CASSANDRA numero 109
anno XXVI
EDITORIALE
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BESTIE
estia. Cosa vuol dire questa parola? Cosa significa da sola? Cosa si intende davvero quando la si pronuncia? Innanzitutto, la bestia non è solo un animale, ma qualcosa di selvaggio, di nocivo all’uomo e alla società. Eppure non è nemmeno una belva, dal momento che non ha in sé qualcosa di intrinsecamente cattivo o rabbioso. Secondo la Treccani bestia è qualunque animale, eccetto l’uomo, che, a differenza di quest’ultimo, è mosso dall’istinto e non dalla ragione. Di conseguenza bestia è insulto all’umanità, minata in ciò che la dovrebbe distinguere dalle altre categorie di viventi: il senno. L’uomo, infatti, in una certa misura, può concepire di essere definito “animale”, poiché, almeno dal punto di vista evolutivo, ammette di esserlo; bestia, tuttavia, no. Perché una bestia non può coincidere con l’intelligenza, la sensibilità e la morale che l’uomo considera proprie. E se nel corso dei millenni l’uomo è giunto ad essere determinato da tali caratteristiche, ciò significa che non è mai stato una “bestia”; sarà stato un particolare tipo di scimmia, un animale, ma non una bestia. La bestialità è percepita in modo così lontano dall’uomo, da non essere ascrivibile nemmeno alla sua condizione primordiale. La bestialità è disumana. Essa rappresenta l’istinto nel conflitto con la ragione, in cui tende a prevalere quest’ultima. Ma se ciò non accade, se a vincere dovesse essere l’i-
stinto, la bestialità, cosa accadrebbe? Nel 1905, a Parigi, si sviluppò un movimento artistico, che ebbe in realtà breve durata, ma grande influenza sulle correnti successive, il cui nome era “Fauves” (“bestie” in francese). Il termine fu coniato in quello stesso anno, al Salon d’Automne, quando le opere esposte suscitarono grande scalpore soprattutto per il modo in cui gli artisti avevano inteso i colori. Bestie, dunque. E bestie non solo nell’uso dei colori, ma anche nei contrasti, nella deformazione della realtà e delle sue forme. Bestie perché osarono andare contro alle regole imposte dalla ragione, dalla razionalità, dalla convenzione. Bestie perché furono ribelli, non nella società, ma nell’arte, e perché, senza alcuna vera rivoluzione, riuscirono a sconvolgere le menti dei contemporanei. Così, senza un vero e marcato intento ideologico o critico, essi presentarono una nuova realtà scandalosa, selvaggia e ancor più “bestiale” se paragonata a qualcosa di proporzionato, sobrio e aderente ai dettami del naturalismo. Il loro uso del colore, tuttavia, sebbene fosse molto particolare e “all’avanguardia”, non era frutto solo della predilezione per i colori primari e non si limitava, dunque, a stravolgere le sfumature della realtà. Esso si basava sull’esaltazione di colori esistenti, che si vedono nelle ombre, per esempio, o contribuiscono a comporre una certa tonalità. Per-
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EDITORIALE
ciò i Fauves, con il loro intenso studio del colore (una delle poche eredità di quell’Impressionismo che tanto criticavano) estraevano dalla realtà i tratti più nascosti, poco evidenti, “trascurabili”, quegli aspetti velati che, di proposito o meno, vengono dimenticati. La loro trasposizione del reale coincideva con un’esaltazione di ciò che la mente vede a discapito di ciò che veramente è, senza però cedere in maniera eccessiva l sentimento e alle illusioni della mente stessa e arrivando quasi ad un connubio di ragione e istinto, una sorta di istinto nella ragione, che permetteva di perdere la forma, dividere e invertire i colore, senza però sottrarsi al contatto con la realtà e con una generale idea di equilibrio. Uno dei loro massimi (e criticatissimi) esponenti fu Henri Matisse, autore de La Danza (1910), un dipinto che, in perfetta armonia con il termine “fauves”, fu vittima di una sorta di estremizzazione della critica stessa rivolta al movimento, quando fu definito “cacofonia demoniaca”. Oggi quest’opera è considera-
ta una delle più importanti di Matisse, ma forse mantiene ancora quell’aura di bestialità, di immediata lontananza, suscitata dai volti quasi assenti, dal colore e, soprattutto, dalle dinamiche del movimento, in antitesi con quelle reali del naturalismo. Ogni figura è dove dovrebbe essere, ma non si presenta nel modo in cui si dovrebbe presentare; e proprio in questo il dipinto è “bestiale”, nella silenzioso scacco mosso alla logica, alla razionalità, nella volontà di cambiare le leggi della natura e del movimento, ma senza sovvertirle, nell’aderire all’istinto senza rinnegare la ragione. E la bestialità, nel quadro e oltre ad esso, è il continuo oscillare tra gli estremi… è l’incapacità (o la non-volontà) dell’istinto di prendere, razionalmente, una decisione definitiva. Di conseguenza, la bestia è nell’uomo, è un tratto distintivo e se dalla condizione primordiale di animale, attraverso l’evoluzione, egli si è distaccato, dalla bestialità non può fuggire in nessun modo.
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Zoe Mazzucconi VA
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INDICE
ATTUALITÀ
Le bestie di Satana: quando la realtà supera la sceneggiatura Pandora Papers: come i ricchi diventano più ricchi
CULTURA
L’ordine, la follia e l’inferno Minotauro di F. Durrenmatt Una bestia travestita da agnello
NARRATIVA
A occhi chiusi Assassino Illusioni Gomi Cara Chiara
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SPORT
Uomo o bestia? Al di là della sportività
TERZA PAGINA
Spu(n)ti di letteratura Testswag Ipse dixit
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ATTUALITÀ
LE BESTIE DI SATANA: QUANDO LA REALTÀ SUPERA LA SCENEGGIATURA
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“Il sonno della ragione genera mostri”
