Ingenova primavera 2016

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Sommario primavera 2016

2/ Le nozze d’argento di Aldo, Giovanni e Giacomo

Al 105 Stadium della Fiumara la festa del celebre trio, da 25 anni campione di comicità. Sono stati riproposti tutti gli sketch più belli di una carriera unica

Direttore Responsabile Gabriele Lepri

4/ Salgado

“Genesi”, un viaggio alle origini del mondo per preservare il suo futuro nelle immagini del celebre fotografo

Direttore Editoriale Giordano Rodda

6/ Enzo Paci: «Vi racconto la mia Genova»

Progetto Grafico FOE Servizi Fotografici Marcello Rapallino, Gianni Risso

A Genova, prima tappa italiana di “Cats”, il musical record di longevità e successo

22/Il corpo umano in scena

Anche a genova arriva Body Worlds, l’esposizione pensata dallo scienziato e medico tedesco Gunther Von Hagens

24/ Con il cuore sempre in prima linea Il senatore Giorgio Bornacin fa un bilancio della propria ultradecennale attività

26/ Andrea Chénier e Tosca chiudono la stagione al Carlo Felice

In programma tra maggio e giugno anche la «Salomè» di Strauss e «La forza del destino» di Verdi

35/ Mucha e l’Art Nouveau

Arriva a Palazzo Ducale la mostra dedicata all’artista ceco, in tandem con la Wolfsoniana di Nervi. Dal 30 aprile al 18 settembre

44/ Il Castello Spinola di Montessoro torna a rivivere

Registrato c/o il Tribunale di Genova il 18/11/2002 - N° 23/02

300 vini di 70 produttori per l’edizione 2016 di VinNatur. In scena i vini che rispettano l’ambiente e la salute sia del produttore che del consumatore

62/ Liguria nel segno dei “Tre Bicchieri”

18/ Una zampata vincente

Distribuzione Potete trovare InGenova e Liguria Magazine nelle edicole della provincia di Genova e nelle edicole più importanti di S. Terenzio, Lerici, Zoagli, S. Michele di Pagana, Portofino, Bogliasco, Arenzano, Cogoleto, Varigotti, Finalborgo, Laigueglia, Cervo, S. Bartolomeo al Mare, Diano Marina, Imperia, Pieve di Teco, S. Lorenzo al Mare, Taggia e inoltre nelle edicole di La Spezia (Piazza Caduti della Libertà, Piazza Verdi, Via del Prione, Piazza Garibaldi, Via Garibaldi, Piazza Cavour), Sarzana (Via Gramsci), Chiavari (Piazza Mazzini, Corso Dante, Piazza Nostra Signora dell’Orto), Rapallo (Piazza delle Nazioni, Via S. Anna), Santa Margherita (Piazza Vittorio Veneto, Via Bottaro), Camogli (Via al Porto), Recco (Via Serreto), Varazze (Corso Matteotti, Piazza Dante), Celle (Via Colla), Albisola Superiore (Corso Mazzini), Albissola Marina (Via Billiati), Savona (Piazza Giulio II, Via Paleocapa, Piazza Mameli, Piazza Diaz), Vado Ligure (Via Aurelia), Spotorno (Via Garibaldi), Noli (Piazza Morando), Finale Ligure (Piazza Vittorio Emanuele II), Pietra Ligure (Via Matteotti), Loano (Via Aurelia), Borghetto S. Spirito (Corso Europa), Albenga (Piazza del Popolo), Alassio (Stazione FS, Via Garibaldi), Andora (Via Aurelia), Arma di Taggia (Via Blengina, Via S. Francesco), Sanremo (Piazza Colombo, Porto, Piazza Eroi Sanremesi, Corso Imperatrice, Corso Matuzia), Ventimiglia (Via della Repubblica), Ospedaletti (Corso Regina Margherita), Bordighera (Piazza Eroi della Libertà, Via Vittorio Emanuele, Piazza del Popolo), Lavagna (Piazza Cordeviola), Cavi di Lavagna (Piazza Sauro), Sestri Levante (Piazza Repubblica), Riva Trigoso (Via della Libertà)

56/ Vini naturali all’ex Borsa di Genova

10/ La grande arte da Detroit a Genova

A dodici anni dalla morte del grande maestro, l’artista l’ha ricordato il 22 marzo con un grande concerto al Carlo Felice

Stampa Arti Grafiche Litoprint S.r.l Via Geirato 112r, 16138 Genova

Tanti gli appuntamenti organizzati dal dentista dei famosi, molto conosciuto per le sue attività benefiche. Il prossimo 17 luglio, l’omaggio a Don Gallo

60/ Croccantissimo Cracco

16/ Renzo Arbore, a Genova l’omaggio a Murolo

Editore: FOE di R.M. Corso Torino 3/6 - 16129 Genova

54/ Flavio Gaggero, un grande genovese

Reduce dalla trionfale tournée de “La paura fa 90”, il popolare comico di Colorado rivela: “Sono un romantico con la Liguria nel cuore”

Ancora fino al al 10 aprile a Palazzo Ducale l’eccezionale sequenza di capolavori di Van Gogh, Cézanne, Gauguin, Monet, Matisse, Picasso

Hanno collaborato: Micaela Celani, Leo Cotugno, Daniela Masella, Ilva Mazzocchi, Virgilio Pronzati, Anna Proverbio, Alessia Ramusino, Marcello Rapallino, Mauro Ricchetti, Roberto Roggero, Gianni Risso, Tito Spina

per la Coscienza di Krishna

Tra giugno e luglio di quest’anno, la struttura di Isola del Cantone inizierà ufficialmente il suo nuovo corso di vita

50/ L’incontro con gli Hare Krishna di Genova A Molassana si trova la comunità dei monaci dell’ISKON, l’ Associazione Internazionale

Ricordo di una cena straordinaria presso il ristorante del grande chef bistellato, con un omaggio alle Maldive

Premiati i migliori vini selezionati dal Gambero Rosso al NH Hotel Collection di Genova

66/ Musica nel bicchiere

I mille legami che uniscono musica e vino dall’antichità si ritrovano nei migliori nettari moderni

70/ Focaccia di Recco, finalmente l’IGP

Presso la Sala della Grida della Borsa di Genova i festeggiamenti per la sospirata Indicazione Geografica Protetta

73/ Otto consorzi per le anteprime

Carmignano, Morellino di Scansano, Montecucco, Bianco di Pitigliano e Sovana, Maremma Toscana, Colline Lucchesi, Valdarno di Sopra, Cortona: i protagonisti della prima tappa all’insegna dei grandi vini di Toscana

76/ Go Wine a Genova con l’Oltrepò

Sette aziende per il primo appuntamento dedicato alla zona più produttiva di tutta la Lombardia allo Starhotel President

78/ I formaggi di Marcomini

Alberto Marcomini ha presentato a Recco la sua “Guida essenziale all’acquisto dei formaggi italiani”

80/ Il controcenone del Piatto di Nettuno

Dopo le festività di Natale, ecco l’idea di Guglielmina Costi Monaci per riscoprire la corretta alimentazione

82/ La pasta tra Italia e Ungheria

Dalle Associazioni Culturali Eventi d’Amare e Liguria-Ungheria, due nuovi formati: le “Bandierine ricce” e le “foglie di paprika”

84/ Come Davide e Golia?

Quando il cittadino si trova a dover fronteggiare una vertenza con l’Agenzia statale di recupero crediti, può farsi coraggio pensando alla biblica sfida

88/ Bologna capitale della subacquea

Successo senza precedenti per la 24° fiera subacquea Eudi Show, tenutasi nel capoluogo emiliano agli inizi di marzo

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In copertina: Aldo, Giovanni e Giacomo (Foto di Giovanni De Sandre)

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Foto di Giovanni De Sandre

LE NOZZE D’ARGENTO DI

ALDO, GIOVANNI E GIACOMO AL 105 STADIUM DELLA FIUMARA LA FESTA DEL CELEBRE TRIO DA 25 ANNI CAMPIONE DI COMICITÀ. SONO STATI RIPROPOSTI TUTTI GLI SKETCH PIÙ BELLI DI UNA CARRIERA UNICA INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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Di Leo Cotugno


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utto esaurito per quelle leggende di Al, John e Jack, che hanno regalato al pubblico dei fans genovesi due serate e due date da ricordare. Il 18 e 19 marzo al 105 Stadium della Fiumara Aldo, Giovanni e Giacomo hanno celebrato, tra applausi scroscianti, i loro 25 anni di gags inimitabili e grandissimi successi con uno show, “The best of Aldo, Giovanni e Giacomo 2016”, raccoglitore degli sketch epocali degli spettacoli itineranti precedenti: “I corti”, “Tel chi el Telun”, “Anplagghed” ed “Ammutta muddica”. La festa della comicità che celebra le nozze d’argento: ecco un possibile il sottotitolo della tournée del trio che, iniziata il 25 febbraio, si concluderà il 25 maggio al PalaResega di Lugano. «Un’emozione lunga tre mesi e viva da 25 anni» sottolinea Giacomo, al secolo Giacomino Poretti, «da quando debuttavamo in tv con “Mai dire gol”: Aldo era quello della mosca e dello struzzo, Giovanni impersonava il cammello ed il camaleonte; a me toccò in sorte l’avvoltoio». «Abbiamo avuto la buona sorte di impattare con un pubblico assetato di novità e che ha trasmesso entusiasmo contagioso alla generazione a seguire. Pensate che ci sono ragazzi che ci amano per le cose fatte quindici o sedici anni fa, quando ancora non erano nati. Eh, questi genitori “ruffiani”: hanno parlato di noi e questi, senza avere mai assistito ai nostri spettacoli, ci adorano in maniera incredibile». La novità? Il tour all’ estero. Ascoltiamo Giovanni, ormai soltanto anagraficamente Giovanni Storti. «Abbiamo in scaletta l’Eventium Apollo di Londra, il Cirque Royal di Bruxelles il 27 aprile e la serata al Casino de la Allenca de Poblenom di Barcellona tre giorni più tardi. Dopo le tappe ad Empoli, Santa Teresa di Gallura e San Vittore, impareremo tante lingue straniere: soprattutto Aldo, che è molto predisposto!». The Best of Aldo, Giovanni e Giacomo 2016, per la regia di Arturo Brachetti, è prodotto dalla AgiD, nata nel 1981 a Modena per iniziativa di un gruppo di operatori della cultura e dello spettacolo, tra i quali, con un ruolo determinante nella gestione delle nuove imprese, Paolo Guerra ed Emanuele Rossi. La AgiD, oltre al trio, segue da tempo molti nomi noti su piccolo e grande schermo: Angela Finocchiaro,

Raul Cremona, Paolo Hendel. Manca solo la voce di Cataldo Baglio, alias Aldo. «La scenografia propone un suggestivo Luna Park, l’ideale per tre adulti adolescenti; un metateatrale fatto di giostre, ottovolanti e padiglioni per fare del sano e golardico casino. Uno sfondo molto felliniano, di provincia». La prima parte dello show ha riproposto al pubblico le gags de “I sardi”. Aldo è stato Sgragghiu, Giovanni ha ritrovato i panni dell’imbranato Nico, Giacomo quelli del Nonno. Alcune delle battute diventate classici: “Non c’è peggiore sordo di chi è sordo veramente”, “Nonno, prima o poi ti spezzo le dita e ci faccio lo shanghai”; “Ti sei bevuto il cervello? Si, è che ci è stato tutto intero nella tazzina da caffè!”. A fine primo tempo, tra le ovazioni del pubblico, sono ricomparsi alcuni dei personaggi epocali che lanciarono i tre sulla cresta dell’onda in “Zelig” e “Mai dire domenica”: «Ci hanno chiesto a furor di popolo il pupazzo Vomitino, il pianista Bracardi ed il ventriloquo Brainstorming» riprende Giacomo «e Aldo ha aggiunto molto del suo, nominandomi per il ritorno dell’assistente Maria Brandauer». Grande successo per lo sketch de “Il Controllore” da “Tel chi el Telun”, da riassumere anche solo con una battuta: il controllore chiede il biglietto al passeggero, che lo cerca invano, prima di esibirne uno con cinque timbri. “Ma questo biglietto è pluritimbrato, è stato timbrato più volte!”. Risposta: E allora? L’avrò pagato di più! Il controllore, sempre

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inflessibile, riprende: “Lei è un ignorante!” “Ignorante ci sarà tua sorella” replica il passeggero. “Ma cosa ha capito, ignorante nel senso che ignora!”. E impassibile il passeggero conclude: “Allora lei è un imbecille, nel senso che imbelle!”. In 25 anni Aldo Giovanni e Giacomo si sono ritagliati il ruolo di intrattenitori insostituibili del varietà e di protagonisti cinematografici. Il loro primo film, “Tre uomini ed una gamba”, è stato candidato al David di Donatello come migliore opera prima del 2003; di seguito “Così è la vita”, “Chiedimi se sono felice” e “Tu la conosci Claudia?” sono le pellicole record di incassi rispettivamente nel 1998, 2000 e 2004. «La produzione che ci ha più inorgoglito è “La leggenda di Al, John e Jack”, interamente girato a New York ed ambientato nel 1959, con un enorme sforzo produttivo e tecnico», ribadiscono i tre. Poi in un crescendo rossiniano di trionfi con “Anplagghed”, “Ammutta muddica”, “La banda dei Babbi Natale” ed “Il cosmo sul comò”. Ultimo loro successo “Il Ricco, il Povero e il Maggiordomo”, film più visto nelle feste del 2014. L’esibizione è stata accompagnata dalla Grande Orchestra dei Good Fellas, proprio come in “Tel chi el Telun”. Eccoli di nuovo, Al, John e Jack, più che mai tirati a lucido. I siciliani che si sono rimboccati le maniche e hanno fatto Milano, anche se sono arrivati in canottiera.


SALGADO UN VIAGGIO ALLE ORIGINI DEL MONDO PER PRESERVARE IL SUO FUTURO

A Foto © Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto. Qui sopra: Isola di Siberut, Sumatra, Indonesia, 2008. Nella pagina a fianco: Penisola Antartica, 2005.

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ppuntamento con la grande fotografia fino al prossimo 26 giugno nel sottoporticato di Palazzo Ducale. Genesi è l’ultimo grande lavoro di Sebastião Salgado, il più importante fotografo documentario del nostro tempo. Uno sguardo appassionato, teso a sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta, di cambiare il nostro stile di vita, di assumere nuovi comportamenti più rispettosi della natura e di quanto ci circonda, di conquistare una nuova armonia. La mostra è nata da un viaggio alla scoperta della bellezza nei luoghi più remoti del Pianeta, durato 8 anni. Curata da Lélia Wanick Salgado e prodotta da Civita su progetto di Contrasto e

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Amazonas Images, la mostra sarà a Genova, a Palazzo Ducale, Sottoporticato, fino al 26 giugno 2016. Dichiara Salgado: «Personalmente vedo questo progetto come un percorso potenziale verso la riscoperta del ruolo dell’uomo in natura. L’ho chiamato Genesi perché, per quanto possibile, desidero ritornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita; alle specie animali che hanno resistito all’addomesticamento e sono ancora “selvagge”; alle remote tribù dagli stili di vita “primitivi” e ancora incontaminati; agli esempi esistenti di forme primigenie di insediamenti e organizzazione umane. Questo viaggio costituisce un tentativo di antropologia planetaria. Inoltre, ha anche lo scopo


Sebastião Ribeiro Salgado nasce l’8 febbraio 1944 ad Aimorés, nello stato

di Minas Gerais, in Brasile. A 16 anni si trasferisce nella vicina Vitoria, dove finisce le scuole superiori e intraprende gli studi universitari. Nel 1967 sposa Lélia Deluiz Wanick. Dopo ulteriori studi a San Paolo, i due si trasferiscono prima a Parigi e quindi a Londra, dove Sebastião lavora come economista per l’Organizzazione Internazionale per il Caffè. Nel 1973 torna insieme alla moglie a Parigi per intraprendere la carriera di fotografo. Lavorando prima come freelance e poi per le agenzie fotografiche Sygma, Gamma e Magnum, per creare poi insieme a Lèlia la agenzia Amzonas Images. Sebastião viaggia molto, occupandosi prima degli indios e dei contadini dell’America Latina, quindi della carestia in Africa verso la metà degli anni Ottanta. Queste immagini confluiscono nei suoi primi libri. Tra il 1986 e il 2001 si dedica principalmente a due progetti. Prima documenta la fine della manodopera industriale su larga scala nel libro La mano dell’uomo, (Contrasto, 1994) e nelle mostre che ne accompagnano l’uscita (presentata in 7 diverse città italiane). Quindi documenta l’umanità in movimento, non solo profughi e rifugiati, ma anche i migranti verso le immense megalopoli del Terzo mondo, in due libri di grande successo: In cammino e Ritratti di bambini in cammino. (Contrasto, 2000). Grandi mostre itineranti (A Roma alle Scuderie del Quirinale e poi a Milano all’Arengario di Palazzo Reale) accompagnano anche in questo caso l’uscita dei libri. Contrasto ha recentemente pubblicato l’autobiografia del fotografo, Dalla mia Terra alla Terra, Profumo di sogno. Viaggio nel mondo del caffè e Altre Americhe. Lélia e Sebastião hanno creato nello stato di Minas Gerais in Brasile l’Instituto Terra che ha riconvertito alla foresta equatoriale - che era a rischio di sparizione - una larga area in cui sino stati piantati centinaia di migliaia di nuovi alberi e in cui la vita della natura è tornata a fluire. L’Instituto Terra è nel mondo una delle più concrete ed efficaci realizzazioni di rinnovamento del territorio naturale ed è diventato un centro molto importante per la vita culturale della città di Aimorès.

di agire da monito affinché si cerchi di preservare e se possibile ampliare questo mondo incontaminato, per far sì che sviluppo non sia sinonimo di distruzione Finora avevo fotografato un solo animale, l’uomo, poi ho preso la decisione di intraprendere questo progetto e di andare a vedere il Pianeta spinto da un’enorme curiosità di vedere il mondo, conoscerlo». Il frutto di questa curiosità sono le oltre 200 fotografie esposte in mostra, che ci raccontano con sguardo straordinario ed emozionante luoghi che vanno dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia. L’affascinante bianco e nero del fotografo brasiliano documenta l’esistenza di un Pianeta ancora incontaminato, di un altro mondo in cui uomini e natura convivono in perfetto equilibrio. La scelta della luce, la capacità compositiva, il gioco di sfumature tra primi piani nitidi e sfondi sfocati o, più frequentemente, “fumosi”, sono elementi

che concorrono nel creare fotografie a metà tra descrizione e suggestione, che si tratti di vulcani, trichechi o persone. «Non è solo una ricerca estetica» dichiara Salgado «ma anche etica e spirituale in un certo senso, un modo per dire soprattutto alle nuove generazioni che il Pianeta è ancora vivo e va preservato. Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo

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Sebastião Salgado. GENESI 27 febbraio – 26 giugno 2016 Sottoporticato di Palazzo Ducale Genova, Piazza Matteotti, 9 Orari: da martedì a domenica 10 -19 e lunedì 14 -19. La biglietteria chiude un’ora prima della chiusura. Biglietti (comprensivi di audioguida): € 11,00 intero; € 9,00 ridotto: disabili, insegnanti, giovani dai 14 fino a 27 anni compiuti con documento e/o tesserino universitario, gruppi da 15 a 25 persone con ingresso nei giorni dal lunedì al venerdì (ad eccezione dei festivi); € 5,00 ridotto giovani fino a 27 anni compiuti, con ingresso il venerdì (ad eccezione dei festivi); € 4,00 ridotto speciale scuole e bambini dai 6 ai 14 anni. Informazioni 199.15.11.21 (dall’estero 02 89096942), www.salgadogenova.it, www.palazzoducale. genova.it.

fatto una scoperta molto interessante: circa il 46% del mondo è ancora come il giorno della genesi, insieme possiamo continuare a fare in modo che questa bellezza non scompaia». Il mondo come era, il mondo come è. La terra come risorsa magnifica da contemplare, conoscere, amare. Questo è lo scopo e il valore dello straordinario progetto di Sebastião Salgado.


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ENZO PACI: «VI RACCONTO LA MIA GENOVA»

REDUCE DALLA TRIONFALE TOURNÉE DE “LA PAURA FA 90”, IL POPOLARE COMICO DI COLORADO RIVELA: “SONO UN ROMANTICO CON LA LIGURIA NEL CUORE”

Di Leo Cotugno Foto di Gianni Ansaldi

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a sua prima volta, artisticamente parlando, è stata vissuta tra attese spasmodiche e concreti timori. Quelli di potere sbagliare, non accontentare le esigenze di un pubblico, quello genovese, «di palato fine e competenza imparagonabile». Enzo Paci ama raccontarsi così, in modo semplice e schietto, da perfetto interprete della coerenza tanto cara ai liguri. Se il grande palco televisivo di Colorado lo vede protagonista puntuale, irriverente e sottilmente ironico, il teatro lo ha rivelato garbato intrattenitore volto a portare il pubblico stesso parte integrante dello spettacolo, alla stessa maniera di quando il giovane Enzo, nel lontano 1993, esordiva nella Compagnia Goliardica Mario Baistrocchi al fianco dell’indimenticato Marco Oreste Biancalana ed Edo Quistelli. Enzo ha negli occhi immagini molto poetiche della Liguria. «Da bambino vivevo nel quartiere di Castelletto, in via Marco Polo: era meraviglioso aprire ogni mattino la finestra di casa mia e bearmi di un panorama che spaziava sino al centro storico, e tutto il porto, impreziosito dalla presenza di un grande albero di fico pieno zeppo di fiori, vanto di un vicino di casa. A Genova

c’erano le rondini, e forse già allora mi è entrata dentro la voglia di volare, vivere emozioni profonde». Il genovese è un sognatore per natura? «Forse sì e forse no: in lui prevale quel realismo pragmatico che lo porta a diffidare; ma diffidare non vuole dire confine o pregiudizio come sento affermare nell’opinione pubblica. Dietro ogni ligure, dietro ogni genovese, c’è il bisogno di accompagnarsi al meglio, scegliendo con molta e doverosa cura». Si parte con la Bai, inizio di un lungo viaggio che ha concreto approdo la partecipazione diretta. «Il pubblico» racconta Paci «era parte integrante dello spettacolo, come nella migliore tradizione della rivista italiana. I frizzi ed i lazzi potevano portare all’epilogo clamoroso, come la volta che dal centro del palcoscenico è volata dietro le quinte una gallina. Genova ama tutto questo, l’improvvisazione unita all’originalità mai banale, qualcosa che mi ha contagiato anche negli esordi in prosa con il Teatro Stabile, dove ho incontrato Gabriele Lavia ed Eros Pagni. Le esperienze donano un bagaglio culturale ed artistico sempre più vasto ed eterogeneo: dopo il debutto in prosa con “Don Giovanni” di Molière per la regia di Marco Sciaccaluga, ecco giungere la

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mia terza esperienza diretta con il pubblico genovese, con il reimpasto con le scolaresche nella Compagnia del Mediterraneo e nella persona di Luigi Cominotto. Da queste tre esperienze ho capito che il teatro è l’unico luogo autentico in cui si possa vivere la sfida che consiste nel tentare di passare dalla scena alla platea, colmando tutta la distanza fisica che vi intercorre». Enzo Paci è un altro dei tanti artisti della comicità genovese che a Zelig dapprima e Colorado poi si cimenta con il nuovo corso della risata, nel quale l’attenzione e la qualità sono al vertice. «Potrei rifarmi a mamma e papà, avevano un negozio di frutta e verdura a San Nicola, in Corso Firenze» rammenta l’artista «e ricordo con quanta cura scegliessero il meglio per ogni singolo cliente. La televisione non è il teatro, occorre filtrare una logica non tenera perchè c’è diritto di scelta, come ospiti dobbiamo prima di tutto essere educativi. Nomi quali Lastrico, Antonio Ornano, I Beoni, Daniele Raco, I Soggetti Smar-

riti riconoscono una famiglia artistica di comici liguri che sono andati avanti osando. Sì, perchè dinanzi al piccolo schermo l’Italia è bacchettona, vittima del retaggio morale. In Inghilterra o negli Stati Uniti l’ironia dominerebbe sovrana, la satira sarebbe quasi feroce al pari di quella francese. Da noi no». Da Colorado al teatro, con il ritorno in scena de “La Paura fa 90”, un omaggio all’essere artista d’improvvisazione «dotato della paura canonica di non fare ridere». Rifacendosi ad una frase strappata al grande Roberto Benigni: l’artista comico è un musicista della risata ed un poeta di questa musica. Ma ha mai avuto paura davvero, Enzo Paci, dinanzi alla platea? «Un attore ha paura, fa paura e prova paura canonica del palcoscenico ore ed ore prima dello spettacolo, figurarsi al momento della recita! Questo lavoro è frutto di un collage in cui molte parti e battute erano state provate ne “Bruciabaracche, l’Essenziale della Comicità Genovese” che portiamo in giro ogni mese; altri testi ed interventi sono stati invece risultante

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del puro intuito. Il recitare è un insegnamento che diamo a tutti e riceviamo da tutti con l’unica grande paura del non occuparsene. A questo punto non posso non rifarmi ad un’altra citazione che vive in me, quella di Anna Laura Mesteri, insegnante del Teatro Stabile di Genova: “Il dilettante si preoccupa, il professionista se ne occupa”».. Scopriamo le grandi passioni di Enzo Paci, che vive a Staglieno, «innamorandosi dei profumi e delle marine di Boccadasse». Vive di complimenti sinceri, che però gli mettono addosso i brividi. «Un complimento falso invece mi rabbuia, sbalza il mio umore come un capriccioso barometro». Le città che adori? «Vivrei contemporaneamente a Parigi e New York, l’una terribilmente romantica, l’altra cosmopolita e multicolore. Sono un uomo che sogna rivedendo Forrest Gump, riascoltando Claudio Baglioni e “Fotografie”, assistendo alle recite di Margherita Buy. Ma sono anche il tipo impegnato dai libri di Stephen King e...da un bel piatto fumante di tagliatelle al ragù!»


