Editoriale Anni ‘20
La storia si ripete?
Vico sosteneva che la storia è fatta da epoche cicliche, che si ripetono una dopo l’altra, senza però rimanere mai uguali, progredendo sempre.
Guardando il corso degli eventi è venuto spesso da dire che alcune cose fra gli uomini sono inevitabili, vanno e tornano nel ciclo degli anni: guerre, epidemie, dittature. Il contesto cambia sempre e i fatti mai. Eppure non si può certo dire che il nostro mondo sia uguale a quello in cui vivevano i nostri nonni, e tantomeno quelli venuti prima di loro. Abbiamo, in Europa, più diritti -e nel 1922 non sarei stata al Sarpi, né avrei scritto l’editoriale del suo giornalino scolastico-, viviamo delle democrazie e l’Italia è in pace da decenni. Eppure alcuni orrori sembrano sempre dietro l’angolo.
Al contempo abbiamo una cosa che i nostri bisnonni prima di noi non avevano: abbiamo la loro memoria, la loro esperienza. Tutto ciò che è accaduto a loro, ai nostri antenati, per generazioni e generazioni, si è conservato in documenti e racconti, quantomeno negli eventi principali, e tutto ciò è giunto a noi, rappresenta la nostra eredità di esseri umani. Spesso a coloro che furono testimoni di fatti orribili è chiesto perché ripetono, perché sia importante ricordare sempre, anche e soprattutto, le cose più brutte; la risposta, per lo più, è la stessa: serve raccontare, è necessario tramandare la memoria, cosicché alcune cose non accadano mai più, per imparare dai nostri errori.
Nella nostra mente, nelle cose che studiamo è inscritta la memoria di quelli che vennero prima di noi, i loro ricordi, gli errori terribili e i grandi successi. Ci sono degli studi scientifici sul DNA che dicono che il modo di affrontare i fatti della vita, le difficoltà e i traumi, dei nostri antenati, per migliaia di anni, si sono incisi nel nostro codice genetico, rimangono con noi ancora oggi e influenzano il nostro rapportarci con il mondo esterno.
Tutte le piccole vittorie umane, nello scorrere dei secoli, hanno aiutato il genere umano a fare passi da gigante. Certo, il progresso non è solo positivo,
l’avanzamento della scienza porta benefici e insieme permette lo sviluppo di armi sempre più terribili e pericolose, tecnologie nuove legate a rischi altissimi.
Non si dice però forse che si diventa saggi invecchiando? Si fanno esperienze e, con un po’ di buona volontà, si impara da esse. E così tutti noi, tutta la nostra civiltà, è invecchiata e cresciuta, ha millenni sulle proprie spalle e miliardi di storie: ricordi, fatti e vite da cui possiamo imparare, che abbiamo il dovere di studiare e capire, per progredire sempre.
Non è certo una novità moderna, quella di cercare di cambiare la storia, di negare e manipolare quegli eventi del passato che non rientrano nella propria ideologia. Ma se oggi negazionismo e disinformazione sembrano permeare sempre di più la vita pubblica, favoriti dai nuovi mezzi di comunicazione, è ancora più importante tenere a mente la verità, continuare a cercarla, senza appiattire la nostra lunga storia con frasi fatte.
Quante volte ci è stato detto che ciò che studiamo serve anzitutto come chiave del presente? Nel passato si vedono le radici di ciò che abbiamo attorno.
P.S.: Leggetevi questi articoli, che sono stati fatti con impegno, e poi andatevi a sentire la puntata che Sarcast ha realizzato in collaborazione con noi, sempre a tema “Anni ‘20”!
Attualità
“Venti” di rivoluzione, pagina 5
Il fallimento della Costituzione Cilena, pagina 7
L’ascesa del Fascismo- 1922, pagina 9
Allora l’aborto, pagina 10
Cultura
La musica degli anni ‘20, pagina 12
Coco Chanel, pagina 15
Marilyn, pagina 17
È un miracolo, la radio, pagina 19
Narrativa
Distanze, pagina 20
Sotterfugi pericolosi, pagina 21
Il Milite Ignoto, pagina 22
Terzapagina
Ipse Dixit, pagina 23
La moda rivoluzionaria degli anni ‘20: Chanel, pagina 26
Quiz, pagina 28
Oroscopo, pagina 30
“Venti” di rivoluzione
Anno 2022: ciocche di capelli cadono a terra, come quando le catene si spezzano e toccano il pavimento. Non sono i capelli a far rumore, ma la voce delle tante donne che si alza in coro.
Diamoci un taglio, il sostegno a colpi di forbice alla protesta in Iran: “Donne, vita, libertà”!
Dicono che ci tagliamo i capelli quando stiamo attraversando un periodo di crisi, perché il nostro aspetto esteriore combaci con il tumulto interiore, per esorcizzare. La ragione, però, potrebbe essere un'altra: forse le donne si tagliano i capelli quando vogliono dire a loro stesse e al mondo «Io non seguo le regole che mi sono state imposte, io non mi sottometto, io sono di più di quello a cui mi vogliono ridurre».
Non stupisce che i capelli siano diventati il simbolo delle rivolte in Iran: capelli al vento, capelli scoperti, capelli tagliati. Tutto è iniziato da una ciocca che Mahsa Jina Amini ha lasciato fuoriuscire dalla sua hijab: per questo la Polizia Morale l'ha arrestata e picchiata a morte. Poi ci sono state le donne in piazza con i capelli scarmigliati mentre bruciavano i loro veli, quelle che si tagliavano brutalmente i capelli e li gettavano alla folla in rivolta a Teheran. Così, tagliarsi una ciocca di capelli è diventato in tutto il mondo un gesto di sostegno verso le proteste contro il regime iraniano che da settimane non si placano.
I capelli hanno a che fare con la nostra identità. Le donne vengono giudicate e classificate in base ai loro capelli. «Le acconciature delle donne - spiega
la sociologa Rose Weitz - fungono da importanti artefatti culturali, perché sono contemporaneamente pubbliche (visibili a tutti), personali (biologicamente legate al corpo) e altamente malleabili per adattarsi alle preferenze culturali e personali». I capelli sono legati a doppio filo con la femminilità e quindi vengono socialmente "disciplinati".
Il gesto delle donne iraniane è potente, non perché tagliarsi una ciocca sulla nuca sia di per sé rivoluzionario, ma per ricordare che al mondo la femminilità è ancora troppo spesso tarpata, sminuita, incasellata, martoriata. Le acconciature ribelli delle donne possono consentire loro di prendere le distanze dal sistema che le subordina e di esprimere la propria insoddisfazione.
Anno 1920: Anche le Flappers iniziano la loro rivoluzione partendo dall’acconciatura, caratterizzata da un caschetto molto corto: decisamente una novità negli anni in cui la convenzione per la donna era il capello lungo. Disinibite, coraggiose, maliziose, libertine, rivoluzionarie, le Flappers ruppero i rigidi canoni culturali della società dell’epoca, frantumando quella stantia morale sessuale che aveva imprigionato la donna relegandola a ruoli subalterni all’universo maschile. Ebbero il coraggio di dare quella spinta innovativa, che altro non era se non l’embrione dell’emancipazione femminile, contribuendo al cambiamento epocale che riguardava quei contesti socio-culturali e politici che travolgeranno l’Europa e gli Stati Uniti.
