Cassandra - Febbraio 2021

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CASSANDRA numero 104

anno 25


EDITORIALE S’EI PIACE, EI LICE

Samuele Sapio, 5E

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iao amici, quello che state per leggere è un Cassandra un po’ insolito: non ci sono le solite sottocommissioni, non c’è un tema di fondo, non c’è nessuna linea guida e anche l’impaginazione è molto minimale, quasi scarna. Per capire il motivo di questa decisione dobbiamo fare un salto indietro di un mesetto e mezzo, ad una riunione di fine dicembre: eravamo reduci dal numero natalizio, nell’aria si sentiva già profumo di pandoro (o panettone, se siete dei bauscia) e di metterci a lavorare ad un numero che sarebbe uscito a metà febbraio non se ne parlava proprio. A dirla tutta, non avevo neanche voglia di parlare, quindi ho chiesto ai ragazzi di cominciare a buttare giù idee per articoli che gli sarebbe piaciuto leggere o scrivere. Questa cosa è andata avanti parecchio, con loro che chiacchieravano amabilmente e io dietro a prendere appunti, lingua tra i denti e ma-

tita che volava sul foglio. E mentre scrivevo, mi è venuta un’idea un po’ montessoriana: perché non strutturare tutto il prossimo numero così? Cioè non strutturarlo affatto, ognuno sarebbe stato libero di scrivere di ciò che gli pareva, nel modo in cui gli pareva. Dal nulla mi è tornato in mente il professor Moretti che, spiegando l’Aminta del Tasso, scandiva: s’ei piace, ei lice! Questa massima era totalmente inattuale nella realtà storica del sedicesimo secolo e quindi vagheggiata come qualcosa appartenente a una dimensione mitica irreplicabile, ma forse per noi c’era ancora qualche speranza (grazie soprattutto al bell’ambiente in cui studiamo). È stato proprio così: abbiamo tutti lavorato con entusiasmo, portandovi un prodotto degno d’orgoglio e frutto delle passioni di ognuno! Ah, e a proposito di libertà, a pagina trentadue trovate l’edi-

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toriale della mia collega Angelica, direttrice del giornalino del Falcone. Quest’articolo le è stato censurato perché, fra gli altri motivi, mina i rapporti diplomatici tra Italia e Francia ed è troppo aggressivo. Forse anche perché una studentessa di arabo che critica Charlie Hebdo è tacciabile di proselitismo di stampo islamista? Chi lo sa. Comunque, mi sono offerto di pubblicarglielo; credo che un pezzo così meriti di essere letto e soprattutto dibattuto. Oddio, penso di capire le preoccupazioni della sua preside, tuttavia mi sembra una scusa un po’ vuota sostenere che Angelica, a diciotto anni, non

abbia la maturità necessaria per parlare di questo argomento. Un preside (o un docente, un istruttore, eccetera) dovrebbe sostenere, incoraggiare ed indicare la via, non erigerci un muro al centro! Inoltre, scusate il francesismo ma, se non lei, chi cacchio dovrebbe avercela questa “maturità”? Leggete il suo editoriale e fatemi sapere, qui a Cassandra prenderemmo seriamente in considerazione un dibattito a tema. Nel frattempo, vi auguro una buona lettura e mi scuso se ho esagerato; è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Samuele

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IL NUOVO LOGO

Elena Milani, 3H

@cassandrailgiornale

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INDICE La differenza tra libro e film

pag 6

L’emancipazione femminile nell’arte

pag 8

Voglia di normalità

pag 10

Il giudizio delle persone

pag 12

Il complotto ai tempi del coronavirus

pag 14

Larry Stylinson: cospirazione o realtà?

pag 16

Sarpivision Song Contest

pag 18

Cinque pezzi facili

pag 21

Music: “tributo” o casino abilista?

pag 24

Azienda Trasporti Bergamo

pag 26

Trump versus Biden

pag 28

Oroscopo di Febbraio

pag 30

Lettera a Charlie Hebdo

pag 32

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LA DIFFERENZA TRA LIBRO E FILM

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Annagiulia Sciarrone & Viola Priore, 1C Al contrario, il film, anche se ci permette di utilizzare più sensi come l’udito e la vista, rimane “distaccato”, rendendo la visione meno coinvolgente. Per dimostrare questa tesi, proponiamo due esempi di film tratti da romanzi famosi.

film sono spesso tratti da romanzi, l’importante però è che questi siano fedele alla storia originale. Chiunque abbia letto un libro e visto successivamente il film corrispondente, ha potuto constatare che nella maggior parte dei casi il libro è più apprezzabile. Infatti, generalmente si è più propensi a leggere prima il libro e in seguito a vedere il film, per poi giudicare.

JANE EYRE Romanzo ottocentesco in cui sono narrate le vicende di una ragazza cresciuta in un ambiente triste e privo di affetto che, dopo essersi procurata un lavoro come istitutrice, trova la via della felicità: l’amore. Già nel 1910 fu girato il primo cortometraggio muto, mentre l’ultimo film ispirato al romanzo è del 2011. Anche se nel film i personaggi sono stati rappresentati efficientemente e le scene sono molto espressive, non provocano quelle sensazioni di rabbia o felicità che invece il libro ci offre nel pieno della loro potenza e bellezza. Esso, a differenza del film, ci trasmette tutte le emozioni che prova la protagonista, ci permette di percepire la grandezza e profondità dell’amore che condivide con l’attraente e misterioso signor Rochester. Possiamo affermare che il libro, con le descrizioni articolate ed espressive dei personaggi e dei luoghi fantastici, ci fa conoscere la protagonista e tutte le persone che la circondano in modo completo. Le sensazioni di imbarazzo, felicità, tristezza che prova la protagonista, come descritte nel libro, ci emozionano; la storia av-

In effetti, quando finiamo di leggere un libro che ci ha colpito siamo curiosi di vedere il film per scoprire come è stato rappresentato quel luogo o quel personaggio che a lungo abbiamo immaginato. Proprio per questo l’esito nella maggior parte delle volte è lo stesso, cioè che il libro risulta migliore del film. Nella lettura possiamo, per l’appunto, modellare il personaggio o il luogo descritto secondo il nostro pensiero e possiamo entrare nel racconto, immedesimandoci nel soggetto in cui ci ritroviamo. Il libro ha la capacità di far provare emozioni, che siano positive o negative, accentuando il coinvolgimento e l’interesse da parte del lettore; emozioni che possono essere condivise con un personaggio o suscitate da esso. Si aggiungano a queste anche quelle sensazioni che ci vengono infuse semplicemente dallo scorrimento delle pagine, con quel profumo e quel suono ovattato inconfondibili, i quali rendono la lettura più piacevole.

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vincente di questo amore ci fa sognare. Nel libro si incontrano eventi o particolari che nel film non vengono inseriti, essendo impossibile in quest’ultimo rappresentare tutte le scene o dialoghi, che però da parte del lettore possono essere ritenuti addirittura indispensabili ai fini della storia.

emozioni. I personaggi non sono analizzati in profondità, come al contrario avviene nel libro; eventi importanti del libro non sono riportati nel film; inoltre i personaggi non rispecchiano sempre le caratteristiche fisiche e caratteriali evidenziate nel romanzo. Posso certamente affermare che il romanzo è di gran lunga meglio del film, che vedo come limite alla nostra fantasia: i personaggi fino ad allora immaginati con caratteristiche specifiche, durante la visione del film si annullano completamente, lasciando il posto a persone che spesso deludono perché non sono come erano state immaginate dal lettore. Questo esempio è quindi la prova ulteriore che, ancora una volta, il libro vince sul film.

BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE È un romanzo dello scrittore contemporaneo Alessandro D’Avenia, che racconta di un ragazzo sedicenne (Leo) e del suo amore nei confronti di una ragazza (Beatrice) malata di Leucemia. Da questo romanzo nel 2013 è stato tratto l’omonimo film. Bianca come il latte, rossa come il sangue è un libro che, seppur nella naturalezza del lessico -che è quello che userebbe un ragazzo- riesce a trasmettere grandi emozioni e concetti profondi. Lo scrittore agisce direttamente esprimendo i contenuti in modo crudo, per quanto questi possano essere tristi e dolorosi. Tuttavia il film, anche se discreto, non riesce a trasmettere forti

Al giorno d’oggi, si preferisce vedere il film al posto di leggere il libro, essendo questo più immediato rispetto alla lettura e richiedendo meno tempo e concentrazione. Nonostante ciò, pensiamo che l’importanza e l’utilità di una buona lettura sia indispensabile ad esercitare la mente e la nostra fantasia.