e Bestie di Satana furono un gruppo di satanisti responsabili di alcune induzioni al suicidio e molteplici omicidi nella provincia di Varese, protagonisti di una sconcertante vicenda che tenne l’Italia con il fiato sospeso a partire dalla fine degli anni ’90. La raccapricciante storia di riti esoterici e crimini insanguinati viene svelata la notte fra il 23 e 24 gennaio del 2004, quando, nella serra di una villetta, i carabinieri scoprono il corpo con il viso sfigurato di Mariangela Pezzotta, 27 anni. È il rito di iniziazione al quale Andrea Volpe si è dovuto sottoporre per entrare nel gruppo delle Bestie: nel 2003 Nicola Sapone, uno dei leader, gli avrebbe intimato di uccidere Mariangela, la sua ex fidanzata, e di berne il sangue. Con il pretesto di una videocassetta da restituire, Volpe invitò a cena la ragazza in una baita di Golasecca, nella provincia di Varese. Mentre Elisabetta Ballarin, la sua nuova fidanzata, era in cucina a preparare due dosi di speedball (eroina e cocaina), egli, dopo una violenta discussione, sparò due colpi in volto alla Pezzotta, senza però ucciderla. Volpe e Ballarin, in condizioni alterate, chiamarono in aiuto Sapone il quale colpì la vittima agonizzante con un badile nella serra antistante lo chalet, per poi tornare a casa a Legnano. Prima di andarsene, ordinò di lavare ogni traccia di sangue, di seppellire la Pezzotta nel giardino e di spingere nel fiume la sua auto. Sapone dirà poi di non essere stato lui a commettere il delitto, ma di essere stato chiamato da Volpe a omicidio già commesso. Una volta seppellita la Pezzotta, Ballarin e Volpe guidarono l’auto della vittima per farla scivolare in un canale. I due andarono a incastrarsi su un muretto. Volpe scese dall’auto e si recò verso un parcheggio poco distante, invocando soccorso e dando in escandescenze. Ai carabinieri accorsi sul posto inizialmente dichiarò che lui e la fidanzata erano stati aggrediti da alcuni balordi mentre si trovavano appartati in auto, ma gli agenti si resero conto che in realtà la coppia aveva avuto un incidente causato dall’assunzione di stupefacenti e fecero trasportare entrambi i giovani in ospedale. Qui Elisabetta, ancora sotto l’effetto della droga, cominciò a mugugnare frasi, apparentemente sconnesse, riguardanti la morte di una certa Mariangela. A questo punto i carabinieri, assieme alla procura, iniziarono a indagare e il giorno successivo venne ritrovato il corpo della Pezzotta nella serra dello chalet, dove era stata sepolta che ancora respirava – come dichiarato da Volpe durante 6
ATTUALITÀ gli interrogatori. Michele Tollis, padre dello scomparso Fabio Tollis, amico di Volpe, da anni cercava di capire dove fossero finiti suo figlio e Chiara Marino (due ex membri del gruppo dei quali si erano perse le tracce nel gennaio del ‘98). L’uomo portò il caso alla trasmissione di Rai 3 “Chi l’ha visto?” partecipando a numerose puntate; sin dal principio, non si fidò degli affiliati alle “Bestie di Satana”, i quali sostenevano che Fabio fosse scappato con Chiara per ragioni sentimentali. Quando Michele Tollis seppe dell’arresto di Volpe, ipotizzò agli inquirenti che la scomparsa dei ragazzi poteva essere collegata al delitto Pezzotta. Durante un interrogatorio Volpe decise di collaborare e confessò l’omicidio di Mariangela Pezzotta, per il quale era già trattenuto, ma anche quelli di Chiara Marino e Fabio Tollis. Tratti in inganno da Sapone e Volpe col pretesto di un rito, furono condotti nottetempo nei boschi di Mezzana Superiore, dove li aspettava una fossa profonda due metri, scavata giorni prima da Sapone e Volpe, assieme a Pietro Guerrieri e Andrea Bontade: quest’ultimo doveva fare da palo, ma non ne ebbe il coraggio e non si presentò, e venne poi indotto al suicidio nello stesso anno. Guerrieri, invece, non partecipò al delitto, ma, resosi conto delle proprie responsabilità, piombò in uno stato di depressione, aggravato dall’uso pesante di stupefacenti. Una volta giunti sul luogo, la Marino venne uccisa a pugnalate da Sapone, mentre Volpe si avventò sul Tollis che tentava invano di difendere l’amica. Tollis venne sopraffatto a coltellate anche da Mario Maccione e poi colpito sul capo con una mazzetta da muratore; Sapone gli infilò in bocca un riccio di castagno per soffocare le sue urla e gli inflisse una coltellata alla gola. Al termine le due vittime vennero gettate nella fossa. I corpi di Tollis e della Marino, ormai mummificati, saranno ritrovati dai carabinieri il 18 maggio 2004. Ma ora, vi chiederete, che fine avranno fatto i carnefici di queste atrocità? Quali condanne avranno scontato o staranno ancora scontando? Andrea Volpe, per aver collaborato con la giustizia, ricevette una condanna di 20 anni; Elisabetta Ballarin venne condannata a 23 anni, in carcere si è laureata in Didattica dell’arte e ora vive a Brescia; a Pietro Guerrieri spettarono 12 anni, ma venne rilasciato e mandato in comunità; anche Mario Maccione venne scarcerato, dopo aver scontato la pena di 19 anni. Infine, Nicola Sapone, il più mostruoso, ricette due ergastoli con isolamento per tre anni. È tutt’ora in carcere dove studia filosofia e continua a proclamarsi innocente.
Teresa Fratus IIC 7
ATTUALITÀ
PANDORA PAPERS:
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COME I RICCHI DIVENTANO PIÙ RICCHI volto 600 giornalisti di 150 testate internazionali, tra cui anche L’Espresso. Questi documenti hanno svelato i segreti finanziari di 35 capi di Stato (attuali o passati), più di 330 politici da 91 Paesi e una lunga serie di fuggitivi, assassini, trafficanti, ex camorristi. Non solo: nell’elenco spiccano celebrità dello spettacolo, dello sport, della moda. Tutti costoro, che sembrano non avere niente in comune, sono clienti di studi internazionali che fabbricano offshore, ovvero società collocate in giurisdizioni estere dove non esistono le tasse e i cui titolari possono rimanere anonimi, evitando così le tasse del Paese dove risiedono. Come osserva l’ICIJ nell’articolo di introduzione all’inchiesta, “i documenti rivelano che molti dei leader, che potrebbero aiutare a porre fine al sistema offshore, invece ne beneficiano, nascondendo beni in società e fiduciarie segrete mentre i loro governi fanno ben poco per rallentare un flusso globale di denaro illecito che arricchisce i criminali e impoverisce le nazioni.” L’ipocrisia dei leader mondiali coinvolti è ancora più evidente se si esaminano gli acquisti compiuti tramite le compagnie offshore. Andrej Babis, Primo Ministro Ceco che durante la sua carriera si è
Panama Papers, pubblicati nel 2016, avevano mostrato come funzionano i paradisi fiscali e chi li controlla. Causarono una serie di proteste, investigazioni in più di 82 Paesi, e portarono moltissimi politici, coinvolti nello scandalo, a dare le dimissioni. In risposta ai Papers, Paesi in tutto il mondo avevano iniziato a varare leggi che rendessero più difficile l’evasione fiscale. I Panama Papers avevano, in parole povere, scosso la società. Cinque anni dopo, hanno un successore: i Pandora Papers.