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DAGLI IMPRESSIONISTI A PICASSO

LA GRANDE ARTE DA DETROIT A GENOVA

ANCORA FINO AL AL 10 APRILE A PALAZZO DUCALE L’ECCEZIONALE SEQUENZA DI CAPOLAVORI DI VAN GOGH, CÉZANNE, GAUGUIN, MONET, MATISSE, PICASSO INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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i avvicinano alla conclusione, con record di biglietti venduti, i 200 giorni in cui il Detroit Institute of Arts si è trasferito a Genova con una selezione di cinquantadue capolavori. Fino al 10 aprile c’è ancora un’occasione unica per ammirare capolavori dei più grandi pittori del ‘900 nel loro periodo di massima espressione artistica e per ripercorrere all’inverso il tragitto che da Detroit porta al vecchio continente. Ritroviamo a Palazzo Ducale pionieri e simboli delle avanguardie: Monet, Van Gogh, Renoir, Degas, Picasso, Matisse, Kandinsky, artisti capaci di anticipare il gusto del moderno attraverso le loro tele, espressione di tutte quelle novità e stimoli che hanno caratterizzato l’Europa di inizio ‘900. Curata da Salvador Salort-Pons e Stefano Zuffi, la mostra è organizzata dal Detroit Institute of Arts, prodotta da MondoMostre Skira insieme a Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura ed è promossa dal Comune di Genova e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. L’esposizione è stata possibile anche grazie al main sponsor Carispezia Gruppo Cariparma Crédit Agricole e allo sponsor Costa Crociere. La realizzazione del catalogo è curata da Skira editore. Nel 1880, uno dei fondatori del Metropolitan Museum spronava i suoi connazionali americani a “convertire la carne di maiale in porcellane, il grano e i derivati in ceramiche preziose, le pietre grezze in sculture in marmo, le partecipazioni alle linee ferroviarie e i proventi dell’industria estrattiva nelle gloriose tele dei maestri più importanti del mondo”. Nasce la straordinaria avventura culturale e imprenditoriale del collezionismo statunitense: un inimitabile scambio tra pubblico e privato, uno scenario del tutto nuovo per il mercato dell’arte internazionale, che porta alla creazione e al rapido sviluppo di grandi musei, considerati strategici per la crescita culturale dell’intera nazione. Con tipico spirito americano, nel giro di pochi decenni, a cavallo del Novecento, si assiste a una vera e propria competizione per la formazione delle raccolte più complete, per l’acquisizione di opere-chiave, per la scoperta e la valorizzazione di artisti antichi e moderni. La scintillante Parigi della Belle Èpoque è il punto di riferimento principale, ma i collezionisti, i galleristi, gli antiquari, le case d’aste, i

direttori dei musei americani sono impegnati in una continua corsa sostenuta non solo da ingenti risorse economiche, ma anche da un gusto aperto, libero da pregiudizi. È noto, ad esempio, che pittori come gli impressionisti o lo stesso Matisse sono stati apprezzati e acquistati prima da collezionisti americani (e russi), e solo in seguito apprezzati anche in Europa! Detroit è una delle capitali economiche degli Stati Uniti, storico centro dell’industria automobilistica, tanto da essere soprannominata “Motor City”: il Detroit Institute of Arts, fondato nel 1885 e più volte ampliato e rinnovato nel corso dei suoi 130 anni di storia, è da sempre l’epicentro della gloria cittadina, in particolare quando, negli anni del boom economico, le fabbriche cittadine rappresentavano la locomotiva dell’industria americana. Già nei primi decenni del ‘900 il Detroit Institute of Arts era considerato l’avamposto e la principale via di accesso delle avanguardie europee negli Stati Uniti. Oltre a poter contare sulle solide basi del mecenatismo degli industriali, il museo ha potuto contare su una risorsa che lo contraddistingue rispetto ai musei sorti in altre città degli Stati Uni-

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Nella pagina a fianco: Vincent Willem van Gogh Autoritratto, 1887 Olio su tavola, 34,9 × 26,7 cm Detroit Institute of Arts, City of Detroit Purchase (22.13) Qui sotto: Edgar Degas Mademoiselle Malot, 1877 Olio su tela, 64,8 × 53,3 cm Detroit Institute of Arts, Gift of Ralph Harman Booth (21.8)


Qui a fianco: Odilon Redon Evocazione di Farfalle, 1910 1912 circa Olio su tela , 55,2 × 41,3 cm Detroit Institute of Arts, City of Detroit Purchase (25.201) Nella pagina a fianco: Claude Monet Gladioli, 1876 circa Olio su tela, 55,9 x 82,6 cm Detroit Institute of Arts, City of Detroit Purchase (21.71) Camille Pissarro Il sentiero, 1889 Olio su tela, 72,4 × 59,7 cm Detroit Institute of Arts, City of Detroit Purchase (21.34) Nelle pagine successive: Edgar Degas Violinista e giovane donna, 1871 circa Olio e matita su tela, 46,4 × 55,9 cm Detroit Institute of Arts, Bequest of Robert H. Tannahill (70.167) Wassily Kandinsky Studio per Dipinto con forma bianca, 1913 Olio su tela, 99,7 × 88,3 cm Detroit Institute of Arts, Gift of Mrs. Ferdinand Moeller (57.234) Amedeo Modigliani Giovane uomo col cappello, 1919 Olio su tela, 61 × 37,8 cm Detroit Institute of Arts, Bequest of Robert H. Tannahill (70.185)

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ti. Per oltre vent’anni (1924-1945), il Detroit Institute of Arts è stato diretto dallo storico dell’arte tedesco William Valentiner. Grazie a lui, il museo si è aperto a nuovi orizzonti: il gusto e l’esperienza di Valentiner porta a Detroit i primi Van Gogh e Matisse esposti nei musei americani, e la competenza specifica sull’espressionismo tedesco, perfino l’amicizia personale con alcuni artisti, consente scelte di altissimo livello anche in questo campo. Sotto la direzione di Valentiner, il museo ha radicalmente rinnovato la propria sede, e, nel 1937, è stato anche decorato in modo superbo da un ciclo di dipinti murali di Diego Rivera. Un’altra figura di straordinaria importanza è quella di Robert H. Tannahill, che ha lasciato numerose opere d’arte (metà dei dipinti esposti in mostra appartengono alla sua donazione) e un ingente fondo per il costante accrescimento delle collezioni. Grazie alla convergenza tra il mecenatismo dei privati, fra cui va ricordata anche la famiglia Ford, e la lun12

gimirante direzione, il Detroit Institute of Arts è dunque saldamente collocato tra i massimi musei degli Stati Uniti. Le opere che sono esposte ancora pochi giorni nello splendido Appartamento del Doge ripercorrono il tragitto all’inverso che da Detroit porta al Vecchio Continente. La ricchezza della collezione di arte europea tra XIX e XX secolo è data dalla sua completezza e dalla molteplicità dei linguaggi: un dialogo che coinvolge Van Gogh, Matisse, Monet, Modigliani, Degas, Courbet, Otto Dix, Degas, Picasso, Gauguin, Kandinsky, Cézanne, Renoir. Per la presenza di tutti i protagonisti, e per l’importanza delle opere, è possibile tracciare l’intera vicenda dell’arte europea dall’impressionismo alle avanguardie. Il percorso della mostra è costantemente accompagnato da supporti didattici che inseriscono dipinti, artisti e movimenti nella dinamica storica di cinquanta anni densi di capolavori, organizzati secondo un criterio cronologico.


Si comincia con la grande sala in cui si racconta la nascita del movimento, dell’idea che ha cambiato per sempre la storia della pittura: l’impressionismo. La volontà di aprirsi alla luce libera della natura è una conquista che passa attraverso il realismo intenso di Gustave Courbet (Bagnante addormentata presso un ruscello) e le opere piacevolmente narrative di pittori “alla moda” come Gervex e Carolus-Durand, per approdare alla gloria del colore di un capolavoro di Claude Monet, i radiosi Gladioli databili intorno al 1876. Altrettanto significativo è il luminoso Sentiero di Camille Pissarro, che costituisce un autonomo, libero sviluppo dell’impressionismo, riflesso in un ampio paesaggio di campagna. Significativa è la presenza di tre opere affascinanti di Pierre August Renoir, a cominciare dalla Donna in poltrona che coincide con la prima mostra dell’Impressionismo (1874), per giungere a due opere della tarda maturità, ormai dopo la svolta dell’anno 1900. Uno spazio autonomo, quasi una vera “mostra nella mostra”, è dedicato alla figura di Edgar Degas, di cui sono presenti cinque tele, in cui sono sviluppati tutti i temi fondamentali del grande pittore parigino: il ritratto, i cavalli, le inconfondibili ballerine. In ciascuna di queste tele si riconosce la grande perspicacia del disegno, con cui Degas fissa espressioni, gesti, sentimenti, con un percorso che è parallelo a quello degli impressionisti, ma anche di una grande, nobile autonomia. Segue, subito dopo, un altro spazio monografico, quello che raccoglie quattro straordinari dipinti di Paul Cézanne. Anche in questo caso, le collezioni del museo di Detroit comprendono tutti i campi di ricerca del pittore: la figura umana, il paesaggio provenzale nei dintorni di Aix (con una delle ultime versioni della prediletta Montagna Sainte Victoire), la natura morta, le Bagnanti nel bosco. All’opposto di Van Gogh, Ceézanne non si lascia travolgere dai sentimenti, ma ritorna più volte sugli stessi soggetti, indagandone con pazienza la forma, e combinando il colore luminoso degli impressionisti con una rigorosa logica geometrica ben radicata nella tradizione. La sala più grande della mostra affronta uno dei temi più delicati e significativo dell’arte di fine Ottocento: il superamento dell’impressionismo, e l’aprirsi

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di nuovi orizzonti. La figura-chiave è quella di Vincent Van Gogh, che trasferendosi in Francia “scopre” la luce, e rispecchia una vicenda umana esaltante ma terribilmente sofferta in pennellate cariche di materia e di espressione. La Riva della Oise ad Auvers, del 1890, è un capolavoro che si impone per la esplosiva carica del colore, ma anche per le dimensioni significative. Indimenticabile è poi l’Autoritratto con il cappello di paglia (1887), un’esplosione di colore e di emozione, ma anche un primato assoluto: questa è la prima opera di Van Gogh esposta in un museo degli Stati Uniti. Immediato e molto intenso è il confronto con l’Autoritratto di Paul Gauguin (1893), meditabondo e un po’ sornione. Alle dinamiche del postimpressionismo partecipano Pierre Bonnard, con l’incantevole Donna con un cane, e l’originalissimo Odilon Redon, la cui Evocazione di farfalle è uno dei dipinti più suggestivi e sorprendenti di tutta la mostra. All’aprirsi del Novecento, Parigi si conferma il centro delle arti e della cultura. I pittori internazionali convergono sulle due leggere alture di Montmartre e di Montparnasse, alle estremità opposte rispetto al centro della Ville Lumière. Prendono corpo gruppi e avanguardie, ma nel suo insieme si parla di una Ecole de Paris, la “scuola parigina”. Uno dei massimi protagonisti è Henri Matisse, qui presente con tre opere memorabili, fra cui l’indimenticabile Finestra (1916), in cui un classico interno borghese viene scomposto in una serie di forme, tra la penombra e la piena luce. Appassionante è il dialogo con i tre ritratti (uno femminile e due maschili) di Amedeo Modigliani, il raffinato livornese, maestro indiscusso della linea, capace di evocare sentimenti segreti, con una intensità struggente. Le tele dei francesi Raoul Dufy e Georges Rouault e del bielorusso Chaim Soutine confermano la spiccata internazionalità del contesto artistico parigino nei primi due decenni del XX secolo. Il gruppo di capolavori delle avanguardie tedesche presenti a Detroit è senza paragoni nei musei nordamericani. Questa parte della mostra è quasi fisicamente dominata dall’Autoritratto di un ancora giovanissimo Otto Dix (1912), impressionante per la fermezza grafica e l’espressione decisa. Accanto ad artisti di spiccata autonomia, come Emil Nolde (Girasoli) e Oskar Koko-

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schka (davvero spettacolari le due vedute di Dresda e di Gerusalemme), troviamo i protagonisti delle diverse tendenze in cui si articola il movimento espressionista in Germania. Il “Ponte”, con gli elettrizzanti Paesaggi di Ernst Kirchner e di Karl Schmidt Rottluff, e le figure inquiete di Erich Heckel e Max Pechstein; la “Nuova oggettività” di Max Beckmann; e infine la svolta geniale verso l’astrattismo, carico di colore e di emozione, impressa da Vassily Kandinsky, con il precoce Studio per quadro con forma bianca, del 1913. La sala monografica dedicata a Pablo Picasso presenta sei tele, in un percorso che attraversa in pratica l’intera vicenda dell’arte del Novecento, dalla giovanile Testa di Arlecchino (1905) fino alla magmatica Donna seduta, dipinta nel 1960, quando Picasso era ormai alle soglie degli ottant’anni. Da un capolavoro all’altro, si seguono le svolte, gli scatti geniali, il continuo dinamismo mentale del grande pittore spagnolo. Si parte dal periodo blu, ancora legato alle lezioni accademiche, e con il Ritratto di Manuel Pallarés (1909) ci si ritrova sulle soglie della scomposizione cubista, una indagine sulle forme che si ispira chiaramente a Cézanne; la natura morta intitolata La bottiglia di Anìs del Mono (1915) è una evoluzione di questa ricerca, con gli oggetti disposti liberamente nello spazio, riconducibili alle sagome e alle materie essenziali. Sorprendente è il passaggio successivo, il “classicismo” dei primi anni Venti, conseguenza di un viaggio in Italia: il grande ritratto di Donna seduta in poltrona ne è un esempio di formidabile intensità e importanza. La ragazza che legge (1938) ci porta poi nel clima stilistico di Guernica (dipinta l’anno prima), con l’espressiva deformazione di visi e mani, pur senza perdere la forza intima del personaggio.

Orari Lunedì: 09.00 - 19.00 Martedì - Giovedi: 09.00 - 19.30 Venerdì: 09.00 - 22.30 Sabato: 09.30 - 22.30 Domenica: 09.30 - 21.00 Biglietteria Intero con audioguida: € 13,00

Ridotto con audioguida: € 11,00 Ridotto Club Skira: € 10,00 Gruppi weekend: € 13,00 Gruppi dal lunedì al venerdì: € 11,00 Scuole (inclusa prevendita): € 6,00 Biglietto famiglia (valido per un adulto e un ragazzo fino ai 14 anni): € 15,00 Ridotto lunedì (ogni terzo lunedì del mese): € 3,00 Ridotto giovani fino ai 27 anni (ogni venerdì dalle 14 alle 22.30): € 5,00

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Biglietto gratuito per Accompagnatore disabile, alunni portatori di handicap in gruppo scolastico, giornalisti accreditati, 1 accompagnatore per gruppo, 2 accompagnatori adulti per classe Infoline e prenotazioni Tel.: +39 010 9280010


RENZO ARBORE, A GENOVA L’OMAGGIO A MUROLO A DODICI ANNI DALLA MORTE DEL GRANDE MAESTRO, L’ARTISTA L’HA RICORDATO IL 22 MARZO CON UN GRANDE CONCERTO AL CARLO FELICE. “LA CANZONE È UN FRAMMENTO DI VITA CHE NELL’IMMAGINARIO PUÒ DIVENTARE MOLTO”

D Di Leo Cotugno INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

opo un solo anno, nuovamente a Genova, il 22 marzo, un concerto epocale nella storia artistica del connubio tra Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, iniziato nel lontano 1991. Il grande artista foggiano, reduce dagli autentici bagni di folla già ottenuti al Teatro Nazionale Barclays di Milano e del Vittorio Alfieri di Torino, ha fatto tappa al Teatro Carlo Felice, in data unica, per un omaggio sentito a Roberto Murolo, uno dei più grandi interpreti della canzone d’autore par-

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tenopea, scomparso esattamente dodici anni or sono. È stata un’occasione importante per il pubblico genovese per celebrare i 24 anni di successi dell’Orchestra Italiana, iniziati nel 1992 con “Pecchè nun ce ne jammo in America”. Parlare di Roberto Murolo sarebbe quasi riduttivo nella storia di Napoli. «Con la sua coppola da chansonnier ed i suoi modi accattivanti, Murolo ha parlato cantando il dialetto napoletano con il fine preciso di sforzarsi di renderlo comprensibile al resto d’Italia e questa


è stata una chiave del successo in campo nazionale. Curiosamente, però, a Napoli questo sforzo è diventato un limite, il popolo quasi ha colto distanze in questo suo aprirsi: Murolo sarà generalmente apprezzato come “uno buono” e non come “uno di noi”». La chitarra, il mandolino, un messaggio interculturale: il Roberto Murolo amico fraterno, oltre che artistico, di Arbore, è ricordato con pochi ma profondi momenti. «Aveva dieci chitarre, ne usava una sola, colorata dagli anni e costruita su misura delle sue mani dal liutaio romano Palalupis» spiega Arbore «e ciò che più stupiva è che ogni volta il maestro la provava a lungo, quasi fosse un vestito». Indimenticabile la sua “Reginella”, motivo con cui Renzo Arbore ha aperto la scaletta delle canzoni (30 in tutto più i bis) e che diede la gloria (parola esagerata a giudizio arboriano) a Murolo. «La canzone è un frammento di vita, scriveva il critico Enzo Giannelli, che può diventare molto significativo nell’immaginario collettivo se la sua dimensione si dilata nel tempo sino ad assumere i connotati di un’epoca. Motivi come Reginella, Scalinatella, O’ ciucciariello, hanno risvegliato i sentimenti della canzone napoletana dopo decenni di pigrizia». d un concerto di Renzo Arbore parola d’ordine è entusiasmo, con una scaletta, quella suonata al Carlo Felice, che ha coniugato «nuovo ed antico suono di Napoli, voci e cori appassionati, una vera e propria girandola di assoli strumentali, un’altalena di emozioni sprigionate dalla melodia della musica napoletana che evocano albe e tramonti, feste al sole e serenate notturne, gioia e pene d’amore». Dal Canada a Rio de Janerro, passando per il Covent Garden di Londra ed il Madison Square Garden di New York, Renzo Arbore continua a mietere successi l’uno dopo l’altro. «Ho voluto riproporre al pubblico la formula dei duetti con grandi artisti internazionali, ricalcando il “Pavarotti and Friends” che ha spopolato ovunque. Una formula capace di scatenare il pubblico e che è stata anche ingrediente base del mio ultimo lavoro, “E pensare che dovevo fare il dentista, Renzo Arbore & Friends”. Dopo l’uscita di “My American Way” nello scorso anno, un disco nel quale reinterpretiamo alcuni

successi tutti italiani in chiave “americana”, si muove verso un progetto che porterà in tutto il pianeta (previste tre date in Cina, ndr) i protagonisti di eccezionali duetti ed interpretazioni genuine delle canzoni napoletane”. Il concerto di Renzo Arbore ha avuto due parti ben distinte l’una dall’altra: nella prima, oltre all’omaggio a Murolo, anche una succosa parentesi tutta latino-americana, illuminata da grandi successi della musica brasiliana di Vinicius De Moraes e Toquinho. Nella seconda invece, spazio a Renato Carosone e al gran finale con le canzoni legate ai trionfi televisivi di “Quelli della notte” ed “Indietro tutta”. A rianimare gli indimenticabili “Cacao Meravigliao”, “La vita è tutta un quiz” e “Il materasso”, possiamo scorgere i nomi dei quindici musicisti che compongono l’Orchestra Italiana, divenuta celeberrima con il talento del grandissimo Gegè Telesforo. “Gianni Conte al canto, affiancato dalla seducente voce di Barbara Bonaiuto e dal controcanto ironico di Mariano Caiano. Per i virtusismi ritmici chiedere di Giovanni Imparato, mentre la direzione orchestrale è affidata a Mariano Volpe, al pianoforte. Chitarre classiche e jazz, sono in tre, iniziando da Michele Montefusco, vicino al quale giostrano Paolo Termini e Luca Cantatore. Il quadro è completato da Peppe Sannino alle percussioni, Roberto Ciscognetti alla batteria, Massimo Cecchetti al basso, Nunzio Rena e Salvatore Esposito ai mandolini e mandole, Gianluca Pica alle tastiere e fisarmonica”.

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Il Cats al Palladium di Londra con Greg Castiglioni

Di Micaela Celani

UNA ZAMPATA VINCENTE

A GENOVA, PRIMA TAPPA ITALIANA DI “CATS”, IL MUSICAL RECORD DI LONGEVITÀ E SUCCESSO INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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È

uno dei classici grandi eventi, e anche un privilegio, che Genova sia stata scelta per il ritorno in grande, in Italia, di una delle più conosciute e longeve opere musicali. Si tratta della nuova versione di “Cats” proposta con il “Let the Memory Live Again-Tour 2016”, su musica di Andrew Lloyd Webber e tratto dal libro “Old Possum’s Book of Practical Cats” del 1939 di Thomas Stearn Eliot. È andato in scena al teatro Carlo Felice, con l’organizzazione del Politeama Genovese, a cura di Davis Ian che ha presentato una produzione di Cameron Mackintosh con il cast del Really Useful Theatre.