“Flapper” è la generazione di donne che si distinguevano per l'eccessivo trucco (lo smoking-eyes e il rossetto scuro), il taglio di capelli corti (alla garçonne), per il fatto che bevessero alcolici e fumassero in pubblico come gli uomini, ma soprattutto per la loro sessualità disinvolta e libera, oltre che per il loro guidare automobili da sole e violare
le norme sociali e della morale sessuale del tempo. Ebbero origine nel periodo liberale dei cosiddetti “anni ruggenti”, caratterizzati da turbolenza politico-sociale e da un grande scambio culturale fra l'Europa appena uscita dalla Grande Guerra e gli Stati Uniti.
Un unico fil rouge legava le Flappers di tutto il mondo: la musica, la moda, la voglia di emancipazione, in una parola: la libertà. Ecco ancora il grido, lo stesso di oggi: “Donne, vita, libertà”!
Questo fenomeno di costume prese rapidamente piede fra le ragazze e le giovani donne dell’epoca: prediligevano gonne corte, ascoltavano musica ritenuta proibita come il jazz e si comportavano esattamente come una donna mai si sarebbe dovuta comportare: sfacciate e sempre tendenti al limite. Cose ritenute normalissime ai nostri giorni, ma letteralmente impensabili a quei tempi; non a caso le donne avevano conquistato il diritto di voto solo nel 1920.
Ma cosa significa il termine “Flapper”, e da cosa deriva? In slang questa parola onomatopeica identifica le ragazze in età adolescenziale e descrive un uccellino che sta sbattendo le ali (to flap, per l’appunto) per imparare a volare.
Come ogni movimento giovanile, anche il fenomeno delle Flapper si ripercosse nella cultura popolare: il cinema, dunque, ma anche la letteratura e il design stavano imparando la lezione e la stavano rielaborando per poterla proporre al proprio pubblico.
attualità
A Chicago venne fondata addirittura una rivista, “The Flapper” per l’appunto, che esordì con piccole tirature nel 1922: tra le pagine si potevano trovare articoli su argomenti molto delicati, come il pregiudizio, all’epoca imperante, nei confronti delle donne. Louise Brooks fu la prima diva del cinema interprete della libertà sessuale che ha rivoluzionato il concetto di erotismo attraverso la sua filmografia, tanto da ispirare Guido Crepax nella creazione della sua “Valentina”. Nel cuore e nei ricordi di tutti è invece rimasta Betty Boop, l’icona del cartoon in bianco e nero ideata dai fratelli Fleischer nel 1930: una Flapper perfetta e simbolica che conosciamo tutti ancora oggi.
Il Fallimento della CostituzioneCilena
Il 19 dicembre 2021 vince le elezioni presidenziali in Cile uno dei candidati più giovani e progressisti di sempre. Il suo nome è Gabriel Boric. Membro del Movimento Studentesco cileno dal 2011 e dal 2012 eletto a capo della Federazione Studentesca dell’Università del Cile, agli inizi la sua carriera politica si basava sul diritto dell’istruzione gratuita per tutti. Durante il 2021 è riuscito a convincere gran parte dell’elettorato di sinistra a votare per lui, per portare una svolta progressista al paese sudamericano, soprattutto in tema di diritti e ambiente.
Dai vestiti corti alle manie di ballo dell'epoca, le Flappers hanno lasciato il segno come le “nuove” donne del mondo moderno. Che belle queste donne coraggiose che non temono il giudizio altrui, che sfidano i benpensanti di una società nella quale la differenza di genere fa da padrona. Ancora più belle quelle donne coraggiose che si ribellano a un sistema fortemente maschilista, a rischio della propria vita , in epoche in cui la voglia di cambiamento e di rinascita dalle macerie sociali va oltre ogni costrizione culturale.
I media conservatori cileni hanno sempre attaccato duramente Boric per le posizioni prese durante la campagna elettorale, ma questo non ha impedito che egli diventasse il Presidente della Repubblica del Cile all’età di 35 anni: ad oggi il più giovane Capo di Stato del mondo. Nel suo governo, ha voluto espressamente dare risalto al femminismo che da sempre lo ha accompagnato; così, ben quattordici dei ventiquattro ministri presenti nel governo sono donne.
Teresa Fratus 3CUno dei punti principali del suo programma per la presidenza era di rinnovare la costituzione, che risale al 1973, quando Augusto Pinochet la fece entrare in vigore, e quindi la volontà di dare un nuovo volto al Paese, che per anni ha visto un susseguirsi di dittature e governi corrotti. Nell’ottobre del 2020, circa l’80% di tutti gli aventi diritto di voto ha votato per la redazione di una nuova Costituzione
e così Gabriel Boric, tramite un’Assemblea Costituente avente i rappresentanti di tutte le minoranze, inclusi gli indigeni, iniziò ad elaborare la nuova Costituzione, descritta come una delle più progressiste e femministe di tutto il mondo.
Tale “nuova” Costituzione infatti definiva il Cile come paese “plurinazionale” e puntava a restituire agli indigeni, circa il 13% dell’intera popolazione, parte delle terre statali.
Le strade subito si sono riempite di manifestanti a favore dell’apruebo, mentre altri si sono schierati dalla parte del rechazo. I media conservatori cileni incominciarono a demonizzare la nuova costituzione, dichiarando che tale Carta non tutela i diritti dei cittadini cileni. E il risultato è stato molto più che netto. Il 62% dei votanti si è schierato a favore del rechazo, ossia il “rifiuto”.
Ora il Cile rimane un Paese orfano, con una Costituzione pressoché dittatoriale e con animi frantumati dal desiderio progressista soffocato dalle destre. Il voto non ha altro che contribuito a spaccare un Cile sempre più diviso e senza un progetto chiaro per il futuro.
L’ASCESA DEL FASCISMO- 1922
La storia del fascismo prende inizio nel 1914 con la fondazione del movimento del “Fascio d’Azione Rivoluzionaria” da parte di Benito Mussolini. L’espressione “ventennio fascista” si riferisce al periodo che va dalla presa di potere di Mussolini, del 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. Conclusa la Prima Guerra Mondiale, l’Italia si ritrovò in una situazione economica precaria. Dopo il congresso di Napoli tenutosi il 24 ottobre 1922, durante il quale tra le 15 e le 40 mila camicie nere inneggiavano a marciare su Roma, Mussolini decise di agire: il 28 ottobre 1922 vennero radunati tra l’Umbria e il Lazio circa 16 mila squadristi che furono spinti verso la capitale dai quadrumviri, ovvero il segretario del Partito Nazionale Fascista e i tre comandanti generali delle squadre d’azione, minacciando la presa del potere con la violenza.
Mussolini non aveva partecipato alla marcia, ma era rimasto a Milano; secondo alcune fonti, nella notte tra il 27 e il 28 ottobre si era portato a Cavallasca, nella villa di Margherita Sarfatti, per poter fuggire in Svizzera in caso di fallimento dell'azione armata. Il 29 ottobre 1922 fu contattato da Roma affinché raggiungesse la capitale e potesse così ricevere dal re l’incarico per formare il governo, e partì la sera stessa.