Resi pubblici il 3 ottobre 2021 dal Consorzio Internazionale di Giornalisti Investigativi (ICIJ), sono stati definiti dal direttore generale dell’ICIJ Gerard Ryle “Panama Papers sotto steroidi.” Quest’inchiesta è durata due anni ed è la più grande mai fatta finora: ha coin-
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ATTUALITÀ scagliato veementemente contro la corruzione dell’élite politica ed economica, ha comprato uno chateau da 22 milioni di dollari sulla riviera francese. Il re della Giordania, negli anni successivi alla Primavera Araba, quando il suo popolo è sceso in strada a protestare la mancanza di lavoro e la corruzione, ha comprato tre ville sulla spiaggia di Malibù per un valore complessivo di 68 milioni di dollari. E oltre a queste, almeno altre 14 residenze di lusso negli Stati Uniti e nel Regno Unito di un valore complessivo superiore a 106 milioni di dollari. Gli avvocati del re l’hanno difeso dicendo che secondo la legge giordana il monarca non è tenuto a pagare le tasse, e che possiede delle proprietà tramite compagnie offshore per ragioni di privacy e sicurezza. Queste affermazioni, che già suonano come futili tentativi di arrampicarsi sugli specchi, sono ancora più spregevoli se si considera che la Giordania è uno dei Paesi più poveri del Medio Oriente. Nel vicino Libano, dove da anni si discute della corruzione dei politici, la situazione è molto simile: Marwan Kheireddine, ex ministro di Stato e Presidente di una delle banche principali del Paese, nel 2019 aveva criticato i suoi colleghi per non aver preso nessun provvedimento che mirasse ad alleviare la terribile crisi economica che c’era in quel momento. I Pandora Papers rivelano che, in quello stesso anno, Kheireddine firmò alcuni documenti in qualità di proprietario di una compagnia delle Isole Vergini che possiede uno yacht da
2 milioni di dollari. L’ex ministro disse: “L’evasione fiscale c’è, e bisogna che il governo se ne occupi.” Che fosse uno strano modo per ammettere i suoi reati? Purtroppo, il politico che predica bene e razzola male è una figura che si ripresenta ancora e ancora. Il Presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, in un’intervista del 2018 alla BBC, riguardo alle compagnie offshore aveva detto: “I beni di ogni funzionario pubblico devono essere dichiarati apertamente in modo che la gente possa interrogarsi e chiedersi cosa è legittimo. Se non ti sai spiegare, me incluso, allora ho qualcosa di cui rispondere.” Dopo che i Pandora Papers hanno rivelato che Kenyatta e la sua famiglia sono beneficiari di una società segreta in Panama e proprietari di cinque compagnie offshore, il Presidente e i suoi parenti si sono rifiutati di commentare. Tony Blair, Primo Ministro britannico e leader del partito laburista fino al 2007, nei suoi discorsi ha spesso parlato di come i ricchi e gli influenti evitino di pagare le tasse che spettano loro. Dai Papers è emerso che lui e sua moglie sono diventati proprietari nel 2017 di una villa vittoriana comprata tramite compagnie offshore. Questi sono solo alcuni esempi: la lista potrebbe continuare per molto, molto tempo. Io di politica non so niente, ma ho la sensazione che tutti questi uomini e donne di stato farebbero bene a seguire i loro stessi consigli. Perché, alla fine, la verità viene alla luce.
Teresa Molinari Tosatti IIIF 9
CULTURA
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L’ORDINE, LA FOLLIA E L’INFERNO
a riscoperta del mondo classico avvenuta grazie al ritrovamento di numerosi testi latini e greci apre in Italia quello che, in opposizione ai secoli del buio Medioevo, venne chiamato Rinascimento. Ne La scuola di Atene - espressione della rinascita della cultura filosofica classica rivolta alla ricerca di verità e di felicità attraverso l’uso della ragione - Aristotele allunga la mano e indica come unica realtà quella che i sensi riescono a percepire, mentre Platone guarda in alto al mondo delle idee: uomo è animale razionale, in grado di vivere la propria corporeità e contemporaneamente di innalzarsi al di sopra dei propri impulsi più ferini e bestiali. In questo clima di rinascita e di fiducia, il bestiale è quindi degenerazione dell’umano: se la humanitas è caratteristica fondamentale dell’Uomo - non dell’uomo medievale, in balia della natura, della religione e del simbolo, ma dell’Uomo rinascimentale -, allora ciò che non è razionale non è nemmeno umano. Insomma, si diffonde una cultura dell’ordine, cultura del controllo razionale sulle cose, che si adagia facilmente nell’ambiente cortigiano quattrocentesco, in un’Italia che gode di una relativa stabilità economica e in cui le varie signorie riescono a raggiungere un certo equilibrio politico. È a partire da fine quattrocento, quando questo periodo viene interrotto da nuovi ribaltamenti storico-culturali, che qualcosa inizia a cambiare. Nel 1492 la scoperta dell’America, del nuovo mondo, dell’alieno che non era mai stato conosciuto prima; nel 1527 il sacco di Roma, l’umiliazione della capitale della classicità; nel 1545 il Concilio di Trento e l’inizio della Controriforma. L’uomo tenta di aggrapparsi alle precedenti certezze, a interpretare il mondo usando gli stessi strumenti del passato; ma la ragione e il pensiero umano non valgono più, non sono più in grado di leggere oggettivamente il mondo, di fornire una visione unica e assoluta della complessità della realtà. Ma quindi, se la ragione non è più capace di regolare il mondo, cosa differenzia l’uomo dalla bestia? Riporto la strofa 13 del XXIV canto dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, in cui viene rappresentato lo stato di pazzia in cui cade Orlando. “E quindi errando per tutto il paese, Dava la caccia agli uomini e alle fere; 10
CULTURA E scorrendo pei boschi, talor prese I capri snelli e le damme leggiere. Spesso con orsi e con cinghiai contese, E con man nude li pose a giacere: E di lor carne con tutta la spoglia Più volte il ventre empì con fera voglia.” Orlando ha perso non solo ogni tratto cavalleresco, ma anche umano: poco prima egli si era denudato (strofa 133 canto XXIII), spogliato della propria identità umana, della propria ragione; ora è un animale, mosso nel suo ininterrotto vagare non da un nobile obiettivo, ma dai più bassi piaceri corporali. Abbassamento, detronizzazione: non più la posizione privilegiata, ma un angolo di una realtà complessa, in cui l’uomo è sempre in balia della sorte e in cui la fragilità della ragione può decretare da un momento all’altro la peggiore delle cadute. Orlando impazzisce per amore, ovvero per un sentimento tutto interno a sé stesso, per un inganno della propria stessa mente. Egli aveva tentato di illudersi, di credere non vera l’unione tra l’amata Angelica e Medoro, ma inutilmente: il paladino è essenzialmente portato alla follia dal contatto con una realtà da lui non accettata, la quale è anche perdita di senso. L’amore di Angelica è infatti il motore delle sue azioni, la ragione per cui ha abbandonato la guerra e intrapreso l’infinito vagabondaggio nella selva: comprendere che tale oggetto del desiderio, che seppur lontano avrebbe premiato la lunga inchiesta, è ormai stato raggiunto da altri, determina in Orlando lo sconforto. E tale sconforto è un dolore totale e devastante, che tocca l’essenza dell’esistenza del cavaliere come di un uomo che si è reso conto della verità: il fine ultimo dell’agire è eliminato, la vita si rivela un grande labirinto senza centro; non c’è più un obiettivo, uno scopo da raggiungere; l’uomo che comprende questa verità è in tutto è per tutto una bestia che vaga in un movimento continuamente centrifugo e centripeto, a caso. La pazzia di Orlando è quindi la pazzia dell’uomo che abbandona l’illusione e viene a contatto con la realtà, una realtà dolorosa, ma ormai inevitabile dal momento in cui la si scopre: tornare all’illusione è impossibile, come è impossibile riottenere il senno (a meno che un fidato amico non lo recuperi per noi andando sulla Luna in groppa a qualche improbabile cavalcatura). A questo punto l’operazione che l’uomo moderno si prefigge non può più essere la fuga nel falso, non può più essere l’alienazione dalla realtà, non più la pretesa di stabilità, ma la ricerca di senso, quel senso che, sostituendosi 11
CULTURA alla ragione, forse potrebbe distinguere davvero l’uomo dalla bestia. Vorrei dunque terminare questo articolo con le parole che Calvino, importante studioso di Ariosto, scrive come conclusione de Le città invisibili: L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Inferno, male, intrigo inspiegabile e matassa insolvibile di storie, persone, eventi: questa è mancanza di senso, mancanza di una risposta, di una spiegazione quando si pone la domanda “perché?”. Calvino trova un modo non per uscire da questo labirinto che è la realtà, ma per saperci vivere dentro: appigliarsi con fermezza a qualcosa che “inferno non è”. Marco Polo ha viaggiato per città, è venuto a contatto con la complessità del reale, ma di fronte a Kublai Khan comunque non è in grado di indicare “verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi”: non ha trovato un solo fine, un senso univoco alle cose. Ciò che ha ottenuto è questa consapevolezza: in ogni città che ha visitato e che visiterà, in ogni elemento della realtà, c’è un tratto della città perfetta. Perché la città perfetta è una città frammentata, fatta di attimi discontinui nello spazio e nel tempo che affiorano continuamente e che bisogna saper riconoscere e salvare. E se tutte le città, tutte le cose fanno davvero parte di una grande e unica città infernale, allora questa operazione si fa tanto più importante e necessaria.
