Pascali, in collaborazione L con la Regione Puglia, promuove fino al 1° agosto una mostra-evento che rende omaggio a Pino Pascali, Pre-

mio per la Scultura ne La Biennale del 1968. Il progetto Pino Pascali. Ritorno a Venezia / Puglia Arte Contemporanea, a cura di Rosalba Branà e Giusy Caroppo, presenta un percorso espositivo in tre sezioni, allestite nella cornice di Palazzo Bianchi Michiel sul Canal Grande: la mostra dedicata a Pino Pascali, coordinata da Anna D’Elia e ac­compagnata da testi di Chris Bennett, Marco Giusti, Simonetta Lux, Pietro Marino, Jessica Morgan, Marco Tonelli, esperti dell’ar­ tista pugliese, presenta sculture e opere bi-dimensionali poco note al grande pubblico, carte, collage, scenografie, suddivisi per aree temati­che, dedicate all’Acqua, all’Africa, alle Armi. La Fondazione espone per la prima volta i ‘cimeli’, testimonianze uniche per una più profonda e privata ricostruzione biografica dell’artista. In mostra anche una serie di fotografie di Luigi Ghirri dedicate a Polignano a Mare, la cittadina pugliese dove l’artista è sepolto, di Claudio Abate e Domingo Milella. Il Premio Pino Pascali dal 1997 al 2011 è una mostra di ricogni­zione della storia recente del Premio, conferito a personalità dell’arte di rilievo internazionale dallo spirito pascaliano, sperimentatore, aperto alla contaminazione dei linguaggi (Achille Bonito Oliva, Giovanni Albanese, Marco Giusti, Studio Azzurro, Lida Abdul, Adrian Paci, Jan Fabre, Jake & Dinos Chapman, Bertozzi & Casoni). Puglia: sguardo contemporaneo presenta un saggio di opere della collezione della Fondazione, che illustrano la realtà artistica di area pugliese promossa dal Museo, e di progetti specifici editi per Intramoenia Extra Art nei castelli e palazzi storici di Puglia, esperimento di museo temporaneo diffuso, volto ad una nuova modalità di turismo culturale. In esposizione opere di: Cristina Bari, Stefano Cagol, Miki Carone, Daniela Corbascio, Claudio Cusatelli, Guillermina De Gennaro, Giulio De Mitri, Gao Brothers, Michele Giangrande, Iginio Iurilli, Giampiero Milella, Massimo Ruiu, Virginia Ryan, Francesco Schiavulli, Carlo Michele Schirinzi, Giuseppe Teofilo, Bill Viola.

Glasstress

Palazzo Cavalli Franchetti, Berengo Centre for Contemporary Art and Glass, Wake Forest University, Casa Artom er la seconda edizione di Glasstress importanti protaP gonisti della scena internazionale si sono confrontati con l’uso del vetro. La mostra, che presenta sculture, instal-

lazioni e oggetti di design si svolge fino al 27 novembre nelle sale di Palazzo Cavalli Franchetti (sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti), al Berengo Centre for Contemporary Art and Glass e include un progetto speciale presso la Wake Forest University, Casa Artom. Promossa dal MAD (The Museum of Arts and Design) di New York, ideata da Adriano Berengo, Glasstress 2011 è curata da Lidewij Edelkoort, Peter Noever e Demetrio Paparoni con il contributo di Bonnie Clearwater. Glasstress 2011 presenta sculture e installazioni di opere in vetro appositamente realizzate da Anthon Beeke, Pieke Bergmans, Domenico Bianchi, Ernst Billgren, Joost van Bleiswijk, Barbara Bloom, Monica Bon-

vicini, 5.5 designers, Tony Cragg, Kiki van Eijk, Jan Fabre, Kendell Geers, Charlotte Gyllenhammar, Zaha Hadid, Paula Hayes, Jaime Hayon, Yuichi Higashionna, Magdalena Jetelova, Liu Jianhua, Michael Joo, Marya Kazoun, Konstantin Khudyakov, Michael Kienzer, Marta Klonowska, Nawa Kohei, Oleg Kulik, Hitoshi Kuriyama, Hye Rim Lee, Tomáš Libertiny, Atelier Van Lieshout, Luke Jerram, Massimo Lunardon, Urs Luthi, Vik Muniz, Nabil Nahas, Atelier Ted Noten, Tony Oursler, Anne Peabody, Javier Pérez, Jaume Plensa, Recycle Group, Antje Rieck, Antonio Riello, Bernardì Roig, Maria Roosen, Ursula von Rydingsvard, Andrea Salvador, Judith Schaechter, Thomas Schütte, Anatoly Shuravlev, Kiki Smith, Mike + Doug Starn, Tanja Sæter, Patricia Urquiola, Pharrell Williams, Koen Vanmechelen, Fred Wilson, Erwin Wurm, Shi Yong, Tokujin Yoshioka, Yutaka Sone, Zhang Huan. La mostra include installazioni site-specific in interno ed esterno di Kendell Geers, Zaha Hadid, Magdalena Jetelova, Michael Kienzer, Koen Vanmechelen e Erwin Wurm curate da Peter Noever; installazioni sitespecific in interno ed esterno di Tony Oursler a cura di Demetrio Paparoni e Gianni Mercurio ed il progetto speciale di Mike + Doug Starn.

el contesto degli eventi collaterali N Galleria Continua presenta fino al 27 novembre Ascension, un’installazione

di grandi dimensioni realizzata dall’artista Anish Kapoor all’interno della Basilica di San Giorgio, nell’Isola di San Giorgio Maggiore, per la prima volta scenario di un intervento artistico contemporaneo. Il progetto è curato da Lorenzo Fiaschi ed è un’installazione sitespecific, realizzata in uno spazio consacrato rispettandone la sacralità, che materializza il paradosso della colonna di fumo: un vortice di fumo bianco si sprigiona da una base circolare posta in corrispondenza dell’incrocio fra transetto e navata della maestosa Basilica di San Giorgio Maggiore. L’opera, realizzata per la prima volta nello spazio dell’ex cinema di San Gimignano nel 2003, in seguito è stata ospitata nelle importanti sedi di Rio de Janeiro, Brasilia (2006) e San Paolo (2007) del Centro Cultural Banco do Brasil. Nel 2007 è stata realizzata a Pechino da Galleria Continua all’interno del 798, oggi distretto artistico di grande rilevanza culturale.

A sinistra le opere di Bernardì Roig, Vik Muniz, Tony Oursler, Javier Pérez e Jaume Plensa per la seconda edizione di Glasstress. Qui sopra Anish Kapoor. In basso, Cristiano Pintaldi, Senza titolo, 2007. Foto Italia Rossi.

Cristiano Pintaldi, Lucid Dreams a cura di Achille Bonito Oliva Ex Cantiere Navale Castello

ristiano Pintaldi è protagonista di Lucid Dreams, C mostra personale a cura di Achille Bonito Oliva - allestita all’interno dei suggestivi spazi di archeologia industriale dell’Ex Cantiere Navale di Castello, per la prima volta utilizzati per una mostra d’arte contemporanea – costituita da una selezione di lavori pittorici di grande formato, per lo più inediti. L’artista presenta un’articolata riflessione sulla capacità di definire e percepire la realtà. Il titolo stesso della mostra, Lucid Dreams - sogni lucidi esplicita il pensiero dell’artista secondo il quale la realtà di cui facciamo parte sia un sogno in cui ciascun individuo è simultaneamente regista e attore del proprio film, creatore responsabile della propria visione. Il punto focale della ricerca di Pintaldi: da un lato la scelta dei soggetti dei suoi quadri, immagini significative nella formazione dell’immaginario collettivo forgiato dai nuovi media globali dagli anni ’50 a oggi, e dall’altro una pittura fatta di pixel, che traduce le immagini nel codice percettivo proprio delle trasmissioni video. Fino al 31 ottobre 2011.

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54. BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA PADIGLIONE ITALIA ARSENALE 2011 CURATO DA VITTORIO SGARBI TINO STEFANONI segnalato da ERMANNO OLMI: Può un dipinto di estrazione figurativa, essere al tempo stesso immagine del reale e la negazione di ciò che rappresenta? Questo è la sfida tra raffigurazione e il suo ‘oltre’ che Tino Stefanoni propone da più di trent’anni. Così come il ‘Grande Aereo in volo’ nelle sue opere intitolate Apparizioni. Ma se si considera l’apparizione come realtà che si rivela (misteriosamente e in tutte le sue ambivalenze), quale sarà l’esito che seguirà tale condizione di sembianza e provvisorietà? Forse l’EVANESCENZA. Che non è la traslazione dell’intento poetico nel metafisico bensì la TRASCENDENZA della sua stessa oggettività materica: la POESIA. Gli alchimisti, molto prima di Goethe, le chiamavano affinità elettive. Sono le tendenze dei corpi ad avvicinarsi per analogie invisibili o segrete. Fra un artista come Tino Stefanoni e un grande Maestro del Cinema come Ermanno Olmi le analogie di ricerca e di pensiero non sono recenti. I vincoli di amicizia che li legano nascono da corrispondenze profonde: per entrambi il rapporto col passato e con la storia, l’attenzione a un linguaggio preciso e sfuggente, la dimensione trascendente e poetica dell’espressione, l’elegia laconica e dissimulata sono caratteristiche centrali del loro lavoro. Un lavoro diverso, ma accomunato da affinità non casuali. Elettive, appunto. Elena Pontiggia

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GLASSTRESS 2011

June 4th > November 27th 2011 4 giugno > 27 novembre 2011 curators / curatori Lidewij Edelkoort | Peter Noever | Demetrio Paparoni with the contribution of / con il contributo di Bonnie Clearwater conceived by / ideato da Adriano Berengo GLASSTRESS 2011 ARTISTS | ANTHON BEEKE | PIEKE BERGMANS | DOMENICO BIANCHI | ERNST BILLGREN | JOOST VAN BLEISWIJK | BARBARA BLOOM | MONICA BONVICINI | KIKI VAN EIJK | JAN FABRE | KENDELL GEERS | CHARLOTTE GYLLENHAMMAR | ZAHA HADID | PAULA HAYES | JAIME HAYON | YUICHI HIGASHIONNA | MAGDALENA JETELOVA | LIU JIANHUA | MICHAEL JOO | MARYA KAZOUN | KONSTANTIN KHUDYAKOV | MICHAEL KIENZER | MARTA KLONOWSKA | NAWA KOHEI | OLEG KULIK | HITOSHI KURIYAMA | HYE RIM LEE | TOMÁŠ LIBERTINY | ATELIER VAN LIESHOUT | LUKE JERRAM | MASSIMO LUNARDON | URS LUTHI | VIK MUNIZ | NABIL NAHAS | ATELIER TED NOTEN | TONY OURSLER | ANNE PEABODY | JAVIER PÉREZ | JAUME PLENSA | RECYCLE GROUP | ANTJE RIECK | ANTONIO RIELLO | BERNARDÌ ROIG | MARIA ROOSEN | URSULA VON RYDINGSVARD | ANDREA SALVADOR | JUDY SCHAECHTER | THOMAS SCHÜTTE | ANATOLY SHURAVLEV | KIKI SMITH | MIKE+DOUG STARN | TANJA SÆTER | PATRICIA URQUIOLA | KOEN VANMECHELEN | PHARRELL WILLIAMS | FRED WILSON | ERWIN WURM | SHI YONG | TOKUJIN YOSHIOKA | YUTAKA SONE | ZHANG HUAN | 5.5 DESIGNERs

Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Palazzo Cavalli Franchetti, Campo Santo Stefano 2847, 30124 Venezia Berengo Centre for Contemporary Art and Glass Campiello della Pescheria, 30141 Murano, Venezia Wake Forest University Casa Artum, Dorsoduro 699, 30123 Venezia

PINO CHIMENTI 54.Esposizione Internazionale D’arte Biennale diVenezia 2011 Padiglione Italia Arsenale 4 giugno 27 novembre 2011

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GAM, Torino

Eroi

a mostra “Eroi” (a cura di Danilo L Eccher) , visitabile a Torino fino al 9 ottobre prossimo, allestita negli spazi

della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, dimostra che, come la letteratura anche l’arte contemporanea, ama le storie con finale aperto. Eroi infatti, alla fine del percorso espositivo segnato da opere importanti, talora gigantesche, in alcuni casi eseguite appositamente per

la mostra, rimette al visitatore la possibilità ultima di tracciare il profilo della figura dell’eroe attuale. L’esposizione suggerisce, attraverso le numerose opere presentate, le differenti prospettive e i molti punti di vista che sottendono a una tematica ardua da affrontare anche per l’arte come è quella dell’eroismo nelle società dell’oggi, spoglie ormai di ideologie ed espropriate dei grandi ideali che caratterizzarono i secolo precedenti. Dopo le stagioni del titanismo e dei semidei, dopo quelle dell’antieroismo e dell’uomo comune, sembra essere giunto il tempo dell’autoeroismo ovvero della ricerca individuale delle qualità e capa-

s Pawel Althamer, Self-portrait, 1993 [scultura in grasso, cera, intestino animale, capelli / 189x76x70 cm] e Latifa Echakhch, À chaque stencil une révolution, 2007 [particolare] Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino

▼ Sigalit Landau, Barbed Hula, 2000 [video, colore, sonoro / 2’, loop] © Sigalit Landau / Courtesy l’artista e kamel mennour, Paris

▼ a sinistra Sean Scully, Wall of Light Zacatecas, 2010 [olio su tela / 279,8 x 350,4 cm / Collezione privata] al centro Louise Bourgeois, Cell XX, 2000 [acciaio, tessuto, legno e vetro / 188 x 124,5 x 124,5 cm / Courtesy Hauser & Wirth and Cheim & Read] a destra Sean Scully, Doric, 2008 [olio su alluminio / 279,8 x 406,5 cm / Collezione privata]

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cità interiori che consentono a ciascuno di essere un eroe, di affrontare sfide, di superare dolori e difficoltà, di concepire nuovamente un futuro ricco di promesse e una nuova idea di mondo. Alla realizzazione di questa inedita cosmogonia contribuiscono le differenti posizioni espresse dagli artisti in mostra: contributi talora ironici, altre volte venati di sontuosa tragicità, semplicemente realisti o in certi casi visionari. All’ingresso del museo, veniamo accolti da un gigante bislacco in acciaio alto tre metri, posto frontalmente con le braccia alzate in segno di resa più che di aggressione. È l’opera scultorea Grosse Geist di Thomas Schütte, artista internazionale che qui pare evocare, attraverso la monumentalità grottesca di un corpo atteggiato in una innaturale torsione del busto, l’incertezza e la debolezza del futuro. Entrando nelle sale, la prima opera che si incontra è Autoritratto di Stelle di Michelangelo Pistoletto, un lavoro fotografico del 1973 vibrante di poetica leggerezza in cui la sagoma dell’artista, punteggiata di stelle, fluttua sullo spazio di un foglio trasparente, ancorata semplicemente a un filo da stendere con due mollette. Eterea e impalpabile, la figura allude alle energie cosmiche di cui pure l’uomo è parte integrante. All’eroismo sussurrato di Pistoletto fa da contraltare - al fondo della medesima sala - quello imponente della pittura di Kiefer. Stratificata e materica, densa di memorie ingombranti che affiorano sulla tela aggrovigliandosi come rovi in cui restano impigliate le tracce della presenza umana, l’impresa pittorica di Kiefer si riconnette con il pensiero mitologico di una natura eroica e misteriosa, evocata qui già nel titolo del lavoro. Humbaba, il guardiano dei boschi nell’antica mitologia sumerica, è infatti colui che protegge i segreti della natura. Decisamente più intima ma non meno dolorosa e carica di memorie luttuose, la visione di Louise Bourgeois colpisce per la presenza di due piccole teste che si guardano. Le piccole teste, realizzate in tessuto bianco cucito a mano sono chiuse nel perimetro di una gabbia, intente in un eterno serrato testa a testa che le rende complici del medesimo terribile destino. Quasi come fosse un mantra recitato dal potere salvifico e risolutore, giunge alla fine di questa prima parte del percorso di mostra, l’opera video di Marina Abramovich dal titolo inconfutabilmente chiaro, The hero. L’eroina è lei, donna e artista, implacabile performer di se stessa, stagliata sullo spazio di una radura sconfinata e malinconica mentre sventola una bandiera bianca in sella a un cavallo. Nell’area seminterrata della GAM, dedicata ormai da qualche tempo alle mostre temporanee, EROI prosegue con una parata di opere altrettanto stupefacenti per dimensione e intensità, ma rispetto alla prima parte del percorso, la visione qui si fa più intima e antropocentrica, venata di malinconici richiami alle esperienze individuali. Speculare all’autoritratto di Michelangelo Pistoletto, compare la figura spettrale del self-portrait di Pawel Althamer, un doppio dell’artista in scala reale, fatto di cera, grasso, materiali organici e capelli, lavorati insieme fino a dare corpo ad un eroe umano, normale, uno fra i tanti che esercita il suo eroismo nella quotidianità, andandole incontro nudo e disarmato. Proprio questa quotidianità, inscritta in una storia più ampia ma sempre uguale a se stessa, eroica in quanto terreno di prova dell’umanità, scenario di lacrimevoli eventi, viene evocata nel commovente e bellissimo lavoro di Latifa Echakhch. L’artista riadatta agli

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RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

s Hermann Nitsch, Schüttbilder, 34. Malaktion, Krems, 1994 [olio e sangue su tela; due elementi, 300 x 400 cm ciascuno] Hemd, 1989 [acrilico su tela, due elementi, 170 x 150 cm ciascuno] Schüttbild, 2010 [olio su tela; quattro elementi, 200 x 300 cm ciascuno; barelle, pianete, calice, ostensorio, vasi, fiori]. Courtesy Hermann Nitsch

spazi della Gam un lavoro site specific del 2007; tappezza le pareti di un’ampia zona espositiva con carte acquerellate di blu dalle quali partono colature di colore che si estendono fino al pavimento. Piange il muro e con esso l’umanità intera: questo il significato metaforico contenuto nell’opera di Echakhch dalle valenze fortemente simboliche. Tanti gli artisti blasonati che compaiono in mostra, molti sono autentiche star del panorama artistico internazionale fra i quali ricordiamo (oltre a quelli citati) Hermann Nitsch, Francesco Clemente, Danh Ho, Ilya & Emilia Kabakov, la spiazzante e oltremodo sopravalutata Jenny Saville che con la rappresentazione pittorica di un giovane transessuale, porta in scena l’eroismo della diversità. Buona l’idea che però manca di pathos, di quell’autentica solidarietà empatica necessaria alla trattazione di certi temi sociali che ancora bruciano in seno alle società del terzo millennio. Ma chi sono dunque gli eroi del nostro tempo, ci si potrebbe domandare visitando questa poderosa mostra con cui in un certo senso la GAM

sfida il Museo di Rivoli su un terreno di proposte davvero internazionali, coinvolgendo artisti importanti, ipercorteggiati dal sistema dell’arte, galleristi rinomati e collezionisti prestigiosi. La complessità dell’argomento affrontato è senza dubbio pari alla stratificazione delle ragioni che spingono il Museo della città a tralasciare – almeno per ora – il compito di dedicare attenzione agli artisti (anche quelli bravi) del luogo, eroi silenziosi anche loro che continuano a lavorare e a riscuotere successi fuori dai confini d’appartenenza. La città di Torino è però rappresentata da Mario Merz di cui vengono presentate in mostra due installazioni autonome e dialoganti, perfettamente in sintonia con l’argomento indagato dal curatore Eccher, grazie ai riferimenti e alle connessioni filosofiche attivate dagli elementi riconoscibili dell’igloo e della serie Fibonacci che hanno segnato tanta parte della ricerca di questo artista. Accanto all’opera di Christian Boltanski appositamente realizzata per l’occasione e installata in una saletta raccolta, avvolta nella penombra, figurano i lavori video dell’israeliana Si-

▼ Mark Manders, Life-size Scene with Revealed Figure, 2009 [ottone, legno, ferro, capelli, sabbia, polvere, resina epossidica, corda, stampa offset su carta / 139x320x120 cm] Courtesy Zeno X Gallery, Antwerp // Mark Manders, Figure with Book and Fake Dictionaries, 2009 [tecnica mista - 132x32x43 cm] Courtesy David Roberts Collection, London

galit Landau. In uno dei due, intitolato Barbed Hula, si vede una ragazza nuda che fa girare senza interruzione intorno alla vita un hula-hop fatto di filo spinato. Erotico e drammatico al tempo stesso, il filmato allude neanche troppo metaforicamente alla gravissima situazione mediorientale. La parata di eroi continua con Francesco Vezzoli, Gerog Baselitz, Cy Twombly, General Idea e molti altri. Fra i giovani, vogliamo in chiusura citare Pietro Roccasalva, nato in Sicilia, a Modica, nel 1970, di cui abbiamo apprezzato i lavori in altre occasioni espositive. Qui, l’artista presenta un’opera visionaria di grande fascino: un’istallazione che parla attraverso i differenti linguaggi della pittura, del disegno, dell’installazione fotografica e altro ancora, ricorrendo ai mezzi dell’arte per tessere un racconto complesso e carico di rimandi a una realtà immaginifica e allucinata. La mostra è corredata da un volume edito da Allemandi (pag. 280, € 55,00) con fotografie di Claudo Abate, saggi di Danilo Eccher, Tony Negri e poesie di Patrizia Cavalli. Gabriella Serusi

▼ Mike Nelson, Amnesiac Shrine or Monumental Skulpture to publyck mourning, 2006 Tecnica mista; 350 x 400 cm / Courtesy Collezione Giuliani, Roma

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Fondazione Volume!, Roma

Christian Boltanski

i esce dalla cornice con fluidità S apparente, affrontando un nuovo incontro con il pensiero di Christian Boltanski. Si fronteggia, negli spazi di Volume!, la prova generale dell’artista francese alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte de La Biennale di Venezia, chiamato a rappresentare il suo paese nel Padiglione di Francia. Un fuori programma riferito sottovoce nel linguaggio reso ancora più essenziale e asciutto, rispetto alla solita dialettica artistica, forse condizionato e riconsiderato dalle caratteristiche proprie del luogo espositivo romano. Una soluzione di continuità - in una separazione di parti, in scansione netta degli

elementi - che non abbandona il lavoro di Boltanski. A Roma lo presenta in una monocromia decisa, avanzata con un meccanismo chiuso e intervallato, che è la base ritmica di Sans fin. Com’è anche proprio del significato della locuzione (soluzione di continuità), qui avviene una divisione di parti di un organo, nell’azione di sciogliere ciò che è fisicamente omogeneo, che è originato dal pensiero per il racconto di una storia. L’organo in questione è la riflessione sulla continuità e perpetuità della vita. Uno stenditoio di ferro fa scorrere in sequenza, a distanza regolare, lungo il perimetro degli ambienti scabri, volti umani in bianco e nero, impressi su teli/pellicole bianche. Emersione dal profondo, dalla insondabile eterea memoria personale e collettiva, di una umanità allo stesso tempo indistinta e soggettiva, in eterna rigenerazione. Sospesi e fluttuanti, i negativi di esistenze, passate, remote - ma presenti nell’immanenza dell’immagine sgranata - fermano il lontano emer-

gere della visione di memoria. Alcune, in particolare, hanno un’immagine in tripla sovrapposizione di sezioni di volti, parti che ricongiungono una fisionomia sballata, in un tutt’uno chiuso dall’ovale netto. Nel ricordo non c’è razionalità assoluta, in quanto la memoria assembla ciò che trova e ricompone l’insieme in una omogeneità del tutto personale. Una frequenza libera di segnale mnemonico, “pastorizza” la storia umana, la più dura e forse più scalfita nel vivo del soggetto artista e del soggetto collettivo, che è parte di un racconto spesso drammaticamente strutturato. E’ il fil rouge di una vita, il pensare l’arco vitale umano che circolarmente si rinnova in altre generazioni, sempre, costantemente “senza fine”. Le regole del gioco dell’esistenza, si scoprono di volta in volta in modalità soggettive; per Boltanski da sviscerare inevitabilmente e necessariamente. Ilaria Piccioni

s ▼ Cristian Boltanski, Sans Fin © Rodolfo Fiorenza 2011; courtesy fondazione Volume!

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RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE Galleria Massimo De Carlo, Milano

Carsten Höller ersonale di Carsten Höller con un P progetto site specific che ripercorre l’interesse dell’autore verso il mondo ani-

male. Laureato iin Agronomia e specializzatosi in Fitopatologia con una tesi sulla comunicazione olfattiva tra gli insetti, Carsten Höller ha conquistato il mondo dell’arte nel corso degli anni Novanta con il suo approccio pseudo-scientifico nell’indagare la realtà oggettiva, e la sua percezione, utilizzando il disorientamento come caratteristica imprescindibile dei suoi lavori. Kanarienwaage (Canary Scale), lavoro del 2010, consiste in due gabbie per uccelli identiche, sospese, al loro interno ci sono in totale dodici canarini maschi Timbrado Español. Nel punto centrale della sbarra che collega le due gabbie viene posizionato uno speciale misuratore che, a seconda dei minimi spostamenti dei canarini, segna la differente altezza delle due gabbie. Il lavoro è stato esposto all’interno della mostra Soma, presso l’Hamburger Bahnhof - Museum für Gegenwart di Berlino, lo scorso febbraio. Mäuseplatz (Mice Square), sempre del 2010, è una riproduzione in scala di un parco giochi realizzato nel 1958 a Haÿles-Roses, nei pressi di Parigi, da Pierre e Vera Szekely. Al suo interno, due topi da laboratorio, uno bianco e femmina, e l’altro nero e maschio, sono liberi di muoversi, di riprodursi e di interagire con le piccole costruzioni all’interno della struttura. Anche questo lavoro è stato esposto nella mostra Soma a Berlino. Con Walrus (2011) Carsten Höller aggiunge un nuovo personaggio alla serie in cui riproduce dei cuccioli di animali utilizzando una gomma soffice al tocco, come se fosse vera, e degli occhi umani in vetro, confondendo ancora una volta lo spettatore. Dopo delfini (1995), elefanti (1998), oranghi (2001), coccodrilli (2002), rinoceronti (2005), ippopotami (2007) e renne (2009), questa volta l’artista sceglie come soggetto un cucciolo di tricheco, utilizzando per i baffi i peli della coda di una giraffa. Bonobo-Sex (1993-1994), realizzato da Amy Parish, è un montaggio di video amatoriali che testimoniano l’esuberante sessualità dei bonobo. Raggruppati in comunità prettamente matriarcali, i bonobo possiedono una concezione del sesso come parte integrante di ogni relazione sociale, utilizzando il cosiddetto “sesso ricreativo” come elemento per appianare conflitti e divergenze. Secondo alcuni studi il bonobo condivide con l’essere umano più del 98% del patrimonio genetico. Aquarium è un lavoro del 1996, e consiste in un acquario di oltre 2000 litri d’acqua dolce, al cui interno nuota un branco di Leuciscus Idus. Attraverso tre nicchie, il visitatore può posizionare il proprio capo all’interno dell’acquario. Al primo piano della galleria, separata dal resto della mostra, si trova Doppelpilzvitrine (Vierundzwanzigfach), realizzata nel 2011, una speciale vetrina museale in cui vengono esposti 24 funghi, ciascuno composto da due metà differenti: se da una parte c’è sempre un Amanita Muscaria, nell’altra metà si alternano funghi commestibili, non commestibili o allucinogeni. Alle pareti vengono esposte dodici stampe fotografiche della serie dei Mushroom (2004), realizzate dall’artista fra il 1999 e il 2004 in diverse foreste svedesi, e il dittico Amanita & Dog del 1996. (L.S)

s Carsten Höller, Doppelpilzvitrine (Vierundzwanzigfach), 2009 (details) Cast polyurethane mushroom replicas, acrylic paint, glass discs, metal pins, vitrine glass, powdercoated metal framework. / Five versions, each featuring different mushroom models; number of double mushrooms per vitrine: one, two, three, ten, or twenty-four models. 175 x 25 x 145 cm (twenty-four double mushrooms) Courtesy: Private Collection, Berlin All installation views and Details photographed by © Carsten Eisfeld, Berlin ▼ Carsten Höller, Amanita, 2004 [stampa fotografica / photographic print 54.5 x 53 cm con cornice] Courtesy Massimo De Carlo

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s Paolo Grassino, Armilla [pvc e installazione audio a 8 canali. installazione ambientale] Delloro Arte Contemporanea, Berlino, 2011

Paolo Grassino Intervista con Antonello Tolve ncorate ad uno spazio che attraverA sa i paesi della rappresentazione e dello spettacolo, le opere di Paolo Grassi-

no (Torino, 1967) seguono un andamento estetico che, se da una parte traccia, via via, un sismografo attento alle tecniche e ai materiali dell’arte contemporanea (di natura classica o innovativa), dall’altra incorpora nel proprio spazio d’azione resistenze e aperture per concepire strepitose presenze gettate nel mondo intese, queste, come proiezioni di cadute, proiezioni di gesti, proiezioni di intime e visionarie andature possibili dell’esistere. Trasformando l’ordinario in dimensione straordinaria e mutando sensibilmente la percezione dell’oggetto (o del corpo strappato alla quotidianità), Paolo Grassi-

no mette in campo uno scenario in cui lo sguardo si fa visione, azione oftalmica che inclina la realtà e la porta verso un parallelo estetico altamente poetico e leggero. Con Controllo del corpo (Galleria Paola Verrengia, Salerno) e Liquido-Oggettivo | Flüssige-Sachlich (Delloro Arte Contemporanea, Berlino) è ancora una volta il mondo della vita e dei vari segreti – e significati – che la riguardano, a farsi luogo di un percorso che esce e si espone sui bordi della realtà per spingere lo sguardo su una verità che si fa, necessariamente, messinscena, paesaggio contemplativo, corpo teatrale di una costante e modulata venuta alla presenza in cui la natura umana (e il suo pulsare) cessa il proprio segreto e si apre timidamente al mondo. Antonello Tolve - Partirei da Salerno, e naturalmente dalla personale che hai progettato per gli spazi della Galleria Paola Verrengia. Paolo Grassino - Nell’ultimo periodo ho

realizzato alcune mostre esponendo lavori che a prima vista possono sembrare diversi tra loro. La cosa che mi interessa è creare una convivenza, un dialogo, di più soggetti o sperimentazioni. È come costruire una storia o riscriverla, con frammenti di scritti conservati e mai esposti. Essi si convogliano in una storia comune. Questi lavori vengono esposti e visti come un grande ed unico lavoro, non solo fatto di opere ma anche dal trascorrere del tempo. > In occasione di questa personale il cui titolo, Controllo del corpo, si fa sintomo di una riflessione sulla condizione dell’esistere e su quel singolare destino di cui siamo, noi e il mondo, la destinazione infinita suggerirebbe Nancy, hai proposto un ventaglio di opere che frenano lo scorrere (indifferente?) delle cose e trattengono l’emozione fino a cristallizzarla nel tempo a venire. 

▼ Paolo Grassino, Controllo del corpo - Galleria Paola Verrengia, Salerno

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

s Paolo Grassino, Controllo del corpo - Galleria Paola Verrengia, Salerno

 > Il titolo della personale “Controllo del corpo” fa riferimento al video omonimo che ha come soggetto 9 artisti di Torino della generazione di mezzo, cioè nati tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ‘70. Artisti che, come fiori, sbocciano e si richiudono con una semplice rotazione su se stessi. Sono personaggi legati tra loro da una macchina che li muove e li sorregge, ma che ne priva l’identità. Gli abiti diventano divise senza colori e il bianco di fondo pone le figure in un luogo dove lo spazio è assente. Il lento movimento e i suoni, provocati dalla macchina, segnano una ripetizione costante degli eventi nel tempo. Un’altra forma di controllo del corpo è presente in Dolo d’impulso, dove mani e piedi sono legati tra loro fino a crearne una forma unica, per non muoversi, per resistere ad un impulso, prima del danno. Quest’opera è realizzata con un procedimento rapidissimo: è un istante che si fa metallo, che diventa alluminio. > Attraversando le tue opere è possibile percepire tutta l’importanza che dai alle tecniche e ai materiali dell’arte. Il materiale è consustanziale all’idea che ti fai dell’opera? > Cerco un’intesa. Rivolgo delle domande al materiale o all’oggetto. Ricevo delle risposte che naturalmente non sono sempre traducibili in parole. Tali risposte sono parole o immagini altre, a volte prive di logica. Il difficile è proprio questo: la-

sciare che l’illogico si sveli, rispettando e conservando, quindi, ciò che non è chiaro. Il nostro pensiero tende sempre a razionalizzare, a rendere tutto più comprensibile, più sopportabile, più banale. > Tra i vari soggetti che popolano il tuo percorso scultoreo il cervo – e penso particolarmente alle varie opere realizzate in occasione della tua personale alla Pinacoteca dell’Accademia Albertina (Torino) nel 2010 – è, certo, figura mediana, emblema di una riflessione che mira, fondamentalmente a trattenere il flusso irrefrenabile della vita. > Dagli Ittiti agli Atzechi, il cervo è sempre stato considerato un simbolo ultraterreno di purezza. Per i Cristiani simboleggia il Cristo. La leggenda di S. Eustachio narra che questi, un tempo pagano, fu convertito, durante una battuta di caccia, da un’apparizione miracolosa del Cristo sotto forma di cervo. In molte culture l’incontro con questo animale viene considerato annunciatore di profondi cambiamenti. Ed è proprio ciò che maggiormente mi interessa: la simbologia del cervo come veicolo del cambiamento. > Dopo la personale organizzata a Salerno, è stata la volta di una nuova personale da Delloro Arte Contemporanea | Berlin. Come ti sei rapportato con questo spazio e qual è – se c’è – il rapporto di compartecipazione

tra le due mostre, quella di Salerno, appunto, e quella di Berlino? > Le opere, presentate a Salerno, sono intime, riservate, una raccolta di piccole e grandi fusioni, di disegni, di video. È stata allestita con il desiderio di accogliere e di accompagnare il visitatore in un percorso. Invece la mostra a Berlino, volta le spalle, quasi inaccessibile, il suono di Armilla respinge, la dimensione di Deriva limita lo spazio di fruizione. > Con Liquido-Oggettivo | FlüssigeSachlich, titolo della personale che hai disegnato a Berlino, è Zigmund Bauman a farsi prefisso teorico e viatico felice della mostra. > Nella mostra non c’è più la presenza dell’acqua o di qualsiasi altro liquido. Le due opere narrano di una memoria liquida, di una realtà che fa già parte del nostro passato. Forse la società liquidomoderna di Bauman, qui si modifica in uno stato ancora più inconsistente, più simile al vapore. > Liquido-Oggettivo | Flüssige-Sachlich è, tra l’altro, una mostra dilazionata, tra l’altro, in due momenti, in due spazi. Quello della Galleria principale e quello della Project room. > Nella galleria principale è stata installata al soffitto Armilla ed è la prima volta che viene presentata all’interno di uno spazio. Percorrendo la galleria è come trovarsi al di sotto di una grande radice. Il testo di Calvino narra di Ninfe che cantano all’interno di vasche da bagno, mentre, nel mio lavoro, le ninfe sono sostituite da suoni che, nella realtà si trovano nei nostri appartamenti: lavatrici in funzione, frullatori, posate che battono sui piatti, televisioni, radio, ecc., il tutto compionato e rielaborato. I suoni originali si perdono, non sono più riconoscibili, ma restano i testimone di una presenza umana che continua a circolare all’interno dei tubi. Il risultato è un suono leggero che poi diventare lacerante e ossessivo. Il tubo raccoglie in sé gli elementi primari: il punto, la linea, la superfice, ma è anche “luogo” dove tutto scorre, è architettura dove esiste un ingresso e un’uscita, dove gli elementi che ospita nel tragitto si modificano e vengono restituiti alterati e inaspettati. C’è una forte relazione tra le tubature delle nostre case e la circolazio-

▼ Paolo Grassino, Resa [4 dittici 100x140 cm ognuno - acrilico su carta, 2011] Courtesy Delloro Arte Contemporanea, Roma-Berlino.

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s Paolo Grassino, Deriva, spugna sintetica, legno e resina. 2007-2011. Courtesy Delloro Arte Contemporanea, Roma-Berlino.

 ne sanguigna, entrambe vivono al di sotto della superficie, entrambe ospitano liquidi vitali. Cercare al di sotto della superficie delle cose. Mentre nella Project room, è stata installata Deriva. Nel Vercellese, il conte di Cavour fece scavare un grosso canale per irrigare le risaie, il suo intento era quello di far risorgere una regione che era povera e depressa. Oggi questo canale esiste ancora. D’inverno l’acqua non viene fatta passare, chiudono le dighe sul Po e il canale si prosciuga. Lo spettacolo che si rivela è sorprendente: decine di automobili riversate sul fondo. Esse sono cariche di rami, buste di plastica, rottami e detriti di qualsiasi tipo. L’acqua, nel suo scorrere, trasporta tutto, ma qualcosa rimane incagliato nel corpo dell’automobile, creando 38 -

un agglomerato monocromatico. Anche in questo caso l’oggetto diventa un’altra cosa. Le automobili vengono rimodellate e riassemblate, sono relitti riassorbiti dalla capacità inarrestabile della natura di trasformare, di rieducare i nostri manufatti per renderli più simili al suo aspetto. > Armilla, opera che nasce per la facciata di Palazzo Bricherasio e che hai riadattato, ora, a Berlino, nasce dalla lettura di un racconto di Calvino. Quanta importanza ha la letteratura – e naturalmente, la filosofia, la sociologia, l’antropologia – all’interno del percorso di costruzione delle tue opere? > Naturalmente la letteratura ha notevole importanza per il mio lavoro, come la musica e il cinema. Sono tutte forme di pen-

siero che ci rendono, in parte, il mondo più comprensibile, traducibile. Credo che tra tutte le arti, quella visiva e, nello specifico l’arte contemporanea, sia, per me, la più debole, quella che mi dà meno stimoli. > Un’ultima riflessione. I tuoi lavori transitano nel mondo della vita – tra le cose della realtà – per ricalibrare il discorso, a me pare, su un asse che metamorfosa l’ordinarietà in straordinarietà, lo sguardo in visione leggera, pungente, pensante. > Attraverso l’uso di un linguaggio irrazionale, illogico, violento e inquietante, il mio lavoro parla di un’oggettività che non dovrebbe esistere. Tuttavia è sempre legato al credibile, alle realtà note. Cerco di delineare delle verità che possono essere descritte solo con l’aiuto di figure n

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RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE MoCA, Los Angeles

Art in the Streets d’arte Contemporanea di IthelLosMuseo Angeles (MoCA) presenta Art in Streets, esposizione dedicata alla

storia dei Graffiti e della Street Art. La rassegna rappresenta uno dei maggiori appuntamenti dell’anno per la scena contemporanea americana: si tratta infatti della prima esposizione che un museo istituzionale di prestigio dedica a quest’ampia comunità internazionale, posizionandola all’interno della storia dell’arte. Il progetto, nato da un impulso del direttore Jeffrey Deitch, è curato da Roger Gastman e Aaron Rose che sono stati capaci di riunire una quarantina di artisti di tutto il mondo. L’esposizione ripercorre lo sviluppo del movimento a partire dagli anni settanta con le prime testimonianze apparse all’alba sui muri di New York e Philadelphia, passando attraverso il contributo storico di Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, Fab 5 Freddy, Futura, Lee Quinones, fino a giungere ai nostri giorni, con artisti di successo come Banksy, Shepard Fairey, JR, i gemelli Os Gemeos, Margaret Kilgallen, Saber, Risk, Revok, Invader, Todd James, Barry McGee, Stephen Powers, Devin Flynn, Erik Brunetti, Una parte importante della rassegna è dedicata alle opere che permettono di documentare questa forma d arte, effimera e transitoria per definizione, attraverso le immagini di Martha Cooper, Gusmano Cesaretti, Larry Clark, Henry Chalfant, Estevan Oriol e il contributo della Fun Gallery di Patti Astor. Patrick Steffen

“Installation view of Art in the Streets, April 17-August 8, 2011, The Geffen Contemporary at MOCA, photo by Brian Forrest”

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Gli alfabeti possibili di Riccardo De Marchi di Chiara Mari

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artisti in copertina RICCARDO DE MARCHI

Riccardo De Marchi, La stanza della musica (tracce), 2009, acciaio inox a specchio e buchi, 573x565 cm. Villa Pisani Bonetti, Bagnolo di Lonigo, 2009 (Foto Bruno Bani, Milano). Nella pagina a fianco: Riccardo De Marchi, Veduta parziale dell’esposizione In-finitum, Palazzo Fortuny, Venezia, 2008

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uchi: presenze-assenze che attraversano la materia per indagarne il senso; tracce dell’azione dell’artista che da segni individuali si fanno lettere di un alfabeto puntiforme e universale. La superficie dell’opera è per Riccardo De Marchi una pagina bianca da solcare con scritture che incidono il materiale scelto, dall’alluminio al ferro al plexiglass, in un superamento, letterale e metaforico, che non significa apertura di una dimensione “oltre”, in senso metafisico, ma creazione di uno spazio di interrogazione e di dialogo tra uomo e uomo. La scrittura è infatti sempre indice di una storia umana, come lo specchio che, spesso utilizzato nella ricerca dell’artista, prevede inevitabilmente la presenza di un io che in esso si riconosca. L’opera di De Marchi non vuole quindi affermare concetti assoluti, ma porsi in una dialettica che coinvolga sia lo spettatore che l’ambiente in cui è collocata.

“Uso il buco perché non ha connotazioni simboliche definite, è in qualche modo indecifrabile, ma nel suo farsi buco, mi permette di iscrivere irreparabilmente la materia”: l’artista in queste “tracce” trova gli elementi base per costruire una grammatica e una sintassi da tutti comprensibili, perché non connotate in senso simbolico e ridotte alla loro essenzialità. La scrittura creata da De Marchi è una scrittura “per assenze”, dato che ciò che leggiamo corrisponde a ciò che manca, a ciò che è stato sottratto, a ciò che non c’é più. Tutta la sua ricerca si può collocare al punto di incontro tra termini opposti: tra pieno e vuoto, pesante e leggero, presenza e assenza. Le lamiere di metallo dipinte di bianco sembrano leggeri fogli di carta, le superfici specchianti annullano la pesantezza fisica dell’acciaio, mentre la trasparenza del plexiglass visualizza “in positivo” la concretezza dei buchi impressi dall’artista. Lo studio delle proprie-

Riccardo De Marchi, Incompleto 2008-2009, acciaio inox a specchio, buchi e rilievo, 105x290 cm Veduta parziale dell’esposizione Tema & Variazioni. Dalla grafia all’azzeramento. Peggy Guggenheim Collection, Venezia, 2009 (Foto Bruno Bani, Milano)

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Riccardo De Marchi, Senza titolo, 2008, plexiglass e buchi, 300x185x22 cm. Galleria d’Arte Niccoli, Parma 2008 (Foto Prima Studio, Udine) Riccardo De Marchi, Appunti, 1994-2011, copertine dischi acciaio inox e buchi (dettaglio). (Foto Prima Studio, Udine)

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Riccardo De Marchi, da sinistra Lettera a Rainer Maria Rilke (e.d. s.e.), 2010, alluminio, pittura e buchi, 130x130 cm. Testo, 2010, acciaio inox a specchio buchi e rilievo, 130x130 cm. A arte Studio Invernizzi, Milano 2011. (Foto Bruno Bani, Milano)

Riccardo De Marchi Disseminazione, 2009, alluminio, pittura e buchi, 200x300 cm (dettaglio) A arte Studio Invernizzi, Milano 2011 (Foto Bruno Bani, Milano)

Riccardo De Marchi Testo ritrovato, 2005, acciaio inox a specchio buchi e rilievo, 200x138 cm (Foto Prima Studio, Udine)

tà e possibilità dei diversi materiali permettono a De Marchi di ampliare le direzioni del suo lavoro e di arricchire, con grande coerenza, il suo percorso. L’idea di un’opera che raggiunga il suo senso all’interno del suo perimetro, della sua “cornice” è lontana dalla poetica dell’artista, sempre tesa, al contrario, a porsi in relazione con lo spazio circostante, per cui l’allestimento dei lavori all’interno di un ambiente, sia esso un museo, una galleria o una abitazione privata, è sempre una componente essenziale della sua ricerca. Dal rapporto con lo spazio architettonico nasce l’ideazione di molte opere come quelle realizzate per Villa Pisani Bonetti a Bagnolo di Lonigo nel 2009, che rileggono l’edificio progettato da Andrea Palladio, e l’intervento che verrà realizzato al MACRO di Roma, su una parete dello spazio espositivo, in occasione della sua mostra personale.