La Marcia su Roma ebbe termine il 30 ottobre, quando Mussolini fu incaricato da Vittorio Emanuele II di formare un nuovo governo; l'elenco dei ministri fu presentato al sovrano la sera stessa e il
re acconsentì anche a una sfilata delle squadre fasciste presso il monumento per il Milite ignoto e di fronte al Quirinale.
Nel pomeriggio del 31 ottobre si svolse la sfilata dei fascisti all'Altare della Patria e al Quirinale: un esercito di privati cittadini, con armi detenute illegalmente, sfilò davanti al re, capo dello Stato, e al Presidente del Consiglio dei Ministri appena nominato, in spregio all’autorità che essi rappresentavano. La marcia su Roma fu propagandata negli anni successivi come l’esordio della “rivoluzione fascista” e il suo anniversario divenne il punto di riferimento per il conto degli anni secondo l'era fascista. Nacque così il governo Mussolini. Tra dicembre 1922 e gennaio 1923 la milizia fascista fu istituzionalizzata tramite la creazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, forza armata posta sotto il diretto controllo del capo del governo, nonostante questo provvedimento violasse lo Statuto Albertino, il quale stabiliva che tutte le forze dovessero essere soggette al comando del re.
Alloral’aborto
Con la vittoria delle elezioni da parte di Giorgia Meloni molti attivisti femministi hanno iniziato a chiedersi quale possa essere il destino dell’aborto in Italia. Per avere un punto di vista più chiaro può essere utile analizzare ciò che Fratelli d'Italia e la destra in generale hanno fatto ultimamente.
Situazione nelle Marche
Nel 2020 il Ministero della Salute ha aggiornato le proprie linee di indirizzo in merito all’aborto farmacologico, nello specifico riguardo la pillola RU486, abolendo l’obbligo di 3 giorni di ricovero, estendendo il limite da 7 a 9 settimane di gestazione e permettendo la prescrizione nei consultori e negli ambulatori. La regione Marche, governata da Fratelli d'Italia, si è opposta alle nuove direttive e per giustificarsi il capogruppo al Consiglio Regionale Carlo Ciccioli aveva citato il pericolo di una “sostituzione etnica” dicendo che in loro assenza i bambini italiani sarebbe diminuiti e che invece quelli con genitori stranieri sarebbero aumentati. Dopo questo Ciccioli aveva presentato una proposta
di legge che aveva come obiettivo il sostegno della famiglia, della genitorialità e della natalità e fra le varie modifiche erano presenti la prevenzione dell’aborto e il favoreggiamento delle associazione antiabortiste anche all’interno delle strutture pubbliche.
Le dichiarazioni di Giorgia Meloni
«Non intendo abolire la legge 194. Non intendo modificare la legge 194. In che lingua ve lo devo dire? Voglio applicare la legge 194, aggiungere un diritto: se oggi ci sono delle donne che si trovano costrette ad abortire, per esempio perché non hanno soldi per crescere quel bambino, o perché si sentono sole, voglio dare loro la possibilità di fare una scelta diversa, senza nulla togliere a chi vuole fare la scelta dell’aborto» così ha detto la presidente di Fratelli d’Italia su La7 nel programma “Non è l’arena”. Sebbene queste parole possano sembrare rassicuranti per chiunque abbia una posizione favorevole sull’aborto, non per forza lo sono. A oggi la 194 è famosa per essere la legge che permette l’aborto in Italia ma in realtà non è solo questo, infatti si intitola "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volonataria
attualità
della gravidanza" e il primo articolo recita: "Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio" e per tutelare la maternità strutture sanitarie come consultori "possono avvalersi [...] della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita", le cosidette associazioni antiabortiste.
Dopo il 25 settembre
Le recenti elezioni politiche hanno dato alla coalizione di centrodestra un notevole numero di parlamentari, nel merito 237 deputati e 115 senatori. Con questi numeri il 13 ottobre si è aperta la XVIII Legislatura e già in quel giorno sono stati depositati 3 disegni di legge che, sebbene non mirino ad abrogare totalmente o in parte la legge 194, hanno il comune scopo di rendere l'accesso all'aborto più difficoltoso.
Il primo D.D.L. proviene dal senatore Maurizio Gasparri (FI) e ha come scopo la modifica del momento in cui viene acquisita la capacità giuridica, ovvero l'essere titolare di diritti. A oggi secondo l'articolo 1 del Codice Civile quel momento coincide con la nascita mentre il D.D.L. Gasparri vorrebbe che già dal concepimento l'embrione fosse titolare di diritti e quindi in grado di subire un reato.
Anche il secondo disegno di legge è stato depositato dal senatore Gasparri e vorrebbe istituire una "Giornata per la vita nascente" e fa riferimento a delle associazioni cattoliche antiabortiste come "Family Day - Difendiamo i nostri figli",
"CitizenGo" e "Giuristi per la vita".
Il terzo disegno di legge è stato presentato dal senatore Massimiliano Romeo (Lega). Questo D.D.L. tocca punti riguardanti la maternità e i consultori: vuole riconoscere il concepito quale componente del nucleo familiare, vuole istituire un fondo che tramite aiuti e contributi eviti che le donne ricorrano all'aborto e vuole delegare alcune "funzioni pubbliche in particolare nel campo educativo" ad associazioni promotrici di "iniziative volte alla conservazione, alla valorizzazione e alla tutela della famiglia". Per quanto riguarda i consultori invece, il D.D.L. dice che questi dovrebbero "assicurare la tutela della vita umana fin dal suo concepimento" e "assicurare interventi di mediazione familiare in caso di conflittualità". La mediazione familiare era presente anche in un D.D.L. dell'ex senatore Simone Pillon e già allora le Nazioni Unite scrissero che la mediazione familiare può «essere molto dannosa se applicata ai casi di violenza domestica», inoltre viola la Convenzione di Istanbul che l’Italia ha ratificato nel 2013.
Lamusicadegli anni ‘20
Gli anni venti negli Stati Uniti sono anche detti “anni ruggenti”, questo perché durante il dopoguerra partì un grande processo di sviluppo soprattutto del punto di vista economico, che favorì la nascita di nuovi svaghi dopo un periodo di grande crisi.
Per esempio, uno dei generi musicali nati negli USA intorno all’inizio degli anni 20 del Novecento è il jazz, frutto di un lungo processo di fusione tra forme musicali occidentali e poetiche africane. Il jazz si rende riconoscibile per le sue caratteristiche espressive e per il modo di articolarle: il tentativo è quello di conciliare la natura poliritmica della musica africana con la quadratura della musica americana.
caratterizzato dall’adozione di un repertorio più melodico e dalla regolare scansione ritmica.
Il primo stile in cui si sfaccetta il jazz è detto New Orleans dalla città della Louisiana dove la tradizione bandistica trovò sviluppi anche in piccoli complessi formati da tre strumenti solistici: tromba o cornetta, trombone, clarinetto, e da una sezione ritmica composta da batteria, tuba e banjo. Alcune delle canzoni con più successo di questo genere furono: “Gloomy Sunday” di Billie Holiday e Teddy Wilson; “Crazy He Calls Me” di Gloomy Holiday; “Chicago” di Benny Goodman; “Mood Indigo” di Louis Armstrong e Duke Ellington.