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L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE NELL’ARTE

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Vittoria Castelli & Irene Fiocca, 4G

grazie agli studi con il maestro Guichard. Dovette studiare da privata in quanto la sua condizione di giovane ragazza non le permise di accedere all’Ecole de Beaux-Arts. La svolta nella vita e nel percorso artistico della Morisot giunse nel 1868, quando conobbe Manet. Ne divenne la musa e l’allieva, trovando nell’artista un punto di riferimento sia nella vita privata sia in quella artistica. Infatti per il pittore provò un amore che però non venne mai corrisposto. Giusto per non rimanere a mani vuote, sposò il fratello di Edouard, Eugene Manet, la cui morte, nel 1892, oscurò gli ultimi anni della vita dell’artista. Berthe morì prematuramente nel 1895 e fu sepolta insieme al marito e al cognato, nella tomba della famiglia Manet. Dello stile della pittrice si apprezzano soprattutto le pennellate irruente e travolgenti, equilibrate da un uso dominante del bianco, come simbolo di purezza e luce. I soggetti di Berthe si distinguono per l’intimità e il carattere profondamente personale e quotidiano e, anche nei dipinti en plein air, preferisce vedute ristrette ai vasti e sfumati paesaggi tipici impressionisti. Emblema della dolcezza dell’ambiente familiare è il suo quadro La Culla (1872), che ritrae la sorella Edma che veglia sulla figlioletta Blanche addormentata. Notevoli sono

ra ora che anche su Cassandra approdasse qualche curiosità interessante sulla pittura. Sappiamo che state per girare pagina perchè già non ne potete più del libro di storia dell’arte, figuriamoci se vi mettete a leggere di arte quando potreste saltare direttamente agli ipse dixit. Ma se siete arrivati a questo punto vuol dire che sotto sotto un po’ vi interessa, perciò spendete questi benedetti dieci minuti e acculturatevi un po’! Ci tenevamo a presentarvi due artisti interessanti, sorprendenti e, soprattutto, donne: Berthe Morisot e Tamara de Lempicka. BERTHE MORISOT Berthe Morisot non fu soltanto musa e modella del grande Manet e una pittrice dal talento e dalla grazia straordinari, fu l’emblema di una lotta, seppur silenziosa, contro un sistema in cui la donna trovava il suo posto solo accanto al focolare domestico e sicuramente non poteva fare la pittrice, a maggior ragione impressionista. Si distinse come esponente della nascente avanguardia e come unica donna a prenderne parte. Nacque a Bourges nel 1841. Incoraggiata dai genitori, Berthe dimostra da subito un’inclinazione per il disegno e la pittura, inclinazione che si trasforma in talento,

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i colori tenui dei tendaggi che ricoprono la culla, in netto contrasto con il blu profondo dello sfondo e del vestito della madre. Il sonno beato della bambina, lo sguardo sereno della madre e la luce attratta dal bianco velo della culla ci offrono uno scorcio tanto intimo quanto commovente.

ospite di Gabriele d’Annunzio, decise di trasferirsi nel continente americano, in California e a New York prima, in Messico poi. Le opere databili a questo periodo, vicine all’arte astratta, vennero però accolte freddamente dalla critica, soprattutto a causa della tecnica pittorica utilizzata, che sostituiva la spatola al pennello. Emblematica opera della famosa pittrice è senza dubbio Autoritratto sulla Bugatti verde, in cui si rappresentò bella, seducente e annoiata, a bordo di una costosissima macchina di lusso emblema della ricchezza e della modernità nonché del successo che la investì in quegli anni. Per questo l’automobile diventa non solo simbolo dell’arte futurista ma, evidentemente in quest’opera, della libertà della donna dal patriarcato. L’illuminazione del ritratto è sapientemente studiata per conferire al soggetto il potere di sedurre lo spettatore, che si trova davanti a un dipinto dalle forme perfette e delicate ma decisamente calcate, donandogli una compattezza quasi scultorea.

TAMARA DE LEMPICKA Nata a Varsavia nel 1898, Tamara de Lempicka fu tra gli esponenti più originali e apprezzati dell’Art Déco, nonché simbolo dell’emancipazione femminile e di un secolo rivoluzionario quale il Novecento. Di personalità alquanto misteriosa, l’artista ebbe occasione di compiere diversi viaggi in Europa, in Russia e, negli ultimi anni, negli Stati Uniti. Fu proprio il primo soggiorno in Italia a far nascere in lei la passione per l’arte, passione che riuscirà a concretizzarsi soltanto intorno agli anni ‘30, a Parigi, luogo dove compirà la sua vera e propria formazione artistica. Dopo aver quindi viaggiato per l’Europa, in Paesi come la Germania e nuovamente l’Italia, dove fu anche

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VOGLIA DI NORMALITÀ

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Celeste Cividini Trovesi, 1F

olti dicono che essere adolescenti non sia facile. Lo è ancora di meno oggi, al tempo del coronavius. A causa dell’emergenza sanitaria siamo infatti dovuti rimanere a casa, senza contatti (se non virtuali) con persone che non fossero i nostri genitori o i nostri fratelli. Inizialmente, alla fine di febbraio 2020, si era deciso che le scuole sarebbero rimaste chiuse una settimana in più rispetto al solito rientro dalle vacanze di carnevale e, fin lì, nulla di male. In realtà non siamo più tornati a scuola per il resto dell’anno scolastico, perchè la pandemia ci ha colti impreparati. A settembre le scuole hanno riaperto, ma i mezzi di trasporto non sono stati potenziati e su di essi i distanziamenti non venivano rispettati. Con l’incremento dei contagi, ecco che le superiori sono state nuovamente messe in DAD: ci hanno costretti a restare ancora una volta a casa, limitando al minimo la vita sociale. Nonostante le promesse di riaprire le scuole al rientro dalle vacanze natalizie, all’ultimo momento è ar-

rivata la notizia della proroga della DAD. Molti di noi, a quel punto, non ce la facevano più e avevano il bisogno di farsi sentire in qualche modo: alla sera del 7 gennaio ci siamo quindi organizzati per andare il giorno dopo a seguire le videolezioni in piazza Rosate, davanti alla nostra scuola, ovviamente con la distanza necessaria e le mascherine. L’obiettivo era quello di far sentire la nostra voce, chiedere alle istituzioni di non lasciare l’istruzione sempre all’ultimo posto e di risolvere la “questione trasporti” una volta per tutte, garantendo

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così finalmente anche a noi il diritto alla suola in presenza. Alcuni di noi il 7 gennaio sono quindi arrivati davanti alla scuola già dalle 7:30 del mattino, con 2 gradi sotto zero, muniti di coperte, computer, tablet, auricolari e libri, in modo da poter seguire le videolezioni. In un anno sono riusciti a trovare un vaccino contro il Covid, ma non a risolvere il problema della scuola, dice Federica, una delle ragazze salite già il primo giorno. La scuola è vittima, come i professori, ma è un luogo sicuro. Eppure alla scuola non è stata data priorità, continua Gaia. Per evitare assembramenti ci siamo organizzati tramite un file excel ed abbiamo seguito le lezioni coraggiosamente seduti per terra con il dispositivo sulla sedia, oppure seduti sulle sedie e il dispositivo sulle gambe. Questa situazione è durata per i primi due o tre giorni, perchè poi il caffè del Tasso ci è venuto in

soccorso, offrendoci tavoli e altre sedie, per farci stare un po’ più comodi. Noi siamo qui perchè crediamo che la didattica a distanza non sia, per quanto valida, una buona soluzione alla nostra istruzione per così a lungo, afferma Nicolò: la scuola è un luogo sicuro. Siamo qui anche per chieere alle Istituzioni di risolvere i trasporti. La manifestazione è durata più di una settimana, nonostante le basse temperature e, per un paio di giorni, la pioggia. Con il tempo, alla nostra scuola si sono associati il Mascheroni, il Secco Suardo e altri ancora. Anche se solo al 50% in presenza, ora siamo finalmente ritornati a scuola: possiamo intervenire nelle lezioni con più naturalezza, parlare senza attivare un microfono e abbracciare almeno con lo sguardo i nostri compagni. Insomma, abbiamo ritrovato un po’ di normalità... nell’anormalità dell’adolescenza.

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IL GIUDIZIO DELLE PERSONE: DEPP E MARADONA

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i chiediamo mai come sarebbe la nostra visione di intrattenimento se non conoscessimo la vita privata delle celebrità, ma solo quella pubblica? Se non fossimo affamati di pettegolezzi? Se non esistessero tutte le testate giornalistiche che pubblicano “paparazzate”? Evidentemente no. Lo dimostra il processo degli orrori che ha condotto Johnny Depp al licenziamento e alla diffamazione pubblica. JOHNNY DEPP

Il 28 luglio 2020 si è concluso il processo da cui sono emersi terribili dettagli, che denotano un matrimonio fatto di violenza, droga e degrado. Tutto comincia nel 2016, quando l’allora protagonista di Aquaman, Amber Heard, accusa pubblicamente il marito di averla colpita e percossa ripetutamente e chiede un ordine restrittivo. Depp sceglie il silenzio e continua il suo tour mondiale con gli Hollywood Vampires. Nel 2017 i due divorziano e tutto

Martina Musci, 2D & Annalucia Gelmini, 2E

sembra concludersi, certamente non lietamente. Il loro matrimonio, durato solo 15 mesi, è stato teatro di violenze reciproche, di cui tuttavia il solo colpevole sembra essere Depp; a causa di ciò, dopo i vari processi e le accuse della Heard, egli è stato estromesso da due delle saghe che gli hanno dato più successo: Pirati dei Caraibi e Animali Fantastici e dove trovarli. L’opinione pubblica ha letteralmente distrutto la sua carriera a Hollywood, demolendo l’immagine del divo che abbiamo sempre avuto. Tuttavia, una successiva diffusione di alcuni audio che dipingevano la Heard come una persona molto violenta ha spinto il mondo della rete a cambiare la propria posizione: Depp è stato il carnefice o la vittima? Difatti, oltre a violenze fisiche l’attore avrebbe anche subito le violenze psicologiche dell’attrice, che una volta arrivò addirittura a nascondere le pillole per la disintossicazione di Depp. Se quindi prima era naturale e quasi d’obbligo stare dalla parte della Heard, l’ammissione dell’attrice ha portato ad un’inversione di rotta. Si parla spesso e giustamente di mariti che abusano delle mogli, ma meno delle mogli che fanno lo stesso con i propri coniugi. Sono situazioni che vengono troppo frequentemente sottovalutate e messe in secondo piano: in tutti e due casi i coniugi vittime di violenza domestica devono denunciare