Marianna Boiocchi VA 12
CULTURA
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MINOTAURO DI F. DÜRRENMATT
l minotauro si sveglia, il minotauro si guarda intorno e vede una miriade di altri minotauri che lo guardano. Non ha la cognizione di ‘specchio’, ma la esperisce rapidamente. Lo colse una grande felicità per il suo isolamento forzato, che di isolato non aveva ormai nulla. In una comunità di suoi simili, è il DIO dei suoi simili, che, quasi non fossero specchi, sembra appaiano risentiti nel dover replicare esattamente le movenze dell’originale. Il minotauro danza per la gioia e a poco a poco comincia a gioire per la danza, e con lui tutti gli altri minotauri negli specchi. Si placa solo quando scorge una ragazza. Di colpo capì che esisteva qualcosa d’altro oltre ai minotauri. Il suo mondo si era raddoppiato. L’esperienza dell’alterità è analizzata in una prospettiva embriologica. La singola cellula dell’io ha cominciato a sdoppiarsi, appena il mondo conoscitivo del minotauro si è allargato. Quale destino per questa ingenua e trepidante morula, catapultata in un ostile utero di specchi destinato a essere per lei luogo di distruzione anziché di costruzione, di artificio anziché di natura, di morte anziché di
vita, eppure, per lei, casa? Ed è forse proprio per fare gli onori all’ospite appena scorta, o per un’insaziabile curiosità infantile che il minotauro si lancia all’inseguimento della ragazza. Raggiuntala, ne saggia la carne, un’altra carne e comincia a danzare con lei. La potenza dell’immagine seguente mozza il fiato. Lui danzò la sua mostruosità, lei danzò la sua bellezza, lui danzò la sua gioia di averla trovata, lei danzò la sua paura d’essere stata trovata, lui danzò la sua redenzione, lei danzò il suo destino, lui danzò la sua cupidità, lei danzò la sua curiosità, lui danzò la sua attrazione, lei danzò la sua repulsione, lui danzò il suo penetrare, lei danzò il suo abbrancare. La dionisiaca forsennatezza della danza, sottolineata dall’accumulazione esasperata, si coniuga transitivamente con un oggetto definito come proprio (danzò il suo-la sua = tanzte seine), che il soggetto sublima attraverso la catarsi del movimento artistico. Dal punto di vista straniato del minotauro, si tratta veramente di fare l’amore, e chi legge ci crede. Ma lui non poteva capire che l’uccideva, perché non sapeva 13
CULTURA cos’è vita e cos’è morte. Sembra intuirlo solo quando solleva al cielo il corpo inerte della ragazza, dopo averlo rivoltato invano, prorompendo in un dilaniante muggito cosmico, una specie di correlativo oggettivo del πάθει μάθος eschileo. Ho sofferto, quindi so(no). Viene Teseo, un essere che assomigliava alla ragazza ma la ragazza non era, constata deluso il minotauro, che comunque gli si fa incontro con benevolenza. Quando il ragazzo lo colpisce, il minotauro estrae la spada dal proprio petto stupito. Non possiede ancora la ‘categoria’ dell’odio. Era smarrito. Intuì soltanto che l’altro essere, quello che gli era balzato addosso e gli aveva ficcato qualcosa nel corpo, non lo amava, mentre prima tutti lo avevano amato, la ragazza, le ragazze, i minotauri, e allora divenne sospettoso. Ancora una volta, l’intuizione della conoscenza viene solo dopo che è troppo tardi. Il sospetto si tramuta rapido in odio, l’odio primigenio che cova in ogni animale contro l’uomo che lo sevizia. Schiumante dalle fauci, si accascia a terra: ora sono i ragazzi e le ragazze inviati come sacrificio a danzare attorno a lui, sempre più dissennati, ostruendogli la visuale degli specchi. Il minotauro è solo, abbandonato anche da quelli che crede amici, le migliaia di riflessi di minotauri sulle pareti. Si alza ed è una furia, le sue corna si macchiano di sangue nero e penetrano in un morbido mucchio di corpi bianchi. Gravemente ferito, prende a tirare spasmodici pugni contro uno specchio, colpevole di tradimento. Questi risponde con altrettanta foga, fino a che non va in frantumi. Ricoperto di sangue e pezzi di vetro, il minotauro
a poco a poco comprese che si trovava davanti a se stesso. Grazie al suo intuire senza intendimento, un pensare da minotauro, percepisce però che non esistevano molti minotauri, ma un minotauro solo, nessuno prima di lui, nessuno dopo di lui e che il labirinto esisteva solo per una creatura come lui, che non sarebbe dovuta esistere. Crollato a terra, sviene per il troppo dolore. Destatosi, si accorge della presenza di un altro minotauro. Vero, questa volta, perché i gesti dei due non sono in perfetta e speculare sincronia. Mentre danzano l’amicizia fra minotauri, però, colui che si rivela essere Teseo si toglie la maschera da toro e pugnala alle spalle l’unico autentico minotauro, lasciandolo nella polvere, cadavere scuro. La storia del minotauro ripercorre tappe successive spesso battute dall’umanità: amore, odio, abbandono, solitudine, tradimento, morte. Il protagonista sembra tuttavia approcciarsi a ciascuna di esse, fase dopo fase, con un una prospettiva di gioiosa speranza nel prossimo ogni volta rinnovata, per quanto l’esperienza precedente lo possa aver dissuaso dal fidarsi. Si tratta di una vera e propria palingenesi dell’ingenuità, coerente con la sua condizione di infante, che però non lo salva dall’indifferenza e malvagità di un’umanità incapace di accoglierlo. Il bene, se c’è, siamo noi a soffocarlo: ed ecco che l’istinto vitale più genuino affoga in un mare di fioca cupezza.