Un altro stile è lo swing, che, invece, tende ad indicare lo stile jazzistico sviluppatosi tra il 1930 e il 1945 a New York, Chicago e Kansas City,
I brani più apprezzati furono: “Can’t Take My Eyes Off You” di Andy Williams; “Fever” di Peggy Lee; “Strangers In The Night” di Frank Sinatra; “Everybody Loves Somebody” di Dean Martin. Nella società degli anni ‘20 spiccavano personalità forti e il principale scopo di moda, arte, musica e ballo erano portare felicità e spensieratezza: tutto il mondo si stava riprendo dalla Grande Guerra. E proprio per questo motivo dopo la guerra mondiale nascono le prime sale da ballo.
Tra la gente inizia ad essere conosciuto il Charleston, un ballo che risponde al bisogno della popolazione di sentirsi libera e senza pensieri. Questo nuovo ballo fin da subito conquista le masse e inizia a prendere piede vertiginosamente durante la seconda metà degli anni 20 a tal punto che compagnie composte da musicisti e ballerine iniziano a creare delle coreografie vere e proprie e a mettere in scena i primi spettacoli di questo genere. In Europa il Charleston arriva nel 1925 con la famosa canzone “Yes sir! That’s my baby”, conosciuta in Italia come “Lola, cosa impari a scuola” del Duo Fasano.
rono uno stravagante e facilmente identificabile stile di vita.
Nel 1920 il pugile Jack Johnson aprì il Club Deluxe nel quartiere di Harlem, a NewYork, e successivamente, nel 1923, il gangster Owney Madden si impadronì del club e ne cambiò il nome, che divenne Cotton Club.
Si crearono così anche dei nuovi punti di raccolta: gli speakeasy, ovvero bar nascosti nei retrobottega di negozi, macellerie, barbershop e perfino all’interno di abitazioni private. Il concetto di questo tipo di locale nacque alle fine degli anni 80 dell’Ottocento in Pennsylvania quando la tariffa per l’acquisto e la vendita di alcol aumentò. In America, gli speakeasy erano nascosti perché durante gli anni ‘20 la vendita, la produzione e il trasporto di bevande alcoliche erano illegali. Con il tempo questi bar vennero conosciuti sempre di più, fino ad arrivare nel 1920 a New York, dove nacquero ben 32.000 speakeasy.
Con la nascita di questa attività la criminalità organizzata negli Stati Uniti si diffuse di più: i gangster fecero fortuna fornendo illegalmente birra e liquori agli speakeasy di tutto il paese; inoltre alcuni di essi furono utilizzati come abitazioni e uffici dai boss, che adotta-
Gli spettacoli del club riproducevano l'immaginario razzista e discriminatorio dei tempi, spesso dipingendo i neri come dei selvaggi in giungle esotiche o come darkies, ovvero schiavi di colore nelle piantagioni dell'America meridionale. Il club imponeva uno strano requisito riguardo alla fisicità delle ragazze del coro, che dovevano essere "alte, ambrate e fantastiche", vale a dire alte almeno 160 cm, con pelle chiara e sotto i ventun anni d'età.
Ma nonostante le idee forti della società rispetto ai “neri”, le scenografie migliori furono scritte da un uomo di colore: Ellington, che, nato a Washington nel 1899, esordì come musicista professionista nel 1916 e nel 1923 riunì un piccolo complesso che diventò poi la sua orchestra, con la quale si esibì in diversi locali.
CocoChanel
Unadonnaoltreunmarchio
Parlando di anni ‘20 e in particolare di musica penso quindi immediatamente ad una rivoluzione di generi che ha accompagnato lo sviluppo della società. Il jazz e lo swing sono due generi innovativi, che incoraggiano a ballare, sono diventati in pochi anni la musica di tutto il mondo. come disse lo stesso Duke Ellington “Se suona bene e ti fa sentire bene, allora è buona.” ed è proprio da qui che nasce la mentalità del dopoguerra, la voglia di divertirsi ed essere spensierati.
Ognuno di noi conosce il famoso logo con le due “C” intrecciate di Coco Chanel, un simbolo che la nostra mente associa inevitabilmente a una lunga serie di vestiti semplici ed eleganti (come il tailleur, il tubino nero…), a gioielli, borsette o profumi. Quando sentiamo la parola “Coco”, potrebbe anche capitarci di immaginare la famosa Gabrielle Chanel raffigurata in una delle molte immagini di Internet, con un semplice completino bianco e nero e giri di perle al collo.
Francesca Rossi , 1AProprio per questo motivo, in questo articolo ho deciso di parlarvi dell’animo e della storia di Gabrielle, di qualche suo aneddoto particolare e dell’enorme personalità che si nasconde dietro file e file di capi d’abbigliamento che hanno segnato la storia della moda arrivando fino ai nostri tempi. E lo farò attraverso le parole della nostra stessa protagonista.
Gabrielle Bonheur Chanel nasce in un ospizio di Saumur nel 1883 e il padre (venditore ambulante) la affida alle suore del Sacro Cuore. Raggiunti i diciotto anni, svolge il suo primo lavoro in una boutique di maglieria. Di sera, la nostra protagonista si trasforma in una cantante e il nome “Coco” proviene proprio da una delle canzoni più apprezzate dai suoi spettatori, ossia “Qui q’a vu Coco” (“Chi ha visto Coco?”).
Una serata, dopo la sua esibizione, un uomo piuttosto affascinante le rivolge lusinghiere frasi ma la personalità eccentrica di Gabrielle mette subito le cose in chiaro: lei non cede ai dongiovanni come lui! Però l’uomo, non demordendo, riuscirà a convincerla a trasferirsi nel proprio palazzo. Durante gli anni trascorsi con l’amante, Coco comincia a realizzare cappellini in paglia con fiori di raso, totalmente diversi da quelli sontuosi dell’epoca che costituivano solo un peso in più per la donna del tempo, e la sua novità riscontra successo tra le signore del circolo di Balsan. Tuttavia, la vita da palazzo la annoia e quindi lascia parlare la sua voglia di lavorare e di essere attiva, completamente incompresa dall’amante, e così arriva tutta sola a Parigi. A Parigi la rivalità è molta e Gabrielle non possiede fondi economici sufficienti. Qualche anno dopo incontra fortunatamente il suo il suo vero amore Boy Capel (che non sposerà però mai ), il quale l’ha sempre incoraggiata nella sua attività, e l’uomo finanzia l’apertura della sua prima boutique “Chanel Mode”, nel 1910. È da qui che comincia la sua rivoluzione e il suo successo…
Le riviste di moda scrivevano: “Chi non ha almeno un capo Chanel, è fuori moda”.
Gabrielle vive in anni dove l’ottimismo della Belle Époque viene spento dal dopoguerra, periodo caratterizzato da una crisi agricola e industriale, soldati tornati dal fronte scontenti, l’epidemia spagnola e allo stesso tempo, nel cosiddetto “biennio rosso”, la gente scende per le strade
sventolando le bandiere rosse simbolo del comunismo e le donne, dopo anni di guerra trascorsi a sostituire gli uomini nelle fabbriche, iniziano a rivendicare i loro diritti.