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l’accaduto, senza distinzione di genere. La sensazione che emerge da tutto questo è che le due celebrità abbiano avuto una relazione disfunzionale e che la verità si trovi nel mezzo. DIEGO MARADONA Come sappiamo, lo scorso 25 novembre Diego Armando Maradona è morto in Argentina per un arresto cardiocircolatorio a 60 anni. Tralasciando tutte le ipotesi e le indagini che sono state fatte per far luce sulla sua morte, la vita del Pibe de Oro è piena di luci ed ombre. Il Pibe, in campo, era qualcosa di fenomenale: non c’era azione che non riuscisse a trasformare in magia, “un poeta”, come lo ha definito Papa Francesco. Il suo talento viene scoperto quando lui ha solo 11 anni e vive nella periferia di Buenos Aires: da quel momento gioca negli Argentinos Juniors, nel Boca Juniors e nel Barça, per poi approdare al Napoli. Qui la città si innamora di Diego, che ricambia portando il Napoli in alto, molto in alto (anche se nel ‘91, a causa della sua dipendenza dalla cocaina, è stato squalificato per 18 mesi). Ma è giusto giudicare una persona basandosi solo sulla sua carriera calcistica? Maradona infatti, oltre ad aver sofferto di una grave forma di dipendenza da cocaina, ha avuto una vita privata tormentata: tutte le sue relazioni ufficiali si sono concluse in modo burrascoso, finendo spesso al centro del gossip; ha avuto diversi figli da relazioni clandestine, in seguito riconosciuti come per colmare buchi incolmabili. Egli è stato anche accusato di violenza sessuale, in particolare da una giornalista russa, Katerina Nadolskaya, la quale racconta

che Maradona avrebbe provato a spogliarla in una stanza d’albergo dove si erano trovati per un’intervista; i legali del calciatore, invece, sostengono che sia stata la donna a spogliarsi improvvisamente di fronte a lui. Dopo l’iniziale clamore mediatico, però, non è stata sporta alcuna denuncia da parte della giornalista e quindi non c’è stato un processo, ne’ una condanna definitiva. Il Pibe era un personaggio oltre che una persona, dal carattere eccentrico, amava la vita e ha voluto viverla tutta, a mille: non ovvio, non è stata perfetta, ma lui è comunque stato un grande calciatore, che ci ha fatto sognare tutti. Quindi, riassumendo, è corretto ricordare Maradona solo come l’artista con la palla ai piedi o bisogna anche prendere in considerazione gli errori e le sue azioni fuori dal campo? Evidentemente non c’è una risposta corretta, ma è necessario ricordare che tutte le notizie che riceviamo sono informazioni spesso distorte, manipolate per far passare un determinato messaggio, e che gli sbagli commessi dai personaggi pubblici ci fanno capire che anche loro sono umani e, come tutti, commettono errori.

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IL COMPLOTTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

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un dato di fatto: stiamo vivendo mesi di profonda crisi, sia sanitaria che economica (per la maggior parte dei Paesi). Restringendo il campo a noi cittadini italiani, a mio parere la superficialità e l’ignoranza con cui il nostro governo ha affrontato ed affronta tuttora questa pandemia ha registrato molte pecche, lasciando spesso la popolazione avvolta nell’ombra di immensi dubbi, errori inspiegabilmente bizzarri ed imperdonabile trascuratezza… Tutto ciò ha condotto, a lungo andare, alla ricerca di un capro espiatorio, qualcuno a cui poter affibbiare la colpa di tutte le disgrazie di questo oscuro periodo. E benché molti si ostinino a negarlo, la mentalità che ha provocato la nascita di diverse teorie complottistiche (da quelle contro i “Poteri forti”, alle sostenitrici di “Trump salvatore del mondo”), è la stessa che, nel 1935, portò all’instaurazione delle leggi nazi-fasciste, accusando di ogni malanno tedesco e italiano (per lo più riguardante il fattore finanziario) la popolazione ebrea. Per il momento, mi consento di affermare tranquillamente che queste assurde ideologie non sono minimamente comparabili agli ordinamenti razziali di Hitler e Mussolini, nonostante non si possa negare come molte di codeste credenze (per esempio i negazionisti) rechino danno alla salute ed all’intelletto della razza umana. Perciò, eccovi alcune delle supposizioni com-

Chiara Inzaghi, 1C

plottistiche, a mio avviso più degne di nota, per offrire uno sguardo ai diversi pensieri, dai più papabili e convincenti, ai più strampalati e sconclusionati. NEGAZIONISTI La loro “dottrina” si limita al semplice diniego delle vittime di COVID-19, sebbene la maggior parte di essi non si permetta di rifiutare l’esistenza della pandemia. Convinti infatti sia solo una scorciatoia governativa per controllarci e monitorarci, combattono la loro libertà abbracciandosi senza mascherine, organizzando manifestazioni tutti uniti in piazza (la famosissima Marcia Della Liberazione dalla dittatura sanitaria) e deridendo i morti a seguito del contagio di questo fanta-virus, portando a favore della loro tesi argomentazioni tanto ironiche quanto irripetibili. Questi, non solo influiscono sull’aumento delle probabilità di contagio in un momento definibile critico, ma aizzano anche la popolazione contro Loro, entità ancora poco note che pargono scrutarci da un razzo spaziale e governarci come marionette: lavoro apparentemente facile, dal momento che la Terra è piatta. Ebbene sì, essi, insieme ad altri seguaci e alleati i quali hanno fortunatamente aperto gli occhi, sostengono speculazioni contro la scienza su temi quali l’evoluzione o il cambiamento climatico.

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DANIEL ASOR Il cui discorso riguardante il vaccino anti-covid è ormai sulla bocca di tutti da qualche giorno. Con un sermone online risalente al 19 gennaio, il rabbino ha proprio confermato, come riportato dal sito Israel Hayom, il fatto che il vaccino contro il Covid “could make you gay”, consigliando a tutti i suoi fedeli di rifiutarsi categoricamente di sottoporsi all’iniezione; coniugando così alla perfezione in una sola frase omofobia e spirito no-vax. Iconica la risposta del giornale Il Fatto quotidiano, che confuta il rabbino esordendo con: Vaccino anti Covid rende gay? Magari! Purtroppo la scienza non fa miracoli. Documentandomi meglio, ho scoperto che il vaccino non è in grado di incrementare l’omosessualità, nè tantomeno di permettere ai componenti dell’Alphabet Mafia di acquisire equità od il diritto di esprimere pubblicamente il proprio amore. TERZA GUERRA MONDIALE Non sono molti ma esistono, i convinti di trovarci nel bel mezzo di una terza guerra mondiale, cominciata dalla Cina quel fatidico giorno in cui decise di far mangiare ad un suo cittadino un pipistrello. “Era ovvio che non si sarebbe svolta in trincea, questa volta, ma che si sarebbe trattato di una guerra fredda combattuta in segreto”, annunciano. Essi si stupiscono di come la Cina non solo sia uscita dalla pandemia in tempo record, ma anche come sia riuscita ad arricchirsi contrastando la crisi finanziaria a cui hanno dovuto soccombere la maggior parte delle potenze, esportando mascherine in tutto il mondo. Ragionamento impeccabile, se non per l’ignoranza riguardante la dittatura mascherata a cui la Cina è

sottoposta, la quale le ha permesso non solo di inserire immediatamente provvedimenti penali per chiunque non rispetti le nuove norme imposte, ma che comporta inoltre uno sfruttamento dei lavoratori, il che permette agli imprenditori industriali di venir meno a molti diritti umani, velocizzando la produzione su larga scala. SOSTENITORI DI TRUMP Non parlo soltanto di coloro che tuttora si ostinano a non ammettere la vittoria di Joe Biden alle elezioni 2020, bensì dei discriminatori a sfavore della popolazione cinese, convinti che essa stia manipolando tutti noi verso la conquista del mondo mente dopo mente (quelle restìe che non riesce a zittire attraverso lo sterminio di massa dettato dal Covid). Codesti si appellano a Trump, convinti che stia tramando un “piano di salvataggio” per tutto il cosmo, il cui boicottamento comincia proprio dall’esclusione dalla Casa Bianca. Atmosfera molto dolce ed allegorica, fino al momento in cui ci si rende consapevoli che l’unica prova di cui sono in possesso è la loro fiducia nel “grande presidente” e qualche messaggio in codice su Twitter che i governi delle altre nazioni non sono sono stati in grado di captare, ma loro sì. Le teorie sorte durante questa improvvisa e imprevista pandemia sono infinite e sempre in aumento. Malgrado molte incrementino l’odio reciproco in un così delicato periodo, dal mio punto di vista non si possono rimproverare gli ideatori di questi pensieri, in quanto vittime di scetticismo verso un governo che non ha tentato nulla per evitare l’insorgere di determinate controversie.

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LARRY STYLINSON: COSPIRAZIONE O REALTÀ?