Nella ricerca di un “alfabeto possibile”, come si intitolano alcuni lavori del 2005, i segni-scritture possono disporsi ordinati, quasi a formare la struttura di un testo con i suoi margini e spazi, oppure sovrapporsi ed esplodere sulla superficie dell’opera, come nella recente Lettera a Pollock, che verrà esposta a Roma, costituita da due lastre, poste l’una sopra l’altra a una certa distanza, che, illuminate, proiettano le tracce da cui sono solcate sulla parete. Con gli stessi segni-grafie l’artista interviene anche su oggetti legati al suo vissuto, che diventano appunti di un particolare momento di vita, di un viaggio, di un ricordo. Appunti si intitolano infatti una serie di lavori costituiti da copertine di dischi rielaborate dall’artista, dove le scritture riempiono quelle che possono essere considerate le pagine di un diario intimo e personale. n 236 | ESTATE 2011

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Galleria VV8, Reggio Emilia

Giorgio Ciam a galleria VV8 ha scelto di affrontare L un punto nodale fra quelli suggeriti dall’edizione di Fotografia Europea di

quest’anno, realizzando la mostra Giorgio Ciam – Percorsi di ricerca, a cura di Elena Re, e proponendo così il lavoro di un artista che ha affrontato in maniera particolarmente lucida e personale un tema complesso, quello della propria identità. Un’identità non fissabile e continuamente rimessa in discussione, che Ciam ricerca tramite proiezioni e cancellature, sfocature e sovrapposizioni, mai richiudendosi sterilmente nell’autoreferenzialità ma sempre con la volontà, quasi l’esigenza, di trasmettere, di aprirsi al confronto, il quale giunge a essere talmente intenso e totalizzante da sfiorare l’annullamento del sé e la trasformazione nell’altro, di volta in volta un artista, un amico, un familiare. E così il volto, luogo dell’identità e dell’individualità, è oggetto di analisi e rielaborazione: viene continuamente nascosto, mascherato e sottratto alla presunta verità dell’obiettivo fotografico mediante l’utilizzo del mosso, dell’intervento pittorico e della stratificazione di immagini; il corpo stesso diventa schermo sul quale proiettare le proprie opere, rimaneggiate e foto-

s Giorgio Ciam, Autoritratto, 1976 fotografia b/n - 60 x 50 cm. © Eredi di Giorgio Ciam. Courtesy Galleria VV8, Reggio Emilia

t Giorgio Ciam, Ritratto in controluce, 1990 fotografia a colori montata su tela / 118,5 x 118,5 cm © Eredi di Giorgio Ciam. Courtesy Galleria VV8, Reggio Emilia

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

s Giorgio Ciam, Autoritratto in teoria, 1980 fotografia b/n - 60,5 x 50,5 cm © Eredi di Giorgio Ciam - Courtesy Galleria VV8, Reggio Emilia

 grafate infinite volte, come in un gioco di specchi in cui a ogni riflesso corrisponde un approfondimento della prospettiva. Questo utilizzo del “corpo come linguaggio” e della sfera privata come materia per raccontarsi inquadrano Ciam nel contesto della Body Art e del Comportamento, vicende alle quali l’artista prende parte sin dalla fine degli anni ’60, lungo tutti gli anni ’70, per poi proseguire la propria ricerca sempre attraverso l’uso del mezzo fotografico anche quando la tendenza è quella del ritorno alla pittura, fino alla metà degli anni ’90, quando il suo percorso si interrompe bruscamente. La selezione dei lavori in mostra, effettuata direttamente nell’Archivio Giorgio Ciam di cui Elena Re è anche curatrice, propone dunque una sintesi di tre decenni di ricerca espressiva ma al tempo

s Giorgio Ciam, Dietro a me stesso, 1994 fotografia a colori con intervento - 74 x 54 cm © Eredi di Giorgio Ciam - Courtesy Galleria VV8, Reggio Emilia

stesso esistenziale dell’artista, cogliendo l’estrema coerenza della sua continua opera di autoanalisi e mettendone in luce gli esiti, spesso sorprendentemente anticipatori. In questa esperienza del proprio corpo come tramite e nell’esigenza di manifestare la propria interiorità instaurando un rapporto profondo con il fruitore, è possibile cogliere la dimensione teatrale e scenica del lavoro di Ciam. Come sottolinea la curatrice, ponendo se stesso di fronte alla macchina fotografica, nello spazio dell’inquadratura, ed esponendosi così a una complessa idea di sguardo, Giorgio Ciam «configura una particolare situazione: una performance senza spettatori. Perché il rapporto con il suo pubblico egli arriva a ipotizzarlo solo attraverso l’opera fotografica. E allora questa performance

t Giorgio Ciam, Le stanze, 1995 fotografia a colori; 25,5 x 20,5 cm © Eredi di Giorgio Ciam - Courtesy Galleria VV8, Reggio Emilia

intima si rivela in realtà un intimo racconto: il racconto di sé, della sua interiorità, del suo essere-nel-mondo. Guardando al panorama della sperimentazione artistica condotta mediante la fotografia a partire dalla stagione culturale degli anni ’70, penso che la ricerca sviluppata da Giorgio Ciam rispetto al significato e alla pratica della performance sia un contributo davvero importante, che ha portato di fatto l’autore a far parte del dibattito internazionale». Sulla traccia di tali considerazioni, seguendo Ciam lungo il suo “percorso di ricerca”, si può dunque riscoprire un lavoro che non solo continua a rivelarsi attuale e stimolante ma che anzi trova proprio nel confronto con uno sguardo contemporaneo una nuova energia vitale. Jacopo Pavesi

t Giorgio Ciam, Le stanze, 1995 fotografia a colori; 25,5 x 20,5 cm © Eredi di Giorgio Ciam - Courtesy Galleria VV8, Reggio Emilia

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Primo Piano LivinGallery, Lecce

Il Mercante di Sogni Show

e vie dell’arte sono infinite. E Dores L Sacquegna intende percorrerle tutte: artista, gallerista, curatrice, animatri-

ce culturale dedita all’esplorazione del vasto e poliedrico panorama artistico attuale, senza preclusione di linguaggi, oggi si propone come regista di un kolossal in due tempi il cui set – dinamico, trasversale, affollato, proteiforme, alternativo- si svolge negli spazi della galleria leccese. D’altronde, essere curatori di mostre, e per di più, come per espressa dichiarazione, di mostre d’arte “insolita e visionaria”, significa anche essere regista di situazioni, quadri di scena, di narrazioni senza fine in primi piani e campi lunghi, i cui protagonisti – gli artisti- sono venditori di sogni ed essi stessi sognatori. E i visitatori – le indispensabili “comparse” della fiction- sono a pieno titolo partecipi alla realizzazione dell’opera, nella loro disponibilità a vivere una realtà diversa, il sogno, oltre il limite umano del corpo e dei sensi. Come poteva intitolarsi una simile opera se non – in omaggio a Shakespeare- Il mercante di sogni ? E poiché, per dirla ancora con Shakespeare, “l’uomo è fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, Dores chiama all’appello tutti i disponibili sognatori –superstar, performer, filmaker, scenografi, poeti e artisti, comparse - per un casting variegato e vivacissimo in cui ognuno interpreti il proprio ruolo nello sconfinato mondo dell’immaginario collettivo. L’allestimento del set è costituito dagli “oggetti di culto”, cioè dalle opere degli artisti coinvolti. Ne emerge un panorama di esperienze polisensoriali, espanse, dilatate, contaminate da altri settori della comunicazione, aperte ad t Matthew Barney, Cremaster 4 [video 1994, courtesy Gladstone Gallery NY]

s Sarah Ciriacì, 2012 [animazione video 13’, 2004] Courtesy the artist.

s Erwin Olaf, Dawn 02, 2009 [video still]

ogni tipo di ibridazioni e proprio perciò irresistibilmente seduttive. Generi, materiali, tecnologie si dispongono alla più spregiudicata con-fusione, in uno scambio continuo di ruoli. Soggetto dello show sono i sogni, le fantasie, le mitologie individuali e collettive, gli archetipi del mito e della storia… situazioni inafferrabili e continuamente sfuggenti, capaci perciò di coinvolgere lo spettatore, di farne emergere l’io sommerso, soffocato dal peso della quotidianità. Lo spettacolo si sviluppa in due tempi simmetrici e speculari; le scene si susseguono al ritmo incalzante di un film d’azione. Scorrono i titoli di testa con i nomi delle superstar, dei performer, di poeti e sognatori… Poiché la performance è la forma d’arte “viva” per eccellenza, non poteva mancare all’apertura delle due sequenze, con le live action di Federico Cozzucoli che definisce simoniaca la Compravendita di un sogno e di Massimiliano Manieri che apre il secondo tempo con il dualismo schizofrenico de Il ladro di universi. Le superstar Matthew Barney con Cremaster 4, Eugenio Recuenco con Babylon Circus, Ugo Nespolo con Le

t Eugenio Recuenco, Babylon Circus, 2008 [video still]

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gote in fiamme, ed Erwin Olaf con Dusk & Dawn, agiscono sia nel primo che nel secondo tempo dello show. I big intervistati: gli scenografi Matteo Soltanto e Sergio Gotti (per il primo tempo); l’artista Sarah Ciracì (2012), il filmaker Edoardo Winspeare, l’attrice Barbara De Matteis (per il secondo tempo). E infine il grande cast di poeti e sognatori: Monica Branchetti, Agnès Canuto, Silvia De Gennaro, Angioletta De Nitto, Isidora Ficovic, Astolfo Funes, Simis Gatenio, Dario Manco, MattBed, Christen Mattix, Lorella Paleni, Stuart Ross Snaider, Mario Schiavone, Danjiela Vitasovich, per il primo tempo; Massimo Attardi, Earl Black, Elinore Bucholtz, Luigi Caiffa, Costantino Di Renzo, Marcella Fusco, Marthe Keller, Henrik Kroner, Lydia Hoffnungsthal, Takatomo Homma, Anneke Ingwersen, Gabriela Morawetz, Jean Peterson, Vito Sardano, Kumiko Tamura, Shin-Yi Wang, per il secondo tempo. Scrive Dores: “L’arte è la più alta forma d’amore che ci sia. Non è una passione ma una scelta. Non ci sono regole fisse. Questo è il bello”. Marina Pizzarelli

t Ugo Nespolo, Le gote in fiamme, 1967 [cortometraggio]

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE LACMA, Los Angeles

David Smith

“I try to approach each thing without following the pattern that I made with the other one. They can begin with any idea. They can begin with a found object. They can begin with no object. They can begin sometimes even when I’m sweeping the floor and I stumble and I kick a few parts that happen to throw into an alignment, that sets me off in thinking that sets off a vision of how it would finish if all had that kind of accidental beauty to it. I want to be like a poet. I don’t want to seek the same orders.” David Smith (1906-1965) ubes and Anarchy è il binomio C che riassume la prima importante mostra tematica su suolo americano

dedicata al grande scultore del secolo passato David Smith. Organizzata dal Los Angeles County Museum of Art (LACMA), a partire dal 3 aprile fino al 24 luglio 2011, l’esposizione considera l’intera carriera dell’artista e riunisce un centinaio di opere, sculture, disegni, pitture e fotografie fornite dalla Fondazione David Smith, che ritracciano il ricco percorso dello scultore, esponente di spicco dell’espressionismo astratto americano. David Smith è stato uno scultore la cui identificazione con il proletariato, del quale è stato fiero esponente, lo spinse ad adottare, sin dalla nascita della sua arte negli anni trenta, le forme geometriche tipiche dell’avanguardia costruttivista per esprimere una sorta di ottimismo utopico che caratterizza tutta la sua opera impregnata di una struggente bellezza casuale, per citare le sue stesse parole. La retrospettiva Cubes and Anarchy offre una particolare interpretazione dell’opera di Smith, concentrandosi soprattutto sui materiali utilizzati dall’artista e sul suo singolare approccio geometrico, elementi attraverso i quali lo scultore rivendica la volontà di essere innanzitutto considerato un artigiano dello spazio e della materia, più che un artista. Ma chi è stato David Smith e perché la sua opera è stata così importante nel panorama della scultura, tanto da essere considerato come il più grande scultore americano del ventesimo secolo? David Roland Smith nasce nel 1906 nello stato dell’Indiana, figlio di un semplice manit David Smith, Cubes and Anarchy, April 3 - July 24, 2011 Los Angeles County Museum of Art © Estate of David Smith / VAGA, New York, Photo © 2011 Museum Associates / LACMA

s David Smith, Cubes and Anarchy, April 3 - July 24, 2011 Los Angeles County Museum of Art © Estate of David Smith / VAGA, New York, Photo © 2011 Museum Associates / LACMA

scalco. Dopo avere abbandonato gli studi universitari, lavora in alcuni stabilimenti industriali dove impara le tecniche della saldatura che influenzeranno il suo approccio alla creazione. Nel 1926 si sposta a New York per studiare alla Art Student League, dove si avvicina alla scultura con il metallo osservando alcune opere di Picasso e di Julio Gonzales, comprendendo che anche il materiale industriale può divenire oggetto d’arte. Con l’uso di una forgia, di un’incudine e di altri strumenti tipici dell’artigiano, Smith inizia a creare oggetti a tre dimensioni con materiali come legno, fili e lastre metalliche. La sua è un’arte che nasce con i materiali di scarto e di recupero delle grandi industrie capitaliste in espansione, materiali dai quali l’artista riesce a forgiare delle opere dal carattere fortemente anarchico e proletario. Con il tempo giungono composizioni sempre più complesse che utilizzano la saldatura come tecnica principale, grazie alla quale Smith sarà capace non solo di assemblare le lastre metalliche, ma anche di modificare la loro forma iniziale dando vita a un universo sempre più originale. Smith è infatti fra i primi artisti a interessarsi alla combinazione fra pittura e costruzione. La massiccia scultura in bronzo e metallo dipinti, Saw Head, creata nel 1933 quando lo scultore aveva solo 27 anni, è un esempio lampante dell’unione fra artigianato industriale e geometria, in una sorta di collage costruttivista tridimensionale di una sorprendente maturità. Grazie alla mostra, è possibile seguire il percorso cronologico di Smith, immergendosi in un mondo composto da elementi come il metallo, il rame, l’acciaio, a partire dalle sue prime sculture di piccole dimensioni, come Agricola Head del 1933, fino ai suoi ultimi monumentali lavori, la serie Cubi in particolare. Si tratta in questo caso di grandi sculture in acciaio inossidabile che evocano un universo destinato a perdurare nel tempo, composto da elementi che si accumulano su di un’immaginaria linea verticale innalzata verso il cielo che suggerisce le forme di moderni totem industriali. È curioso notare che nel 2005, una sua scultura tratta proprio dalla serie Cubi, è stata aggiudicata all’asta per ben 23 milioni di dollari, diventando all’epoca l’opera d’arte più costosa del pianeta. Ma nel percorso di Smith ci sono anche lavori dal sapore più narrativo che immergono lo spettatore in un universo autentico, capace di evocare veri e propri paesaggi, come The Forest del 1950, o Hudson River Landscape del 1951, che

disegnano un mondo di una bellezza toccante per la sua rigorosa semplicità. Al contempo l’arte di Smith è anche ricca di citazioni e omaggi ad altri scultori e artisti del panorama mondiale. Così, nell’opera Hero del 1951, Smith rende tributo a Brancusi, nelle opere della serie Zig, si intravede un omaggio alle composizioni di Mondrian mentre in Bec-Dida Day del 1963, Smith cita la teoria del colore di Kandinsky. Il suo fascino per il costruttivismo russo è invece presente, ad esempio, nelle prime opere in acciaio degli anni trenta, come Unity of Three Forms del ’37 e Suspended Cube, del ’38. La retrospettiva permette di scoprire in maniera approfondita il mondo di Smith, ma va detto che la scelta dei curatori di dividere gli spazi espositivi con grandi schermi trasparenti che scendono dal soffitto non aiuta, creando delle sovrapposizioni involontarie e poco riuscite fra opere diverse fra di loro. L’elemento più significativo da ritenere risiede invece nell’insieme delle opere esposte, le quali, per quanto poetiche, evocative o dotte possano essere, rimandano continuamente alla realtà quotidiana dell’operaio, lasciando trasparire, attraverso un ottimismo utopico, una voglia di rivincita sociale. Smith si rivela così un artista poliedrico interessato da sempre al costruttivismo e al rigore, ma anche e soprattutto attento ai movimenti sindacali e anarchici del suo tempo. Un artista capace di diventare protagonista dell’arte, profilandosi come un osservatore del mondo sociale attraverso le sue inconfondibili sculture. Patrick Steffen t David Smith, Saw Head, 1933 Iron and bronze, painted 181/2 x 12 x 81/4 in. (47 x 30,5 x 21 cm). The Estate of David Smith, courtesy Tate, London © Estate of David Smith / VAGA, New York, Photo Courtesy The Estate of David Smith

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Museo MACRO, Roma

Beatrice Pediconi Roberto De Paolis race” ovvero “nessuna traccia” “T è il giusto titolo per raccontare attraverso sedici stampe fotografiche di

grande formato l’essenza del lavoro di due giovani artisti romani che, con risultati visivi opposti, figurativo uno e informale l’altra, cercano di dare concretezza all’inconsistenza immateriale dell’anima e della psiche. Roberto de Paolis con le sue fotografie sembra voler afferrare l’evanescenza dell’interiorità dei suoi personaggi che si muovono leggeri fra realtà domestica e sogno. Sono figure che diventano reali perché hanno un nome ma che ci appaiono come sospese in un tempo e in uno spazio dilatati all’infinito in cui il loro fragile io si sdoppia e si moltiplica come se fosse un fotogramma guardato al rallenty. Elena, Lucilla, Dario, Jasmine sono i personaggi, o meglio le presenze, che con i loro nomi danno il titolo alle opere e, che, come delle apparizioni, lasciano sulla superficie della pellicola fotografica una traccia instabile, trasparente ed enigmatica. La ricerca formale di Beatrice Pediconi è giocata invece sulle due coordinate apparentemente opposte dell’azzardo e del calcolo e la fotografia è l’unico mezzo possibile che può utilizzare l’artista per

▲ Roberto De Paolis, Door 2010 courtesy galleria Oredaria, Roma ▼ Beatrice Pediconi, 2011-1, 2011 chromogenictic print courtesy Valentina Bonomo, Roma

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fermare un’immagine effimera ed illusoria come quelle che crea dipingendo la superficie dell’acqua. Azzardo perché come il giocatore che lancia in aria i dadi senza sapere quale sarà il risultato Beatrice dipinge su una superficie mutevole e capricciosa segni che esistono in fieri già nella sua mente, e questo è il calcolo, ma che a contatto con quella tela virtuale fatta da un elemento tanto fuggevole possono anche prendere altre direzioni e quindi raccontare altre storie. La macchina fotografica cattura i disegni che si formano sulla superficie liquida nel preciso momento in cui l’artista vede che il risultato ottenuto è il più aderente possibile alla sua intenzione, è quindi un azzardo calcolato, c’è l’intenzione di dare forma ad una visione, ad un mondo mentale che a contatto con l’acqua si materializza in effimero mondo fisico, in organismo vivo, mutevole ed etereo. Pediconi e De Paolis creano immagini mentali che ci portano in una dimensione atemporale ed immateriale, sono rifugi spirituali fatti di presenze frammentarie e di fluide circonvoluzioni grafiche che illustrano la doppia visione interiore di in un universo parallelo che è quello della creazione. Paola Ugolini

Sant’Ivo alla Sapienza, Roma

Gianni Dessì

di Gianni Dessì nella scultuIsi lrapuòcimento dura ormai da tantissimi anni, così dire che nell’attuale produzione

dell’artista ormai goda di uguale rappresentanza con la pittura. L’opera presentata a Sant’Ivo alla Sapienza riprende la problematica della scultura all’aperto, dunque del dialogo con il pubblico, momento stringente nella percezione di qualsiasi opera a tre dimensioni. A ciò si aggiungano anche i problemi della monumentalità, così appare completamente inquadrata la grande rischiosità dell’operazione. A tutto ciò Gianni Dessì risponde in modo forte e contrastato. La dimensione di idilliaca apertura di un cortile classicheggiante italiano è totalmente negata da una scultura che sembra un accumulo, eretto in contrasto con questo spazio aperto e sereno, carico di idealità. Appare subito la dimensione di denuncia, come un grido solido, che invade di forte materialità questo spazio. Tra l’altro, girando attorno la scultura, bisogna ammettere che la vista posteriore è ancora più deflagrante per il suo primitivismo. Il dialogo con l’opera si basa su una critica quanto mai radicale, espressa dalle dimensioni gigantesche e semplificate, che contrastano fortemente con ciò che la circonda. Il richiamo dunque va ad una presa di coscienza attraverso ciò che vediamo, a un contatto con un qui e ora ormai non più procrastinabile, insomma un monito verso una vigilanza a 360°, contro l’orrore che ci circonda ormai a tutti i livelli. La vigilanza è invocata anche dal gioco dei materiali utilizzati, che sebbene presentino uno stesso colore, sulla differenza delle texture e dello stile basano la loro espressività. La lampada sostenuta da questa mano sembra un segnale viario, data la sua semplificata geometria, ed è immediatamente decodificabile. In realtà i rimandi sono quanto mai raffinati, poiché questa lampada è simile a quella della Fucilazione di Goya, uno dei moniti più alti dell’occidente alla vigilanza, contro gli orrori della fascinazione e della seduzione del potere. Un altro riferimento deve essere inoltrato anche verso i Giganti, sempre del grande

▲ Gianni Dessì, Qui ora, gigantesca mano (alta circa 6 metri) colta nell’atto di elevare una costruzione a metà tra casa e lanterna, dipinta in giallo. (Cortile Sant’Ivo alla Sapienza, Roma aprile 2011)

pittore spagnolo, di cui questa opera di Dessì potrebbe essere un profondo ripensamento venato di segreta affinità. In definitiva si tratta di un’opera che basa il suo valore su una denuncia contro le devastazioni del nostro tempo, che invece potrebbe essere meraviglioso per l’umanità. Un’infinità di suggestioni sono dunque sottese e concentrate in questo pugno, e invece sono dispiegate convenientemente dall’importante catalogo, con un testo di Achille Bonito Oliva. Paolo Aita

▲ Gregorio Botta, Lar, 2010 ferro, acqua, illuminazione - cm. 187x32x50

Studio Trisorio, Napoli

Gregorio Botta

poco più di quattro anni di distanza A dall’inaugurazione dall’ultima sua personale presso la sede napoletana

dello Studio Trisorio Gregorio Botta, nato a Napoli nel 1953, ma da tempo vivente ed operante a Roma, presso la cui accademia peraltro si è formato, torna ad esporre in questo spazio con il progetto Dimore. Se ponendo a raffronto quest’ultima con la precedente scopriamo inevitabilmente numerosi elementi di continuità, connessi innanzi tutto all’uso di certi materiali, in primis la cera, con tutto il portato simbolico derivante dalla sua specifica consistenza, capace di registrare, in virtù della sua estrema sensibilità, le tracce prodotte della modellazione nelle loro sfumature, ma anche il vetro o il ferro, così come al senso di rinnovata classicità cui le sue accurate composizioni sono improntate, il carattere crepusco- 

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE  lare, ma non notturno o tenebroso, che ora permea l’intero ambiente mi sembra la nota di maggiore distanza rispetto alla chiarezza e alla luminosità dominanti, anche grazie alla scelta di determinati pigmenti, nei lavori esposti nel 2007. Il lento scorrere gorgogliante dell’acqua, il sapiente gioco di improvvise accensioni luministiche e di leggere e dilatate ombre che traducono sulle pareti, ingigantendoli, i movimenti dell’acqua medesima, e le solide strutture cave in ferro convergono nella creazione di un’atmosfera di arcana sospensione e di quieto raccoglimento che possiede non remote tangenze con l’immaginario della filosofia greca presocratica: dalla qualità primigenia di alcuni materiali, rimandante alla teoria empedoclea dei quattro elementi, al placido ma costante fluire dell’acqua, che suggerisce invece il celebre principio del “Panta rei” (Tutto scorre) eracliteo, esemplificato dal celebre avvertimento: «Un uomo non può mai immergersi due volte nello stesso fiume». Stefano Taccone Gregorio Botta, Cove, 2011 [ferro, vetro, acqua, illuminazione] installazione allo Studio Trisorio, Napoli

Fabbrica Eos, Milano

José d’Apice rtista enigmatico, che si esprime A con un linguaggio surreale, con forti venature filosofiche e letterarie, Josè

D’Apice lascia affiorare un mondo misterioso, ambiguo, legato al misticismo e al trascendentale. Una concettualità così pregna e difficile da dipanare viene espressa con un segno preciso, puntuale, con una cura maniacale del particolare. D’apice è profondamente attratto dall’ineffabile, dall’infinito o per meglio dire dall’indefinito, da quel quid incomprensibile che avvolge la natura delle emanazioni del mondo.

Realizzando immagini nitide, nette, seppur surreali, l’artista cerca di esternare un’esperienza spaziale in cui la partecipazione umana è una seducente apparizione. Da alcuni l’arte di D’Apice è stata definita “nuova esperienza del sublime”: l’eclissarsi della natura coincidente con il suo disvelarsi. L’immagine instaurata e insieme oltrepassata, oscillando tra sogno, luce, visione, cecità. Netti i contrasti anche nell’uso dei colori; nero, bianco, rosso, esperienze cromatiche che diventano gioco di contrapposizioni precettive. D’Apice affronta la tematica dell’uomo calato in una società fortemente individualista, dove ognuno è per sè stesso, dove nulla è certe, travolti dal vortice

frenetico degli eventi. Queste problematiche tangibili, reali, vengono esplorate dall’artista che proietta all’esterno il proprio io più intimo, nello spazio diseguale, separato delle proprie creazioni. Emblema di questa mostra è l’opera “Il libro che mi manca” ; una sequenza di venti piccoli assemblage su base in piombo di libri tutti con il medesimo incipit “La vita di...”dove sono narrate le vite di vari personaggi :L’imbalsamatore, L’illusionista, Il funambolo, L’astronauta, Il becchino e altri. Il libro che mi manca allude alla vita, all’esperienza non compiuta, a ciò che mai si potrà realizzare. In mostra anche altri capolavori, tra cui vi segnalo “Autoritratto dopo” , “Piccolo atlante imperfetto” e “Visione dall’alto”. Rebecca Delmenico

▼ José d’Apice, dalla serie “Il libro che mi manca” 2007, tecnica mista su piombo La vita del becchino B.H.L.C., cm. 48,2 x 22,7 / La vita del tagliatore L.F., cm. 31 x 18,2 [Courtesy Fabbrica Eos, Milano]

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MARCA, Catanzaro

BerlinOttanta, pittura irruente l quartiere in cui l’anima continuamenIancora te mutante della capitale tedesca è oggi maggiormente evidente, è

sicuramente Kreuzberg, in cui è possibile, attraverso la sua evoluzione, ripercorrere la storia politica e sociale dell’intera città di Berlino. Costruito alla fine del secolo scorso e in parte distrutto durante la seconda guerra mondiale, prima della caduta del Muro nel 1989, era considerato il quartiere più atipico tra quelli occidentali berlinesi, per la sua ubicazione all’interno della città. Situato al confine con Berlino Est, era diventato il rifugio delle categorie sociali più svantaggiate: emarginati, poveri, fautori di uno stile di vita alternativo quali squatter e punk. In questo clima vivace quanto instabile, fiorirono movimenti radicali e innovativi: si sviluppò il Kreuzberger Mischung, che diede vita a nuovi stimoli e fermenti culturali, spesso animati da fenomeni di protesta sociale. Il “Miscuglio di Kreuzberg” diventava così il cuore della musica (punk rock), del cinema e della pittura. In questo contesto socio-culturale si formò il gruppo dei giovani artisti berlinesi, che con una pittura provocatoria, dai toni espressionisti, trasformarono l’arte e l’estetica degli anni ‘80, legata in tutta Europa al ritorno a quella che si può definire una pittura-pittura. Questa pittura irruente berlinese, si ritrova oggi al Museo delle Arti di Catanzaro, nella collettiva BerlinOttanta, a cura di Alberto Fiz, e vede riunite due generazioni di artisti: Georg Baselitz, Karl Horst Hödicke, Bernd Koberling e Markus Lüpertz degli anni ‘60 e i loro diretti “successori” Rainer Fetting, Helmut Middendorf, Salomé, Bernd Zimmer, già attivi dalla fine degli anni ‘70. «BerlinOttanta - come afferma Fiz - rilegge una vicenda che ha profondamente influenzato gli esiti dell’arte contemporanea ponendo al centro una città dagli infiniti risvolti storici, politici,

Centro Open Space, Catanzaro

Identità e libertà er celebrare i centocinquant’anni P dell’Unità d’Italia, l’Open Space di Catanzaro propone la collettiva Identità

& Libertà, a cura di Rino Cardone. Nello scenario attuale, dilaniato da delicate problematiche sociali, i quindici artisti in mostra scelgono di veicolare il valore dell’unità attraverso i princìpi di Libertà e di Identità, raccontando una storia di senso attraverso l’arte, espressione sensibile del pensiero umano. È “sensibile” l’identità stigmatizzata da Lucilla Catania: il suo chiodo enfatizza la natu-

▼ Giulio De Mitri, Identità. Cielo Mare II, 2010 [tecno-light box - cm 80 x 80 x 13]

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ideologici ed esistenziali. Berlino dilaniata e divisa in due, diventa spesso il soggetto dell’indagine pittorica contribuendo a riproporre l’attualità della pittura, intesa come progetto, intorno alla quale si sviluppa l’identità». Gli artisti raccontano un’identità stigmatizzata da componenti politiche (le tigri ingabbiate di Hödicke), sessuali (Zimmer) o esistenzialiste (Baselitz), da elementi contemporanei simbolici dell’Occidente (la metropolitana di Fetting e “gli umori della metropoli” di Hödicke, reinterpretati poi dai suoi allievi Fetting, Salomé e Middendorf), dalle “maschere” africane (Hödicke, Middendorf), dalla veemenza cromatica. Oltre ai lavori pittorici degli anni ‘80, la mostra propone una sezione di fotografia, cinema e musica, testimonianze della Berlino “divisa”: dai lavori fotografici di

▲ Helmut Middendorf, African still-life, 1981

Anne Jud e Rolf von Bergmann agli scatti realizzati da Manfred Hamm, durante una performance di Fetting, dedicata al “Muro” (nel 1989) alla sezione cinematografica - curata da Andrea La Porta - che si avvale delle sperimentazioni di Middendorf, di due video musicali su Berlino dei compositori Alva Noto e Ryuichi Sakamoto e di una proiezione di Julian Rosefeldt del 2002. Simona Caramia

▼ Karl Horst Hödicke, Tigre verde, 1989

ra senziente dell’uomo, poiché nella sua valenza simbolica il chiodo suscita stati d’animo dolorosi, in una dimensione ideale e al contempo “pratica”. La mano di Caterina Arcuri, mezzo d’espressione privilegiato nel linguaggio dei segni, è metaforicamente aperta in segno di fiducia: tesa all’altro, la mano rappresenta il contatto mediato con coloro che affermano la propria identità nella “totalità” di una nazione o di un’idea. Gli spilli (di tre colori: verde, bianco e rosso), appena poggiati sulla mano, sono l’immagine dell’aggregazione: di una moltitudine di uomini che si riconoscono sotto un’unica bandiera. Di diversa natura gli interventi sul corpo nell’arte di Luigi Ontani. Nel suo autoritratto, occhi “artificiali” si aggiungono a quelli “naturali” e inespressivi dell’artista; quest’occhio vitreo, non più specchio della propria anima, esprime la volontà di manipolazione e di decontestualizzazione che caratterizzano, ironicamente, le relazioni dell’artista con la figura umana e con se stesso. Ludica è anche la libertà espressa dal Misuratore di Nuvole di Riccardo Dalisi: il dissacrante gesto di ritagliare una nuvola rappresenta la volontà forte di autonomia, di porsi come identità oltre i limiti umani. Ambizioso anche il tentativo di collegare Cielo e Terra, operato da Antonio Paradiso; il verticalismo del suo “volo d’uccelli” rappresenta il sogno innato di librarsi (e liberarsi) nell’aria. E se è

▲ Caterina Arcuri, Geografia, 2011 [fotografia e spilli in teca di legno e plexiglas - cm 30x30x8]

vera l’interpretazione shakespeariana per cui «l’uomo è fatto della stessa materia dei sogni», nessuno potrà impedire all’uomo (di Dalisi e di Paradiso) di voler realizzare ciò che appare irraggiungibile. Al contrario per Luca Maria Patella è «assurdo, voler tutto», poiché - forse - la libertà risiede nella sola capacità empatica di “sostenere” e “approvare” l’altro, «altrimenti è morte». Tra orrore ed ironia l’alterità de La nonna di Gino Vampirelli di Vettor Pisani: figure in ombra sembrano gli spettatori di un scenario onirico, in cui una donna vampiro con un bambino in braccio (presumibilmente suo nipote) sembra essere l’essenza 

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE  demoniaca - latente - che alberga nel cuore umano. Oscuri anche i pensieri de La testa (dal diario delle ombre) di Andrea Fogli: la dicotomia esistenziale tra luce e tenebre si estrinseca attraverso il bianco e il nero, gli unici due colori usati dall’artista. Mediterranea l’Identità di Giulio De Mitri; il suo tecno-lightbox è espressione di una personale ricerca sulle origini. Acqua, Aria, Terra e Fuoco diventano presenze materiali e immateriali: i quattro elementi che nella tradizione alchemica e protofilosofica preservano il cosmos, sono esemplificati nella poetica euristica dell’artista e celati dal complesso medium della tecnologia impiegata. Tali elementi ci ricordano il nostro essere-nel-mondo e ci legano a quella Madre-Natura da cui proveniamo. Anche Nicola Carrino, di origini mediterranee, esprime un sentimento identitario attraverso le sue sculture (in ferro e acciaio) e i disegni progettuali dei suoi Costruttivi, Decostruttivi, Ricostruttivi, la cui possibilità di esser sempre ricomposti, indica la condizione di “nomadismo” dell’artista e la capacità dell’uomo di trasformarsi, dandosi nuova vita e nuova identità. Renato Mambor afferma che se «la pace inizia da me», allora «la guerra è un uto-

pia»: il candore delle silhouette appena accennate si contrappone ai colori accesi dei cannoni; lungi dall’essere una dimensione meramente teorica, la pace e la libertà sono la condizione fondamentale dell’essere. Lirici i contributi di Achille Pace e di Carmine Di Ruggiero: l’uno ritiene che «unire gli Artisti sotto ▼ Lucilla Catania, Chiodo, 2004 [matita su carta - cm 85 x 60]

un’intesa di “poetica” è quanto di più lodevole e necessario, in un epoca così difficile come la nostra»; l’altro si avvale di segni, colori e forme “infantili” per ricollegarsi idealmente allo stato d’innocenza proprio dell’infanzia. Fernando De Filippi esprime la sua identità politica: Le tante stelle nel suo studio sono, in realtà, personaggi del passato (Lenin tra tutti) che con le loro idee e con le loro azioni hanno dato identità e unità ad un popolo. Antonio Violetta offre se stesso attraverso l’impronta delle sue mani: la valenza segnica (sempre presente nella poetica dell’artista) si integra alla valenza identitaria, in un linguaggio personale che si riconcilia con la tendenza globale dell’uomo. Se il curatore Rino Cardone si chiede se «è l’identità che viene prima della libertà o è l’indipendenza che precede la personalità?», l’arte dimostra, al di là di ogni speculazione teoretica, che l’una non può prescindere dall’altra, poiché solo l’uomo libero (culturalmente, politicamente e moralmente) possiede Identità e congiuntamente, solo l’identità pone l’uomo nelle condizioni di reclamare il suo essere “absoluto”. Simona Caramia

Roma, luoghi vari

15 cubi per 15 artisti rima edizione del progetto MYATEP LIER.NET, creatività per le strade di Roma, con la direzione artistica di Boiler

Corporation con Porzia Bergamasco, la partnership dell’Istituto Europeo di Design e di ma0/Studio d’architettura di Roma. Un percorso nelle strade e negli angoli più suggestivi di Roma, alla scoperta di 15 “cubi/atelier” assegnati a 15 creativi nazionali e internazionali. 15 punti collegati sul tema dell’Altrove, espresso dagli artisti con opere site-specific all’interno dei cubi assegnati, che hano reso partecipi romani, turisti, appassionati e curiosi dell’arte e del nuovo, di una riflessione sull’attraversamento dei “confini” posto in stretta relazione con le più attuali idee della pluralità, della mobilità e della città. I “cubi/atelier” sono stati progettati dagli studenti di IED Roma secondo criteri di sostenibilità, rispetto e valorizzazione delle location in cui si inseriscono. Un processo durato quasi due anni, che ha incluso l’ideazione dell’immagine coordinata, attraverso lezioni, gruppi di studio ed elaborazione di prototipi che sono stati anche oggetto di tesi. Gli ormai ex studenti, risultati “vincitori” - Ludovica Colizzi, Francesco Costa, Ottavia Lello (progettisti dei cubi) e Patrizio Anastasi (immagine coordinata e grafica) - sono stati attivamente coinvolti nelle fasi esecutive di realizzazione dell’evento. Un esempio concreto d’interazione tra formazione, istituzioni e aziende nel comune impegno di sostenere nuove professioni legate alla creatività. La scelta dei 15 artisti, (Enrico Ascoli, Massimiliano Bomba, Marco Botti, Christian Chironi, Marta Dell’Angelo, Pasquale Di Donato, Khalid Khreis, Yaron Lapid, Michele Manfellotto, Miriam Mirolla, Gruppo Nanou & Letizia Renzini, Emma Pratt, Santasangre, Anastazia Vasileiou, Wijdan) designer, scultori, fotografi e performer e’ avvenuta attraverso un meccanismo misto di dieci artisti a invito diretto e cinque selezionati attraverso una open call del sito MyAtelier.net che ha pubblicato tutti i portfolio

▲ Emma Pratt, cubo n°9 Giardino degli Aranci

dei candidati e si configura come spazio e vetrina permanente per artisti. Otto sono stati scelti da un gruppo di selezione - indicato da Boiler Corporation - che, in questa prima edizione, ha visto una composizione in forma ristretta a tre professionisti autorevoli e noti a livello internazionale: Umberto Angelini (direttore di UOVO Performing Arts Festival, Milano), Lorenzo Gigotti (co-fondatore e direttore di NERO magazine, Roma), Fabio Novembre (architetto). Come segno ulteriore di interazione con quanto di rilevante accade in città, per

l’edizione 2011 MyAtelier.net ha riservato 2 dei 15 cubi ad artisti dell’area islamicomediterranea per uno scambio con la Settimana della Cultura Islamica, iniziativa promossa da Roma Capitale, Ministero degli Esteri e Ministero dei Beni Culturali che si svolge in concomitanza a Roma. L’intero tracciato è stato articolato tra due “porte” storiche della città: ponte Milvio a nord e l’EUR a sud. Un invito a rileggere la città come una sequenza di luoghi ad uso collettivo e all’insegna della sperimentazione creativa. (PM)

▼ Anastasia Vasileiou, Between the buildings (cubo n°11 Stazione Ostiense)

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Collezione Maramotti, Reggio Emilia

Arte Essenziale

na sfida più che una semplice proU posta espositiva, una scommessa coraggiosa e meritatamente vinta la

mostra “Arte essenziale”, in quella Collezione Maramotti che spicca per rigore e coerenza tra le realtà espositive private del panorama italiano. Si prendano otto artisti di diverse provenienze, età anagrafiche e sensibilità; una location situata in un centro urbano come Reggio Emilia, vivace ma lontano dalle logiche dell’art business più spinto, quindi si scelga una realtà che coniuga una vocazione industriale di lontana memoria e che ha dato i natali a Max Mara, gruppo di moda tra più consolidati del made in Italy e che ospita attualmente una parte scelta della Collezione Maramotti, splendido esempio di collezionismo illuminato. Nata dalla passione di Achille Maramotti, la collezione comprende opere protoconcettuali, avanguardia italiana, transavanguardia, neospressionismo tedesco e poi la svolta verso arte americana degli anni ‘80 sino al 2000. Insomma, una perla che racchiude un patrimonio artistico ingente e una vicenda umana di quelle che meriterebbero di essere racchiuse in un romanzo. Ma questa è un’altra storia, andiamo con ordine. Presupposti questi elementi, il collante necessario è un curatore di indiscutibile intelligenza che non abbia paura di spingersi in un terreno di riflessione irto di ostacoli: ecco allora Federico Ferrari, filosofo che non teme di abdicare al ruolo consueto di curatore per rivendicare, invece, la paternità di una esposizione che è, prima di tutto, una meditazione sullo stato dell’arte, nata quasi tre anni prima della mostra oggi visibile. Ferrari realizza un progetto, non una curatela, mettendo in scena la ricerca di ▲ Karla Black, Persuader Face, 2011 [polvere di gesso, vernice in polvere, carta da zucchero, gesso, correttore stick/plaster powder, powder paint, sugar paper, chalk, concealer stick - 1 x 790 x 770 cm particolare/detail] In secondo piano/Background: Karla Black, What To Ask Of Others, 2011 [politene, polvere di gesso, filo/polythene, chalk dust, thread - 140 x 300 x 30 cm] © Karla Black Courtesy Collezione Maramotti Photo: Dario Lasagni

un nuovo punto di partenza, una sorta di riscoperta del senso primigenio del fare arte. Un tema questo di cui si intuisce subito la rilevanza, osservando i fermenti della scena internazionale e le inquietudini che percorrono la ricerca artistica – senza limiti di territorialità – più attuale. Dopo gli eccessi di spettacolarità che hanno segnato parte della produzione artistica recente, eccessi che hanno a tratti il carattere di vera e propria bulimia, e che hanno messo in atto un effetto “dopante”, Ferrari intraprende una ricerca ponendosi come obiettivo quello di individuare ciò che può apparire, in prima istanza, un dilemma retorico: che cos’è l’arte? Sezionando in profondità con il bisturi acuminato dell’analisi filosofica il tessuto che costituisce la pratica artistica, scartando tutto ciò che vi è di superfluo e corollario, giunge alla conclusione che l’arte è la propria essenza, cito “ciò che non può non essere”. Non un sofisma, si badi bene, ma un’affermazione pregnante che spazza via con un gesto - intellettuale – gli orpelli, il belletto, il chiacchiericcio di ciò che in verità opera d’arte non è. Arte essenziale come attitudine, quindi, e per questo appare lampante come non si tratti di un movimento, di un gruppo e infine, nemmeno di un manifesto: gli artisti qui raccolti presentano sì caratteri comuni, ma comuni nella loro assoluta eterogeneità. Tarla Black, Gianni Caravaggio, Alice Cattaneo, Thea Djordjadze, Jason Dodge, Francesco Gennari, Ian Kiaer, Helen Mirra, sono autori con universi espressivi tanto differenti da poter spiazzare lo spettatore, ma vicini nella sostanza più profonda, quasi organica della ricerca. Ci si può trovare così di fronte alle cosmogonie di Caravaggio o alla seduzione dei materiali di Black, al tentativo di espansione verso l’infinito di Gennari o ai manufatti tessili di Djordjadze e dalla differenza si coglierà quella “serenità e sobrietà del gesto” di cui parla Ferrari, una pluralità di soggetti artistici e di percorsi che esprimono quell’”estasi della materia” che è l’anelito più forte, la spinta centripeta che sembra scaturire da ogni singola opera esposta. Lo spettatore non si troverà, perciò, di fronte ad opere leggere, disincarnate, immagini lievi che vivono in un mondo ideale: al contrario, la sorpresa e la scoperta di enti attivi che si collocano con volontà precisa nel mondo della materia e lì vivono e trovano senso, sono quello

▲ Francesco Gennari La Degenerazione di Parsifal (Natività) Degeneration of Parsifal (Nativity), 2005-2010 [acciaio inox, farina, farfalle/stainless steel, flour, moths dimensioni variabili tendenti all’infinito/variable dimension, tending towards infinity particolare/detail] In secondo piano/Background: Francesco Gennari Autoritratto su menta (con camicia bianca) Self-Portrait on Mint (with White Shirt), 2009 [stampa a getto d’inchiostro su carta 100% cotone inkjet print on 100% cotton paper 40 x 26,5 cm © Francesco Gennari Courtesy Collezione Maramotti Photo: Dario Lasagni

stesso mondo materiale distillato e che si presenta ai nostri occhi rinato, ad ogni fruizione in grado di generarsi nuovamente. Una mostra che non propone nessuna chiave di lettura preconfezionata o un percorso con l’indicazione dell’uscita di sicurezza. Piuttosto, un’immersione nel bosco, un sentiero che si distingue appena e che conduce in luoghi di cui inizialmente non si intuisce l’esistenza. A suo modo, un atto di coraggio, che chiede la fatica necessaria ad abbandonare coordinate certe per navigare in acque straniere, audacia ripagata poi dalla scoperta di geografie inaspettate e dall’appagamento insito nella conquista di una visione chiarificatrice. Silvia Bottani

▼ Thea Djordjadze, I trust the liar. With pleasure, tea 2011 [ceramica, tappeti, acciaio,specchi, vetri, creta, vernice / ceramics, carpets, steel, mirrors, glasses, clay, paint] dimensioni variabili / variable dimension © Thea Djordjadze Courtesy Collezione Maramotti / Photo: Dario Lasagni

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE Fondazione Banca del Monte, Foggia

TracArte IV

a quarta edizione della Biennale L TraCarte, ospitata anche in questa occasione presso la Banca del Monte

Domenico Siniscalco Ceci, propone una accurata selezione di cinquantotto artisti - tra i quali diciannove italiani - che manipolano molteplici materiali cartacei per sperimentare possibilità espressive innovative. Come suggerisce la curatrice Loredana Rea nel testo in catalogo, la manifestazione si propone al pubblico come laboratorio permanente di ricerca, di conquista di spazi di visibilità, di dialogo costruttivo con i giovani artisti. Per conseguire con efficacia tali propositi, la Biennale prevede nel proprio progetto – ideato con grande passione dall’artista Vito Capone – l’adozione di metodologie finalizzate all’utilizzo della carta non come supporto dell’opera ma come struttura portante, anima sensibile di un conoscere, di un fare, di un sentire caratterizzati dalla materia. I risultati sono evidenti nelle indagini multiformi proposte dagli artisti che hanno considerato la carta come traccia del ritmo della natura, come occasione costruttiva dello spazio, come sostanza fragile e misura del tempo, come custode del corpo, come contenitore dei segni del quotidiano, come territorio della memoria. E ancora: come occasione di gioco o di preghiera, di autobiografia o di cronaca, come processo di meditazione concettuale, come involucro del sacro, come segno di comunicazione, come testimonianza del mito, dell’ornamento, del design, del divino, della storia, del presente, del futuro … La duttile consistenza e la corposa malleabilità della carta, le tessiture fragili, le slabbrature dei perimetri, le geometrie disegnate, creano eleganti commistioni che intrecciano tradizione e sperimentazione, fogli di giornale e cartoni da imballaggio, rari preziosismi e reperti da macero. Così come è evidente nelle opere leggere di Mariarosa Pappalettera, Matteo Manduzio, Lydia Predominato, Alessandra Ruo, Claudio Schiavoni, Gabriella Crisci, Margareta Mannervik, Nadia Trotta, Simonetta Ferrante, Vibeke Bak Hansen, Valerie Buess, Mikhail Pogarsky, Wanda Casaril, V. Fuglsang Damgaard, Valeria Bertesina, Paolo Gobbi, Bara Lehmann-Schulz. Nelle suggestioni scultoree di Domenico Carella, Johan Gaellman, Ulla Enevoldsen, Nobushige Akiyama, K. Dyrda-Kortyka, Vittorio Fava, Mitaritonna Tana, Anna Morolin, Nelle ipotesi architettoniche di Fernando Rea, Teresa Pollidori, Rosemarie Sansonetti, Francesco Granito, Nicola Liberatore, Tiziana Bargagnati, Salvatore Giunta, Minou Amirsoleimani, Sandra Marconato, Francesca Cataldi, Eberhard Freudenreich, Antonella Servili. Nelle seduzioni materiche di Vito Capone, Paolo Gubinelli, Gabriella Goransson, Iginio Iurilli, Maren Marie Mathiesen, Mimmo Totaro, Joanna Stokowska. Negli ironici interventi di Elisabetta Diamanti, Gino Gini, Beppe La Bianca, Fernanda Fedi, Luciana Costa, Franco Zingaretti, Daniela Tzwetkova, Serena Vallese, Trude Kranzl, Kika Moller, Marian Smit, Valentina Pigliapoco, Pilar Roca (catalogo con apparato iconografico e schede biografiche di Grenzi Editore). Maria Vinella