Ed è questo clima che ha ispirato la rivoluzione che ha attuato nel campo della moda durante gli anni 20, fondata su un principio di comodità alla base dell’eleganza.
“Abbigliate troppo, mai eleganti” “Una donna senza profumo, è una donna senza avvenire”.
“Per prima cosa io non disegno, non ho mai disegnato un vestito, adopero la mia matita solo per tingermi gli occhi e scrivere lettere; scolpisco il modello, prendo la stoffa e la taglio e se va, qualcuno la cuce al posto mio”.
Osservando l’abbigliamento rigoroso delle suore del Sacro Cuore, inoltre, con le loro cravattine e i loro costanti abiti in bianco e nero, Chanel comincia ad avere una visione diversa di questi due colori. Una visione non uniforme a quella della società del tempo: lei non concepiva il colore nero come simbolo del lutto, al contrario! Per lei rappresentava la raffinatezza e definiva infatti il suo tubino nero “uniforme a ogni donna di buon gusto”.
“Il nero cancella tutto ciò che c’è intorno”
Allo stesso tempo minuziosa e amante della semplicità, Chanel affermava anche: “Il colore migliore del mondo è quello che sta bene su di te”. Oltre al bianco e nero, per di più, Coco apprezzava il blu marine, il grigio, il beige e il rosa cipria, ma è la donna a dover scoprire ciò che è più adatto per lei.
A Gabrielle non interessavano le donne che si vestivano e basta, la sua idea era quella di una donna attiva, con i giusti accessori e vestiti che facessero risaltare la sua figura, il che, come lei stessa sosteneva, non era un lavoro certo semplice. Non amava i gioielli che costassero troppo: nonostante potesse permetterseli, li considerava insignificanti, un’inutile ostentazione di ricchezza; infatti, era solita mischiare fili di perle vere con falsi, indossandole ogni giorno senza vergogna, secondo lei molto più efficaci del make-up.
Gabrielle è riuscita a emergere in anni dove era impensabile che una donna potesse fare carriera e ogni giorno, il suo viso, il suo rossetto rosso e la freschezza del suo profumo dimostravano il suo successo.
Del resto… “Se una donna è malvestita, si nota l’abito; se è impeccabilmente ben vestita, si nota la donna”.
Chiara Belotti 1^BMarilyn
Marilyn Monroe. Marilyn Monroe per il mondo. Marilyn Monroe per chi la applaudiva, la ammirava, la invidiava... Marilyn Monroe per tutti noi. Per sempre? Forse. Ma per sé stessa? Sempre e solo la piccola Norma Jean. Chi si ricorderà della piccola Norma Jean?
Norma Jean Mortenson venne alla luce il 01/06/1926, forse mai desiderata. Abbandonata presto dalla madre Gladys Monroe, la piccola Norma trascorse la sua infanzia tra l’orfanotrofio Children’s Home Society e case di presunti genitori affidatari talvolta violenti e assolutamente indifferenti nei suoi confronti. L’ascesa che la portò alla fama non fu facile: il culmine della sua carriera si verificò grazie al film Niagara (1953), e questa fama produsse su di lei effetti molto negativi: più Marilyn diventava nota, più si sentiva oppressa dalle aspettative del pubblico e più ore rimaneva inchiodata nel suo camerino, faticando a trovare la forza di mostrarsi di nuovo come la sciocca bionda di Hollywood. Marilyn non era debole né tanto meno stupida. Semplicemente aveva trascorso talmente tanti anni in mezzo a persone che non si erano mai fidate di lei da voler regalare agli altri quella speranza in lei mai riposta. Questo non vuol dire che Marilyn non avesse provato a cambiare quella realtà che non le si addiceva: nel 1954, per esempio, l’attrice avrebbe dovuto prendere parte a The Girl in Pink Tights, ma rifiutò l’offerta, perché il suo stipendio sarebbe stato di 1.500 dollari, contro i 5.000 di Frank Sinatra, a pari rilievo nella trama del film. Norma Jean aveva lentamente imparato ad
indossare una maschera, che nascondesse i suoi lividi e le sue lacrime. Quella maschera alla fine era diventata Marilyn Monroe. Ci sono infatti molte cose che ignoriamo della vera lei, partendo dalla scena per la quale forse tutti la ricordiamo (quella in cui indossa il bellissimo vestito bianco con la gonna svolazzante); quello che invece non rimembriamo sono i lividi che le procurò suo marito in seguito alle riprese, che considerava quella scena troppo volgare per una donna sposata. La verità è sempre stata che Marilyn Monroe, donna molto più colta e intelligente di quanto all’epoca si credesse, (alcune teorie più recenti sostengono che il suo QI superasse quello di Albert Einstein, intorno al 140) ha passato la vita rinchiusa in quella gabbia di etichette sociali impostole a forza e con la quale non aveva mai veramente imparato a convivere. E nonostante avesse lottato a lungo per contraddire l’ideologia della tipica dumb blonde
attribuitole, la diva sex-symbol, in fondo ancora bambina, non vi è mai riuscita davvero. E ogni volta che osservava la sua immagine sorridere su uno schermo, capiva che quella donna non era lei, non era la dolce Norma Jean che si era ripromessa di essere per tutta la vita: ormai Marilyn Monroe non era altro che un pezzo di carne plasmato da tutti coloro che l’avevano costretta a nascondersi dietro quel nome. Così la piccola Norma era svanita per seguire una regola tanto implicita quanto nota a tutte le attrici di quel periodo: se vuoi diventare famosa, devi vendere il tuo corpo. Questo era ciò che sosteneva la società cinematografica degli anni ’20, costruita su pregiudizi e discriminazioni che diffondevano l’ideologia razzista e trasformavano eccessi e divertimenti in un’autentica moda. Della vita di Marilyn Monroe sono stati fatti diversi rifacimenti cinematografici: l’ultimo di essi è Blonde, nonostante non sia esattamente una biografia, che vede la meravigliosa Ana de Armas nei panni di Marilyn. Blonde è un film complesso, intricato e quasi raccapricciante, che narra in maniera molto cruda di come nella mente di Marilyn le poche verità di cui era circondata andassero a sfumare nei traumi del suo passato. Si sofferma in particolar modo nel suo rapporto con il padre, che lei non aveva mai conosciuto, e (oltre che nelle figure di Joe Di Maggio e Arthur Miller, due dei suoi mariti) nel conflitto tra la piccola Norma Jean, una bambina impotente e sola, e la seducente Marilyn, che sfilava sui red-carpet ridente e bellissima. Tralasciando le aspre critiche ricevute dal pubblico, io personalmente ho trovato il film Blonde molto incisivo. Alcune scene, molto intense e a volte spaventose, mi sono rimaste impresse tanto da farmi
comprendere che probabilmente lo scopo del film non è piacere agli spettatori, quanto trasmettere qualcosa che essi possano ricordare, consapevoli che la storia di Marilyn è troppo importante per essere dimenticata.
Norma Jean Mortenson venne alla luce il 1/06/1926 e morì il 14/08/1962, forse mai desiderata, lasciandoci il suo magnifico sorriso e quell’aria malinconica malcelata in quei suoi meravigliosi occhi lucidi. Lasciandoci la sua eleganza e la sua fragilità, la sua tenerezza affettuosa. Lasciandoci la sua fiducia negli altri. Il suo eterno tentativo di essere felice. “Vorrei essere felice. Ma chi lo è? Chi è felice?”