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a storia degli One Direction nasce nel lontano 2010, e con loro uno dei fandom più discussi degli ultimi tempi. La boy band inglese si forma dopo la partecipazione di Louis Tomlinson, Liam Payne, Harry Styles, Zayn e Niall Horan come solisti al programma The X Factor, e annunciano una lunga pausa nel 2016. I cinque proseguono con

vari progetti da solisti, ma il fandom continua comunque a crescere, e al suo interno fanno la loro comparsa i Larry shipper, ossia le persone che sostengono che ci sia - o ci sia stata - una relazione tra Harry Styles e Louis Tomlinson. Ma perché i Larry shipper ne sono così convinti? È qui che entrano in gioco le cosiddette “prove Larry”: alcune queste sono molti tatuaggi che sembrerebbero di coppia e i testi di canzoni che potrebbero riferirsi l’uno all’altro. Durante il

Ginevra Sansoni & Alice Beretta, 1F

festival tenutosi nella città di Leeds nel 2011, i due vengono visti molto affiatati, addirittura l’uno con indosso i vestiti dell’altro. Tengono il braccialetto del festival per i mesi a seguire, e, dopo averlo tolto, Harry si tatua sul polso dove teneva il braccialetto la frase “i can’t change”, citata da Make it stop (September’s children) dei Rise Against, cantata lì. Successivamente Louis si tatua delle virgolette sempre sul polso, come a voler completare la citazione. La frase è stata coperta da un altro tatuaggio, fatto da Harry anni dopo, raffigurante un’ancora, ma anche le virgolette di Louis sono state rimpiazzate da un nuovo tatuaggio: una fune, anch’essa riconducibile all’ancora di Harry. Sempre Harry si è tatuato un altro simbolo della navigazione, ossia un veliero chiamato Royal Louis, e a distanza di diciotto ore Louis si è tatuato una bussola. Tutti questi tatuaggi ricordano i versi della loro canzone Strong: Le mie mani, le tue mani legate come due navi.

Ma perché tenere segreta una relazione che andrebbe avanti da così tanto tempo? Si pensa che la casa discografica degli One Direction, la Syco, avesse costretto legalmente i due ragazzi a tenere segreto il loro amore, in quanto il manager era convinto che avrebbe potuto danneggiare l’immagine della band. A supporto della teoria, il cantante Jaymi Hensley, membro della band Union J e

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sotto contratto con la Syco, ha dichiarato, dopo aver fatto coming out nel 2012: «L’ho visto accadere ad altre persone del settore, a cui è stato detto: ‘non puoi fare coming out, non andrà bene per le tue vendite’». I due ragazzi, però, hanno avuto altre relazioni pubbliche dal 2011 ad oggi; la più duratura è quella tra Louis e la modella Eleanor Calder, che va avanti dal 2011. Il fandom è convinto che anche la ragazza sia sotto contratto: a far storcere il naso ai Larry shipper sono stati diversi fatti, tra i quali che lei non si sia mai esposta pubblicamente nelle date importanti, come l’anniversario della morte della madre di Louis, e un like lasciato a un post che insultava la sua defunta sorella. Inoltre, il fandom si chiede come mai i due non si siano ancora sposati dopo nove anni di relazione dal momento che Louis aveva già in giovane età reso pubblico il suo desiderio di formare una famiglia; i più romantici hanno notato che mentre lo dichiarava in un’intervista guardava Harry. A inizio 2020, Louis pubblica l’album Walls, dedicato “all’amore della sua vita”, i fan, però, hanno notato varie incongruenze tra la figura di Eleanor e ciò che viene detto nei testi. Ad esempio in Habit si parla del complesso di Princess Park, dove Louis ha vissuto con Harry vicino agli altri componenti della band; all’epoca non si conoscevano nemmeno. Sembrerebbe quasi una favola, una storia fantastica. Ma la realtà è fatta anche da persone che prendono una presunta coppia innocua e ne fanno un’ossessione: le varie fidanzate che hanno avuto i due sono state bombardate di insulti social, prima fra tutte Eleanor, che viene trattata come la strega cattiva che

ostacola il lieto fine dei protagonisti. È però risaputo che il management non si è fatto scrupoli a imporre ritmi disumani alla band, che si esibivano anche se indisposti e registravano gli album durante i tour, portando Liam Payne e Zayn ad avere l’uno problemi di alcolismo e agorafobia e ad avere pensieri suicidi e l’altro a sviluppare disturbi alimentari e ad abusare di sostanze stupefacen-

ti. Perché rifiutarsi, allora, di mettere sotto un contratto simile due persone? Non sappiamo se i Larry esistano o meno. Sappiamo, però, che non ha senso ossessionarsi a una cosa del genere. Ci sono miriadi di fanfiction su questa ship in cui Harry è descritto come un criminale, uno stupratore o un violento. Ovunque, sui social, possiamo vedere persone che sminuiscono il lavoro di cinque artisti molto apprezzati dal pubblico e dalla critica solo perché vorrebbero vedere insieme questi due ragazzi. Non possiamo avere la certezza che siano reali, ma, se tutto si rivelasse solo un’invenzione, il fandom avrebbe creato una delle migliori storie d’amore (o cospirazione romantica) di sempre.

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SARPIVISION SONG CONTEST

Linda Sangaletti e Paolo Raimondi, 5E Maddalena Foschetti e Martina Musci, 2D

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er questa edizione del Sarpivision Song Contest avete votato senza dover seguire alcun tema, vi abbiamo lasciati liberi di commentare qualsiasi canzone voleste. Ecco i risultati:

Freestyle Lavanderie Ramone - 2012

AM - 2013

Billie Jean - 1982

Ebbene sì, la canzone vincitrice è Why’d you only call me when you’re high? degli Artic Monkeys, band indie rock britannica. Il singolo è uscito nel 2013 ma rimane il loro brano più popolare su Spotify arrivando alle 479 milioni di riproduzioni sulla piattaforma. Mi piace molto questa canzone, ti trasporta subito in un pub londinese dove ti stai ubriacando mentre aspetti una sua risposta che, puntualmente, non arriva. Grazie alla cover di Miley Cyrus il brano è diventato molto famoso anche su TikTok coinvolgendo gli utenti in moltissime challenge. Al secondo posto troviamo Freestyle Lavanderie Ramone di Shade, Fred De Palma e Ensi. Ci fu un tempo in cui Fred De Palma e Shade non concentravano i loro sforzi nel conquistare le ragazzine.

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Volevano le loro madri, mentre a Ensi bastavano i polaretti e i cactus. Da un età d’oro così nasce questo trattato di precettistica amorosa, letteratura e anatomia. Da godere in famiglia. Sull’ultimo gradino del podio abbiamo Billie Jean di Michael Jackson. Pezzo simbolo degli anni ottanta, sfido chiunque di voi a non riconoscerlo dopo il primo accordo. Non mi sembra il caso di commentare musicalmente questo brano, non vorrei mai peccare di ὕβϱις. Indi per cui racconterò un aneddoto su questa canzone che forse molti di voi non sanno. Si narra che l’idea di Billie Jean venne in mente a Michael mentre era alla guida della sua Rolls Royce . ll nostro Jack aveva già tutta la canzone in testa ed era così assorto nei suoi pensieri che non si accorse che la sua auto stava andando a fuoco. Un ragazzino su una motocicletta gli si affiancò e gli gridò che la macchina stava bruciando, salvandogli la vita. Lo stesso Jackson disse in un’intervista: «Un musicista riconosce un successo. Deve farti sentire bene. Sapevo che Billie Jean sarebbe stata grande mentre la stavo scrivendo: ero davvero preso da quella canzone. Un giorno durante una pausa delle registrazioni stavo guidando lungo la Ventura Freeway, Billie Jean mi girava per la testa ed era tutto ciò a cui stavo pensando. Quel ragazzino probabilmente mi salvò la vita: se la macchina fosse esplosa, sarei rimasto ucciso, ma ero così assorbito da questa melodia che mi galleggiava in testa». In sostanza il nostro caro Micheal aveva già capito l’effetto che questa canzone avrebbe avuto sui i nostri cari sarpini, i quali ancora oggi sono assorbiti e estasiati da questa mitica canzone. Menzioni onorevoli:

Qualcuno che si esplode, Tutti Fenomeni

“Tutti Fenomeni” è il nome d’arte di questo ragazzo romano di grande innovazione, che si fa riconoscere per la vena ironica che usa nei testi delle sue canzoni. Ha frequentato il liceo classico, quindi non ci dovrebbe stupire l’incipit di Qualcuno che si esplode che partendo

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con un “Cantami, o diva, dell’ira funesta” ci lancia un inizio quasi proemiale. Continua poi nella canzone (come d’altronde per tutti i suoi brani) con un filo di assurdità colta e straniante. Non c’è insomma da meravigliarsi se abbia colpito tanti sarpini con il suo fascino serioso e alienante.

Fade Away, Oasis

Come altra menzione speciale troviamo Fade Away degli Oasis, band britannica indie rock. Questa canzone parla degli ostacoli che una qualsiasi persona affronta più volte durante la vita. Sono ostacoli imposti dagli altri che ti sbarrano la strada verso la realizzazione di quei sogni che avevi da bambino. Vivi in questa bolla, creata dalla nostra società, in cui ti autoconvinci che i tuoi sogni non possono realizzarsi e ti limiti a seguire i consigli e le imposizione degli altri. Questo ti lega le ali per volare, per immaginare e per vivere la tua vita al meglio. Questa canzone ha qualcosa di magico e liberatorio in sè, forse la verità dietro il testo, forse la melodia, resta il fatto che ogni volta che la senti ti resta un senso di amaro in bocca. Quindi belli miei mettetela a palla e seguite i vostri sogni! Cari sarpini, continuate ad ascoltare musica e soprattutto partecipate ai prossimi Sarpivision Song Contest su Instagram - @cassandrailgiornale Stay tuned.