Nobushige Akiyama, Tra le Nuvole 2011 kozo, travertino romano, legno, lampada elemento sospeso - cm 80x75x40 - sedile cm 30x45x40 Fermando Rea, Amazzoni 2011 cartone, cartonicino, legno, pastelli cm 95x45x25

Teresa Pollidori, 2011 sei anni dopo colori acrilici su cartoni (singolo modulo 30x30 cm.) opera composta da 4 moduli per una dimensione totale di cm. 63 x 63 Paolo Gobbi Senza titolo 2011 lame di cartone pressato; cm 200x100 Valeria Bertesina, Senza Titolo 2011 Ispirato a “Il Santo” di A. Fogazzaro. carta Pordenone, rilievografia, pittura, monotipo - cm 50x180 Vito Capone, Tree Trunks 2010 carta industriale scolpita - cm 60x60

Elisabetta Diamanti, Unica Scarpe 2011 [carta, incisione calcografica 1/1 - dimensione ambiente]

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Galleria Pack, Milano

Andrei Molodkin na scritta dal significato esplicito U accoglie lo spettatore all’ingresso della galleria, un “benvenuto” a

caratteri cubitali che certo non lascia spazio ad interpretazioni. “Fuck you” è ormai una frase talmente diffusa a livello mondiale da aver perso i propri connotati offensivi, tanto da ingenerare nuove riflessioni circa la propria legittimità espressiva. Innanzitutto, l’artista russo, alla sua seconda personale alla Galleria Pack, utilizza lo stesso ingrediente che ormai identifica la sua opera, il petrolio. L’oro nero è il “sangue” che circola nella civiltà economica contemporanea, determinando crisi politiche, scontri ed accordi diplomatici, attentanti terroristici, assumendo pienamente su di sé la responsabilità degli equilibri dei governi mondiali, condizionandone le scelte, sia di tipo amministrativo sia strategico. Molodkin crea un sistema idraulico in grado di “pompare” a ciclo continuo il petrolio nella scultura/ frase mantenendone in vita il “messaggio”. Alle sue spalle un’ulteriore scritta disegnata in negativo con penna a sfera su tela, la frase che ha contraddistinto la campagna elettorale di Barack Obama, il Presidente degli Stati Uniti D’America eletto nel 2008, “Yes, We Can”. L’associazione delle due frasi, lette in maniera consequen-

ziale ed abbinate alla terza grande parola scritta in positivo ed esposta nella sala accanto “Amen”, crea una frase compiuta, quasi una constatazione di fatto su una situazione globale abbastanza deprimente, accentuata anche dalle recenti problematiche legate al pericolo del nucleare e alle sue conseguenze, dettate da una politica irresponsabile e criminale. Interessante la tecnica grafica adottata dall’artista che tende a destabilizzare la percezione delle scritte, sovrapponendole e creando una sorta di sfarfallio visivo, in sintonia con la ritmica scandita dalla pompa a petro-

Jacob Hashimoto, Armada 2011

Studio La Città, Verona

Jacob Hashimoto ella mostra personale del gioN vane artista americano Jacob Hashimoto, interessante percorso

della sua produzione artistica, che parte dagli anni novanta per arrivare sino ai più recenti nostri giorni. Le opere esposte, che seguono un ideale itinerario della maturazione dell’artista, trovano la più efficace manifestazione in Armada (1998): un’imponente installazione che vede fluttuare ed ondeggiare nell’aria 724 barchette di legno. All’ingresso dell’esposizione, a testimoniare le fasi di esecuzione di quest’opera, vi sono alcuni video realizzati in occasione di questa mostra. Il lavoro di Armada trova una fisiologica continuità nelle opere successive: l’intento di realizzare un’opera segue un ordine compositivo che porterà Hashimoto alla scelta degli aquiloni, come in Silence still governs our consciunsness (2010) esposta MACRO di Roma. La sperimentazione di Hashimoto, nelle opere meno recenti, 54 -

interpreta la ripetizione modulare in maniera differente, come nell’opera Landscape (2001) non trova protagonisti gli aquiloni, ma dei moduli che possono essere assemblati come un rilievo paesaggistico dal tortuoso andamento. La recente produzione di Hashimoto è più uniforme ed impiega piccoli aquiloni di forme e dimensione diverse, che si sovrappongono e organizzano in modo tale da ottenere un equilibrio compositivo, basti pensare a Connections and obstacles (2011). L’affollamento degli aquiloni, paradossalmente equilibrato, in Energy surges and percussion melodies (2011), crea una sorta di equilibrio mistico che fa tendere l’opera ad un’astratta ed eterea armonia. In Idling in the depths of memory (2011), Hashimoto, realizza una composizione di aquiloni dalle più svariate forme geometriche, come se fosse un’opera di pittura analitica. E’ raro imbattersi in casi di completa armonia tra opere e spazi espositivi, i lavori del giovane artista americano trovano un perfetto habitat negli spazi della galleria, questo fa della mostra una rara occasione per il pubblico attento all’arte contemporanea.

lio. Ciò che più colpisce è l’attivazione da parte di Molodkin di un accurato percorso di comprensione visiva oltre che linguistica delle singole parole, a stimolare nello spettatore non tanto un pensiero univoco in particolare, legato al loro significato “puro”, quanto a riflettere sulle dinamiche che caratterizzano i rapporti di potere, a cominciare dalle più eclatanti alleanze sino alle più vergognose negligenze da parte delle grandi potenze mondiali di fronte a realtà in crisi, abbandonate a loro stesse perché impossibilitate a portare un concreto tornaconto economico. Alessandro Trabucco

ne fanno parte più classi sociali e diverse estrazioni culturali. In Italia anche gli snob sono più alla mano a confronto con quelli americani. Per esempio, è molto più semplice avere a che fare con collezionisti italiani che con quelli americani. Questo mi concede la possibilità di osare di più in Europa, perché il pubblico è più disponibile e aperto, mentre quello americano è più rigido. > Che rapporti ha con la cultura giapponese? - Molte persone mi chiedono quanto di giapponese ci sia nel mio lavoro, ma devo dire che il mio modo di intendere la cultura giapponese è strettamente statunitense. Un artista contemporaneo giapponese ora non interpreterebbe la sua cultura nel mio stesso modo; difatti se io fossi un artista giapponese non realizzerei questi lavori, perché al momento non sentirei la necessità di esprimere questo forte riferimento al dialogo culturale con la tradizione giapponese. E’ una questione complicata, ti faccio un esempio: a Boston, durante la festa di San Patrizio, c’è un delirio impres-  ▼ Jacob Hashimoto, Connections and obstacles 2011 [carta, bambù, dacron, acrilico, pigmenti . cm. 122 x 119 x 20]

In occasione della presentazione della mostra, Jacob Hashimoto ha risposto ad alcune nostre domande > Lo scorso anno ha avuto un grande successo al MACRO di Roma; cosa pensa del pubblico italiano e quali differenze avverte con quello americano? > Il pubblico italiano è molto diverso da quello americano; in Italia il pubblico è più abituato ad avere a che fare con la cultura, mentre negli Stati Uniti il pubblico è molto specializzato e tende ad essere più pretenzioso. In Italia il pubblico dell’arte è più eterogeneo,

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

▲ Andrei Molodkin, Yes we can, 2011 (penna a sfera su carta) Fuck You, 2011 (scultura in plexiglass riempita di petrolio, pompa, compressore e base di alluminio, 155,5x36,5x8 cm) Amen, 2011 (penna a sfera su carta 540 x 200 cm) Andrei Molodkin, Sincere – exhibition view Galleria Pack (apr.-mag. 2011); Sin, 2011 (penna a sfera rossa e blu su tela 200 x 380 cm)

▲ Jacob Hashimoto, Energy surges and perussions melodies 2011 [carta, bambù, dacron, acrilico, pigmenti cm. 184 x 180,5 x 20]

 sionante: paramenti verdi ovunque, anche il fiume è colorato di verde e ci sono irlandesi ubriachi ovunque, ma se vai a Dublino per la stessa festa non troverai nulla del genere. Gli americani prendono piccole componenti della cultura di origine e le trasformano in qualcosa di enorme. Questa è una modalità americana di intendere, in maniera esasperata, la cultura di origine. In riferimento a questo posso dire che il mio atteggiamento nei confronti della cultura asiatica e giapponese è molto americano. > Quanto è stata importante la sua formazione culturale per il suo percorso artistico? - Prima di fare l’artista studiavo storia delle religioni ed ero molto interessato a quest’ambito, questo interesse è stato molto importante per la mia formazione di artista. Il mio primo lavoro era composto da 10000 aquiloni; nell’antica Cina esistevano dei numeri che rappresentavano l’infinito, basti pensare agli antichi dipinti che ritraevano le dieci mila divinità minori, questo numero rappresenta l’infinito nella

religione buddista. La mia idea era di fare una ricerca sulla finitezza umana in relazione con l’infinito divino, utilizzando questi oggetti. Questo lavoro è stato lunghissimo, per realizzare quest’opera, composta da diecimila aquiloni, ci è voluto più di un anno. > Nella tradizione giapponese gli aquiloni rappresentano un punto di legame tra cielo e terra, come una linea immaginaria che congiunge il mondo terrestre con una realtà spirituale. Le sue opere propongono un percorso spirituale? - Gli aquiloni in Giappone non hanno solo questa funzione, ma erano anche utilizzati per scopi militari. Il riferimento con la spiritualità orientale esiste anche in relazione a questi due aspetti; in Giappone, per esempio, l’imperatore rappresenta Dio ed è anche la guida militare. Immaginate che shock per la gente sentire parlare, durante la seconda guerra mondiale, la voce di Dio in una trasmissione radio. La componente comune nella cultura asiatica è che l’aspetto religioso e quello mili-

tare si uniscono per dare stabilità. > Perché proprio la scelta degli aquiloni? - Io ero uno studente di pittura a Chicago; per un giovane artista, soprattutto per uno che prende molto sul serio il proprio lavoro, dipingere con il pennello è una cosa estremamente opprimente perché si sente il peso di generazioni di artisti precedenti, a vent’anni questo è molto difficile da gestire. In particolare è stato durante un momento di crisi nel mio studio che chiamai mio padre. Mio padre è uno scrittore, insegna scrittura creativa, e quando un suo studente, mentre realizza un testo si blocca e non sa più cosa scrivere, gli fa adottare la tecnica di scrivere la stessa parola in continuazione fino a quando la creatività è nuovamente stimolata. Per questo mio padre mi ha disse: Perché non trovi qualcosa di ripetitivo da fare per riprenderti, tipo degli aquiloni? Ed io risposi: Buona idea! (a cura di Ignazio Maria Colonna e Ziao Li.)

▼ Jacob Hashimoto, l’artista al lavoro nel suo studio

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Galleria Giorgio Persano/Torino

Susan Norrie

arcando la soglia del suggestivo spaV zio della Galleria Giorgio Persano, l’impatto visivo dei due video dell’austra-

liana Susan Norrie, proiettati sulla grande parete di destra, è fortissimo. Le immagini, dalle dimensioni monumentali, riescono a catturare magneticamente lo sguardo di chi osserva, tuttavia l’opera video non può essere vista in velocità, ma presuppone un tempo di visione prolungata necessario alla comprensione del suo valore essenziale racchiuso nel contenuto. Un contenuto che assume la forma del racconto, la cui narrazione si completa nelle parole stesse dell’artista, con la quale ho il piacere di avviare un’informale conversazione, affiancata da Francesca, assistente di galleria, che gentilmente si presta alla traduzione di alcune mie domande. Come ci tiene a sottolineare la Norrie, notes for transit, è il primo importante risultato di un lavoro di indagine iniziato nel 2004, sull’attività della Japanese Aerospace Agency, un centro spaziale attivo dagli anni Sessanta, situato sull’isola di Tanegashima nel sud del Giappone, da

cui partono sofisticati satelliti progettati per monitorare gli andamenti climatici, le percentuali di gas nell’atmosfera e altri valori che si presuppone possano aiutare a prevedere possibili disastri ambientali. Il centro svolge la propria attività accanto al Sukurajima, un vulcano attivo che giace all’estremità della penisola Osumi, in origine un’isola, ora collegato alla terraferma a seguito di un’eruzione del 1914. Frutto di una collaborazione con specialisti Giapponesi del centro stesso, questo, come altri lavori video realizzati in precedenza, (HAVOC, installazione presentata alla Biennale di Venezia del 2007, realizzato dopo aver assistito all’incidente dovuto alle trivellazioni di gas e petrolio a Porong, nella parte est di Java), si connota specialmente per il suo valore di ricerca. Questo aspetto della “ricerca” è ampiamente rimarcato dall’artista che intende la propria esperienza artistica come un’attività umana avente lo scopo di scoprire, interpretare e revisionare fatti, eventi, comportamenti o teorie relative alla natura e all’uomo seguendo un metodo propriamente scientifico. E’ nei fatti un progetto, che come indica il termine: dal latino “proiectum”, letteralmente gettare avanti, si protrae nel tempo in un continuo divenire. Ciò traspare immediatamente dalla vi-

▼ Susan Norrie, Launch 2011 [courtesy Galleria Giorgio Persano, Torino]

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sione dei due video proposti e proiettati in contemporanea, Volcano e Launch, per l’appunto primo risultato di un lavoro di indagine sia intorno a quella attività umana costantemente occupata nella ricerca di risorse e di energie alternative che partono dallo studio dell’uomo stesso, sia sull’attività e forza della natura. Le faccio notare che, la mia prima impressione circa questo lavoro/progetto sulla relazione tra natura, uomo e tecnologia, sia attraversata da una sorta di stato di indifferenza. Nel video Volcano, mi colpisce essenzialmente il passaggio della barca, da cui è tratta una delle immagini fotografiche che accompagnano la mostra, mentre il vulcano è in eruzione, come se l’attività della natura e quella dell’uomo avanzassero per via parallele noncuranti l’una dell’altra. Le chiedo dunque, se nello studio di questi rapporti, e nella conseguente trasposizione in video fosse proprio questo aspetto che le interessava evidenziare. La Norrie mi precisa innanzi tutto che si tratta di una ripresa realizzata in tempo reale, predisposta a seguito dell’ informativa, rilevata dal costante monitoraggio sul vulcano, sulla sua probabile e imminente eruzione e di aver conseguentemente organizzato la ripresa video, la quale, oltre a documentare, ha la forza di evidenziare 

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RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

s Susan Norrie, Notes for transit 2011 [installation view, galleria Giorgio Persano, Torino]

 queste relazioni, che più che entrare in rapporto paiono sovrapporsi. Queste affermazioni mi conducono automaticamente a porre un’altra domanda. Molto spesso, mi è capitato e mi capita, soprattutto, ma non soltanto, in relazione all’attività di artisti emergenti con cui lavoro, a riscontrare, in opere che trattano gli stessi contenuti, un atteggiamento volutamente critico. Questo mi fa pensare ad una sorta di distinzione tra la figura di quelli che oggi vengono definiti artisti-sociali, perché per l’appunto le loro opere, le loro azioni si muovono intorno alla sfera del concettuale ed hanno una valenza sociale e la figura dell’artista sciamano, come ad esempio è stata quella di Beuys. Le chiedo pertanto come interpreta se stessa e il suo ruolo di artista oggi, se nel rilevare tali sovrapposizioni e contraddizioni essa senta di definirsi come una rinnovata artista - sciamana. A questo punto l’artista mi racconta una storia. Il Giappone è un paese che, per sua stessa natura e tradizione, è attraversato da un forte senso della spiritualità e caratterizzato dalla presenza reale di figure spirituali che possiamo associare a quelle degli sciamani. Un tempo, era risaputo, proprio attraverso la diffusione di pratiche legate allo sciamanesimo, che non era possibile vivere sulle coste di certe isole perché sog-

gette a particolari fenomeni naturali, quali frequenti tzunami o terremoti e per questo nessun individuo poteva pensare o immaginare di farlo. Una saggezza popolare che, tuttavia, con lo sviluppo economico, il turismo e altri fattori, è stata progressivamente dimenticata, facendo si che molte di queste zone a rischio diventassero enormemente popolate. In un certo senso, la nuova cultura della tecnologia ha sostituito e preso il posto di quella cultura popolare, che come un nuovo credo, una nuova religione, tuttavia, smette di esistere nel momento in cui si verifica una catastrofe. Ed è nei momenti di crisi che si assiste ad una sorta di ritorno a certe pratiche sciamane, quando nella più atroce disperazione l’essere umano riesce a contrapporre il proprio spirito di sopravvivenza. Consapevole di questi fatti, la Norrie si dichiara non interessata all’ego dell’artista. Essa non assimila la propria figura a quella dell’artista sciamano, come fu per Beuys a suo tempo prima di identificarsi con quella dell’agitatore politico, perché il suo lavoro non è essenzialmente finalizzato al ripristino dell’armonia del mondo tramite la rigenerazione del pensiero. Così, le sue opere e i suoi progetti video, non hanno finalità terapeutica, perché non si pongono nella posizione di aiutare il corpo sociale a guarire dalle sue ferite. Ciò a

cui è interessata è il concetto di intuizione, insito nella figura dell’artista. Dunque, è questo senso dell’intuizione che emerge con forza nel lavoro della Norrie, un lavoro che infatti suggerisce esistano diversi indizi e preavvisi che dovrebbero portare a modificare i modi in cui noi pensiamo il mondo. Tuttavia, questo stranamente non accade e sembra quasi che le sovrannaturali forze degli elementi della natura, che causano catastrofi indicibili, pretendano, questo significativo cambiamento dagli esseri umani. Infine, sebbene paia banale e scontato, mi sorge spontaneo chiederle se i recenti fatti di Fukuscima non siano o saranno oggetto di un suo prossimo lavoro; ma è evidente che anche questo fatto specifico si inserisce in questo suo ampio e continuo progetto di ricerca. Incontrare l’artista è sempre un’esperienza unica, soprattutto nel caso di un’artista come la Norrie, che attraverso le sue parole, ma ancor più attraverso le sue immagini mi lascia con il pensiero che qualcosa dovrà necessariamente cambiare. Per la seconda volta Giorgio Persano presenta una mostra personale dell’artista australiana, che conferma la qualità delle proposte da sempre avanzate dalla storica galleria. Maria Letizia Paiato

▼ Susan Norrie, Volcano 2011 [courtesy Galleria Giorgio Persano, Torino]

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Palazzo Madama, Torino

Luigi Mainolfi Intervista con Gabriella Serusi ino al 6 novembre 2011, all’interno F di Palazzo Madama, di fronte allo scalone Juvarriano, sarà visibile l’istalla-

zione dell’artista Luigi Mainolfi, intitolata “Torino che guarda il mare”. L’opera è una compagine di teste in terracotta che rappresentano ciascuno un personaggio conosciuto nel tempo dall’artista dopo il suo arrivo a Torino. Abbiamo incontrato Luigi nei giorni dell’inaugurazione e ci siamo fatti raccontare la storia di questo poetico lavoro. Gabriella Serusi - Torino che guarda il mare è un lavoro work in progress iniziato da te diversi anni fa, in occasione di una tua personale nello spazio magnifico del Maschio Angioino a Napoli. Possiamo considerarlo concluso ora? Come lo definiresti tu? E come è nata questa idea? Luigi Mainolfi - L’idea è nata in occasione della grande antologica al Maschio Angioino, Castel Sant’ Elmo e Villa Pignatelli, curata da Rudi Fuchs e Angela Tecce. Siccome la GAM di Torino mi aveva dedicato la grande mostra negli spazi della Promotrice, volli fare un omaggio alla città portandola idealmente al mare. Cosa poteva donare – mi domandavo – un meridionale trasferitosi al nord per lavorare, alla città se non il Mare? Nacque così la prima serie di un centinaio di busti pensati come un ritratto di Torino vissuto però in prima persona, attraverso gli incontri con persone che avevo conosciuto e con cui mi ero relazionato per ragioni differenti. L’idea mi sembrò particolarmente adatta all’occasione. Parlo di un omaggio alla città e non alle singole persone: un modo per ripensare ad un luogo che per me è stato ed è importante, che mi ha dato molto ma mi ha anche tolto molto. Questo lavoro – per rispondere all’ultima tua domanda- non è affatto concluso; continuerà arricchendosi di nuove comparse, persone che fanno parte del paesaggio umano nel quale vivo e con cui intrattengo relazioni. > Non si può trascurare il fatto che questo lavoro dalle forti connotazioni corali sia presentato nella tua città in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia: un momento in cui c’è molto bisogno

s Luigi Mainolfi, Torino che guarda il mare, 2011 [particolare dell’installazione]

di riscoprire i concetti o i valori di comunità in senso lato, di identità collettiva, di apertura verso l’altro. È forse compito dell’arte, in questo preciso momento storico quello di riportare l’individuo verso sentimenti di umanità, senso della comunità, dialogo e condivisione? Insomma oggi l’arte può esimersi dal prendere posizione nel dibattito civile? > Quello che penso è che oggi l’Arte, insieme alle altre arti, parlo della musica, la letteratura etc. deve assumere in prima battuta il compito di scendere in piazza e di costruire delle barricate contro il decadentismo culturale, politico e ideologico attuali. Sono le condizioni politiche e sociali a renderlo necessario. L’arte corre un gravissimo rischio in questo momento, quello di finire nel grande calderone dell’impoverimento culturale. È per questa ragione che bisogna che gli artisti recuperino quel senso di autonomia e si riapproprino della libertà propria della fantasia. > Torino che guarda il mare? Sarebbe più logico guardasse alle montagne. È forse una indicazione vagamente provocatoria sull’importanza che fantasia e immaginazione hanno nella vita e nell’arte? > Ma sì, un po’ di provocazione c’è sempre nei miei lavori e anche una sottile forma di ironia. In questo caso nasce dalla mia personale visione cosmopolita della rappresentazione; volevo porre l’attenzione sulla necessità di allargare la visione, andare ol-

tre i “provincialismi” o i condizionamenti personali. Torino che guarda il mare equivale a dire in una certa misura che Milano guarda il mare perché il concetto che mi interessa è quello della Mediterraneità a cui tutti noi europei in qualche maniera apparteniamo . Paradossalmente, se ci pensi, anche una città come Francoforte può guardare al mare nel senso che attraverso il processo artistico ogni luogo può accedere ad un progetto più ampio di luminosità e di apertura. È un fatto naturale, se solo ci si predispone al superamento dei condizionamenti preesistenti; un atto di poesia che implica un progresso culturale e un’esigenza dell’individuo che ha per diritto la facoltà di andare verso la luce. > Proprio la fantasia e l’immaginazione sono da sempre due costanti della tua ricerca artistica, eppure in questo lavoro non si può negare che ci sia una forte componente realista? Siamo a una svolta? E come sei riuscito qui a coniugare questi due aspetti? > Sono come un pianista che a volte non disdegna di suonare il trombone e la grancassa! Questo lavoro dal mio punto di vista è più concettuale che realista. Al di là del riconoscimento di ciascun individuo, ho voluto rappresentare un palazzo, un rione, magari un quartiere della nostra città incarnati qui dalle singole persone. È la città che prende vita e si trasforma in busti. C’è , se ci pensi, un legame sottile ma forte fra la rappresentazione fisica delle persone e l’idea concettuale del 

▼ Luigi Mainolfi, Torino che guarda il mare, 2011 [duecento busti in terracotta] Palazzo Madama, Torino

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RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE  luogo in cui abitano. Un altro aspetto che voglio sottolineare e che merita un po’ di approfondimento, riguarda la visione generale da cui è scaturito il lavoro che è determinante anche per la scelta del posizionamento dei busti all’interno dello spazio di Palazzo Madama. Sono tutti vicini, posti come su un grande scalone, rilassati e orientati verso sud cioè verso il mare. Ho voluto mostrare, imporre alla città (almeno idealmente attraverso l’arte) una tecnica di concentrazione mentale, quella che nelle discipline fisiche orientali si chiama tecnica di rilassamento. È una condizione mentale che prelude il raggiungimento dell’armonia fra spazio e individuo, un momento necessario per riaffermare attraverso la lentezza e il rilassamento, la piena autonomia e il totale vigore fisico-intellettuale. > Guardando questo lavoro si è immediatamente catturati dal colore e poi dal materiale con cui è stato realizzato, la creta, che ha una storia lunga più di venticinquemila anni,– che non dimentichiamo è la terra – elemento primario per la vita. Tu lo hai utilizzato ripetutamente e in fasi e modalità diverse nella tua lunga carriera. Perché lo hai scelto per questo lavoro? > Ho scelto la creta perché - come dici - rappresenta la terra, ovvero la base dell’esistenza, senza dimenticare che

è il materiale più presente nella storia dell’umanità, il più semplice da reperire. Ma la creta – si è scoperto – sarà anche il materiale del futuro per le sue proprietà di resistenza alle alte temperature e versatilità nelle condizioni di shock termici. È il caso dell’utilizzo della ceramica nei rivestimenti dello Shuttle. Secondo antichissime leggende legate alla creazione dell’uomo, il colore della creta corrispondeva al colore dell’uomo perfetto, ovvero il pellerossa. Racconta una leggenda che la Terra, appena creata era molto bella con i monti, le valli, i fiumi e i mari: mancava solo qualcuno che la abitasse. La storia andò più o meno così: una mattina, Manitù, il dio adorato dai pellerosse, pensò di fabbricare l’uomo. Prese un po’ d’argilla e fece un bel pupazzo, poi accese un gran fuoco e vi mise dentro a cuocere il pupazzo. A causa del caldo, Manitù si addormentò e dimendicò il pupazzo nel forno. Il pupazzo era stracotto, nero come il carbone! “Sarà la razza nera!”esclamò Manitu’ che evidentemente, non voleva buttare via il pupazzo al quale aveva lavorato. Il giorno dopo, Manitù pensò di fare un pupazzo e di cuocerlo con maggior attezione ma fece un altro disastro, il pupazzo era mal cotto e appariva tutto pallido,bianco bianco.”Sarà la razza bianca!” esclamò. Solo al quarto tentativo Manitù riuscì a creare e cuocere un pupazzo perfetto

perché aveva acquisito sufficiente esperienza. Fu così che tirò fuori dal forno il pupazzo cotto alla perfezione di un bel colore rame e quindi magnifico”Ecco la razza rossa! Questo è un esempio tratto dalla cultura popolare e dalle leggende del mondo ma ci sono ancora tantissime storie simili che raccontano il legame fra l’uomo e la terra. Io guardo con grande curiosità al sud del mondo, per il semplice fatto che esso contiene più colori ed è una fonte inesauribile di racconti e di visioni che in maniera diversa riferiscono sempre del concetto di bellezza e eternità dell’arte, o almeno ci provano lasciandoteli intravedere. > C’è un ultimo aspetto che vorrei approfondire con te Luigi e riguarda la “vitalità” di un’opera d’arte. Cosa rende secondo te un ‘opera viva, vibrante, generosa di concetti verso chi guarda, in un certo senso interattiva? Te lo chiedo perché sempre più spesso mi capita di vedere opere autoreferenziali, unicamente frutto del compiacimento intellettuale dell’artista. > La cosa peggiore per l’arte è la sua mummificazione. La sua condanna è la vecchiaia intesa come staticità involutiva. Io cerco con il mio lavoro di assomigliare ad un bambino che sta crescendo o ad un adolescente che sogna di diventare vecchio il più tardi possibile n

Tucci Russo studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice (TO)

Gianni Caravaggio / Tony Cragg na segreta inclinazione all’umoU rismo più faceto è forse la ragione che ha spinto Tucci e Lisa Russo

a mettere insieme (naturalmente in spazi separati e distinti della galleria) in una doppia personale due artisti apparentemente così diversi l’uno dall’altro da scoraggiare qualunque lettura incrociata. In una zona dell’ampia e luminosa galleria Tony Cragg, uno dei giganti della scultura anglosassone contemporanea, insignito nel 2007 del prestigioso Praemium Imperiale per la Scultura, legato a Tucci Russo da un lungo sodalizio professionale iniziato nel 1984, quando l’artista, ancora rapito da un’estetica del frammento, componeva magnifici ritratti-mosaico a ▼ Gianni Caravaggio, Tessitori di Tramonti, 2011 [red persian travertine, syntetic thread; variable dimensions]

parete fatti di piccoli oggetti presi in prestito dalla quotidianità. Al primo piano, Gianni Caravaggio (1968) uno dei fanciulli prodigio della scultura italiana, coccolato dalla critica d’arte e protetto da gallerie importanti, presente in tutte le mostre di carattere internazionale (attualmente è in corso Arte Essenziale a Reggio Emilia) sul linguaggio della scultura, affascinato sin dai suoi esordi dalle potenzialità espressive dei materiali organici come lo zucchero, la carta, la polvere di marmo e dai processi formativi della materia. Apparentemente antitetici dicevamo questi due autori, perché visitando la mostra, si è subito travolti dall’imponenza ieratica delle sculture di Cragg, dal loro ineccepibile formalismo reso anche più freddo dall’utilizzo spinto di tecnologie impiegate nella realizzazione delle opere. Acciaio, marmo pregiato, legno levigato, bronzo trattato come fosse vetroresina: materiali che sotto il controllo dell’artista generano oggetti antropomorfi dotati di sorprendente plasticità. Caravaggio accoglie invece il visitatore in un universo minimale disseminato di segni da interpretare, di elementi talora impercettibili, difficili da cogliere per uno sguardo distratto, frammenti di natura pervasi di energia cosmica, organizzati in un racconto visivo che corrisponde ad un viaggio metaforico dagli abissi alle stelle. Anche questo artista usa il marmo più prezioso ma lo fa per creare piccoli oggetti carichi di emozione, generatori di meraviglia come nel caso delle opere Due lune con stupore o In attesa di un diamante. Tutti i lavori – compresi i delicati disegni a matita su carta nera - si possono leggere come tracce di un processo metamorfico della materia ma anche come indizi

s Tony Cragg, Large Head, 2010 [marble sculpture; cm. 200x180x180 plinth cm 50x122x122]

di un percorso conoscitivo, quale la creazione artistica è. Potrà essere di qualche aiuto nel trovare sintonie inaspettate fra le due ricerche, a coloro che volessero visitare la mostra (fino al 30 settembre 2011) far riferimento ai titoli delle rispettive esposizioni. L’isola del giorno dopo, scelto da Caravaggio con riferimento al celebre romanzo di Umberto Eco, si riflette nell’assiomatico It is, it isn’t (c’è , non c’è) di Tony cragg. Se l’isola rappresenta il luogo da raggiungere e mai raggiunto per il giovane Caravaggio e quindi altro non indica se non la tensione simbolica insita nel processo di scoperta e conoscenza; il titolo di Cragg smentisce l’evidenza di ciò che appare e invita lo spettatore a disgregare il castello di certezze su cui l’arte è costruita. In fin dei conti, le due mostre sono articolazioni di un pensiero comune, quello che l’arte è un viaggio misterioso capace di regalare spiazzamenti continui a chi decide di percorrere strade fuori dalle rotte ordinarie. Gabriella Serusi 236 | ESTATE 2011

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Galleria Alfonso Artiaco, Napoli

David Tremlett

i è un potere della memoria volonV taria, suscitata dall’intelligenza quindi povera e limitata, e un potere della memoria involontaria, debitrice dei soli sensi, sublimazione dell’impressione; una non volontarietà genitrice di uno spaziamento, la percezione cioè, di uno spazio che è al di là. Dalla relazione tra spaziamento e memoria involontaria, nasce e si dispiega la ricerca di David Tremlett, artista inglese presente per la quinta volta a Napoli, negli spazi della galleria Alfonso Artiaco con la personale Works on paper and new pastel/Graphite Drawing to the wall, opere/narrazioni etno-sensoriali delle diverse suggestioni acquisite e vissute nell’ultimo dei suoi innumerevoli viaggi, quello in Giappone -Tokyo, Osaka e Kyoto-. La ricerca di Tremlett che richiama in parte, sfuggendone, il costruttivismo russo, l’astrattismo inglese delle due guerre ed il concettualismo scultorio, si focalizza e trae forma dalla tangibilità del vissuto, del ricordo impresso, filtrato da una memoria sensoriale che lo decodifica in forma, segno e colore. Il quadrato, il cerchio, il trapezio, sono le geometrie prescelte con le quali l’artista racconta, in modo puntuale le forme dell’universo e le impressioni acquisite nel suo vagare. Una sovrapposizione di piani, di letti cromatici dall’andamento e dalle forme irregolari, che, scivolando l’uno sull’altro, costituiscono non semplici texure decorative, ma relazioni/interazioni che guidano lo spettatore in spazialità altre. Il Wall Drawing

Palazzo Turchi di Bagno Università degli Studi, Ferrara

Teo De Palma ose, gocce di una perfezione quasi R giottesca, parole, segni di ancestrale memoria, animano l’universo simbolico

ed immaginario del pugliese Teo de Palma, le cui opere riunite nella personale Pagine ferraresi, sono esposte al pubblico presso il Palazzo Turchi di Bagno - dal 20 maggio al 7 luglio 2011 - nella magica cornice di Corso Ercole I d’Este a Ferrara, da sempre considerata il cuore della città estense. La mostra promossa dall’Università degli Studi di Ferrara, vede in prima linea l’impegno dello SMA (Sistema Museale ed Archivistico di Ateneo) e del suo Presidente Benedetto Sala. Un impegno che rinnova l’attenzione alle dinamiche del contemporaneo avanzate, in sinergia con la cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea di Ada Patrizia Fiorillo, curatrice dell’evento. Recentissima, la produzione in mostra è costituita da acquerelli (tecnica che da sempre ha accompagnato l’evoluzione artistica di de Palma) affiancati da

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s David Tremlett, Wall Drawing [Galleria Alfonso Artiaco, Napoli]

che campeggia imponente nella parete di fondo della galleria, infatti, ci permette di entrare, come una grande apertura panoramica, in una visione meta-spaziale, tridimensionale, che non ha nulla di illusorio o onirico, ma è riduzione grafica e segnica di una realtà geografica, storica e sociale, “una forza che si fa forma. La forza invisibile si rende visibile attraverso una forma che in tutti i suoi punti traduce quell’invisibile in guise essenziali”. Allo stesso modo le otto carte che ritmano gli ambienti costituiscono varchi percettivi, dalla forte plasticità; una spazialità non di superficie, in cui lo spettatore è invitato a girarvi intorno quasi come un tutto tondo,

una scultura con i suoi pieni ed i suoi vuoti le sue assenze e le sue presenze. Uscendo dalla spazialità dilatata ed interrogata di Tremlett si passa alla Project Space in cui protagonista è il lavoro dell’artista francese Laurent Grasso. L’installazione neon 1610, lavoro che dà il titolo alla mostra, riproduce una sezione della Pleiadum Constellatio del Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, datata all’anno 1610, in cui l’artista indaga i processi di decontestualizzazione e ricontestualizzazione delle immagini e analizza le diverse possibilità visive che si possono ottenere dallo studio delle scienze della natura. Raffaella Barbato

una serie di “libri”, tutti datati tra il 2010 ed il 2011. Costituisce un’eccezione il trittico di mondrianiana memoria intitolato Coronato di luci splendenti (2006) che, al di là di tale suggestione, si personalizza con la seriale presenza di trasparenti gocce che, in un certo senso, rappresentano il leit motiv dell’artista a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso. Gocce oppure bolle? Come non pensare allora alla tanto nota bolla di Chardin o alle magiche bolle, “messe in scena”, da Slava, re dell’attuale clowneria? Un mondo volante che riporta alla mente Chagall ma anche Fellini e che si palesa come sospeso, magico, fatto da bolle immobili ed in movimento al tempo stesso. Tempo bloccato e mutevole dal quale riaffiorano tracce di sé. Dopo un periodo trascorso tra le fila dell’astrazione, de Palma cede il passo al figurativo, un figurativo che, però, non è trascrizione oggettiva del reale ma emotiva restituzione di una personale, interiore dimensione. Parole, parole, parole, canterebbe Mina davanti ai “libri” di de Palma, una serie di acquerelli di piccole dimensioni presentati in veste di libro sulle cui pagine scorre una storia, una fiaba, un racconto. Questa marcata passione per la scrittura tradisce la formazione letteraria dell’artista, laureato in lettere classiche, e spiega l’incipit del titolo di questa personale: pagine. L’ag-

gettivo ferraresi si spiega poi subito, dal momento che, alcune opere, rappresentano un omaggio a grandi capisaldi che hanno tessuto la storia artistica della città estense. Valgano artisti come Cosmè Tura o il ciclo di affreschi di Palazzo Schifanoia. La parola, elemento su cui insiste questa personale, vanta un passato cospicuo nella storia dell’arte, partendo da Gauguin, passando per i rivoluzionari amici-nemici cubisti e futuristi, arrivando alla Pop e alle più recenti esperienze della Poesia visiva. Si tratta di una scrittura che, in un’epoca altamente informatizzata dominata dalla tecnologia, recupera il piacere della manualità, di una scrittura quasi da amanuense. La parola è elemento ricorrente non soltanto nei “libri” ma anche nelle altre opere per le quali il supporto è sempre la carta. Pagine, con le quali l’artista si misura con grandi temi che appartengono da sempre all’universo dell’uomo, seguendo il filo di una rinnovata ‘classicità’ passata al filtro di personali memorie. Può chiarirsi così il perchè di alcuni lavori che riportano la scrittura greca, rimembranza atavica desunta da studi personali. Scrittura, dunque, ma anche poesia e, ovviamente, pittura, ecco la straordinaria fusione di linguaggi espressivi diversi che animano la produzione di de Palma. Linda Gezzi

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RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE Galerie Poll, Berlin De

Thomas Lange homas Lange torna dopo oltre 30 anni T nella storica Galerie Poll, con la quale aveva lavorato agli inizi della sua brillante

carriera, presentando una mostra particolare e intensa per contenuti e proposte. Attraverso un numero davvero cospicuo di opere – tele e carte di varie dimensioni che provengono direttamente dalla collezione dell’artista, alcune delle quali completamente inedite – si ripercorre l’ampio raggio temporale che va dal 1974, gli anni della giovinezza e degli esordi, fino ad arrivare ad oggi. La sapiente scelta di questi lavori permette così una visione completa dell’espressività di Lange nello svolgere dei suoi cicli e delle sue riflessioni. L’ipotesi strutturante dell’esposizione – come enuncia con precisa puntualità Davide Sarchioni, curatore della mostra, nel suo saggio critico – rimane incentrata tutta su una riflessione rivolta alla dimensione del tempo e della storia: quelli dell’artista e della sua poetica; quelli della galleria di cui è conosciuto l’impegno a sostegno un certo tipo di pittura; quelli de-

gli uomini e dei loro cambiamenti ed esperienze. Un intreccio esclusivo che fonde aspetti personali e particolari ad altri generali ed universali. Lange racconta, nella sua pittura decisa e senza compromessi, il vivo sentimento di una storia che si fonda su un’esperienza diretta, autobiografica, intensamente vissuta in prima persona ma che, proprio catalizzata nel e dal gesto pittorico, non involve mai nell’auto-celebrazione o nell’interpretazione individuale e diventa, al contrario, sempre la giusta premessa ad un corrisposto valore condiviso e allargato. Una personale che ha dunque il sapore di un tempo e di una storia speciali, che procedono non in linea orizzontale, con una scansione da canonica consecutio temporum, ma assecondano un andamento circolare, guardando a contingenze ed istanti che possono essere riproposti e riletti sempre alla luce di un nuovo, o rinnovato, sentimento. Nemmeno i diversi cicli pittorici di Lange si piegano a raccontare una linearità antologica del suo percorso, ma lasciano prevalere una scandita affinità di temi e tematiche, correlate imprescindibilmente all’esperire del tempo – storico ed emotivo – dell’uomo. Le vicende di Thomas Lange trasferiscono e riversano il loro valore, il loro senso intimo, da quella che è un’esperienza individuale e personalissima – vissuta e non celata dall’artista – ad una con-

divisione universale, attraverso la pittura che si pone come gesto reso segno rappresentativo ed emblematico dell’uomo e della sua condizione nel vivo di una quotidianità che non deve mai sottrarsi alla necessità di un confronto con il trascorrere – e il trascorso – del tempo. Tutte le opere che compongono questo progetto espositivo sono documentate nell’ottimo catalogo che, pubblicato per l’occasione, permette la lettura complessiva di tutti lavori, compresi anche quelli che, per esigenze espositive e di spazio, non sono stati esposti nelle sale della galleria. Inoltre un prezioso cofanetto riunisce, in una serie speciale a tiratura limitata, una copia del catalogo e una piccola tela, intervento pittorico unico e originale che l’artista ha concepito proprio per quest’occasione. Matteo Galbiati

Thomas Lange, Works from the 70s to today, Courtesy Galeria Poll, Berlin  Thomas Lange, Alpine Landscape, 1988 [tecnica mista su tela 300x300 cm] Courtesy Galeria Poll, Berlin Photo Dimitri Angelini (particolare)

Biblioteca Internazionale “La Vigna”, Casa Gallo di Carlo Scarpa, Vicenza

Manuela Bedeschi

na corrispondenza perfetta era il U dato che si presentava come emergente agli occhi di chi ha avuto modo di

visitare Casa Gallo – sapientemente ridisegnata e ristrutturata da Carlo Scarpa – che ha ospitato le opere recenti di Manuela Bedeschi. Bedeschi infatti, che è tornata nella sua città natale con questa nuova e sorprendente mostra personale proprio alla Biblioteca Internazionale “La Vigna” (Casa Gallo), ha stupito tanto per gli esiti raggiunti dalla sua ricerca, quanto per la correlazione strettissima, quasi affettiva ed imprescindibile, come se fossero da sempre naturalizzate nel contesto, tra le sue opere e le sale disegnate dal celebre architetto. Lo studio approfondito di questi ambienti, la partecipazione profonda alla suggestione che le forme e le strutture infondono a chi ne percorre le sale, sono state il principio base da cui Bedeschi è partita per dare corpo a questa serie di opereinterventi – alcuni di grandi dimensioni – tutti concepiti appositamente per questa occasione. Un piccolo passavivande che, aprendosi, lascia scorrere due quadrati sulle due opposte ante è stato il particolare minimo – elemento quasi intimo e quotidiano della casa – che ha suggerito il principio modulare con cui intervenire. Il segno del quadrato, ripetuto e alterato, modificato e diviso, diventa il cardine, il perno sul quale ruota tutta la definizione di questa suggestiva mostra. La materia con cui lavora da ormai diversi anni è costituita dalla luce al neon che si modella e lega al contesto spaziale in cui si inserisce sia disponendosi liberamente, sia legandosi a volumi geometrici

e forme definite in plexiglass o a tele monocrome con le quali interagisce e dialoga. La luce al neon usata da Bedeschi per scolpire, dipingere, riempire di energia i luoghi che illumina, si modella sempre in forme e colori che, pur ridotte agli elementi segnici e figurali basilari e primari, si allontana sempre da un algido minimalismo. La natura espressiva del coloreluce, in lei diventa sempre uno stimolo emotivo, una suggestione poetica che dal profondo dell’anima e dell’immaginazione riverbera la propria lirica nell’ambiente, coinvolgendo i sensi e i pensieri di chi la osserva e ne partecipa dello spirito. In questa gestualità semplice e sincera risiede tutta la forza ed energia propositiva dell’espressione artistica di Manuela Bedeschi. Una poetica delicata e sfuggente nel gioco libero di un colore che, condensato nella rarefazione della luce, si dissolve veloce nell’atmosfera. Da segnalare inoltre l’iniziativa di una raccolta di firme, aperta per sostenere la collocazione in permanenza del grande intervento sulla facciata dell’edificio che descrive, con un sottile segno di neon giallo, un quadrato, tema portante della mostra. La speranza è che questo intervento, lasciato stabilmente, possa rimanere come suggello dell’incontro tra la poesia di Manuela Bedeschi e il genio di Carlo Scarpa. Un’opera pubblica e sempre visibile nella città che l’artista tanto ama. In occasione della mostra, curata da Maria Lucia Ferraguti, è stato pubblicato un catalogo con un testo critico di Massimo Donà. Matteo Galbiati

Manuela Bedeschi, Veduta delle installazioni / Installation view Biblioteca Internazionale “La Vigna” (Casa Gallo), Vicenza

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National Centre for Contemporary Arts, Mosca