Anna Martinelli, IBE ’ unmiracolo, laradio
Guardandomi intorno giorno dopo giorno mi sono resa conto di quanto siamo fortunati. Sono consapevole di essere nata in un epoca nella quale ogni mia più piccola e banale esigenza ha la possibilità di essere colmata in pochissimo tempo e senza troppa fatica, e vivendo con queste comodità, mi risulta difficile pensare che i miei nonni abbiano potuto sopravvivere anche senza. Siamo così abituati a certe cose da non darvi importanza. Vi faccio un esempio: la radio. Quando vai in vacanza, prima di immergerti nel più completo relax cosa ti intrattiene per le cinque ore di macchina? La radio. Questa, è divenuta una costante nel nostro quotidiano tanto da passare come un sottofondo quasi impercettibile. E’ per questo che ho deciso di farle giustizia e di raccontare la sua, non poco travagliata, ascesa in Italia .
La radiofonia è stata pensata la prima volta nella fine dell’Ottocento, quando l’inventore italiano Guglielmo Marconi pensò di trasmettere il primo segnale radiotelegrafico transoceanico, dal Regno Unito al Canada, ma malgrado i tentativi non riuscì a comunicare alcun suono. Dovremo infatti aspettare fino agli anni Venti del 900 per collegare la radio a un mezzo di comunicazione di massa.
Il 6 ottobre del 1924 è stato il gran giorno: in Italia la violinista Ines Viviani Donarelli ha avuto l’onore di leggere il primo annuncio via radio e di annunciare con un saluto la trasmissione del concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana. Un anno dopo nasce il Radiorario, un setti
manale ufficiale dell'URI che pubblica i programmi con l'intento di diffondere il nuovo mezzo e allo stesso tempo di conoscere meglio i gusti e le opinioni di un pubblico ancora da formare. Ma c’era un problema: il costo troppo alto che limitava il suo uso a poche famiglie; e così nel 1928 le persone meno abbienti, incuriosite dalla novità, iniziarono ad animare i bar e i luoghi pubblici.Nel 1930, poi, la radio riuscì a raggiungere tutte le scuole d'Italia, il che permise agli studenti di approfondire la conoscenza della lingua che a settant'anni dall'Unità d'Italia era ancora sconosciuta alla maggioranza dei cittadini. Ma la potenzialità di questo strumento non venne sempre utilizzata a fin di bene: la radio ebbe infatti il suo culmine con l’ascesa del fascismo. Marconi durante quel periodo cercò di convincere Mussolini, che non aveva ancora compreso la forza dell’apparecchio, a usare la radio come mezzo di propaganda. La radiofonia diventò così la voce ufficiale dello Stato. L’attività di diffondere o controllare l’informazione nel regime forse non sarebbe stata così efficiente senza di essa. Anche nel dopoguerra, tuttavia, la radio continuò a divenire sempre più importante, sbocciando nel suo cosiddetto “periodo d’ oro” con la trasmissione della prima edizione del festival di Sanremo.
È così che la radiofonia ha accompagnato i momenti principali della nostra storia, e anche oggi, essendosi evoluta di gran lunga, rimane la passione di molti giovani italiani.
Distanze
Un vento gelido scuoiava le cime dei monti. Queste, bruciacchiate, certo, ma folte di vita erano rubate di ciò che avevano. Teste pallide fuggivano, chi la patria, chi il pianeta; e chi era sopra, Nei palazzi più alti Dei colli più ricchi, stava a guardare, E sparare.
Si videro le più grandi menti Di quei tempi distrutte dalla pazzia, Affamate, nude, isteriche. E i grandi dei tempi che furon, Presi in ostaggio, pure quelli. Dante, patriota, Scommetto pregasse Di tornare Fra le grazie dell'esilio. All'uomo mutò l'anima. E ora, in un paese Squassato da una leggerezza Annoiata, Si urla alla morte, per uno sbadiglio. Un presente di farsa, Lo si cambia in tragedia, Per il languido gusto Del protagonismo.
Giorgio MirabileSotterfugi pericolosi
E’ il 1919, precisamente il 23 marzo, già da stamattina all’alba per le strade c’è gran movimento: gente che grida, si spintona, un fiume di persone di ogni genere che, come un gregge disordinato, si accalca verso la piazza principale. Sono alla finestra il naso schiacciato contro il vetro osservando quello strano andirivieni. «Eva! Levati immediatamente da lì!» Mia madre appare alle mie spalle facendomi sobbalzare, picchio la testa contro la mensola e mi volto emettendo un sordo gemito. Incontro gli occhi furenti di mia madre, non vuole che in questi giorni io esca di casa né che mi affacci alla finestra, non conosco il motivo ma questo suo comportamento mi rende ancora più curiosa. «Eva, lo sai che non voglio che tu disobbedisca agli ordini miei e di tuo padre, come li rispettano i tuoi fratelli li devi rispettare anche tu». Ma cosa sta succedendo? Penso tra me e me… Perché da una settimana centinaia di persone si riversano nelle strade e noi siamo confinati in casa? Papà, mamma, Giovanni e Marco hanno sguardi cupi e in tutta la casa si può avvertire un’atmosfera sospesa. Mi sottraggo dallo sguardo inceneritore di mamma massaggiandomi la fronte e, borbottando frasi sconnesse, mi allontano dalla finestra. Mentre giro il corridoio vedo la mamma scostare leggermente le tende e lanciare uno sguardo preoccupato alla fiumana di gente. A pranzo ci riuniamo tutti: mamma, papà, Giovanni, Marco e il nonno, nella grande sala del camino e, tra una forchettata e l’altra, pongo la domanda che sto ripetendo da una settimana a questa parte: «Ma cosa sta facendo tutta quella
gente? E perché non possiamo uscire?» Come al solito cade un silenzio di tomba, tutti alzano gli occhi e mi fissano silenziosi, poi con un leggero tramestio di posate abbassano gli occhi e riprendono a mangiare. Tutti tranne nonno, lui mi rivolge uno sguardo rassicurante e mi fa l’occhiolino ma rimane zitto. Al termine del pranzo tutti tornano alle loro faccende e io, grazie a gesti scaltri, riesco a sgattaiolare fuori di casa. Mi dirigo verso la piazza dove è stato allestito una specie di palco su cui un uomo parla rivolto alla folla. Mi intrufolo tra le gambe delle persone per avvicinarmi a sentire: «Popolo, quest’adunata rivolge il suo primo saluto e il suo pensiero ai figli d’Italia che sono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i combattenti, agli ex prigionieri che compirono il loro dovere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni materiali e morali richieste dalle associazioni dei combattenti» (...)
Sono sconvolta. Sarà forse questo un brutto sogno? Eppure appare così reale ai miei occhi… Entro nella stanza del nonno e mi accoccolo sulla poltrona mentre inspiro il suo profumo di noce moscata. Il nonno si alza dallo scrittoio, lo capisco dallo scricchiolio della sedia sul pavimento in pietra, e viene lentamente verso di me. Mi abbraccia stringendomi forte, non mi chiede niente, sa già tutto, io affondo la faccia nell’incavo della spalla e mi abbandono al pianto. (...)