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CINQUE PEZZI FACILI G

Margherita Nè Allegra, 5E

ood morning, Sarpi! Dopo essermi tanto lamentata degli scorsi temi, imposti dalle festività, questa volta passiamo all’estremo opposto, dalla pura banalità all’ignoto, la totale assenza di alcun criterio che funga da nesso per i miei cinque film; non ci facciamo mancare proprio niente insomma. Carta bianca. Ci ho messo parecchio a scegliere il filo logico che potesse collegare le cinque pellicole di questo numero. Ho tentato di scegliere cinque imperdibili classici, senza alcuna coesione tra loro, ma è decisamente più facile a dirsi che a farsi, e alla seconda scrematura mi sono trovata di fronte ad ancora una trentina di film tra cui proprio non riuscivo a decidermi. Tosta; a mezzanotte e mezza, con una settimana di ritardo per la consegna dell’articolo, forse un po’ rimpiango il tema natalizio. Carta bianca. Cinque film sulla libertà? Magari cinque film sui vincoli, o sull’assenza di essi; forse sulla scelta? Bianco. Cinque film sui colori? Ecco. Bianco, nel senso di assenza. Vi propongo allora cinque film sull’assenza; uno in bianco e nero, mancanza di colori; il secondo muto, assenza di voce; il terzo quasi del tutto privo di colonna sonora; un altro, invece, senza logica narrativa; l’ultimo, infine, tratta l’assenza del film stesso. (se lo leggete con tono solenne sembra un po’ la ‘poesia degli anelli’ di Tolkien haha).

Casablanca (1942) di Michael Curtiz

Pellicola immortale, in bianco e nero, è la trasposizione cinematografica dello spettacolo teatrale ‘Everybody comes to Rick’s’, scritto nel 1940 da M.Burnett e J.Alison, poi acquistato dalla Warner Bros. Ambientata nel 1941, la pellicola narra le vicende di Rick Blaine, proprietario di un noto night club a Casablanca, al tempo colonia francese, sotto il regime collaborazionista di Vichy. Una sera al locale si presenta Ilsa, vecchia fiamma di Rick, insieme al marito Lazlo, braccato dalla Gestapo; i due cercano due lettere di transito, per poter lasciare la città. Rick è in bilico tra la sua ostentata ed un po’ cinica neutralità, e il grande amore che ancora prova per la donna. Oltre ad una delle storie d’amore più iconiche del cinema, Casablanca è anche un manifesto politico, una storia dichiaratamente antinazista, sostenitrice della Resistenza francese (come emerge chiaramente dalla scena della Marsigliese).

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Luci della città (1931) di Charlie Chaplin

Charlot, il protagonista, è un vagabondo, che si innamora di una fioraia cieca da cui ha comprato una rosa; la donna per una serie di equivoci crede erroneamente che l’uomo sia un milionario, e, affascinata dal suo buon cuore, ne diviene amica. Charlot salva poi un ricco imprenditore da un tentativo di suicidio, e questo, dopo una serie di peripezie, gli dona una gran somma di denaro. A questo punto l’unico desiderio di Charlot è quello di aiutare l’amata, pagandole l’intervento agli occhi che le ridarebbe la vista… Quando Chaplin comincia a girare il film, il sonoro si sta ormai affermando; nonostante ciò, decide di non voler ancora rinunciare a Charlot, il personaggio muto, icona di sensibilità e di illusione tragica, che lo ha reso così celebre; così, nel giro di tre anni porta a termine il film, muto, accompagnato solo dalla musica, scritta dallo stesso Chaplin. Si dice abbia utilizzando oltre 100.000 metri di pellicola, pretendendo con precisione maniacale la perfetta riuscita del film; la scena del primo incontro con la fioraia, ad esempio, è stata girata ben 342 volte.

Non è un paese per vecchi (2007) dei fratelli Coen

Texas, 1940. Llewelyn Moss, un texano reduce dalla guerra in Vietnam, è a caccia; si imbatte per caso in un massacro, probabilmente un regolamento di conti tra bande per una partita di droga, trovando in mezzo ai cadaveri anche un’ingente somma di denaro. Moss prende i soldi, ma questa decisione impulsiva lo scaraventa in un incubo di violenza e angoscia. L’uomo si ritrova infatti a dover scappare da Anton Chigurth, un pericoloso sicario che, con la sua espressione gelida ed impassibile e l’inconfondibile caschetto, uccide chiunque si frapponga al recupero del danaro. Il film è tratto dall’omonimo libro di Cormac McCarthy, che coglie le tematiche preferite dei fratelli Coen, come la banalità della morte e del male, o l’imprevedibilità della vita. La colonna sonora, di Carter Burwell, è praticamente inesistente, si limita a sottolineare in modo minimale poche scene. In questo affresco pessimistico di un mondo piagato dalla violenza, di una società in cui imperversa il male, costituita da individui il cui unico scopo è arricchirsi, l’assenza di musica riesce ad esaltare i silenzi interminabili, la perenne tensione, il malessere che il film provoca allo spettatore.

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Eraserhead (1977) di David Lynch

Vi aspettavate il Tenet di turno forse, volutamente incasinato per mandarvi il cervello in pappa. Ovunque ci sia dell’incomprensibile tutti urlano alla genialità; ma c’è incomprensibilità ed incomprensibilità. Questo film, come molti altri di Lynch, è costellato delle ossessioni personali del regista; si dice infatti che il buon Lynch non abbia vissuto particolarmente bene la nascita della sua prima figlia, nata con una malformazione ai piedi (come il feto in Eraserhead), e abbia orientato tutto il proprio tormento in un film. Eraserhead risulta piuttosto criptico, ma altrettanto eccezionale. La trama di per sé è piuttosto semplice; Henry Spencer è un tipografo che vive in uno squallido appartamento di Philadelphia. Quando la sua ragazza Mary rimane incinta, l’uomo si trova costretto a doverla sposare, e ad accudire il bambino. Il tema centrale è la difficoltà che Henry riscontra nell’ accettare la paternità, inscenata però come un incubo allucinato, in cui tutta la realtà risulta deformata, completamente stravolta; la carenza di dialoghi e le scene scure non fanno che fomentare questo senso di intrappolamento, questo desiderio di evasione che prova il protagonista, completamente alienato dalla paternità. Il film ci conduce nella testa di Henry Spencer, costituisce la rappresentazione onirica di cosa significhi, secondo Lynch, stare al mondo, con tutti i disagi e le angosce dell’uomo moderno. L’intera pellicola è un viaggio nell’inconscio umano, la rappresentazione artistica di uno stato d’animo, e per questo risulta scevra di una vera logica narrativa. Decisamente grottesco, ma è proprio bello.

Lost in la Mancha (2002) di Keith Fulton e Louis Pepe

Il documentario illustra le incredibili disavventure in cui incorse il film “L’uomo che uccise Don Chisciotte”, che Terry Gilliam avrebbe dovuto girare nel 2000 (e che riuscì poi a realizzare solo nel 2018, dopo ben otto tentativi). Il film ebbe problemi sin dalla pre-produzione, e finì per naufragare dopo solo una settimana di riprese. Questo documentario, nato come un semplice making of, è stato poi rimaneggiato con l’immissione di interviste, disegni del regista, e persino alcune scene del Don Chisciotte che anche Orson Welles aveva provato a girare, senza successo; è un’occasione per prendere consapevolezza di cosa si trovi esattamente dietro lo schermo, e per conoscere più da vicino il geniale regista. È parecchio divertente seguire tutte le disgrazie che si abbattono sul povero Terry. Un nubifragio che distrugge le apparecchiature e rende impossibili le riprese, trasformando l’ambiente desertico in un pantano rossiccio; la grave ernia al disco che impedisce a Jean Rochefort di girare; il continuo rombo dei jet in una vicina base militare che rende infattibile la registrazione del suono in presa diretta; l’assenza di Vanessa Paradis… Tra l’altro la tenerezza che vi suscita Gilliam man mano che il film procede è direttamente proporzionale alla sfiga che si accanisce su di lui e al suo passivo, sconsolato sconforto. BONUS: Non credo possa mancare il film bianco per eccellenza, Film Bianco (1993) di Krzysztof Kieslowski; già che ci siete guardatevi anche gli altri due film della trilogia.

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MUSIC: “TRIBUTO” O CASINO ABILISTA?