Genova fa parte del circuito scelto per le sole cinque settimane di passaggio in Italia, dal 18 febbraio al 20 marzo, con la versione adottata dal 2003, che ha riscosso enormi successi a Londra-West End con rappresentazioni tutte sold-out, grazie alla reunion artistico-professionale fra il regista Trevor Nunn, la coreografa Gillian Lynne, lo scenografo John Napier e il compositore Andrew Lloyd Webber che ha riarmonizzato diversi brani della composizione originale del 1981. Questo e molto altro è “Cats”, con oltre 73 milioni di spettatori in più di 300 città del mondo. Protagonisti assoluti, i gatti e le poesie di Thomas Stearn Eliot in un riuscitissimo misto di dramma, fantasia, romanticismo, surrealismo, sogno e musica. Poesie, con i gatti come figure centrali, inizialmente lettere scritte dal poeta ai nipotini, e successivamente pubblicate, che Lloyd Webber ha musicato grazie soprattutto al materiale inedito fornito dalla vedova di Eliot. “Memory”, la canzone più famosa del musical, è stata scritta da Trevor Nunn ispirato alla composizione “Rapsodia su una notte di vento”. “Cats” è andato in scena in prima mondiale al New London Theater nel West End di Londra l’11 maggio 1981, con regia di Trevor Nunn e coreografie di Gillian Lynne. Gli interpreti principali erano Wayne Sleep, Paul Nicholas, Brian Blessed e Elaine Paige. Nel cast compariva anche Sarah Brightman nel ruolo di Jemima. Lo spettacolo vinse il Laurence Olivier Awards. A Broadway debuttò al Winter Garden Theatre nell’ottobre 1982, e premiato con il Tony Award. E da qui a tutto il mondo, con tour in Giappone, Australia, e altro ancora. Tutto si svolge in una notte particolare, nel quartiere di Jellicle, dove i gatti si ritrovano per l’annuale ballo e per festeggiare il vecchio Old Deuteronomy, loro capo. Nel corso della festa qualcuno sarà scelto e avrà l’onore di ascendere al paradiso dei Jellicle Cats, ma prima ognuno si presenta e racconta la propria storia. La festa è turbata da due avvenimenti: la comparsa in scena di Grizabella, un tempo affascinante che, dopo aver abbandonato il gruppo si è ritrovata abbandonata e in miseria; e le improvvise apparizioni del malvagio Macavity, che

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Il Cats al Palladium di Londra con Greg Castiglioni Mr. Mistoffelees

rapisce Old Deuteronomy e ne prende le sembianze, seminando confusione. Macavity è poi riconosciuto e scacciato, e per recuperare il loro capo, i gatti Jellicle chiedono aiuto al magico Mister Mistoffelees, assistito dall’affascinante Cassandra. Quando il gruppo è riunito e la serenità sembra essere tornata, riappare Grizabella che si rivolge Old Deuteronomy, il vecchio saggio e capo della comunità

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ai compagni di un tempo chiedendo di essere perdonata e riammessa fra loro (con la canzone “Memory”). Old Deuteronomy le concede il privilegio di salire la scala che la porterà all’Heaviside Layer, il paradiso dei gatti. I personaggi sono notoriamente azzeccati. Fra tutti artisticamente all’altezza, spiccano Rum Tum Tugger, gatto vi-


Grisabella nell’esecuzione di ‘Memory’

ziato e dispettoso; la claudicante Grizabella e il suo glorioso passato; Old Deuteronomy, l’anziano della comunità, amato e rispettato per saggezza ed esperienza; Bustopher Jones, dal palato raffinato; i due combina-guai Rumpelteazer e Mungojerry; Asparagus detto “Gus”, vecchio attore del teatro classico inglese; oppure il variopinto Admetus, e naturalmente il cattivo Macavity, ricercato addirittura da Scotland Yard; e Bombalurina e Demeter, leader del gruppo delle gatte. Per non dimenticare Mr. Mistoffelees, capace di prodigi e incredibile con carte e dadi alla zampa, con la fedele Cassandra. Da ricordare anche gli inseparabili Coricopat e Tantomile, che si spostano in perfetta sincronia nella coreografia, e la giovane Jemima, protagonista di alcuni dei momenti più commoventi del musical, che duetta con Grizabella in “Memory”. Musica trascinante, inserzioni Rap e Hip-hop, pubblico di tutte le età, divertimento assicurato, garantisce Lloyd Webber, ben noto per essere il papà, insieme a Tim Rice, di capolavori come “Jesus Christ Superstar” (anche questo recentemente passato per il Politeama Genovese, con Mister Ted Neeley ancora protagonista); “Evita”, “The Phantom of the Opera”, “Sunset Boulevard”, “The Wizard of Oz” e altri ancora. Sapientemente manovrato il palcoscenico, con luci ben organizzate, gradevole scenografia ed effetti pirotecnici, dopo il Politeama Genovese/Carlo Felice, “Cats” prosegue in Italia al Teatro Regio a Torino dal 25 al 28 febbraio; gli Arcimboldi di Milano dal 2 al 6 marzo; il Petruzzelli di Bari dal 10 al 13 marzo; la Unipol Arena di Bologna dal 17 al 20 marzo. Sarà poi a Basilea, Birmingham e altre date in Inghilterra e Scozia. Un pubblico coinvolto anche per la sapiente organizzazione scenografica, regia e coreografia, vivacità, lirismo, colpi di scena, incursioni improvvisate e silenziose in platea come per ogni felino che si rispetti, trovate sceniche, cambiamenti che tengono continuamente viva l’attenzione e soprattutto l’aspetto visivo. Giochi di luci con effetti continui e illuminazioni-lampo in platea, con un entusiasmo contagioso dalle prime battute e fino alla coinvolgente “Memory” e al gran finale. Ancora un accenno è dovuto alla sa-

piente regia di Trevor Nunn, alla regia associata e coreografie di Gillian Lynne, scene e costumi di John Napier, luci di David Hersey e orchestrazioni di Davis Cullen. Il tutto con la punta d’orgoglio di avere anche il nostro Paese rappresentato nel cast, con Greg Castiglioni, il quale recita nelle parti di Bustopher Jones, Asparagus e Growltiger, artista con un curriculum di tutto rispetto, dalla nascita italiana al Mountview Theatre School di Londra, al cast protagonista de “Il fantasma dell’opera”, e di Thenardier in “Les Miserables”, lasciati gli studi in Legge, perché rimasto “stregato” da adolescente, dopo avere assistito a “Il Barbiere di Siviglia”.

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IL CORPO UMANO IN SCENA ANCHE A GENOVA ARRIVA BODY WORLDS, L’ESPOSIZIONE PENSATA DALLO SCIENZIATO E MEDICO TEDESCO GUNTHER VON HAGENS

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er la prima volta a Genova è arrivata BODY WORLDS, la mostra dedicata al “vero mondo del corpo umano”, in programma dal 18 febbraio al 31 maggio 2016, ai Magazzini del Cotone, nell’area del Porto Antico. L’esposizione, ideata dal noto medico tedesco e scienziato Gunther von Hagens, si presenta con l’allestimento dal titolo Al Cuore della Vita, focalizzato sul cuore, motore dell’esistenza e sul sistema cardiovascolare: è offerta la possibilità, infatti, ad ogni visitatore di entrare con i propri occhi all’interno del corpo umano, nei suoi meccanismi vitali, consentendo una migliore comprensione di esso e delle

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sue funzioni. Lungo un percorso che comprende oltre 160 plastinati, tra cui 14 corpi a figura intera, singoli organi, configurazioni d’organi e sezioni corporee trasparenti, i visitatori possono conoscere la straordinaria sinergia tra organi ed apparati che rende possibile la vita.
Nella mostra, curata da Angelina Whalley di ARTS & SCIENCES e Fabio Di Gioia per la DA VINCI - Grandi Eventi, sono esposte sezioni che permetteranno di visualizzare, in maniera chiara e diretta, le posizioni degli organi all’interno del corpo umano e le affascinanti configurazioni dei vasi sanguigni, che mostreranno la


complessità della rete capillare che alimenta il nostro corpo. Attraverso un confronto diretto tra organi sani ed organi affetti da patologie è immediatamente comprensibile che cosa accade quando il corpo si ammala e come sia possibile, con uno stile di vita sano, poter prevenire pericolosi problemi di salute. Visitata già da oltre 40 milioni di persone, inclusi bambini e ragazzi, in più di 100 città in tutto il mondo, ospitata in sedi prestigiose a Roma, Milano, Napoli, Bologna e Firenze, oggi BODY WORLDS è considerata la mostra itinerante di maggior successo a livello globale; per il suo valore scientifico ed educativo Gunther von Hagens, inventore della tecnica della plastinazione ed ideatore delle mostre BODY WORLDS è stato insignito del prestigioso riconoscimento alla carriera conferito dall’ASTC – Association Science Technology Center – associazione internazionale che riunisce i maggiori centri e musei dedicati alla divulgazione medica. All’inizio del 2015 è stato inaugurato un museo permanente di BODY WORLDS, il Menschen Museum a Berlino. Il procedimento della plastinazione – brevettato da Gunther von Hagens negli anni Settanta, durante l’attività svolta presso l’Università di Heidelberg e, da allora, costantemente perfezionato – è la tecnica che consente di conservare perfettamente tessuti ed organi, sostituendo ai liquidi corporei polimeri di silicone: in questo modo è possibile avere una visione unica e completa dell’anatomia umana, con la possibilità di ottenere nuovissime forme di preparazione anatomica come quelle per espansione – di cui sono presenti alcuni esempi in mostra – che permettono la visione di organi altrimenti sovrapposti, o reciprocamente coperti, nella loro posizione naturale. Le funzioni organiche, e con esse anche le patologie frequenti, sono illustrate in maniera facilmente comprensibile a tutti i visitatori ricorrendo al paragone tra organi sani ed organi affetti da patologie, con lo scopo, non solo, di informare sugli effetti a lungo termine di malattie, dipendenze come il consumo di tabacco o d’alcol e di errate abitudini alimentari ma anche di sottolineare come uno stile di vita sano possa aiutare nella prevenzione di pericolosi problemi di salute. L’esposizione, come motore di divul-

gazione e conoscenza, ha dunque un elevato valore didattico: sono stati oltre 140.000 finora gli studenti di scuole primarie, secondarie e gruppi universitari richiamati dalla qualità e prestigio degli esemplari di plastinazione visibili a BODY WORLDS. La riconosciuta valenza scientifica ed educativa di BODY WORLDS è stata confermata anche da autorevoli comunità scientifiche, come il California Science Center, che si è avvalso, nelle proprie valutazioni, anche della collaborazione di esperti in bioetica di fama internazionale. BODY WORLDS è basata su un proprio programma di donazione dei corpi certificato, curato dall’Institute for Plastination tedesco di Heidelberg, che conta più di 15.000 donatori registrati, tra cui 9 italiani.
BODY WORLDS consente a tutti, profani, medici, studenti, dunque, di avvicinarsi ad un mondo misterioso e troppo spesso non approfondito. I profani sono accompagnati alla scoperta di se stessi guidati da un linguaggio semplice ed esauriente che permette di cogliere la funzionalità di tutti i meccanismi biologici e i più profondi dettagli delle patologie possibili. La mostra sviluppa così una coscienza e una sensibilità nuove della salute e del suo mantenimento. Come già per le precedenti edizioni, a Genova, BODY WORLDS, “Il Vero Mondo Del Corpo Umano”, è affiancata da un intenso calendario di incontri a carattere scientifico-divulgativo e promuoverà un programma di workshop ed eventi d’arte contemporanea sul tema del corpo umano.

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CON IL CUORE SEMPRE IN PRIMA LINEA IL SENATORE GIORGIO BORNACIN SI CONFIDA CON INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE E FA UN BILANCIO DELLA PROPRIA ULTRADECENNALE ATTIVITÀ Di Tito Spina

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iorgio Bornacin, nato a Omegna il 24 novembre 1949, è uno dei nomi forti della politica ligure e nazionale. Oggi svolge la professione di insegnante, ma non dimentica la lunga e impegnativa carriera politica. Figlio del Prof. Sergio Bornacin, storico dirigente genovese del Movimento Sociale Italiano, da giovanissimo aderisce prima alla Giovane Italia, organizzazione giovanile del MSI, poi dai primi anni Settanta dirige il Fronte Universitario d’Azione Nazionale dell’Università degli Studi di Genova. All’inizio degli anni Ottanta è Capogruppo al Consiglio

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Regionale della Liguria per il Gruppo del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, continuando a ricoprire tale incarico sino alla sua elezione a senatore. Nel 1994, in occasione della “Svolta di Fiuggi”, aderisce ad Alleanza Nazionale e due anni dopo è eletto al Senato della Repubblica con Alleanza Nazionale. È membro della VIIIa Commissione Permanente Lavori pubblici e Comunicazioni, della Commissione parlamentare questioni regionali, della Commissione consultiva riforma pubblica amministrazione e della Commissione parlamentare per l’infanzia. Nel


2001 è eletto alla Camera per Alleanza Nazionale e nel 2006 è al Senato per PDL, quindi è segretario della Xa Commissione Permanente Industria, Commercio e Turismo e dal settembre 2010 è Coordinatore Metropolitano di Genova. Di certo, come sua personale caratteristica, gli si deve comunque riconoscere la coerenza, che è una qualità oggi sempre più rara nel panorama politico perché, come lui stesso ha dichiarato recentemente, «quando si è disposti a rinnegare storie politiche e personali nel miraggio di una poltrona, e sostituire ideali e principi in cui si faceva finta di credere, con il voltagabbanismo e l’opportunismo, non soltanto si offende il comune senso del pudore ma soprattutto si perde la faccia e la residuale dignità». Dopo una vita spesa in politica, un bilancio per Genova e la Liguria nel presente e nel futuro del Sistema Italia. Genova potrebbe avere un ruolo grandissimo da giocare nel sistema Italia se non si fossero persi tempo e occasioni, e mi riferisco a infrastrutture (terzo valico e gronda soprattutto) e una mentalità dell’imprenditoria portuale che non riesce a stare al passo con i tempi. Quali sono i bisogni reali della città e della regione, per tornare alla competitività di un tempo? Che cosa rimane da salvare e cosa da buttare? La città ha bisogno di puntare su di una strada e seguirla sino in fondo. Siamo una mancata città turistica, una mancata città di servizi, una città industriale che ha perso le sue opportunità pensando che le industrie a partecipazione statale non se ne sarebbero mai andate via…Invece è cambiato tutto. L’opportunità è quella di creare collegamenti fra persone e cose efficienti, che le consentano di essere al centro del Nord Ovest… Che cosa si sente di dire ai giovani che hanno intenzione di compiere la scelta di fare politica oggi? È difficile oggi dire ad un giovane di fare politica visto il discredito nel quale oggi è caduta. L’unica chance è quella di fare politica credendo davvero in ciò che si dice e si fa, avendo come faro guida i valori in cui uno crede, e difendendoli sempre e comunque di fronte ad ogni

ostacolo. Politica pubblica, vita professionale e vita privata. Qual è, secondo Lei, il segreto per trovare il giusto equilibrio fra questi elementi e la propria coscienza? Il giusto equilibrio lo si trova non dimenticando che i valori di una vita privata ti tengono legati alla vita reale, senza cadere nel sopravvalutato “palazzo”. Che cosa vorrebbe portare a compimento nella sua vita, che ancora manca? Esiste ancora il classico “sogno nel cassetto” oppure si sente ormai disilluso dall’esperienza? Il mio sogno è quello di vedere la società tornare ad avere al centro valori e non solo interessi materiali. Oggi tutto e in discussione. Non ci sono più valori condivisi e molto spesso questi sono conculcati dagli antivalori… Che cosa è, per Lei, la politica, ovvero: qual’è l’essenza della politica? L’essenza della politica è farla perché ci si crede e non considerarla un’opportunità di carriera. Restare sui problemi veri delle persone e non pensare di essere degli “arrivati “. È il non venire mai a compromessi con la propria coscienza, per paura di restare fuori dal coro. E poi la coerenza. Diceva Papini che la coerenza è l’arma degli imbecilli. Beh, evidentemente oggi ci sono troppi intelligenti…

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’ ANDREA CHENIER E TOSCA CHIUDONO LA STAGIONE AL CARLO FELICE IN PROGRAMMA TRA MAGGIO E GIUGNO ANCHE LA SALOMÈ DI RICHARD STRAUSS E LA FORZA DEL DESTINO DI GIUSEPPE VERDI Di Daniela Masella

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a stagione lirica 2016 del Teatro Carlo Felice di Genova da aprile a giugno presenta e conclude la sua fiorente programmazione, con quattro titoli in cartellone molto accattivanti. Il 12 aprile debutta Andrea Chénier di Umberto Giordano, il 4 maggio Tosca di Giacomo Puccini, il 21 dello stesso mese Salomè di Richard Strauss ed infine il 18 giugno la famigerata e famosissima Forza del Destino di Giuseppe Verdi. Andrea Chénier, opera lirica in quattro quadri su libretto di Luigi Illica , va

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in scena in questa produzione con un allestimento nato per il Teatro Regio di Torino, con la regia di Lamberto Puggelli, ripresa da Salvo Piro. Da una parte è conservata la fedeltà al libretto per l’ambientazione storica, dall’altra, in chiave più moderna, ne viene contenuta l’enfasi, tipica della vecchia tradizione registica dell’Andrea Chénier. Le scene sono di Paolo Bregni, i costumi di Luisa Spinelli e la direzione d’orchestra di Gianpaolo Bisanti. Gli interpreti principali sono Jorge de León-Andrea Chénier,


Alberto Gazale-Carlo Gérard, Norma Fantini- Maddalena. L’Andrea Chenier, titolo tra i più conosciuti del repertorio verista con la Fedora, è la più nota opera di Giordano e venne rappresentata per la prima volta a Milano, al Teatro alla Scala, il 28 marzo 1896; per la sua trama passionale ed assieme popolaresca in pochi mesi conquistò l’Italia e il mondo intero. L’impetuosa e melodicamente illimitata personalità musicale di Giordano esaltò e tradusse perfettamente, in armonie innovative, le varie situazioni ed i numerosi personaggi che il “pucciniano” Illica descrisse così intensamente nel libretto. Fu pensata un po’ fuori dal tempo, moderna sì ma non collocabile, né fra il Verismo (alla quale viene attribuita come “genere” per l’epoca in cui fu scritta e per la “valenza” scenica dei fatti e dei personaggi citati), né fra le opere d’avanguardia; forse anche per questo tanto acclamata e rappresentata tuttora. Lo spartito non presenta alterazioni

in chiave, secondo una prassi che sarà tipica dei compositori di musica atonale; un vezzo tuttavia, poiché la scrittura musicale è perfettamente tonale. Andrea Chénier, poeta realmente esistito, vittima del Terrore di Robespierre durante la Rivoluzione Francese perché ritenuto controrivoluzionario, non è il vero protagonista dell’opera; lo è Gérard, che con i sui molteplici stati d’animo diventa il vero motore di tutta la trama. In Carlo Gérard lo spettatore scorge il tormento di un’anima onesta, attanagliata dal desiderio di vendetta e costretta dalle proprie condizioni servili ad essere crudele pur di raggiungere i propri scopi. Maddalena, compagna di giochi di quest’ultimo, quando l’età infantile cancellava il dislivello sociale tra i due, diventa la causa scatenante suddetta ribellione; la donna rappresenta proprio le diversità e le disparità sociali. La parte di Gérard, scritta per baritono, è di estrema finezza con difficoltà tecniche volutamente sopra le righe:

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fiati lunghissimi, dialoghi serrati, azione e recitazione determinano per l’interprete una espressività e una padronanza scenica indispensabili. Anche Andrea Chenier appare una figura eroica ed umana al tempo stesso; egli canta al primo atto il celeberrimo “un dì all’azzurro spazio guardai profondo e ai prati colmi di viole”. E se pur dotato di belle pagine musicali, non eguaglia le introspezioni psicologiche che il compositore e il librettista hanno dato al personaggio di Carlo Gérard. La parte di Chenier è scritta per Tenore ed occorre in questo caso un timbro importante, robusto, una voce possente, una presenza fisica che deve superare quella del baritono, cosa alquanto difficoltosa, con una linea vocale anch’essa virtuosa che non dà alcun respiro. Maddalena esprime invece l’umanità, soprano lirico-drammatico, la sua vocalità deve possedere un colore scuro, brunito ed un elegante fraseggio; ricordiamo tra i sui interventi “La mamma morta”. L’opera dispiega frasi musicali ed intermezzi sonori di rara bellezza armonica e melodica, assegnando a tutti i personaggi, ferratissimi nel loro

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mestiere, la dovuta valenza artistica. Anche i protagonisti minori hanno il loro momento, dei veri cammei come quello della “vecchia Madelon”, che offre il nipote adolescente al Terrore della Rivoluzione, dimostrano come Giordano avesse costruito il suo capolavoro con grande meticolosità e maestria. La storia: nel primo quadro, l’azione si svolge nella serra del Castello di Coigny. La Rivoluzione è alle porte, ma la nobiltà francese continua a vivere un’esistenza spensierata. La contessa di Coigny dà una festa; il giovane servitore Gerard è intento ad addobbare la serra per la serata imminente e rimugina fra sé l’odio per i padroni, tranne che per la contessina Maddalena per la quale è segretamente innamorato. Alla festa interviene il poeta Andrea Chénier, che subisce le critiche di Maddalena, la quale gli rimprovera di non scrivere poesie alla moda. Il giovane difende con vigore i suoi ideali contro i costumi corrotti dell’epoca, che stanno portando la società in rovina; attratto dalla fanciulla, cerca di convincerla a non trascurare certi valori. La donna, persuasa, si scusa con lo scrittore. Iniziano le danze


interrotte bruscamente dall’ingresso di un gruppo di mendicanti introdotto da Gerard. La contessa rimprovera il suo servo, che sdegnato si toglie la livrea e si allontana con i suoi amici poveri. La festa prosegue. Quadro secondo: a Parigi, nelle vicinanze del ponte Peronnet, siamo nel periodo del Terrore e Robespierre imperversa. Chénier, che è incorso negli strali del governo rivoluzionario, viene costantemente pedinato da un “Incredibile” messogli alle costole da Gerard, ormai divenuto capo della rivoluzione. Una donna ignota scrive da tempo al poeta per chiedergli protezione: si tratta di Maddalena di Coigny, costretta a vivere nascosta e in povertà perché i rivoluzionari gli hanno ucciso la madre. Si presta ad aiutarla la serva mulatta Bersi che per guadagnare dei soldi, per sé e per l’ex padrona, esercita la prostituzione. Chénier viene invitato dall’amico Roucher a partire per non essere catturato dai rivoluzionari, ma il giovane vuol prima conoscere colei che gli invia missive. Una sera, vicino al ponte, i due si incontrano e Chénier riconosce subito Maddalena, anche se così profondamente

mutata; in entrambi scoppia l’amore quando improvvisamente, avvertito dall’”Incredibile”, irrompe Gerard ancora legato alla contessina. Ne scaturisce un duello e Maddalena fugge. Chénier ferisce gravemente il rivale e questi, per amore di Maddalena, consiglia al suo feritore di fuggire assieme alla donna in quanto ricercato. Al popolo che accorre dichiara di non conoscere chi lo ha colpito. Quadro terzo: Nel tribunale rivoluzionario. La Francia ha bisogno di soldati e denaro e Gerard, ormai guarito, cerca di convincere la folla a donare per la causa di eguaglianza nella quale crede fermamente. Una vecchia popolana cieca, Madelon, offre alla patria il suo unico nipote quindicenne, mentre l’”Incredibile”, rimasto da solo con Gerard, lo costringe ad accusare Chénier che nel frattempo viene arrestato. Gerard esita, ma la sua gelosia per Maddalena lo convince a denunciare il rivale. La fanciulla sconvolta si offre al suo ex servo perché aiuti il poeta. Questi, commosso dal gesto, fa di tutto per salvarlo e durante il processo ritratta la denunzia, ma Chénier é condannato

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ugualmente a morte. Maddalena confusa tra la folla piange disperata. Quadro quarto: Il cortile della prigione. Andrea Chénier, assistito dall’amico Roucher, si appresta a morire e scrive i suoi ultimi versi. Gerard tenta ancora di salvarlo ma Robespierre non ha accettato di riceverlo. Aiutata dal pentito Gerard, Maddalena riesce ad ottenere un colloquio con Chénier e a corrompere la guardia. All’alba, quando i soldati vengono a prelevare i condannati, si sostituisce ad una prigioniera, Idia Legrey, donandole il suo lasciapassare. Prende così posto sulla carretta a fianco dell’uomo che ama. I due amanti si avviano sereni incontro alla morte. In un angolo, Gerard piange lacrime amare. Da martedì 12 aprile, repliche 13, 16, 17, 19 e 20.