Francesco Giammarioli VA 14
CULTURA
UNA BESTIA TRAVESTITA DA AGNELLO
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io di illusioni è il romanzo d’esordio della scrittrice Donna Tartt, romanzo che, nel 1992, l’ha resa una celebrità e l’ha portata, nel 2014, a vincere il premio Pulitzer con il capolavoro Il cardellino. Ambientata in un collegio del Vermont, la storia gira attorno a un gruppo di ragazzi, l’èlite del collegio, che studiano lettere classiche con un insegnante affascinante ed eccentrico e che vivono una vita di eccessi alla ricerca di emozioni forti, forse anche troppo forti. Sono cinque i ragazzi, inavvicinabili perchè freddi, ricchi e snob ma soprattutto perchè sono gli unici che Julian, il professore, ha scelto per frequentare il suo corso. Per questo, risultano da subito irresistibilmente attraenti a Richard, giovane californiano, stanco della sua vita insopportabilmente scialba. Dopo che Richard viene accettato nel corso di Julian, inizia la storia tormentata di questi ragazzi, costellata di segreti, atti osceni, che rendono le dinamiche del gruppo a tratti insostenibili. Un romanzo senza dubbio affascinante, soprattutto per noi adolescenti. Ma farne una semplice, asciutta lettura di intrattenimento è tralasciare la profonda
analisi della natura umana che l’autrice dipinge e indaga. Ben presto capiamo che questi sei ragazzi sono tutto tranne che convenzionali, vivono slegati dal presente, che fuggono continuamente, abbandonandosi all’inibizione di alcol, droghe e fumo. Ma questo per loro non è abbastanza, vogliono di più, vogliono la follia dionisiaca, vogliono provare un baccanale. E lo fanno. È da questo punto che la crisi interiore dei personaggi inizia a diventare preponderante e, dopo l’omicidio di un uomo durante il baccanale, ne segue uno ancora peggiore: l’omici15
CULTURA
dio di Bunny Corcoran, uno dei sei ragazzi, il cui crollo è imminente ed è temuto dagli altri perchè potrebbe portarlo alla rivelazione dell’assassinio. Dall’omicidio di Bunny tutto cambia. La realtà acquista tinte più vivide e le emozioni, prima represse da una razionalità prepotente e da un perbenismo di facciata, esplodono imprevedibili. La morte divide la vita e la spinge all’estremo, in un turbinio di conflitti e fraintendimenti che porteranno ad un finale ancora più tragico. Ma tutta la cruenza, la sofferenza sublimano, portando il lettore ad una riflessione sulla poesia del tragico, sul fascino del macabro, che è suggerita da Julian già all’inizio del libro, in una delle sue lezioni sulla tragedia greca. “La morte è la madre della bellezza” disse Henry. “E cos’è la bellezza?” “Terrore” “Ben detto!” esclamò Julian. “La bellezza è raramente dolce o consolatoria. Quasi l’opposto. La vera bellezza è sempre un po’ inquietante.” È la bellezza del sublime, la bellezza dell’orrore, quel brivido che ci percorre quando stiamo sospesi sull’orlo del baratro. Ora, non sta a noi giudicare la moralità, qualora ci fosse, di questo libro, anche perchè non è questo il suo scopo. L’autrice disegna il complesso e lacerante conflitto tra razionale e irrazionale
che è presente in ogni essere umano, e più una persona è controllata, più sarà attratta dalla follia e dalla perdita di quel controllo. Perchè l’irrazionale, l’istinto, socialmente ripudiato, ha, proprio per questo, l’attrattiva del proibito. Ed è questo che la Tartt vuole mettere in scena, drammaticamente, sì, ma anche in modo spaventosamente reale, tangibile. È un libro senza filtri, freni o tabù: non c’è miele per far ingoiare la pillola amara. Quella della Tartt è una constatazione, cruda, della bestialità della natura umana e di come l’eccesso, l’incontrollato abbiano un fascino terribile ma magnetico. Fascino che è anche poesia, quella poesia che ritroviamo nelle tragedie greche, negli atti turpi e violenti delle figure mitologiche, che attiravano (e attirano) migliaia di spettatori nei teatri. Ma non c’è nulla da biasimare in tutto ciò, se pensiamo alle emozioni che suscitano in noi il monologo di Amleto sulla vita e la morte, le crude poesie ungarettiane sulla ferocia della guerra, i versi strazianti di Baudelaire. “O dolore, o dolore, il Tempo si mangia la vita e l’oscuro Nemico che ci divora il cuore cresce e si fortifica del sangue che perdiamo.”- C. Baudelaire. È forse proprio da questo carattere poetico della morte che il libro acquista fascino, diventa attraente. Ma anche dalla visione così genu-
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CULTURA
ina che l’autrice restituisce dell’uomo, in tutta la sua fragilità, senza mai giudicare. Infatti, non è possibile individuare dei cattivi, dei personaggi assolutamente malvagi, e degli eroi. Anzi, i concetti stessi di bene e di male impallidiscono, perdono significato davanti a delle dinamiche che mettono in gioco parti più recondite, profonde della personalità. Le scelte dei personaggi non seguono mai una morale socialmente prestabilita e le loro azioni non sono completamente cattive, ma sono piuttosto dettate dalla legge della sopravvivenza. Ma forse anche dalla ricerca di una bellezza crudele, che si nasconde in quello che ci è vietato. Badate bene, in questo articolo non c’è una volontà di giustificare le azioni dei personaggi, come non c’è nel libro. Ma piuttosto vediamo profondamente minata una struttura sociale, che, sotto maschere di rispettabilità difese con gli artigli, cela comunque pulsioni represse. Insomma, l’autrice ci mette in guardia: non tutto è come sembra. Anzi, a volte proprio quello che ci sembra più retto rivela la natura più turpe. Natura che non si può ignorare, che non si può far finta non esista. Certo, l’autrice
ci inganna dall’inizio. Il titolo Dio di illusioni è al contempo insidioso ma calzante: si parla di illusione meno di quanto pensiamo, ma ci illudiamo che tutto possa essere una fantasia dei personaggi, un piano racchiuso nelle loro menti, salvo poi renderci conto che il momento della rivelazione, il colpo di scena che ci dirà che è tutto un sogno non arriverà mai. Possiamo dunque pensare che l’irrazionale rimanga solo nelle nostre fantasie, ma apprendiamo amaramente che non è così e che ne siamo addirittura attratti. Perciò, se dobbiamo porci un quesito per tirare le fila: l’uomo è, in fin dei conti, una bestia mascherata da agnello? Sì, o meglio, l’uomo ha la bestia in sè; non è bestia, ma nasconde le pulsioni e gli istinti animaleschi, che la società ha cura di demonizzare per bene. Ma questo non fa scomparire l’irrazionale che è in noi, fa solo diffondere e radicare quell’etica del “salvare le apparenze”. Non educa alla morale, si preoccupa solo di nascondere l’animale agli occhi degli altri. Ma cosa succede quando nessuno guarda?
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Irene Fiocca VG
NARRATIVA
A OCCHI CHIUSI
C
uori in catene, animali fra le sbarre. Sognano pascoli lontani, zampe che toccano il terreno, sole che brucia la pelle. Stelle nel deserto, profumo di resina, ali nel cielo scuro. Chiudono gli occhi. Saranno i luoghi del loro spirito. Respiro di libertà. E se la bestia fossi tu? Carolina Olivari IIID
ASSASSINO
S
orridere è dolore Ridere è dolore Un sentimento è dolore per te. Uccidimi Ora provi qualcosa? Ora sei soddisfatto? Assassino. (ti ho amato)
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Greta Ferrero e Emma Rossi IID
NARRATIVA
ILLUSIONI
C
adevo vittima di quella nebbia d’autunno e il gelo nel sangue mi faceva tremare: una corsa ed ero al caldo tre passi ed ero a casa. Ma d’altra parte si sa il buio attrae e la paura si fonde col dolore. In quella noia cercavo un amico, unico appiglio nel vortice beffardo. E pensavo davvero di averlo trovato, quel pomeriggio sembrava aver fermato il tempo: ingenui sorrisi tenero affetto puro piacere. Fu quando mi illuse e poi mi abbandonò che conobbi l’apatia. Era quella la vera natura di un amico? Con le lacrime agli occhi, sola e al freddo sentivo solo il sussurro di un mondo spietato: parole infernali parole bestiali.