Arte Italiana all’ascolto n occasione della celebrazione per IARTE l’anno Italia-Russia 2011 Il progetto ITALIANA ALL’ ASCOLTO proposto a Mosca, a cura di Anna Cestelli Guidi, ha avuto come principale scopo quello di mettere in evidenza la costante presenza del suono nelle opere delle ultime tre generazioni di artisti visivi in Italia: Mario Airò, Massimo Bartolini, Riccardo Benassi, Bianco-Valente, canecapovolto, Alberto Garutti, Donatella Landi, Martux_M, Liliana Moro, Cesare Pietroiusti, Alfredo Pirri, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Annie Ratti, Donatella Spaziani, Alberto Tadiello, ZimmerFrei. Si tratta di un nuovo approccio, meno ovvio e incisivo dal punto di vista meramente visivo, ma molto più esperimentale ed esaltante. Il suono viene esplorato da vari punti di vista, sia da artisti visivi e che da artisti che appartengono al mondo della musica. S’intende così dimostrare

un’implicita ed essenziale caratteristica del suono, ossia la sua capacità di attraversare e superare i confini esistenti tra le discipline artistiche tradizionali. Le opere sonore degli artisti, sono state messe “in scena” con diciotto altoparlanti, uno per ogni lavoro sonoro, dislocati nel grande spazio espositivo del NCCA, invitando il pubblico a una sorta di “promenade” snodato attraverso un gioco di risonanze. Promenade nella quale, come nell’azione teatrale, tre generazioni di artisti italiani si confrontano e dialogano attraverso opere sonore molto diverse tra loro, arrivando così a creare una composizione sonora del tutto nuova di parole, voci, musica, rumore… La mostra (in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura a Mosca e RAM radioartemobile Roma) si è proposta anche come esperimento, come realizzazione di una nuova idea e modalità espositiva.(LS)

Happy New Ears! (John Cage, 1963) ggi più che mai è lecito parlare di una cultura sonora, fluida, O rizomatica e immateriale, che meglio della cultura visiva della tradizione occidentale, esprime la natura liquida, contrad-

dittoria del mondo che abitiamo. Sviluppatasi storicamente assieme alle sperimentazioni contestuali e site-specific delle neoavanguardie negli anni Sessanta che volevano riportare l’arte nel flusso del quotidiano, aprendosi così ai rumori del mondo, come insegnava Cage, l’arte del suono come categoria estetica, come fenomeno intrinsecamente relazionale e spaziale, ha con il tempo acquisito piena autonomia rispetto alle discipline artistiche tradizionali. Ancor di più nel nostro presente, che Nicolas Bourriaud definisce l’epoca del remix e della post-produzione per le sconfinate possibilità offerte da Internet e dalla tecnologia digitale, il suono, simile nella sua essenza alle modalità di mobilità e immaterialità dei media digitali, sembra essere diventato il medium artistico privilegiato di molta creazione contemporanea. “Arte italiana all’ascolto” vuole essere un’occasione per presentare la creazione sonora, dagli anni Settanta, nei lavori di tre generazioni d’artisti italiani, provenienti dall’arte visiva ma anche dalla musica elettronica, senz’alcuna discriminazione, a dimostrare come il suono sia riuscito a rendere obsoleti i limiti tradizionalmente imposti tra le diverse discipline. All’interno di questo “paesaggio sonoro”, poliedrico e multiforme, si possono tuttavia individuare svariati “modi di fare suono”: dalla sperimentazione concettuale degli anni Settanta alla post-produzione dell’ultima arte digitale, dalla voce come puro 62 -

L’inaugurazione della mostra ARTE ITALIANA ALL’ ASCOLTO NCCA - National Centre for Contemporary Arts Mosca, maggio 2011 Nelle foto, alcuni momenti della mostra con la presenza di Mario Pieroni-RAM, Anna Cestelli Guidi responsabile arti visive di Fondazione Musica per Roma, Auditorium Parco della Musica, l’Ambasciatore d’Italia a Mosca Zanardi Landi, Adriano dell’Asta direttore dell’IIC di Mosca, Mikhail Mindlin General Manager NCCA, Irina Gorlova Chef Curator NCCA, Dora Stiefelmeier-RAM, Leonid Bazhanov Direttore Artistico NCCA. Courtesy RAM radioartemobile Crediti Foto: Antonio Trimani

significato semantico, ai suoni come immagine del puro piano acustico. Nel lavoro di Pistoletto del 1976 “Chi sei tu? la voce dell’artista afferma ossessivamente la non appartenenza ad alcuna nazionalità, mettendo già in quegli anni in discussione il tema dell’identità nazionale. Similmente, la voce di Cesare Pietroiusti in “Bellezza” del 2009 ripete in maniera fredda, ossessiva, la parola di una nota canzone fascista, “bellezza” appunto, ma l’ipnotica reiterazione la trasforma nel suo contrario, facendo intuire l’orrore dell’ideologia nascosta. L’uso della voce s’incontra anche nel lavoro di Alfredo Pirri che contrappone la “voce” dei cani –“los perros” ossia gli infedeli- alla voce del presidente americano George Bush nella diretta radiofonica della dichiarazione di guerra -santa!- all’Iraq, il discorso “Appello alla nazione”. Ancora la voce è protagonista nel lavoro di Emilio Prini, figura chiave degli anni Settanta, il quale recita velocemente e ripetutamente una poesia di Daniele Pieroni, nata dall’incontro di un progetto a quattro mani con il poeta, alla stregua di uno scioglilingua o forse, con fine ironia, ad imitazione della lettura, rapida e monotona, delle celebrazioni liturgiche con un sorprendente finale musicale che assomiglia piuttosto a quello di un baccanale dionisiaco. Un’altra tipologia di lavori sonori è quella che utilizza il suono per le sue potenzialità mnemoniche ed evocative: così è per il lavoro di Alberto Garutti, dove il suono, quello di un’antica registrazione di una canzone di successo degli anni ’30, con tutti i suoi rumorosi fruscii, riporta alla memoria un luogo e un momento ben precisi nella storia di una comunità; di una medesima potenzialità evocativa si caratterizzano le registrazioni ambientali del mercato dell’East London di Annie Ratti e del porto di Amburgo di Donatella Landi; così come il suono 

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

 della campana di Liliana Moro, registrazione e memoria di una sua performance. La stessa capacità del suono di visualizzare situazioni ed immagini si manifesta pienamente in “Terror “(Morte di Rasputin), una composizione del Collettivo canecapovolto che ricorda la tradizione delle opere radiofoniche, dove precisamente l’assenza dell’elemento visivo, il fuori campo, apre uno spazio di soggettività e libertà nell’immaginazione dell’ascoltatore. Al contrario invece, il carattere performativo dell’incontro improvvisato per sax e matita è fissato concretamente nella registrazione in presa diretta di Donatella Spaziani, piéce, visualizzazione sonora del tête-à-tête fra i due linguaggi dell’arte visiva e del suono. Ancora diversi sono quei lavori realizzati con le tecniche di montaggio e di post-produzione: a cominciare dall’uso della manipolazione digitale nel lavoro di da Vettor Pisani, l’altro artista attivo sin dagli anni Settanta, che dilata e in un certo senso stravolge la famosa coro verdiana “Va pensiero, sull’ali dorate”, simbolo della cultura italiana; tramite il montaggio invece Mario Airò nel “Il fiore delle mille e una notte” estrapola i momenti di incontro erotico dall’omonimo film di Pasolini costruendo una voluttuosa reinterpretazione del film unicamente attraverso il sonoro. Altre possibilità offerte dai media digitali sono quelle utilizzate nel doodle sonoro e linguistico di Massimo Bartolini, una successione sonora di sillabe ottenuta con l’applicazione del Google translator dove le parole acquistano senso unicamente per la loro sonorità; come anche nella voce recitante delle poesie di Bianco-Valente ottenuta direttamente dal microprocessore del computer che sintetizza le parole al momento. Infine “un’arte del suono” accomuna quegli artisti che provengono dal mondo della sperimentazione, che vede l’utilizzo della

registrazione o dei generatori di suono di sintesi come strumenti per dare corpo al suono. Si tratta di lavori dove qualsiasi cosa, come dice Michel Chion, “un’interruzione, una piega, un frammento, un contraccolpo nel tracciato del suono, una convessità sulla sua superficie” diventa il significante fondamentale dell’opera, dove il suono acquista una presenza concreta, una consistenza materica: così Martux_M pioniere della ricerca sonora, opera una sofisticata incisione della cellula sonora portandola sino all’estremo dell’udibile; mentre al contrario l’accelerazione vertiginosa del suono che costruisce Alberto Tadiello si potrebbe definire la visualizzazione sonora di una curva parabolica, e gli ZimmerFrei arrivano all’esplosione del Glissando con un rumoroso applauso. Nella composizione elettronica di Riccardo Benassi il suono è utilizzato invece proprio per la sua temporalità, come un’unità di tempo. Tutti questi lavori sono “messi in scena”, per usare un gergo teatrale, ma forse più precisamente dovremmo dire vengono “proiettati” nello spazio, prendono corpo, come dal buio, così ci appaiono dal silenzio, attraverso un confronto-incontro che non è né cronologico né lineare, ma è piuttosto pensato come un re-mix, come gioco dell’incontro, inaspettato, insospettato e sorprendente. Lo spazio espositivo diventa così uno spazio esplosivo, pulsante, vivo e sempre in movimento, dove si realizza una nuova composizione: quel mosaico sonoro composto da voci, suoni, rumori e musica che si riflettono l’uno nell’altro. Uno spazio dove non resta che immergersi, dove non c’è nulla di definito e dove forse nulla è scritto ma tutto è ancora e sempre da ridefinire nell’imprevedibile e sublime percezione di ciò che non potremo mai osservare. Anna Cestelli Guidi 236 | ESTATE 2011

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Franco Riccardo Arti Visive, Napoli

Rosaria Iazzetta toricamente vi sono mostre, eventi S o anche singole opere che segnano l’inizio di un ciclo, il primo passo di un

percorso che, osservato retrospettivamente man mano che va consumandosi, appare connotato da un profondo rinnovamento rispetto a quella che è stata la fase immediatamente precedente, mentre, in altri frangenti, circostanza altrettanto desiderabile e necessaria, si perviene piuttosto a porre i tasselli conclusivi, si sente il bisogno di stilare un bilancio e di fermarsi a riflettere su di esso con ampio respiro. Quest’ultimo mi sembra essere il caso di Nothingness, personale con la quale, dopo circa otto anni, Rosaria Iazzetta ritorna ad esporre presso il gallerista che la accolse quando era ancora giovanissima, e del correlato libro d’artista, , La mala tolleranza, edito da Ulisse & Calipso Edizioni Mediterranee. Per certi versi questi due nuovi progetti si pongono in assoluta continuità con quelli che da lungo tempo costituiscono i tratti salienti della poetica della Iazzetta: da una fotografia intesa come strumento attraverso il quale fissare le sue narrazioni visive, spesso tanto caricate ed iperboliche quanto improntate ad un forte contenuto morale, che non si fa remore di porre gli spettatori di fronte a scelte nette, secondo una perentorietà che ricorda l’esortazione evangelica al «sì, sì; o no, no» (Matteo 5, 37), ad una scultura, tipicamente in ferro, basata su tecniche pazientemente apprese durante il lungo soggiorno giapponese, in cui l’urgenza del messaggio, benché calato in un linguaggio inevitabilmente meno immediato, risulta non meno preponderante. Ma è anche vero che entrambi appaiono il naturale approdo di un percorso intrapreso dal 2009 con P.N.P.- Progresso non pub-

s Rosaria Iazzetta, Ritorno al Bene [Franco Riccardo Arti Visive, Napoli]

blicità, che l’ha portata ad installare, su alcuni edifici delle cittadine vesuviane di Ercolano e Pompei, manifesti ove le sue consuete situazioni fotografiche interagiscono concettualmente con i testi scritti, ed altri episodi simili, ma senz’altro anticipati dalle frasi su sfondo giallo che comparvero tra il 2007 ed il 2008 a Scampia nell’ambito del suo progetto immediatamente precedente, Parole dal Cemento. Diretta filiazione del portato etico-estetico di P.N.P. è da intendersi il libro d’artista, nel quale, peraltro, le numerose testimonianze dirette di sopruso provenienti da coloro che vivono a Napoli e nell’hinterland sono corredate dalle immagini già costitutive di quel progetto.

Ad esso si aggiunge l’altra semi-novità rappresentata da due opere basate su riproduzioni di dipinti seicenteschi quasi in scala 1:1: rispettivamente una Madonna con Bambino e santi di Luca Giordano, in cui il volto della Madonna è sostituito da un avvicendarsi di volti di celebri esponenti della malavita organizzata, mentre quelli dei santi sono sostituiti da un avvicendarsi di volti di celebri esponenti politici, e la scena del ritorno del figliol prodigo di Mattia Preti, che, interagendo con una scultura posta attiguamente ed essendo lo stesso dipinto plasmato a mo’ di scultura, funziona come auspicio di una finale vittoria del bene. Stefano Taccone

Museo d’Arte Contemporanea, Calasetta

Dacia Manto

a personale di Dacia Manto al MuL seo d’Arte Contemporanea di Calasetta costituisce il principale evento del

programma dell’attuale stagione, dopo il work shop con Diego Perrone e Cristian Frosi che la scorsa estate segnò la ripresa dell’attività del Museo, dopo alcune stagioni di inerzia. L’esposizione raccoglie e documenta le diverse tecniche di cui si avvale l’artista nel suo lavoro : infatti accanto alla produzione principale, costituta da disegni a grafite su carta e carta da lucido, documentati in notevole quantità e in differenti dimensioni, è collocata una istallazione appositamente eseguita per lo spazio con reperti e oggetti di scarto (vetri,legni, ferri, carte ),raccolti dall’artista sulle spiaggie dell’isola durante il suo soggiorno, e il video “ Planizaria”, girato nell’estate del 2009 nei pressi di Punta Alberete, nei dintorni di Ravenna, con il quale Dacia Manto ha recentemente vinto a Roma,la scorsa primavera,il premio ACEA EcoArt. Nelle opere su carta, accanto a disegni rigorosamente in bianco e nero, la rappresentazione di ambienti naturali, incolti e selvaggi, tema costante della 64 -

s Dacia Manto, Bower [2009, grafite su carta - Museo d’Arte Contemporanea, Calasetta]

figurazione di Dacia Manto, ove spicca il segno reiterato, strato su strato, che quasi annulla la traccia precedente e sottostante, e si trasfigura la natura ritratta, inventando paesaggi inattesi e fantastici, si differenzia la produzione più recente in cui l’artista introduce nel suo lavoro

l’elemento-colore, con l’inserto di segni “decorativi” che richiamano alla memoria gli interventi della scuola secessionista viennese, preludio ad un inno alla gioia e una dichiarazione di ritrovata armonia con la natura“. Giorgio Viganò

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE Aide Aste e Pino Censi in Edipo, la Sfinge, lo Spettro regia di Elsa Agalbato e Fabio Sargentini, Roma 2011

Col segno ... di poi Fabio Sargentini Intervista a cura di Ilaria Piccioni

on la mostra al MACRO L’Attico di Fabio Sargentini 1966–1978 C viene rimarcata l’importanza storica

della galleria, di un decennio cruciale che lei ha dichiarato di aver vissuto in condivisione stringente con gli artisti, in cui arte e vita erano un tutt’uno. Qual’è la sua esperienza di gallerista oggi? Sono un gallerista atipico, metto in scena dei miei lavori teatrali, scrivo testi letterari. La mostra al MACRO ha carattere storico, documentale; racconta bene la storia di una galleria con un disegno preciso, che ha interpretato nel corso degli anni, prevenendo e suggerendo i vari momenti dell’arte. Oggi, avendo da portare avanti il mio lavoro nel teatro e nella scrittura, non ho né tempo né voglia di andare alle fiere. Non credo alla morte dell’arte, però trovo che questa sia una fase sterile, preoccupante. Come ha vissuto il rapporto con gli artisti, assimilando negli anni la sua stessa esperienza da artista? All’inizio della carriera non potevo esprimermi in prima persona, la mia incubazione d’artista è stata lunga, però in me c’erano delle istanze forti che trasferivo e proiettavo sui giovani artisti. Negli anni sono stato accusato di plagiarli, ma non è così. Gli artisti, una volta staccatisi da me, hanno fatto il loro percorso di qualità, a dimostrazione del fatto che non dipendevano dal rapporto con me. Ritengo però che le cose migliori della loro carriera le abbiano fatte durante l’attività a L’Attico. Perché in quella particolare condizione si era creata una dialettica proficua? In quel periodo con gli artisti si è creata una possente sinergia. Hanno fatto tutti dei lavori straordinari, Pascali e Kounellis, poi De Dominicis e Ontani. Kounellis esponendo per la prima volta i cavalli vivi nella galleria garage di via Beccaria ha realizzato uno sposalizio perfetto con lo spazio, un luogo intriso di realtà che sconvolgeva il modello espositivo della quadreria. Da allora le gallerie d’arte non sono più state le stesse.

La prima mostra, con cui ho spezzato il sodalizio con mio padre, è stata quella di Pino Pascali che espone Il mare, un lavoro straordinario che infrange lo schema dello spazio contemplativo espellendo i visitatori dalla galleria. Il mare di Pascali è opera e allo stesso tempo installazione, precorre i tempi. Ho capito che lo spazio che avevo condiviso con mio padre (al quarto piano di un appartamento a piazza di Spagna) era una vecchia impostazione di galleria d’arte. Tutto mi portava verso uno spazio condiviso, ma teatralizzato: nel garage di via Beccaria si tennero le attività teatrali più interessanti in quel momento, con un visione opposta al teatro classico, letterario, frontale. Perché non riusciva a trovare il modo di esprimersi artisticamente in prima persona? L’ho chiarito a me stesso da poco in termini precisi. Il rapporto forte, simbiotico che instauravo con un giovane artista dipendeva da questo, dalla frustrazione adolescenziale per non essere lodato da mio padre. L’aspettativa affettiva nei suoi confronti veniva riversata nel rapporto con gli artisti. Faccio due parti: il padre buono che riconosce la stoffa del figlio, e dunque lo incita e incoraggia, e allo stesso tempo il figlio meritevole che riceve le lodi del padre. Insomma uno sdoppiamento tremendo. Ne consegue che il giovane artista dà il meglio di sé per piacermi. Io adesso non mi identifico più, scrivo i miei libri, seguo le mie attività teatrali. Però è rimasta depositata remotamente in me, in fondo non può mai svanire, l’esigenza di andare a vedere il processo creativo al suo nascere, per ossigenarlo come una pianta. In termini di spazio, è stato difficile individuare ciò che poteva corrispondere alla nuova idea di luogo espositivo per cui ha scelto il garage di via Beccaria? Sono andato a cercarlo con le idee chiare. Doveva avere certe caratteristiche. L’incontro umano e artistico con Simone Forti, due giorni dopo la morte di Pascali, mi ha convinto che ero nel giusto. Simone, coreografa ebrea italo-americana, scappata da Firenze per le leggi razziali, si era formata alla grande scuola americana di Ann Halprin in California e successivamente era confluita nel Judson Group a New York. Intercorrevano forti relazioni

▼ Fabio Sargentini con Luigi Ontani alla “24 ore su 24”, 1975

tra coreografi, danzatori e musicisti con gli artisti visivi, e il saperlo orientava la mia percezione di cambiamento. Così a dicembre del 1968 presi il garage, dove ancora si sentiva l’odore della benzina e c’erano i segni degli pneumatici d’automobili, e lo trasformai in galleria, rivendicando fortemente che tutto ciò che oltrepassava la saracinesca era arte. Gli artisti presero a pensare arte in un modo diverso. I musei che oggi hanno grande importanza derivano da quel pensiero di rottura. La visibilità internazionale del nuovo spazio de l’Attico si espanse con la mostra alla Kunsthalle di Berna, curata da Harald Szeemann nel 1969, il cui catalogo portava l’immagine dei cavalli vivi di Kounellis al garage. Velocemente le gallerie americane si spostarono dai grattacieli ai loft di Soho. Più lentamente anche i musei organizzati come quadrerie realizzarono la necessità di cambiare gli spazi, affidandosi agli architetti che hanno cominciato a riscattare il loro complesso di inferiorità rispetto all’arte, ottenendo un’enorme rivincita. Oggi gli architetti spadroneggiano, costruiscono musei che sono opere d’arte scultoree in cui però gli artisti hanno difficoltà ad esporre. In merito all’installazione ha affermato che ormai “ristagna” e che dopo cinquant’anni dalla sua elaborazione è il momento di rinnovare il linguaggio. Intravede segni di rigenerazione? C’è un momento di stallo molto evidente in tutte le arti. Già il Mare di Pascali si poteva leggere come un’installazione. La stessa citazione nata negli anni 70 era un procedimento a ritroso. La citazione non può essere sempre uguale, altrimenti diventa pesante, ricade nel modello stesso. E’ chiaro che ci sono distinte citazioni: in forma ironica per Ontani e più concettuale per Paolini, che è stato il primo a proporla. Comunque in tutti i campi, nel teatro come in musica e in letteratura, sembra ci sia questo stallo. Speriamo che riprenda presto la lena. Oggi, anche se con uno spirito diverso, continua a sostenere i giovani artisti? Non è più il tempo della ricerca di nuovi spazi espositivi. Il garage si allaga una volta per tutte. Sì, ancora mi diverto ad allevare un giovane artista agli esordi, perchè nello studio so dare le dritte giuste. Alcuni vengono a farmi vedere i lavori. Li faccio tornare più volte finché non vedo un miglioramento; non bisogna bruciare i tempi come invece pretendono questi giovani che vogliono tutto e subito, senza sofferenze. Per fortuna ho il mio lavoro personale d’autore. Alla fine di aprile è uscito il mio libretto di prose, Perle coltivate, per l’edizione de L’Obliquo con una presentazione di Andrea Cortellessa.

▼ Fabio Sargentini durante “Cannonata” febbraio 2001

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AAM Architettura Arte Moderna

Alessandro Mendini in dal suo esordio professionale negli anni F Sessanta, coincidente con la collaborazione con lo Studio Nizzoli, Alessandro Mendini

ci ha abituati all’idea che il senso di un oggetto di uso quotidiano, di un’attitudine culturale, possa subire un ribaltamento di senso per effetto dell’esasperazione estetica della propria apparenza. Si tratta di un procedimento che, a partire dall’osservazione di cose e comportamenti, utilizzati più spesso come pretesti creativi piuttosto che per la loro potenziale funzione di duchampiani ready made, realizza una metaforica sovrapposizione tra due differenti accezioni del consumo. Da un lato ironizza su quella funzionale, cui quasi sempre si deve l’ideazione e la commercializzazione del prodotto, sdrammatizandone i presupposti indotti dalla necessità del largo consenso; dall’altro opera delle inaspettate “correzioni di tiro” su quella estetica, dotandola di una nuova identità poetica. Dalla poltrona di Proust all’Oggetto banale-caffettiera, ricordando due celebri opere di fine anni Settanta, dal design per Alessi ai progetti elaborati con lo studio Alchimia nel corso del decennio successivo, le straordinarie rivisitazioni mendiniane rendono testimonianza della predisposizione al cambiamento che tutto ciò che ci circonda implicitamente sottende, in attesa di essere ostentata sotto forma di vera e propria dichiarazione utopica. s In apertura, invito della mostra-performance

“Robot sentimentale”, curata dall’AAM in collaborazione con MIM e Studio Alchimia, tenutasi presso la sede MIM di Roma nel 1983

▼ Un’immagine della mostra “In principio era il prodotto”, tenutasi presso la sede di Milano dell’AAM. nel 1996

Da sempre impegnata a registrare, attraverso le innumerevoli iniziative promosse nel corso di trent’anni, i momenti più significativi della storia dell’arte e dell’architettura coinvolgendone i protagonisti, la storia dell’A.A.M. Architettura Arte Moderna intercetta il percorso professionale dell’Atelier Mendini in corrispondenza di specifiche circostanze creative, selezionate per l’aver rappresentato, nel corso degli anni, dei punti di svolta nel lavoro dei due fratelli Alessandro e Francesco. La prima occasione, nel 1982, riguarda l’invito di Francesco Moschini a partecipare al “Duetto”, con Luigi Ontani. Come chi scrive ha più volte avuto occasione di ricordare su queste pagine, la ricca articolazione delle mostre programmate nel corso degli anni dalla A.A.M. Architettura Arte Moderna vuole dare conto del dibattito interno al sistema delle arti, colto nei suoi momenti storicamente definiti e criticamente analizzati, ma anche promuovere occasioni di dibattito, proponendosi come particolare forma di committenza o costruendo nuovi ed originali osservatori artistici. La sezione “Duetti”, in particolare, intende mettere a confronto un architetto ed un pittore, le cui opere presentano affinità poetiche, con l’intento di contestare l’autonomia dei diversi ambiti disciplinari, concentrando la riflessione sugli intervalli di prossimità tecnica e linguistica. In questo caso, se per Ontani i primi anni Ottanta coincidono con il periodo di forse maggiore intensità espressiva per le sue celebri “trasformazioni”, un’intensità raccontata in questa occasione da un ciclo di maschere e minuziosi disegni di piccolo formato, per il Mendini architetto, designer e direttore di Domus e Modo, due tra le più note riviste internazionali di architettura, rappresentano il momento di un’ambiziosa contestazione, culturale e creativa, nei confronti della modernità, di cui egli intende denunciare l’ormai inevitabile obsolescenza contenutistica. Gli oggetti del quotidiano, riconosciuti ed accettati nelle loro utilitaristiche tecniche di produzione, riacquistano dignità figurativa attraverso operazioni tendenti ad assegnare ai prodotti una proprietà stilistica, in una sorta di trasmutazione alchemica in grado di dar luogo a forme inedite, “rinfrescate”, prive dell’impressione del già visto seppur sentimentalmente immediate. E’ il caso della sedia “Lassù”, nella sua reinterpretazione domestica dell’idea di monumento, ma anche della “Scivolavo”, in cui è il sottile paradosso della negazione della funzione della sedia stessa a giustificarne la presenza tra le opere selezionate per l’allestimento della mostra. Nel corso dell’anno seguente, il 1983, France-

s Alessandro Mendini, Autoritratto di Giorgio e Sandro, 1983, realizzato per la mostra “Autoritratti. Artisti e architetti all’A.A.M. 1978-1984”, tenutasi presso la AAM nel 1983. Matita e matite colorate su carta, 28x41 cm

s Un’immagine della mostra “Annisettanta”, tenutasi presso Triennale di Milano nel 2006

sco Moschini torna a coinvolgere Mendini in tre iniziative culturali particolarmente significative per la storia della galleria. Nell’ambito della collettiva “Autoritratti. Artisti e architetti all’A.A.M. 1978-1984”, un autoritratto architettonico dell’architetto è accostato a quelli di altri artisti e architetti -tra cui andrebbero ricordati Aldo Rossi, Massimo Scolari, Franco Purini, Dario Passi, Arduino Cantafora- coinvolti nel programma culturale dell’A.A.M. durante i primi sei anni di attività. A breve distanza temporale segue la collettiva “Lo sguardo indiscreto”, che apre ai suoi visitatori alcuni straordinari taccuini, intendendo renderli partecipi di quei momenti “privati” in cui le intuizioni e le idee sottese dagli elaborati progettuali nella loro stesura definitiva appaiono rappresentate, come in un leopardiano “zibaldone di pensieri”, sotto forma di appunti, schizzi, annotazioni. Le pagine selezionate per lo spazio dedicato a Mendini riguardano alcune “scoppiettanti” raffigurazioni di progetti e oggetti, tra cui la celebre, già menzionata, poltrona Proust. L’ultima iniziativa svoltasi nell’83 è una mostra-performance che vede coinvolti, oltre all’A.A.M., l’industria di design MIM e lo Studio Alchimia. Con “Robot senti- 

Un’immagine della mostra “Annisettanta”, tenutasi presso Triennale di Un’immagine della mostra-performance “Robot sentimentale”, curata dall’AAM Milano nel 2006 (Image courtesy AAM Architettura Arte Moderna Roma) in collaborazione con MIM e Studio Alchimia, tenutasi presso la sede MIM di Roma nel 1983 (Image courtesy A.A.M. Architettura Arte Moderna Roma)

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attività espositive

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE

s Un’immagine della mostra “Lo sguardo indiscreto”, tenutasi presso la A.A.M. nel 1983 (Image courtesy A.A.M. Architettura Arte Moderna Roma)

s Alessandro Mendini, Senza titolo, 1979. Matita e matite colorate su carta, 29,7x21 cm

s Alessandro Mendini, Paesaggio

Banale, 1979. Inchiostro nero e matite colorate su carta, 29,7x21 cm

 mentale” -questo il titolo assegnato all’evento

s “Alessandro Mendini / Luigi Ontani - Duetto”, mostra tenutasi presso la AAM nel 1982 (Image courtesy AAM Architettura Arte Moderna Roma)

s Alessandro Mendini, Abachini, 1979. Inchiostro nero su carta, 29,7x21 cm

più ampio, relative all’uomo e al suo habitat, alla sua organizzazione e alla necessità di comunicazione. All’interno della manifestazione, cui la straordinaria visionarietà mendiniana conferisce sintesi e spettacolarità al tempo stesso, convergono le ricerche effettuate dal centro studi MIM sulla tipologia del “landscape office” Eulero System. A distanza di tredici anni, l’iniziativa “In principio era il prodotto”, tenutasi presso la sede di Milano dell’A.A.M. nel 1996 e promossa da Moschini in qualità di direttore scientifico e culturale dell’Istituto Europeo di Design, si configura come una vera e propria celebrazione della predilezione di Alessandro Mendini per la reinvenzione dell’oggetto. In questa occasione vengono esposte opere che gli allievi dello IED di Roma, Milano, Torino e Cagliari hanno elaborato reinterpretando prodotti e marchi della Procter & Gamble, dando luogo a una raccolta Locandina della conferenza di Alessandro Mendini tenutasi presso il Politecnico di di lavori inediti dove il ricorso a nuovi codici Bari nel maggio 2005, in occasione della espressivi tende a proporsi come ideale estenpresentazione dei volumi “Alessandro sione di un percorso di ricerca sulle potenzialiMendini: scritti” e “2469 disegni di Alessandro Mendini per la collezione permanente del tà della comunicazione. Ottanta degli oltre Design italiano” duecento lavori dei giovani ▼ Un’immagine della mostra “In principio era il prodotto”, studenti sono raccolti in un tenutasi presso la sede di Milano dell’A.A.M. nel 1996 catalogo, pubblicato dall’editore Peliti, di grande interesse per gli importanti contributi testuali che introducono le opere, dal saggio di Mendini a quello dello stesso Moschini, al testo di Emanuele Pirella, che chiariscono il senso dell’esperimento presentandone i presupposti e gli esiti nell’ambito di una trattazione più ampia di carattere teorico. Mendini, in particolare, tende a sottolineare come la banalità di un gesto applicato ad un oggetto quotidiano possa essere sovvertita dalla manipolazione dell’oggetto stesso, a cui, come in una sorta di rito iniziatico, viene concessa una seconda vita, una possibilità di riscatto. Con la pubblicazione del volume “Una collezione particolare”, in concomitanza con l’omonima moitinerante presentato negli showrooms della stessa MIM e in alcune fiere e musei europeisi intendono esporre i risultati di una ricerca sul tema dell’ambiente ufficio immaginato come paesaggio neomoderno. Il centro studi MIM con la collaborazione di Alessandro Mendini con lo studio Alchimia si chiede se il problema dell’ufficio informatico possa essere indagato nei termini del paradosso, sostenuto da un interrogativo rivelatosi quanto mai profetico alla luce degli avvenimenti dell’ultimo quindicennio, teso ad identificare l’uomo del futuro con il suo ambiente lavorativo, con il suo ufficio. Muovendo da questo presupposto, il progetto di Mendini innesta nel luogo di lavoro una novità culturale: all’anonimato dello spazio aperto sostituisce un ambito psicotecnologico costituito da “abitacoli” personalizzati. Il “Robot sentimentale”, si svolge per la prima volta a Milano, in due luoghi diversi, in cui vengono rappresentati parallelamente due estremi dello stesso problema. Da una parte la natura, dall’altra il suo opposto, l’artificialità della giungla-ufficio, nell’ipotesi che il progetto contemporaneo dei sistemi d’arredo per l’ufficio possa coinvolgere scelte di carattere

s Alessandro Mendini, Senza titolo, 1979. Matita, matite colorate, pennarelli e inchiostro nero su carta, 28x21 cm

stra presso la Facoltà di architettura promossa nel 2004 dall’A.A.M. in collaborazione con il Dipartimento ITACA dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Francesco Moschini espone invece una serie di disegni di Alessandro Mendini selezionati dalla collezione permanente della galleria. Questi, che si riferiscono soprattutto alle esperienze degli anni Settanta-Ottanta, illustrano con puntuale evidenza i molteplici aspetti della poetica mendiniana, dal rifiuto del moderno alla ricercata affinità con la cultura radical chic, dalle provocazioni di Alchimia -di cui è opportuno menzionare l’iniziale l’adesione di Ettore Sottsass- alla pacatezza convogliata nella più recente fondazione dell’Atelier di Alessandro e Francesco. L’anno seguente le “corrispondenze” tra la A.A.M. e Mendini approdano al fronte accademico, con due conferenze in Puglia, a Bari e Lecce. Il Politecnico di Bari e il Resort Verdalia di Lecce ospitano, in successione, una “conversazione” con Alessandro Mendini in occasione dell’uscita dei volumi “Alessandro Mendini, scritti” e “2469 disegni di Alessandro Mendini per la collezione permanente del Design italiano”. Il primo dei due, edito in collaborazione con la Fondazione Ambrosetti Arte Contemporanea, è una raccolta di scritti dagli anni Sessanta ad oggi, che attraversando trasversalmente tutta l’opera dell’architetto, rende merito alla singolarità del suo percorso creativo. Il secondo, per completezza e contrappunto al portato teorico del precedente, comprende i quasi 2500 disegni selezionati per l’omonima esposizione allestita presso la Triennale di Milano. Quest’ultima rappresenta anche il luogo della più recente convergenza tra la A.A.M. Architettura Arte Moderna e il lavoro di Alessandro Mendini, riguardante l’omaggio alla figura di Aldo Rossi commissionato all’architetto nell’ambito della grande mostra “Annisettanta” del 2006, curata da Gianni Canova. Intervenendo su uno degli ambiti espositivi al piano terra del Palazzo dell’arte, Mendini accosta all’interno di Gae Aulenti, allestito da Mario Bellini, un archetipo architettonico di chiara matrice rossiana, che ospita disegni originali di Rossi selezionati dalla Collezione permanente Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna. Valentina Riccciuti 236 | ESTATE 2011

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documentazione a cura di Paolo Spadano

Ignazio Mazzeo, courtesy Studio Vigato Alessandria

Alessandria

New skin for the old ceremony

Negli spazi dello Studio Vigato, fino al 22 luglio, collettiva a cura di Bruno Benuzzi con opere di Armenia, Federica Del Piano, FReMO, Pierantonio Gallini, Andrea Massara, Ignazio Mazzeo, Valeria Urnel, giovani artisti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna al loro battesimo espositivo. Arezzo

Mauro Staccioli

A San Giovanni Valdarno (ar), promossa da CASA MASACCIO arte contemporanea, si è svolta la mostra documentaria Mauro Staccioli. Ripensare l’urbano, dal progetto alla scultura. L’esposizione, a cura di Claudia Mennillo, ha presentato disegni, maquettes e fotografie di Staccioli, a partire dagli anni Settanta e il progetto di ricollocazione, in un nuovo sito, delle Ruote realizzate dall’artista nel 1996 per San Giovanni Valdarno. Mauro Staccioli, installazione delle Ruote, 1996, San Giovanni Valdarno, courtesy Casa Masaccio

Pierluca Cetera, emiCRANIA pittura su tavola, courtesy Studio d’Arte Fedele Bari

Bari

Nicola Liberatore

La Galleria SPAZIOSEI di Monopoli (ba) ha proposto narrazioni, personale di Nicola Liberatore a cura di Mina Tarantino, arricchita da un testo di Santa Fizzarotti Selvaggi. In mostra opere “ottenute per interazione, per stratificazione, per strappi di fragili reperti estratti dalla memoria che si articolano intorno alla riflessione sul tempo e sulla “ricerca di una spiritualità più ampia per il nostro lacerato presente”.

Chiara Fumai

Nicola Liberatore, Narrazione, 2011, carte, cartone, pigmenti, oro pallido, cm.70x46x6, courtesy Galleria SPAZIOSEI Bari Vittorio D’Augusta, couretsy Studio Vigato, Bergamo

Da Muratcentoventidue Artecontemporanea, si è svolta una personale dell’artista romana Chiara Fumai, a cura di Antonella Marino, dal titolo Valerie Solanas non è nata ieri. Tracce fisiche o sonore, indizi stratificati e sparsi, un vero e proprio non-racconto messo in scena nei due ambienti della galleria.

Pierluca Cetera

Lo Studio d’Arte Fedele di Monopoli (ba) ha proposto emiCRANIA (con aura), personale dell’artista tarantino, arricchita da un testo critico di Antonella Marino. In mostra dodici ritratti di stampo realista, realizzati da Cetera su neutre tavole quadrate; volti estatici o persi nel vuoto che vedono il loro stesso dissolversi, lasciando apparire l’”aura”. Benevento

Stefano Di Stasio

Nella doppia sede espositiva del Centro Art’s Events di Torrecuso (bn) e della BiblioMediateca Provinciale di Benevento, fino al 30 settembre Notizie dall’altrove, personale in cui Stefano Di Stasio espone alcuni dei suoi cicli pittorici, alcuni dei quali, come I viandanti della dormiente, realizzati appositamente per l’occasione. Bergamo

Vittorio D’Augusta

Ascoli Piceno

Stefania Fabrizi

All’Idioma Centro d’Arte si è svolta Il divino osservatore, esposizione di disegni enigmatici e raffinati. L’artista penetra l’opacità del nostro mondo, con un intreccio di angeli e atleti, guerrieri, pugili, supereroi e musicisti, con riferimenti che vanno dal fumetto alla storia dell’arte, dal cinema di fantascienza alla cronaca.

M.Calvani / A.Rossi

La Galleria Marconi di Cupra Marittima (ap) ha ospitato una doppia personale titolo Attraverso i contorni delle cose, a cura di Cristina Petrelli, che ha concluso la rassegna Troppo! La Galleria Marconi esagera! Le due artiste, Maria Chiara Calvani e Alba Rossi, si sono interrogate e confrontate intorno alle parole di Novalis “Quando si volesse innamorare qualcuno, chi sa come si potrebbe fare?”. Stefania Fabrizi, courtesy L’Idioma Centro d’Arte, Ascoli Pic.

Lo Studio Vigato ospita, fino al 2 luglio, Paesaggi della mente, a cura di Marisa Vescovo. Troviamo nelle opere dell’artista riminese una ricerca che va verso un concetto di spazio materico stratificato, attraversato da tramature e segni in libertà, piante che galleggiano nell’aria, scrostamenti, scritture diverse. L’esposizione di Vittorio D’Augusta fa parte del programma ARTDATE.

Wayne Thiebaud

Fino al 2 ottobre il Museo Morandi offre al pubblico italiano la rara occasione di vedere i lavori di una figura cardine dell’arte d’oltreoceano. La mostra, curata da Alessia Masi con la collaborazione di Carla Crawford, è al contempo un omaggio a Giorgio Morandi, poiché i dipinti di Thiebaud trovano collocazione nelle sale centrali del museo alternandosi alle opere del maestro bolognese, stabilendo un dialogo e sottolineando analogie e differenze, al di là della serialità e della ricerca cromatica immediatamente percepibili.

Bologna

Ketty Tagliatti

Terza collaborazione dell’artista ferrarese con la Galleria Studio G7. La mostra, a P punti, è stata incentrata sulla rappresentazione della rosa, attraverso le tecniche e i mezzi più vari è stata, motivo costante nel lavoro di Ketty Tagliatti negli ultimi anni.

Richard Nonas

P240 Arte Contemporanea e Libri ospita, fino al 24 settembre la mostra No-Water-In dello scultore americano Richard Nonas, artista che da sempre manipola i materiali più comuni, traendone opere di imbarazzante semplicità, ma al contempo lontani anni luce dalla freddezza minimalista. Nonas ha appositamente realizzato un libro d’artista, disponibile in galleria assieme al catalogo della mostra.

Wayne Thiebaud, Single and Doubledecker, 1998, olio su cartone telato, cm.27,6 x 35,2, courtesy Betty Jean Thiebaud Richard Nonas, No-Water-In, courtesy P240

Ketty Tagliatti, dal mio giardino, 2008, disegno, tela dipinta, raso, cotone, cm.260x290x10, courtesy Studio G7 Bologna Alba Rossi, Scripts for love stories, courtesy Galleria Marconi, Cupra Marittima

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MANUELA

BEDESCHI Doppio Quadrato

Casa Gallo di Carlo Scarpa Biblioteca Internazionale “La Vigna” Vicenza

AUTOVEGA srl - Arzignano (VI)

a cura di Maria Lucia Ferraguti presentazione di Massimo Donà da mercoledì 4 maggio a sabato 25 giugno 2011 mattino su appuntamento dal lunedì al venerdì ore 9 -12 pomeriggio dal martedì al sabato ore 16 -19 info: 0444 543000 - info@lavigna.it - manuelabedeschi@alice.it ingresso libero

Biblioteca Internazionale “La Vigna” Casa Gallo di Carlo Scarpa Palazzo Brusarosco Zaccaria Contrà Porta S. Croce 1- 3 Vicenza

con il patrocinio di PROVINCIA DI VICENZA

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documentazione

ZimmerFrei, Tomorrow is the question, 2010, courtesy Monitor

Zimmerfrei

Prima esposizione in uno spazio museale per il gruppo ZimmerFrei, formato nel 2000 da Massimo Carozzi, Anna de Manincor e Anna Rispoli. Fino al 28 agosto al MamBo campo | largo, a cura di Stefano Chiodi. In mostra un gruppo di opere appositamente realizzate e una selezione di lavori che testimoniano la multiforme attività del gruppo: video, installazioni, ambienti sonori, fotografie, dispositivi ottici e luminosi, tutte tappe di un’esplorazione del paesaggio naturale, della città e dell’universo sociale contemporaneo in cui vengono individuati ogni volta luoghi, immagini e tonalità emotive inattese.

Guy Denning, Ecuba trista misera e cattiva poscia che vide Polissena morta, olio e tecnica mista su tela, cm.76x61, courtesy Museo Magi’900, Pieve di Cento

Arno Rafael Minkkinen, Bird of Paltaniemi, 2009, courtesy Fondazione Bottari Lattes e Photo & Contemporary, Torino

Guy Denning

Il Museo Magi’900 di Pieve di Cento (bo) ha ospitato Dante’s Inferno, prima personale italiana per Guy Denning. L’artista inglese ha esposto 36 dipinti di varie dimensioni realizzati prevalentemente a olio e pittura aerosol spray, che rappresentano il primo momento di un progetto tripartito, ovviamente, in Inferno, Purgatorio e Paradiso, avviato già dal 1986 e cresciuto attraverso innumerevoli sperimentazioni, prove, appunti. Bolzano

Marco Di Giovanni

NORD - L’abisso originario, esposizione alla galleria Antonella Cattani, è parte del progetto NORD, articolato in tre momenti (oltre alla mostra presente, da annoverare Le distanze siderali alla Galleria Galica di Milano e NORD, dal mese di agosto all’Unicredit Kunstraum di Monaco di Baviera). Le installazioni di Marco Di Giovanni esplorano l’origine dell’universo allontanandosi dalla concezione classica di spazio e tempo, partendo invece dalla mitologia norrena e passando attraverso la narrativa di Asimov, fino a giungere alle ultime ricerche di fisica teorica.

Teresa Margolles

Fino al 28 agosto, il Museion ospita Frontera, esposizione di Teresa Margolles che fa parte di un progetto condiviso tra le città di Kassel e Bolzano, dedicato alla drammatica situazione della città messicana Ciudad Juarez. La mostra è curata da Rein Wolfs and Letizia Ragaglia, coadiuvati da Frida Carazzato, e si compone di diverse installazioni e dell’azione filmata dal titolo Camiseta, realizzata tra Juarez, Kassel e Bolzano. Teresa Margolles, Muro Baleado (Culiacán), 2009, Kunsthalle Fridericianum (Kassel), courtesy l’artista, foto Nils Klinger

Salvatore Arancio, Study for the Creation of a Moonchild, 2011, inchiostro su carta stampata, courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma

Cuneo

Jon Rafman, Brand New Paint Job, courtesy Fabio Paris Bs

Brescia

Jon Rafman

Fabio Paris Art Gallery ha ospitato l’esposizione Brand New Paint Job, prima personale italiana del canadese Jon Rafman a cura di Domenico Quaranta. Le opere sono il risultato di un continuo accumulo di immagini realizzate convertendo dipinti modernisti e mappandoli su modelli 3D, tentativo di accoppiare l’arte più raffinata col design amatoriale, entrambi liberamente disponibili in rete.