P

iccolo spoiler: checché ne dica chi ha diretto il film, l’opzione giusta è la seconda. Ma facciamo un passo indietro. Sia è una cantante di origini australiane, forse meglio conosciuta per la sua parrucca bicolore e il suo singolo del 2014, Chandelier. Di recente ha deciso di fare il suo debutto nel mondo del cinema: il 19 novembre ha postato su Twitter il trailer di Music, film da lei diretto. Narra la storia dell’omonima protagonista autistica non verbale (interpretata da Maddie Ziegler, storica amica della cantante), sua sorella Zu, che si ritrova improvvisamente a dover ricoprire il ruolo di assistente di Music, e il loro vicino Ebo, che aiuterà Zu a prendersi cura della sorella. La cantante ha accompagnato il trailer con una didascalia entusiasta: “The news you’ve been waiting for!” La comunità autistica non ha esitato a specificare che in realtà no, non era la notizia che aspettava. Uno tra i primi errori che le hanno fatto notare è

Teresa Molinari, 2F

stata la scelta di assegnare il ruolo di un personaggio autistico a Maddie Ziegler, neurotipica (non autistica). Analogamente a quanto successe nel 2018, quando Scarlett Johansson decise di interpretare un uomo trans, sono stati molti a chiedersi per quale motivo non è stata selezionata un’attrice autistica per interpretare un ruolo a cui avrebbe potuto aggiungere la sua esperienza personale e autentica. Per Sia sarebbe stato ancora più facile assegnare la parte ad un’attrice autistica: il casting del film è avvenuto via Twitter. “Parecchi attori autistici, me compresa, hanno risposto ai tweet” ha scritto @ HelenAngel, “non è stato fatto alcuno sforzo per includere qualcuno che è veramente autistico” aggiungendo l’hashtag #NothingAboutUsWithoutUs. La risposta della cantante non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco. “Magari sei solo una pessima attrice” ha suggerito Sia. In

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seguito ha tentato di difendersi, scrivendo: “non ho mai parlato di Music come disabile. Ho sempre detto ‘con esigenze speciali’, e dare il ruolo a qualcuno al suo livello di operatività sarebbe crudele, non gentile.” E poi, rispondendo ad un utente che le chiedeva perché sarebbe stato crudele: “lo ritenne estremamente stressante e opprimente” A questo problema, in realtà, c’era una soluzione facilissima: Sia avrebbe potuto dare il ruolo ad un’attrice autistica verbale. Inoltre, sorge spontanea una domanda: se lavorare ad un film la cui protagonista è autistica sarebbe troppo stressante per un’attrice autistica, non è che forse andrebbero cambiate le condizioni lavorative e andrebbe reso il set più accessibile? Forse che la soluzione al problema non è “assegnare la parte a un’attrice neurotipica” ma “adattare il luogo alle esigenze dell’attrice autistica?” Mettiamo che Sia avesse davvero avuto buoni propositi quando ha scelto di assegnare la parte a Ziegler. I difetti del film rimangono tanti, troppi: c’è una scena in cui Music ha una crisi, e il vicino di casa, Ebo, accorre e si sdraia sopra di lei. “La sto schiacciando con il mio amore” dice a Zu. In primo luogo, questa battuta risulta molto condiscendente, e in secondo luogo giustifica una pratica assai pericolosa. L’immobilizzazione prona (prone restraint) ha causato dozzine di morti. Eric Parsa, 16enne, morì lo scorso anno quando, dopo aver avuto una crisi in pubblico, diversi poliziotti gli si sedettero sopra per nove minuti. Il secondo problema sta nell’interpretazione di Ziegler: per prepararsi al ruolo ha guardato dei video su YouTube di bambini autistici durante le crisi, condivisi senza il loro consenso. In più, Sia ha citato l’appoggio dell’associazione Autism Speaks, criticata dalla stragrande maggioranza della comunità autistica.

Autism Speaks tratta l’autismo come una malattia che deve essere eradicata, e il cui focus principale sono le “autism moms”, le madri di bambini autistici che conducono un’esistenza infelice a causa dell’autismo che, secondo un video promozionale dell’associazione del 2009, “sa dove vivi” e “lavora più veloce dell’AIDS pediatrico, del cancro e del diabete messi insieme.” Gli altri due problemi sono entrambi legati ai media. In diversi giornali c’è stata esitazione a definire Music disabile, e sono stati preferiti eufemismi come “con bisogni speciali”, “con abilità speciali.” Questi eufemismi, per inciso, sono generalmente ritenuti offensivi dalla comunità disabile. Disabile non è una parolaccia. Descrive una caratteristica come le altre. Dire disabile non è diverso da dire biondo o mora. Il secondo problema è che la premessa del film è abilista: si concentra sulle fatiche di Zu in quanto sorella e assistente di una persona disabile, piuttosto che sulla storia di Music. Moltissimi film teoricamente incentrati su persone disabili finiscono per usare questi personaggi per far sentire bene i non-disabili, far scendere qualche lacrimuccia oppure motivare la gente. Si tratta del fenomeno dell’inspiration porn. Questo termine, coniato nel 2012 dall’attivista Stella Young, si riferisce alla tendenza delle persone normodotate a vedere i disabili esclusivamente come oggetti di ispirazione in quanto disabili, e non perché abbiano fatto qualcosa veramente degno di ammirazione. Voglio concludere con una citazione di Young: «Disability doesn’t make you exceptional, but questioning what you think you know about it does»

E per favore, non buttate via i soldi per andare a vedere Music.

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AZIENDA TRASPORTI BERGAMO

Marino Belotti, 1C

STORIA ’Azienda Trasporti Bergamo nacque nel 1907, dopo che il 10 luglio dell’anno precedente l’Anonima Società Funicolare e Tranvie (ASFT) venne rilevata per 1.750.000 vecchie lire - circa 48 milioni di euro attuali - e venne fondata l’Azienda Municipalizzata Funicolari e Tranvie Elettriche (AMFTE). La neonata AMFTE ampliò nei decenni successivi la rete tranviaria urbana, che arrivò a contare 10 linee, le quali sostituirono tranvie elettriche ai tram a cavallo. Solo la prima guerra mondiale riuscì a fermare il processo di espansione delle linee urbane, che tuttavia riprese nel 1925 e negli anni successivi con nuove linee verso Colognola, Ponte San Pietro, Stezzano, Santa Lucia e Campagnola. La seconda guerra mondiale impose una nuova frenata allo sviluppo e le ormai desuete e obsolete tranvie furono gradualmente sostituite con linee filoviarie, che mantennero la stessa numerazione delle vecchie tranvie. L’ultima linea tranviaria fu sostituita nel 1978, l’anno precedente al cambio di denominazione dell’azienda da AMFTE ad ATB. Nel 1999 ATB passò da società municipalizzata a società per azioni, come una normale compagnia di transport provider. Nel 2005 fu creata ATB Consorzio, che riunisce tutt’oggi le principali compagnie che effettuano servizio in Bergamo e provincia. Tra queste troviamo SAB (ora passata sot-

L

to il controllo dell’anglotedesca Arriva, cambiando anche denominazione in Arriva SAB), Locatelli Autoservizi Srl e Zani Viaggi, tutte e tre riunite sotto un’unica società denominata Bergamo Trasporti. Quest’ultima è la società che insieme ad ATB e a TEB costituisce ATB Consorzio. TEB (Tranvie Elettriche Bergamasche) è una società fondata nel 2000 con lo scopo di riportare in città tram elettrici. Ad oggi controlla insieme ad ATB e alla CCIAA di Bergamo l’unica linea realizzata, la T1 Bergamo-Albino.

LE LINEE La rete di ATB conta 13 linee più la linea T1 e le due linee di funicolare. La linea 1 collega la stazione di Bergamo (1), i Comuni di Torre de’ Roveri (1A), Scanzo (1B), Grassobbio-Capannelle (1C) e l’aeroporto di Orio al Serio (1 ) a Colle Aperto (1-1A). La linea 1 verso Colle Aperto cambia numerazione da 1 a 1A alla stazione di Bergamo. Ci possono essere linee barrate (1/), solitamente dirette a Porta Nuova e Seriate

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S.G. Essi sono troncamenti delle linee sopracitate dovuti alla mancanza di passeggeri in una determinata fascia oraria. La linea C (ex Linea 2) collega la Clinica Medica Don Orione (C#A) e il quartiere Clementina (C#B) all’Ospedale Papa Giovanni XXIII (C#H). Le linee dove # è 1 passano da Piazza Libertà, quelle dove # è 2 da Porta Nuova. La linea 3 collega l’Ostello di Bergamo con Piazza Mercato delle Scarpe. Non ha cambi di denominazione ed è la linea con il parco mezzi più vecchio di tutta la rete (16,2 anni).

tiche tratte sono effettuate dalle linee 8 e 9C partenti dalla stazione in giorni festivi. La linea 8 collega Ponte San Pietro (8A), Briolo (8B) e Locate (8C) a Seriate (8). La linea 8M collega Seriate a Mozzo e alla zona del Pascoletto solo nei giorni festivi. La linea 9 collega Sorisole (9A), Bruntino (9B), via Marigolda a Curno (9A), Mozzo e la zona del Pascoletto (9B). La linea 10 collega Valbrembo (10A) e la frazione Ghiaie (10B), quest’ultima solo in orari scolastici, al quartiere Loreto (10) e a Dalmine (10), anche questa solamente in orari scolastici. La linea 21 collega Colle Aperto a S. Vigilio. Essa è una sostituzione del servizio di funicolare, attivo dalle 10. La linea 26 collega Alzano Lombardo al Monte di Nese. La linea 27 collega Nembro e Alzano a Torre de’ Roveri.

La linea 5 (ex Linea 11) collega Ranica (5A), Torre Boldone (5B), Nese (5C), Alzano Lombardo (5D/Carrara e 5E/ Dosie), Gavarno (5F), Osio Sopra (5A), Sabbio (5B) e il quartiere Campagnola (5C). Ci possono essere linee barrate (5/), solitamente dirette a Treviolo e Lallio - vale quanto spiegato per la linea 1/.

La linea 28 collega Seriate a Torre Boldone e ha come unico capolinea quest’ultimo.