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Vittoria Castelli VG
NARRATIVA
GOMI
“
…Gomi, lo chiamerò Gomi la bestia… Questa è l’unica cosa che avevo sentito appena ho aperto gli occhi. Mi ero guardato intorno ed ero sdraiato su un vecchio tavolo di legno intorno a gomitoli di lana che mi sembravano giganti. ‘Lo chiamerò Gomi la bestia’ avevo sentito echeggiare nella mia testa. Io non sono una bestia, lo sono? Avevo smarrito me stesso, non sapevo cosa fare, ho subito pensato che, se fossi stato una bestia, dovevo nascondermi, andarmene: io non volevo spaventare nessuno… Sono sceso dal tavolo e mi sono accorto di essere molto piccolo rispetto a tutto quello che avevo intorno: ero nel soggiorno di una casa con un vecchio orologio a pendolo. Dovevo scappare. Vicino all’orologio ho visto una finestra aperta: era una via di fuga. Sono entrato negli ingranaggi arrugginiti del pendolo e l’ho scalato fino al tetto. Ho visto tutto il soggiorno dall’alto; con un salto sono atterrato su una mensola e mentre stavo per raggiungere la finestra ho sentito dei passi. Mi sono pietrificato dalla paura. - Eccoti qui Gomi! Qualcosa mi ha afferrato. Era una mano, mi stava portando fuori dal soggiorno: ho visto delle scale e sono finito in una cameretta su un letto rosa con tanti e disegni colorati appesi ai muri. - Stai qui e non scappare più! Subito dopo la porta si è chiusa: mi sono fatto strada tra i cuscini e sono sceso dal letto, diretto verso la porta. Mi sentivo osservato: ho visto papere giocattolo che mi guardavano da sotto i mobili, soldatini di piombo che si stavano avvicinando e rane di legno sul letto che mi scrutavano da lontano. - Mi chiamo Gomi, voi sapete come scappare? - No, noi non vogliamo avere a che fare con te. Noi non ti abbiamo mai visto qui! Mi aveva risposto uno dei soldatini con una grossa spada luccicante. Tutti sembravano un po’ spaventati dalla mia presenza: i soldatini erano armati, pronti a fare fuoco, e i paperotti erano nascosti dietro le loro mamme. Forse io ero davvero una bestia. 20
NARRATIVA - Non voglio farvi del male, vorrei solo andarmene… - Non ti crediamo! Ora vieni con noi e fai quello che ti diciamo. I soldatini mi hanno puntato i loro fucili e i generali hanno sguainato le loro spade. - Vi seguo. Tutti i soldatini mi avevano circondato e mi stavano scortando verso un armadio con due grandi ante lilla. Non capivo che cosa li aveva resi così sospettosi. Quando siamo entrati nel mobile, è spuntata una rana. - Grande capo anziano, ti consegniamo questo forestiero: voleva scappare dalla stanza di Molly. La rana mi ha osservato: - Dimmi perché stavi fuggendo. Ho alzato il braccio, volevo spiegare che volevo uscire dalla casa, ma i soldatini mi hanno circondato. - Fermi, lasciatelo parlare! Ha ordinato la rana e io gli ho così spiegato che non sapevo dove mi trovavo e che volevo solo uscire da lì. È stata la rana a dirmi che quella era la casa della nonna di Molly, una bambina di 8 anni che lì trascorreva l’estate. Mentre il capo parlava, sentivo bisbigliare i suoi soldati che mi osservavano con disprezzo e timore. - Forse è un suo nuovo gioco… - Non è possibile però… - Sembra così mostruoso… - Forse è meglio stare attenti… La rana, poco dopo, ha deciso di radunare i giocattoli della stanza. Sono stato portato fuori dall’armadio e tutti mi hanno guardato con ribrezzo. - Il mio ordine è quello di esiliare questa bestia. Vada fuori dalla camera! Non c’entra nulla con noi, è diverso da noi! Quindi era deciso: me ne dovevo andare…”. - Wow, che avventura! Dice il misterioso topo meccanico che Gomi trova fuori dalla camera. - Quindi anche tu vuoi andartene? Domanda Gomi al giocattolo - Lo vorrei tanto: sono stato esiliato dalla stanza di Molly e cerco di uscire da questa casa da ormai troppo tempo. Ora sei arrivato tu e potremmo farcela… - Prima vorrei capire una cosa: sono davvero una bestia? Gomi ha bisogno di una risposta dopo aver visto le espressioni di tutti quei giocattoli, dopo aver sentito quelle voci che lo chiamavano “mostro”. - Non lo so, sono solo un topo che funziona a scatto. Per il tuo aspetto o 21
NARRATIVA per quello che sei? Molte volte ci giudicano senza neanche conoscerci: non cercare di spiegare agli altri chi sei, non perderci tempo. Ora pensiamo solo ad andarcene. Gomi e il topo entrano in un bagno dalle mattonelle bianche. Il topo meccanico sale sulle sue spalle e raggiunge degli asciugamani, fino al lavandino. Manca solo un balzo per raggiungere la finestra. Prima di saltare, Gomi si gira verso lo specchio e si ferma ad osservarsi da vicino: è blu, tutto blu, di lana grossa, un po’ infeltrita, con due bottoni di madreperla come occhi. Ora finalmente Gomi sa chi è: non è un mostro, non è una bestia. È soltanto un pupazzo di lana.