Ian Hamilton Finlay / Paolo Novelli

Fino al 17 settembre, alla Galleria Massimo Minini, due importanti esposizioni in contemporanea: Mean Terms del celebre poeta, artista e “giardiniere” scozzese Ian Hamilton Finlay e Interiors, personale di Paolo Novelli, a cura di Arturo Carlo Quintavalle. Como

Ester Negretti

Il Palazzo del Broletto ha fatto da cornice alla personale della giovane artista comasca Ester Negretti dal titolo Essenza e Materia. L’esposizione è stata curata da Matteo Galbiati e ha offerto un’ampia visuale sull’ultima fase creativa dell’artista, caratterizzata da grandi sculture ambientali e una sempre maggior vicinanza alle modalità espressive dell’Informale. Cosenza

Ente Comunale di Consumo

Alla Galleria Nazionale di Palazzo Arnone si è svolta questa ricca collettiva, a cura del direttore del CIAC, Claudio Libero Pisano, percorso sulla memoria di un paese, su come, non troppi anni fa, si viveva e si percepiva l’idea della ricchezza e della povertà. Lavori di Arena, Cametti, Carossa, Casini, Coser, Crispino, De Angelis, De Luca, Di Giugno, Rä di Martino, Dubbini, Giambrone, Gobbetto, Iaia, Mangano, Mele, Paris, Percossi, Perilli, Piangiamore, Pontrelli, Ricci, Ruffo, Rulli, Salvucci, Sanna, Sarra, Schivardi, Spaziani, Spinelli, Stampone, Zeneli. Ester Negretti, Essenza 29, cm.30x30, courtesy l’artista Como Ian Hamilton Finlay, Julie et Saint preux Paolo Novelli, THE HOLE, courtesy Massimo Minini Brescia

Vedere un oggetto, vedere la luce

Nella cornice del Palazzo Re Rebaudengo a Guarene d’Alba, sede della Fondazione Sandretto, con questa collettiva a cura di Ginny Kollak, Pádraic E. Moore e Pavel S.Pyś ha avuto termine il progetto Residenza per Giovani Curatori. La mostra ha proposto un eterogeneo insieme trans-generazionale di artisti come: Arancio, Barocco, Basta, Boetti, Camoni, Ciaramitaro, Fogliati, Francesconi, Fregni Nagler, Gennari, Giaretta, Isola e Norzi, Marcon, Alek O., Raceviciute, Rama, Sciaraffa.

Nudi d’autore: Fontana e Minkkinen

La Fondazione Bottari Lattes a Monforte d’Alba ha offerto al pubblico l’opportunità di approfondire il tema del nudo femminile e maschile negli scatti di due fotografi che indagano sul rapporto tra l’uomo e il suo spazio. Il curatore Valerio Tazzetti, titolare della galleria torinese Photo & Contemporary, ha creato un percorso espositivo composto da quindici scatti di Franco Fontana, realizzati tra gli anni Ottanta e Novanta, e quindici scatti del finlandese Arno Rafael Minkkinen, eseguiti dagli anni Settanta ai giorni nostri, tutti rigorosamente su pellicola. Fabriano

Fondazione Casoli

> La XII edizione del Premio Ermanno Casoli, assegnato dall’omonima Fondazione, è stata vinta da Francesco Barocco. L’artista è protagonista, fino al 29 luglio nella sede di Elica, di una mostra didattico-laboratoriale dal titolo I saettatori, che coinvolge i dipendenti dell’azienda nella condivisione di un’esperienza artistica di alto rilievo. L’esposizione è composta da due nuclei di lavori quasi in simbiosi tra loro: da un lato le sculture sitespecific di Barocco, dall’altro dieci incisioni di grandi maestri della storia dell’arte. > Gli Ex Magazzini Latini hanno ospitato la collettiva Panorama, promossa dalla Fondazione, mostra impostata come riflessione sul concetto di paesaggio, inteso nella sua accezione più ampia, e omaggio per i 150 anni di unità nazionale, focalizzandosi sulle ricchezze del paesaggio italiano. Curata da Marcello Smarrelli, direttore artistico della Fondazione, l’esposizione ha presentato opere di Ettore Favini (con il Liceo Artistico E. Mannucci di Fabriano), Andrea Nacciarriti e un’installazione dal titolo Paesaggio sonoro, realizzata dall’architetto Giacomo Fava in collaborazione con la dj Giorgia De Robertis. Andrea Nacciarriti, ABOUT 9000 (the Gustloff ), 2011 sabbie, dimensioni variabili, courtesy Eva Tordera

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Graphic by Saverio Genovese

ROSARIO GENOVESE

MOSTRA ANTOLOGICA

Comune di Catania Assessorato alla Cultura Palazzo della Cultura - ex Convento San Placido 29 Ottobre / 20 Novembre 2011

COMUNE DI CATANIA ASSESSORATO ALLA CULTURA E GRANDI EVENTI

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www.rosariogenovese.com

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documentazione Firenze

Carole Feuerman

ARIA Art Gallery presenta fino al 22 settembre hyperbodies, personale dell’artista americana Carole Feuerman sempre in bilico tra reale e irreale, tra visibile e invisibile, fisico ed etereo. In esposizione sculture in resina e in bronzo che ritraggono il corpo umano nei suoi minimi dettagli, talora frammentandone le parti, per dare ampio spazio all’immaginazione dello spettatore. Carole Feuerman, Moran, courtesy ARIA Art Gallery

Gianni Moretti, Great Expectations, 2010, acetato inciso, dimensioni variabili (particolare), courtesy Il Frantoio MIchelangelo Pistoletto, Coniglio appeso, 1972, serilitografia su acciaio lucidato a specchio, cm.70x100, courtesy Il Frantoio

Grosseto

Uno, nessuno ...

Alessio Rota, Ebraism, 2011, tecnica mista su tela, cm.50x70, courtesy Paolo Erbetta

La Galleria il Frantoio di Capalbio (gr) ha proposto la mostra Uno, nessuno …, con opere di Andrea Aquilanti e Gianni Moretti, con un ospite d’eccezione: Michelangelo Pistoletto. La mostra, a cura di Davide Sarchioni, non è un omaggio al pensiero pirandelliano, ma un rimando alla contrapposizione fra i binomi presenza / assenza, permanenza / fugacità, parole chiave legate al tema dell’autorappresentazione e alle possibilità di raffigurazione del reale.

Foggia

L’Aquila

Alessio Rota

La Galleria Paolo Erbetta ha proposto una personale di Alessio Rota dal titolo Stop-motion. Le tele realizzate per la mostra rappresentano scenari urbani di una globalità resa tale dal potere dell’informazione, frutto di una ricerca che nasce dall’osservare la città contemporanea, in particolar modo le aree più anonime, ma ricche di vitalità, come le periferie. Foligno

Giuseppe Uncini

Fino al 15 settembre, al C.I.A.C. - Centro Italiano d’Arte Contemporanea la retrospettiva Giuseppe Uncini: i primi e gli ultimi, dedicata ai lavori del grande artista italiano scomparso nel 2008. Muovendo dal disegno critico di Bruno Corà e Italo Tomassoni, direttore del Centro, la mostra mette a confronto le opere che segnano l’esordio dei primi Cementarmati (1957) con i lavori dei cicli Architetture e Artifici, concepiti e realizzati dall’artista negli ultimi anni della sua vita, sottolineando in particolar modo l’attitudine di Uncini a “costruire” nel tempo l’organismo dell’opera. Genova

CORPICRUDI

Il duo formato dagli artisti genovesi Samantha Stella e Sergio Frazzingaro, ha presentato da Guidi&Schoen Arte Contemporanea, il nuovo progetto multimediale Le Vergini, nato da una riflessione sul valore della bellezza e sulla sua possibile condanna, tematica ispirata visivamente a due pellicole di culto: Picnic at Hanging Rock di Peter Weir (1975) e The Virgin Suicides di Sofia Coppola (1999). Accanto ad una selezione di immagini in bianco e nero, è stata esposta un’installazione con tre video e un libro d’arte in edizione limitata, con un testo di Claudia Attimonelli e un’introduzione del poeta ed editore Massimo Tantardini.

CORPICRUDI, Le Vergini, Immagine 5, courtesy Guidi&Schoen

ASTRATTA UNO

La Fondazione Zappettini di Chiavari (ge) ha inaugurato ASTRATTA, una serie di quattro esposizioni pensate allo scopo di focalizzare l’attenzione sul concetto di persistenza dell’opera pittorica e scultorea in un contesto nazionale e internazionale sempre più articolato e sempre meno leggibile. In questa prima collettiva, aperta fino al 22 luglio, troviamo opere di De Alexandris, Floreani, Grimaldi, Habicher, Minoli e Pardi.

Anna Galtarossa

Il Mostro di Castelvecchio, opera del 2009, ha “fatto una passeggiata” nel centro della città, mescolandosi ai cittadini per “rivelare la potenza dei sogni, ricordare la forza dei sogni, mostrare che i sogni possono vincere ogni avversità, provare che i sogni sono sempre vittoriosi”. La passeggiata del Mostro è il primo di tre appuntamenti concepiti all’interno del progetto L’Aquila l’identità del contesto, a cura di Francesca Referza e Maria Rosa Sossai.

Coen Hamelink e il leggendario Jimmy Joe Roche; infine, in Pop Compilation, i vinili dipinti da Chekos’Art, Stencilnoire, Frank Lucignolo, Elkemy, Crash, Christian Montagna, Biodpi, Awer, Last 22, Ariane Pasco, Wilde, William Vecchietti, Dott. Porkas, Francesco Nox, Ian Walker, Maniac, Antonia Buffi, Omino 71, Rab Street, Bol 23, Giulio Ctrlz, Mr.P, Nocci, Leg, Trs, Valentina Sky, Stelle Confuse, Gavis’art, Zamo. Matera

Francesco Somaini

La sempre suggestiva cornice dei Sassi di Matera ospita fino al 9 ottobre la venticinquesima edizione di Le Grandi Mostre nei Sassi, quest’anno dedicata allo scultore Francesco Somaini. La ricca antologica, il cui allestimento è affidato all’architetto Alberto Zanmatti, comprende 135 opere (75 sculture, 40 disegni e una ventina di medaglie e piccole tracce), datate tra il 1943 e il 2005, alcune delle quali ospitate, , in collaborazione con la Soprintendenza di Matera, a Palazzo Lanfranchi. Francesco Somaini, Affermativa I, 1958, courtesy Archivio Somaini

La Spezia

Premio del Paesaggio 2010-2011

A La Marrana Arteambientale, Associazione Culturale di Ameglia (sp), è stata risonosciuta una menzione speciale al Premio del Paesaggio 2010-2011 del Consiglio d’Europa. Il Premio consiste nel “riconoscimento formale dell’attuazione di una politica o di provvedimenti intrapresi (da almeno tre anni) da collettività locali, o regionali, o dai loro consorzi, per la salvaguardia e/o la pianificazione sostenibile dei paesaggi”, il tutto ispirandosi alle linee guida della Convenzione del Patrimonio Mondiale UNESCO (1972). Il riconoscimento è giunto in relazione al Parco di arteambientale di Montemarcello, che raccoglie in una zona soggetta a vincolo paesaggistico 35 installazioni create da artisti tra i più noti a livello mondiale, da Kounellis a Kosuth, Spalletti, Mainolfi, Fabre, Fulton, Rantzer, Roccasalva, Losi, Airò, vedovamazzei, Benedini, Mocellin e Pellegrini, Golba, Azuma, Campos-Pons, ma anche per il Premio PALMA che promuove la collaborazione di artisti e architetti e, più specificamente, al progetto di riqualificazione architettonica e artistica di Piazza Verdi alla Spezia promosso dall’Associazione. Lecce

Pop Revolution

Primo Piano LivinGallery offre al pubblico il suo annuale appuntamento con la cultura pop, quest’anno col titolo di Pop Revolution. La mostra, a cura di Dores Sacquegna, è suddivisa in tre sezioni e attraversa tutti i linguaggi contemporanei con la partecipazione di artisti nazionali e internazionali affermatisi tra gli anni ’80 e ’90, con uno sguardo sempre attento alle nuove generazioni: in Pop Textures troviamo opere di Florence Mc Ewin, Sun-Young Jin, Yuki Snow, Silje Jensen, James Rosenthal, Anna Neizvestnova, Gretchen Geser, Novemto Komo, Soh Ee Shaun, Silvia Maria Guarnieri, Marina Comandini, Rodrigo Mafra Tribadalli; in Pop Culture, Kirsty Greenwood, Milos & Slavica Rankovic, Nobuko Otake, Pierre-Paul Pariseau, Roseanna King, Stefan HavadiNagy, Johnny Jenkins,

Giannantonio Vannetti e Daniel Buren, Piazza Verdi a La Spezia, courtesy La Marrana Florence Mc Ewin, courtesy Primo Piano LivinGallery Nobuko Otake, courtesy Primo Piano LivinGallery

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attività espositive EVENTI D’ARTE PER I 150 ANNI D’ITALIA Il 2011 è un anno particolare per noi italiani, lo sappiamo bene ormai. Da mesi si rincorrono celebrazioni, eventi e inevitabili polemiche. Il mondo dell’arte non è rimasto certo a guardare passivamente, diverse iniziative più o meno grandi, istituzionali o private, celebrative o critiche, si rincorrono su e giù per lo stivale. Indicarle tutte non è impresa semplice, ci limitiamo a segnalare gli eventi tra i più significativi. * Nel nuovo Museo civico del secondo risorgimento d’Italia di Rocchetta al Volturno (is), si è proposta la mostra 150 artisti per l’Unità d’Italia, evento ideato da Michele Peri e curato da Tommaso Evangelista con l’intento di ripercorrere le tappe fondamentali della storia nazionale, partendo dal fiume Volturno (luogo simbolo per uno dei fatti d’armi decisivi tra garibaldini e truppe borboniche) e rivolgendo lo sguardo al resto del paese, ai colori e ai significati simbolici della bandiera italiana. Sono stati 140 gli artisti “di casa” presenti, provenienti da tutte le regioni, più 10 ospiti internazionali che vivono e operano nel nostro paese, con i quali è d’obbligo e fruttuoso un serrato confronto: l’arte unisce, fa saltare i confini (tanto più che sappiamo come l’identità nazionale sia nata molto prima a livello culturale, che politico) e in quest’ottica l’Unità d’Italia costituisce, sì, il punto di partenza, ma l’unità globale resta quello di arrivo. Contributi dei critici Bruno Corà, Enzo Battarra, Enzo Santese, Lorenzo Canova. Tra gli artisti presenti Anelli, Arcuri, Bollani, Chiodi, De Mitri, De Palma, Ekman, Esposito, Mainolfi, Marchese, Munk, Palumbo, Pesce, Pulvirenti, Shigeru, Savelli, Tagliafierro. La mostra è partita da giugno con un vero e proprio tour per l’Italia: Palazzo Caetani di Sermoneta, Museo Civico di San Severo, Galleria Cavour di Bologna, Galleria Limiti Inchiusi di Campobasso, per poi trovare una sistemazione definitiva nel museo di Rocchetta al Volturno. Hanno partecipato alla speciale installazione L’Italia è desta?: Nino Barone, Arturo Beltrante, Paolo Borrelli, Elio Cavone, Angelo Cianchetta, Carmen Del Russo, Lucia Di Miceli, Ermelindo Faralli, Elio Franceschelli, Walter Giancola, Antonio Giordano, Dante Gentile Lorusso, Renato Marini, Massimo Palumbo, Sara Pellegrini, Michele Peri, Luciana Picchiello, Nazzareno Serricchio, Benvenuto Succi, Antonio Tramontano. Dario Carmentano, Siam pronti alla morte, courtesy l’artista

Luca Pontarelli, Senza titolo, courtesy l’artista

* A Roma, fino al 29 luglio, Gagosian Gallery propone Made in Italy, collettiva curata da Mario Codognato che intende tracciare un inedito percorso italiano attraverso l’opera di alcuni tra i maggiori artisti degli ultimi 60 anni ricostruendo l’iter personale e creativo che li ha portati, durante la loro carriera, a confrontarsi con quel patrimonio universale chiamato Italia. L’irresistibile attrazione esercitata dal “Bel Paese” nei confronti degli artisti del resto del mondo affonda le radici nel passato profondo e, com’é noto, conosce il momento di splendore a cavallo tra Settecento e Ottocento, all’epoca del cosiddetto Grand Tour, quando artisti-viaggiatori inglesi, americani, francesi e tedeschi varcavano le Alpi per toccare con mano la grande tradizione classica conosciuta solo sui libri, i capolavori di un passato idealizzato, ma anche il brivido di uno stile di vita diverso e alternativo rispetto a quello che conoscevano in patria. La mostra fa sorprendentemente notare come, a oltre tre secoli dall’inizio di questa tradizione, l’esperienza italiana rimanga anco-

Cindy Sherman, Bacchino malato, 1990, courtesy Gagosian Gallery Roma e l’artista

ra così rilevante da emergere, a volte ripetutamente, nella produzione di numerosi artisti moderni e contemporanei come Georg Baselitz, Jean Michel Basquiat, Joseph Beuys, Marcel Duchamp, Alberto Giacometti, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Damien Hirst, Howard Hodgkin, Mike Kelley, Jeff Koons, Louise Lawler, Roy Lichtenstein, Richard Prince, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Richard Serra, Cindy Sherman, David Smith, Thomas Struth, Cy Twombly, Andy Warhol, Lawrence Weiner. * A Roma, la Galleria Maniero festeggia i 150 anni dell’Unità d’Italia con la mostra corale Fratelli d’Italia, progetto ambizioso che vede coinvolti venti artisti, uno per regione, che si alterneranno in gruppi di tre, ogni due settimane, fino al 25 novembre. L’evento è un omaggio al nostro inno, alla nostra storia, una testimonianza di fratellanza attraverso una lunga e inconsueta passeggiata tra le pieghe dell’arte contemporanea del nostro paese. Di ogni artista saranno presentate due o tre opere a sua scelta, mentre una terza sarà realizzata appositamente su un supporto della forma della regione di appartenenza. L’insieme di questi lavori, durante l’ultimo appuntamento, dal 9 al 25 novembre, che vedrà coinvolti tutti i protagonisti, ricomporrà nella pluralità di stili, tecniche e linguaggi la cartina della nostra nazione. Questi gli artisti coinvolti nel progetto: Benuzzi (Sardegna), Enrica Borghi (Piemonte), Maurizio Cannavacciuolo (Campania), Andrea Chiesi (Emilia Romagna), Fabrice De Nola (Sicilia), Alberto Di Fabio (Abruzzo), Tamara Ferioli (Lombardia), Ettore Frani (Molise), Sarah Ledda (Valle d’Aosta), Tommaso Lisanti (Basilicata), Carla Mattii (Marche), Franco Passalacqua (Umbria), Simone Racheli (Toscana), Ascanio Renda (Calabria), Max Rohr (Trentino Alto Adige), Massimo Ruiu (Puglia), Serse (Veneto), Antonio Sofianopulo (Friuli Venezia Giulia), Francesca Tulli (Lazio), Corrado Zeni (Liguria). * A Torino, alla galleria Alberto Peola personale di Gabriele Arruzzo dal titolo L’Affossamento. La mostra ha preso vita dal contesto culturale e sociale di Torino, città al centro delle celebrazioni essendo stata la prima Capitale del Regno. Se all’arte chiediamo di sollecitare uno sguardo diverso, obliquo su fatti e rappresentazioni, Arruzzo sceglie di suggerire parti “in ombra”, meno conosciute o non celebrate, di un fenomeno storico complesso come il Risorgimento, rimandando fin dal titolo dell’esposizione a un’idea di progetto incompiuto, di rivoluzione in parte tradita. L’artista rappresenta tutto e il contrario di tutto, come la stampa popolare di fine ’800 che, mostrando l’ossimoro di un Garibaldi-Cristo, rispecchiava un paese che ha sempre basato tanto della sua gloria proprio sulle sue stesse contraddizioni, un paese di “poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori e trasmigratori”.

Alberto Di Fabio, Respiro, 2008, acrilico su tela, cm.109x95, courtesy galleria Maniero

* Ad Assisi, l’OmpSi - Osservatorio per il Monitoraggio della Pace e della Sicurezza Territoriale ha presentato, nella sede di Palazzo Monte Frumentario, la mostra 150 Artisti Fratelli in Italia. L’arte è strumento di dialogo e di unità tra i popoli, per cui fare arte significa promuovere forme di integrazione in continua evoluzione, questo lo spirito con cui questi artisti hanno preso parte alla manifestazione: Buhamadi, Cagliostro, Agostino Cartuccia, Alberto Lovisi, Albino Ripani, Andrea Zega, Anna Carpineti, Antonio Lunati, Banus Tudor, Bina Pranteda, Sergio Bizzarri, Bruno Ramadori, Carla Abbondi, Carlo Ballesi, Carlo Jacomucci, Carlo Maria Giudici, Carmelo Rodà, Carmen Arena, Carmen Lietz, Clarissa Vokan, Claudio Calvitti, Claudio Turina, Giuseppa Corri Russo, Daniela Gabeto, Daniela Ripani, Anatol Danielisin, Domenica Concilio, Domenico Nodari, Egidio Del Bianco, Elena Ostrica, Eligio Muner, Fabrizio Falchetto, Federica Cavaliero, Francesco Cento, Franco Bastianelli, Franco Palazzo, Gabriella Tolli, Gennaro Picinni, Germana Lorenzo, Gianluca Fumelli, Gianni Sutera, Giorgio Gost, Giovanni Firrincieli, Giuseppe Attili, Giuseppe Consolo, Giuseppe Vannini, Graziella Atzori, Guido Morichelli, Ivan Bono, Ivana Bomben, Ivana Ferraro, Khalil Soha, Laura Del Vecchio, Leonardo Lonigro, LeoNilde Carabba, Liliana Condemi, Lorenzo Viscidi, Luca Dall’Olio, Luca Tornambè, Lucia Spagnuolo, Luciano Busti, Marcello Diotallevi, Marco Arduini, Marco Cuttica, Marzo Zerrilli, Margherita Fascione, Maria Puggioni, Maria Teresa Stasi, Mario Migliorelli, Marisa Marconi, Martine Goyens, Maurizio Amorosi, Mauro Picinni, Nicoletta Versace, Paola Lusuardi, Paola Ruggiero, Paolo Benedetti, Paolo Mirmina, Paolo Silvano Ghersi, Paolo Vasuino, Patrizia Di Ruscio, Patrizio Zona, Piero Racchi, Piero Vittorino, Pino Lia, Raffaele Ariante, Reimholz Harald, Romeo Mesisca, Rossella Quintini, Sabela Bana, Sabrina Faustini, Salvatore Fornarola, Sandra Vinotti, Serena Fazio, Sergio Muntoni, Silvio Craia, Simone Butturini, Simone Cartolari, Stefan Balog, Stefania Galli, Stefano Frascarelli, Stefano Rosa, Suzana Lotti, Takane Ezoe, Valentina Vivacqua, Vanessa Mirabella, Veturia Manni, Vincenzo Pellitta, Vito Distante, Vito Sardano, Vittorio Amadio, Walter Greco. * Una bandiera viaggia per il paese e “cresce” di tappa in tappa, come testimonianza dello spirito nazionale che accomuna artisti e intellettuali di tutta Italia. Il progetto del tricolore viaggiante, TRE COLORI UNA BANDIERA E UN SACCO DI ARTISTI, è nato da un’idea di Massimo Casalini e consiste nel comporre man mano una bandiera italiana con l’aggiunta di piccoli ritagli (15x15 cm.) e redigere un breve pensiero sulla Patria in un quaderno allegato al vessillo. Il primo abbozzo di tricolore è partito da Livorno il 17 marzo, giorno clou delle celebrazioni istituzionali, e si è trasferito a Benevento dove un gruppo di artisti locali, “capeggiati” da Marco Romano, ha aggiunto il proprio contributo, lo stesso è avvenuto per la successive tappe di Marsala (tp), con referente Maria Rita Marino, e Pescara, dove il gruppo di artisti locali è stato coordinato da Anna Seccia. Il viaggio ha molte altre fermate in programma: Bari, Latina, Roma, Olbia, Fermo, Perugia, Firenze, Treviso, Parma, Genova, Ventimiglia, Torino, Varese, Milano, Novara. Al termine dell’avventura, il vessillo sarà consegnato al Presidente della Repubblica (con modalità ancora da definire) a testimonianza dei valori di unione, solidarietà e coesione nel mondo della cultura e dell’arte italiana.

TRE COLORI UNA BANDIERA E UN SACCO DI ARTISTI, gli artisti abruzzesi con la bandiera, courtesy Anna Seccia Carla Mattii, Type#8, 2009, nylon, courtesy galleria Maniero

Gabriele Arruzzo, courtesy galleria Alberto Peola

Simone Racheli, paradiso dentro - il maschio, 2010, china colorata e grafite su carta, cm.35x50, courtesy galleria Maniero

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documentazione Milano

Christopher Michlig

La galleria 1000eventi presenta PUNCTUALITY, prima personale italiana dedicata all’artista californiano Christopher Michlig. In mostra fino al 22 luglio una serie di serigrafie a tiratura unica, sculture, collages e un’istallazione a pavimento di cemento colato, indagine sulle piattaforme di comunicazione che popolano, punteggiano e descrivono il nostro spazio pubblico urbano.

Alberto Biasi

Alla Galleria Allegra Ravizza si è svolta Ricerca dal gruppo enne all’ottico-cinetico, mostra di Alberto Biasi a cura di Marco Meneguzzo. Presenti lavori attentamente selezionati per esemplificare alcuni temi centrali della sua ricerca, portati avanti con continuità per quasi mezzo secolo: dalle Trame del 1959 ai Light Prisms del 196567, dalle Torsioni ai cosiddetti lavori “ottico-dinamici”, il cui sviluppo è ancora in corso, e di cui erano presenti tre esemplari scelti dall’artista tra i più significativi. Alberto Biasi, Variable round image,1975 diametro cm.24, courtesy Allegra Ravizza

DIALOGOS

La galleria Assab One ha proposto DIALOGOS, progetto nato da un percorso che Ermanno Cristini, Luca Scarabelli e Alessandro Castiglioni sviluppano dal 2008 e figlio di altri due importanti progetti: Roaming, basato su mostre che durano l’effimero tempo di un’inaugurazione, e L’ospite e L’intruso, serie di mostre e incontri nello studio di Cristini con l’intento di affermare una pratica di confronto. Gli artisti che si sono “scelti”, per coincidenza o “affinità elettive”, per questa mostra sono: Castiglioni, Catelani, Breviario, Boot, Cristini, Morbin, Norese, Petercol, Sandri, Scarabelli, Speed, Spranzi.

Tim Berresheim

La galleria Cardi Black Box presenta fino al 22 luglio Tropical Dancer (Seeing is believing) 2007-2011 retrospettiva di Tim Berresheim, con una selezione di lavori a cura di Art At Work. La mostra racconta lo sviluppo della ricerca dell’artista negli ultimi anni, caratterizzata da diversi punti di contatto tra figurativo e astratto, accostando futuristico e fantastico. I lavori in mostra evocano il processo del collage, ma lo esplorano da un punto di vista completamente nuovo: quello della tecnologia e della sua relazione con la pittura.

Fregni Nagler / Roscic

La spazio principale della Galleria Monica De Cardenas ospita, fino al 30 luglio, Shashin no Shashin, personale di Linda Fregni Nagler, artista che utilizza la fotografia per indagare la tradizione e le convenzioni iconografiche. Punto di partenza per il suo lavoro sono foto anonime, scattate nell’Ottocento o nella prima metà del Novecento, rifotografate e ricreate attraverso un laborioso processo di mise-en-scène; troviamo così in mostra, ad esempio, una sequenza di 20 stampe in bianco e nero che ripropongono soggetti tipici della fotografia giapponese del periodo Meiji (1868-1912). La Project Room della galleria propone, invece, per la prima volta in Italia i lavori di Tanja Roscic, artista svizzera di origine croato-albanese che con le sue sculture, performance, disegni e collages interroga le strategie di formazione dell’identità, sia singola che collettiva, spesso provocando un forte e ironico confronto fra il soggetto e lo spettatore.

Linda Fregni Nagler, Two Young Maiko, 2009, stampa in gelatina d’argento, cm.40x30, courtesy Monica De Cardenas Tanja Roscic, Untitled, 2011, collage, olio, penna su carta, cm.33x25,3, courtesy Monica De Cardenas Tim Berresheim, courtesy Cardi Black Box Enrico Minguzzi, Decostruzione, 2011, acrilico su tela, cm.180x240, courtesy Cannaviello

Francesco Simeti, Wasteland, courtesy Francesca Minini

Enrico Minguzzi

Francesco Simeti

Gianfranco Pulitano, Shopocalypse (circuits series), 2010/2011, plexiglas, neon, PVC, componenti elettrici, display, video, courtesy Angel Art Gallery

Gianfranco Pulitano

Nella mostra Ordinary Life, in corso fino al 30 luglio alla Angel Art Gallery e curata da Alessandra Redaelli, Pulitano presenta l’installazione site-specific Shopocalypse, ardito incrocio di sociologia, architettura, nuove tecnologie e Urban Art. Nell’intricato sistema di cavi, canaline, display digitali e strutture in plexiglass, i gesti e le abitudini dell’uomo contemporaneo vengono stereotipizzati e messi alla berlina.

Francesco Jodice

La Galleria Artra ha esposto la più recente tappa del percorso artistico di Jodice, in una personale dal titolo I have seen this place before, curata da Angela Madesani. Negli spazi della galleria, opere appartenenti al ciclo What We Want, il video del 2004 The Morocco Affair e il progetto inedito At the end of the world. Francesco Jodice, I have seen this place before, courtesy Artra

Paolo De Biasi, Hardware, 2011, acrilico e collage su tela, cm.30X40, courtesy AREA B

Lo Studio d’Arte Cannaviello ha presentato Decostruzione, personale in cui Enrico Minguzzi ha proposto i suoi lavori più recenti, caratterizzati da forme piene e toni abbaglianti e capaci di provocare nello spettatore una vaga sensazione di smarrimento, lasciandogli il compito dell’interpretazione sotto la guida della pittura stessa in fermento.

Martha Rosler

Alla Galleria Raffaella Cortese, fino al 30 luglio, InPublic, prima personale in una galleria italiana per l’importante artista statunitense. In mostra lavori realizzati in periodi diversi e che indagano differenti tematiche a lei care, in particolare i fotocollage della serie Bringing the War Home (1967-72) e quelli riattualizzati di Prospect for Today, Point and shoot o Invasion (2008).

Wade Guyton

La galleria Giò Marconi presenta, fino al 23 luglio, Couleur et Fabrication, personale dedicata a Wade Guyton. La mostra propone una selezione di lavori del 2009, realizzati con il classico procedimento dell’artista americano: stampa a getto d’inchiostro sulle pagine di un catalogo di lampade. Catalogo d’artista in galleria. Wade Guyton, Untitled, 2009, stampa a getto d’inchiostro su pagina, cm.19,7x21, courtesy Giò Marconi

Paolo De Biasi

In corso fino al 29 luglio, alla galleria AREA B, una personale di Paolo De Biasi, a cura di Ivan Quaroni, dal titolo Able Baker Charlie Dog. Già il titolo svela la passione dell’artista nei confronti del linguaggio dell’America dei favolosi anni ’50: “Able Baker Charlie Dog”, ovvero ABCD, le prime quattro lettere dell’alfabeto fonetico usato dall’aviazione americana fino al ‘55, equivalenti alle odierne “Alfa Bravo Charlie Delta”. Nei dipinti in mostra scene all’apparenza prive di significato, parti di una narrazione tronca a cui è lo spettatore ad assegnare il senso che le pervade e le accompagna.

Alla galleria Francesca Minini Wasteland, personale di Francesco Simeti che nasce da idee esplorate nel 2010, dal progetto Bensonhurst Gardens (che l’artista sta preparando per la metropolitana di New York) e da recenti ricerche sull’idea di natura, in particolare del suo aspetto più selvaggio. In mostra, fino al 23 luglio, anche il video Scene di Disordine e Confusione, animazione in cui Simeti immagina il viaggio dei pellegrini nel Medioevo attraverso il paesaggio europeo e le sue foreste primordiali.

Franco Vaccari

Alla Fondazione Marconi si è svolta la personale Metacritic art di Franco Vaccari, riconosciuto ideatore, nel ’69, della formula “Esposizione in tempo reale”. In mostra alcune opere del 2009 in cui il maestro modenese dimostra l’analogia concettuale tra la produzione di carattere segnico nell’opera duchampiana e la cosiddetta Finanza creativa odierna, ma anche nuovi lavori in cui indaga legami formali tra Joseph Beuys e il leader della Corea del Nord Kim II Sung.

Nazareno Crea

La Gloria Maria Gallery ha presentato Mona Lisa di Nazareno Crea, parte del progetto ALFA Magazine Beauties and Beasties, serie di quindici lavori su imperiture icone della bellezza femminile che appartengono alla storia dell’arte, recentemente apparso all’interno della collettiva Graphic Design Worlds, tenutasi al Triennale Design Museum di Milano, lo scorso febbraio. Al centro del percorso di ricerca dell’artista calabrese le percezioni e le pratiche del vedere; nei suoi progetti il recupero di iconografie che appartengono all’immaginario collettivo per modificarle, riflettendo e ponendo interrogativi su fenomeni ed ossessioni del mondo contemporaneo. Nazareno Crea, ALFA magazine Beauties and Beasties, courtesy Gloria Maria Gallery

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attività espositive Matías Sánchez

La galleria Il Torchio-Costantini Arte Contemporanea ha ospitato Hablando como los locos, esposizione in cui Matías Sánchez ha presentato un ciclo di opere dalle quali si evidenziava un percorso apparentemente involutivo, quasi una sintesi espressionista, anticipazione forse di una futura ricerca astratta. Nelle tele, incredibilmente ricche di colori, ambigue figure ipermateriche che fanno riflettere sul mondo passato e futuro dell’arte, anche grazie a un attento studio dello spazio e degli equilibri cromatici, per dare vita a originali interpretazioni contemporanee di visioni quattrocentesche.

Il corpo come linguaggio. Anni Sessanta e Settanta

Leslie Robert (Les) Krims, Nude holding weather baloon, 1968, courtesy MFC Cinisello Balsamo

Al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (mi), fino all’11 settembre, mostra dedicata al tema del corpo, che tra gli anni Sessanta e Settanta diventa assolutamente centrale nell’ambito della società, del costume, della comunicazione, dell’arte. Il corpo come linguaggio si compone di lavori fotografici di dodici importanti autori italiani e stranieri scelti dalla curatrice Roberta Valtorta dalle collezioni del Museo: Basilico, Bailey, Brus, Buscarino, Carmi, Cerati, Gioli, Guidi, Krims, Mattioli, Neusüss, Vogt.

Piero Pizzi Cannella, Blu, 2009/’10 courtesy Fondazione Mudima

Alan Charlton

Da A arte Studio Invernizzi, fino all’8 luglio, mostra dedicata a un nuovo progetto di Alan Charlton. L’artista inglese, che utilizza fin dagli anni Sessanta il grigio (in stesura monocroma) come unico colore, presenta a Milano un insieme di 63 tele composte in sei diverse configurazioni, così da formare sei distinti lavori, ognuno con una sua propria tonalità di grigio. Come sempre in Charlton, colpisce la forte fisicità, la mancanza di qualsiasi referenzialità, l’autonomia, la rigida coerenza e il modo in cui le tele si impongono all’occhio di chi le osserva. Catalogo con un saggio di Antonella Soldaini.

Alan Charlton, courtesy A arte Studio Invernizzi Milano

Zhang Huan

Candice Breitz

La galleria kaufmann repetto ospita fino al 28 luglio Factum, nuova mostra personale di Candice Breitz. Negli spazi principali della galleria si snoda una video installazione composta da sei coppie (più un tris) di schermi al plasma, ciascuna corrispondente a una coppia (o un trio) di gemelli. Da anni il ritratto è un motivo centrale nella ricerca dell’artista; l’individuo è osservato in relazione alla collettività e nella propria interiorità. Il lavoro sui gemelli omozigoti arricchisce il discorso di implicazioni psicologiche, sociologiche e antropologiche che, insieme a una buona dose di ironia, restituiscono un multiforme e sfaccettato ritratto dell’individuo e della società in cui vive.

Candice Breitz, Factum Tang, 2010, dalla serie Factum, 2009, installazione video a 3 canali, 59’ 30”, courtesy l’artista e kaufmann repetto Milano

Piero Dorazio, Ideal I, 1968 olio su tela, cm.150x170, courtesy Lorenzelli Arte Milano

Entang Wiharso

Prima personale europea dell’indonesiano Entang Wiharso da Primo Marella Gallery, a cura di Rifky Effendy. La mostra, dal titolo Entang Wiharso. Love Me or Die, ha presentato un ricco nucleo di lavori tra installazioni, bassorilievi e dipinti, offrendo un’approfondita ed esaustiva panoramica sul linguaggio, sulla poetica e sui temi più amati dall’artista. Cuore dell’esposizione Temple of Hope, installazione di dimensioni monumentali riproducente l’architettura di un tempio dalle pareti di metallo scolpito con un ardito e finissimo gioco di luci a proiettare, tutt’attorno a sé, le ombre delle iscrizioni e delle immagini cesellate nei suoi muri.

Nelle due diverse sedi espositive della Rotonda di via Besana e della Fabbrica del Vapore si tiene la mostra dell’artista indiano Anish Kapoor, curata da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni. Un eterogeneo corpus di opere recenti consentono a tutti di comprendere la matrice concettuale del suo lavoro. Alla Rotonda, fino al 9 ottobre, troviamo una selezione di sculture e la monumentale installazione di cera rossa My Red Homeland (2003). La Fabbrica del Vapore ospita, invece, fino all’11 dicembre un’installazione site-specific costituita fondamentalmente da un lungo tunnel in acciaio lungo circa 60 metri, più una sezione dedicata a 36 progetti architettonici e di installazioni ambientali.

Michael Schmidt

La Galleria Suzy Shammah ha proposto una personale di Michael Schmidt. In mostra un insieme di fotografie, rigorosamente in bianco e nero, scattate intorno al muro di Berlino nell’autunno/inverno degli anni 1989/’90 e recentemente estratte dal vasto archivio dell’artista tedesco per la pubblicazione del volume 89/90. Sempre in bilico tra particolare e generale, primissimo piano e veduta panoramica, ogni fotografia di Schmidt rappresenta non solo una semplice immagine, ma l’elemento imprescindibile di una costellazione più ampia.

Lorenza Boisi

La Federico Luger Gallery ha presentato Water and Me, personale dal suggestivo titolo che insinua la reciprocità di un riversamento liquido tra l’immaginario inusuale dell’artista ed il suo “Io”. In mostra opere di grande formato “poste” da Lorenza Boisi in precario equilibrio tra astrazione e figurazione, elementi tra i quali le tele ancor più che oscillare, sembrano in tutto e per tutto “vibrare”.

Alla galleria ProjectB fino al 22 luglio, personale a cura di Elena Geuna di uno tra i più significativi artisti della scena contemporanea cinese. In Ash Banquet, Zhang Huan presenta cinque Ash Paintings, opere cariche di spiritualità (fortemente di stampo buddista) realizzate con la cenere, percepita non come un semplice materiale, ma come una sorta di anima, memoria e benedizione collettiva. Speciale omaggio alla città di Milano e all’arte italiana, la riproduzione del cenacolo vinciano come richiamo a una sacralità antica, intima e universale.

Anish Kapoor

Colour moves Surface

Da Lorenzelli Arte è in corso fino al 16 Luglio Colour moves Surface, collettiva all’insegna delle infinite potenzialità del colore, che propone un confronto fra una selezione di dodici artisti che, pur operando ognuno con strumenti e tecniche diverse, portano in sé un messaggio che si fonde alla perfezione con gli altri presenti. Gli artisti: Arcangelo, Baertling, Bill, Dewasne, Dorazio, Groom, Icaro, Jenkins, Pasmore, Pierluca, Pizzi Cannella e Ufan.

Chinatown riannoda i legami tra due civiltà tanto lontane, sul filo di una condivisa memoria simbolica che sa riecheggiare in entrambe. Nel mese di settembre, l’esposizione si terrà al Musée d’Art Modern de SaintEtienne in Francia.

Lorenza Boisi, It’s whater that makes me love you (è l’acqua a farmi innamorare di te), 2011, olio su tela, cm.200x300, courtesy Federico Luger Milano Entang Wiharso, Temple of Hope, 2011 courtesy Primo Marella Gallery Zhang Huan, Ash Banquet, 2011 cm.130x300, courtesy ProjectB Milano Anish Kapoor, C-Curve, 2007, acciaio inox, cm.220x770x300, courtesy l’artista e Lisson Gallery, Londra

Piero Pizzi Cannella

Si è tenuta nelle sale della Fondazione Mudima la mostra CHINATOWN. Invito al viaggio di Piero Pizzi Cannella, a cura di Gianluca Ranzi. La mostra è stata incentrata sull’ultima serie di opere dell’artista: sessantadue carte per mettere in luce quanto il dialogo tra la cultura occidentale e quella orientale possa ancora produrre risultati inediti e curiosamente convergenti. 76 -

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documentazione Gehard Demetz

La personale di Gehard Demetz alla Galleria Rubin, dal titolo Mutterland ha offerto al pubblico una panoramica degli ultimi lavori del maestro altoatesino, dodici pezzi, dalle piccole e grandi sculture in legno fino alle fusioni in bronzo, tutti caratterizzati dalla peculiare tecnica del non finito, o ancora meglio dell’incompleto.

Giovanni Manfredini

Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea presenta negli spazi milanesi della galleria, fino al 25 luglio, la personale di Manfredini Veni Sancte Spiritus. Si rinnova in questa occasione la collaborazione con il maestro Ennio Morricone, da un componimento del quale la mostra prende il nome. Ancora una volta, l’artista sceglie il buio e la luce come mezzi della sua rappresentazione, sempre ricchissima di rimandi all’arte sacra, con figure trasfigurate e al contempo estremamente fisiche, sospese nella perenne dicotomia tra spirito e materialità.

Gehard Demetz, I am sorry to have forgotten the dreams I mode as child, 2010, legno, cm.170x37,5x31, dettaglio, courtesy Galleria Rubin Giannetto Bravi, Performance su un possibile utilizzo delle valige, Centro Apollinaire Milano, 1971, fotografie di Mimmo Jodice, courtesy galleria Apeiron

Giannetto Bravi

La galleria Apeiron di Macherio (mb) ha ospitato una personale di Giannetto Bravi intitolata 1965-1975, curata da Dario Brivio e Francesco Fossa. In mostra alcuni tra i lavori più rappresentativi realizzati nel primo decennio di attività, un gruppo di opere piuttosto eterogeneo che ha evidenziato l’attenzione dell’artista alle più ardite ricerche sperimentali del periodo, ibridate e poste come base per gli esiti successivi del suo lavoro, come ad esempio per la serie di tele Verifiche, ispirata alle ricerche optical di stampo centroeuropeo, ma con un uso del colore proveniente dalla Pop Art statunitense.

Giovanni Manfredini, Veni Sancte Spiritus, courtesy Mimmo Scognamiglio

Pino Settanni, Nudi e Allegorie, courtesy Lattuada Studio

Pino Settanni

Il Lattuada Studio ha voluto omaggiare il fotografo e artista Pino Settanni, scomparso la scorsa estate, con la mostra Nudi e Allegorie, a cura di Monique Settanni e con la presentazione dell’amico Giampiero Mughini. Lavori raffinati, quelli di Settanni, che solo un occhio attento, curioso ed elegante poteva creare, riproposti attraverso una selezione che mette al centro di tutto il tema della bellezza: splendore voluto e ricercato, immortalato, in molti casi, donando la notorietà o sancendo l’assunzione al rango di icona.

Arcangelo, I Sanniti del cielo, 2004, cm.41X56, courtesy PoliArt

Duval / Stricanne

Arcangelo

Alla Galleria Maria Cilena, fino al 29 luglio, Déjà vu et jamais, bi-personale delle artiste Emelyne Duval e Virginie Stricanne, a cura di Valeria Tassinari. Le due artiste belghe, la prima dall’impronta grafica e illustrativa, la seconda più classicamente da pittrice, restituiscono due modalità sincroniche e quasi simmetriche pur nella totale differenza formale, per riportare alla luce figure archetipiche che sanno appartenerci. La grafia nitida dell’una e le stratificazioni di colore dell’altra ripropongono il “già visto” come enunciazione di un percorso, lontano dal citazionismo, di riappropriazione appassionata e quasi febbrile.

Roberto Floreani

Le sale del MAGA di Gallarate (va) ospitano fino al 25 settembre Alchemica, esposizione di Roberto Floreani costituita da 27 opere, tutte di grande formato, articolata in diverse. Il progetto include, oltre ai lavori presentati in occasione di grandi personali all’estero e alla 53.Biennale Arte di Venezia, anche una serie di creazioni scultoree in ceramica, assoluta novità nella pratica dell’artista.

La PoliArt Contemporary ha dedicato ad Arcangelo la personale Danza Segou, a cura di Leonardo Conti. Molto legato alla terra africana, l’artista ha sempre cercato le energie culturali e spirituali da cui affiorano le identità dei popoli, interessandosi alle ritualità in cui si fondano credenze, costumi e simboli. Con intenso vigore pittorico, Arcangelo reinventa quelle ritualità, aggiungendoci sapori, atmosfere, colori e profondità in grado di presentarci una nostra inedita spiritualità attuale. Napoli

Francesco Padovani

La galleria CHANGING ROLE ha ospitato la mostra The soul of my soul, personale di Francesco Padovani a cura di Guido Cabib. L’artista ha presentato una serie di scatti espressamente pensati e prodotti per gli spazi espositivi della galleria: figure, prevalentemente femminili, ritratte con molta raffinatezza attraverso una superficie riflettente di fogli di alluminio.

Felice Levini, Tre ombre, 2008, matita e tempera su carta, cm.50x35, courtesy Zonca & Zonca Milano

piuma, ad esempio) che celano profonde contrapposizioni dialettiche; dietro i più banali e innocui oggetti possono sempre nascondersi minacciose insidie.

Sislej Xhafa

Fino al 12 settembre, al Museo MADRE Still Untitled, prima personale italiana di Sislej Xhafa, artista albanese “trapiantato” a New York. In questa mostra, destinata a restare chissà per quanto tempo “ancora senza titolo”, l’artista sviluppa con linguaggio multiforme e minimal, intriso di ironia quasi impassibile, il tema dei migranti e della clandestinità, smascherando significati e sottintesi sociali che ne costituiscono il risvolto oscuro e minaccioso. Sull’onda dei recenti fatti lampedusani, l’artista coglie l’occasione per presentare alcune grandi installazioni a tema e organizzare un’azione che crescerà nel tempo grazie alla collaborazione dei visitatori della mostra.