La linea 6 collega Azzano San Paolo (6A), Stezzano (6B/Ovest e 6C/Est) e Dalmine (6), quest’ultimo solamente in orari scolastici al quartiere di San Colombano (6). Ci può essere una linea barrata (6/), solitamente diretta a Porta Nuova - vale quanto spiegato per la linea 1/. La linea 7 collega Ponteranica (7A) e Sorisole (7B) al quartiere Celadina (7). Il servizio è solo feriale, in quanto le iden-

La linea FUN.C collega Viale Vittorio Emanuele a Piazza Mercato delle Scarpe. Ci sono due carrozze da 50 posti l’una.

La linea T1 è l’unica linea tranviaria in servizio e collega la stazione di Bergamo ad Albino. Non passa sulle strade ma su rotaie esterne.

La linea FUN.SV collega Colle Aperto a S. Vigilio. C’è una sola carrozza da 55 posti. Essa è attiva dalle 10, prima viene sostituita dalla linea 21.

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TRUMP VS BIDEN

Davide Bonacina, 2D

I

n the last period there have been political elections in the USA and Biden, now, is the new president. We have also seen some episodes in which the power and the authority of the new president have been severely tested, and some people have doubted the new president.

In my opinion, Biden could be a good opportunity for America, in order to restore the image of democracy in the USA. In fact, Biden’s intentions are to restore

the “America’s dreams”, that is all the ideals of democracy, freedom, justice and equality once and for all, in order to boost American people’s confidence in democracy and in the State. How to lead the country is a key concept when comparing the two presidents. As for the rhetoric, Trump has always dedicated himself to show a specific image of strength about him, following his political narcissism. Even in the most critical times or when it was obvious he failed, he refused to admit it and blamed others by attempting to get consent. In this moment, to fight Trump’s rhetoric and violent behaviour, it is necessary, in my opinion, to adopt a hard and strong line, to condemn any way of taking the power, which is characterized by violence and by distrust in democratic institutions. Now, America needs a president who is able to represent the strength and firmness of democracy; who

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can give the consent and authority without an unfair policy, but with the means of democratic debate and speech; who can be a democratic image of efficiency and justice. Trump can’t be this: he is now compromised and he will no longer be able to do it, because he has transmitted an image of narrow-mindedness both towards immigration and towards Europe. He has taken distances from any international agreement, including measures for environmental protection. Now the question is: could Biden be the man with the ability to do it? To be honest, Biden is a calm person, with a very moderate rhetoric and, maybe, he lacks the necessary vigor to defend democracy from people’s distrust and Trump’s offensive. But I think that the good interaction between the president and his vice Kamala Harris is what is necessary in this moment to offer a good balance between a paternalistic and traditional inspiration and a just, younger and determinate approach: I believe this combination can answer the expectations that America and other Na-

tions have for the next future. In general, if we compare Trump’s and Biden’s programs, the line adopted by Biden is intended, as Obama’s orientation, to promote a variety of grants in order to ensure an efficient welfare state which America lacks in all sectors, from education to health.

Finally, I hope that no one will forget the episodes of violence and violation of human rights we have witnessed during Trump’s presidency and I hope that everyone will recognize the advantage of the new political and economic plan proposed by Biden.

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OROSCOPO DI FEBBRAIO

Emma Scalvedi e Elisa Frigeni, 5E

ARIETE Scuola: è arrivato il momento di fare quelle piccole cose che stai rimandando da mesi. Fidati, avrai più soddisfazione di quanto immagini! Amore: l’influenza di Venere aumenterà la fiducia, in se stessi o nel partner; in ogni caso, cerca di sfruttare al massimo questo momento positivo Canzone: Sweet Dreams, Eurythmics Segno affine: capricorno

TORO Scuola: potrebbe essere un periodo turbolento, ma non disperare, tutto si può sistemare Amore: è arrivato il momento di riflettere su quello che vuoi veramente; un periodo di pausa da tutto potrebbe farti bene Canzone: Venerdì, ARIETE Segno affine: ariete

GEMELLI Scuola: arriveranno soddisfazioni inaspettate ma ricordati di non sederti sugli allori, può essere una spinta per iniziare bene il pentamestre! Amore: prendi coraggio e dì quella cosa, fai quella cosa; sai meglio di me che non esiste il momento perfetto, devi essere tu a crearlo Canzone: Ma il cielo è sempre più blu, Rino Gaetano Segno affine: cancro

CANCRO Scuola: continuerai a studiare il minimo indispensabile anche questo mese, ma non ti preoccupare, giugno è lontano ;) Amore: prenditi del tempo per te; stare da soli non è per forza una cosa negativa, potresti imparare a conoscerti meglio Canzone: La verità, Brunori Sas Segno affine: sagittario

LEONE

VERGINE

Scuola: parti con una buona dose di carica e vedrai che tutto lo studio ti peserà di meno! Chi ben comincia è a metà dell’opera Amore: non prendere tutto troppo sul serio, pensa un po’ di più a divertirti e avrai molte meno pare ;) Canzone: SAVAGE, Dark Polo Gang Segno affine: vergine

Scuola: i tuoi sforzi verranno finalmente premiati, te lo meriti; continua con la buona volontà che hai ora, ricordati che sei solo all’inizio Amore: ripensa ad alcune tue vecchie decisioni: forse è il momento di tornare sui tuoi passi e ricordarti cosa ti faceva stare davvero bene Canzone: Stamm Fort, Luchè Segno affine: pesci

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SCORPIONE BILANCIA

Scuola: siamo a FEBBRAIO!!! hai procrastinato abbastanza per quest’anno! però tranquill* mancano solo quattro mesi e poi puoi tornare a ballare aspettando l’ultima hit ;) Amore: gli astri si sono allineati e Venere è proprio sopra di te!!! perdere quest’occasione? NO, FALLO (che poi ci rimettono il lockdown e tu sarai solo un* coglion*) Canzone: Milionaria, Rosalìa Segno affine: gemelli

Scuola: anno nuovo vita nuova, ma non per te. Hai trovato i tuoi punti di equilibrio (finalmente) e non è proprio il caso di sconvolgerli. Non sei monoton* sei solo tranquill* <3 Amore: in amore tutto ok e se non è così non lamentarti, aspetta l’estate che ora a te ci pensa il greco. Capisci chi sei prima di capire gli altri ;) Canzone: La vita veramente, Fulminacci Segno affine: leone

CAPRICORNO SAGITTARIO

Scuola: un po’ di confusione è normale, vuol dire che vuoi mettere ordine, anche se non è il tuo forte ;) sei brav*, il trucco è non mettere in dubbio le tue qualità <3 Amore: sei stanc* di aspettare ma febbraio è il mese dell’amore ;) malandrin furbacchion brighellin stiamo aspettando tutti te ;))) Canzone: Shower, Becky G Segno affine: toro

Scuola: gli ultimi mesi sono stati più duri del previsto ma tu sei fortissim*. Ora la strada è tutta in discesa, però mi raccomando, attent* a non scivolare!! Amore: l’amore germoglia, non farlo marcire!! Il cielo è dalla tua parte, giove e saturno scommettono su di te, i tuoi numeri possono vincere (se ti interroga non è colpa mia però) Canzone: La sera dei miracoli, Lucio Dalla Segno affine: bilancia

PESCI

AQUARIO Scuola: dai dai susu c’è la maturità!!!! ah no. Sei pront* per l’estate? So che non stai più nella pelle ma gli astri (e i tuoi libri mai aperti) dicono che è ora di STUDIARE, sul serio e sul brembo ;) Amore: sei una barca sballottata in mezzo al mare in tempesta e se sai cosa vuoi non lo trovi. Cerca il tuo equilibrio e gli astri ti illumineranno la via, ma non rimanere abbagliat* ;) Canzone: POLKA, Rosa Chemical Segno affine: aquario

Scuola: è dura, ma è dura tutti gli anni, consoliamoci. Alla fine tu ci provi ad impegnarti, ma ti scoraggi subito… FORZA E CORAGGIO che la vita è di passaggio e tu sei fantastic* <3 Amore: sicuramente venere e giove si stanno baciando sopra di te con tutta l’invidia di plutone...attenzione, il loro bacio preannuncia il tuo… spero solo sia quello giusto ;) Canzone: Sotto il segno dei pesci, Venditti Segno affine: cancro

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LETTERA A CHARLIE HEBDO

Angelica Capelli, 1993

la libertà nasce dal rispetto, non dalla satira

Lettera di una studentessa di arabo a Charlie Hebdo

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arissima redazione di Charlie Hebdo, chiariamoci: niente, in nessuna circostanza, giustifica l’uccisione di un altro essere umano. Assolutamente niente, perché fino a prova contraria la vita è tutto ciò che siamo, tutto quello che abbiamo da offrire al mondo, e non esiste motivo alcuno per cui una persona debba arrogarsi il diritto di privare qualcun altro della sua esistenza. Nulla ha giustificato, il 16 ottobre scorso, la morte di Samuel Paty, professore di scuola media decapitato da un diciottenne ceceno, che lo ha aggredito per strada dopo che l’insegnante aveva mostrato, durante una lezione di educazione civica, delle vignette irriverenti sul Profeta Muhammad. Nulla ha giustificato la brutale uccisione di 12 vostri redattori, in quel lontano 7 gennaio 2015, giorno che ha aperto una scia di sangue arrivata, attraverso il teatro Bataclan, alla Promenade di Nizza. Questa che faccio è una premessa necessaria, perché possiate capire il senso di quello che sto per scrivere, affinchè non cada nell’incomprensione o peggio nella blasfemia – dato che io, a differenza vostra, il diritto di essere blasfema non ce l’ho, ed è appunto di diritti che vi parlo, soprattutto del più importante: la libertà. Le caricature che Paty aveva mostrato erano le vostre. Voi che siete la rivista sa-