Federico Pascale IA 22
NARRATIVA
I
CARA CHIARA
l 3 dicembre è la giornata mondiale della disabilità. A tal proposito, ho deciso di scrivere una lettera a mia sorella Chiara, una ragazzina di 13 anni con la Sindrome di Down. “Cara Chiara, non ti avevo mai scritto una lettera prima d’ora, quindi perdonami se le mie parole risulteranno difficili da capire. A te non piacciono le parole; di solito, infatti, comunichi attraverso i gesti: baci, abbracci e sorrisi, ma anche calci, pugni e linguacce! Spesso fai delle smorfie molto buffe che mi rallegrano la giornata! Sei proprio una sorella fantastica, non te lo dico spesso. La tua disabilità è una risorsa, non un limite. Quel “cromosoma in più” ha reso tutto più difficile e complicato, ma anche più bello e colorato! Ti preoccupi sempre di me: ogni giorno, quando torno a casa, mi chiedi «come è andata a scuola?». Sei sempre così premurosa, porti tanta gioia e allegria! Anche nel male, sei comunque in grado di strapparci un sorriso. Come quella volta che, prima di andare a scuola, sei andata da sola e di nascosto al mercato per prendere le caramelle e la ragazza della bancarella te le ha dovute regalare perchè non avevi i soldi…solo tu sei in grado di compiere queste pazzie! I momenti di difficoltà ci sono sempre, come puoi vedere. Però tu non fai le cose con cattiveria. La tua semplicità e ingenuità, purtroppo, ti portano a cacciarti in queste situazioni! Vorrei tanto avere la tua forza e il tuo coraggio di affrontare la vita. Nel tuo piccolo, tenti sempre di far pesare il meno possibile la tua disabilità. Però essa rimane pur sempre un grande ostacolo per te e, a volte, anche per chi ti è accanto e si prende cura di te. A volte mi chiedo veramente cosa si provi ad avere una disabilità. Mi domando se anche io avrei la forza di affrontarla come fai tu e come fanno tanti altri ragazzi. Soprattutto, mi chiedo se riuscirei ad affrontare anche io come te la vita con il sorriso sempre stampato in faccia, nonostante la consapevolezza dell’enorme peso che avrei addosso. E’ una realtà tosta e dura quella che devi affrontare ogni giorno, ma non ti perdi mai d’animo e combatti contro i tuoi limiti trasformandoli in qualcosa di eccezionale, come solo tu sai fare. Insomma, riesci sempre a essere la luce nel buio, non hai bisogno di trovarne una che ti illumini la strada. Ti auguro veramente sempre il meglio, perchè te lo meriti. La tua sorellona, Maria <3”
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Maria Fiorina IIE
SPORT
UOMO O BESTIA? AL DI LÀ DELLA SPORTIVITÀ
U
omo: essere cosciente e responsabile dei propri atti, capace di distaccarsi dal mondo organico oggettivandolo e servendosene per i propri fini. Bestia: qualsiasi animale, spesso (in quanto simbolo della violenza, dell’ignoranza, della stupidità) contrapposto all’uomo. Si parla spesso di come dietro all’immagine di uno sportivo si nasconda in realtà un essere crudele, quasi bestiale, che compie azioni a svantaggio di chi è più debole e indifeso rispetto a lui. Ma se “il più debole”, “il più indifeso”, in questo caso, fosse proprio l’atleta stesso spinto dalla voglia di superare se stesso e gli altri? In tutti gli sport agonistici è sempre presente un po’ di competitività che brama alla prestazione migliore di tutte. Spesso questa competitività viene sottovalutata dall’atleta che, messo sotto pressione, punta al
massimo per dimostrare a tutti di non avere limiti. Questa frase, “non esistono limiti”, a volte porta a una mancata accettazione del proprio essere e alla paura di non riuscire, di essere superato. Ci sono e ci saranno sempre limiti nello sport (così come nella vita), ma ognuno può porsi l’obiettivo di raggiungerli e superarli. Questo, tuttavia, è un lungo percorso che molti spesso non hanno tempo e voglia di intraprendere: a volte si cerca di aumentare le proprie capacità utilizzando metodi artificiali non del tutto corretti. È questo il caso del doping, ossia l’assunzione illecita di sostanze che alterano le prestazioni fisiche. Capita appunto che gli sportivi ricorrano all’utilizzo di tali sostanze per dimostrare di non avere limiti. Ma un uomo dopato è davvero privo di limiti? Questa è la domanda che tutti si 24
SPORT pongono spesso quando si tratta di questo argomento. Altrettanto spesso, però, questo dubbio non colpisce un atleta che decide di assumere stimolanti. La risposta si può leggere tra le righe della storia di tanti sportivi che, spinti dalla voglia di dare di più, hanno rovinato la propria vita per sempre. I dopanti, scientificamente, sono in grado di migliorare le prestazioni e oltrepassare i limiti fisici, che ostacolano durante una gara, ma il loro effetto è di breve durata: e nella vita? No, nella vita no. I dopanti infatti sono droghe sotto tutti gli effetti e dopo un uso compulsivo sorge l’incertezza di non riuscire a competere in una gara senza di essi. Di frequente gli sportivi non si rendono conto che dopandosi buttano al vento tutti i loro sforzi e allontanano ancor di più la libertà tanto ambita dai limiti: infatti, la dipendenza è tutto il contrario di libertà; una dipendenza limita in tutto e per tutto. Non crea solo ostacoli concreti, ma anche psicologici. Questa pratica, nonostante ciò, è in atto fin dall’antichità. È difatti noto che nell’antica Grecia, prima di competizioni importanti, si bevessero infusi di erbe “speciali”, le quali consentivano di portare al massimo le abilità. Al giorno d’oggi qualsiasi forma di doping è punita, per il rispetto verso sé e il proprio avversario: prima di una qualsiasi competizione
sportiva agonistica vige un controllo antidoping. Stando dunque alla definizione sopra riportata, possiamo ancora definire che un uomo resti tale dopo l’assunzione di “magiche sostanze”? Dal mio punto di vista, un uomo dopato non è più cosciente delle sue azioni né responsabile dei propri atti, non si rende appunto conto delle scelte che lo portano alla rovina. Un uomo dopato non può più essere considerato uomo, ma, al contrario, bestia. Gli animali non sono cattivi, bensì esseri senza il pieno controllo di sé e facilmente regolabili da un qualsiasi essere superiore per forza o intelligenza. Così agisce il doping, al pari di un essere superiore che controlla la vita dello sportivo e piano piano la spegne. Pertanto, come disse Usain Bolt, “Come atleta devi sapere quello che vuoi, quanto tempo ci puoi mettere per diventare il migliore. Anch’io ho avuto le mie sconfitte, ma questo non mi ha fatto cercare scorciatoie. Sono rimasto pulito. Ci vuole tempo, devi lavorare di più. Questo è il nostro lavoro.”
Chiara Gualandris IC 25
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TRISTANO DISASTRI di Francesco Giammarioli, VA (Daniil Charms, MUORE (Antonio Tabuc1939) mbiziosa pretesa di farvi scoprire opere che mi sono piaciute capolavori (in fondo in fondo a chi chi, 2004) SonoPazziQuerelativismo?) di ogni genere e forma, tramite una rubrica che fa della sintesi il suo punto di forza pensieri sconstiRussi (ma non nessi e struggenditeglielo che si ti di un Byron offendono) E (John Steinbeck, 1939) incattivito (ma olo soffre, ma il lettore di più bravo a scrivere)
IL DESERTO DEI TARTARI (Dino Buzzati, 1940) Kafka all’italiana IL VECCHIO E IL MARE (Ernest Hemingway, 1952) ancora poco chiaro se sia più fluida l’acqua del mare in cui veleggia Santiago o la scrittura di Hemingway
POESIA DI OGGI n5 (Anna Achmàtova da Requiem, 1935-40)
Diciassette mesi che grido, E se a lungo attenderò l’esecuzione. Ti chiamo a casa. E solo fiori polverosi, e il tintinnio E COSMICOMICHE Calvino, raccolta completa Mi gettavo(Italo ai piedi del boia, Delpostuma, turibolo, 1997) e le tracce Figlio mio e mio terrore. Chissà dove nel nulla. Calvino si diverte con la cosmogonia e l’evoluzione (o involuzione?) della specie Tutto s’è confuso per sempre E dritto negli occhi mi fissa il lettore prova inutilmente a parare i colpi E non riesco a capire E una prossima morte minaccia Ora chi sia belva e chi uomo L’enorme stella.