Felice Levini

La galleria Zonca & Zonca ospita fino al 22 luglio una personale di Felice Levini dal titolo Camere da viaggio. L’opera su cui la mostra è imperniata è una grande scultura, realizzata appositamente per l’occasione come una odierna wunderkammer, oggetto/scrigno che raccoglie esperienze passate, presenti e future. Esposti anche due dipinti di grandi dimensioni e una serie di disegni. Catalogo con testo di Marco Meneguzzo. Santiago Cucullu, The Chosen Few, courtesy Umberto Di Marino Napoli

Francesco Padovani, Autoritratto, courtesy Changing Role

Santiago Cucullu

La Galleria Umberto Di Marino presenta fino al 19 settembre la nuova personale di Santiago Cucullu dal titolo The Chosen Few, viaggio nella memoria e nella vita dell’artista argentino. Nelle opere in mostra, acquerelli e installazioni video, Cucullu trasforma i suoi interessi in un racconto avvincente a cavallo tra indagine e scoperta casuale, porta così a compimento riflessioni maturate negli ultimi anni, spostando l’attenzione dall’abituale raccolta di riferimenti culturali a una più diretta intromissione di dettagli del proprio quotidiano.

Sislej Xhafa, Khaleen, 2004, tappeto lavorato a mano, tessuto in Afghanistan, courtesy Collezione UBI - Banca Popolare di Bergamo Gerardo Di Fiore, Parnassus, courtesy Franco Riccardo Na

Gerardo Di Fiore

La Galleria Franco Riccardo Artivisive ha ospitato Parnassus, personale di Gerardo Di Fiore. Nelle opere in mostra dramma e ironia, vita e morte sono evocate e mescolate nell’incontro di materiali (marmo e gomma236 | ESTATE 2011

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attività espositive Jean Toche

Si è svolta al Museo Hermann Nitsch la mostra Jean Toche. Guerriglia dell’arte in America, grande occasione per approfondire il discorso dell’artista belga (ma da anni residente negli States), figura solitaria e anarchica che “rovista” quotidianamente tra le parole dei principali giornali mondiali per trovare nessi, bugie, paradossi sulla costruzione della paura, sul terrorismo, sulla caccia al petrolio e sul sistema dell’arte. In mostra i ritagli di articoli riassemblati e arricchiti con considerazioni proprie e suoi autoritratti in vari momenti della giornata e con espressioni ad hoc (a seconda della notizia), senza risparmio di critiche caustiche a ogni forma di potere.

Jean Toche, courtesy Museo Hermann Nitsch, Napoli

Mischer’Traxler Studio

La mostra Naturally Combined ha dato ufficialmente il via all’attività del Riot Studio. I giovani designer austriaci Katharina Mischer e Thomas Traxler, recentemente premiati al Salone del Mobile di Milano col Designers of the Future Award 2011, hanno presentato un progetto di design sostenibile curato da Marco Petroni in collaborazione con la Fondazione Plart. In mostra anche alcune moths lamps (lampade di/con falene) della serie RealLimited e dei reversed volumes bowls (ciotole con l’impronta di frutta e verdure).

Keller/Kosmas (Aids-3d)

Alla galleria T293 si è svolta Exotic Options, personale del duo statunitense formato da Daniel Keller e Nik Kosmas. La mostra era composta da oggetti unici, personalizzati e realizzati su misura, con una forte aura di espressionistica libertà, usualmente limitata dai protocolli legati al mondo industriale e ormai anche dell’arte. Composizioni multimediali, gobbi elettronici, insegne a LED, nel mondo di Aids-3d tutto contribuisce a creare un network per affrontare i rischi derivanti dal tentativo di realizzare opere uniche che soddisfino i criteri del marketing.

Keller/Kosmas (Aids-3d), Exotic Options, courtesy T293 Na

Maurizio Cannavacciuolo, Esercizio su amore interrazziale 5, olio su tela, cm.164x200, courtesy the Apartment Napoli

M. Cannavacciuolo

Alla galleria the Apartment ha avuto luogo l’esposizione Amori Interrazziali, esercizio di Maurizio Cannavacciuolo sull’amore come costruzione umana, incontro anatomico di due fisicità astratte. Gli oli di grande formato in mostra, coloristicamente molto caldi, hanno offerto ai visitatori un’esperienza di pittura avvolgente e totalizzante, fino al punto di immergerli al centro stesso della vicenda. Padova

Riciclarti 2011

All’ex Macello si è svolta l’esposizione delle opere degli artisti e dei designer partecipanti alla quarta edizione del concorso Riciclarti - Cantiere d’Arte Ambientale, a cura dell’artista Marisa Merlin e promosso dall’Associazione “ARTERIA”. Gli artisti selezionati sono: Antonello, Artuso, Barni, Bertocco, Bizzotto-Bonetti-NattiRanieri-Tognoni, Bottin, Bugada, Carpentieri, Casari, Cipollone, Cooper, Fanti, Ferretti, Fiordaliso, Fordin, Gentile, Gori, Klodian, Lodi, Mangiaracina, Pavan, Ricucci, Ruzza, Santuari, Serdino, Tironi-Yoshida, Trevisan, Videoinflussi-Antonio Martino. I designer: Artuso, Bragagnolo, Cremonese, Drop Soup Studio, Gastaldello, Maggi, Massolin, Passoni, Pastrello, Pozzetti, Reusabledesign, Romeri-Bettiga. Beatrice Barni, RITMO II, 2006, ferro grezzo, cm.57x32x9, courtesy l’artista

Giovanni Lombardini, Inventario, 2009, cm.100x100, courtesy Maab Studio d’Arte Padova

Mischer’Traxler Studio, moths lamp, dalla serie RealLimited, courtesy Riot Studio Napoli

Giovanni Lombardini

Maab Studio d’arte ospita fino al 9 luglio viaggio nel colore, personale di Giovanni Lombardini composta da venti opere che testimoniano il percorso creativo e la ricerca dell’artista negli ultimi anni, in particolare sulla capacità dell’arte di dialogare con l’ambiente circostante attraverso due elementi imprescindibili, il colore e la luce. In mostra le serie Scie (con una marcata connotazione luminosa), Rime (dal forte impatto cromatico), Inventari (in cui il confronto con l’ambiente è particolarmente evidente), ma anche Luce, Brine, Pietre Preziose e Visuale tattile. Palermo

Di Silvestre/ FoschiniIacomelli

La galleria Bianca Arte Contemporanea ha proposto Simultaneità degli opposti, esposizione che mette a confronto i virtuosismi segnici di Mauro Di Silvestre con le figure fluttuanti di Foschini/Iacomelli. Due differenti approcci pittorici, fatti di astrazioni tangibili che si riallacciano alla memoria e alle energie vitali di ricordi recenti, il cui rapporto è ben sottolineato dal titolo della mostra, preso in prestito da un’opera di Bruno Munari del 1950.

Sotto quale cielo?

Al Riso, Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia, ancora fino al 30 ottobre, Sotto quale cielo?, esposizione che costituisce la fase conclusiva di un progetto a cura di Daniela Bigi, che raccoglie opere di Massimo Bartolini, Flavio Favelli, Hans Schabus, Marinella Senatore e Zafos Xagoraris. I lavori esposti sono stati prodotti la scorsa estate in città e contesti siciliani molto diversi tra loro, a questi se ne sono aggiunti altri realizzati per l’occasione, sempre e comunque dedicati al paesaggio siciliano. Hans Schabus, Lungomare, 2010, courtesy Riso Palermo

Graziano Pompili, Acrolito, 1985-86, courtesy Galleria d’arte Niccoli Parma

Parma

Graziano Pompili

La Galleria d’arte Niccoli ha proposto un’ampia sintesi antologica di Graziano Pompili col titolo Der Weg | Il Cammino. La mostra, a cura di Roberto e Marco Niccoli, ha ripercorso l’attività dell’artista dalle prime opere degli anni ’70 fino ai nostri giorni, dai marmi alle terrecotte, dal simbolismo dalla casa al paesaggio e ai rimandi all’archeologia. Ricco catalogo in galleria. Perugia

L’altra faccia. Autoritratti contemporanei

Fino al 25 settembre a Le Gallerie dei Gerosolimitani, con la curatela di Rob Smeets, collettiva incentrata sull’autoritratto contemporaneo tra l’Italia e i Paesi Bassi. Ventisei gli artisti presenti tra pittori e scultori, italiani e olandesi: Arrivabene, Martinelli, Moore, Forattini, Pericoli, Scarpella, Bergomi, Papetti, Roose, Akkerman, Guida, Scazzosi, Marchetti, Mazzoni, Pander, van Poppel, Sebens, Pol, Buskes, Mantovani, Markard, Mogelgaard, van Albada, Wijngaarden, Timersma, Pulini. Jaap Roose, LUCTOR, 2011, olio su tela, cm.150x70, courtesy Le Gallerie dei Gerosolimitani, Perugia

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documentazione Caruso / Mingotti / Sciannella

Le sale per le mostre temporanee del Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte di Marsciano (pg) ospitano, fino al 31 luglio, la mostra 3 scultori a Marsciano. L’evento non costituisce un mero momento espositivo, ma l’avvio di un vero e proprio progetto per arricchire la collezione di manufatti in laterizio del Museo. In mostra i lavori di Alberto Mingotti, Giancarlo Sciannella e Nino Caruso, a cui è anche affidata la curatela.

Roma

American Dream Flavio Sciolé, RoseRosse, 2009, fotografia Michela Baldi, courtesy l’artista, Pescara

La Galleria Valentina Bonomo ha ospitato, con la mostra American Dream, le opere di cinque artisti di fama internazionale, mettendone a confronto idee e sensazioni. Chris Dorland, Farhad Moshiri, Jagannath Panda, Rona Pondick e Jonathan Seliger hanno espresso attraverso stili differenti e personali la propria visione del sogno americano, eterna e incondizionata fiducia nelle possibilità di affermazione fondata sul presupposto delle pari opportunità e di un avvenire sempre migliore per le generazioni future.

Chambres d’amis Pietro Mele, courtesy Placentia Arte

Giancarlo Scianella, courtesy Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte, Perugia

Domenico Bianchi, veduta dell’allestimento, Courtesy Galleria Cardi, Pietrasanta Lu

Pesaro

Contemplazioni d’arte... Arte in Ospedale

È l’Ospedale di Muraglia (pu) l’inusuale location della seconda tappa della mostra permanente Contemplazioni d’arte...Arte in Ospedale, percorso espositivo che rientra in un ampio progetto di riqualificazione, accoglienza e umanizzazione, messo in atto dalla Direzione dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord e curato dal critico Roberta Ridolfi. Al primo nucleo di opere fotografiche, inaugurato nel 2010, con lavori di Festi, Barbadoro, Cavallo, Pozzi, Dell’Agostino, Buzzetti, Giampaoli, si sono aggiunti in questa occasione i dipinti, le sculture e le installazioni di Antonelli, Baldini, Bue 2530, Dubbini, Gaggia, Irwin, Maffei, Natale, Niccolini, Pellegrini, Pierpaoli, Sguanci, Silue, Tamburini, Mona Lisa Tina e Vitali Rosati.

Dubossarsky & Vinogradov, How are you, ladies and gentlemen, 2000, olio su tela, cm.294x585, courtesy Claudio Poleschi Arte Contemporanea

Si è svolta al Museo di Arte Contemporanea di Nocciano (pe) la prima edizione di CORPO: Festival delle Arti Performative, ottima occasione per scoprire o ri-scoprire il mondo della Body Art, degli Happening e dell’Azionismo. Il Festival, curato da Ivan D’Alberto e Sibilla Panerai, si è composto di due sezioni: gli incontri-dibattito su artisti storici (arricchiti da video-performance) e i veri e propri interventi performativi dei giovani artisti Kyrahm e Julius Kaiser, Sylvia Di Ianni e Flavio Sciolè, nelle location del Museo di Nocciano, del Florian Teatro Stabile d’Innovazione di Pescara e del Teatro Marrucino di Chieti. Piacenza

Pietro Mele

Si è tenuta da Placentia Arte la personale di Pietro Mele dal titolo Another degree of normality, incentrata sulla specificità (non richiesta) dell’altissima concentrazione di attività militari in Sardegna, causa di un’altissima incidenza di malattie tumorali e genetiche nelle popolazioni interessate. Attraverso un percorso espositivo ricco di materiale documentario, ogni opera presenta sé stessa nella doppia veste di prova investigativa e creazione artistica, rilanciando il mai sopito tema di una possibile utilità sociale dell’arte. Pietrasanta (lu)

Domenico Bianchi

La Galleria Cardi ha proposto una personale dell’artista laziale Domenico Bianchi. L’esposizione era formata da ventuno lavori realizzati per l’occasione, caratterizzati dalla varietà dei materiali utilizzati, da rigorose geometrie e una potente dialettica tra centro e perimetro: le opere sono state concentrate sulle pareti “lasciando il centro libero di esistere come luogo degli accadimenti”.

From Russia with love

Si è svolta in varie sedi nel centro di Pietrasanta, principalmente Piazza Duomo, la Sala del Capitolo del Chiostro di S.Agostino e il Museo Virtuale della Scultura e dell’Architettura, l’esposizione From Russia with love, palcoscenico d’eccezione che ha visto protagonisti, nell’anno della cultura italiana in Russia e della cultura

Inés Fontenla

Nella Chiesa di San Filippino si è svolta la personale dell’artista argentina Inés Fontenla dal titolo Requiem Terrae. Nucleo centrale della mostra, a cura di Lucrezia Cippitelli, un’installazione con la quale l’artista ha denunciato l’uso indiscriminato delle risorse naturali da parte de genere umano, proseguendo di fatto la sua ricerca sull’eredità del mondo post-industriale e sull’idea di progresso che la società lascia al pianeta, visto come entità vivente da ascoltare e col quale relazionarsi trovando soluzioni di sviluppo partecipative e sostenibili. L’esposizione includeva anche la Carta della Terra, documento guida ratificato dall’Unesco nel Marzo del 2000 e una video animazione che ripercorre poeticamente la storia della Terra attraverso le mutazioni geopolitiche del secolo scorso.

Angelo Cricchi

Pescara

CORPO Festival delle Arti Performative

Inaugurato a Roma il nuovo spazio espositivo Chambres d’amis, pensato non per essere una galleria, ne’ un atelier d’arredamento, quanto piuttosto un luogo in cui dare la più ampia visibilità all’arte in ogni sua forma e in cui far coesistere stili e linguaggi in un dialogo aperto e fecondo. La mostra inaugurale, La stanza di Marilyn - Fashion & Art, fino al 31 luglio, vede fianco a fianco Monica Arbib (Bed Designer), Jo-Jo (Art Designer), Soie Chic (Fashion Stylist), gli artisti dan.rec, Claudio Di Carlo, Elastic Group of Artistic Research, Fabio Ferrone Viola, Anna Izzo, Emilio Leofreddi, Flavia Mantovan, Elia Sabato, Daniele Statera, Emanuele Vigo, Esteban Villalta Marzi e Gino Marotta (che presenta la collezione Natura Artificiale, realizzata in collaborazione con Artbeat).

Daniel Buren, Muri Fontane a 3 colori per un esagono

Olaf Metzel, courtesy Galleria Gentili

russa in Italia, gli artisti russi del momento: il collettivo AES+F e il duo Dubossarsky Vinogradov. L’evento è stato completato da un’esposizione a Palazzo Panichi dei giovani artisti Radek Comunity, David TerOganyan Alexey Buldakov, Peter Bystrov, Valery Chtak, Yevgeny Fiks.

La Galleria Doozo presenta fino al 5 settembre, con la curatela di Stella Gallas e Cristina Nisticò, Profilo d’acqua, mostra fotografica in cui Angelo Cricchi espone una straordinaria serie di Polaroid e stampe fotografiche frutto dei suoi viaggi lungo le principali arterie fluviali della Terra: Rio delle Amazzoni, Orinoco, Mekong, Huang-He, Mississippi, Nilo, Gange, Danubio. Cricchi dichiara di essere, attraverso queste immagini, costantemente alla ricerca “della presenza dell’acqua nello sguardo della gente”. Angelo Cricchi, Mekong, 2001, polaroid, cm.4x5, courtesy Galleria Doozo Roma Rona Pondick, Dwarfed Pine, 2010, bronzo e rame, cm.46x51x95, courtesy Valentina Bonomo Roma

Pistoia

Daniel Buren

Il parco di Villa Medicea La Magia - Arte Contemporanea, a Quarrata (pt), ha inaugurato Muri Fontane a 3 colori per un esagono, grande fontana monumentale realizzata in situ dall’artista francese Daniel Buren e donata alla città dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. Si tratta di un “luogo d’acqua”, una fontana-scultura luminosa, dalla pianta esagonale, che ricorda un antico ninfeo di marmo di Carrara. Prato

Olaf Metzel

Inés Fontenla, Requiem Terrae, particolare dell’allestimento, courtesy l’artista; chiesa San Filippino Roma

La Galleria Gentili ha presentato una mostra dal titolo Stai zitto quando parli, excursus sull’opera di Olaf Metzel. I lavori in esposizione sono il proseguimento dell’annosa discussione dell’artista sul tema del Giornale: grazie a collage, fotografia, pittura e rilievo, Metzel perpetua notizie che altrimenti sarebbero scomparse nel breve volgere della vita di un quotidiano; lastre d’alluminio accartocciate danno l’idea fisica della carta appallottolata e si fissano nella memoria sia come simbolo che come semplice oggetto da contemplare. 236 | ESTATE 2011

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attività espositive Elisabetta Diamanti

Si è tenuta allo Studio Arte Fuori Centro la personale di Elisabetta Diamanti Parentales Exuviae, curata da Loredana Rea, quinto appuntamento di Dissonanze transitorie, ciclo tematico di approfondimento che stimola la riflessione sul bisogno di contaminazione che sembra ormai caratterizzare la ricerca contemporanea in maniera determinante. La Diamanti, che qui espone una serie di fogli incisi, ma anche tele di lino o canapa che raccontano frammenti di una storia molto intima, segue Giuliano Mammoli, Elena Nonnis, Elettra Cipriani, Anna Maria Fardelli e precede Minou Amirsoleimani, che sarà protagonista del sesto e ultimo appuntamento del progetto.

Tim Ellis

Mario Schifano, Santuario,1985/’86, courtesy Alessandra Bonomo Tim Ellis, United in Different Guises - Midday on the Mount, 2011, acrilico, cotone, vernice e clip metalliche, cm.204x136, courtesy Furini Arte Sergio Breviario, La sposa persevera nel restare assente e questo preoccupa, 2007, gesso su legno, cm.173x35x32, courtesy fabio tiboni arte contemporanea

Fino al 16 luglio, da Furini Arte Contemporanea Sons of Pioneers, personale di Tim Ellis a cura di Rita Selvaggio. L’artista britannico giustappone materiali e oggetti appartenenti a mondi culturalmente diversi, interpellandone sia il valore formale che la finalità originale. Tale processo porta, attraverso salti logici e impercettibili alterazioni, alla ridefinizione delle nozioni di artefatto e artificio, nonché del principio di creatività e serialità. Emblematica la serie pittorica numerata progressivamente e raccolta sotto il titolo di United in Different Guises.

PARTE PRIMA (PIAZZA SANT’APOLLONIA)

Per celebrare i 25 anni di attività, la Galleria Alessandra Bonomo ha proposto una mostra dal titolo PARTE PRIMA (PIAZZA SANT’APOLLONIA), con cui ripercorre le tappe salienti di questo quarto di secolo d’esperienza. La varietà e il numero di opere ha consigliato di spezzare l’evento in due, per cui ci si è trovati per ora di fronte ai lavori degli artisti che hanno animato la galleria tra il 1986 e il 2002, periodo in cui lo spazio espositivo era appunto sito in Piazza Sant’Apollonia a Trastevere: Boetti, Choegyal Rimpoche, Lewitt, Schifano, Steir, Todd, Tremlett, Tuttle, Twombly. La seconda parte, prevista per l’autunno, ospiterà i lavori degli artisti che hanno esposto nel nuovo spazio di Via del Gesù.

Bongiorni / Breviario

Alla Galleria Marie-Laure Fleisch fino al 29 luglio Drawings by Two, bi-personale di Marco Bongiorni e Sergio Breviario a cura di Ludovico Pratesi. La mostra, concepita come una sorta di laboratorio in cui le singole ricerche si intrecciano tra loro, indaga la pratica del disegno come strumento di percezione ed esplorazione della realtà.

Francesco Sena, via nera / black way, particolare dell’allestimento, courtesy Franz Paludetto

Nana, Glee Smith, Gyatso, Ikeda, Leofreddi, Livadiotti, Molinari, Morgantini, Nicolaides, Onesti, Ontani, Orlandi Dormino, Ottavianelli, Paparatti, Parlato, Parres, Patel, Chegysal Rinpoche, Sal, Samagra (A.Maria Colucci), Serenari, Sodhon, Stucky, Takahara, Tarshito. Natale Platania, Casa e Struttura, courtesy l’artista

Negli spazi di The Gallery Apart, doppia personale con opere di Marco Bongiorni e Marco Strappato, dal titolo La ripetizione, qualora sia possibile, rende felici, preso in prestito da uno scritto del filosofo Søren Kierkegaard. Incontrandosi per questa esposizione, i due artisti hanno messo a confronto e a frutto ognuno le proprie ossessioni, Bongiorni per il disegno, Strappato per l’immagine. Testo critico di Andrea Bruciati.

Francesco Sena

Lo spazio espositivo di Franz Paludetto ha ospitato un’esposizione dal titolo via nera / black way. L’arte di Francesco Sena esce dalle costrizioni della bidimensionalità, le velature che impolveravano la sua pittura diventano stratificazioni di cera; personaggi e luoghi impressi su tavola diventano paesaggi e personaggi percepiti, a testimoniare che il processo di acquisizione di senso non può che passare dall’esperienza, dalla socialità, dalla vita.

Frédéric A.Courbet, French-cancan, 2000, acquerello, gouache, tecnica mista, courtesy Il Saggiatore

Marco Bongiorni, Selfportraits with baseball cap, 2010, grafite e acrilico su legno, cm.63x112 Marco Strappato, Thought was born blind, but Thought knows what is seeing, 2010, collage, cm.30x45, courtesy The Gallery Apart

Natale Platania

La Casa dell’Architettura - Acquario Romano ha proposto Intercisioni S/T, personale di Natale Platania a cura di Giuseppe Frazzetto. “S” e “T” stanno ovviamente per Spazio e Tempo, che nel loro “intercidersi”, letteralmente “si tagliano a metà l’un l’altro” dando vita agli Ambienti Emotivi dello scultore catanese, che passano continuamente dalla solidità all’etereo, dal pieno al nulla, questione oggi ancor più complicata dal proliferare del digitale, che moltiplica le S e le T potenzialmente all’infinito.

Bongiorni / Strappato

Naoya Takahara, Continenti, 2005, intervento su enciclopedie, cm.64x24x31, l’artista come Rishi Roma Luigi Ontani, progetto per Maschera, 2009-2010, china e acquerello, l’artista come Rishi Roma

Frédéric A.Courbet

Pirri / G.Merz

L’artista come Rishi

Alfredo Pirri, Verso N, 2006, cartone museale, vernice acrilica, resina epossidica, acciaio verniciato, cm.97x250x30, courtesy Oredaria Arti Contemporanee

Alla Galleria Il Saggiatore si è svolta una personale dell’architetto e pittore francese Frédéric A.Courbet dal titolo Segno e Movimento. Con la cura di Ingrid Courbet e il coordinamento di Carla Gugi, sono state presentate trenta nuove opere, tra oli, acquerelli e tecniche miste. L’esposizione è frutto della sinergia tra il Museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, Sala 1 - Centro Internazionale d’Arte Contemporanea, Bibliothè e l’associazione ASIA. L’artista come Rishi, con la curatela di Lori Adragna e Mary Angela Schroth, indaga sulla rappresentazione del sacro nell’arte contemporanea, in particolare cercando una convergenza, una “metafisica unitaria” tra pensiero occidentale e orientale, sia essa laica o religiosa. Questi gli artisti selezionati: Amirsolemaini, Aquilanti, Barchi, Boetti, Boyer, Cannistrà, Ceccobelli, Chordia, Cioffi, Cionci, De Dominicis, Dhondup/Liverani, Diodato, Drime, Fabrizi, Maimuna Feroze 80 -

Sono stati Alfredo Pirri e Gerhard Merz i protagonisti del sedicesimo capitolo del progetto Soltanto un quadro al massimo, all’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo. Per l’occasione, l’artista italiano ha scelto il lavoro Verso N, mentre il tedesco ha esposto Archipittura, un’opera in ottone inciso.

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documentazione Salerno

Art in Between

La Galleria Tiziana Di Caro propone fino al 29 luglio Art in between. Viaggio nell’immaginazione fluttuante, mostra collettiva a cura di Giacomo Zaza con opere di Olga Chernysheva, Sofia Hultén, Alexey Kallima, Susanne Kutter e Wolfgang Plöger. I lavori in mostra sono eterogenei in termini di media espressivi, ma in comune gli artisti selezionati hanno una precisa consapevolezza del mondo in cui vivono e l’attitudine ad analizzarlo con scrupolo, più che restarne coinvolti. Spoleto

Odissea Contemporanea Michele Cossyro, courtesy Galleria Giulia Roma

Palazzo Collicola Arti Visive ospita, fino al 30 ottobre, il progetto espositivo Odissea Contemporanea di Valentina Moncada, a cura di Gianluca Marziani. Sono esposte opere di grandi autori del ‘900 e probabili future star, gran parte conosciuti e scoperti da Valentina Moncada, altri collezionati o comunque incrociati nella storia della sua famiglia: Amstutz, Avedon, Cragg, Gavazzeni, Kiefer, Kusama, Landi, Mernini, Ontani, Picasso, Sicilia, Sugimoto, Turrell, Twombly, Whiteread, Zhen. Catalogo con testi di Valentina Moncada e Gianluca Marziani.

Tony Cragg, Aereoplane, 1979, plastica, cm.480x600, fotografia di Corrado de Grazia, courtesy Galleria Valentina Moncada Spoleto

Ketty La Rocca, courtesy Galleria Martano Torino

Torino Giuseppe Stampone, Saluti da L’Aquila, CIAC Castello Colonna Genazzano, Roma

Ketty La Rocca

Con la curatela di Lucilla Saccà, la Galleria Martano ha ospitato il lavoro di Ketty La Rocca, artista attenta e acuta nell’interpretare le problematiche del suo tempo e prematuramente scomparsa nel 1976, a soli 37 anni. La mostra Un’artista concettuale negli anni ‘70, enuclea il senso della sua ricerca che, attraverso collage, fotografia, la pratica della fotocopia e della performance è caustica verso la società dei consumi e dell’informazione, verso l’arretratezza della condizione femminile, verso il potere costituito dello Stato e della Chiesa ufficiale. La vasta produzione degli scritti risulta essere parte integrante del suo lavoro artistico e costituisce un necessario complemento alla comprensione del suo percorso creativo.

Melanie Gilligan Marco Maria Giuseppe Scifo, Ghiacciaio (particolare), 2011, penna indelebile su acetato, cm.100x70, courtesy Z20 Roma

Marco M. Giuseppe Scifo

La z2o Galleria | Sara Zanin ha presentato la prima personale romana di Marco Maria Giuseppe Scifo dal titolo Running Glance. La mostra a cura di Antonello Tolve, nel ricreare luoghi, cose ed eventi felici rappresenta un’azione di disapprovazione quasi sovversiva nei confronti dell’infelicità creata dalla Storia. L’evento espositivo è di fatto una trilogia progettuale composta da Shoot Baby Shoot, Iceberg e Life In The Polar Regions, work in progress che preme lateralmente sul senso di colpa con una presa diretta e istantanea della condizione terrestre, denuncia delle distrazioni della società di massa che si trasforma in rasoiata fulminea sull’attualità.

Michele Cossyro

SI è svolta alla Galleria Giulia Arte Contemporanea la personale di Michele Cossyro dal titolo Interspazio. In mostra dodici lavori in bronzo e lustri in oro di recente produzione, affiancati da quattro installazioni di grande formato. I titoli delle opere evocano le ultime scoperte della fisica e le nuove frontiere dello spazio: Particelle oscure, Buchi neri, Stringhe, Scorie, Viaggi, Echi dal fondo, Abissi e Bosone.

Passato - Presente. Dialoghi d’Abruzzo

Gli spazi del Castello Colonna, sede del CIAC - Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea del Comune di Genazzano (rm), hanno ospitato la mostra Passato - Presente. Dialoghi d’Abruzzo. Una selezione di sedici opere tra le più significative delle collezioni del Museo Nazionale d’Abruzzo di L’Aquila, dall’arte preistorica a quella romana, dalla rinascimentale a quella del Sei e Settecento, affiancate da altrettanti lavori contemporanei coi quali si sono instaurati rapporti di consonanza, a opera di Pascali, Catania, Crocetti, Dompè, Mauri, Patella, Cucchi, Nunzio, Pierelli, Spalletti, Afro, Palmieri, Ceroli, Dragomirescu, Familiari e M.E.Novello. A lato della mostra, Giuseppe Stampone presenta un lavoro dal titolo Saluti da L’Aquila: 25.000 cartoline con le immagini della situazione attuale della città e dei paesi circostanti da inviare ai responsabili delle istituzioni politiche e ai più importanti uomini di cultura e spettacolo internazionali.

La Galleria Franco Soffiantino propone, fino al 16 luglio, il lavoro vincitore dell’ultima edizione dell’Illy Present Futur Prize ad Artissima 2010, Popular Unrest della giovane artista Melanie Gilligan. Si tratta di un’opera in cinque episodi, girata a Londra, con un cast di dodici attori principali e ambientata in un futuro in cui tutte le interazioni sociali sono sorvegliate da un sistema chiamato Lo Spirito. La struttura del film è vagamente ispirata ai body horror di David Cronenberg e alle serie televisive statunitensi come C.S.I., Dexter, Bones, in cui la realtà è filtrata attraverso una visione quasi pornografica della medicina legale

OUVERTURE 2011

Torino Art Galleries, associazione composta da venti gallerie d’arte torinesi ha dato vita a OUVERTURE 2011, iniziativa realizzata grazie al supporto di Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea - CRT e al contributo di CCIA di Torino. La manifestazione si è proposta anche quest’anno come Week-End d’Arte Contemporanea comprendendo, oltre all’ormai collaudata formula dell’apertura simultanea delle gallerie associate, anche l’evento non-stop di Giorno per Giorno “Alighiero & Boetti Day”, organizzato da Artissima e Fondazione Nicola Trussardi e la visita guidata alla mostra Eroi, a cura di Danilo Eccher, in corso alla GAM. Le gallerie coinvolte: 41 Artecontemporanea, Alberto Peola, Allegretti Contemporanea, Ermanno Tedeschi, Gagliardi Art System, Galleria Dieffe, Galleria Franco Noero, Galleria Franco Soffiantino, Galleria Glance, Galleria Martano, Galleria Paolo Tonin, Galleria Sonia Rosso, Giorgio Persano, Guido Costa Projects, In Arco, Marena Rooms Gallery, Noire Alighiero Boetti, poster regalato a Mario Dellavedova rappresentante le Tigri del Panshir, con scritte di Alighiero Boetti in basso, courtesy Fondazione Spinola Banna Poirino, To

Melanie Gilligan, Popular Unrest, 2010, still da video, 67’, courtesy Galleria Franco Soffiantino Torino, Chisenhale Gallery, London, Kölnischer Kunstverein, Cologne

Contemporary Art, Norma Mangione, Photo & Contemporary, Weber & Weber.

Laboratorio Castula Ludica

In collaborazione con La Venaria Reale e l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, nell’ambito della mostra La Bella Italia in corso a La Venaria, il Gruppo Radici ha elaborato il progetto Laboratorio Castula Ludica, programma a cura di Claudio Pieroni di stampo didattico sperimentale che si sviluppa in parallelo ai contenuti delle opere presenti in mostra, fino all’11 settembre. Scopo del progetto è la creazione di un grande “quadro” tridimensionale, composto da scatole di cartone stampato di cm 40 x 40 x 40: un sistema che cresce all’interno degli spazi predisposti della Venaria Reale, sotto la direzione degli artisti e grazie al contributo attivo delle scuole e dell’utenza che vi prende parte dopo la visita alla mostra.

Persano e Radelet

I restauratori Galileo Pellion di Persano e Thierry Radelet, forti di anni di collaborazione ed esperienza nel campo della tutela dei beni culturali, hanno progettato uno spazio pensato per accogliere, studiare, conservare e restaurare le opere d’arte. È nato così il Laboratorio di restauro e analisi Persano e Radelet, all’avanguardia per competenze, spazi (900 mq) e servizi offerti a Musei, Fondazioni, Sovrintendenze, Gallerie d’arte e Collezioni private. Vedi intervista a pagina...

Alighiero Boetti

La Fondazione Spinola Banna per l’arte di Poirino (to) ha presentato Boetti e l’Oriente, progetto curato da Gail Cochrane, Mario Dellavedova, Amedeo Martegani, Luca Pancrazzi, costituito principalmente da un video di documentazione su un viaggio in Afghanistan con Alighiero Boetti di alcuni personaggi che hanno condiviso con lui questa esperienza. La mostra ha offerto materiale inedito, soprattutto fotografico, fornito da figure fondamentali vicine a Boetti, oltre che da alcuni artisti poi sbocciati nella seconda metà degli anni ’80. Hanno collaborato al progetto: Randi Malkin, Andrea Marescalchi, Giorgio Colombo, Pierpaolo Pagano, Rinaldo Rossi.

Barocco Conosciuti/Sconosciuti

Doppia esposizione al Castello di Rivara, fino al 31 luglio. Torna Barocco, esposizione-dialogo tra le poetiche di quattro donne arricchitasi con i grotteschi personaggi Pia Stadtbäumer, con le visioni neo-romantiche di Ilaria Ferretti, con la sinfonia di nuove forme e il tratto floreale di Elke Warth e, infine, col frutto dell’immaginario di Daniela Perego. La mostra Conosciuti/Sconosciuti si compone di quattro personali di artisti che negli anni Settanta hanno dedicato parte significativa della propria produzione alla fotografia, sperimentando quattro differenti vie delle potenzialità comunicative di quello stesso linguaggio: Giorgio Ciam, Plinio Martelli, Bruno Locci e Roberto Gandus. 236 | ESTATE 2011

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attività espositive

Daniele Galliano, Zona Living, 2010, olio su tela, cm.150x250, Palazzo Trentini Trento

Gianni Caravaggio, courtesy Studio Tucci Russo, Torre Pellice

Nicola Samorì, Primo martire, 2010/’11, marmo grigio carnico, cm.39,5x22x24, courtesy Studio d’Arte Raffaelli

G.Caravaggio / Cragg

Doppia personale, fino al 30 settembre, allo Studio Tucci Russo di Torre Pellice (to). Gianni Caravaggio propone L’isola del giorno dopo, allestita nella sala 4 della galleria. Occupa invece la sala 1, It is, it isn’t di Tony Cragg. Queste due nuove mostre si affiancano alle tre già in corso: Long e Penone nella sala 2, Mentre lungo il sentiero verso oltremare “Senza titolo” appare e la luce focalizza… di G.Anselmo nella sala 3 e la collettiva con opere di Calzolari, Gennari, Marisa Merz, Mussat Sartor, Paolini, Pirri, Piscitelli, Rhode e Vercruysse nella sala 5.

Nicola Samorì, Scoriada, 2010, olio su lino, cm.250x400, courtesy Studio d’Arte Raffaelli Trento

Trento

Linguaggi e territori

A Palazzo Trentini è in corso fino al 29 luglio Linguaggi e territori, mostra curata da Aspart, associazione che raccoglie le gallerie d’arte contemporanea trentine, arricchita da un testo critico di Giovanna Nicoletti. Le opere esposte sollevano interrogativi e propongono riflessioni sui modi del vedere e del guardare al proprio sé e all’altro; la figurazione diventa un territorio dove scoprire possibili confini di libertà espressiva. Protagonisti: Galliano, Floreani, De Pascale, Pasquali, Orlan, H.H.Lim.

Giuseppe Spagnulo, Sign Off Design, Archivio di Stato Ve

Stefano Cattaneo, Hommages, cm.102x92, courtesy Galleria Plurima Udine Ayman Baalbaki, The Future of a Promise, Magazzini del Sale Venezia

Nicola Samorì

Allo Studio d’Arte Raffaelli, fino al 30 settembre, personale di Nicola Samorì dal titolo Scoriada. In mostra gli ultimi esiti della sua ricerca espressi disseminando lo spazio di frammenti che si attraggono a distanza. L’opera che da il titolo all’esposizione, Scoriada, è una “tela” di grandi dimensioni che testimonia una scorticatura, quasi una tortura. Presentati anche nuovi marmi, trattati sorprendentemente come fossero di materia molle. Udine

Matteo Rubbi, Viaggio in Italia, courtesy Fondazione Querini Stampalia Venezia

Carlo Ciussi

I Musei Civici di Udine hanno inaugurato il nuovo spazio espositivo di Casa Cavazzini, futura sede della Galleria d’Arte Moderna di Udine, presentando una grande mostra antologica su Carlo Ciussi a cura di Luca Massimo Barbero. Sono presentate, fino al 2 ottobre, cinquanta opere di Ciussi che ne ripercorrono la parabola arCarlo Ciussi, Senza titolo, 1974, olio su tela tistica dai primi anni Sessanta e formica, cm.100x100, a oggi. Il percorso espositivo, courtesy l’artista suddiviso in sezioni nei dieci ampi ambienti, segue una logica strettamente cronologica, portando il visitatore a braccetto dai lavori con cui l’artista partecipa alla XXXII Biennale di Venezia del 1964, fino alle opere più recenti in cui una grande voglia di liberazione porta a nuove modalità compositive e tonali nella sua pittura.

Tagliatti / Cattaneo

La Galleria Plurima ha proposto una doppia personale che ha avuto per protagonisti gli artisti Ketty Tagliatti e Stefano Cattaneo. Sotto/Superficie, titolo dell’evento, è un’esplicita dichiarazione d’intenti che sta a indicare la ferma volontà di “fare pittura” con una forte connotazione plastica. Venezia

Sign Off Design

La suggestiva cornice del Chiostro SS.ma Trinità, nella Sede dell’Archivio di Stato di Venezia, ospita fino al 31 ottobre la collettiva Sign Off Design a cura Luca Beatrice. Esposti gli esiti del progetto SLIDEart che ha visto artisti e designer collaborare con SLIDE tra sperimentazione materica e innovazione estetica, esplorando le potenzialità di resine e materiali plastici. In mostra M. Acerbis, A. Agop, Andy, D. Basso, M. Cattaneo, H. Ditzler, P. Eun-Sun, J.C. Farhi, F. Giardini, A. Guerriero, F. Lucchini, A. Mendini, A. Mocika, B. Pomodoro, K. Rashid, M. Sadler, D. Santachiara, S. Soddu, G. Spagnulo. 82 -

Chronis Botsoglou, A personal Nekyia, polittico, courtesy Sotiris Felios Christos Bokoros, The dark shadow, trittico, courtesy Sotiris Felios Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini, Venezia

Bokoros / Botsoglou

L’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini propone fino al 15 luglio la mostra illuminated shadows, con opere dei pittori contemporanei greci Christos Bokoros e Chronis Botsoglou, appartenenti alla collezione privata di Sotiris Felios. Venti i lavori esposti, dalle tele di Botsoglou dedicate al tema del ritorno dall’Aldilà delle persone amate, alle impronte pittoriche sul legno di Bokoros. Queste opere vogliono dare un’idea della scena contemporanea figurativa greca in un momento particolarmente difficile per il paese. Mostra che si avvale anche di un ricchissimo catalogo.

The Future of a Promise

Ai Magazzini del Sale, fino al 20 novembre, The Future of a Promise è la più ampia mostra di arte contemporanea Pan-arabica, curata da Lina Lazaar, presentata come evento collaterale alla 54.Esposizione Internazionale d’Arte. Sono esposte 25 opere realizzate da alcuni dei più famosi artisti dei Paesi Arabi, includendo installazioni, performance, fotografia, video, scultura, pittura. Questi i nomi: Ziad Abillama (Libano), Manal Al-Dowayan (Arabia Saudita), Ahmed Alsoudani (Iraq), Ziad Antar (Libano), Ayman Baalbaki (Libano), Lara Baladi (Egitto/Libano), Fayçal Baghriche (Algeria), Yto Barrada (Marocco), Taysir Batniji (Palestina), Abdelkader Benchamma (Francia/Algeria), Ayman Yossri Daydban (Palestina/Giordania), Mounir Fatmi (Marocco), Abdulnasser Gharem (Arabia Saudita), Mona

Hatoum (Libano), Raafat Ishak (Egitto), Emily Jacir (Palestina), Yazan Khalili (Palestina), Ahmed Mater (Arabia Saudita) e Driss Ouadahi (Algeria). A questi si aggiungono i tre vincitori dell’Abraaj Capital Art Prize, Jananne Al-Ani (Iraq), Kader Attia (Algeria) e Nadia KaabiLinke (Tunisia).

Matteo Rubbi

La Fondazione Querini Stampalia, in concomitanza con la 54. Biennale di Arti Visive, propone l’esposizione Viaggio in Italia, dal titolo del progetto con cui lo scorso gennaio Matteo Rubbi ha vinto il Premio Furla 2011. Il progetto consiste in un viaggio che l’artista compie nella provincia italiana (e non solo), utilizzando mezzi di trasporto locali e munito dello stretto necessario, senza percorso o meta, con l’intento di prendere profondamente coscienza delle realtà fuori dai grandi centri abitati, esplorando territori decentrati e il più delle volte marginali. Prime tappe sono state la Sardegna, a Perdaxius nel Sulcis Iglesiente, e Dakar, capitale del Senegal. Verona

Üster / Harrup

La Galleria la Giarina dedica, fino al 17 settembre una mostra a due giovani esponenti del panorama internazionale, Deniz Üster e Tom Harrup. In questa loro prima mostra italiana, dal titolo Encrypting Signs on the Fabric of a Rhizome, gli artisti presentano parte della ricerca che affrontano insieme, che si sofferma sulla teoria della trasmissione di informazioni digitali attraverso elementi vegetali. A cura di Elena Forin.