tirica francese delle contraddizioni, degli scandali, che dichiarate di difendere ogni forma di libero pensiero e che, cinque anni dopo, ancora vi definite “liberi e imprigionati”, voi che avete raffigurato i morti del terremoto di Amatrice in un vero e proprio ragù di carne umana, tra gli strati di pasta, prigionieri lo siete davvero - del cattivo gusto, della necessità di usare la satira come strumento di derisione, soltanto per essere pubblicabili - liberi o liberatori affatto. Lasciate che vi spieghi perché. Se è vero che la libertà d’opinione è un diritto inviolabile, che la censura è il primo strumento di sottomissione, e che la libertà di stampa va difesa in ogni angolo del mondo, è altresì vero che avere la possibilità di dire tutto ciò che ci passa per la testa non significa che sia poi necessario farlo. Quando avete disegnato il ponte di Genova spezzato a metà, e sotto avete scritto: “Costruito dagli italiani, pulito dai migranti”; quando avete irriso le unioni civili; ritratto in pose oscene la Trinità cristiana; oppure quando, all’indomani della tragedia di Rigopiano, avete raffigurato la morte che cavalcava la valanga sugli sci; in ogni attacco a politici internazionali di cui vi siete fatti pesantemente beffe; ancora, in ognuna delle tante vignette volte ad offendere la religione islamica e chi la pratica, non era la libertà di opinione che stavate difendendo, ma la libertà di essere orribili, al prezzo di tre euro per

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numero. Esiste un limite che la satira non dovrebbe superare per essere tale, ed è il rispetto, perché la satira è libera solo quando dissacra e stravolge senza offendere, senza mai oltrepassare quel confine che la conoscenza di ciò di cui si scrive o disegna permette, ed è evidente che voi ignorate completamente ciò che attaccate.

Ignorate anche che la libertà non nasce dall’ironia, ma dal rispetto: inizia, come diceva Martin Luther King, dove finisce quella degli altri. La mia inizia e finisce ormai da cinque anni tutte le mattine, quando mi alzo e mi metto a combattere contro la mia ignoranza, antitesi dell’attenzione. In prima, quando ho deciso che avrei studiato arabo, l’ho fatto in preda all’entusiasmo, convintissima di essere una grande paladina dei diritti, certa che con il mio solo lavoro avrei smontato millenni di pregiudizi e credenze arcaiche. Come tutti i ragazzini con la mente piena di sogni, ero convinta che l’intenzione bastasse, ma non

avevo considerato che non conoscevo nulla di quello che studiavo. L’impatto con una realtà e una cultura così diverse dalla mia è stato eccitante e destabilizzante allo stesso tempo perché, più studiavo, più sentivo che la conoscenza era dalla mia parte, più ascoltavo le bigotte convinzioni delle persone che mi circondavano, meno mi sentivo debole e più mi sentivo impotente. La prima volta che una persona cui sono particolarmente affezionata mi ha detto, con il sorriso sulle labbra, che sperava che io non mi facessi saltare per aria tra le fila del terrorismo islamico, oppure non mi sposassi con qualcuno che avesse solo la pretesa di convertirmi, mi ha ferito e mi sono arrabbiata. Ancora trovo irritante, anche se non più come prima, se, di fronte alla passione con cui racconto questa lingua e le contraddizioni dei popoli che la parlano, chi mi ascolta non vede altro che un’idealista, un’avvocatessa delle cause perse destinata alla disillusione. So che esistono milioni di altre persone come me, milioni di tenaci appassionati e appassionanti che come me gridano al vento, perciò ho smesso di arrabbiarmi. Ho smesso di arrabbiarmi nel momento in cui ho capito che mi servivano armi per rispondere al suprematismo ideologico di chi odia senza conoscere, e mi sono messa a cercarle dentro ai libri. Ora tutti i giorni, anche se a fatica, mi alzo e mi sforzo di essere un po’ meno ignorante, a volte ci riesco e a volte no. Soltanto questa lotta contro me stessa mi ha insegnato il rispetto che credo che voi non avrete mai, non solo verso gli altri otto miliardi di persone che popolano con me questo mondo, ma anche verso ciò che dicono: ho imparato a stare zitta ed ascoltare, anche quando non condi-

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vido ciò che sento. Si impara in silenzio, di solito, che si legga o si ascolti, e il silenzio è la più grande forma di rispetto attuabile, nella presuntuosa cacofonia in cui viviamo. In voi vedo titoli che strillano, ma non satira che educa. Vedo la presunzione della conoscenza, non l’interesse. Soprattutto, vedo ignoranza e non rispetto. Se sapeste… Se sapeste che ogni religione è fatta di milioni di sfaccettature – alcune ammirevoli, altre intollerabili – perché sono gli uomini a plasmarla, capireste che cos’è Dio, in qualsiasi modo lo vogliate chiamare, che ci crediate o meno, perché va oltre l’Islam e il Cristianesi mo, e capireste perché ritrarre Cristo o Mohammad come li avete raffigurati voi è offensivo. Se conosceste le storie di chi andava al lavoro e si è trovato il vuoto sotto le ruote della macchina, di chi aveva prenotato quella vacanza in hotel che aspettava da un anno intero, ed è finito schiacciato tra le sue macerie, capireste perché non ci si può che indignare davanti alle vostre vignette. Se penso che la satira dovrebbe essere lo strumento dell’indignazione bonaria, mi ribolle il sangue nelle vene ogni volta che vedo come ne fate uso – perciò sì, questo è un articolo assai indignato, ed ha il dovere morale di esserlo, piaccia oppure no. Ho il dovere di essere indignata perché ci sono giornalisti che muoiono agli angoli più remoti del mondo ma non solo, per difendere la libertà d’opinione di cui voi abusate: in 32 sono stati uccisi nel 2020, mentre svolgevano il loro lavoro. L’ultimo si chiamava Yama Siawash, era il direttore di una testata afghana morto a Kabul, a causa di un ordigno che i terroristi hanno piazzato nella sua autovettu-

ra. Nella nostra illuminata Europa, sono più di un centinaio i reporter ammazzati dalla mafia, dalle dittature, dai responsabili dei traffici clandestini, dai servizi segreti, dal terrorismo. Nove di questi 122 componevano la vostra redazione, hanno trovato la morte in un palazzo di rue Nicolas Appert, a Parigi, quando un uomo armato di kalashnikov è passato sotto la vostra insegna, Charlie Hebdo, per compiere la mattanza che ha gettato nel terrore tutti noi, anche me che avevo tredici anni e ricordo bene lo sgomento di quel giorno, ricordo il rispetto per il vostro dolore, per le vostre morti. E quindi non posso non indignarmi se non capite, con tutto quello che è successo, che noi giornalisti, amatoriali o no, siamo dei privilegiati tessitori di storie con un compito essenziale: raccontare il volto vero, spesso orrendo, dell’umanità, perché chi verrà dopo di noi, forte della conoscenza e dell’informazione, possa costruire un mondo migliore.

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Cari vignettisti di Charlie Hebdo, nulla esprime il privilegio del giornalismo meglio delle parole di un poeta che non conoscerete di certo ma lui, Mahmoud Darwish, era un giornalista proprio come voi, anche se palestinese. Si è battuto per la libertà del suo popolo, ha perso e sofferto, il suo giornalismo è stato impregnato di satira, quando serviva, ma sempre nel rispetto altrui. Nel 2003, all’interno della sua ultima raccolta di poesie, ha pubblicato “‫ ”كريغب ركف‬in italiano “Pensa agli altri”, scrivendo: Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri, non dimenticare il cibo delle colombe. Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri, non dimenticare coloro che chiedono la pace. Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri, coloro che mungono le nuvole.

Noi fortunati armati di metafore dobbiamo iniziare dal rispetto verso chi ha perso il diritto di esprimersi, per essere candele in mezzo al buio: soltanto nel rispetto siamo disposti ad accettare che la nostra libertà finisca oltre i confini del nostro corpo, e lasciamo che la libertà degli altri, un pezzo alla volta, riempia lo spazio che ci circonda. Né l’ironia né la satira rendono liberi, se non c’è rispetto. «Even if I disapprove what you say, I will defend to the death your right to say it» scrisse Evelyn Beatrice Hall. Anche se non condivido quello che dici, difenderei fino alla morte il tuo diritto di dirlo, perché lo rispetto, e rispettandolo ti rendo libero, liberando me stesso. Così io, anche se non condivido quello che dite, lo rispetto e darei la mia vita affinchè voi possiate esprimervi: questa è libertà, la mia e quella di tutti. Spero sia anche la vostra.

Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri, non dimenticare i popoli delle tende. Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri, coloro che non trovano un posto dove dormire. Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri, coloro che hanno perso il diritto di esprimersi. Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso, e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

@falconemagazine

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in copertina Martina Saglietto impaginazione Samuele Sapio, Riccardo Dentella hanno scritto Samuele Sapio, Elisa Frigeni, Emma Scalvedi, Gaia Della Volta, Irene Fiocca, Vittoria Castelli, Celeste Cividini Trovesi, Chiara Inzaghi, Martina Musci, Annalucia Gelmini, Alice Beretta, Ginevra Sansoni, Teresa Molinari, Davide Bonacina, Marino Belotti, Margherita Nè Allegra, Viola Priore, Annagiulia Sciarrone, Linda Sangaletti, Leonardo Gambirasio, Maddalena Foschetti

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