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IL 4 maggio torna Tosca di Giacomo Puccini, un opera di grande richiamo, in cui la passione, il romanticismo, il realismo, la drammaticità e non ultima la musica ne fanno gli ingredienti principali di un successo intramontabile. Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa, Luigi Illica e Victorien Sardou, vede a Genova l’allestimento della Fondazione, con la regia e le scene di Davide Livermore, i costumi di Gianluca Falaschi e la direzione di Dimitri Jurowski. Personaggi ed interpreti: Tosca-Amarilli Nizza, CavaradossiFrancesco Meli, Scarpia-Angelo Veccia. Fu rappresentata la prima volta al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio del 1900. Puccini, guardando dal vivo la rappresentazione


della Tosca di Sardou al Teatro Filodrammatici di Milano all’inizio del 1889, ne ebbe subito l’ispirazione. Colpito dallo spettacolo e dalla storia, chiese all’editore Ricordi di averne i diritti per poterla musicare, e dopo la disdetta di un altro compositore in lizza, Alberto Franchetti (trionfatore all’epoca del Cristoforo Colombo), ne ebbe da Ricordi la commissione. Illica preparò la bozza del libretto approvata da Sardou e con Giacosa completò il lavoro, ma quest’ultimo, perplesso, riteneva che il soggetto fosse poco poetico e sosteneva che il successo dell’opera era dovuto alla bravura della solita, il soprano Bernhardt, protagonista assoluta del ruolo originario francese. La prima dello spettacolo fu un evento importante. Tra gli spettatori c’erano Mascagni, Franchetti, il presidente del Consiglio Pelloux e la regina Margherita di Savoia. La serata fu nervosa, a causa di un pubblico ritardatario, tanto che il direttore d’orchestra Leopoldo Mugnone fu costretto a ricominciare l’esecuzione da capo. Inizialmente fu criticata perché non rappresentava una continuità con il successo precedente de La Bohème, poi,l’opera trionfò e nel giro di tre anni fu rappresentata in tutto il mondo. Tornando al dramma di Sardou, le differenze sostanziali consistevano nella riduzione della durata, da cinque a tre atti, nello snellimento di quei fondamenti storico-realistici tipici del dramma di prosa e nella scomparsa di alcuni personaggi secondari. In risalto solo tre protagonisti: Scarpia, Tosca e Cavaradossi. Forse le concatenazioni logiche degli eventi non erano così rispettate perché Puccini era interessato più al dramma dell’amore perseguitato che al momento storico ricco di delitti e di sangue. La pasionaria e testarda Tosca e il susseguirsi inevitabile degli eventi viene ben disegnato nella partitura da un discorso musicale rapido, con incisi tematici brevi e taglienti, armonie dissonanti legate indissolubilmente al tema musicale di Scarpia che apre tutta l’opera. La vena melodica compare soprattutto nei duetti tra Tosca e Mario e nelle celebri romanze (Recondita armonia, Vissi d’arte e E lucevan le stelle), che rallentano volutamente la concitazione della trama e regalano a l’ascoltatore un intensità lirica profonda. Ma l’apice

della drammaticità è nel secondo atto con Scarpia nel quale l’orchestra produce sonorità che anticipano, con grande intuizione da parte di Puccini, l’estetica dell’espressionismo tedesco. La trama: l’azione si svolge a Roma, nel 1800, dopo l’eco degli avvenimenti rivoluzionari in Francia e la caduta della prima Repubblica Romana. Angelotti, bonapartista ed ex console della Repubblica Romana, scappato dalla prigione di Castel Sant’Angelo, cerca rifugio nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove sua sorella, la marchesa Attavanti, gli fa trovare un travestimento femminile per celare la sua vera identità. La donna è stata ritratta, a sua insaputa, in un quadro dipinto dal cavalier Mario Cavaradossi che intanto scorge nella cappella Angelotti, lo riconosce e condivide con lui la sua stessa fede politica. I due stanno preparando la fuga ma l’arrivo di Floria Tosca, l’amante di Cavaradossi, costringe Angelotti a rinascondersi. Tosca, riconoscendo la marchesa Attavanti nella figura della Maddalena ritratta nel quadro, fa una scenata di gelosia e con fatica dopo essersi calmata si congeda. Mario offre protezione al fuggitivo e decide di accompagnarlo nella sua villa di periferia, dimenticando però nella cappella il ventaglio del travestimento femminile. Sopraggiunge con i suoi scagnozzi il barone Scarpia, capo della polizia papalina che, sulle tracce di Angelotti, sospetta fortemente del pittore, anch’egli bonapartista. Per riuscire ad arrestarlo e poter scovare l’evaso, cerca di coinvolgere Tosca, suscitando la morbosa gelosia della donna con il ventaglio trovato nella cappella degli Attavanti. Quest’ultima credendo nel tradimento di Mario con la marchesa giura di cercarli. Scarpia, raggiunto il suo scopo, la fa seguire, pregustando la sua doppia rivalsa su Cavaradossi e sulla donna da cui è attratto. A Palazzo Farnese nel suo appartamento, il barone sta consumando la cena e ivi gli sbirri vi conducono Mario che dopo essere stato arrestato e interrogato, rifiutando di rivelare il nascondiglio di Angelotti, viene poi torturato. Tosca si trova a palazzo e sente le urla dell’amato; stremata dalle grida dell’uomo, rivela a Scarpia dove si trova l’evaso. Mario, appreso il tradimento

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della donna, la respinge. Sopraggiunge un messo ad annunciare che la notizia della vittoria delle truppe austriache era falsa e che è stato Napoleone a sconfiggere gli austriaci a Marengo. A questa notizia Mario esulta ad alta voce per la vittoria e Scarpia lo condanna immediatamente a morte. Disperata, Tosca chiede la grazia per l’amato; il barone acconsente solo a patto che lei gli si conceda. Tosca disperata accetta e l’uomo gli fa credere che la fucilazione sarà simulata e i fucili caricati a salve. Dopo aver scritto il salvacondotto che permetterà agli amanti di raggiungere Civitavecchia, Scarpia si avvicina a Tosca quando questa lo uccide a sangue freddo con un coltello trovato sul tavolo. Quindi prende il salvacondotto dalle mani del cadavere ed esce. All’alba sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario è ormai pronto a morire; Tosca lo raggiunge e gli spiega di aver accoltellato Scarpia. Gli mostra il salvacondotto e lo informa della finta fucilazione. Ma Mario viene ucciso veramente e Tosca, sconvolta e inseguita dagli sbirri che hanno scoperto l’omicidio, gridando “O Scarpia, avanti a Dio!”, si getta platealmente dagli spalti del castello. Da mercoledì 4 maggio, repliche 6, 7 e8. Il 21 maggio Salome opera in un atto e un balletto di Richard Strass su libretto Hedwing Lachmann, le recite successive il 22, 25 e 28 maggio 2016. Notizie Utili Biglietteria: dal martedì al venerdì dalle ore 11.00 alle ore 18.00 sabato dalle ore 11.00 alle ore 16.00 Biglietteria serale e domenicale: Spettacoli serali: Un’ora prima dell’inizio. Domeniche di spettacolo serale: dalle 18.00 alle 21.00 Domeniche di spettacolo pomeridiano: dalle 13.30 alle 16.00 Biglietteria: Tel.: (+39)010 589329 010 591697 fax: (+39)0105381.335 e-mail:biglietteria@carlofelice.it Gruppi: (+39) 010 5381.305 – e-mail:gruppi@carlofelice.it


Il Sole non è mai stato cosÏ bello . . .


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MUCHA

E L’ART NOUVEAU ARRIVA A PALAZZO DUCALE LA MOSTRA DEDICATA ALL’ARTISTA CECO, IN TANDEM CON LA WOLFSONIANA DI NERVI. DAL 30 APRILE AL 18 SETTEMBRE

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opo il successo della tappa milanese, la mostra Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau approda al Palazzo Ducale di Genova e con oltre 150 opere propone al pubblico un percorso originale capace di ricostruire il gusto elegante, prezioso e sensuale dell’epoca attraverso le creazioni di Alfons Mucha, gli arredi e le opere d’arte decorativa di artisti e manifatture europei attivi nello stesso periodo storico. La mostra è organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova, da Palazzo Reale di Milano e da 24 ORE Cultura Gruppo 24 Ore, in collaborazione con la Richard Fuxa Foundation e il Centro di Ricerca Rossana Bossaglia, Dipartimento Culture e Civiltà, Università di Verona. Si avvale altresì del patrocinio della città di Praga. Nello stesso periodo sarà inoltre possibile approfondire ulteriormente la figura di Mucha grazie alla mostra Mucha: alle origini della pubblicità presso la Wolfsoniana di Genova Nervi. Realizzata in collaborazione con 24 ORE Cultura e la Richard Fuxa Foundation, l’esposizione è curata da Karel SRP e propone ai visitatori un percorso interamente dedicato ai manifesti pubblicitari di Alfons Mucha. Il nucleo principale della mostra è costituito da 120 opere tra affiches e pannelli decorativi di Alfons Mucha (1860 1939), provenienti dalla Richard Fuxa Foundation. L’artista ceco è stato uno dei più significativi interpre-

ti dell’Art Nouveau, divenendo ben presto il “promotore” di un nuovo linguaggio comunicativo, di un’arte visiva innovativa e potente: le immagini femminili dei suoi manifesti erano molto diffuse e popolari in tutti i campi della società del suo tempo e ancora oggi si può facilmente individuare la sua inconfondibile cifra stilistica, che lo ha reso eterno simbolo dell’Art Nouveau. Lo “Stile Mucha”, unico e riconoscibile, si è dimostrato adatto per essere applicato ad una grande

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Nella pagina a fianco: Alfons Mucha Zodiaque, 1896 Litografia a colori, cm 65 × 48,5 Richard Fuxa Foundation Qui sotto: Alfons Mucha, realizzazione Amalric Walter, Pendentif con testa femminile, 1903-1905, Pasta di vetro, cm 6,5 (diametro), Milano, collezione C.F.S.


Sopra: Alfons Mucha Job, 1896, Litografia a colori, cm 54,2 × 41,5, Richard Fuxa Foundation Nella pagina a fianco: Alfons Mucha Monaco - Monte Carlo, 1897 Litografia a colori, cm 107,3 × 73,3, Richard Fuxa Foundation Nelle pagine seguenti: Lo Smeraldo e Il Topazio da Alfons Mucha Les Pierres Précieuses (L’Ametista, Il Topazio, Lo Smeraldo, Il Rubino), 1900, Litografia a colori, cm 102 × 43,7 Richard Fuxa Foundation

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varietà di contesti: poster, decorazione d’interni, pubblicità per qualsiasi tipo di prodotto, illustrazioni e addirittura produzioni teatrali, design di gioielli e opere architettoniche. Mantenendo come perno centrale la figura di Mucha, le opere dell’artista sono affiancate in mostra da una serie di ceramiche, mobili, ferri battuti, vetri, sculture e disegni di artisti e manifatture europei affini a quella medesima sensibilità squisitamente floreale e sinuosa che caratterizzava un certo filone del modernismo internazionale, tipico soprattutto dell’area francese, belga e, almeno in parte, italiana. Scopo della mostra è dunque quello di restituire appieno l’idea di un’epoca ricca e sfaccettata, facendo dialogare le invenzioni di Mucha con gli ambienti e le decorazioni contemporanee così da ricostruire il clima magico e sfavillante

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della Belle Époque. Le opere sono esposte in mostra seguendo un percorso suddiviso per temi stilistici e iconografici, in modo da evocare atmosfere e suggestioni che possano stupire e coinvolgere anche emotivamente il visitatore. La prima sezione è dedicata al teatro e da Sarah Bernhardt, una delle più celebri attrici della storia teatrale, vera e propria diva e icona del suo tempo, immortalata da Mucha in una serie straordinaria di poster e manifesti teatrali. Si prosegue con la vita quotidiana dove sono invece raccolti esempi di manifesti e realizzazioni grafiche di confezioni di prodotti che entravano abitualmente nelle case: dalle scatole dei biscotti Lefevre Utile, alle tavolette di cioccolato Idéal passando per i profumi e i prodotti per l’infanzia. Il tema chiave della terza sezione è l’immancabile figura femminile: l’immagine della donna, frequentemente al centro dell’invenzione di arredi e oggetti d’uso, spesso mostra forti legami con la cultura figurativa del tempo, come nel caso del salotto di Luigi Fontan. Nella sala, i manifesti di Mucha tornano nuovamente a dialogare e a confrontarsi in modo diretto con gli oggetti, in modo da evidenziare la duplice e contrastante concezione che i contemporanei avevano della donna, talvolta idealizzata in una creatura angelica, elegante ed aggraziata, talvolta immaginata come femme fatale, accattivante e seducente, ma sempre capace di incarnare il valore universale della bellezza giovanile, espressa attraverso linee serpentine ed eleganti movenze. La sezione dedicata al giapponismo affronta il tema dell’influenza dell’arte esotica e orientale sulla produzione europea, riscontrabile soprattutto nella preferenza per il segno grafico e marcato, per l’appiattimento bidimensionale e per gli accostamenti cromatici sgargianti e originali. Il mondo animale è invece rappresentato nella quinta sezione, dove è raccolto un repertorio di oggetti d’arte decorativa caratterizzati dalla presenza di soggetti animali emblematici, come il pavone, il serpente, la libellula e le creature acquatiche. All’importanza dei materiali preziosi nell’immaginario Art Nouveau è dedicata la sesta sezione, con grafiche di Mucha dedicate al tema delle pietre preziose e delle teste femminili ornate con originali gioielli, un inedito pendente disegnato dall’artista e realizzato in pasta di vetro dal-


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la ditta Daum di Nancy e una piccola selezione di opere di varia tipologia, realizzate con materiali particolari o preziosi. Il tempo è invece il protagonista della settima sezione, rappresentato simbolicamente attraverso le grafiche dei calendari, le rappresentazioni delle stagioni e delle parti del giorno ideate da Mucha. La sezione successiva è dedicata all’immaginario floreale, in particolare rose, ninfee, iris e gigli, che letteralmente “invadono” la produzione Liberty e Art Nouveau. Nelle sue grafiche, Mucha associa spesso l’immagine della giovane donna al tema del fiore, che diviene un ornamento capace di esaltarne la bellezza fresca e vitale. Chiude la mostra una selezione di abiti di sartorie italiane e francesi, che testimoniano l’evoluzione del gusto in direzione modernista anche nel campo della moda, volta alla costante ricerca di eleganza e raffinatezza, attraverso linee a S, tessuti preziosi, applicazioni e ricami, spesso ispirati al mondo vegetale. L’artista ceco Alfons Mucha (18601939) è riconosciuto come uno tra i più rappresentativi interpreti dell’Art Nouveau, “promotore” di un nuovo linguaggio comunicativo, di un’arte visiva innovativa e potente: le immagini femminili dei suoi manifesti erano molto diffuse e popolari in tutti i campi della società del suo tempo e ancora oggi si può facilmente individuare la sua inconfondibile cifra stilistica, che lo ha reso eterno simbolo della Belle Époque. Figlio di un usciere del tribunale, Ondej Mucha, e della sua seconda moglie Amálie, Alfons Maria Mucha nasce a Ivanice il 24 luglio 1860. Sin dall’adolescenza, Mucha dimostra uno spiccato interesse per il disegno che lo porta, nel 1879, ad entrare nel laboratorio di pittura della ditta Kautsky Brioschi Burghardt, che produce scenari per il teatro e sipari. Nel 1882 incontra il conte Eduard Khuen Belasi, che diventa il suo primo mecenate. Nel 1885 il conte gli finanzia gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera e un viaggio a Parigi, dove Mucha giunge nel 1887 e dove rimane per i successivi diciassette anni. Nel 1889 il conte Khuen smette inaspettatamente di finanziare l’artista che, abbandonata la scuola, inizia a lavorare come illustratore, avviando una serie di collaborazioni con importanti

riviste e case editrici francesi. Il primo vero successo come illustratore arriva nel 1894, quando Mucha disegna il primo manifesto per Sarah Bernhardt in occasione dello spettacolo Gismonda di Victorien Sardou. È l’inizio di una lunga collaborazione, che lo decreta come uno dei più ricercati autori di arte applicata, di manifesti pubblicitari e di illustrazioni. Il 1897 è per Mucha un anno di mostre importanti. La sua prima mostra personale si tiene alla Galerie de la Bodinière di Parigi, una seconda mostra, di cui disegna il manifesto, apre al Salon des Cent e una terza mostra è organizzata alla fine dell’anno presso il Salone Topic di Praga. Nel 1900, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi, il progetto di Mucha per la disposizione generale del padiglione della Bosnia-Erzegovina e il suo manifesto dell’esposizione austriaca sanciscono il suo ruolo di spicco nel panorama artistico europeo di fine secolo. Nel 1902, nel libro Documents décoratifs, Mucha definisce per la prima volta l’essenza dello stile Art Nouveau. A partire dal 1904 l’artista compie alcuni viaggi negli Stati Uniti, dove le personali del 1920 e del 1921, ospitate rispettivamente presso l’Art Institute

of Chicago e il Museo di Brooklyn a New York, riscuotono un successo strepitoso. La mostra di Chicago vede esposti i cinque quadri dell’Epopea Slava, ciclo iniziato nel 1910 in Repubblica Ceca e portato a termine a Praga nel 1928. Alfons Mucha si reca a Parigi per l’ultima volta nel 1936 in occasione dell’ultima retrospettiva organizzata durante la sua vita. Mucha si spegne infatti a Praga nel 1939. In quell’anno la rivista parigina di grafica “Arts et métiers” dedica un numero alla commemorazione dell’artista. Orari: Lunedì 14-19 dal martedì al giovedì: 9.30-19.30 venerdì e sabato: 9.30-22 domenica: 9.30-19.30 Aperture straordinarie 1 maggio: 9.30-19.30 2 giugno: 9.30-19.30 24 giugno: 9.30-22.00 15 agosto: 9.30-19.30 Biglietti Intero: 13 euro Ridotto: 11 euro


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MARIO, ANCHE A GENOVA IL TAGLIO NATURALE PIÙ CHE UN SEMPLICE PARRUCCHIERE, UN ARTISTA E UN CREATIVO CHE SCOLPISCE MENTRE TAGLIA

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l primo piano della centralissima Via San Sebastiano 4 a Genova, nel noto salotto dell’antica clientela genovese dove ha fatto il suo nome “Renato” e di seguito “Chicco”, ha inaugurato il 28 dicembre 2015 Mario Coletti. Dopo numerosi stage presso i parrucchieri più prestigiosi, all’età di 18 anni Mario apre il suo primo piccolo ma grande negozio nell’elegante quartiere torinese Crocetta. Mario è il primo a utilizzare per le meches una tavolozza di legno creata artigianalmente da lui, per evitare la fastidiosa cuffia di gomma tradizionale: ciocche molto sottili, per un risultato molto naturale ed elegante. Il segreto? Zero crescite e meno vincoli dal parrucchiere. Dopo vari anni stage, Mario decide di non seguire la moda del momento, andando controcorrente: preferisce infatti adeguare il taglio giusto al tipo di capello della cliente, alle linee del suo viso e alla sua personalità. Che cosa si intende per taglio naturale? Mario valorizza la struttura e la qualità del capello con cui sta lavorando: più che un semplice parrucchiere, un artista e un creativo che scolpisce mentre taglia, con la mente, con il cuore, con il gusto e passione vera. Iniziano le sfilate, il lavoro cresce, Mario è sempre più famoso e diventa necessario ingrandirsi. Da un primo piano Mario apre in una palazzina a due piani in un interno cortile, adeguandosi ai gusti della “Milano Bene”, creando un dehor esterno dove le

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clienti nella pausa si rilassano bevendo un caffè, una tisana o leggendo un libro; un ambiente molto elegante ma essenziale. Ed ecco la scelta di andare sempre controcorrente negli anni in cui a Torino, perlomeno, si imponeva la logica del grande salone, ambiente dispersivo, spesso anonimo, dove pochi clienti selezionati sono seguiti dal titolare e tutti gli altri da chi capita. Col passaparola Mario diventa sempre più conosciuto, si moltiplicano gli articoli a lui dedicati sulle più belle riviste torinese. Il suo grande successo, ottenuto grazie alla qualità e all’onestà del lavoro, si riflette anche nei colori, dove cerca di creare delle tonalità più naturali possibili, utilizzando colorazioni di altissima qualità e di colorare… l’indispensabile e non il dispensabile. Grazie alla sua fama, Mario apre un negozio a S. Sicario, rinomata località del comprensorio sciistico della Via Lattea. Mario decide di lavorare solo nei giorni del fine settimana e da solo riesce a fidelizzare una clientela raffinata, che da Genova e Milano si prenota con largo anticipo per farsi colorare e tagliare i capelli da lui. Ed ecco che grazie al calore e all’affetto che in primis la clientela genovese gli dà, Mario, come sempre controcorrente, decide di aprire questo salone chiuso da anni e lavorarci con la sua assistente i primi tre giorni della settimana, il lunedì, il martedì e il mercoledì. Sarà lui personalmente a prendersi cura del vostro aspetto, prenotando al 3288260580.


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SPECIALE CASA E ARCHITETTURA

IL CASTELLO SPINOLA DI MONTESSORO TORNA A RIVIVERE

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n giorno prima della nevicata di febbraio sono terminati i lavori di consolidamento e restauro del Castello Spinola di Montessoro, nel territorio comunale di Isola del Cantone (provincia di Genova) nella frazione di Montessoro, in prossimità della chiesa di S. Andrea. Della costruzione originaria di epoca compresa tra il XIII e il XIV secolo era ancora visibile buona parte della

muratura perimetrale esterna, comprese le due torri angolari e alcune piccole porzioni del muro centrale di spina, rinvenuto nel corso dei lavori. L’area all’interno del perimetro murario era caratterizzata dalla presenza di detriti e macerie provenienti dal crollo delle strutture murarie verticali. L’amministrazione del Comune di Isola del Cantone ha dato avvio all’intervento di restauro e consolidamento dei

TRA GIUGNO E LUGLIO DI QUEST’ANNO, LA STRUTTURA DI ISOLA DEL CANTONE INIZIERÀ UFFICIALMENTE IL SUO NUOVO CORSO DI VITA INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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ruderi del castello Spinola nel novembre 2015, dopo un lungo iter progettuale, con due precise finalità: la prima, mettere in sicurezza le murature del castello; la seconda, rendere l’area, all’interno del perimetro murario, fruibile per spettacoli e/o per manifestazioni culturali di vario genere. La messa in sicurezza delle strutture è stata eseguita con la realizzazione di porzioni di muratura in pietra a vista, con materiale recuperato in situ, per legare le cortine murarie, principalmente del fronte ovest, fortemente compromesse dai crolli e in precarie condizioni statiche. La struttura muraria originaria è stata completata con l’esecuzione di due


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contrafforti, in pietra a vista, uno ad integrazione dello spigolo sud-ovest e l’altro in corrispondenza della porzione del muro originario più alto. La cinta perimetrale è stata anche sottoposta ad interventi di risarcitura delle lacune del paramento murario esterno ed interno. Le bucature del fronte sono state sistemate, arretrando la tamponatura di circa 50 cm rispetto al filo esterno della facciata, per evitare fuoriuscite di materiale incoerente. Tutta la struttura è stata inoltre ripulita dalla vegetazione infestante, lavata e trattata con biocidi e con un prodotto idrorepellente, previa stuccatura dei giunti con malta di calce e messa in sicurezza dei conci non ammorsati alla muratura. Il forte declivio esistente all’interno del perimetro murario del castello è stato regolarizzato mediante la realizzazione di più livelli terrazzati, sosteINGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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nuti da muretti in pietra a secco che verranno utilizzati come sedili o come ripiani espositivi. Per i vari livelli del terreno è stata prevista una finitura a prato gradonato, mentre nella parte in alto e in basso sono state realizzate due aree pianeggianti corrispondenti alla parte di accesso alla gradinata e al palcoscenico, che si potrà raggiungere anche attraverso una antica porta riportata alla luce. Sul perimetro esterno del castello sono stati eliminati completamente i detriti e il terreno è stato sistemato a prato, in leggera pendenza. Tutti gli interventi sono stati eseguiti in conformità a quanto indicato nel progetto redatto dall’arch. Mauro Ricchetti e dall’Arch. Simonetta Barozzi dello studio di Architettura e Urbanistica di Genova, che hanno anche seguito la direzione lavori degli interven-


ti di consolidamento e restauro. Il 26 Febbraio 2016, dopo circa 14 mesi dall’inizio dei lavori, l’impresa Cesag, incaricata dal Comune di Isola, ha portato a termine tutti gli interventi principali previsti nel finanziamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (otto per mille) sia relativi alle opere di consolidamento murario, sia della sistemazione interna delle gradinate per gli spettatori e del palco per manifestazioni culturali. Il giorno dopo la fine dei lavori, un’intensa nevicata, ha ricoperto l’arena e il territorio circostante. Il manto bianco depositandosi sulle curve dell’arena ha disegnato più nettamente la struttura in pietra, leggermente curva, inserita tra i possenti muri dell’antico castello che tornerà a vivere con una nuova destinazione d’uso. Un edificio che anno dopo anno aumentava progressivamente il suo degrado, e che è stato restaurato con attenzione ed indubbio impegno da parte del Comune di Isola del Cantone, dai professionisti incaricati e della Soprintendenza, con la meta stabilita oltre quattro anni fa di impedire il suo totale decadimento Le gradinate, nella prossima primavera, verranno rifinite a prato e tra giugno e luglio del corrente anno inizierà ufficialmente il nuovo corso di vita dell’antico castello, ubicato tra prati verdi e boschi di castagno, nel silenzio assoluto di una natura ancora incontaminata.