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documentazione Berlino

Andrea Chiesi

XLAB Corrosive Art Farm di Berlino ha ospitato Perpetuum Mobile, personale di Andrea Chiesi a cura di Rossella Moratto e Paola Verde. L’artista che da sempre esplora le periferie urbane, luoghi decadenti, ormai misteriosi e ancestrali, per la sua prima personale berlinese ha presentato questo inedito progetto: una serie di luoghi tra Kreuzberg e Ostkreuz ritratti in bilico tra il passato e la cancellazione. Una mappa personale composta da 23 disegni e oli su tela che si sviluppa anche attraverso lo sguardo della fotografa milanese Paola Verde, che vive da anni a Berlino portando avanti una ricerca analoga. Un percorso tramite lo sguardo dell’altro che conduce il visitatore attraverso un mondo onirico e oscuro dove il Tempo pare essersi fermato. Andrea Chiesi, Perpetuum Mobile, XLAB, Berlino

Johannesburg, Rep. Sudafricana

Raimondo Galeano

“Navigatori del cosmo” e’ il titolo della mostra personale di Raimondo Galeano al CIRCA on Jellicoe Gallery di Johannesburg. Sei opere esposte. Gigantesche. Imponenti. Galeano, per questa sua prima personale in Sud Africa, ha scelto di ritrarre sei grandi personaggi che hanno lasciato un segno per la loro grande umanita’: Gandhi, Madre Teresa di Calcutta, Aung San Suu Kyi, Obama, Desmond Tutu, Nelson Mandela. Le opere navigano in una dimensione spazio temporale per mezzo della luce di cui sono fatte, lasciando ai posteri un segno indelebile, come le stelle non esistenti piu’ da millenni, restano visibili all’occhio umano. Martina Venturi

Raimondo Galeano, Dalla mostra Navigatori del Cosmo / Cosmos Navigator - Barak Obama e Madre Teresa, by night [luce su tela / light on canvas - courtesy l’artista]

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H. H. Lim (RAM Roma)

MIART 2011

IART, la fiera d’arte milanese ha punM tato quest’anno più sulla qualità che sulla quantità delle partecipazioni, radunan-

di iniziative dentro e fuori fiera ha fatto da corollario al già ricco programma di incontri, dibattiti e visite guidate. Tra tutte molto interessante è risultata la collaborazione fra MIART e NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, che ha dato origine a “100 di 50”, un grande evento curato da Giacinto Di Pietrantonio e Marco Scotini, in cui sono state riproposte dal vivo o presentate con materiale documentario, un ampio numero di performance (100 appunto) degli ultimi 50 anni. “100 di 50”, solo performance, solo per una sera nel Campus della NABA, ovvero la messa in scena delle 100 performances più significative che hanno contribuito a fare la storia dell’arte contemporanea degli ultimi cinquant’anni. Il catalogo di MIART edito da Silvana Editoriale è un vero libro d’arte curato da Giorgio Verzotti. A corredo dello stesso, un’inedita selezione di fotografie realizzate da Mimmo Jodice, una lettura “romantica” per approfondire la conoscenza di una Milano da riscoprire nei dettagli e nelle atmosfere attraverso l’obiettivo di grandi fotografi.

do cento selezionate gallerie in un unico padiglione a fieramilanocity. “MIART - ha affermato infatti il presidente della fiera Michele Perini - ha deciso di imprimere una caratterizzazione netta alla fiera, ospitando il meglio delle gallerie italiane che rappresentano il meglio degli artisti internazionali”.. Una fiera d’eccellenza dunque. Le gallerie hanno tutte una storia ed una collocazione internazionali: da Invernizzi a Cardi, a Monica De Cardenas, a Claudio Poleschi, Massimo De Carlo, Frittelli Arte Contemporanea, Giò Marconi, Guenzani, In Arco, Lorenzelli, Magazzino, Milano, Francesca e Massimo Minini, Raffaelli, RAM Radioartemobile, Lia Rumma, Tega, The Gallery Apart, Tornabuoni, Toselli, Valmore, Vistamare frequentano le più importanti fiere estere, accostano alla produzione italiana di grande qualità quella dei più riconosciuti artisti internazionali. Accanto a queste una forte presenza di gallerie giovanissime che hanno presentato artisti giovani di grande qualità. Curatori delle sezioni contemporaneo e moderno, sono stati come nella passata edizione Giacinto di Pietrantonio e Donatella Volontè, che hanno condiviso obiettivi e strategie. Una serie

ART BRUSSELS 2011

rt Brussels, alla ventinovesima edizioA ne, rimane senza dubbio, tra le fiere europee più importanti in materia di arte

Tre immagini da Art-Athina 2011: Sex-Bomb-Boogle 2010, acrylic,spray paint on canvas (The Flat-Massimo Carasi, Milano) Nan Goldin, James King portfolio 1995, cybachrome print (Rebecca Camy Gallery, Atene) Magda Tothova, Beeing gold sucks 2010, tecnica mista (Federico Bianchi, Milano)

ART-ATHINA 2011

a 17a edizione di ART-ATHINA si è L conclusa con oltre 18.000 visitatori che hanno affollato il Faliro Pavilion di Atene

Giuseppe Stampone (Prometeo Gallery) Stand di A Arte Studio Invernizzi

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Museo Nazionale di Arte Contemporanea incentrati sul tema del viaggio, dellla ricerca e del vagare in luoghi fisici o mentali - dei video artisti Vito Acconci, Sophie Calle e Gregory Shephard, Gary Hill, Martha Rosler, Shelly Silver, Bill Viola. Per questo notevole evento espositivo per le arti visive in Grecia, galleristi, artisti, curatori, organizzazioni culturali, critici d’arte e giornalisti, hanno avuto possibilità di incontri e di scambi, e nonostante la difficile situazione economica del paese, l’interesse commerciale è stato sufficientemente significativo.

per godere delle proposte delle 58 gallerie provenienti da 9 Paesi, che hanno presentato uno spaccato del panorama dell’arte greca e internazionale attraverso una selezione di opere di 350 artisti contemporanei. Tra le gallerie italiane, Fabio Tiboni – Sponda (Bologna), Cardi Black Box (Milano), Federico Bianchi (Milano), The Flat – Massimo Carasi (Milano). Tra le gallerie greche, quelle syoriche di Atene, Ileana Tounta, Rebecca Camhi, Kappatos Gallery. Un fitto programma parallelo ha arricchito la proposta culturale della fiera con una serie di proiezioni di documentari, video arte, performance, convegni, programmi educational per bambini. Per la sezione The Visual Dialogues la curatrice Marilena Karra ha proposto una serie di opere video, nelle quail i visual-artist si sono confrontati con i temi della storia, democrazia, scienza, etica, qualità della vita. Tra gli artisti selezionati, Christos Apostolakis, con Democracy Sets Free (2010). La sezione Secret Journeys presentava 6 video dalla Collezione del

contemporanea. Recenti analisi indicano che anche dopo la crisi del 2009, il mercato dell’arte è restato relativamente intatto, dal momento che i collezionisti hanno investito non solo nei valori confermati a livello internazionale ma anche nei giovani talenti. Si tratta di dati che corrispondono perfettamente alle tendenze perseguite da Art Brussels sotto la direzione di Karen Renders. La fiera - afferma la direttrice - sarà ormai organizzata ogni anno con la strategia delle tre C: un Concept potente, una buona Commercializzazione ed un’efficace Comunicazione. Il numero degli espositori, da una settantina degli anni passati, è giunto, quest’anno a 170 gallerie, selezionate tra le quattrocento richieste pervenute. Due sono i padiglioni che le hanno accolte: uno dedicato solo alle giovani gallerie, l’altro agli artisti affermati. Le gallerie che si sono iscritte per la prima volta (Key Galleries) quest’anno sono: Germania: Gebr. Lehmann, Peres Projects - Belgio : Zeno X - Danimarca : David Risley, Christina Wilson - Spagna : Toni Tapies - USA: Honor Fraser, Mc Caffrey, Perry Rubenstein - Finlandia: Anhava - Francia: Yvon Lambert, Maubrie - Grecia: Rebecca Camhi - Israele: Sommer - Italia: Massimo De Carlo - Messico: OMR - Russia: Aidan - Suède : Nordenhake - Suisse : Susanna Kulli, Anne Mosseri-Marlio, Skopia - PaysBas : Fons Welters - Regno-Unito: Bernard Jacobson, Timothy Taylor. Tra le gallerie “fedeli” da anni ricordiamo le belghe Baronian Francey, Gladstone, Xavier Hufkens, Rodolphe Janssen, Greta Meert, Nathalie Obadia, Almine Rech, Micheline Szwajcer, le francesi Galerie 1900-2000, Air de Paris, Laurent Godin, In Situ Fabienne Leclerc, JGM, Nathalie Obadia, Emmanuel Perrotin, Almine Rech, Daniel Templon, GeorgesPhilippe & Nathalie Vallois, la greca Beriner Eliades, Le Italiane Continua, Tucci Russo, Invernizzi, la portoghese Filomena Soares, la svizzera Buchmann, le olandesi Grimm, Ron Mandos, Gabriel Rolt, le inglesi The Approach, Ben Brown, Ibid, Simon Lee, Lisson, Maureen Paley, Stuart Shave Modern Art. Proposte interessanti sono arrivate dalle giovani gallerie non ancora partecipanti alla fiera, le First Callers. come la tedesca Sonja Junkers, le americane Miguel Abreu, Cherry and Martin, Lisa Cooley, l’italiana Francesca Minini e dai Solo Show dei 14 artisti internazionali selezionati: Michiel Ceulers (Maes & Matthys - BE) - Roe Ethridge (Gladstone BE) - Patrick Hill (Almine Rech – BE) - Kevin Hunt (Stephane Simoens –BE) - Tadashi Kawamata (Mulier Mulier – BE) - Benoit Maire (Cortex Athletico – BE) - Enrique Marty (Deweer Gallery – BE) - Vincent Olinet (Laurent Godin – FR) - Werner Reiterer (Krinzinger

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fiere d’arte – AT) - Barthélémy Toguo (Lelong- FR) - Michael Van den Abeele (Elisa Platteau & Cie – BE) - Maarten Vanden Eynde (Meessen De Clercq – BE) - Vanessa Van Obberghen (Suzanna Kulli – CH) - Hannes Vanseveren (Hoet Bekaert – BE) . Art Brussels quest’anno ha reso omaggio all’artista Bram Bogart, che compirà novant’anni il 12 luglio 2011, esponendo alcune sue grandi tele all’ingresso del Padiglione 3.. Dagli anni 50 Bogart è rappresentato da numerose gallerie internazionali ed i suoi lavori figurano nelle principali collezioni e nei musei internazionali. Anche quest’anno, per la terza volta, è stata allestita nel Parco d’Egmont, nel cuore di Bruxelles, una rassegna di arte all’aperto titolata Art in The City . Si tratta di un progetto sostenuto dalla Città di Bruxelles, che s’impegna nell’acquisto di una scultura per uno spazio pubblico. Gli artisti partecipanti sono rappresentati dalle gallerie in Fiera. Ogni giorno, nella sala conferenze della hall 3 hanno avuto luogo dibattiti su temi e problemi concernenti l’arte contemporanea. In particolare ricordiamo quello dell’artista Angel Vergara con il critico Luc Tuymans, che è il curatore della mostra realizzata dall’artista nel Padiglione Belga alla Biennale di Venezia.

VIENNAFAIR 2011

ettima edizione di VIENNAFAIR 2011, S la fiera d’arte internazionale focalizzata sull’arte di Centro e Sud-Est Europa:

un totale di 127 gallerie nazionali ed internazionali provenienti da 20 Paesi hanno proposto le opere di oltre cento artisti, spaziando tra pittura, arti grafiche, scultura, fotografia, media, installazioni e performance. Tra le gallerie selezionate, (50 provenienti dall’Austria), da segnalare quella di Mario Mauroner Contemporary Art, Vienna e Salisburgo con opere di Jan Fabre, la Galerie Bernd Kugler con gli artisti Holger Endres e Patrycja German; la Galerie Weihergut con oggetti di Christian Boltanski; di Ernst Hilger con Jacques Monory e Sara Rahbar; di Georg Kargl Fine Arts con l’artista che rappresenta quest’anno l’Austria alla Biennale di Venezia, Markus Schinwald). 26 le gallerie

Redl, Christian Stein Paolo Grassino, Galleria Mauroner

dall’Europa occidentale, da Belgio, Spagna, Germania (rappresentata quest’anno da 15 gallerie), e dall’Italia, con Alessandro de March e Prometeogallery di Ida Pisani con i lavori di Santiago Sierra); una galleria dal Messico e una dagli Emirati Arabi Uniti; 45 gallerie dai paesi dell’Est e Sud-Est Europa (Polonia, Romania, Russia, Ungheria, Kazakistan, Slovacchia, Lituania, Estonia, Latvia e Slovenia). Quest’anno inoltre una speciale mostra ”DIYALOG“: ART FROM ISTANBUL era dedicata alla Turchia: 4 tra le principali gallerie turche (artSümer; Outlet Gallery; Rampa Istanbul; x-ist) hanno rappresentato la scena artistica a Istanbul. Tra gli eventi collaterali PerformanceNite proponeva le cinque performance degli artisti Sanja Ivekovic, Jakob Lena Knebl, Ana Hoffner, Audrey Cottin e Ines Doujak, mentre un progetto di scultura collettiva per il quale l’artista polacco Pawel Althamer, con i visitatori e gli allievi delle Accademie d’Arte di Varsavia, Vienna e Batislava ha eseguito un’azione scultorea prendendo come modello l’Accademia di Varsavia, Pinki.

ARTEKNE - MATERA

Palazzo Gattini Luxury Hotel di Matera, A si è svolta la terza edizione di Artekne, Mostra Mercato Internazionale Arti Con-

temporanee del Sud Italia. Organizzato da Giuseppina Travaglio, e da Renato Bianchini curatore, l’appuntamento ha riproposto la volontà di contaminare, con l’avanguardia dell’arte contemporanea, il fascino intatto di una terra antica e inviolata nel cuore dei Sassi. Le stanze del palazzo storico di Matera sono state allestite con opere proposte dalle gallerie d’arte partecipanti (tra cui la Marconi di Cupra Marittima, la Lem di Sassari, L’Open Space di Catanzaro, il Ritrovo di Rob Shazar di Sant’Agata de’ Goti, la Sponge di Pergola, la Vertigoarte di Cosenza, la Zoe di Potenza), ma anche da oltre confine, come gli “Artisti senza frontiere” di Parigi e la Bazis di Cluj-Napoca in Romania. “La manifestazione Artekne 2011 ha tentato di disegnare una ideale mappa di emozioni e sensazioni proprie del nostro tempo, che non può prescindere dall’osservare quel che ci accade intorno per agire di conseguenza – ha detto il curatore Renato Bianchini - Partita come mostra mercato, Artekne ha maturato l’idea di spostare il tiro per essere più aderente alle esigenze nel nostro presente, in modo particolare del centro sud italiano.” Il pubblico che ha visitato questa edizione ha avuto modo di partecipare a vari eventi quali la situazione attuale della video arte in Corsica piuttosto che l’esperienza autogestita dagli artisti rumeni della galleria Basiz di Cluj-Napoca. Nonchè le presenze degli spazi italiani impegnati in lavori di ricerca. Altra rilevante presenza è stata quella di Video Art Scope, una piattaforma di gestione documentale per archivi di video arte. Ovviamente non sono mancate le esposizioni come la personale di pittura dell’artista rumeno Istav Betuker, la selezione di giovani artisti proposta da Artekne al palazzo de Le Monacelle e l’antologia di video arte presentata al Gattini e nei suggestivi spazi della chiesa rupestre del Sasso Caveoso Santa Maria de’ Armenis (Shakin Jesus di Matt Collishaw, “Lingchi Echoes of a Historical Photograph” di Chen Chen Jen ed altri due video di Wael Schoky e Damir Niksic oltre ai “Dormienti” di Damir Niksic), le performances di Rita Soccio, Rocco Dubbini e Rita Vitali Rosati e gli interventi di writing con BOL 23 e 2 artisti locali Marco Purè e Simone Cortese. Molto interessante la proiezione del film di Marcello Tedesco “Vita di Diogene” con presentazione di Salvatore Verde. Sono gli animali fantastici di Serena Piccinini, le giraffe col lungo collo da escavatore, ad aver vinto la terza edizione di Artekne, tre sculture di carta presentate dalla galleria Sponge di Pergola. L’artista avrà diritto, per la prossima edizione di Artekne, ad una personale, che verrà allestita nella Pinaco-

teca provinciale di Potenza. La commissione, composta dal critico-curatore Renato Bianchini, dal direttore artistico Giuseppina Travaglio e dalla direttrice della rivista Segno Lucia Spadano, ha segnalato alcuni artisti giovani, che, per la prossima edizione, allestiranno una collettiva in una città della Basilicata diversa da quella che sarà il centro propulsivo di Artekne 2012. Gli artisti scelti sono Tòdor Tamàs, presentato dalla Bazis Contemporary Art in Romania; Armando Fanelli della Galleria Marconi di Cupra Marittima; Vincenzo Pattusi della L.E.M. Laboratorio Estetica Moderna di Sassari; Danilo De Mitri dell’Open Space di Catanzaro; Mimmo Di Dio per Il ritrovo di Rob Shazar di Sant’Agata dei Goti; Giulio Telarico di Vertigo Arte di Cosenza; Lidia Tropea di Vas Videoartscope; Mimmo Rubino per l’Associazione Zoe di Potenza. La Basilicata è assolutamente centrale nel progetto Artekne. Da Matera a Maratea, di anno in anno, dai Sassi alla straordinaria costa del Tirreno, determinanti sono le visite che i partecipanti alla manifestazione compiono alla scoperta di una delle terre più intriganti e meno conosciute d’Italia. Si esplorano i Sassi e si visita il parco sculture del Pollino e l’incredibile “calda” di Latronico, il paese delle terme lucane, dei “calanchi”, del pesce fossile e dell’ Earth Cinema di Anish Kapoor, la monumentale opera realizzata all’interno della zona verde del complesso termale in località Calda composta di cemento è rappresentata da un taglio scavato nella terra (45 metri di lunghezza e 7 di profondità) in cui le persone entrano dai due lati e dentro la quale è una lunga feritoia che permette di vedere all’interno delle viscere del terreno circostante. (LS)

La performance di Marco Incardona

Gigi Cifali, Soho Marshall pool, 2008. C-type on Epson semigloss paper, cm 60x60, Ed: 1/5. courtesy Il ritrovo di Rob Shazar

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ROMA.THE ROAD TO CONTEMPORARY ART

come un bollettino di vittoria la lettera È che Roberto Casiraghi, patron di ROMA – The Road of Contemporary Art, ha inviato

ad espositori e stampa dopo la conclusione della quarta edizione della fiera romana. Snocciola i dati consuntivi dei tre giorni (68 maggio) di esposizione, di eventi e di incontri vissuti negli spazi sempre suggestivi del MACRO-Mattatoio a Testaccio. Con un giorno in meno di apertura rispetto all’anno scorso, e senza l’effetto-traino della concomitante apertura nel 2010 del MAXXI e del nuovo MACRO, ha avuto lo stesso numero di visitatori, 43mila, con 557 giornalisti. Ed è evidente (ma accennata con discrezione) la soddisfazione per il gradimento riconosciuto anche dagli interlocutori più esigenti, i galleristi. Erano 76 quest’anno, più 22 rappresentanti dell’editoria e delle istituzioni d’arte. Nella comunicazione ovviamente non si fanno cifre né di spese sostenute, né di affari conclusi. Ma le cose non devono essere andate male: più che di guerra vinta si può parlare di pericolo scampato. Anche la gestazione di ROMA 2011 era avvenuta in condizioni di alto rischio, fra tagli ulteriori di contributi da parte del Comune e instabilità politiche. Di Casiraghi si potrebbe dire che il pericolo è il suo mestiere. Diciamo che non teme, anzi gli piacciono le sfide. Si è visto quando, lasciando a Torino dopo molti anni Artissima – una fiera che aveva fatto nascere e crescere sino a farne la manifestazione italiana più qualificata a livello di giovane arte internazionale- si lanciò senza rete nel circo romano. Anche qui provando una formula altamente innovativa, una fiera diffusa in sedi storiche della capitale e coronata da mostre di prestigio.L’esperienza non ha retto alla prova dei budget , ma ha costruito un’aura identitaria attorno all’evento. Così l’approdo nel porto quieto e friendly del Mattatoio e della Pelanda non ha tolto qualità alla manifestazione. Anzi le ha conferito una dimensione di chiarezza e una gradevolezza di contatti (anche grazie all’apertura serale e al rilievo dato a riti conviviali). Un’aria “giovane” e internazionale, aldilà del numero limitato di gallerie straniere partecipanti. Internazionale perché anche le gallerie italiane hanno alzato il tiro, nel segno di una cultura globalizzante, degli artisti come dei linguaggi. Un livello consolidato quest’anno da una serie di installazioni all’aperto, “Fuori Misura”. Spesso rapportate all’attualità sociale, come i rifiuti e detriti di Roma raccolti da Jimmie Durham. Mentre nei padiglioni il cino-romano H.H.Lim conficcava una spada malese nel muro, chiedendo “Che fine ha fatto Ai Wei Wei?” (il celebre artista cinese dissidente). E all’arte delle metropoli - Londra, Parigi, Roma – si rendeva omaggio nel padiglione allestito da Kaleidoscope, con l’installazione a terra di Andrea Sala. Nelle fiere, si sa, è inutile più che aleatorio stare ad indicare punti di eccellenza o di curiosità, specie a manifestazione conclusa. E’ più importante individuare un trend e soprattutto riconoscere le prospettive per il futuro. Per queste ultime, Casiraghi è pronto a ripartire. Già annuncia per il 2012 due nuovi padiglioni promessi dal Comune, ostenta sicurezza sul sostegno delle istituzioni (quest’anno si è aggiunta la Fondazione Roma). Più oscure sono le vicende dell’arte. Certamente nuovi soggetti vanno emergendo. Parecchi esponevano a Roma, alcuni sono stati valorizzati dai quattro premi che sono stati conferiti (Claire Fontane e Seb Patane da MacroAmici, Luca Trevisani da Fondazione Fico, Andrea Sala da Giovani Collezionisti, Pieter Ugo da Fotografia Roma), di altri sentiremo parlare presto. Come Chiara Fumai, giovane artista di origini baresi: la fiera ha ospitato una sua performance. Lei non lo ha detto a nessuno: ma è stata invitata a partecipare, l’anno prossimo, a Documenta Kassel. Casiraghi potrà tirare con soddisfazione Pietro Marino una nuvola di fumo in più dal suo inseparabile mezzo toscano.

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1. H H Lim, Pio Monti, Roma Civitanova Marche, Chiesanuova di Treia, (MC). 2. Michelangelo Consani, Progetto di disperdere energia, 2008. Fabio Tiboni, Sponda/Bologna. 3. Gianfranco Notargiacomo, Le nostre divergenze, Marchetti Gall. Arte Contemporanea, Roma. 4. Glaser/Kunz, Gagliardi Art System, Torino. 5. Roberto Mora, Oil. Secondome Gallery, Roma. 6. Marianna Masciolini, Retina Spaziale Are you, Oredaria, Roma 7. Gian Paolo Striano, Pallet, 2010. BLINDARTE contemporanea, Napoli. 8. Kiki Van Heijk, Crate Shade, 2010. Secondome Gallery, Roma. 9. Alfredo Pirri, Verso N, 2003. Galleria Oredaria, Roma. 10. Patrick Tuttofuoco, David Copperfield, 2011. Changing Role, Move Over Gallery, Napoli. 11. Galleria Marie Laure Fleisch, Roma. 12. Liu Bolin, Piazza San Marco, 2010. Boxart, Galleria d’Arte, Verona. 13. Mario Piccolo, Encefalo, 2011, Galleria Mario Mazzoli, Berlino 14. Michele Ciribifera, Ondanomala, 2011. Fu Xin Gallery, Shanghai. 9

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fiere d’arte

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15. Matteo Sanna, Disposable Teens, 2011. 16. CorsoVeneziaOtto, Milano. 17. Pia Stadtbaumer, Weitere Galanten Szenen II (Inga), 2010. Franz Paludetto, Roma. 18. CorsoVeneziaOtto, Milano. 19. Nicola Bolla, Vanitas, (mitra), 2010. CorsoVeneziaOtto, Milano. 20. Vittorio Corsini, Blue Room, 2011. CorsoVeneziaOtto, Milano. 21. Matteo Basilè, Thisoriented People, 2009. 22. Extraspazio, Roma. 23. Ermanno Tedeschi, Torino, Milano, Roma, Tel Aviv. 24. Silvia Noferi, Sottovetro, 2011. DAC De Simoni Arte Contemporanea, Genova. 25. Arianna Carossa, Mi sei mancata fino a ieri, 2010. Changing Role, Move Over Gallery, Napoli. 26. Angela Glajcar, Terforation gr Wandobj, 2010. Grossetti Arte Contemporanea, Milano. 27. Thomas Hirschhorn, Two Subjecters, 2009. Alfonso Artiaco, Napoli. 28. Simon Gush, Opera selezionata per il Premio Giovani Collezionisti. 29. Riccardo Crespi, Milano 30. Claudia Rogge, Galleria Paola Verrengia, Napoli. 31. MASBEDO, La sindrome di Asperger, 2011. Marco Noire, Torino. 32. Carsten Nicolaj, Galleria Lorcan O’Neill, Roma.

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Faenza festival dell’arte Contemporanea

Forms of Collecting Forme della Committenza ncora una volta la città di Faenza A firma un colorato sodalizio con l’arte e le sue ultime tendenze, accogliendo, il Festival dell’arte Contemporanea con la sua quarta edizione. Il festival, crea-

to e fondato da Alberto Masacci e Pier Luigi Sacco, promosso da Goodwill in collaborazione, da questa edizione, con il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, nasce come il primo appunta-

Le potenzialità della cultura

Ma qual è la vera funzione della cultura? > Quella di aiutarci a capire che cosa potrebbe essere della nostra vita e come il mondo sta funzionando intorno a noi; come ci condiziona e apre delle opportunità. Soltanto attraverso la cultura possiamo avere gli strumenti per crescere. Questo fattore spesso è trascurato perché la cultura è vista troppo in chiave di intrattenimento, quando è molto più che intrattenimento, è la capacità di vivere una vita come vorremmo, cioè consapevoli delle scelte che ci troviamo di fronte e delle conseguenze che queste comportano.

Intervista a Pier Luigi Sacco a cura di Luciano Marucci Secondo te con la crisi economica la committenza e le esposizioni tematiche programmate dai curatori favoriscono o condizionano la ricerca artistica? > Le esposizioni tematiche sono uno dei canali principali attraverso cui si realizza la ricerca artistica e credo che la crisi non cambi lo stato delle cose. In un periodo di crisi come l’attuale diventa indispensabile avere la possibilità di lavorare sulla sperimentazione, sulla produzione di nuove idee, perché è da queste che muove una catena di conseguenze che può produrre anche valore e sviluppo economico. Siamo in una fase nella quale il manifatturiero tradizionale non è più la nostra vocazione principale. Non potremmo diventare il paese più capace di crescere sui mercati creativi nei quali, tra l’altro, siamo presenti in modo significativo e non ce ne accorgiamo. Da questo punto di vista vedo l’investimento legato alle mostre tematiche e, più in generale, alla ricerca nell’arte contemporanea, molto simile a quello che si fa nel campo della ricerca scientifica. Trovare nuove idee diventa una strada obbligata per uscire dalla crisi. Oggi la cultura ha le risorse finanziarie sufficienti per far crescere la società? > Diciamo che può trovarle, poiché da noi la cultura è stata sempre vista come un canale di assorbimento delle risorse. Non è così, se riusciamo a far comprendere come nella nostra società la cultura possa creare valore, occupazione. Saremmo anche nelle condizioni di attivare questo tipo di meccanismi. Ciò richiede non semplicemente trovare i soldi per la cultura fine a se stessa, ma sviluppare delle strategie di selezione della qualità, la capacità di produzione e, allo stesso tempo, di formazione di pubblici sempre più consapevoli 88 -

mento mondiale dedicato alla riflessione e al confronto sull’arte del nostro tempo, come luogo di scambio di parole, pensieri, opinioni, critiche, racconti sull’arte e sulla creatività contemporanea, uno spazio comunitario dove, per la prima volta nella storia dell’ arte, l’opera non è esibita direttamente al pubblico ma piuttosto è implicita nelle parole dei protagonisti del festival, collezionisti, curatori, filosofi e critici dell’arte, giornalisti e numerosi intenditori dell’arte contemporanea. Che quest’anno, si sono confrontati sul tema della committenza artistica e del collezionismo, in ambito pubblico e privato, a livello internazionale, come è appunto designato simbolicamente dal duplice titolo del festival, argomento scelto dalla direzione scientifica composta da Angela Vettese, Carlos Basualdo e Pier Luigi Sacco. Le tre intense giornate programmate (dal 20 al 22 maggio), hanno visto al centro dei numerosi incontri, i musei (come il MAXXI di Roma, la Tate Modern di Londra e Il MACBA di Barcellona), le fondazioni, gli enti culturali, le accademie e le università, le istituzioni bancarie, le fiere d’arte, in una grande partecipazione di contributi allo sviluppo del patrimonio artistico contemporaneo. Il festival è stato aperto dal dialogo di due grandi pensatori del nostro tempo, Achille Bonito Oliva e Massimo Caccia-

Pierluigi Sacco, tra gli ideatori del festival

di queste possibilità e sempre più capaci di partecipazione attiva. Quindi si tratta di una doppia sfida: da un lato quella di mantenersi ai massimi livelli di sperimentazione e di elaborazione creativa; dall’altro quella di rendere il processo di produzione e di circolazione dei contenuti sempre più incluso e partecipato. C’è domanda di cultura viva? > Più di quello che sembra. Le persone spesso si sentono sconfortate dal fatto che credono di essere tra le poche a desiderare opportunità culturali. Invece, molto spesso, vedendo che ci sono tanti altri a desiderarle, sono rincuorate e incoraggiate, però va anche detto che c’è una grande componente della società italiana che, al contrario, pensa che la cultura non sia importante; non è interessata ad accedere a tali opportunità. È questo tipo di pubblico che dobbiamo recuperare, non tanto per un atteggiamento paternalistico, ma perché in questo momento non si può essere cittadini di una società della conoscenza se non si hanno gli strumenti per scegliere, per capire cosa la cultura può fare per noi e, a quel punto, decidere se ci interessa o no. Molto spesso chi decide che la cultura non gli interessa, non sa a cosa sta rinunciando.

Si produce cultura in forme fruibili? > Sì, ma se ne potrebbe produrre di più. Soprattutto tra le ultime generazioni c’è una maggiore capacità di accedere ai contenuti culturali perché oggettivamente ci sono sia opportunità sia strumenti molto più sofisticati. La fruizione non è mai un problema di banalizzazione e di divulgazione; è soprattutto mettere le persone in condizione di poter avere accesso a ciò che è veramente interessante. Michelangelo e Raffaello non si sono mai preoccupati di rendere la loro arte più fruibile e, contrariamente a quello che pensiamo, la loro non era affatto un’arte facile da leggere. In alcuni momenti della nostra storia abbiamo trovato la capacità di motivare le persone a fare un salto in avanti, ad andare incontro a quello che gli artisti proponevano. Oggi sembriamo aver perso questa energia che, invece, dobbiamo ritrovare. La creatività riuscirà a salvare dalla politica culturale ed economica del nostro Paese? > Se sapremo darle un posto, nel senso che la capacità ha bisogno di spazi per crescere, per svilupparsi e questi richiedono precise scelte di politica culturale e non solo. Se ciò non avviene - come purtroppo accade sotto i nostri occhi - può succedere che le persone portatrici di una creatività importante, originale, piene di energia, ma che magari non trovano spazi in un paese come il nostro, possono prendere altre strade. E dobbiamo evitare che ciò accada.

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ri, sul tema della committenza a livello storico, sociale e filosofico. I confronti tra le storie dei maestri dell’arte del passato e i protagonisti del panorama artistico contemporaneo, sono stati sviluppati con il ciclo di appuntamenti “Vite parallele”: in questo contesto i racconti hanno evidenziato personaggi storici dell’arte internazionale come Ileana Sonnabend, Ambroise Vollard, Leo castelli e Palma Bucarelli. Un incontro d’eccezione quello con Salvatore Settis (con ripetuti applausi del pubblico) per la sua illuminante storia di committenze pubbliche ardite, indisciplinate, svendute o fallite, La parola offerta agli artisti del nuovo millennio e sul rapporto con la committenza pubblica e privata, ha posto in rilievo il ruolo del soggetto commissionato che essi incarnano: tra i più noti, si sono espressi Joseph Kosuth, Mark Dion, Goshka Macuga, Cesare Pietroiusti, Gianfranco Baruchello, Dmitry Vilensky, Paolo Gonzato, Alfredo Pirri, Grazia Toderi. Seguendo il successo delle edizioni passate, il festival è stato anche una occasione di confronto e di interazione tra le diverse discipline, a partire dall’architettura e le sue forme di committenza, con l’architetto Luca Molinari e Ennio Brion, Pippo Ciorra, Senior Curator MAXXI Architettura e Julia Peyton-Jones, direttore della Serpenti-

I progetti di Faenza vogliono dare un contributo in questa direzione? > Sicuramente. Quello che noi vogliamo fare qui è arrivare gradualmente a costruire un modello di sviluppo in cui una città si scopre capace di diventare un centro di produzione culturale e di collegarsi alla scena internazionale non soltanto coinvolgendo gli artisti o un gruppo limitato di persone, ma quanto piuttosto estendendo il più possibile all’intero corpo sociale la sfida della creatività e del cambiamento. Sono percorsi lenti che richiedono tempo. Siamo all’inizio del processo e i risultati veri si potranno vedere solo tra qualche anno, se si riuscirà a continuare a lavorare con la stessa intensità e la stessa capacità costruttiva.

Achille Bonito Oliva e Massimo Cacciari aprono le discussioni sul tema del festival

ne Gallery di Londra. Le contaminazioni tra arte e design sono state declinate, invece, da Marco Tagliafierro, curatore, Paolo Gonzato, tra i giovani artisti italiani più interessanti e Ayaki Itoh, curatore per l’Italia degli eventi Japan Brand; per le contaminazioni con il food, Massimiliano Tonelli, direttore di Artribune ha intervistato Pier Giorgio Parini, tra i primi dieci giovani chef nella classifica del Wall Street Journal.

Il Padiglione Via…ggiando, progettato da Mario Nanni, ha ospitato conversazioni sull’incontro tra le diverse forme della progettazione contemporanea, con incontri a cura dei partner culturali del festival, come ACACIA, AMACI e ANGAMC, e i Cbooks, appuntamenti con gli autori delle più recenti pubblicazioni e ricerche sull’arte contemporanea e non solo. Federica Tolli

artisti che riescono a raggiungere rapidamente quotazioni importanti sono capaci di promuoversi molto bene, di essere presenti nei contesti che contano, di farsi vedere, di conquistare l’interesse e il credito degli opinion-makers, in primo luogo i grandi curatori e i grandi critici. Naturalmente devono avere un’energia che porta a fare un lavoro che trasmette una sensazione di contenuto, di potenza emozionale che resta uno degli aspetti più misteriosi e, ovviamente, più impalpabili dell’arte. Però la combinazione è molto complessa. In alcuni casi può funzionare e in altri no, per cui è difficile trovare una formula che spieghi il successo di un artista.

contributi particolarmente interessanti. Come in tutte le cose, conta la diversità; riuscire a realizzare un mix che dia conto un po’ di tutte le voci che oggi esistono nel sistema dell’arte.

L’indipendenza dell’artista esiste? È veramente utile? > È indispensabile, perché è chiaro che solo un artista realmente indipendente può davvero fare ricerca in un modo intellettualmente onesto e capace di generare innovazione culturale. L’indipendenza dell’artista in parte dipende da quanto egli stesso vuole esserlo. In primo luogo c’è una scelta deontologica precisa, poi è chiaro che ci sono dei condizionamenti esterni e questi possono essere rimossi quanto più una società si convince che l’arte è un valore sociale, ma anche un valore intrinseco, per cui torniamo al discorso di prima: gli artisti saranno più indipendenti quanto più la società crederà nel valore della cultura.

Chi determina il valore reale dell’opera? > È frutto di una sedimentazione storica. Ci sono artisti che nel tempo riescono a mantenere viva la loro narrativa, che viene continuamente rievocata e riproposta dalle generazioni che seguono. In altre situazioni questo non avviene. Va anche detto che la storia spesso non è lineare. Ci sono degli artisti che magari temporaneamente si eclissano, non vengono più considerati, poi recuperano considerazione. Altri la mantengono inalterata o addirittura crescente nel tempo. Sono processi sociali ancora una volta molto complessi da cui deriva una verità piuttosto interessante, cioè nessun valore artistico è mai veramente definitivo. Insomma ci troviamo all’interno di un flusso nel quale qualunque verità è solo parziale.

Quali sono i principali fattori che determinano le quotazioni dell’artista? > Sono fattori molto complessi. Prima di tutto un artista deve essere capace di intercettare una serie di temi e di linguaggi che vengono particolarmente apprezzati e valorizzati dal sistema, però allo stesso tempo deve essere in grado di rinnovarsi rispetto a questi linguaggi per non essere assimilato alle esperienze che esistono già. Quindi, una combinazione intelligente di attualità e di trasgressione di essa. Inoltre - questo purtroppo è un dato che ha anche delle sue criticità - oggi spesso gli

Per raggiungere l’obiettivo che ciascuna edizione del Festival si prefigge, si tende a coinvolgere i personaggi più autorevoli, sul piano teorico e operativo di ambiti disciplinari diversi che interagiscono fra loro per definire la cultura del presente che guarda avanti? > La nostra idea è cercare di avere sempre un quadro il più possibile vario di voci e di esperienze. Coinvolgiamo sicuramente persone molto autorevoli e note, però allo stesso tempo scommettiamo anche su figure giovani, magari poco affermate ma che, a nostro parere, possono dare dei

Specialmente gli stranieri invitati partecipano volentieri agli incontri? > Direi proprio di sì. La risposta è di grande entusiasmo. Le persone vengono e si stupiscono di trovare un clima così amichevole, partecipativo, informale. Per noi è una grande soddisfazione. Ci dice che, al di là del valore culturale e del lavoro che stiamo facendo, il nostro è anche un modo di costruire intorno all’arte una piccola unità che speriamo si solidifichi sempre di più nel corso del tempo. …Chiedono compensi sostenibili? > Non c’è mai stato un problema di compensi. Tutti coloro che vengono qui hanno solo un rimborso spese. La gente partecipa al Festival perché convinta che sia un evento culturale rilevante. Se dovessimo offrire ai grandi personaggi compensi allineati ai prezzi di mercato, probabilmente non potremmo fare il Festival. Le istituzioni locali sostengono con convinzione le vostre iniziative? > Ancora una volta, senza il loro appoggio, non avremmo mai potuto fare questo Festival. Anzi, sono molto contento di poter riconoscere il contributo fondamentale che fin dall’inizio hanno dato l’Amministrazione di questa città e la Provincia. Ora comincia ad esserci anche un interessamento ampio della Regione. Vediamo come un segnale importante il progressivo allargarsi del bacino di sostegno. Significa che in Italia esistono delle amministrazioni convinte che con la cultura si può lavorare, anche senza ragionare sui grandi numeri o sulle mostre-evento. …Hanno capito l’importanza delle tematiche che vengono affrontate? > Crediamo di sì. L’Amministrazione comunale ha avuto modo di toccare con mano il processo di progressiva infiltrazione, nel senso buono, che la cultura sta avendo sul tessuto economico- sociale, e soprattutto 236 | ESTATE 2011

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culturale, di Faenza. Credo che sia un segnale importante per il futuro. > Il Festival riesce a contaminare l’industria della ceramica? > Di fatto lo sta già facendo. Esiste una serie di processi in atto per cui arrivano artisti, commissionano, chiedono di sapere come il loro lavoro potrebbe trovare delle declinazioni interessanti attraverso la ceramica. In alcuni casi coinvolgono la produzione di Faenza quando sono invitati a realizzare particolari progetti. In futuro incrementeremo questa tendenza. Stiamo già lanciando l’iniziativa, partita con una prima puntata, dei weekend d’arte: portiamo qui artisti di fama internazionale e li mettiamo in relazione con i protagonisti della lavorazione ceramica perché verifichino se si possono creare degli opportuni sviluppi. Salvatore Settis intervistato da Angela Vettese

Della Committenza e della Cultura Conversazione con Angela Vettese a cura di Luciano Marucci

LM: Da quale considerazione realistica è sorto il progetto del Festival dell’Arte Contemporanea di Faenza sulle “Forms of collecting/Forme della committenza” da lei ideato con Carlos Basualdo e Pier Luigi Sacco? AV: Per la quarta edizione si è pensato di dedicare attenzione a tutte le dinamiche che portano ad acquistare opere o a farle circolare. Le opere passano dall’artista a un proprietario - un museo o un collezionista - importante è capire come e perché questo avviene. > Oggi la committenza e il mercato limitano o stimolano la ricerca e la sperimentazione artistica? > La limitano e la stimolano, così come è sempre stato. La nostra non è un’epoca peggiore di altre. Sicuramente l’arte contemporanea ha acquisito in alcuni casi il valore di bene-rifugio e la capacità di riciclare danaro, se vogliamo fare questa ipotesi che mi sembra del tutto plausibile. Però è anche vero che le opere sono state sempre pagate. Basta leggere le lettere degli artisti che anche nell’antichità erano molto attenti a come venivano formulati i contratti d’acquisto, da Raffaello a Tiziano e prima ancora. Non c’è da scandalizzarsi se questo frutto del pensiero ha un suo corrispettivo in denaro. Certamente le opere hanno un doppio problema. A volte non riescono a trovare compratori, a volte ne hanno troppi. Quando diventano eccessivamente costose, i musei più importanti non riescono a collezionarle. Ci sono solo tre musei in grado di acquistarle: il Pompidou, la Tate Modern e il MOMA. Così gli artisti che hanno prezzi alti rischiano di non entrare nelle collezioni del mondo, ma solo in queste tre.

> Le esposizioni tematiche stabilite dai curatori danno la possibilità all’artista di esplorare altri territori immaginari? > Direi di sì. > Secondo lei la public art e l’arte partecipativa si vanno facendo strada? > Sono sempre state presenti nella storia dell’arte. Oggi chiamiamo public art o arte partecipativa ciò che una volta era La Stanza della Segnatura di Raffaello. Anche qui a Faenza siamo in una piazza circondata da palazzi affrescati. Il territorio europeo è costellato di edifici che prevedevano intrinsecamente l’azione del pittore e dello scultore ed erano luoghi nati per stimolare la partecipazione dello spettatore. All’apice di questo processo erano le chiese dove l’opera d’arte serviva a stimolare la devozione. Lo erano ancora di più le chiese barocche là dove, dopo il Concilio di Trento, si disse esplicitamente che l’opera d’arte doveva suscitare meraviglia, stupore e ammirazione per questa entità superiore. Quindi la public art, l’arte relazionale, non sono fenomeni recenti. Non lasciamoci abbagliare, l’arte partecipativa è sempre esistita o meglio l’arte è sempre stata partecipativa. > Faenza vuole affermarsi come polo dinamico per la verifica di accadimenti e, a un tempo, per il confronto tra tendenze differenti e la diffusione delle informazioni? > Vuol essere un luogo dove si scambiano idee, dove non si partecipa affatto al rito collettivo della mostra, ma si pensa all’arte contemporanea. > Teoria ed esperienza sono in rapporto paritario o l’aspetto teorico, nell’assumere funzione di guida, prevale? > L’aspetto teorico è il solo che si può affrontare in un festival dell’arte, perché altrimenti si potrebbero fare altre cose

Gruppo delle ragazze coadiuvante dello staff organizzativo

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Milovan Farronato

che esistono già: la Biennale di Venezia o Documenta di Kassel. A Faenza c’è più teoria che pratica. Se vogliamo vedere più pratica che teoria andiamo alle grandi mostre. > È lecito pensare che in questo particolare momento la maggioranza delle gallerie private vada più incontro al gusto comune che alla ricerca artistica innovativa? > Questo è vero per la maggior parte di esse. I galleristi sono di due tipi: venditori puri e venditori con una spiccata tendenza alla ricerca. Certamente, se si fa una passeggiata in via Brera a Milano, si vede come le gallerie propositive siano forse una su cento. Però dobbiamo molto ai galleristi e non getterei loro alcuna croce addosso. > Perché gli artisti italiani siano più competitivi in ambito internazionale manca soprattutto un’efficace politica del nostro sistema dell’arte? > Credo che il problema sia più radicale. L’Italia è un paese vecchio. Non ha ragazzi, non stimola quelli che ha. È stata grande nell’arte quando ha vissuto momenti di trasformazione e ha inventato qualcosa. Ha inventato la borghesia (parlo del 11001200), la società dell’individuo (parlo del Rinascimento) e, per venire ai tempi più recenti, la società postbellica con il neorealismo. Tutti questi momenti hanno portato innovazioni straordinarie che ci sono state riconosciute nel mondo intero. Il cinema neo-realista è diventato l’abc di chiunque voglia fare cinematografia e così la pittura rinascimentale e l’arte del medioevo. Detto questo, in Italia oggi non c’è una problematica sociale sufficientemente interessante. Se guardiamo a quanto sta succedendo in Cina, nei paesi del Nordafrica, in Russia, vediamo delle trasformazioni epocali, storiche, che fanno pensare che il nuovo stia accadendo lì. Noi siamo un paese con tanta tradizione che, oltretutto, non sappiamo mettere a Rosina Gómez-Baeza

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ziative rivolte al grande pubblico, né riequilibrare l’attività dei mercanti spesso insufficiente o troppo interessata finanziariamente... > Il problema è che si vorrebbero attuare solo iniziative per il grande pubblico. Lo Stato vuole esclusivamente quelle che richiamano un’enorme massa di visitatori, spettacolari come le famigerate mostre sugli impressionisti, che pure sono stati dei grandi artisti. Se un’amministrazione locale desidera un museo funzionante, l’indice del suo funzionamento non va visto nella quantità di visitatori, che non è sempre un buon criterio. Il pubblico va considerato non soltanto in termini di numero, ma anche, per esempio, in termini di conoscenze nuove. Se va a vedere dei quadri che ha già visto in cartolina, si porta a casa qualcosa di nuovo? Non sempre. Di solito uno Stato illuminato è anche uno Stato che rischia, che scommette, che non va solo sul sicuro. > Anche gli artisti che vorrebbero interagire con la realtà sociale attraverso realizzazioni di una certa ampiezza hanno limitazioni… > A volte. L’Italia, però, non è uno dei paesi in cui ci sia più censura. Direi che la cultura anglosassone - puritana, protestante - è più censoria della nostra. Da noi abbiamo limitazioni nel senso della penuria di mezzi, però, da sempre sono possibili anche esposizioni molto azzardate. Dai tempi dell’Estasi di Santa Teresa di Bernini abbiamo avuto un’apertura incredibile verso immagini piuttosto scandalose.

Achille Bonito Oliva ringrazia il pubblico per l’omaggio ricevuto

frutto. Tornerà il nostro turno, ma non è ora. > Oggi esiste un collezionismo che in qualche misura incoraggia i giovani talenti? > In fondo sì. In Italia è abbastanza diffuso, diversamente da quanto si pensa. Ci sono paesi come l’Olanda o la Francia dove il collezionismo privato non è quasi contemplato. Da noi, invece, non c’è casa senza un quadro. Si compra bene, si compra male, ma esiste un problema: gli artisti italiani non riescono a varcare il confine, ad essere credibili anche quando vendono e ricevono premi importanti. Rossella Biscotti, che ha vinto il Premio MAXXI, sarà riconosciuta se andrà altrove, altrimenti la sua strada si fermerà qui.

> Potrebbero essere di più. Lo Stato si sta a poco a poco sottraendo al suo ruolo con la scusa della crisi economica. È vero che la crisi c’è, però piano piano questo consente allo Stato stesso di venir meno in ruoli molto importanti, decisivi, tradizionalmente fondativi come l’istruzione pubblica, che si sta traducendo quasi ovunque in istruzione privata verso la quale si sta spostando la qualità. E, secondo le stesse dinamiche, il pubblico si sta sottraendo alla protezione delle arti e delle lettere che un tempo era leggermente superiore. > Così non si può né promuovere ini-

> Il critico militante può influire, oltre che sugli orientamenti culturali generali, sullo sviluppo delle esperienze artistiche individuali o di gruppo? > Sì, il “critico militante” - ammesso che questa espressione abbia un senso - cioè quello che vive con gli artisti e li ascolta, può senz’altro influire, ma non imprimere una direzione; può essere l’organizzatore di un gruppo, un catalizzatore. È colui che coagula le idee e le mette per iscritto, le porta all’amministrazione locale, propone di fare una mostra, eccetera. Insomma, è un portabandiera degli artisti. È anche vero che, a volte, soffre di protagonismo, quindi tende ad essere un attore più visibile degli artisti, e questo è pericoloso perché non credo che dovrebbe porsi al di sopra degli artisti stessi. Non dovrebbe inventare un movimento, ma solo seguirlo. Tutti i critici che hanno cercato di farlo sono finiti male, perché o il movimento c’è e il critico lo sa interpretare, oppure immaginare di inventarne uno attraverso una paroletta magica, una definizione, può avere successo per sei mesi, poi la situazione si disperde.