Centurelli, IBIl MiliteIgnoto
A ripensare a quei momenti ricchi e intrisi di stenti nel mio cuor affiorano ricordi di coloro che son morti.
Chissà se i soldati si aspettavano di essere ricordati con così tanto fervore dal profondo del cuore.
E dopo la primavera l’esercito scavalcava quella ringhiera che rappresentava la guerra sanguinosa che finiva dopo il fiorire di una rosa.
E molti erano coloro che stavano sulla soglia spesso a tremare come una foglia ad aspettare quelle anime di cui prima la voce non si sentiva.
E per questo è stato costruito un monumento che è servito a ricordare tutti i soldati che non son più stati ritrovati.
Il milite ignoto rappresenta quell’amore fraterno che sarà per sempre eterno anche se dei ragazzi immaturi tutt’oggi si divertono a imbrattare quei muri.
E ancora in questi giorni la tomba è sorvegliata da giovani che la loro patria hanno sempre amata. E anche se d'inverno giunge la brina il vento che colpisce quella tomba mai s’incrina.
E’ sempre importante rimembrare coloro che hanno lottato per permetterci di amare.
Martina Fuselli, IBIpseDixit
2C
(collaboratrice entra con una supplenza)
Nardone: NO, È GIÀ UN NO… ah non posso davvero, ho un colloquio… EVVAI!! GODO COME UN RICCIO!
Marta: ma profe… Nardone: MINCHIA! stai zitta!
3A
Pasini: (parlando della bibbia) che libro volete fare? Eli: il libro della giungla
Enrico: prof ma lei viene da Roma? Supplente: Sono di Perugia Enrico: è sempre nel Lazio
Pepe: non posso spiegarvi fisica Ema: prof io da lei mi farei spiegare anche italiano
Beretta: potevamo fare un solo errorino... e infatti lo abbiamo fatto
Nardone: bisogna esorcizzare le parolacce. Le diceva Aristofane e ha fatto letteratura greca. Perché non posso dirle io?
Cuccoro: i Siciliani hanno inventato le canzoni, per esempio le canzoni di sanremo, quella con le mani ciao ciao (parlando del vomito) Pepe: le cose grosse e dure in gola non ci vanno 3E
(la Marotta trova una chiave nel cassetto) Marotta: questa chiave cosa apre? Cami: il mio cuore
(Lucia ride mentre la Marotta parla senza voce) Marotta: cosa c’è Lucia? ti fa ridere la mia voce così sensuale?
Bonasia: ragazzi da dove deriva “nemo” latino? (silenzio nella classe) Bonasia: non ditemi dall’acquario per favore
3C
Chiara: dall’Esselunga non mi arrivano i libri… Nardone: non dirmi così che c’ho i figli di mio figlio in ballo…aspe, i figli di mio figlio ho detto?!
Bonasia: cosa c’è Giovanni, non ti convince? Giovanni: sì, sì, mi convince Bonasia: è come la matematica Giovanni: allora no, non mi convince
(Pietro sbadiglia e non si copre con la mano) Minervini: bei molari, grazie, ma non sono il tuo dentista
(Leti parla con giù la voce)
Angi: ora ridillo senza piangere
(parlando degli Scientology)
Angi: diciamo che per entrare non si deve pagare… cioè c’è un’offerta “libera” che va dai 2000 ai 24000 dollari e versandola hai dei privilegi in più Mari: tipo il contributo volontario del Sarpi
(nell’ora della Bonasia: Michy vede Zappa in cortile e apre una finestra dell’aula)
Michy: profe scusi ho un attimo caldo Bonasia: adesso basta, ve lo faccio conoscere Bonasia (aprendo un’altra finestra e chiamandolo): EMIII!!! VIENI UN ATTIMO QUI!!!
(Zappa arriva alla finestra e la classe ride) Bonasia: ci sono le ragazze che ti cercano Zappa: ragazze, non fatemi dire cose inopportune
Minervini (lamentandosi e indicando Maria): … non come qualcuno che arriva in ritardo alle mie lezioni!
Mari: ma profe non è colpa mia, io vivo tra le montagne!
Minervini: come Heidi! ti sorridono i monti?
Mari: sì!
Minervini: e le caprette ti fanno ciao?
Mari: sa però che appena apro la finestra le vedo? Minervini: accipicchia! questo è un mondo fantastico!
(armeggiando con la nuova lavagna interattiva)
Minervini: come si accende ‘sta schifezza?
4A
Messi: per Natale ho regalato al mio confessore una bella edizione di un libro di Marco Aurelio e ho visto che storceva un po' il naso, ma non ho realizzato subito il perché. Poi mi son ricordato che Marco Aurelio aveva perseguitato i cristiani.
Vitto (criticando la forma ambigua delle fontane vicino alla Fara): dai, le dovrebbero cambiare... Ele: ma dai, magari hanno un significato simbolico Vitto: sì, quale? fertilità?
4D
Lollo (indicando Zappoli): quando mi chiedono come fosse Socrate io me lo immagino così
De Simone (indicando Maddalena): dove sei stata Lucrezia?
Maddy: Maddalena De Simone : ah, Sardegna quindi
Togni: …il mio collo taurino… Maddy: adesso non flexare che fai il biomedico Mati: …
Amadio: “il cinghiale” Niccolò: “goloso” Amadio: “sì, un maiale setoloso”
Maddy *leggendo* : “il cavaliere del Palatino, il calvinista Federico V”
Santini *parlando della comunicazione nella corte di Urbino* :” È come se entrassi in classe vestito da leone; voi pensereste ‘ah oggi è aggressivo’ “
Mati : “per me è un participio attributivo” Lollo :”ma no è un participio relativo”
Zappoli: “preferireste andare in purgatorio o paradiso”
Lollo: “bah io in Purgatorio”
“Io nella mia classe sto indietro, ma non così indietro” Classe: “…”
Zappa: ragazze davvero, se dovete parlare delle vostre Barbie magari fatelo dopo […] Zappa: spero non abbiate ancora le Barbie comunque
(dopo interrogazione di italiano con volontari)
Venier: vi siete sacrificati per la patria Fabio: no, la patria ha sacrificato loro 5G
Cuccoro: non c’è paragone: il Luperini supera di gran lunga il Baldi, c’è una differenza enorme Benni: ma infatti io l’ho sentita la differenza, soprattutto sulle spalle la mattina quando vengo a scuola il peso dello zaino è cambiato
5E
(parlando di fatti degli anni 70/80)
Giulia: è una cosa più o meno recente…nel senso che mia nonna se lo ricorda Pasini: tua nonna?? me lo ricordo io!
(parlando dei volumina)
Bonasia: si leggevano così (srotola lo scottex a destra e sinistra) Bonasia: quando vedete così… (srotola in alto e in basso) … è il principe che cerca la scarpetta
P.S.: Aspettiamo le vostre frasi, interventi e commenti divertenti della classe per i prossimi numeri di Cassandra!