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L’INCONTRO CON GLI

HARE KRISHNA DI GENOVA A MOLASSANA SI TROVA LA COMUNITÀ DEI MONACI DELL’ISKON, L’ ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE PER LA COSCIENZA DI KRISHNA Testo e foto di Anna Proverbio Il mantra HARE KRISNA è un canto finalizzato a espandere al massimo la nostra coscienza. Chi lo recita e lo canta ottiene pace, soddisfazione, serenità, felicità, auto realizzazione e libertà dal doloroso ciclo di nascite e morti. HARE KRISHNA HARE KRISHNA KRISHNA KRISHNA HARE HARE HARE RAMA HARE RAMA RAMA RAMA HARE HARE

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’avevo notato ad una conferenza, il monaco Lilamanda. Mi aveva incuriosito per l’abito arancione, i sandali ai piedi in pieno inverno, il sorriso sincero, gli occhi limpidi. Parlava fitto con un amico farmacista, ma per quanto tentassi di sentire quanto diceva, allungando il collo verso di lui, non avevo potuto ascoltare quasi nulla. Comunque riuscii ad avere il suo numero di telefono e una volta contattato subito ha acconsentito ad incontrarmi invitandomi a pranzo. In Via Rio Torbido n°3, a Molassana, in una palazzina a due piani immersa nel verde, ha sede l’ISKON (Associazione Internazionale per la coscienza di Krishna), fondata nel luglio

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1966 da Sua Divina Grazia Swami Prabhupanda, che la diresse fino alla sua dipartita nel novembre 1977. Parliamo con il monaco Lilamanda che ci ha fatto entrare nel Tempio: Di cosa si Associazione?

occupa

la

vostra

L’ISKON porta avanti una antica tradizione che si basa sulla Bhagavadgita, il libro sacro che contiene gli insegnamenti divini di Krishna risalenti a cinque millenni fa. Che cosa raccontano le antiche scritture? La Gita e gli altri libri sacri vedici dichiarano che Krishna è la Persona Originale, Dio Stesso, che appare periodicamente in questo mondo per liberare gli esseri viventi. Esiste una grande varietà di persone perché ognuno ha un Karma differente, ma Krishna è il Padre Comune di tutti gli esseri viventi. Egli scende sulla terra per richiamare a sé le anime cadute, condizionate della materia e ricondurle nella dimora eterna, dove ritrovano la loro funzione in Sua Compagnia. L’Hare Krishna è una religione? No, non è una religione, poiché rappresenta la funzione eterna di ogni essere in relazione al Signore che è ciò che non ha inizio e non ha fine. Il termine italiano “religione” comporta l’idea di una fede e la fede può cambiare. Si può appartenere ad una confessione e poi abbandonarla per adottarne un’altra, invece noi sappiamo che Krishna-Dio è presente nell’anima di ognuno di noi e così come non si può togliere all’acqua la sua liquidità ed al fuoco il suo calore, all’anima non si può togliere la scintilla divina che ne fa parte. Il nostro spirito non è soggetto alla nascita ed alla morte ed essendo eterno sopravvive alla distruzione del corpo materiale e temporaneo. Sappiamo che voi credete nella reincarnazione: come avviene e che cosa determina la forma che si assumerà nella vita successiva? Il passaggio da un corpo all’altro avviene secondo regole ben precise: alla morte, il nostro prossimo corpo è

Una visita al Tempio Prima di entrare in casa mi invitano, cortesemente, a togliermi le scarpe e ad indossare dei sandali che giacciono a terra a disposizione degli ospiti. Un po’ riluttante, indosso un paio di ciabattine di plastica ed entro in un soggiorno dove una grande stufa a legna riscalda l’ambiente. Un delizioso profumo di spezie proviene dalla cucina, dove Lilamanda, al secolo Federico De Angelis, sta preparando il pranzo. Come mi vede, subito si fa sostituire ai fornelli da un confratello e mi accompagna nella sala del Tempio, con il pavimento ricoperto di tappeti, adornato di statue e da una libreria contenente i testi sacri. In alto vi è un cartello dove è scritta, a caratteri cubitali, la preghiera a Krishna. Una volta seduti, mi spiega che a 29 anni lavorava per una ditta di progettazione di interni ed essendo appassionato di teatro si dilettava a fare delle riprese degli spettacoli che venivano organizzati dalla compagnia di cui faceva parte. Un giorno, avendo saputo che vicino alla città in cui abitava vi era una comunità ed un Tempio dedicati a Krishna, decise di realizzare un video. Lì incontrò una giovinetta che chiacchierando amabilmente con lui gli fece notare che senza Dio non avrebbe mai potuto essere felice. La cosa lo colpì e tornò più volte al Tempio, finché, preparata una borsa con gli effetti personali, salutati parenti e amici si trasferì definitivamente al Tempio e dopo alcuni anni di studio divenne monaco. Quindi partì per la Costa Rica, dove rimase quattro anni. Tornato in Italia fu inviato presso la missione di Genova, dove tuttora vive ed opera. La giornata di un monaco inizia alle quattro meno un quarto del mattino. Dopo un’accurata toilette ed aver indossato abiti puliti, di colore arancione, tinta che indica la rinuncia, gli adepti raggiungono la sala del Tempio ed intonano canti a Dio per circa un’ora a cui seguono due ore di meditazione sui santi nomi di Krishna. Dalle sette e trenta fino alle otto si hanno altre celebrazioni, a cui seguono due ore di studio degli antichi testi sacri vedici. Alle nove si fa colazione e quindi ognuno espleta le mansioni che gli sono state affidate. Alle 13.30 vi è la pausa pranzo: i monaci non mangiano carne, pesce e uova, gli unici alimenti di origine animale consentiti sono il latte ed i suoi derivat come formaggio e yogurt. Anche il tè ed il caffè sono banditi dalla loro dieta. Dopo pranzo riprendono le attività, che terminano alle 18.30. Dopo i canti sacri, si cena frugalmente ed alle 21.30 i monaci si ritirano in camera per il riposo notturno. Mi sembra una vita abbastanza dura, invece Lilamanda mi assicura che nulla di quello che fa gli è di peso, anzi è completamente felice e soddisfatto. Il pranzo è pronto, un monaco porta un piatto colmo di cibo lo passa al suo confratello che lo offre al Dio; quando ritorna, mentre dà le ultime rimescolate al cibo, Lilamanda intona un canto di lode a Dio a cui risponde un altro monaco. Ci sediamo a tavola, il cibo accompagnato da una tisana calda è delizioso: riso giallo con carote, carciofi cotti interi, cavolfiore ed insalata, tutto condito con spezie a me sconosciute ma ottime. Finito il pasto mi accomiato, chiedo se è consentito baciare un monaco, Lilianda allarga le braccia e ci scambiamo un abbraccio fraterno. Me ne vado coll’animo colmo di serenità, ho con me il libro della BhagavadGita che ho acquistato (da tanto tempo desideravo leggerlo) ed un testo di ricette vegetariane che mi hanno regalato.

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già determinato, non da noi, ma da autorità superiori, in base alle azioni che abbiamo compiuto nella vita che sta per concludersi. Secondo queste azioni saremo elevati o degradati; si può dire che oggi stiamo preparando la nostra vita futura. Inoltre, lo stato di coscienza di cui si conserva il ricordo all’istante di lasciare il corpo determina la condizione dell’esistenza futura. Come mai per voi è tanto importante la meditazione? Perché attraverso questa attività fondamentale e necessaria si riesce ad ottenere la vera felicità, liberandosi dalle miserie e dalle ansietà che la vita quotidiana spesso procura. In cosa consiste la meditazione? Nel concentrare la mente, elevandosi al disopra della piattaforma terrena, situandosi ad un livello trascendentale che costituisce la nostra condizione originale. Infatti ogni essere vivente altro non è che un’energia spirituale (anima) che pervade tutto il corpo animandolo. Quando si medita, la mente si purifica e si può arrivare a comprendere la nostra vera identità. Perché cantate, tante volte al giorno, il nome di Dio? Conformemente a diversi testi religiosi, Dio ha differenti nomi, ad esempio

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Krishna, Jehovah, Rama, Allah, Budda e così via. Cantare i nomi di Dio è un rito estremamente purificatore che innalza dal grado materiale a quello spirituale. Per molte migliaia di anni in India e in tutto il mondo la gente ha cantato, per entrare in contatto con Lui, Persona Suprema, i “Mantra “. Il più importante di tutti questi inni è il “Mahamantra” (grande liberazione della mente) che si deve intonare facendo scorrere tra il pollice ed il medio un rosario di legno (Japa), composto da 108 grani, infilati in un cerchio dove vi è un unico grano più grande su cui non si deve cantare, per ricominciare quando si passa al grano successivo. Come si può imparare questa tecnica, in modo da eseguirla correttamente? Tutte le domeniche dell’anno, al nostro

centro di Molassana, organizziamo delle feste a cui tutti possono partecipare. Gli incontri vengono animati da conferenze, danze e canti trascendentali. Chi vorrà intervenire avrà l’occasione di conoscere l’antica saggezza dell’India. Inoltre potrà gustare le succulente specialità vegetariane che sempre offriamo gratuitamente ai partecipanti, durante il banchetto della sera. Tutti sono invitati! Per maggiori informazioni e contatti: Via Rio Torbido 3 16165 Genova Tel. 3476217898, 3465173335 email harekrishnagenova@gmail. com www.facebook.com/harekrishna. genova

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FLAVIO GAGGERO,

UN GRANDE GENOVESE TANTI GLI APPUNTAMENTI ORGANIZZATI DAL DENTISTA DEI FAMOSI, MOLTO CONOSCIUTO PER LE SUE ATTIVITÀ BENEFICHE. IL PROSSIMO IL 17 LUGLIO, L’OMAGGIO A DON GALLO Di Virgilio Pronzati

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l dottor Flavio Gaggero è conosciuto come il dentista di personaggi famosi ma anche dei meno abbienti. Sembra un refuso ma non lo è: spesso dei dentisti si dice che dopo aver messo le mani in bocca al paziente… gliele affondino nelle tasche. Ma non è il caso di Flavio Gaggero, che anzi, oltre a lavorare con straordinaria passione e professionalità, occupa parte del suo tempo per curare persone indigenti e realizzare manifestazioni e spettacoli a favore di persone disagiate, con handicap, che vivono in quartieri difficili e anche poveri immigrati. Gaggero pegliese DOP, contribuisce da sempre all’ottenimento di apparecchiature mediche per la comunità, e al ripristino di monumenti e varie opere che caratterizzano la sua delegazione. Il suo studio a Pegli è frequentato da autentiche celebrità come Beppe Grillo, Gino Paoli, Adriano Celentano, Renzo Piano, Anna Proclemer, Giorgio Albertazzi, Ornella Vanoni, Paolo Villaggio e tantissime altre. Tra chi non c’è più, anche l’amico e indimenticato Don Andrea Gallo, cui Flavio Gaggero dedicò le ultime manifestazioni pegliesi. Alcuni, come Paoli e Piano, Gaggero li conosce sin da ragazzo frequentando la stessa scuola. Personaggi e amici che Flavio Gaggero ha coinvolto nelle sue iniziative benefiche. Con la somma dei biglietti venduti nelle varie manifestazioni con la presenza

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Nella pagina a fianco: Flavio Gaggero tra Arnaldo Bagnasco e Beppe Grillo Qui a sinistra: Flavio Gaggero con Don Andrea Gallo.

gratuita di notissimi artisti, Gaggero, a settantanove anni compiuti, continua a realizzare opere, aiuti e sostegni per la comunità. Da prima pagina la manifestazione a sostegno degli alluvionati genovesi orgnizzata alcuni anni fa da Carlo Besana con la regia di Gaggero al CEP di Prà. Un quartiere popolare con forti tensioni sociali, dove Gaggero fece addirittura cantare Adriano Celentano (dopo anni) e Biagio Antonacci. Poi le serate “Stelle sotto le Stelle” a Pegli. Nel 2003 Beppe Grillo, Gino Paoli e Carola Stagnaro hanno letteralmente entusiasmato il pubblico presentando da par loro Arnaldo Bagnasco e Attilio Corsini. In tempi più recenti e dedicata a Don Gallo quella svoltesi all’insegna della musica e gastronomia, dove artisti genovesi e non sono stati applauditi da alcune migliaia di persone. Come di consueto l’incasso fu destinato in beneficenza. Un altro evento voluto da Gaggero e che sarà ricordato per lungo tempo, il Memorial Arnaldo Bagnasco al Politeama Genovese, con la straordinaria performance di Beppe Grillo e Gino

Paoli, con la presenza di moltissimi artisti venuti a rendere omaggio all’amico e maestro Arnaldo Bagnasco. In quell’occasione, la somma ricavata servì all’acquisto di alcuni defibrillatori per le Pubbliche Assistenze genovesi. A questa se ne aggiunsero altre, sempre finalizzate a scopi umanitari e sociali. Tornando ai nostri giorni, il 17 luglio prossimo ci sarà un altro evento sotto le stelle. Serata all’insegna dell’amicizia e della solidarietà come voleva Don Gallo, con tanta musica, gastronomia e un grande spettacolo. A esibirsi il popolare comico Fabrizio Casalino, il bravo tenore del Carlo Felice Daniele Facci, per i più giovani e non solo, il dinamico e simpatico rapper Luca Caviglia e, non ultimo, la partecipazione de I Trilli. Un consiglio: non mancate per nessun motivo. Chiudendo il pezzo, parlando del Dott. Gaggero, mi vengono spontanee due cose. La prima è il piacere di avere conosciuto una persona di straordinaria sensibilità, bontà e onestà intellettuale. La seconda, data la sua proverbiale modestia, il suo sicuro rimprovero per avere scritto più su lui che sugli altri.

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VINI NATURALI ALL’EX BORSA DI GENOVA

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300 VINI DI 70 PRODUTTORI PER L’EDIZIONE 2016 DI VINNATUR. IN SCENA I VINI CHE RISPETTANO L’AMBIENTE E LA SALUTE SIA DEL PRODUTTORE CHE DEL CONSUMATORE INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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’edizione 2016 di VinNatur si è svolta dal 7 all’8 febbraio alla Sala delle Grida del Palazzo della Borsa Valori di Genova, richiamando non meno di duemila visitatori. Un pubblico in gran parte competente, composto soprattutto da enologi, enotecari, ristoratori, onavisti, sommelier Ais, Fisar, Fis e enoappassionati, tra cui moltissimi giovani che, oltre ad assaggiare i tanti vini presentati, hanno dialogato con i produttori ponendo domande sull’Associazione, le vendemmie, le vinificazioni e l’affinamento dei vini. Non è un caso l’interesse dei più giovani per questi prodotti, ed è risaputo che il nostro Paese è al primo posto in Europa per i prodotti biologici. Se qualche anno fa i cosiddetti vini naturali non erano molto conosciuti e apprezzati, oggi, sensibilmente migliorati, riscuotono interesse e un crescente consumo. Per la legge, va notato a margina, il termine “vino naturale” non è consentito, ma serve a rendere chiaro a tutti il concetto. Quella dei vini naturali è una filosofia produttiva consapevole ed evoluta: produrre vini naturali significa infatti agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina. In altre parole, l’abolizione dell’uso di pesticidi, diserbanti, concimi chimici e altri prodotti di sintesi nella coltivazio-

ne della vite, rispettando l’ambiente e la salute sia del produttore che del consumatore. Da qui l’uso del termine “naturali”. Scelte consapevoli, ma spesso onerose: nelle annate difficili, i vini naturali possono avere anche costi raddoppiati. Questo sistema produttivo, inoltre, permette al vino di mantenere le caratteristiche varietali del vitigno e del suo terroir. Riuniti nell’associazione VinNatur, gli oltre 170 produttori di ben sette Paesi europei hanno in comune le stesse finalità: VinNatur investe le proprie risorse e riserva particolare attenzione alle necessità dei viticoltori associati nel rispetto dei consumatori finali. Scopo dell’associazione è anche quello valorizzare e far conoscere i propri vignaioli, di promuovere la ricerca scientifica e divulgare la conoscenza di tecniche naturali e innovative. Ma se i vini naturali sono più digeribili per la poca o nulla aggiunta al vino di anidride solforosa e altri additivi, e per questo incontrano un crescente consenso dei consumatori, quali sono le differenze organolettiche che li contraddistinguono dai cosiddetti convenzionali? Alla vista si equivalgono, benché spesso siano di sufficiente limpidezza rispetto agli altri. Netta invece la differenza al naso: quelli naturali hanno profumi piacevoli ma più semplici, immediati e varietali, mentre i convenzionali possono avere la stessa intensità e persistenza, ma complessivamente sono più compositi

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Nella pagina a fianco: Il presidente di Vinnatur Angiolino Maule con il nostro Pronzati Qui sotto: Angiolino Maule Presidente di VinNatur e l’ enologo Giancarlo Stellini, con i sommelier Fisar di Genova Simona Venni Segretario, Enrico Ferraro, Silvana Salomoni e Roberto Magnone. Nella pagina successiva, al Palazzo della Borsa di Genova: parte dei visitatori e l’opera di Nadia Pillon


e complessi. I naturali in bocca sono generalmente piacevoli e invitanti, pieni e continui con retrogusto fruttato-varietale, con un’acidità volatile spesso marcata, ma minore in quest’ultimi anni. Gli altri vini in generale sono omologati. Se di qualità, esprimono maggiore complessità. Passando al tasting degli oltre 300 vini dei 70 produttori presenti in questa due giorni, in scena sono andati i prodotti di 13 regioni italiane e, in minor parte, di sei francesi, di una portoghese e una slovena. Dalle mie personali valutazioni, gran parte dei vini presenti (sicuramente migliori rispetto a qualche anno fa) era di livello medio-buono. Molti hanno marcato vitigno e territorio, una parte armonia e qualità. Un quarto si sono espressi con invitante semplicità. Pochi quelli con difetti all’olfatto e al sapore. Indicativa la presenza della stampa specializzata e non: una manifestazione voluta a Genova (e per tutta la Liguria) che, come sostiene Angiolino Maule, presidente di Vinnatur, vuole gratificare

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la sensibilità dei liguri nei confronti di questi vini. Durante gli assaggi, in una apposita sala, sono state offerte golosità coe i formaggi del Caseificio Vallenostra di Mongiardino Ligure, i salumi del Salumificio Torrigino di Vobbia, le bruschette di Ai Troggi, dal pesto de Il Genovese e di pani d’autore di Alessandro Alessandri. Un meritato elogio agli allievi dell’Ipssar Marco Polo di Genova per la professionale collaborazione. Nel concorso on-line per la scelta delle immagini da utilizzare ogni anno nella comunicazione dei due saloni, di Genova e di Villa Favorita, ha vinto la brava e giovane artista Nadia Pillon. Infine una graditissima novità: in 15 locali genovesi, esperti e appassionati di vino hanno avuto il piacere di assaporare deliziosi aperitivi e piatti in compagnia di vari vigneron di VinNatur. Infine, per i veri appassionati, un’altra irrinunciabile edizione di Vinnatur in Veneto: dal 9 all’11 aprile degustazione di vini naturali a Villa Favorita di Monticello di Fara a Vicenza.


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CROCCANTISSIMO

CRACCO RICORDO DI UNA CENA STRAORDINARIA PRESSO IL RISTORANTE DEL GRANDE CHEF BISTELLATO, CON UN OMAGGIO ALLE MALDIVE Di Alessia Ramusino

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’ambiente è sobrio ed essenziale, un minuscolo ingresso induce a non sostare e dilungarsi in banali convenevoli ed invita ad afferrare la ringhiera d’acciaio che accompagna la discesa dei piani di scale in una forra perfettamente quadrangolare, scandita da divisori bianchi e una boiserie di gusto giapponese, che costringono la visuale in una sorta di corridoio ottico impedendo così di scoprire tutto subito. Un andirivieni di personale silenzioso e discreto che appare e scompare magicamente dietro pareti di legno, aprendo e chiudendo porte segrete di piccoli vani insospettati. Scendo le scale e sale la curiosità... Posando il soprabito, intravedo una sorta di terrazzina panoramica da cui si gode la splendida vista delle tavole imbandite per la serata Kanuhura: un resort che ci porta fino alle Maldive. I corredi delle tavole, realizzati da Giovanna Locatelli, rievocano infatti i colori e le sensazioni delle isole: sinuose cime turchesi annodano i tovaglioli, girano attorno a piccole e grandi candele accese su specchi che danno l’idea dell’acqua e manciate scarse di sassolini bianchi ricordano le spiagge di sabbia candida. Ci sediamo e ha inizio un nuovo capitolo della serata. Il menu è appoggiato nel piatto di servizio:

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Aperitivo di benvenuto: Patate e sfoglie di riso Foglie croccanti di shiso Verdure essiccate al naturale Insalata russa caramellata Sono disorientata. Sicuramente le aspettative giocano un ruolo fondamentale nel come si affrontano gli eventi, ma il mio sentirmi confusa non era dovuto tanto al fatto che mi aspettassi qualcosa in stile Maldive e quindi non improbabili rielaborazioni di cucina internazionale, ma piuttosto perché l’aperitivo, pur davanti ai miei occhi, non riuscivo a distinguerlo. Giro lo sguardo attorno a me e vedo altri commensali con la medesima espressione dubbiosa e perplessa: che cosa si fa? Si chiede, rischiando di scatenare l’ilarità generale, o ci si affida a qualche scafato milanese che le sa tutte e che comincia a sgranocchiare quelle che avrei giurato fossero le decorazioni della tavola. Più che aperitivo di benvenuto, lo avrei intitolato “Caccia all’aperitivo”: cercate di rintracciare sulla tavola qualcosa di commestibile. Qualcuno è riuscito ad addentare persino una candela… Evviva, qualcosa di familiare, l’insalata russa! Sì, ma caramellata: e come la mangio? Non ci sono posate. Mi guardo intorno e gioco d’astuzia, aspetto che comincino


gli altri. Ecco un elegante invitato che si avventura, la prende delicatamente tra pollice ed indice portandola alla bocca e scronch, la calotta di zucchero si frantuma e l’insalata russa rotola tra le dita, che con una mirabile acrobazia la trattengono e la fanno ricadere nel piatto; il nostro eroe si accorge di aver catalizzato gli sguardi attenti degli astanti rassegnati alla medesima sorte. La cena prosegue con piatti meno rocamboleschi e di impatto scenico pur rimanendo sul file rouge della ricerca di sposalizi con contrasti di sapori e di colori. Così è la volta di una crema di castagne, lenticchie e frutto della passione seguita da un’insalata di finocchi, arance e scampo, poi un risotto con pomodori verdi, pinoli tostati e capesante ricoperto da un velo rosso di polvere di barbabietola. Un solo secondo: filetto di maiale dorato alla radice di liquirizia con sedano rapa e sedano verde. Dessert al cioccolato al latte e rose caramellate. Infine piccola pasticceria. Naturalmente non potevano mancare i vini, gentilmente messi a disposizione dall’azienda Aneri di Legnago in provincia di Verona. Il celebratissimo Prosecco di Valdobbiadene è protagonista dell’aperitivo, dalla spuma sottile e persistente esalano i profumi di acacia e di fiori campestri, facile e di incontro. Con i primi viene servito il vino bianco Leda Alto Adige doc, annata 2011, dall’uvaggio internazionale del Pinot bianco, Chardonnay, Sauvignon, Muller Thurgau; e sul filetto di maiale un Pinot nero Alto Adige doc 2009. Al di là dei gusti, delle mode, delle ricette, opinioni, tradizioni, innovazioni, col senno di poi, quel che resta è la sensazione di aver partecipato ad uno spettacolo. Ritengo che anche la cucina possa essere vissuta come forma di espressione artistica e pertanto per uscire da ogni polemica cerco una spiegazione che in parte mi soddisfi. Propongo una distinzione, dandone una nuova accezione, tra i termini cuistot e chef, dove il primo è colui che rispetta le preparazioni base di cucina, ricerca le tradizioni, propone piatti convenzionali ed il secondo è un creatore, un artista, un innovatore che sperimenta combinazioni che danno vita più che al piatto ad un viaggio sensoriale, emozionale, di colori, profumi, aromi

e sensazioni tattili. Sotto questa ottica mi inchino al successo dello chef Cracco, riconoscendo l’impronta del maestro, il guru italiano della cucina Gualtiero Marchesi, presso cui Cracco ha studiato e l’estro del grande francese Alain Ducasse che gli ha dato indubbiamente il tocco di classe. Chapeau! Il leit motiv della serata risuona ancora nelle mie orecchie: l’incessante croccare dei croccantissimi grissini… Croccavano le patate e le sfoglie di riso, croccavano le foglie croccanti di shiso, croccavano le verdure essiccate e pure l’insalata russa nell’inconsueto involucro di croccante caramello. Croccavano gli infidi semi del frutto della passione, i finocchi con lo scampo e i pinoli tostati nel risotto croccava pure il sedano verde e la rosa caramellata del dessert. Serata di poetica croccantezza!