Joseph Kosuth intervistato da Angela Vettese a chiusura del festival

> Se è vero che nel nostro Paese la Cultura non è prioritaria, agli artisti viene a mancare l’incentivazione… > Il Paese Italia si è costituito senza porre a fondamento di se stesso il valore cultura e nelle ricorrenti tornate elettorali - di cui siamo in un certo senso vittime, anche se questo è un segno di democrazia - ogni volta si registra un’occupazione dello spazio pubblico da parte dei partiti e la cultura non trova mai posto. Viene sempre considerata qualcosa di irrilevante che non porta voti di quantità ma solo di qualità. L’Italia è un paese in cui non si cercano voti attraverso la cultura, cosa che, per esempio, accade in Francia. > Ne consegue che sono carenti le committenze da parte delle istituzioni museali, teatrali, ecc. 236 | ESTATE 2011

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Smile & Connecting People

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ontinuiamo pure a dirci che il problema è la “cultura e il suo peso”, o le “forme di vendibilità dell’arte”, o piuttosto gli sperimentatori e i ricercatori (i carrieristi sono sempre gli altri) e a ritenerci del tutto autorizzati, intelligenti, simpatici e soprattutto mentalmente normali nel ripetere che siamo anche alla “fine dell’industria culturale” (sghignazzando!), come se l’espressione fosse neutra, come se non portasse con sé l’umiliazione e la reificazione degli artisti che si sforzano a fare qualcosa di diverso! Il “fare opera” consiste nel ripetere su base trasgressiva parole ed espressioni proliferanti, dai bar ai media e dai media ai bar, e nel fornire, assieme ai profeti dell’utopia artistica e ai chiaroveggenti della comicità drammatica, a chi si dichiara fuori chili di para-normalità per stare dentro comunque. Un televisore e un biglietto per il grande spettacolo della “produzione circolare” sono ideali universali della post- industria. La classe dirigente dell’arte si compiace nella più bieca decadenza, perché l’equazione è diventata esclusivamente potere in cambio di favori, il tipo di prestazione dipende solo dai gusti del postulante (potente) di turno; ora a corte vanno per la maggiore gli artisti vuoti di spirito e, se gli “scandali” non vanno più bene, c’è bisogno di raggiungere altre vette di provocazione. Il riderci su dolorosamente credo faccia sì parte della follia massificata dal tam tam arcaico, ma più e anche di un apprezzamento ingenuo: che si fa dopo aver assodato che non c’è fine al peggio? La morte dell’arte sta marcendo, ammuffisce insieme all’estetica della sua positivizzazione e, grazie alle forme stilistiche della committenza, ora sappiamo che essa è vera quanto la volontà autoritaria di mercificazione … Ma è veramente “effettuale” quello che si dice dell’arte contemporanea? Ed è deleterio il fatto che si stia sdoganando l’equazione: collezionismo = potere culturale? Dal punto di vista della risonanza, del reciproco plasmarsi di bar e spettacolo, è chiaro come siano la misoginia e l’umiliazione estetica a trovare decine di milioni di pance piuttosto ricettive! Questo mi sembra il dato più sconfortante: il diffuso credersi fuori o antagonisti, quando ci si è dentro fino al collo con gli umori e con il linguaggio.

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ispetto alla fine del peggio, il sentire comune oggi è perfettamente espresso dal titolo di presuntuosi Simposi e Festival delle Arti, che tentano di proferire il proponibile dell’universo. Qui, più che ciò che viene fatto contro la volontà delle persone, mi angoscia che molti si sentono autorizzati, secondo un’idea di produttivo, di vantaggioso, a lasciare che sia fatto. La spinta ad auto-reificarsi, l’idea che se ci metti un sacco di lustrini, luci, cocktail e girano soldi, non è immondizia e schia-

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di Gabriele Perretta

vitù, è carriera, è un aprirsi di strade, un prezzo accettabile da pagare. Il problema di molte battute a riguardo, ho notato, nasce dal fatto che non svela l’assurdo, ma ne è una forma descrittiva, un’appendice organica. “Le forme del collezionismo” o “il collezionismo delle forme” sono vecchie immagini che non suggestionano più. Eppure non si sono consumate, ma al contrario si sono stabilizzate, hanno conquistato alte vette d’espressione! Da tempo il problema non sta più nel rapporto fra Società e Arte, ma in quello fra Mercato, Collezionismo, Potere, Cultura, e viceversa. Da tempo, dunque, la questione politica e sociologica del rapporto fra collezionismo, committenza e realtà dell’arte è diventata una competenza e un’urgenza antropologica. È sempre più l’economia pura, l’economia con le sue forme dispotiche a fornire ed esplorare le nuove “strategie affermative dell’arte”, con cui si analizza e si spiega la condizione stessa dell’artista e la vita sociale del “fare”; anzi, attraverso esse si penetra finalmente nel sottile scarto che divide e confonde la Società e la Cultura, la struttura sociale e la rappresentazione. Le vecchie analogie o metafore con cui si osservava la società – per lo più organiche o meccaniche – sono man a mano diventate obsolete, non perché inefficaci nella descrizione e interpretazione oggettiva dei fatti e delle istituzioni sociali, ma perché impotenti e addirittura elusive per ciò che riguarda la soggettività sociale, ovvero la mentalità collettiva. In una formula sintetica, quell’insieme delle rappresentazioni mentali socialmente elaborate e condivise che è appunto la Cultura, e che non conviene più considerare “dipendente” dalla Società, ma invece guardare come “interagente” con essa.

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econdo lo scenario delle committenze e del sistema dell’arte che si presenta davanti ai nostri occhi “dire che la politica è un’arte è giusto, ma dedurre che quanti fanno politica siano artisti è sbagliato, anche se può essere paradossalmente vero, anzi veritiero”. Cultura e politica non possono avere una casa comune, esse si sono ormai appropriate di ciò che si chiama “potere della committenza”. Insomma, gli artisti contemporanei sono ancora assillati dal dubbio che “ai politici va dato il voto ma non la mano” e poi - a più non posso - stanno a braccetto con le alte finanze. Fabbrica culturale e stabilimento del potere spesso si confondono e non si riesce più a capire qual è la sfera che domina di più sull’altra? Certamente l’impresa mediale ha assunto un peso sempre più grande nelle nostre società, finendo spesso per confondersi con l’industria del potere, allargando i suoi confini in modo vertiginoso. D’altra parte, attraverso l’uso delle nuove tecnologie, l’industria culturale

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ha assunto non solo un’estensione inaudita, ma anche una eccezionale capacità di controllo su tutte le forme d’esistenza e soprattutto una capacità di derealizzare il mondo, di dare al suo pubblico un’illusione di leggerezza, di scorrevolezza, di multipolarità, di libertà veicolata da virtualità e immaterialità. Oggi andrebbe avversata tanto l’industria culturale quanto la politica, perché strumento con cui la società condiziona l’individuo. Sono concezioni retrive? Altro che retrive! Credo che dal tempo dell’industrialismo le cose si sono complicate e sono andate molto più avanti, proprio nel senso indicato dal post-fordismo!

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ggi è proprio un’industria culturale molto più diffusa e pervasiva a regolare l’economia e ad agire direttamente sul piano politico. Allora è opportuno evidenziare come l’unico fine del padronage system sia quello del profitto. In vista di ciò l’individuo viene ridotto a mero consumatore, e i prodotti a semplici mezzi. Questi ultimi, infatti, sono estorti del loro carattere istruttivo e resi più accessibili a tutti. Artista e individuo, a loro volta, sono vittime di una duplice truffa. Il regime del collecting system, attraverso filtri e palliativi impone delle standardizzazioni, dei cliché, che determinano nel soggetto un senso di insoddisfazione dato dal fatto che non vi appartiene. Il padronage system, dunque, crea dei bisogni fittizi e fa credere al consumatore di poterli soddisfare, cosa che non farà mai. Quest’ultima illusione viene creata dall’industria culturale attraverso la cosiddetta “differenziazione”. La caratteristica principale dei prodotti artistici, che sono realizzati dalla spinta del new identity of the client, è quella dell’omogeneità e del pensiero unico. Il collecting system deve, dunque, applicare una fittizia differenziazione, così che il consumatore abbia l’illusione di scegliere e di possedere un’individualità. Al contrario, è ormai chiaro, che la libertà del soggetto artistico è solo l’ennesima illusione creata ad hoc per poter rispondere con la pratica del “luoghi non deputati del fare” o col sorriso della filosofia che denuncia il “teatro dell’ironia e l’arte come ruolo comico”. Il potere del total system of patronage trasformandosi in system of total corruption agisce fuori e dentro l’arte, compiendo nei suoi confronti un duplice tradimento. Da un lato, essa viene paragonata allo svago, assume la forma di puro divertimento e dall’altra appare in the mirror of the client . In questo senso, all’interno del collezionismo l’opera viene reificata, diventa cosa tra cose. Dall’altro lato, il soggetto impone la propria interpretazione al manufatto sistemico. Ma non è questo il modo autentico di concepirla. L’opera d’arte deve essere libera, non deve assoggettarsi ai bisogni dell’individuo. La sua autonomia consiste nella configurazione, che è sempre la medesima in tutte le epoche storiche. Ciò che invece muta è il suo contenuto, che altro non è che il rimosso della collettività, cioè il segno contradditorio, l’a-concettuale, il non-identico, che sono fondamento della realtà. Il vertice di questa IC generalizzata, la forma entro cui si inscrivono la maggior parte dei suoi aspetti, è la cultura del battage e dello spettacolo diffuso: la pubblicità – più che l’arte stessa - è una funzione essenziale del mercato, che agisce in modo molto articolato sulle interiorità, ci trasforma tutti in consumatori, propone modelli di vita sempre più subalterni e degradati (con la ossessiva e ridicola ricerca di messaggi “trasgressivi”). I media ci impongono un modo di essere in funzione della cultura dell’annuncio; e gran parte della lotta culturale, della ricerca di quella che una volta si chiamava “egemonia”, si risolve in una lotta per

il promo. Siamo immersi in un immenso mercato dell’illusione e forse l’Italia ha avuto il beneficio di precorrere i tempi, con una diretta convergenza tra potere politico, collezionismo, imprenditoria culturale e potere mediatico. Naturalmente nel gap/system non è più possibile propugnare una forma di settarismo per tenersi separati dal capitalismo, quindi siamo costretti ad assistere alla perdita continua delle armi della “critica”. Non è possibile parteggiare per “la pastorale poetica e la derisione”, pur di rifiutare gli sviluppi della tecnologia. Non è possibile che oggi gli intellettuali siano rifuguati in astucci agresti o tra bottoni di comando, bisogna semplicemente dire che gli intellettuali non ci sono più, sono estinti, sono stati distrutti dallo schiacciante strapotere del pensiero unico, rigorosamente favorito dalla sinistra storica e dal massimalismo imperante dello “spirito liberal”! In linea di massima si nota una predisposizione a disporsi in bella evidenza: funambolismo e egotismo che spesso si annidano anche nel dissenso, anche in quello più combattivo. Quello che sembra scarseggiare, o che comunque si esplicita solo in presenze isolate, è il senso di rivendicazione, è la capacità di raffrontare criticamente la propria posizione con il contesto globale in cui si è inseriti, con le sue contraddizioni. Manca insomma una vera disponibilità critica, manca proprio la cultura “critica”.

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etto questo, guardare alla cultura mondiale non significa seguire l’onda del momento, pretendere di cambiare pelle e porsi come subalterni imitatori ed esaltatori del promo. Sembra essersi realizzato il desiderio del Mercante/connaisseur (vedi: Stefano Bardini e Wilhelm Bode) che immaginava una borghesia capace di fagocitare il dissenso e trasformarlo in conformismo facendone una moda e un costume. Non tanto e non soltanto il dissenso, ma soprattutto tutti i propositi “trasgressivi”, tutte le contestazioni, le fratture, gli stravolgimenti linguistici ed estetici, diventano conformismo, finiscono addirittura per assumere una mera funzione propagandistica. Una condizione sprovvista di via d’uscita: ma in fondo, a scamparci dalla trasformazione di ogni dissenso in moda, dovrebbe essere la tenuta critica, la percezione della differenza, la circospezione verso lodi e trionfi; del resto l’autentica libertà intellettuale non può confondersi con il dissenso o la trasgressione in quanto tali (il dissenso può essere corrivo o conformista, se si basa su modelli non verificati, su schemi precostituiti), ma con la capacità di scegliere, di vedere le diversità, di sfuggire a modelli già dati. La riflessione e l’etica delle arti e della medialità rifuggono dai prototipi: in loro c’è una forza critica che spesso può spiazzarci, lasciarci sorpresi e perplessi, mettendo in dubbio parametri di giudizio che si credevano consolidati ed acquisiti. Quello che ci manca oggi è proprio la spregiudicatezza di un’altra committenza, il guardare e capire le cose grazie alla forza pura del pescatore di perle alla Walter Benjamin, ad una ragione appassionata e libera, una disposizione a mettersi in gioco in nome dell’“autenticità”, senza cautele e tatticismi istituzionali. Voci di questo tipo oggi non ce ne sono: e se pure ci sono, sono troppo ai margini, restano quasi invisibili, vengono messi a tacere dalle forme del connecting-establishment. L’industria cultural-promozionale del committente attuale tende quasi a cancellare la figura dell’intellettuale e dell’artista libero, che si affida solo alla forza di una ragione appassionata e finisce per privilegiare il big, il saccentone moraleggiante, il ciarlatano, il profanatore programmatico, ecc. 236 | ESTATE 2011

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Arte contemporanea e restauro A dialogo con Galileo Pellion di Persano e Thierry Radelet Del laboratorio di restauro e analisi Persano Radelet are curioso, e tuttavia rappresenta un P dato di fatto, che nel momento in cui la nostra rivista sceglie di avviare un pro-

getto intorno alle problematiche relative al restauro, inauguri quasi contemporaneamente in Italia, precisamente a Torino, un innovativo laboratorio di restauro e conservazione dell’arte antica e contemporanea. Un ambiente assolutamente unico nel suo genere, sia perché mette insieme competenze diverse, il contemporaneo e l’antico, sia per com’è stato strutturato. Ho l’occasione di incontrare i restauratori Galileo Pellion di Persano e Thierry Radelet, responsabili di questo progetto, coadiuvati da Beatrice Medico e Andrea Pitardi, anche loro restauratori e collaboratori fidati da anni, e Benedetta Bodo di Albaretto, conservatrice, che mi accolgono nel suggestivo e immenso spazio di Via Modena 58. Un ambiente particolarissimo, studiato e progettato appositamente per essere funzionale alle particolari esigenze che le differenti attività di restauro prevedono, e rispondente a criteri strutturali che hanno permesso e permettono l’organizzazione del lavoro scandito per settori specifici. L’intervista/conversazione comincia con alcune domande che rivolgo a Galileo Persano e Thierry Radelet, mentre mi accompagnano passo a passo all’interno di ogni singolo ambiente dello spazio. Maria Letizia Paiato - Chi sono Galileo Pellion di Persano e Thierry Radelet e da cosa nasce l’idea di aprire un centro di restauro che si occupi sia di antico sia di contemporaneo? Galileo Persano - Sia io sia Thierry ci siamo formati a Firenze, prendendo poi specializzazioni differenti; lui sull’arte antica e nell’analisi multispettrale, io sul contemporaneo con una competenza specifica nell’Arte Povera. Abbiamo collaborato per anni e maturato esperienze significative che ci hanno progressivamente portato, supportati da Beatrice e Andrea, a considerare l’idea di unire queste competenze in un unico progetto, affinché la ricerca intorno al restauro, con la disponibilità per l’appunto di queste differenti specializzazioni, possa essere condotta nella sua interezza e non solo parzialmente. > Come è organizzato pertanto il centro nel suo complesso? Thierry Radelet - Come puoi tu stessa notare, lo spazio è strutturato su tre livelli. Al piano terra sono state ricavate due stanze che propongono un servizio unico in Italia, se si considera che siamo un laboratorio privato. La prima stanza è oscurata e completamente schermata al piombo, per poter eseguire in sicurezza la foto-analisi sulle opere. È stata realizzata proprio perché io sono specializzato da anni in quelle che vengono definite “analisi non invasive ad immagine”, ovvero operazioni che non prevedono alcun tipo di prelievo o intervento sull’opera ma che forniscono informazioni circa lo stato di conservazione delle opere, la tecnica e i materiali adottati o altro che si renda necessario alla sua conoscenza. Si tratta di analisi multispettrali che comprendono l’infrarosso, l’infrarosso in falso colore, la fluorescenza UV, la radiografia digitale, la micro e macro fotografia. > Questo tipo di analisi riguarda specificatamente solo l’ambito dell’antico o sono analisi che possono essere applicate anche al contemporaneo? T.R. Per l’antico questo tipo di analisi non invasiva è assolutamente la prassi e notoriamente sono applicate principalmente

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a questo genere di arte; ma non esclusivamente. Può essere molto utile anche sull’arte contemporanea, ho avuto modo di lavorare approfondita mente per esempio sul Quarto Stato di Pellizza da Volpedo e su opere di Boccioni, Pinot Gallizio e Merz. > Attraverso il vetro di questa seconda stanza vedo molti dipinti, perché si trovano li dentro? T.R. È una stanza climatizzata, con temperatura e umidità costanti e controllate ed è stata concepita e voluta soprattutto per i dipinti su tavola. Sono specialmente le opere su legno quelle più a rischio, perché le variazioni di uno degli elementi appena citati possono causare dei movimenti nel supporto ligneo e compromettere quindi la parte dipinta. Pertanto siamo in grado di accogliere opere che arrivano da ambienti climatizzati, come musei o fondazioni, ma anche privati, garantendo in questo modo che l’analisi e l’eventuale intervento di restauro avvenga alle medesime condizioni. > La disponibilità di uno spazio di questo tipo prevede anche la possibilità di poter allocare qui un’eventuale opera anche se questa non necessiti di restauro? T.R. Certamente. Infatti, abbiamo pensato anche alla possibilità di offrire un servizio del tutto nuovo per quel che riguarda l’attività di un laboratorio di restauro. Abbiamo predisposto una zona per la conservazione

delle opere d’arte, disponibile per collezionisti, gallerie, enti pubblici e musei. Il servizio comprende non solo la custodia e l’assicurazione ma anche la possibilità di tenere l’opera controllata riguardo il suo stato di conservazione. > Chi sono le persone a cui rivolgete le vostre competenze? T.R. Ci rivolgiamo e siamo al servizio sia di privati, gallerie e fondazioni, sia di musei e istituzioni pubbliche. > Vedo questo ambiente intermedio che si trova a metà della scala, che cosa fate qui? G.P. Questo è per l’appunto la zona deposito che stiamo predisponendo, mentre in fondo puoi osservare la falegnameria. Ci tengo a questo punto a precisare e farti notare, come poi meglio ti si chiarirà appena vedrai il piano superiore, che la struttura dello spazio, così come lo abbiamo concepito, ci ha permesso di separare la parte dedicata al restauro conservativo da quella dedicata al restauro estetico. Per essere ancora più esplicito, per parte conservativa intendo quella cosiddetta sporca, come possono essere ad esempio tutte le operazioni che normalmente si svolgono all’interno di una falegnameria e dove ovviamente vi sarà presenza di polveri e quant’altro. Per quella estetica, intendo invece quella parte del restauro che per essere praticata necessita di una ambiente assolutamente pulito e caratterizzato da un certo tipo di illuminazione. Ti accorgerai al piano superiore di questa differenza e non potrai non notare, infatti, la presenza perlopiù di opere contemporanee. > Mentre saliamo noto la presenza di alcune opere d’arte contemporanee, 

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osservatorio critico INTERVISTE

 che non mi sembra siano qui perché necessitino di un restauro. Ad esempio, questa di Paolo Grassino, perché si trova qui? Sembra quasi che intendiate usare questo spazio anche per attività espositiva, è così? G.P. In parte potrà anche essere così. Trovo non sia in contrasto con quanto in realtà facciamo qui dentro l’idea che questo possa al tempo stesso essere un luogo dove mettere in mostra alcune opere. > Effettivamente ora che siamo giunti al piano superiore, tutto mi è molto più chiaro. L’ambiente si presenta pulitissimo e molto luminoso, e infatti è qui che Beatrice Medico, braccio destro di Galileo, specializzata in doratura e laccatura, sta lavorando con Ester Cazzaniga, restauratrice specializzata in reintegrazione pittorica con esperienza venetennale, ad un splendido dipinto cinquecentesco. Lo sguardo mi cade sulla parete di destra dove posso osservare numerose opere di artisti contemporanei: Zorio, Boetti, Pistoletto, Anselmo, Kounellis. Tutta l’ Arte Povera è qui ben rappresentata. Consapevole della specializzazione di Galileo sull’ Arte Povera, tralascio domande inerenti l’argomento mentre mi interessa di più sapere esattamente in questo ambiente che cosa avviene e quali problematiche presentano le opere qui presenti. G.P. Per quel che concerne il contemporaneo io e Beatrice abbiamo lavorato molto spesso su carta, fotografie, tecniche miste su tela, stampe. Come hai notato tu, queste alle pareti sono tutte opere sui generis che presentano svariate problematiche come ad esempio l’ingiallimento della carta stessa. > È mia intenzione approfondire questi aspetti nello specifico in una fase successiva. Credo sarebbe molto interessante se nel tempo potessi spiegarci sia come si interviene su una particolare tipologia di opera ma anche come imparare a conservarla. Per adesso mi limito a chiederti sommariamente come riesci a rendere la carta nuovamente bianca, mentre lasciamo qualche curiosità per il futuro. G.P. Per la carta normalmente vengono effettuati continui lavaggi, per quel che concerne la conservazione di un disegno, ti posso anticipare però che uno dei fattori di maggiore degrado è certamente l’esposizione alla luce. > Per l’antico quanto per il contemporaneo, quanto è importante la fase diagnostica, ovvero tutta la parte conoscitiva dell’opera prima di effettuare un eventuale intervento? G.P. Il primo passo da fare è certamente cercare di conoscere l’opera, sia sotto il profilo storico sia sotto quello più propriamente tecnico. Per l’arte contemporanea, diversamente da quella antica, spesso ci si può trovare di fronte a materiali non conosciuti, per questo motivo è una ricerca continua e talvolta consulto altri specialisti che non è detto siano necessariamente dei restauratori. La fase conoscitiva di diagnostica e conservazione diventa pertanto essenziale soprattutto nel contemporaneo. > Esiste una fase antecedente il restauro che permette di conoscere la storia e il contesto in cui l’opera nasce e dunque i materiali con cui è stata eseguita? G.P. In effetti ci occupiamo anche di questo. Per questo tipo di lavoro è stato ideato un particolare modello di scheda dell’opera che è necessaria tanto ai restauratori, quanto al collezionista o a chi conserva un’opera d’arte, la quale permette di conoscere esattamente tutti quei dettagli che portano di conseguenza ad una corretta conservazione dell’opera. Nel cercare la

soluzione ideale per ogni singola opera viene per l’appunto considerata anche la questione etica riguardante l’oggetto da restaurare: attraverso ricerche mirate, che comprendono per esempio interviste e collaborazioni con artisti contemporanei, viene redatta per l’appunto questa scheda tecnica completa, utile anche per la futura tutela delle opere in questione. > Nella tua esperienza, per l’appunto sulle opere del contemporaneo, ritieni che svolgere un intervento di restauro sia sempre corretto? Non ti sei mai posto il problema che forse anche il deterioramento dell’opera possa far parte dell’opera stessa? Nel caso di opere di artisti viventi, tendi a considerare la loro opinione? E in questi casi ti è mai capitato di entrare in conflitto con la volontà dell’artista, il quale magari riteneva inopportuno l’intervento o addirittura avesse pensato ad eventuali modifiche? G.P. Da restauratore ti rispondo che, fintanto che l’alterabilità della materia non compromette la leggibilità dell’opera, un intervento di restauro non si rende necessario. Certamente in alcuni casi anche il deterioramento di un’opera d’arte contemporanea può essere considerato parte stessa dell’opera, ma questo aspetto va conosciuto. Per questo un lavoro come quello di Benedetta, che redige le schede di cui ti parlavo, è importante; tuttavia molto spesso mi sono rivolto agli stessi artisti proprio per indagare più approfonditamente il senso e il significato dell’opera oltre che i materiali e la tecnica di esecuzione. Prima di un intervento, se possibile, è assolutamente indispensabile l’opinione dell’artista. Tuttavia il mio ruolo è quello

del restauratore e qualsiasi altro tipo di lavoro non mi compete, per questo non è possibile nella mia posizione incorrere in quel genere di conflitti perché questa è materia che va discussa tra i diretti interessati. Dopo un ultimo sguardo a questo suggestivo spazio, congedo i miei interlocutori Galileo Pellion di Persano e Thierry Radelet, lasciandoli al loro lavoro, con la prospettiva di risentirci presto per approfondire talune questioni. Prima di concludere, ci tengo ad evidenziare un ulteriore aspetto, che a mio parere contribuisce a rendere questo luogo ancora più unico nel suo genere: l’opera non viene sottoposta a ulteriori stress, quando entra qui dentro sono resi disponibili tutti i servizi di cui necessita, dall’analisi alla schedatura al restauro vero e proprio se necessario. Credo questo sia un fattore da non sottovalutare perché garantisce condizioni eccellenti di intervento e connota questo centro come un laboratorio assolutamente all’avanguardia. Un luogo dove un’equipe qualificata e con competenze diverse non si limita ad affrontare il degrado di un manufatto ma si propone di prevenirlo, dedicando tempo e attenzioni alla conservazione e manutenzione dello stesso, per questo dotato di un centro di ricerca, con attrezzature all’avanguardia nell’ambito dell’analisi non invasiva. Con l’inaugurazione di questo laboratorio si aggiunge un contributo concreto nell’ambito della tutela dell’arte antica e contemporanea, che presta attenzione a tutte quelle componenti che fanno del restauro un’arte. Maria Letizia Paiato

Nelle immagini gli ambienti del laboratorio di restauro e analisi Persano Radelet

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Teodolinda Coltellaro

Fatti d’arte

Rubbettino Editore, 2010 Questa ricca rassegna di “Fatti d’Arte” di Teodolinda Coltellaro, con prefazione di Alberto Fiz, concede al lettore in un colpo d’occhio unitario e ad ampio raggio, una visione del mondo dell’arte contemporanea nei nostri giorni, la narrazione, spesso posta sotto forma di intervista, sempre acuta e affascinante, offre episodi salienti dell’impegno di numerosi artisti, critici, operatori di strutture museali, permette riflessioni attente su quanto si sta muovendo negli animi degli addetti al settore e di come il pubblico reagisce a queste sollecitazioni. La pubblicazione, accompagnata da belle foto-ritratto dei personaggi del teatro dell’arte dei nostri giorni, nonché di alcune opere significative degli artisti citati, è lucidamente suddivisa in sezioni tematiche, in cui in primo luogo si pone l’attività della critica d’arte, settore in cui la stessa autrice opera. Con l’intento di sottolinearne l’importanza, per l’essenziale ruolo di valorizzazione e di intermediazione del linguaggio artistico, nella prima parte, intitolata La critica e il racconto dell’arte, si annoverano i nomi di Luigi Marsiglia (Il critico e gli aspetti inattesi dell’opera), Paolo Aita (La critica fa individuare la bellezza), Luigi Paolo Finizio (L’arte come memoria praticabile) e Renato Barilli (Barilli e il linguaggio della video arte). Nella seconda sezione Gli artisti, la dimensione creativa, l’opera, vi sono esempi di artisti che hanno dedicato la loro vita e la loro sensibilità umana alla semantica visiva, esempi di pittura, scultura, installazioni, video, forme poetiche eterogenee qui assemblate in una scelta mirata a sottolineare le virtù di un meridione caparbio ed impegnato capace di raggiungere eccellenti risultati. Oltre ai maestri storici Mimmo Rotella, Angelo Savelli, Francesco Guerrieri e Lia Drei (che per sua espressa volontà riposa in Calabria) sono ben presenti gli artisti Caterina Arcuri, Cesare Berlingeri, Giulio de Mitri, Max Marra, Antonio Pujia e Anto-

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nio Violetta. Sono particolarmente interessanti i capitoli Il décollage e il realismo urbano di Rotella e Savelli, De Kooning e il periodo dell’Art Club. Francesco Guerrieri più noto anche a livello internazionale per le sue opere strutturaliste, viene qui intervistato sulle sue Opere polimateriche 1959 – 1962. Lia Drei e Francesco Guerrieri, che poeticamente la Coltellaro definisce due artisti in un “unico cammino di vita”, iniziarono il loro percorso artistico entrambi guardando alle forme della natura primordiale osservate nell’isola di Vulcano e nelle grotte preistoriche dei Pirenei. Proprio da questo inizio cominciò la profonda riflessione di Guerrieri sui ritmi armoniosi delle cose naturali, quell’armonia a cui tutta la vera arte a sempre guardato e che fa nascere anche lo scintillio dei triangoli rettangoli delle opere mature di Lia Drei, successivi sintetici stralci di visioni della realtà cromatica, di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Nel testo qui analizzato si citano le parole di Lia per capire il suo Triangolo rettangolo: “è il simbolo stesso della creazione.“ Nella definizione di Cesare Berlingeri “L’Arte è un fatto linguistico che affonda nella Storia dell’uomo” nel suo vivere e nel vissuto dell’umanità, questo artista smentisce che Duccio e Giotto siano suoi veri e propri modelli, riconosciuti come tali invece dalla critica d’arte. L’artista seppur riconosce in loro delle realtà presenti nella sua memoria visiva, non li definisce come citazioni colte direttamente scelte nelle sue forme d’arte. La Coltellaro offre uno spunto di riflessione importante sul rapporto tra la critica e la realtà vera dell’opera d’arte. La dimensione sacrale di Giulio De Mitri invece è citata con il blu intenso della sua installazione, in cui parla il colore del Mediterraneo sognato, sospeso, visto come un diamante di luce. Nelle parole dedicate all’artista Max Marra e nelle sue opere dedicate a San Francesco si riflette sulla moralità dell’arte che spesso è specchio della sentita religiosità dell’artista. Nella terza parte la Coltellaro si concentra su L’universo economico dell’arte, così definito proprio per esprimere gli innumerevoli impulsi che muovono il mercato dell’Arte, spesso un mare tempestoso mosso da diverse correnti, capaci di far affiorare in superficie un artista, così come di soffocarlo o di farlo approdare nelle rive più sicure o inaspettate. Un contesto in cui parlano con serietà ed esperienza le voci di noti galleristi come Gabriella Brembati, Massimo Riposati, Enzo Le Pera. Massimo Riposati, oggi direttore della galleria LimenOtto9Cinque a Roma, confida che il suo giudizio su di un pittore è spesso basato

non soltanto sul genio creativo ma anche sul suo costante impegno, sulla “solidità intellettuale e lo spessore culturale della sua formazione”, e, aggiunge, sulla “determinazione ad affrontare e superare le difficoltà inevitabili di un mestiere a rischio”. Solo vivere l’arte come un’esigenza intima o una missione possono far superare ogni ostacolo in un contesto, in cui purtroppo, emergere può essere molto complicato. La presentazione di Enzo Le Pera, gallerista attivo a Cosenza, racconta le problematiche della sua attività nel meridione, si definisce l’importantissimo ruolo del gallerista/mercante per il “sistema dell’arte”, facendo riflettere soprattutto sul fatto che saper fare scelte colte in campo artistico è importante così come saperle promuovere e saper sensibilizzare il mercato, entrambi questi aspetti devono essere in simbiosi e la passione sarà il legante migliore per ottenere dei risultati concreti. L’intervista con Le Pera fa riflettere sul carente impegno degli enti pubblici sulla promozione dell’Arte Contemporanea che non aiuta a far emergere la nostra nazione e soprattutto la regione Calabria nel panorama internazionale del settore. Splendida la definizione del mercato dell’arte di Gabriella Brembati nota gallerista milanese: “vendere arte è gioia di vendere sogni, vita, cultura, immaginazione, pensiero.” Nell’ultima sezione Arte e territorio, la Coltellaro si concentra sulle più innovative iniziative del Territorio calabrese, realtà di spicco a livello internazionale, isole felici, strutture museali fortemente attive negli ultimi anni, in cui gravitano importanti impulsi culturali all’avanguardia che divengono esempi di come l’arte possa valorizzare fortemente il suo territorio. E’ questo il caso di Dinamismi museali di Soveria Mannelli, esempio di come l’arte possa entrare nella quotidianità, di come anche una fabbrica ancora attiva possa trasformarsi in museo in una felice conciliazione capace di “far apprezzare i linguaggi artistici riconoscendosi nelle dinamiche creative del pensiero contemporaneo”, luogo in cui “non si vive l’arte come altro da sé”. Dall’intervista a Pietro Marino emerge l’importanza del Museo MARCA di Catanzaro, diretto da Alberto Fiz, che ha realizzato anche il ciclo di mostre Intersezioni al Parco Scolacium di Borgia, in cui convivono in simbiosi arti del passato e del presente, arte e natura, con artisti di rilievo internazionale come Antony Gormley e Dennis Oppenheim. Sempre a Catanzaro viene evidenziato l’intenso impegno nella didattica delle arti nell’Open Space, diretto dall’artista Caterina Arcuri per of-

frire “idee e confronto, utili per la ricerca artistica e professionale”. Il dialogo con il pittore Antonio Pujia sottolinea il ruolo determinante che dovrebbero avere i musei in qualità di “istituzioni importanti” che dovrebbero essere avulsi da “miopie e disattenzioni” per usare le puntuali parole della Coltellaro. La pubblicazione di Teodolinda Coltellaro vuole essere una luce puntata su quanto si sta facendo e si è fatto con grandissima professionalità e amore nel contesto calabrese nel mondo dell’Arte, in cui da anni ormai sia a livello universitario, privato e nei poli museali, gravitano forze intelligenti, che si muovono con una forza non comune che scaturisce soltanto da chi sente di aver raggiunto dei risultati importanti, frutto di assiduo e serio lavoro e che vuole condividerli perché crede che siano importanti esempi culturali per la collettività. I brani della Coltellaro sono come le opere ”Gli occhi del poeta” dello scultore Antonio Violetta, sono sguardi “stratificazioni di ricordi con cui costruisce versi” che indicano “un rango più alto di realtà”. Si ridimensiona il mondo dell’arte ad un mondo di azioni concrete e di pensieri culturali, “Fatti d’Arte” capaci di sublimarci in un mondo superiore e al tempo stesso di farci immergere nella profondità delle cose. Chiara Ceccucci

Giuseppe Frazzetto /

Molte vite in multiversi. Nuovi media e arte quotidiana

Mimesis Edizioni, 2010 Avvincente, utile e innovativo risulta essere il libro di Giuseppe Frazzetto Molte vite in multiversi. Nuovi media e arte quotidiana (Mimesis Ed.), che affronta un’analisi puntuale dei nuovi media e dell’arte contemporanea, stimolando riflessioni filosofiche, sociologiche e antropologiche, con una sorprendente ricchezza di spunti, rimandi, confronti. Un modo nuovo e fresco di procedere, quello del libro, che va pensato in stretta relazione con la Rete in

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libri & cataloghi

RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE quanto al posto delle illustrazioni sono segnalati link a videoclip, documenti, fotografie, ecc. Puntualizzando che il termine ‘postcontemporaneo’ fa cenno a qualcosa di ancora non del tutto definibile, oltre il movimento estremo della modernità, Frazzetto introduce al fenomeno del moltiplicarsi delle esperienze, delle ‘molte vite’ suggerite da riferimenti culturali soggetti a rapide modifiche, facendo affiorare la questione dell’identità fra estetizzazione totalizzante e vita d’ogni giorno. Volendo solo accennare a qualcuna fra le innumerevoli implicazioni critiche che danno vita al saggio, affascinante è l’addentrarsi in questioni relative alla socializzazione che esclude il contatto (come nel gioco online World of Warcraft) ma che paradossalmente permette una conoscenza maggiore tra i performer rispetto a quanto accade in alcune situazioni della vita reale. Qui è il caso di parlare di realtà intensiva, ovvero di feedback tra RL (real life) e ‘realtà e-mmaginale’ che rinvia all’immagine, all’immaginazione di cui è pervaso il Nuovo Mondo Estetico dove molte cose hanno il potere di far vedere e di far immaginare. Altro punto cardine del libro è il multiverso, strutturato da materiali informativi ibridati, mutuati dal cinema, televisione e internet. Nuove parole definiscono una situazione in cui gli utenti si trasformano in attori dell’informazione e dell’intrattenimento; si delinea la mashup life composta da materiali eterogenei, mescolati, dove la vita è priva di un centro, manifestandosi in una costante ibridazione di ruoli e di comportamenti. Interessanti i continui incastri fra la ricerca delle identità molteplici e le problematiche legate all’arte contemporanea capace di sostituire un proprio mondo a quello conosciuto, soffermandosi su aspetti quali l’opera d’arte totale, la sparizione dell’oggetto artistico, l’arte che tenta di diventare vita, l’estetizzazione di luoghi ‘qualsiasi’, ecc. Si ritorna più volte sui svariati modi in cui ‘mondi’ si intrecciano nella comunicazione quotidiana, e uno degli esempi della mescolanza del livello semantico con quello visivo è riscontrabile nell’uso ideografico di lettere e cifre: ‘geroglifici postcontemporanei’. Dopo un approfondito excursus sulle questioni più urgenti relative a fenomeni e abitudini del nostro presente, nell’ultimo capitolo Frazzetto parlando di Biennali, strade e ipermercati in cui si sperimenta l’angoscia di potersi ritrovare soli contro una folla, si domanda qual è la differenza fra quei Singoli e i Singoli coinvolti nella strampalata quotidianità dei giochi online. E ci parla della consapevolezza differente di chi, nella folla, non si rende probabilmente conto di se stesso, e di chi invece, come l’utente di uno di quei giochi, percepisce sempre la distanza fra il Sé che costruisce e il Sé che, forse, era. Una lunga e particolare avventura è quella che ci narra l’autore, a testimonianza di un vissuto carico di una sua autenticità che vede il Singolo, nel moltiplicarsi delle identità, tentare di allontanarsi da se stesso dedicandosi a una graduale produzione di identità in diversi mondi; mondi immaginari e già configurati ma che gli consentono di ‘abbandonarsi, e forse di cominciare almeno a vedersi’. Inquietante sfida e intrigante viaggio del tempo presente. Ornella Fazzina

Lavori in corso. Giovani critici in dialogo con Angelo Trimarco

in costante riferimento alla corposa produzione teorica di Trimarco sull’argomento, la questione del “presente della critica”, individuando nella figura del criticocuratore l’emblema dell’eclissi del teorico e della correlata sottomissione al mercato. Eugenio Viola, infine, fa riferimento al Trimarco critico militante, a lungo osservatore e commentatore del sistema dell’arte contemporanea napoletano per “Il Mattino”, nonché curatore di mostre nella medesima città, la cui parabola, tiene chiaramente a far comprendere l’allievo, costituisce per lui un modello particolarmente prezioso, specie in un momento connotato da un’estrema incertezza del futuro come quello che l’arte a Napoli attraversa oggi. Stefano Taccone

più ampio del dibattito sulla morte dell’arte, così come le ripercussioni che la cultura del post-moderno ha generato nell’arte. Achille Bonito Oliva è un critico a tutto tondo che si oppone, afferma Capasso nella sua introduzione, “alla critica come “censimento”, imperniata, cioè, sulla mera identificazione dei fatti culturali dell’arte, così come si va imponendo alla fine degli anni settanta”. Il volume non si limita a parlare di ABO, ma è nel complesso,un omaggio alla sua attività, per ricchezza di contenuti e per quanto hanno contribuito a tenere in vita la critica contemporanea.

Plectica, 2011

Una premessa di Achille Bonito Oliva, suo “fratello crudele”; una introduzione di Stefania Zuliani, senza dubbio una tra i suoi più emblematici e talentuosi allievi, nonché curatrice del volume; una raccolta di saggi scritti da ognuno degli esponenti della «generazione ultima di ricercatori formati alla sua scuola, dottorati o dottorandi di ricerca, che sono poi anche storici dell’arte, critici e curatori indipendenti» (Stefania Zuliani) e, in chiusura, una poesia di Igor Esposito costituiscono questo recente libro dedicato alla figura di Angelo Trimarco, forse il più compiuto continuatore della lezione di Filiberto Menna, ormai da decenni titolare della cattedra di Storia della critica d’arte all’Università di Salerno, instancabile teorico intorno ai nodi dell’arte e della critica contemporanee, ma anche critico militante. Ogni saggio mira così a mettere a fuoco un particolare aspetto del suo percorso, una particolare questione tra le tante esplorate nel corso della sua attività, in continuo dialogo con il suo insegnamento e le sue tesi, ma tentando non di meno di proporre degli ulteriori ed originali sviluppi. Alessandro Demma, parte dall’importante saggio di Trimarco sull’opera d’arte totale (2000) per approdare alla discussione sul prototipo del museo contemporaneo, che nella sua connotazione parimenti “totale” sembra tradire l’utopia dell’avanguardia nel momento stesso in cui la realizza. Maria De Vivo pone un Trimarco giovanissimo, non ancora trentenne, nel contesto delle esperienze di trapasso dall’operaoggetto all’opera-evento e dei dibattiti critici relativi a tali fenomeni tipici dell’ambito italiano della fine degli anni sessanta. Maria Giovanna Mancini sviluppa, sulla scorta numerosi studi, tra i quali naturalmente quelli di Trimarco, ed afferenti a diverse discipline, le sue riflessioni sul binomio artista-città e su quello, più generale, uomo-urbano sottolineando, tra l’altro, la «temporalità specifica nello spazio urbano» che l’arte impone. Antonello Tolve, scegliendo un suggestivo titolo leopardiano, sviluppa, tanto in omaggio quanto

Il confine evanescente. Arte italiana 1960-2010 Fatti ABO. Arte e le teorie di turno, Omaggio ad Achille Bonito Oliva A cura di Paolo Balmas e Angelo Capasso Electa, 2011

Storico dell’arte, critico militante e curatore, ma anche esegeta e poeta, Achille Bonito Oliva è protagonista indiscusso della scena artistica internazionale e opinion maker del sistema dell’arte da 40 anni, ha scritto testi seminali che hanno progettato il passato e innovato il presente. Inventore, nel 1979, del termine Transavanguardia per definire la teoria della nuova avanguardia possibile, ha curato mostre memorabili e diretto la Biennale di Venezia del ’93, modello per tutte le edizioni successive. Electa, che ha recentemente pubblicato l’Enciclopedia delle arti contemporanee. I portatori del tempo di cui ABO è ideatore e curatore, gli rende omaggio per il suo magistero di professore di Storia dell’Arte Contemporanea presso la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma, con il volume Arte e le teorie di turno, autorevole raccolta di saggi che attraversa trasversalmente discipline e settori diversi del sapere e si propone come celebrazione di un importante evento della cultura italiana e internazionale, occasione per leggere il presente attraverso il pensiero dei massimi esponenti della scena culturale corrente. Il libro consente di approfondire questioni come la fine della critica nel contesto

A cura di Gabriele Guercio e Anna Mattirolo Electa, 2010

Pubblicato da Electa nella collana realizzata in collaborazione con il museo MAXXI, il volume si presenta come una raccolta di tredici contributi inediti da parte di autorevoli studiosi, critici e addetti ai lavori: Brooks Adams, Stefano Chiodi, Ester Coen, Nicholas Cullinan, Michele Dantini, Guglielmo Gigliotti, Claire Gilman, Romy Golan, Pia Gottschaller, Elio Grazioli, Gabriele Guercio, Jörg Heiser, Giorgio Verzotti. Il progetto è senza precedenti per struttura e per approccio d’analisi volutamente caratterizzato da una natura frammentaria; ciascun contributo ha valore di per sé, ma anche come parte di un insieme. Il libro dimostra che è ancora possibile parlare di arte nazionale in un mondo globalizzato senza cadere nella trappola del relativismo e dell’essenzialismo.

Le Meduse

A cura di Vera Agosti Prearo Editore, 2010

Il volume presenta la nascita del movimento delle Meduse in occasione della mostra costitutiva del gruppo, nel maggio del 2010, alla Fabbrica del Vapore a Milano. Gli artisti coinvolti sono: Giovanni Cerri, Maurizio Cariati, Andrea Riga, Jaya Cozzani, Anna Madia e Lorenzo Manenti, dei quali nel catalogo sono pubblicate le opere e le dichiarazioni programmatiche. “Meduse” in quanto “artisti urticanti”, che vogliono lasciare il segno, smuovere gli animi nei confronti del male e del malessere della società contemporanea.

ERRATA CORRIGE Nell’articolo su William Kentridge, pubblicato nel n.235 alle pagine 30-31, sono state invertite le didascalie delle opere riprodotte. A pagina 30: William Kentridge, 3 Figures, 2010 (tapestry 281x430 cm - Edition of 6, Tapestry designed by William Kentridge, woven by Marguerite Stephens Weaving Studio - Photo John Hodgkiss - Courtesy Lia Rumma Gallery Milano/Napoli. A pagina 31: William Kentridge, Sketches for the Refusal of Time, 2011, Indian ink on paper (coloured figure: Indian ink and collage of found encyclopeadia pages on paper), 6 sketches, ognuno cm.55,8x57 - Photo: John Hodgkiss - Courtesy Lia Rumma Gallery, Milano/Napoli. Nell’intervista a pagina 91 del numero 234, Camilla Nesbitt Valsecchi è stata indicata come gallerista di Milano, anziché come “Collezionista, Roma”. Ce ne scusiamo con l’interessata e con i lettori. 236 | ESTATE 2011

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Regione Piemonte Provincia di Torino Città di Torino

Camera di commercio di Torino Compagnia di San Paolo Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT

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Anno XXXVI

ESTATE 2011

236

segno Attualità Internazionali d’Arte Contemporanea

# 236 - Estate 2011

Attualità Internazionali d’Arte Contemporanea

dal 19 maggio 2011 al 9 ottobre 2011 GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea www.gamtorino.it

con il sostegno straordinario di

evento incluso in

RICCARDO DE MARCHI Segno 236 copertina.indd 1

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