DI OGGI: Le cose (Jorge Luis Borges, da Elogio dell’ombra, 1969) Francesco Giammarioli VA
ete, il bastone, il portachiavi, erratura, le tardive
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TESTSWAG
O
gnuno di noi ha delle tendenze ferine. Alzarsi alle due del mattino per saccheggiare la credenza, inveire con versi inconsulti contro l’ennesimo camper su COD, recitare rosari al contrario di fronte alle 15 righe di Senofonte per ieri. Ci siamo passati tutti. Ma qual è il tipo di bestia che ti rappresenta DAVVERO? Rispondi alle domande per scoprirlo! 1. WWRRAAAAAAARGHH! A Aah B WWWWWWRAGGHRRRAAAAAHHHRRRR C WrArGh 2. Se tu fossi il protagonista di un film, quale sarebbe? A Uno spin-off su Ciuchino e la draghessa esclusiva PH B Lucifer rising C La principessa Mononoke 3. Qual è il colore che preferisci? A Il nero, come il mio umore B Il rosso, sangue di bambini innocenti C Il verde, come gli alberelli
4. Insetto preferito A Insetto stecco B Mosca C Scarabeo 5. Scegli A Ilva di Taranto B Jack lo squartatore C Pacciani 6. Bus preferito A 1A B 1/ Funicolare bassa C A me piacciono i piedi
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RISULTATI Maggioranza di risposte A: BESTIA DA SOMA IIIIIIIIIIIIIIHHHOOOOOOOOOOHHH Sei un po’ triste fratm. Davvero. Mangi? Ti vedo deperito. Maggioranza di risposte B: BESTIA DI SATANA Fatti curare. Non dico altro. Sei malato. Sei una di quelle persone che sul bus si siede dal lato del corridoio e tu se vuoi sederti vicino al finestrino devi chiedersi di levarsi. Io boh. Maggioranza di risposte C: DIO BESTIA Non è una bestemmia. Sei una divinità animale, l’incarnazione della Natura, la bestia che drippa di più. In pratica sei un tossichello hippie che gira scalzo in porta nuova. Lavati.
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IPSE DIXIT
IPSE DIXIT IA Profe: la saga degli Atridi sembra un film di Tarantino
Edo: Eraclito è strano Mascheretti: allora hai trovato qualcuno che ti fa compagnia
IE [correggendo un esercizio] Salvi: “Ho prestato attenzione ma sono scivolata ugualmente”... disse la professoressa Mazzacchera
Gio: io non voglio collaborare Mascheretti: allora te lo impongo [il giorno dopo] Gio: prof ieri sono stato male
[Un giorno prima della verifica] Calini: Io vi consiglio caldamente di studiare, pregare, piangere e poi provare a corrompermi IIID [sale su una sedia per accendere il proiettore e scendendo] Santoruvo: Sono fatata, sono Wonder Woman IIIF Marco: prof mi disegna la proporzionalità indiretta che non le me la ricordo più? Distefano: io lo faccio ma tra un po’ svengo
IVA Gervasoni: Marco cosa faresti se fossi il Principe? Marco: obbligherei i profe a portarci al laboratorio di robotica che ha proposto! Gervasoni: guarda che stava andando bene l’interrogazione... parac*lo!! [Classe in silenzio] Benni: profe posso andare in bagno? Sto perdendo sangue dalla testa sono confusa! Giaconia: ah beh confusa sicuramente
Cele: prof possiamo fare l’intervallo? Giaconia: ma l’abbiamo appena fatMessi: Cicerone è un homo no- to! vus, in inglese un selfmade man, un Cele: ma io me lo sono persa! uomo che si fa da solo, no detta così Giaconia: perché è tutta l’ora che fai intervallo è un po’ brutta 29
IPSE DIXIT Pusineri: vedete? Tutto porta ad una completezza del sapere Falet: pazienza se il mio sapere non è completo! Pusineri: pazienza o bocciatura?
Riki: avanti cristo?
IVF [Traducendo greco] Marta: είνεκεν Matteo: Heineken!! Bosio: Si certo!
[Durante un’interrogazione su Orazio] Toffetti: Said cosa stai guardando sul telefono? Said: [ci pensa un attimo] sto… cercando un verso di Virgilio
Mascheretti: prima di fare Guglielmo di Ockham facciamo un gioco Gio: il gioco dell’Ockham? [Traducendo Alceo] Bosio: il farmaco migliore è far scorta di vino e ubriacarsi Matteo: allora quando torno stasera lo dico a mia mamma [Gaia si lamenta del voto] Beretta: 5 è perché ti voglio bene [Durante le interrogazioni] Silvestri: *dorme* Bosio: Silvestri buon riposo eh, vuoi una tisana relax? VA Cavalleri: [spiega Dr Jekyll e Mr Hide] Giulia: ma sta spoilerando? Perché io lo devo leggere!
Toffetti: provate a pensare al lavoro più antico del mondo Betta: ma che è, il cacciatore?
Gervasoni: indovinate cosa si è fatto leggere uno come Gadda in punto di morte… I Promessi Sposi Zoe: oddio! Ci credo che poi è morto Toffetti: “La vita è breve, l’arte è lunga”, un’illustre citazione dal greco. Volete sapere come è in greco? Fra: No Giaconia: Nicola e Zoe abbiamo finito? Nico: non c’è mai stato niente VB [La classe è in ansia per la verifica di matematica] Minervini: [fa ascoltare il caffè della peppina] così vi caricate!
VE Santini: [spiega l’ode 1,23 di Orazio] Pesenti: [spiega il nuovo testamento] Nico: scusi profe… ho perso il cer(i vangeli)... sono tutti del I secolo biatto 30
IPSE DIXIT VG Zappoli: sapete cosa sono gli aforismi? Federico: sono quelle frasette brevi… Zappoli: si, tipo meme
macchinette senza chiedere. Ovviamente non potete andare in soffitta a contattare per sostanze illecite. Barto: prof, la vede al verso 14 l’allitterazione della t? No perchè è proprio evidente.
Belo: il bonifico al consiglio di classe va fatto prima o dopo l’esame? Viscomi (coordinatore di classe): solo al coordinatore, agli altri un mazzo di fiori
Giaconia: a mio parere gli uomini possono cambiare. Non è della stessa idea lo schiavo che ho a casa.
Viscomi: cosa vuol dire πινακες? Mase: “coloro che bevono” Viscomi: tu sei uno di quelli
Giaconia: [deve dire i voti di educazione civica di italiano] adesso io divento Carmen Spadaro.
Viscomi: Leopardi, pur avendo avuto una vita breve, ha lasciato il segno più di molti che vivono anche 100 anni. Meglio un giorno da leoni che cento da pecore… o meglio, un giorno da leopardi. VH Marchesi: altro che sostanze allucinogene, andate in discoteca a cantare il distico elegiaco! Marchesi: vi faccio saltare questo pezzo, non perchè sia puritana, tutt’altro...no aspettate! Marchesi: gli studenti spesso si chiedono come qualcuno possa voler sposare un docente, ma per vostra informazione qualcuno mi ha voluta. Marchesi: dai che siete maggiorenni, potete andare ai servizi e alle 31
Hanno scritto per voi: Teresa Fratus IIC, Teresa Molinari IIIF, Francesco Giammarioli VA, Irene Fiocca VG, Chiara Gualandris IC, Carolina Olivieri IIID, Greta Ferrero IID, Emma Rossi IID, Vittoria Castelli VG, Federico Pascale IA, Marianna Boiocchi VA, Maria Fiorina IIE Copertina e illustrazioni: Irene Fiocca VG, Martina Milesi IIE, Viola Corti IIE, Federica Crapanzano IIA impaginazione: Vittoria Castelli VG direttrice: Zoe Mazzucconi VA viceditrettrici: Annalucia Gelmini IIIE, Anna Piazzalunga IVC segretari: Ginevra Sansoni IIC, Federico Curnis IIC caporedattori: attualità: Martina Musci IIID, Anna Piazzalunga IVC cultura: Francesco Giammarioli VA, Irene Fiocca VG narrativa: Vittoria Castelli VG sport: Chiara Inzaghi IIC
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