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Cinzia Tosetti con i sei vincitori

LIGURIA NEL SEGNO DEI TRE BICCHIERI D Di Virgilio Pronzati INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

a oltre una decade, la produzione vinicola ligure tende a diminuire lentamente di anno in anno, anche se nel 2015 c’è stato un incremento del 3%, con la produzione che si è attestata su circa 66 mila ettolitri. Anche se ben lontani dal mezzo milione di ettolitri del 1970, un piccolo dato positivo s’è quindi visto, ma il calo generalizzato di tendenza si registra in tutta Italia. Le ragioni stanno nell’attuale sistema di vita e nella mutata alimentazione; il vino è

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da considerare calorico e energetico, e un suo consumo moderato e consapevole apporta benefici effetti al nostro corpo (basti pensare al resveratrolo contenuto). Oggi però le notizie della stampa sono contrastanti, e si passa da un estremo all’altro nel valutare il ruolo del vino per il benessere e la salute umana. Notizie attendibili arrivano dai ricercatori dell’Università della Florida, che hanno identificato una delle vie molecolari che il resveratrolo utilizza per produrre la sua azione be-


PREMIATI I MIGLIORI VINI SELEZIONATI DAL GAMBERO ROSSO AL NH HOTEL COLLECTION DI GENOVA nefica: riduzione del colesterolo LDL, prevenzione delle malattie cardiache e cardiovascolari, infiammazione organica e nel controllo del metabolismo. Lasciando il campo medico a persone ben più qualificate di noi, il vino è sicuramente un prodotto che non solo completa l’alimentazione ma la rende assai più gradevole, e come capita per quelle dedicate a ristoranti e alberghi oggi c’è grande attesa ed interesse per le guide del vino. Tra le varie pubblicazioni del settore, spicca per diffusione e autorevolezza quella dei Vini d’Italia del Gambero Rosso. Tutti o quasi i produttori liguri e nazionali ne acquistano almeno una copia: esserci non è solo una gratificazione o uno stimolo a migliorare, ma una forma d’immagine che si proietta positivamente nell’economia aziendale. L’evidenza è lapalissiana: chi ha preso gli agognati tre bicchieri aumenta di molto la vendita dei vini premiati. E è proprio dalla guida dei Vini d’Italia che arrivano notizie confortanti sulla produzione vinicola ligure. Anche se è diminuita la la quantità, infatti, è aumentata la qualità. I vini di varie aziende del Ponente e del Levante sono oggi presenti nelle carte dei vini di ristoranti stellati e note enoteche nazionali, e con l’attuale edizione del Gambero Rosso ben sei vini hanno ottenuto il massimo riconoscimento,

mentre altri diciannove si sono aggiudicati i due bicchieri.Ma chi seleziona i vini liguri per la guida Vini d’Italia del Gambero Rosso? Quattro esperti validi e preparati. In primis Cinzia Tosetti, responsabile per la Liguria della guida “Vini d’Italia” del Gambero Rosso Editore Liguria, giornalista di settore e membro della Commissione d’assaggio della Camera di Commercio genovese per i vini Doc Golfo del Tigullio-Portofino e Valpolcevera. Poi Carlo Ravanello, presidente della Commissione d’assaggio camerale per gli stessi vini citati, nonché giornalista e relatore nei corsi Onav e di quelli indetti della CCIAA genovese; Massimo Ponzanelli, delegato Onav per la provincia di Genova; e Simona Silvestri, anche lei assaggiatore dell’Onav. Questi i sei vini premiati: Colli di Luni Doc Vermentino Etichetta Nera 2014 delle Cantine Lunae Bosoni - Ortonovo (SP);Colli di Luni Doc Vermentino Il Chioso 2014 del Conte Picedi Benettini - Arcola (SP); Colli di Luni Doc Vermentino Il Maggiore 2014 di Ottaviano Lambruschi - Castelnuovo Magra (SP); Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato U Baccan 2013 di Riccardo Bruna - Ranzo (IM); Riviera Ligure di Ponente Pigato Doc Albium 2013 di Poggio dei Gorleri - Diano Marina (IM); Dolceacqua Doc Posaù

I “Tre Bicchieri” liguri Colli di Luni Doc Vermentino Etichetta Nera 2014 delle Cantine Lunae Bosoni - Ortonovo (SP) Colli di Luni Doc Vermentino Il Chioso 2014 del Conte Picedi Benettini - Arcola (SP) Colli di Luni Doc Vermentino Il Maggiore 2014 di Ottaviano Lambruschi - Castelnuovo Magra (SP) Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato U Baccan 2013 di Riccardo Bruna - Ranzo (IM) Riviera Ligure di Ponente Pigato Doc Albium 2013 di Poggio dei Gorleri - Diano Marina (IM) Dolceacqua Doc Posaù 2013 di Maccario Dringenberg - San Biagio della Cima (IM)

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Sotto: Cinzia Tosetti con le altre Donne del Vino e la D.ssa premiata Maria Luisa Garré , UOSD Neuroncologia dell’ Ospedale Gaslini di Genova. Nella pagina a fianco: il NH Hotel Collection di Genova.

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2013 di Maccario Dringenberg - San Biagio della Cima (IM). Neanche farlo apposta, risultano tre per il Ponente e tre per il Levante. Benché siano tutti di buon livello qualitativo, ci sono da fare alcune considerazioni. Quelli del 2013 hanno espresso un maggiore armonia. I vini del 2014, annata abbondante ma estremamente difficile, hanno evidenziato una sensibile freschezza (per acidità fissa) e, di conseguenza, minore equilibrio. Ma è stato giusto premiarli: per ottenerli, ci sono voluti maggior impegno nel vigneto e cure in cantina da parte dei produttori. Infine, quest’anno c’è stata una gradita new entry, quella del Conte Picedi Benettini. La presentazione e la successiva degustazione dei sei vini premiati è avvenuta lo scorso 5 ottobre nel raffinato e suggestivo salone del NH Hotel Collection situato nel cuore del Porto Antico di Genova. Alla regia e conduzione della riuscita serata la brillante Cinzia Tosetti. Dopo gli

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assaggi, promosso dalla Delegazione Ligure delle Donne del Vino, c’è stato un momento significativo dedicato ai valori sociali e culturali. Valeria Fazio, delegata regionale delle Donne del Vino, ha premiato la Dott.ssa Maria Luisa Garré - UOSD Neuroncologia dell’Ospedale Gaslini di Genova, per l’alta professionalità e dedizione profuse nel suo difficile lavoro. Sul fronte del vino, consegnati gli attestati ad altri due vignaioli: Maria Mornata dell’Azienda Agricola Valdiscalve di Levanto, per l’incrollabile fede, avendo lavorato per otto lunghi anni in condizioni precarie, con la determinazione di realizzare un sogno, oggi realtà: la costruzione della sua cantina. E poi Gianluigi Careddu dell’Azienda Agricola i Cerri di Carro (SP), per il costante impegno e che, sebbene escluso dalla guida per “motivi tecnici” e non dalla qualità del vino, continua a credere nel futuro con immutati impegno e convinzione. Degna conclusione della serata con la


cena servita nel raffinato ristorante del NH Hotel Collection, dove ai piatti sono stati abbinati ben trentacinque vini prodotti da ventitré aziende. Tra gli ospiti, numerosi produttori e, per le Donne del Vino, Paola Calleri, Valeria Fazio e Alessandra Pocaterra. Ecco i 35 vini di cui 19 premiati con due bicchieri che hanno accompagnato i vari piatti realizzati dagli chef del Collection. Biovio: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Albenganese Bon in da Bon 2014 * - Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Albenganese Ma Renè 2014 * Bruna: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Le Russeghine 2014 * Cooperativa Cinque Terre: Cinque Terre Doc Costa da Posa 2014, Cinque Terre Doc Sciacchetrà 2012 * Cantine Bregante: Portofino Doc Cà du Diau 2014 e Portofino Doc Moscato 2014 Cantine Calleri: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Albenganese 2014 * - Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino I Muzzazzi 2014 Conte Picedi Benettini: Colli di Luni Doc Vermentino Stemma 2014 Fontanacota: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato 2014 * - Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2014 Guglierame: Ormeasco di Pornassio Doc Sciac-trà 2013 Il Torchio: Colli di Luni Doc Vermentino Il Torchio 2014 * Kà Manciné: Dolceacqua Doc Galeae Ange 2013 * La Baia del Sole: Colli di Luni Doc

Vermentino Sarticola 2014 * - Colli di Luni Doc Vermentino Solaris 2014 * Colli di Luni Doc Gladius 2014 - Colli di Luni Doc Terra d’Oriente 2009 La Pietra del Focolare: Colli di Luni Doc Vermentino Villa Linda 2014 * La Vecchia Cantina: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Albenganese 2014 * - Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino Albenganese 2014 Lunae Bosoni: Colli di Luni Doc Vermentino Etichetta Grigia 2014 * - Colli di Luni Doc Vermentino Cavagino 2013 * Maccario Dringenberg: Dolceacqua Doc San Biagio della Cima 2014 Maixei: Dolceacqua Doc 2014 * Ottaviano Lambruschi: Colli di Luni Doc Vermentino 2014 * - Colli di Luni Doc Vermentino Costa Marina 2014 Podere Grecale: Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2014 Poggio dei Gorleri: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Cycnus 2014 * Rondelli Roberto: Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Vigna Ciotti 2014 * - Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2014 - Dolceacqua Doc Migliarina 2012 Terre Bianche: Dolceacqua Doc 2014 * Valdiscalve: Colline di Levanto Doc Terre del Salice 2014 Zangani: Colli di Luni Doc Vermentino Boceda 2014 * vini premiati con due bicchieri

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Alessia Ramusino

MUSICA NEL BICCHIERE I MILLE LEGAMI CHE UNISCONO MUSICA E VINO DALL’ANTICHITÀ SI RITROVANO NEI MIGLIORI NETTARI MODERNI Di Alessia Ramusino INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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Libiamo, libiamo ne’ lieti calici», canterebbe Alfredo nella Traviata. proprio così, brindiamo: e non appena i calici di cristallo si sfiorano, vibrano le note acute e giulive di gaudio e di glorie. E la natura è così perfetta che ogni calice intonerà un diverso suono, unico, originale, come ogni bottiglia che si stappa dà respiro ad un vino che ha caratteristiche proprie, diverse persino dalle sorelle gemelle riempite con i frutti della stessa vendemmia, stessa annata, stessa lavorazione. Questo connubio tra musica e vino era celebrato fin dall’antica Grecia dove risuonava l’aulos, quel curioso strumento a fiato ad ancia, utilizzato durante il sacro culto di Diòniso, dio del vino, dell’ebrezza e dell’incantamento. Musica e vino quindi indissolubilmente legati: dalla celebrazione dei Fasti, memorie di fatti gloriosi dell’antica Roma, di brillanti successi politici e di luminose pagine d’arte, sono il frutto di pura e sublime emozione, di duro lavoro e di grande passione, di amore viscerale per la creatura a cui si darà la vita. Sono due mondi che spesso per descriversi utilizzano terminologie del tutto simili: leggerezza, eleganza, armonia sono vocaboli perfetti per un’incantevole sonata, e li si ritrova durante le degustazioni, nella scheda analitico-descrittiva utilizzata per la valutazione di un vino. E di rimando intensità, persistenza e qualità, terminologie ritenute tra le caratteristiche fondamentali dell’esame gusto-olfattivo della bevanda degli dei, si adattano perfettamente alla descrizione del suono di un’orchestra sinfonica. Scorrono le note sul pentagramma come le catene dei simboli delle reazioni chimiche che fanno nascere e crescere l’opera ultima. Le note come le molecole si uniscono in legami. E allora sono certa di percepire il gusto raffinato ed elegante di una buona musica e di ascoltare il suono rotondo e compiuto di un buon vino armonico. Il gusto della musica ed il suono del vino. Se prendessimo davvero questi parametri per la valutazione di queste due opere indubbiamente bocceremmo tanta musica e squalificheremmo tanti vini. Se la musica fosse una bevanda dove gli ingredienti fossero messi a caso, senza quantitativi specifici e senza una reale omogeneità di sapori, sicuramente la sputeremmo. Come, di contro, non saremmo disposti ad ascoltare un vino le cui sonorità fossero aspre, mal coordinate e poco armoniche. Avete mai ascoltato il Cristal di Louis Roederer? Beh, che dire: ècome assistere al Requiem di Mozart eseguito dall’orchestra diretta da Von Karajan. La cuvée de prestige di Roederer è il simbolo dell’eleganza, di fama meritata, è preziosa certamente per la qualità intrinseca ed oggettiva del vino. Il Cristal è prodotto con le uve dei migliori vigneti delle proprietà: il 60% sono biodinamiche, i vini sono fermentati in legno per il 25% e non svolgono mai la malolattica, l’assemblaggio vede il Pinot Noir leggermente prevalente sullo Chardonnay. E allora mi piace pensare al perlage come a quell’incantevole danza che fanno leggiadre le bollicine al ritmo scoppiettante e spumeggiante di un grande champagne, risalendo e volteggiando nei delicati fluttui di una flûte. Ma d’altro canto cosa aspettarsi da una compositrice di musica sommelier?


PROGETTO RADICAL: SERVIZI INTELLIGENTI PER UN FUTURO ECO

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l Comune di Genova, durante Radical Life, propone ai suoi cittadini due nuovi servizi intelligenti per migliorare l’eco-consapevolezza tra gli abitanti. I servizi che il Comune ha scelto appartengono alle categorie mobilità e ambiente: uno per a ridurre l’emissione di CO2 e a sviluppare eco abitudini per una città più pulita, l’altro spostato declinato verso l’ambiente, categoria più generale, per proporre modelli di comportamento eco friendly. I due servizi sono strettamente correlati. Le attività proposte per le KM 0 Eco Habits for a cleaner city erano strumenti rivolti ai cittadini per renderli più consapevoli verso le eco-abitudini. Gli utenti hanno la possibilità di vedere attraverso i vari sensori e i servizi sul sito web quanta CO2 consumano e possono scegliere il percorso più “sostenibile”. La ECO GENOA: Artificial Eco consciousness Town è finalizzata a fornire strumenti ai cittadini che

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vogliono avere uno stile di vita ecosostenibile, grazie a un portale dove trovare pillole di conoscenza eco informative su diversi aspetti. Attraverso le esperienze di Living Lab Approach i cittadini hanno avuto l’opportunità di scambiare buone pratiche e abitudini legate al tema e dare suggerimenti circa i servizi attraverso loro stessi. La lezione principale appresa è che l’approccio intelligente va di pari passo a un cambiamento culturale tra i cittadini; questo tipo di approccio è più facile per le giovani generazioni rispetto a quelle più anziane, sebbene i giovani non lo abbiano usato in modo costante, ma solo per testarlo. I gruppi familiari mostrano maggiore interesse verso questi servizi perché si sentono loro stessi responsabili per l’educazione dei loro figli. Inoltre si è appreso che i servizi intelligenti necessitano molto tempo per essere apprezzati da un gran numero di cittadini in un’area metropolitana perché gli stimoli sono

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troppi. Probabilmente un processo intelligente dovrebbe iniziare in una zona di destinazione e poi da lì si dovrebbe diffondere a macchia d’olio. In ogni caso il Progetto Radical ha aiutato il Comune di Genova nella sensibilizzazione e nella costruzione di uno stile di vita intelligente per una migliore qualità della vita degli abitanti.

I servizi Radical Miglioramento della sicurezza in bicicletta Applicativo per fornire un percorso in bicicletta di sicurezza per i cittadini. Gestione della carbon footprint Applicazione di calcolo della carbon footprint, con i dati sulle prestazioni ambientali dei veicoli per i cittadini attraverso i media e un servizio per vendere prodotti agricoli e organizzare gli acquisti eco-compatibili, con un’organizzazione più logica di trasporti e collegamenti tra città.


Data-journalism basato sugli oggetti Strumento di condivisione di contenuti sui Social Media, che fornisce un servizio di data journalism. Questa applicazione incoraggia e agevola lo scambio di informazioni e di dialogo tra i cittadini e la città. Urbanistica partecipata Strumento di reporting mobile/web per fornire migliori servizi della città ai cittadini, consentendo loro di comunicare e segnalare eventi che si verificano in città. Realtà aumentata Un’applicazione che fornisce in tempo reale informazioni di realtà aumentata culturale e turistica permettendo ai turisti e ai cittadini di ricevere informazioni in modo più semplice e veloce. Propagazione di un modello di eco-coscienza Applicazioni per smartphone e web che forniscono servizi di sensibilizzazione ed eco-coscienza ai cittadini. Questa applicazione informerà i cittadini sul modo corretto di gestire i rifiuti incombrandi, migliorando la qualità della vita. Dati sui flussi pedonali Questa applicazione fornisce servizi per i Comuni e le aziende di trasporto che utilizzano l’analisi in tempo reale per i dati trac della città, con l’idea di “Meno trac, vita migliore per i cittadini”

Una soluzione innovativa La piattaforma Radical è in grado di fornire dati coerenti dalle reti sociali e dai sensori.

I nostri partner Il progetto riunisce 17 partner, tra cui: Città e regioni: Aarhus (Danimarca), Atene (Grecia),Cantabria (Spagna), Gaziantep (Turchia), Genova (Italia), Issy-les-Moulineaux (Francia), Santander (Spagna). Università: Università di Aarhus, Universidadde Cantabria, Università Tecnica Nazionale di Atene (NTUA). Laboratori di ricerca: Atos, Tages. PMI europee: Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, Elgi Srl, Niji, la tecnologia relazionale SA, RFID Specialisten.

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FOCACCIA DI RECCO, FINALMENTE L’IGP

PRESSO LA SALA DELLA GRIDA DELLA BORSA DI GENOVA I FESTEGGIAMENTI PER LA SOSPIRATA INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA Nella foto: Il gruppo di produttori della Focaccia di Recco col formaggio IGP con la vicepresidente della Regione Liguria Sonia Viale e il Presidente CCIAA Paolo Odone

Di Virgilio Pronzati INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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Genova l’11 novembre 2015 sarà ricordato per la Focaccia di Recco col formaggio IGP. Una golosità che ha superato l’usura dei tempi e il variare delle mode ed è oggi sempre più conosciuta e mangiata. A differenza della pizza, la Focaccia di Recco col formaggio ha sempre mantenuto le sue caratteristiche peculiari, varcando via via i confini regionali e nazionali e diventando popolare anche all’estero. Un traguardo meritato, frutto dell’incessante attività promozionale del Consorzio che raggruppa i ristoratori e i panificatori di Recco, Camogli, Sori e Avegno. Per festeggiare al meglio il conferimento dell’Indicazione Geografica Protetta, riconoscimento che la proietta tra i prodotti d’eccellenza d’Europa, il Consorzio ha

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scelto la Sala della Grida della Borsa di Genova, una location d’eccezione che per anni siglò i momenti più favorevoli dell’economia cittadina. Oltre alla stampa e agli operatori commerciali del settore, sono intervenuti alcuni personaggi di spicco come i presidenti Giovanni Toti della Regione Liguria, Paolo Odone della Camera di Commercio cittadina e Sonia Viale, vice presidente della Regione. Entrambi i presidenti hanno sottolineato la straordinaria opera del Consorzio nel valorizzare la ristorazione regionale, proiettandola nell’ambito nazionale con notevole ricaduta d’immagine e economica sul territorio. A fare gli onori di casa Maura Macchiavello, presidente del Consorzio della Focaccia di Recco col formaggio e ristoratri-


ce, mentre a condurre brillantemente l’evento c’è stata Daniela Bernini che da anni, col marito Lucio, promuove tutte manifestazioni del Consorzio sia in Italia che all’estero. In tarda mattinata, la cerimonia di consegna degli attestati ai ristoratori e panificatori che da oggi hanno messo in commercio la Focaccia di Recco IGP ha concluso la prima parte ufficiale. Dal pomeriggio alla sera c’è stata la seconda parte dedicata alla stampa, con un itinerario goloso guidato da Daniela e Lucio Bernini, a toccare i locali associati di tre comuni diversi. Prima tappa a Camogli, nel panificio pasticceria Revello, una “bottega” che rappresenta al meglio la Focaccia IGP (e altre leccornie) in questa stupenda e solare cittadina. Il folto gruppo di giornalisti provenienti anche da diverse regioni ha dapprima assistito a tutte le fasi di preparazione della Focaccia di Recco IGP, per avere poi il piacere di assaporarla (più volte) appena uscita dal forno, seguita dai tipici canestrelli e dagli originali Camogliesi, specialità di Revello. Seconda tappa nella vicina Sori, da Edo Bar, anch’esso un locale

di riferimento della tradizionale focaccia e non solo. Il nome può ingannare, ma oltre che una piacevole sosta per bere un buon calice di vino e il caffè è un locale dove assaporare torte di verdura, ghiotti pansoti con salsa di noci e, come in quest’occasione, la mitica farinata e la classica focaccia di Recco col formaggio. Terza e ultima tappa a Recco, da due noti ristoranti del Consorzio Recco Gastronomica, Alfredo e Vitturin. Presso il primo, tre invitanti versioni di fragranti e saporose acciughe fritte impanate tradizionalmente, con farina di mais e con l’aggiunta di peperoncino, seguite dalla focaccia di Recco appena sfornata. Il tutto accompagnato da vini bianchi liguri Doc. Da Vitturin, ristorante inserito tra i locali storici d’Italia, una focaccia col formaggio al pesto. Una variante di quella tradizionale (qui ottima), realizzata apposta per i giornalisti ospiti, seguita da stoccafisso in umido, un classico della cucina genovese, abbinati rispettivamente a Pigato e Ormesco Sciac-trà Doc e, per finire, un buon semifreddo. Tornando al tema iniziale, è doveroso

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Il Governatore della Liguria Giovanni Toti mentre parla della Focaccia di Recco col formaggio IGP


un breve ma significativo excursus sugli eventi che hanno portato la Focaccia di Recco col formaggio al prestigioso riconoscimento comunitario. Tutto iniziò circa dodici anni fa, con moltissime riunioni tra gli operatori del settore e con funzionari di Enti preposti per la creazione di un marchio che difendesse la focaccia di Recco dalle tante imitazioni, oltre a tantissime altre iniziative. Poi la svolta col progetto e il disciplinare per richiedere l’IGP da far prima approvare in regione e, in caso positivo, anche al Ministero preposto. Poi le diverse interruzioni o modifiche nelle proposte di disciplinare da parte nazionale. La prima schiarita, dopo un lungo e meticoloso lavoro, risale al 2011, quando c’è stato il via definitivo all’istanza. Il 14 luglio di quell’anno, alle ore 12.00 a Genova presso l’Auditorium della Regione Liguria i dirigenti preposti del Ministero hanno convocato come da iter europeo la Pubblica Audizione per dare lettura del disciplinare di produzione e procedere alla sua approvazione, finalizzata alla richiesta di tutela della denominazione “Focaccia di Recco col formaggio”. In data 1° giugno 2013 la Comunità Europea ha provveduto alla Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del ricono-

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scimento IGP per la Focaccia di Recco col formaggio. Da qui il percorso, che sembrava più agibile, ha presentato non pochi ostacoli per le opposizioni da parte del Ministero dell’Agricoltura italiano e poi da operatori di stati esteri, giustamente respinte. Ecco le ultime date che hanno preceduto l’ottenimento della Indicazione Geografica Protetta per la Focaccia di Recco col formaggio: giovedì 4 dicembre 2014 , l’Unione Europea riconosce il diritto della Focaccia di Recco col formaggio a fregiarsi della tutela I.G.P.; mercoledì 14 gennaio 2015, l’IGP della Focaccia di Recco viene definitivamente iscritta nel Registro delle DOP e IGP Comunitarie; lunedì 2 febbraio 2015, con Provvedimento del 19 gennaio 2015, viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n° 26 del 2 febbraio 2015 la registrazione IGP, riconoscendo definitivamente alla focaccia di Recco col formaggio la tutela geografica europea nell’ambito dei Comuni di origine: Recco, Camogli, Sori e Avegno. Oltre a evidenziarsi per la qualità dei prodotti con cui è fatta artigianalmente, la Focaccia di Recco col formaggio IGP è solo fresca. Sono bandite per legge quelle precotte, surgelate, congelate e con altri sistemi di conservazione. A

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garanzia del consumatore, sul bordo della sfoglia superiore deve essere posta un’ostia a mo’ d’etichetta con l’indicazione “Focaccia di Recco col formaggio IGP”. Il controllo della qualità del prodotto è demandato alla Camera di Commercio di Genova.

Per una storia della Focaccia di Recco Si narra che in tempi lontanissimi la popolazione di Recco si rifugiasse nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei Saraceni. 
La possibilità di disporre d’olio, formaggetta e farina avrebbe fatto preparare una pasta ripiena di formaggio, cotta su pietre d’ardesia, e chiamata “Focaccia col Formaggio”. 
Secondo studi effettuati alla fine degli anni ’90, sembra che quest’ alimento esistesse già all’epoca della terza crociata. “Era la Pentecoste di rose dell’anno 1189… la cappella dell’Abbazia di San Fruttuoso accoglieva i crociati liguri per un solenne Te Deum prima della partenza della flotta per la Terra Santa… Sulle bianche tovaglie di lino ricamate facevano bella vista i piatti di peltro e di rame, zuppiere di ceramica e di coccio colme di ogni ben di Dio: pagnotte di farro ed orzo impastate con miele, fichi secchi e zibibbo, carpione di pesce, agliata, olive e una focaccia di semola e di giuncata appena rappresa (focaccia col formaggio)…” Alla fine dell’800, quando aprirono a Recco le prime trattorie, la Focaccia col Formaggio era proposta solamente nel periodo della celebrazione dei morti. Fu solo agli inizi del Novecento che, grazie all’intraprendenza di Manuelina, una ristoratrice del luogo, la focaccia col formaggio vide il suo sviluppo, diventando una golosità apprezzata tutto l’anno. Di quei tempi si ricorda che Guglielmo Marconi e l’Infanta di Spagna passavano da Recco anche per degustare la celebre focaccia locale. A oggi, i soci del Consorzio sono diciannove aziende con ventiquattro punti vendita. Ristoranti: Vitturin, Manuelina, La Villetta, Il Boschetto, Edo Bar, Del Ponte, Da O Vittorio, Da Lino, Angelo, Alfredo, la Focacceria Manuelina e Ai pesci vivi. Panifici e asporto: Moltedo Luisa, Moltedo G.B., Tossini, Tossini, Revello, U Fainotto e Tossini.