Via instagram a @cassandrailgiornale o per email a maria.fiorina@studenti.liceosarpi.bg.it e ginevra.sansoni@studenti.liceosarpi.bg.it
Lamoda rivoluzionariadegli anni '20
Chanel
Nei folli anni ‘20, a Parigi, essendo “il centro del mondo”, si respirava un clima cosmopolita con un pizzico di rivoluzione. C’era bisogno di innovazione e sperimentazione, a Parigi infatti la moda venne usata come mezzo di espressione e di ribellione. Questa necessità fu particolarmente sentita da Gabrielle (Coco) Chanel, stilista illustre e rivoluzionaria, definita “un vero e proprio genio della moda”.
Hepburn lo indossò nel celebre film “Colazione da Tiffany”.
Il suo anticonformismo sfociò nel portare l’uso del pantalone, fino ad allora riservato agli uomini, anche nella società femminile; questo era a vita alta e in tessuti morbidi così da garantire la massima comodità alle donne.
Con l’invenzione del tubino nero, Coco Chanel aprì di fatto la strada ad alcuni dei trend ad oggi più gettonati; ella inventó questo, definendolo “petit robe noire” (piccolo vestito nero), con lo scopo di creare un vestito comodo ed elegante, adatto ad ogni occasione. Prima degli anni ‘20, indossare un abito nero al di fuori dal lutto, soprattutto durante il giorno, era considerato indecente e inopportuno. Chanel, come di consueto, stravolse le tradizionali convenzioni sociali. Successivamente, negli anni ‘50, Christian Dior rese il tubino simbolo della donna pericolosa, riportata nel cinema sotto la figura della femme fatale. La popolarità del tubino aumentò fino a diventare mito negli anni ‘60, quando l’attrice Audrey
Diffuse nella quotidianità femminile l’uso del cardigan, anch’esso ristretto al campo maschile prima d’allora. Andò così ad offuscare i confini tra le identità di genere e a dare un'ulteriore spinta all'emancipazione delle donne.
Tuttavia Madame Chanel non si limitò ad esprimersi esclusivamente con l’abbigliamento, ma condusse la sua eleganza e sofisticatezza nelle fragranze, componendo l’iconico Chanel n 5: un profumo misterioso, “un profumo da donna che sappia di donna”. La stessa Marilyn Monroe, irritata da un giornalista che le chiese cosa indossasse prima di andare a letto, rispose: “Solo due gocce di Chanel n5”.
La figura di Coco Chanel rende evidente, dunque, che la moda non è mera superficialità, ma rappresenta nodi importanti dell’ambito sociale e storico, riportando i cambiamenti qui avvenuti nell’abbigliamento di tutti i giorni.
“La moda riflette i tempi in cui si vive, anche se, quando i tempi sono banali, preferiamo dimenticarlo”- cit. Coco Chanel.
In quale serie tv degli anni ‘20 del XXI secolo ti troveresti meglio catapultato? Scoprilo subito con il nostro quiz!
Quale costume sceglieresti di indossare ad Halloween?
A) demogorgone
B) bambola gigante C) sposa cadavere D) professore Se potessi scegliere di avere un superpotere, quale sarebbe?
A) telecinesi B) occhi laser C) eleganza
D) intelligenza Qual è il tratto della tua personalità che più ti caratterizza?
A) coraggio B) cinismo C) altruismo D) astuzia
Qual è la tua ship preferita?
A) Undi e Mike B) 067 player e 456 player C) Daphne e Simon D) Tokyo e Rio
Qual è il tuo luogo ideale per un viaggio?
A) una dimensione fantastica B) un paese tropicale C) un castello ottocentesco D) una città estera famosa
Qual è il tuo hobby preferito?
A) praticare giochi da tavolo B) giocare a biglie C) leggere D) praticare sport
MAGGIORANZA RISPOSTE A:
La serie tv degli anni '20 del XXI secolo che più ti rappresenta è "Stranger things": sei una persona che tiene molto agli amici e alla famiglia e fai di tutto per proteggerla.
MAGGIORANZA RISPOSTE B:
La serie tv che più ti rappresenta è "Squid game": sei una persona che, anche nei momenti peggiori, non si abbatte mai e trova sempre la forza per rialzarsi.
MAGGIORANZA RISPOSTE C:
La serie che più ti rappresenta è "Bridgerton": sei un/una gran romanticone/a e ti importa molto del giudizio altrui.
MAGGIORANZA RISPOSTE D:
La serie tv degli anni '20 del XXI secolo che più ti rappresenta è "La casa di carta": sei una persona astuta ed intraprendente, ma anche molto fedele ad amici e famiglia.
Carolina Capponi, 1A
Mariavittoria Mingotti, 1A
Sebastiano Boccardi, 1A
OROSCOPOMOTIVAZIONALE
Citazioni di personechehannofattolastorianegli anni ‘20del Novecentoedel Duemila
CAPRICORNO
Nelle piccole cose fidati della mente, nelle grandi del cuore (Freud)
ACQUARIO
Quando tutto sembra andare contro di te, ricorda che l’aereo decolla contro il vento, non con esso (Henri Ford)
ARIETE
La logica vi porterà da A a B, l’immaginazione dappertutto (Einstein)
VERGINE
Un esperto è uno che conosce alcuni dei peggiori errori che può compiere nel suo campo e sa come evitarli (W. Heisenberg)
PESCI
Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo (Gandhi)
TORO
Abbiate il coraggio di essere felici (Papa Francesco)
SCORPIONE
Arrendersi non significa sempre essere deboli; a volte significa essere forti abbastanza da lasciar perdere (M. Monroe)
LEONE
Solo perché un problema non è ancora stato risolto non è detto che sia impossibile da risolvere (Agatha Christie)
GEMELLI
I ricordi sono la nostra seconda possibilità di felicità (Regina Elisabetta II)
SAGITTARIO
Sono le nostre scelte che mostrano ciò che siamo veramente, molto più delle nostre capacità (J. W. Rowling)
BILANCIA
Un giorno ti lascerai questo mondo alle spalle, quindi vivi una vita che vuoi ricordare (Avicii)
CANCRO
Innamorati di te, della vita e dopo di chi vuoi (Frida Kahlo)
hanno scritto per questo numero: Ginevra Sansoni 3C, Giulia Klizia Bracco 3C, Clara Riva 1F, Maria Fiorina 3E, Carolina Capponi 1A, Mariavittoria Mingotti 1A, Sebastiano Boccardi 1A, Teresa Fratus 3C, Giorgio Mirabile 5B Marta Capuano 2C, Luca Ferrabue 1A, Rebecca Madravio 3A, Francesca Rossi 1A, Anna Martinelli 1B, Chiara Belotti 1B, Federica Crapanzaro 3E, Emma Centurelli 1B, Martina Fuselli 1B
copertina: Annalucia Gelimini 4E impaginazione: Anna Piazzalunga 5C
direttrice: Anna Piazzalunga 5C viceditrettrici: Annalucia Gelmini 4E, Martina Musci 4D segretarie: Ginevra Sansoni 3C, Teresa Fratus 3C, Sara Orlando 3C
caporedattori: attualità: Martina Musci 4D cultura: Chiara Inzaghi 3C
narrativa: Annalucia Gelmini 4E, Federica Crapanzano 3E terza pagina: Ginevra Sansoni 3C, Maria Fiorina 3E seguici anche su instagram: @cassandrailgiornale