OTTO CONSORZI PER LE ANTEPRIME CARMIGNANO, MORELLINO DI SCANSANO, MONTECUCCO, BIANCO DI PITIGLIANO E SOVANA, MAREMMA TOSCANA, COLLINE LUCCHESI, VALDARNO DI SOPRA, CORTONA: I PROTAGONISTI DELLA PRIMA TAPPA ALL’INSEGNA DEI GRANDI VINI DI TOSCANA 73

Di Virgilio Pronzati


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hi scrive di vino, com’è noto, non può assolutamente mancare alle Anteprime Toscane, manifestazione di livello internazionale che presenta a stampa, buyers e operatori del settore le nuove e vecchie annate dei grandi vini della Toscana. La kermesse di otto giorni (quest’anno dal 13 al 20 febbraio) prende in esame i vini di vari consorzi, iniziando da quelli di minor produzione ma di gran pregio e passando poi ai più noti Chianti, Chianti Classico, Vernaccia di San Gimignano, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino. Sei tappe fondamentali nel tour tra i blasonati vini toscani. Prima tappa: l’Hotel Michelangelo di Firenze per la degustazione dei vini di 8 denominazioni, di cui tre Docg e cinque Doc. Tutti vini ricchi di storia e notorietà, più altri meno noti ma anch’essi di pregio. Si inizia col Consorzio Vini di Carmignano, con venti Carmignano Docg di cui sette Riserve con annate spazianti dal 2014 al 2006, dodici Barco Reale di Carmignano di cui sette del 2015 (cinque Rosato) e cinque del 2014, un Vin Santo di Carmignano 2008 e tre Toscana IGT con un bianco 2014

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e due rossi rispettivamente del 2012 e 2011. Per il Carmignano: giovani e leggermente disarmonici i 2014; dal medio-buono al buono (le Riserve) i 2013; ottimi i 2012; molto buono il 2010; interessante e pronto il 2008. Giovani ma invitanti i Barco Reale di Carmignano in particolare i 2015 Rosato. Sottili i 2014. Ottimo il Vin Santo del 2008. Negli Igt rossi, pieno e persistente il 2012, quasi pronto il 2011; piacevole, fresco e sapido il bianco. Cambiando provincia, e cioè passando da Prato a Grosseto, incontriamo il Consorzio Tutela del Morellino di Scansano che ha presentato ben 28 Morellino di Scansano DOCG con annate spazianti dal 2005 al 2014. Magri e corti i 2014, giovani e promettenti i 2013, buoni i 2012 e 2011 (in particolare le Riserve), ancora pieni e persistenti i singoli campioni di 2005, 2006 e 2009. In sintesi un buon livello. Fruttati e speziati, appena freschi ma pieni e giustamente tannici quelli Riserva. In alcuni casi c’era una sensibile morbidezza; in altri, un eccesso di legno. Della stessa provincia è il Consorzio del Montecucco Docg: una zona vocata, situata più all’interno e vicino all’Amiata,


in continua evoluzione. I ventotto vini presentati dal Consorzio Montecucco – di cui un solo Vermentino 2014 – con annate dal 2010 al 2014, hanno sì in comune il Sangiovese, ma con naturali differenze legate ai fattori pedoclimatici, l’altimetria in particolare. Una zona migliore anche per i bianchi. Complessivamente, ini freschi, sapidi, un po’ minerali, giustamente tannici, di buona struttura e persistenza. Dell’annata 2014 vini magri e disarmonici. Dal medio tendente al buono i 2013; buoni i 2012 e 2011; di buon equilibrio e finezza i due 2010. Sempre nel Grossetano, è stato poi il momento dei vini del Consorzio tutela Bianco di Pitigliano e Sovana. Il primo è una Doc storica, il secondo è del 1999. Sovana è una frazione del comune di Sorano, già inserito nella zona di produzione del Pitigliano; una volta da tradizionali vitigni toscani, oggi integrati con quelli d’oltralpe. Piacevoli e molto sapidi i bianchi Pitigliano del 2015 e discreti quelli del 2014. Giovani ma interessanti i rossi Sovana per bouquet e struttura. Una chicca: la brava sommelier al banco d’assaggio ci ha fatto degustare un Bianco di Pitigliano 2008, ancora perfettamente in piedi. Restando in zona, troviamo il Consorzio Maremma Toscana Doc che presenta otre cinquanta vini tra cui cinque Vermentino delle annate 2015 e 2014 di buon livello; un fruttato rosato 2015. Dai restanti quarantotto rossi, di annate varianti dal 2014 al 2011: ancora disarmonici i quattro 2014; giovani, polputi e promettenti i quindici 2013; di buon livello ed equilibrio i dodici 2012, di cui uno ottimo; pieni, fruttati e persistenti i 2001; fine e composito l’unico 2010. Una zona ampia ma vocata, in grado di dare ancora piacevoli sorprese. Saltando da Grosseto a Lucca, si passa al Consorzio dei Vini delle Colline Lucchesi Doc, una tra le prime Doc nate in Toscana, con ben 48 anni di storia (con successive modifiche nel disciplinare). In degustazione 18 vini di cui cinque bianchi, tre rosati e dieci rossi, spazianti dal 2015 al 2012. Dal buono al discreto i bianchi 2014. Piacevoli e molto freschi i rosati 2015 e 2013. Tra i rossi: buoni i 2013 e interessante e composito l’unico 2012. Passando alla provincia di Arezzo, troviamo il Consorzio Valdarno di Sopra Doc con presenti ventisette vini di cui solo tre bianchi, con annate che vanno

dal 2008 al 2015: vini ottenuti da vitigni tradizionali, con alcune eccezioni. Tra questi ben sei biologici. Piacevoli e varietali i bianchi 2012 e 2013; buoni il Vin Santo 2012 e il rosato 2015. Tra i rossi si passa da un discreto 2014 ai buoni 2013. Di maggior armonia e persistenza i 2012, 2011 e l’unico 2008, questi ultimi Riserve. Una piccola Doc con una grande storia, già citata nel Bando Mediceo del 1716. Della stessa provincia, infine, il Consorzio Vini Cortona che presenta diciassette vini tutti rossi, con annate che spaziano dal 2014 al 2010. Ben tredici da vitigni “foresti” e quattro da Sangiovese. Discreti i quattro 2014 giovani e varietali; Di buon futuro i sette 2013; buoni e fruttati i quattro 2012; Molto buoni i Syrah 2011 e 2010. Un compendio positivo e interessante, decisamente in crescita.

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Nella pagina precedente: Anteprime Toscane all’Hotel Michelangelo di Firenze. Al centro dello stand della Doc Cortona, Anna Cardin, miglior sommelier Fisar d’Italia 2015. Nella pagina a fianco, lo stand del Carmignano: da sinistra il giornalista Paolo Valdastri e l’ambasciatore del Carmignano Realmo Cavalieri


GO WINE A GENOVA CON L’OLTREPÒ’ SETTE AZIENDE PER IL PRIMO APPUNTAMENTO DEDICATO ALLA ZONA PIÙ PRODUTTIVA DI TUTTA LA LOMBARDIA ALLO STARHOTEL PRESIDENT Di Virgilio Pronzati

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a febbraio 2016 è iniziato il tour di Go Wine a Genova che, come sempre, ha sede nel prestigioso Starhotel President. Dopo il ricco calendario di eventi dello scorso anno che ha condotto a Genova vini di varie regioni italiane, Go Wine ha proposto in questo primo incontro i vini dell’Oltrepò Pavese, la più grande e produttiva zona vocata di tutta la Lombardia; una regione dal bagaglio storico importante, comprendente una Docg, sette Doc e un IGT. L’area di produzione si estende su13.200 ettari vitati, da cui derivano circa 800 mila ettolitri. Con oltre 3.000 ettari di Pinot Nero, l’Oltrepò Pavese è seconda nel mondo dopo la Borgogna, e da quest’area attinge da sempre la maggior parte di produttori italiani di spumanti classici e no. La prima spumantizzazione in queste terre risale infatti al lontano 1865, e non a caso, la Lombardia con l’Oltrepò Pavese si posiziona per estensione vitata tra i vertici nazionali e non solo. I vini sono prodotti da trecento cantine e millecinquecento produttori. I vini presentati da Go Wine in degustazione nei banchi d’assaggio provenivano da sette aziende agricole dell’Oltrepò Pavese: una gamma di sicura qualità per tutti i gusti e le tasche, dove spiccano, oltre ai vini da vitigni autoctoni, gli spumanti classici, con in testa il Cruasé. Positivo il giudizio sui vini emesso da tecnici, enotecari, ristoratori e addetti ai lavori (sommelier Ais e Fisar, onavisti e stampa). Tra un vino e l’altro, un goloso l’assaggio di Salame di Varzi DOP offerto dal Consorzio Vini dell’Oltrepò Pavese. Ecco le sette aziende con i rispettivi vini al banco d’assaggio:

mante Brut metodo classico. La Rocchetta di Mondondone - Codevilla - Tel 333/9864833 - info@ larocchettadimondondrone. com Gocce di Vento (Riesling), Gorgò vivace (Cortese e Riesling Italico), P Novis (Pinot Nero), Oltrebon (Croatina), Don Barbè (Barbera) e Moscandone (Moscato). Montini Luigi & Figli di Santa Giuletta - Tel 0383/899231 - infovinimontini@ gmail.com Oltrepò Pavese: Buttafuoco, Bonarda, Bonarda Riserva. Provincia di Pavia: Chardonnay, Pinot Nero (vinificato in bianco) e Pinot Rosè. Tutti da agricoltura biologica e vegana. Monsupello di Torricella Verzate - Tel 0383/896043 - monsupello@monsupello.it Oltrepò Pavese: Chardonnay e Pinot Nero I Germogli (vinificato in bianco). Terre Bentivoglio di Santa Giulietta Tel 0383/876282 Chardonnay Brut M. Classico, Pinot Nero vinificato in bianco, Riesling Frizzante, Barbera e Bonarda. Vinicola Decordi di Motta Baluffi Tel 0375/310203 - vinicola@decordi.it Oltrepò Pavese: Cortesole Spumante Pinot Nero Brut M. Classico, Riesling e Sangue di Giuda.

Cantine Cavallotti di Cigognola - Tel & Fax 02/90848829 - info@cantinecavallotti.it Oltrepò Pavese: Riesling Renano Ape, Spumante La Bolla M. Charmat, Spumante M. Classico Cruasè, Bonarda Frizzante, Pinot Nero e Buttafuoco affinato in barrique. La Costaiola di Montebello della Battaglia - Tel 0383/83169 - info@ lacostaiola.it Oltrepò Pavese Pinot Nero: Spumante Rosato Brut metodo classico e Spu-

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Nella foto di Elisa Nota nella pagina a fianco: da sinistra i produttori Elena e Alessandro Cavallotti dell’Az. Agricola omonima, Gaia Servidio del Consorzio Vini Oltrepò Pavese, Elisa e Stefano Banfi dell’Az. Agr. La Rocchetta di Mondondone, Carlo Alberto Maria e Edoardo Montini dell’Az. Agr. Montini.


I FORMAGGI DI MARCOMINI

ALBERTO MARCOMINI HA PRESENTATO A RECCO LA SUA “GUIDA ESSENZIALE ALL’ACQUISTO DEI FORMAGGI ITALIANI” Di Virgilio Pronzati

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al latte, alimento completo, il formaggio, un cibo sostanzioso che nutre l’uomo da secoli. E se la Francia vanta oltre trecento tipi di formaggio, il nostro Paese ne possiede ancora di più: ogni regione italiana produce prelibati formaggi, di cui molti di fama mondiale. Ma malgrado il nostro patrimonio caseario, la maggioranza delle persone ne conosce una minima parte. Pochi sanno dell’utilizzo più indicato del formaggio nella realizzazione dei piatti, e ancor

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meno sono quelli che sanno abbinarli ai giusti vini. Ma quali tipi di latte sono usati per i vari tipi di formaggio ? Quali sono le più diffuse tipologie di formaggio? Come si producono? Con quali criteri si valutano i formaggi? E chi sono i buoni produttori italiani di formaggio? La risposta a queste e tante altre domande, si trova nel volume Guida essenziale all’acquisto dei formaggi italiani, l’ultima opera di Alberto Marcomini. L’autore è uno dei maggiori esperti


internazionali di formaggi. Padovano Doc, già estimatore di formaggio, dall’amicizia con pastori sardi conosciuti durante un viaggio in Toscana gli è stata trasmessa la passione per i prodotti caseari. Stimolato a migliorare la propria conoscenza in questo settore, nel 1984 inizia l’attività di ricerca sui formaggi francesi, frequentando la scuola di affinamento dei formaggi francesi, la Confrérie des Chevaliers du Taste-Fromage de France. Dopo un lungo corso di studio e stage, nel 1990 gli viene conferito il titolo Chevalier et Maitre Fromager de France. Dal 2001 inizia a collaborare con importanti reti televisive come giornalista gastronomico, e tiene conferenze, lezioni e degustazioni guidate in tutta Italia. È Collaboratore dell’Associazione Selezionatori Stagionatori Affinatori Italiani di Formaggio (ASSAI) e Presidente Onorario Istituto Nazionale Arti Casearie. Sino a oggi, Marcomini ha dato alle stampe sette importanti opere sull’argomento. Due parole sulla guida: un utile strumento per orientarsi con consapevolezza nell’acquisto di ben 379 formaggi italiani di 199 produttori, frutto di quasi due anni di lavoro di esperti degustatori riuniti per assaggiare e giudicare alcune centinaia di formaggi provenienti da tutte le regioni d’Italia. Il criterio di raggruppamento dei formaggi è in primo luogo geografico: ciascuna regione è introdotta da una scheda che descrive il territorio, le tradizioni lattiero-casearie e quanto è

più utile al consumatore. Per ciascuna regione, un profilo essenziale dei produttori presentati in ordine alfabetico a seconda della località in cui si trova l’azienda. Per ogni formaggio, una simbologia con la tipologia di latte (caprino, ovino, bovino e bufalino), un giudizio qualitativo, espresso da una a quattro forme, e le indicazioni per una degustazione ottimale secondo il periodo ideale di consumo. Come informazione aggiuntiva, la segnalazione dello spaccio aziendale con la possibilità di degustare i prodotti. Tutto in 272 pagine al prezzo di € 20,00. L’anteprima del volume Guida essenziale all’acquisto dei formaggi italiani si è tenuta la sera del 20 novembre scorso al Manuelina di Recco, un tempio della gastronomia ligure, conosciuto in Italia e all’estero. Nella riuscita e affollata serata, aperta da Gloria Carbone (figlia del grande Gianni Carbone, patron del Manuelina), Alberto Marcomini in presenza di tre produttori ha dato un saggio della sua bravura, prima descrivendo minuziosamente l’origine, il territorio, le fasi di produzione di vari formaggi, e dopo con la degustazione guidata degli stessi abbinati magistralmente a dei vini friulani Doc. Nel corso della cena di cui alcuni piatti creati con i formaggi degustati, Alberto Marcomini ha presentato nell’ordine i produttori Giorgio Amedeo per il Castelmagno di montagna e d’alpeggio stagionati per alcuni anni, Rosangela e Maria Gennari per il Parmigiano Reggiano di 36, 72 e 101 mesi, Mario Aldo

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Lo Manto per le tome di pecore brigasche, i quali hanno illustrato agli ospiti la storia e i prodotti della propria azienda. Ecco il goloso menu abbinato ai grandi bianchi del Collio Friulano dell’Azienda Agricola Tenuta Stella: Banchi d’assaggio dei produttori di formaggi freschi d’eccellenza La focaccia col formaggio Manuelina con Collio Ribolla Brut Risotto al Castelmagno in cialda di parmigiano con Collio Malvasia 2013 Degustazione guidata dei migliori formaggi stagionati abbinati al Collio Malvasia 2012 e 2011 Sorbetto pere e zenzero, caffè. Il tutto a soli trentacinque euro.

Nelle foto di Pietro Bellantone, pagina a fianco, da sinistra: Gianni Carbone, Alberto Marcomini e i casari Mario Aldo Lo Manto e signora, Rosangela e Maria Gennari e Giorgio Amedeo. Qui sotto, da sinistra, Gianni Carbone, Pietro Bellantone e Albero Marcomini.


IL CONTROCENONE DEL PIATTO DI NETTUNO

DOPO LE FESTIVITÀ DI NATALE, ECCO L’IDEA DI GUGLIELMINA COSTI MONACI PER RISCOPRIRE LA CORRETTA ALIMENTAZIONE

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a oltre venticinque anni Guglielmina Costi Monaci, giornalista e presidente del Piatto di Nettuno, idea e promuove iniziative finalizzate alla sana e corretta alimentazione, mantenendone il piacere della tavola e della convivialità. Oltre a noti chef e gastronomi, fa intervenire eminenti professori del calibro di Sukkar, Cafiero, Pellegrino e Pronzato. La sua campagna alimentare, appunto Il Piatto di Nettuno, a favore del consumo di pesce ha fatto storia, lo stesso la Giornata della Dolcezza, lanciata anni fa in tutt’Italia. Per il consueto Controcenone, l’ultimo e più recente incontro con i soci del Piatto di Nettuno, la Costi

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ha scelto una sede inconsueta: dopo la Sala Consiliare del Comune di Genova e quella del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, il grande e suggestivo Salone delle Suore Marcelline, inserito in una storica struttura circondata dal verde, nel quartiere di Albaro. Ma che cos’è il Controcenone? Un’altra delle idee vincenti di Guglielmina Costi Monaci. Tutti o quasi, nelle festività natalizie e del nuovo anno, eccedono nelle golosità salate e dolci, mettendo a dura prova stomaco e fegato. Il Controcenone è l’opposto, ossia una cena conviviale con piatti liguri rivisitati, di molta saporosità ma equilibrati, Di Virgilio Pronzati che ripristino la funzionalità digestiva


ed epatica e, nel contempo, arricchita da dotti, utili e piacevoli interventi sul tema da valenti nutrizionisti. In quest’occasione, il prof. Sukkar si è superato. Nel suo intervento di poco più di venti minuti, ha percorso dal passato a oggi l’evoluzione delle abitudini alimentari, corredando il tutto con preziosi consigli sulla corretta dieta da fare per mantenersi in forma e in salute. Inoltre Guglielmina Costi Monaci, con un convegno di rilevanza nazionale organizzato due anni fa a Palazzo Tursi, ha fatto di Genova e la Liguria capitali della dieta mediterranea: un evento di cui si parla continuamente e dove erano presenti le massime autorità politiche regionali. Per questo fu invitata dal Comune di Genova a presentare Il Piatto di Nettuno nel fastoso Salone del Minor Consiglio di Palazzo Ducale, dove seguì un altro magistrale intervento del prof. Sukkar. Il tutto con grande apprezzamento dei numerosi invitati e autorità, in particolare dal governatore della Regione Liguria Giovanni Toti. Durante la serata del Controcenone Guglielmina Costi Monaci, per suggellare la collaborazione del Piatto di Nettuno con le istituzioni, ha consegnato la targa Piatto di Nettuno all’Assessore all’Agricoltura Stefano Mai, in rappresentanza del governatore Toti.

Altri mirati interventi sul tema quelli di Claudio Muzio e Luigi Grillo, rispettivamente Consigliere regionale e Consigliere comunale, mentre per la parte enogastronomica sono interventi il sommelier Mario Giacompol e chi ha scritto. Infine, il vice direttore del Mercato Ortofrutticolo di Genova Nino Testini ha presentato in anteprima il marchio Sicuramente Fresco, un serio ed efficace strumento che certifica la qualità e la provenienza dei prodotti ortofrutticoli esenti da pesticidi. Un’ulteriore tutela per grossisti e consumatori. Il menu, realizzato dallo chef Alberto Nicoli di Garisenda Ricevimenti, ha previsto un ricco aperitivo di benvenuto con Millenium Spumante Brut, trofiette con farina di castagne al pesto con prescinseua e patate e fagiolini, cappon magro in salsa verde, carne in fricassea con carciofi e piccola bavarese al pistacchio e cioccolato fondente. Piatto misto con pandolce genovese accompagnato da crema al profumo di vaniglia, datteri, albicocche secche e noci. Aspic al Moscato d’Asti con frutti di bosco. Il tutto esaltato dai vini della Cantina Lunae Bosoni: Millenium Spumante Brut, Colli di Luni Vermentino Etichetta Grigia, Colli di Luni Rosso Auxo, Nectar Golfo dei Poeti Passito.

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Qui sotto, da sinistra: Il prof. Samir Sukkar, Guglielmina Costi Monaci, l’Assessore regionale Stefano Mai e il Consigliere regionale Claudio Muzio (Foto Jolly)


LA PASTA TRA ITALIA E UNGHERIA

DALLE ASSOCIAZIONI CULTURALI EVENTI D’AMARE E LIGURIA-UNGHERIA, DUE NUOVI FORMATI: LE “BANDIERINE RICCE” E LE “FOGLIE DI PAPRIKA”

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a pasta ha radici antiche. Risale a quasi due millenni fa e il merito della sua diffusione va ai nomadi Mongoli che nelle loro scorribande la fecero conoscere agli Arabi. Da qui la sua introduzione in Italia, iniziando dalle regioni meridionali. Per secoli la pasta fu solo fresca, preparata e consumata quasi giornalmente, mentre la pasta secca a lunga conservazione nacque per esigenze commerciali. In questa versione ha lunga durata e può così viaggiare per raggiungere ogni Pa-

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ese del mondo. A inventarla furono gli abitanti della Sicilia musulmana, che bisognosi di provviste da vendere ai mercanti saraceni e berberi che compievano lunghi spostamenti nel deserto svilupparono metodi efficaci di essiccazione all’aria aperta. Metodi usati anche dalle popolazioni islamiche del Medio Oriente, ma perfezionati dai siciliani ai tempi dell’Emirato di Sicilia. Da qui iniziò il cambiamento delle abitudini alimentari e nei commerci dall’Italia verso il resto del


mondo. Anche nuovi formati di pasta forati e farciti nacquero in Italia, lo stesso per la modalità di cottura usando la bollitura. Nel tempo si aggiunsero altr varietà di pasta, di cui molte ancor oggi caratteristiche delle regioni italiane. Restando in Liguria, una delle più antiche testimonianze sulla pasta risale al Medioevo: nel 1279 il notaio marchigiano Ugolino Scarpa, elencando gli averi di un tale Ponzio Bastone genovese, descrisse in italiano medievale ‘’una bariscella plena de maccaroni’’ (‘’cesta di vermicelli’’). Nel 1300 sui velieri comandati da Bartolomeo Doria c’erano i mastri fidelari (pastai). Nei tempi di Genova Repubblica, i commercianti genovesi furono tra i maggiori acquirenti di frumento prodotto in Ucraina. Dalle numerose iniziative di carattere artistico, culturale e gastronomico tra l’Ungheria e la Liguria organizzate dalle Associazioni Culturali Eventi d’Amare e Liguria-Ungheria è nata l’idea di realizzare un contatto ancora più stretto attraverso la realizzazione di nuovi formati di pasta alimentare, con i colori delle bandiere dei due stati e i prodotti tipici per eccellenza della Liguria e dell’Ungheria. Questo progetto è stato meglio elaborato e portato a compimento attraverso la società “Prodotti d’Amare”: sono stati creati così, per il momento, due nuovi tipi di pasta: “Bandierine ricce” e “Foglie di paprika”. Le prime, piccole lasagnette con bordo ondulato, di tre colori: verde con basilico genovese, bianche, e rosse con paprika dolce, le seconde caratterizzate dalla tipica spe-

zia magiara. Entrambe esaltate da due note e tipiche salse: il Pesto genovese e la salsa di Gulyàs, elaborate per l’occasione rispettivamente da chi ha scritto e da Maria Csontos (esperta di cucina ungherese). Geniali golosità create da Pietro Bellantone, Presidente di Eventid’Amare e da Maria Csontos del Consolato Onorario Ungherese a Genova. Un modo quanto mai piacevole per unire in un abbraccio liguri e ungheresi. La presentazione ufficiale dei due tipi di pasta si è tenuta nell’affollato Padiglione dell’Ungheria all’Expo 2015 di Milano gestito dalle signore Andrea e Katalin Kovacs, alla presenza del Console Generale di Ungheria a Milano, di emissari della Coop Italia, imprenditori italiani e stranieri, responsabili del padiglione, di giorna-

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listi di testate nazionali ed estere, nonché dei responsabili dei padiglioni di Thailandia, Emirati Arabi, Argentina, Messico, Slovenia, e Polonia.

Nella pagina a fianco: i tipi di pasta creati dai rapporti Ungheria e Liguria . Qui sotto: le interminabili code al padiglione dell’Ungheria di Expo 2015. Qui sopra: una ragazza ungherese con il kürtoskalács: Dolce nazionale ungherese, risultato il dolce più consumato dai visitatori dell’Expo di Milano.


COME DAVIDE E GOLIA?

QUANDO IL CITTADINO SI TROVA A DOVER FRONTEGGIARE UNA VERTENZA CON L’AGENZIA STATALE DI RECUPERO CREDITI, PUÒ FARSI CORAGGIO PENSANDO ALLA BIBLICA SFIDA, E SOPRATTUTTO A COME FINÌ… Di Roberto Roggero

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a parola chiave è “crederci”, e certo non è una cosa da poco, specie se si considera quali siano le reali possibilità di un cittadino che deve vedersela con il sistema. Il segreto è essere coscienti dei propri diritti, avere fiducia nelle proprie forze, e soprattutto affidarsi a esperti del settore che conoscano le mille sfaccettature dell’apparato con cui ci si misura, dal momento che il nostro Paese sembra non offrire, di norma, un’informazione adeguatamente dettagliata, nello specifico, di fronte a decine e decine di acronimi, postille, gabelle, obblighi e doveri. InGenova e Liguria Magazine ha incontrato l’avvocato Enrico Clerici, che illustra alcuni principi per non trovarsi completamente allo scoperto quando si deve fronteggiare una battaglia che a molti sembra persa in partenza. Quali sono le caratteristiche per cui un contribuente può sperare in un risultato positivo, se avvia una procedura di impugnatura di una cartella? Oggi i cittadini, specialmente coloro che appartengono al ceto medio, sono sempre più preoccupati di dover pagare tasse ed imposte eccessive, rispetto ai servizi che lo Stato ci offre, oltre alla preoccupazione non secondaria di una contingente grave crisi che spesso impedisce ai lavoratori autonomi di recuperare i loro crediti e di essere “pagati” dai loro clienti. Il fisco, però, si sa è inflessibile, ma esistono attualmente vari rimedi che ci permettono una maggior tutela nei confronti dello Stato esattore. Cosa fare, quindi, quando ci viene notificata la cartella di pagamento blu di Equitalia o dell’Agenzia delle Entrate? Prima di tutto dobbiamo verificare che non siano decorsi i termini prescrizionali di generazione e notifica del ruolo che già renderebbero la cartella annullabile. Tali termini sono previsti in dieci anni o cinque a seconda del vario tipo di imposta.

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Di seguito, i termini di prescrizione in base alla natura del credito riportato in cartella: 1) Canone Rai dove i termini di prescrizione sono di 10 anni; 2) Imposta ipocatastale: i termini di prescrizione sono di 10 anni; 3) Imposta di

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registro: i termini di prescrizione sono di 10 anni; 4) IVA: i termini di prescrizione sono di 10 anni; 5) IRPEF: i termini di prescrizione sono di 10 anni; 6) IRAP: i termini di prescrizione sono di 10 anni; 7) Diritti Camera Commer-


cio: i termini di prescrizione sono di 10 anni; 8) TASI: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 9) IMU: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 10) ICI: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 11) TARI (imposta sui rifiuti): i termini di prescrizione sono di 5 anni; 12) Contributi INPS: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 13) Contributi INAIL: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 14) TOSAP: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 15) Contravvenzioni del Codice della Strada: i termini di prescrizione sono di 5 anni; 16) Bollo auto con termini di prescrizione di 3 anni. La fattispecie della prescrizione non è assolutamente rara e ciò ci dà la possibilità di non pagare le somme richieste seppur inizialmente dovute ma che per l’esigenza di certezza che ha sia lo Stato sia il contribuente sono soggette ad una limitazione temporale entro cui richiederle. Occorre anche valutare se esistono vizi di nullità o annullabilità della cartella di pagamento che possano inficiare il rituale di formazione e notificazione dell’atto e che possano consentire di non pagare le somme dovute. Se tali vizi fanno parte della cartella di pagamento emessa da Equitalia e riguardano vizi propri dell’atto il ricorso andrà presentato alla Equitalia, con conseguente estromissione dell’Agenzia delle Entrate, anche se è quest’ultima che ha effettivamente mosso la pretesa individuando eventuali errori da parte del contribuente. In questa fattispecie, tuttavia, il reclamo non è obbligatorio, ma sarà sufficiente recarsi presso gli uffici competenti territorialmente di Equitalia e chiedere l’annullamento della cartella di pagamento. Naturalmente la procedura appena enunciata sarà possibile anche i termini di semplicità e velocità qualora il contribuente abbia già provveduto al pagamento delle somme richieste… Su tale ipotesi, ovviamente, non vale la pena soffermarci. Discorso analogo vale quando la motivazione contenuta dell’atto non è adeguata, essendo frutto di automatismi informativi, come ad esempio quelli ex 36-ter del DPR 600, che non permettono al contribuente di godere di quelle garanzie relative a tutti gli atti amministrativi e cioè l’adeguata motivazione che ha portato alla generazione del ruolo. In questo caso il ricorso potrà fondarsi sulla giusta pretesa di adeguata motivazione, anche se in tal caso – rientrando la fattispecie

nella discrezionalità del Giudice – molto spesso queste cartelle non vengono annullare in sede giudiziaria. Importante è anche verificare se la possibilità di iscrivere ipoteche sulla vostra casa o bene strumentale o applicare fermi amministrativi sia legittima. Occorre, infatti, che tale iscrizione o fermo sia preceduta da un’intimazione al pagamento preventiva in cui vi si richiede di provvedere entro 30 giorni dalla notifica. In tal caso si aprono due possibilità. Il contribuente può o deve a seconda dei casi presentare richiesta di mediazione ed in caso di esito favorevole, può decidere di non presentare ricorso. Qualora la mediazione non sia accettata da una delle parti, può ricorrere alla Commissione Tributaria nei termini di 60 giorni dalla data di notifica della cartella di pagamento, ossia a partire dal timbro apposto sulla busta contenente la cartella da impugnare. Il reclamo o la mediazione diventano obbligatori quando la contestazione ha ad oggetto il contenuto del ruolo ossia la pretesa dell’Agenzia perché considerata non dovuta da parte del contribuente e quanto l’importo della cartella è inferiore ai 20 mila euro. Questa due circostanze richiedono la preventiva mediazione in quanto sono tese a ridurre il contenzioso. La mediazione esplica i suoi benefici nel caso di buon fine della procedura transattiva. Essa, infatti, determinerà la riduzione del 40% delle sanzioni che verranno condivise dal contribuente con l’Agenzia delle Entrate. Importanti sono poi le innovazioni introdotte dal Governo Letta, che ha stabilito l’impignorabilità della prima casa sempre che questa sia l’unico bene indi proprietà del contribuente, da parte di Equitalia. La prima casa sarà pignorabile solo se trattasi di immobile di lusso, villa, castello o altro. In altre parole tutto quello che non rientra nell’ambito di applicazione oggettivo di immobile che potrebbe beneficiare delle agevolazioni prima casa. Equitalia, tuttavia, ha la prelazione nella riscossione del credito pignorando somme sul conto corrente del contribuente moroso, ma ciò rientra nella più generale norma che prevede che crediti nei confronti dello Stato o Erario siano assolutamente privilegiati su altri tipi di credito. Alcune parole vanno anche spese per ciò che concerne il c.d. ravvedimento ope-

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roso, fermo restando che qualora fosse notificata una cartella di pagamento ad un’azienda, Equitalia non potrà più mettere i sigilli sui capannoni industriali, in quanto il massimo valore pignorabile alle imprese di questi sarà del 20%. Stessa cosa vale per i dipendenti che potranno vedersi pignorato solo 1/5 dello stipendio. In caso si voglia procedere col pagamento della cartella, si potrà accedere anche al beneficio della rateizzazione, considerando che fino a qualche anno fa il massimo numero di rate ottenibile era di 72 corrispondente ad un periodo di 6 anni, attualmente è possibile arrivare anche fino a 120 ossia in un termine pari a 10 anni e per un importo fino a 120 mila euro. La decadenza dal beneficio della rateizzazione inoltre scatterà non più al mancato pagamento di due rate ma dopo il mancato pagamento seppur non consecutivo di otto rate. A tal proposito, occorre anche richiamarsi Decreto del Fare 2013, che, sul versante dei debiti tributari, ha previsto che in situazione di oggettiva difficoltà economica del contribuente, potrà essere concessa una rateizzazione fino a 120 rate. La situazione di oggettiva difficoltà dovrà essere valutata da Equitalia sulla base delle risultanze reddituali ed in relazione dell’importo a debito. Infine, è stato abolito l’altissimo aggio di cui godeva Equitalia sulla riscossione che veniva ricondotto alla mera copertura dei costi fissi che avrebbe dovuto sostenere l’Ente riscossore per la fase della riscossione o il giudizio. Anatocismo, un termine che forse molti non conoscono in quanto eccessivamente tecnico per “l’uomo della strada”. Può spiegare in cosa consiste e come si pone in relazione nei rapporti fra Equitalia e contribuente? “Per anatocismo deve intendersi l’interesse composto, ossia il fatto che gli interessi già scaduti (cioè maturati) e non pagati diventino bene capitale e come tali siano suscettibili di produrre interesse a loro volta. Nell’ordinamento italiano l’anatocismo è espressamente disciplinato dall’art.1283 cc, che recita testualmente: “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre


che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”. L’art.1283 c.c. prevede tre eccezioni al divieto di capitalizzazione degli interessi e più precisamente: gli interessi che maturano “dal giorno della domanda giudiziale”. Per esempio, se un decreto ingiuntivo riguarda un ammontare comprensivo di una parte di capitale e di una parte di interessi non pagati, l’intera somma viene riconosciuta come un debito indistinto su cui maturano ulteriori interessi; la conclusione di una “convenzione posteriore alla scadenza” degli interessi. In tal caso, la somma maturata fino alla convenzione si intende come nuovo capitale prestato e sul totale di tale importo possono maturare nuovi interessi. Ciò avviene anche ove si verifichi un ritardato pagamento di una rata di mutuo, altrimenti il debitore non avrebbe alcun interesse a pagare il dovuto entro la scadenza (se la quota di mutuo riferita a interessi non genera interessi, perché non pagare il più tardi possibile?). Tuttavia anche in questo caso c’è anatocismo se gli interessi di mora sono calcolati come interessi composti e non come interessi semplici (cfr. sezione successiva); la “mancanza di usi contrari”. Nella prassi, a partire dal 1952, questa frase è stata interpretata dall’ABI prevedendo nei contratti bancari la capitalizzazione degli interessi a favore della banca ogni tre mesi (a marzo, a giugno, a settembre e a dicembre) e quelli a favore del cliente solo annualmente (per un commento sull’interpretazione dell’ABI, cfr. sezione successiva). In verità, quando si considerano tutti gli accessori connessi alla cartella, tra aggio (anche se nel 2016 tali costi – come si è visto – sono stati diminuiti e precisamente all’1% se trattasi di riscossione spontanea effettuata a mezzo ruolo; al 3% se il pagamento delle somme iscritte avviene entro il 60° giorno dalla notifica della cartella e al 6% - anziché all’8% come in precedenza – in tutti i casi diversi dai precedenti), sanzioni (in media del 30%), interessi di mora (ora al 4,88%) e spese di procedura, è facile raggiungere cifre superiori al 50% rispetto al debito originario. Le cose peggiorano poi quando si chiede la rateazione: in tal caso, nel giro di tre anni la cartella può quasi raddoppiare. Il richiamo al concetto di usura sorge spontaneo, anche se l’usura è termine diverso dall’anatocismo, in quanto il primo si lega solo agli interessi. Ciò vuol dire che

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se la cartella aumenta a causa delle sanzioni (si pensi al caso di una sanzione pari al 50% del debito fiscale) non si può parlare di usura, che invece scatterebbe – ma non è questo il caso – se il tasso di interesse raggiungesse il 20%. Diverso però, e tutt’altro che teorico, è il problema dell’anatocismo sulla cartella esattoriale, ossia l’applicazione degli interessi calcolati non solo sul capitale, ma sul capitale addizionato agli interessi già maturati in precedenza. È ovvio che, in una situazione del genere, il pagamento della cartella potrebbe lievitare enormemente sino ad assumere un peso insostenibile, come è avvenuto in più di un caso. Tale fenomeno dell’anatocismo si manifesta ancor più nel caso in cui il contribuente chiede la rateazione. La stessa Cassazione (Cass. sent. n. 11461 del 3.11.1995; Cass. S.U. sent. n. 2246 del 2.04.1986; Cass. S.U. sent. n. 5782 del 26.10.1988; Cass. ord. n. 20211 del 3.09.2013; Cass. setn. N. 24912 del 10.10.2008) si è pronunciata sul punto, asserendo che “la cartella deve essere motivata e, quindi, deve consentire la ricostruzione delle modalità con cui sono stati calcolati gli interessi. In altre parole, il dettaglio contenuto in cartella deve specificare, per ogni tributo di cui si chiede il versamento, anche le percentuali di interessi applicate per ciascun singolo anno, in modo da far comprendere al contribuente cosa sta pagando, a che titolo e se, eventualmente, viene sforato il tetto dell’usura o viene applicato l’anatocismo. Qualora tali indicazioni non vengano fornite, la cartella può essere annullata”. Analizziamo però da quali somme è composta la cartella di pagamento notificata e qual è il criterio di calcolo degli interessi che Equitalia applica prima e dopo la scadenza dei 60 giorni dalla notifica della cartella. L’importo delle somme richieste varia a seconda del momento del pagamento o del rateizzo. Nel caso di pagamento della cartella entro i 60 giorni dalla notifica l’importo totale comprende: le imposte o i contributi non versati, gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo (o gli interessi INPS o INAIL), le sanzioni civili pecuniarie (o le somme aggiuntive relative al premio o contributo, se trattasi di INPS o INAIL), i compensi di riscossione (aggio) in misura del 4,65% delle somme iscritte a ruolo e le spese di notifica degli avvisi notificati precedenti la cartella.

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Nel caso di pagamento cartella oltre i 60 giorni dalla notifica la cartella riporterà ulteriori importi: gli interessi di mora, le ulteriori somme aggiuntive nel caso di contributi INPS o premi INAIL, l’aggio di riscossione interamente a carico del contribuente e pari al 8% del totale (9% per i ruoli emessi prima del 1° gennaio 2013), le eventuali spese per le procedure cautelari ed esecutive (fermi, ipoteche, pignoramenti). Importante anche la sentenza n. 4516 del 21.03.2012 della Corte di Cassazione Civile, Sezione tributaria, che ha affermato che non competono al contribuente difficili indagini per ricostruire “l’operato dell’ufficio” e decifrare un computo degli interessi “criptico e non comprensibile”. In tale situazione si riscontra un difetto di motivazione della cartella stessa. In tal senso anche l’Ordinanza n. 8934 della Cassazione Civile sez. VI-T, del 17 aprile 2014 che insiste sull’ “obbligo di una congrua, sufficiente ed intelligibile motivazione non può essere riservato ai soli avvisi di accertamento della tassa” e che “alla cartella di pagamento devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati per ogni provvedimento amministrativo”. Pertanto, le cartelle che non dettagliano puntualmente il conteggio degli interessi e le aliquote applicate alle varie annualità sono affette da nullità. Premesso ciò, va osservato che con il criterio di calcolo degli interessi che imputa Equitalia al contribuente, diventa assolutamente reale e concreta la reale applicazione dell’anatocismo sul conteggio degli interessi. Si è visto cosa si intende per anatocismo. Per Equitalia si possono distinguere 3 applicazioni di anatocismo nelle formule utilizzate da: anatocismo nel calcolo degli interessi di mora: la base di calcolo applicata comprende, infatti, gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo e le sanzioni; anatocismo nel calcolo dell’Aggio: il compenso di riscossione (o aggio) è determinato in misura percentuale (è quindi parificato ad un interesse) su una base di calcolo che comprende anche gli interessi di ritardata iscrizione a ruolo, le sanzioni e, addirittura, gli interessi di mora; anatocismo degli interessi di dilazione: in caso di rateizzo Equitalia applica gli interessi di dilazione anche sugli interessi di ritardata iscrizione a ruolo e sulle sanzioni. È evidente che tale pratica non è assolutamente legittima poiché è


in contrasto con l’art. 1283 c.c. che vieta l’anatocismo. Possiamo anche aggiungere che, trascorsi 60 giorni dalla notifica, tutte le cartelle sono viziate dall’anatocismo! In conclusione per eliminare l’effetto anatocistico, occorre modificare la base ricalcolando gli interessi di mora, l’aggio e gli interessi di dilazione sul solo tributo. Informazione, disinformazione, tutela del cittadino, usura legalizzata. Come può difendersi il contribuente? A chi rivolgersi? Esistono oggi molti professionisti e anche associazioni che provvedono alla tutela del contribuente, al quale si raccomanda tranquillità qualora riceva una cartella esattoriale di qualsiasi natura e consapevolezza. Cartella Equitalia e banche. Qualcosa che non sappiamo? Per ciò che concerne Equitalia si è visto tutte le possibilità e anche le nullità di cui può essere affetta una cartella esattoriale. Vale la pena dire anche qualcosa sulle banche. L’anatocismo è ricomparso magicamente con il Governo Renzi. In precedenza, infatti, era stato vietato dal 2014 con la legge di Stabilità del Governo Letta, ma. Le banche quindi tornano a poter caricare di interessi gli stessi interessi passivi dei propri correntisti, grazie a un emendamento presentato dal Pd. Si è provato ad addolcire la pillola, affermando che il ripristino dell’anatocismo adesso è diventato annuale, non più trimestrale e che ciò sarebbe comunque un “vantaggio dei consumatori”. Questi, però, non hanno apprezzato il “gentile pensiero” dei parlamentari che ha firmato l’iniziativa, tanto è che Adusbef e Federconsumatori hanno protestato pesantemente, affermando che la decisione: “È l’ennesimo inganno, una polpetta avvelenata per favorire gli esclusivi interessi delle banche e danneggiare i consumatori, che oltre al danno devono subire perfino la beffa degli interessi di mora”. Credo che si avranno dure battaglie sia a livello politico, ma soprattutto a libello giuridico. Inoltre, dai alcuni dati di esperti analisti, e cito un recentissimo articolo apparso su Libero Finanza, “è emerso un altro rischio per i correntisti a proposito di 60 miliardi di obbligazioni subordi-

nate ancora in giro, emesse da importanti istituti di credito. Oltre a Unicredit e Intesa-Sanpaolo, ci sono banche di medie dimensioni e Bcc, per un totale di 150 con tagli piccoli da 1.000 euro, quindi nelle mani dei risparmiatori. Sono valori non a rischio nella loro totalità, considerando che i due colossi e gli istituti medi sono sopra i limiti regolamentari, ma ci sono emissioni di banche in difficoltà. Oltre due terzi di queste sono ad altissimo rischio perché sprovviste di rating. Tra loro una cinquantina non raggiunge un giudizio di “investment grade”. Il terzo restante è potenzialmente illiquido e quindi non vendibile sui mercati quando la situazione inizia a farsi difficile, seppure alle volte questo comporti una perdita del valore evitando comunque l’azzeramento totale in caso di perdita. Il fatto che sia impossibile cedere sul mercato i bond Otc ha causato per la gran parte dei risparmiatori delle quattro banche mandate in risoluzione la perdita totale dell’investimento, con 800 milioni di euro in fumo. Che cosa eliminerebbe, cosa correggerebbe e cosa conserverebbe com’è, della macchina burocratico-amministrativa? Il problema della burocrazia è sempre attuale. Se ne parla da tempo immemorabile, ma ad oggi pare essere ancora in alto mare. A tal proposito, lo Studio

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Ambrosetti si era pronunciato in merito, riassumendo la soluzione al problema in 4 punti: analizzare la realtà della burocrazia in Italia, anche confrontandola con realtà internazionali, per comprenderne le vere dimensioni in gioco per le imprese e i cittadini; esaminare il fenomeno dal punto di vista normativo e manageriale-organizzativo (procedure, processi aziendali, ecc.) per individuare i “blocchi” sostanziali al buon funzionamento; elaborare delle linee guida concrete per ottimizzare la situazione in essere; coinvolgere nel processo le Istituzioni e i decisori per sensibilizzarli sui temi oggetto e creare un consenso qualificato rispetto alle proposte che emergeranno dal lavoro. Per ciò che concerne Equitalia, in oggi i contribuenti che ritengono di aver ricevuto una cartella di pagamento per tributi già pagati o interessati da un provvedimento di sgravio o sospensione potranno compilare l’apposito modello di autodichiarazione ed Equitalia interromperà le procedure di riscossione. Lo prevede la direttiva n. 10/2010 del 6 maggio. Questo sembra essere per ora l’unico passo avanti nel grande marasma dell’apparato burocratico italiano. In una vertenza amministrativa, il cittadino può sperare in un “duello leale”? In teoria sì, ma non vorrei aggiungere altro…


BOLOGNA CAPITALE DELLA SUBACQUEA SUCCESSO SENZA PRECEDENTI PER LA 24째 FIERA SUBACQUEA EUDI SHOW, TENUTASI NEL CAPOLUOGO EMILIANO AGLI INIZI DI MARZO Di Ilva Mazzocchi INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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bocce ferme, dopo tre intensissime giornate passate alla fiera della subacquea Eudi Show, a Bologna, dal 4 al 6 marzo, possiamo affermare che si è trattato di una manifestazione che ha fatto registrare un enorme successo, persino superiore alle più rosee previsioni fatte dagli operatori del settore e dagli organizzatori I risultati più tangibili si possono sintetizzare in modo semplice e inconfutabile: la prima notizia positiva di Eudi Show 2016 riguarda infatti il numero di visitatori, un dato oggettivo che costituisce il miglior termometro del successo o meno di qualunque manifestazione. Nei tre giorni di apertura sono transitati dai tornelli d’ingresso per poi affollare i corridoi del Padiglione 36 ben 33.000 visitatori, un numero di presenze notevole che segna un aumento dell’8% rispetto al 2015. Si tratta indubbiamente di un segno di ripresa che premia da un lato il grosso lavoro compiuto dall’organizzazione per rendere più ricco e interessante Eudi e dall’altro la fiducia dimostrata dagli espositori nei confronti di questa

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fiera specializzata che riunisce, anno dopo anno, tutti gli esponenti più attivi e interessati del comparto della subacquea. Gli espositori, a loro volta, rappresentano il secondo dato positivo: sono stati infatti ben 250 tra diretti e rappresentati, un numero di tutto rispetto che indubbiamente ha contribuito ad aumentare l’interesse del pubblico che ha trovato nei vari stand non solo novità, ma anche servizi come la presenza di personale competente e appassionato pronto a dare consigli, spiegazioni e a impegnarsi in approfondite discussioni con chiunque avesse voluto andare più fondo nelle questioni tecniche. Gli eventi sono stati un altro punto di forza di Eudi 24°. Sui palchi della fiera e negli spazi dedicati a Università e Master, cui si sono aggiunti quelli riservati di alcuni espositori, si sono susseguiti oltre 200 incontri che hanno imposto a volte scelte difficili ai visitatori, con l’aiuto di un catalogo appositamente dedicato di ben 24 pagine

per orientarsi e decidere cosa seguire. In tantissimi non hanno avuto dubbi e hanno affollato il palco Oceano per ascoltare le entusiasmanti descrizioni

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di Nery Guillaume, grande campione del Team Cressi e stella di prima grandezza dell’apnea mondiale, gli appassionati racconti di mare di Enzo e Patrizia Majorca e ammirare in anteprima mondiale il film Momentum che è stato raccontato davanti a una platea affollatissima da regista, videoperatore e alcuni dei protagonisti, tra i quali spicca il sempre superlativo Umberto Pelizzari. Fra gli eventi da ricordare ricordiamo l’attribuzione dei prestigiosi Trofei www.apneaworld.com 2015, realizzati dal pittore Ivan Levan Bono, alla FIPSAS, per la magistrale organizzazione del 1° Campionato Mondiale Outdoor CMAS a Ischia e a Dante Porta per l’encomiabile e dinamica opera di rilancio e promozione della subacquea con Eudi Show. Un successo strepitoso ha fatto registrare anche l’inedita grande mostra “Graffiti della Caccia Subacquea” di Gianfranco Zurlo organizzate grazie alla piena collaborazione di Antonio Cressi, Eudi Show e www.apneaworld. com . Oltre a decine di cimeli storici, più di 40 diversi fucili con alcuni prototipi, pinne degli anni ’50, nel grande stand è stato proiettato continuamente l’eccezionale film di Victor de Sanctis sul 1° Campionato di caccia subacquea di Lussinpiccolo, vinto dal genovese Mario Catalani. Per la nostra regione è doveroso segnalare che è stato presentato dalla FIPSAS un nuovo Centro Convenzionato federale a Santa Margherita Ligure alla presenza di Paolo Donadoni, sindaco della cittadina ligure. Il nuovo centro fa capo a due fra i più attivi diving center del Golfo del Tigullio, Dive Passion e DWS, che offrono ai sub ben 5 imbarcazioni coperte e 3 gommoni con tariffe agevolate e strutture di primissimo piano. Come ha sottolineato Donadoni l’iniziativa porterà sicuramente notevoli flussi turistici da tutto il nord Italia e farà ritornare nel paradiso subacqueo del promontorio di Portofino tanti sub che avevano scelto altre regioni. Per l’iniziativa è stato creato un nuovo sito: www.ccfipsas-portofino.com, email info@ccfipsas-portofino.com. In chiusura gli organizzatori hanno confermato che anche la 25° edizione di Eudi Show si terrà a Bologna, dal 3 al 5 marzo 2017.

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FOTOGRAFIE DI MARCELLO RAPALLINO

JULIA RIVA INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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fotografo: MARCELLO RAPALLINO modella: JULIA RIVA agenzia: NM (Noticed Models) trucco: CHIARA GARIFO styling: ALESSANDRA ABBIGLIAMENTO

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INGENOVA E LIGURIA MAGAZINE

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