CASSANDRA numero 110
anno XXVI
EDITORIALE
F
EN?GMA
accio fatica a credere di star scrivendo un editoriale per Cassandra. In prima non ci avrei mai pensato, eppure eccomi qua. È anche vero che sarebbe stato difficile allora immaginare che avremmo mai fatto riunioni su Meet e non in terrazza, o che andare a scuola sarebbe stato così diverso; invece ora sono in quarta, e gli ultimi anni non sembrano veri. Siamo tutti cambiati tanto e questo cambiamento si riflette anche nelle pagine di Cassandra, ma lo spirito è ancora quello. Il primo articolo di cui io sia stata davvero soddisfatta era per un numero a tema, per l’8 marzo (2019!), ed è bello che anche il mio primo editoriale sia a tema, quattro anni dopo. Questa volta la linea guida è “enigma”. Un enigma è, letteralmente, un breve indovinello criptico da cui si deve ricavare un concetto o una parola. Solitamente si definisce come enigma qualsiasi cosa che non sia di facile comprensione, dal significato oscuro, un mistero. Per gli antichi greci gli enigmi, in versi, erano un metodo di comunicazione quasi sacro: non solo erano al centro di diverse storie, ma rappresentavano anche uno dei modi del dio di comunicare agli uomini, tramite oracoli da decifrare. Capire il significato di un enigma era dunque questione molto seria: basti pensare agli Ateniesi per i quali l’interpretazione dell’oracolo “…Zeus concede che resti intatto solo il muro di legno, che salverà te e i tuoi figli…”, riportato da Erodoto, avrebbe determinato salvezza o distruzione della città. Esiste poi forse un enigma più noto di quello della sfinge nell’Edipo Re? Edipo decide di sfidare la sfinge che blocca l’ingresso alla città di Tebe, divorando chiunque non risolva il suo indovinello. Anche per lui dunque la risoluzione del mistero è questione di vita o di morte. Nella tragedia Sofocle non riporta le parole del mostro, ma in un altro testo è riportato come «τί ἐστιν ὃ μίαν ἔχον φωνὴν τετράπουν καὶ δίπουν καὶ τρίπουν γίνεται;» “Chi è che avendo una sola voce diventa quadrupode, bipode e tripode?”. La soluzione è “l’uomo”, che alla nascita cammina sui quattro arti, nella vita adulta sulle due gambe e nella vecchiaia con un bastone. Se per Edipo era la risposta, l’uomo rimane comunque ancora un grande 2
EDITORIALE enigma. Nel corso della storia dell’umanità il funzionamento e le ragioni dell’essere umano sono stati oggetto di grandi indagini e di certo si sono fatti importanti passi avanti, ma in fondo rimaniamo ancora un po’ un mistero. “Chi sono? Perché reagisco così?” sono domande abbastanza frequenti nelle mie giornate lo trovo quasi buffo perché a scuola e fuori impariamo tante cose, sul mondo e sui suoi meccanismi, ma la conoscenza di noi stessi può solo venire da dentro. Il che è assurdo, come possiamo non conoscere qualcosa che rappresenta il nostro stesso essere, qualcosa che viviamo tutti i secondi di ogni giorno? Esserci non è abbastanza per la conoscenza, è necessario interrogarsi continuamente, scavare e cercare la verità. E anche questo “indovinello” è senz’altro molto serio, perché non possiamo crescere se non ci capiamo, eppure trovare risposte è incredibilmente difficile, o almeno lo è per me. E poi magari le risposte che troviamo, per quanto importanti, non saranno mai definitive, perché siamo sempre in cambiamento, e allora continueremo a cercarci sempre. Il vero enigma siamo noi? P.S.: godetevi questo numero, che è scritto proprio bene, e venite a Cassandra, che è proprio bello.
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Anna Piazzalunga IVC
INDICE
ATTUALITÀ
L’enigma della Cina: chi scappa e chi scommette Omicidio o suicidio? Pandemia nelle menti Sarpivision song contest
CULTURA
Un enigma come enigma Cinque pezzi facili Il sangue di Cristo
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14 16 18
NARRATIVA
Il riflesso di Dafne Tramonto invernale Dentro il buco nero
20 22 24
SPORT
Vincere senza saperlo?
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TERZA PAGINA
L’indovinello di Einstein Ipse dixit
28 29
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ATTUALITÀ
L’ENIGMA DELLA CINA: CHI SCAPPA E CHI SCOMMETTE
S
e devo pensare a un termine che riassuma il modo in cui la Cina appare agli occhi degli osservatori occidentali, mi viene in mente il termine ‘enigma’. Per le difficoltà linguistiche, e perché un intreccio di fattori storici ha limitato gli Europei nell’entrare intimamente in contatto con una civiltà complessa e di difficile decifrazione per essi. La realtà cinese è enigmatica anche per la sua natura di istituzione fondata su un ordine tradizionale consolidato nel tempo e costituito da leggi scritte, gradi di giurisdizioni, gerarchie di corpi di controllo, ma dal carattere monarchico, con una autorità imperiale remota, temibile, accentrata e senza limiti. Paradossale il fatto che un paese di immensa ricchezza, vivacità economica e demografia esplosiva presenti forme sociali, culturali, tecnico-scientifiche ed economiche fortemente ancorate alla tradizione, tanto da apparire del tutto stazionario. Si oscilla tra fasi di ammirazione e mitizzazione, e fasi di critica e disprezzo. La storiografia e la diplomazia l’hanno
definita “Chinese puzzle”, per esprimere il senso di diversità e di estraneità del mondo cinese nell’opinione occidentale. Tanti investitori temono la stretta autoritaria presa dal governo cinese e sono pronti a scappare. Il divieto sulle criptovalute, i controlli stringenti sulle società dell’alta tecnologia e sui cittadini, i colossi dell’immobiliare a un passo dal default. Preoccupa la notizia del boicottaggio degli Stati Uniti alle Olimpiadi Invernali cinesi: le motivazioni di timore sembrano essere tante, a fronte di un’industria cinese particolarmente rampante e dinamica. Un Paese con risorse straordinarie che sta prendendo decisioni discutibili, costretto a fronteggiare l’esuberanza di una crescita disomogenea e insostenibile. Che cos’è la Cina, quindi, se non l’enigma che conquista e affascina per la sua indecifrabilità apparente, con continue trasformazioni e contraddizioni? Dalla fine dell’era di Mao Zedong, morto nel 1976, il Paese si è aperto a enormi trasformazioni e cambiamenti radicali, pur rimanendo quel grande 6
ATTUALITÀ enigma che affascina da millenni, con i sogni e progetti che l’hanno eletto potenza del XXI secolo. La Cina viveva i bagliori della Rivoluzione Culturale, follia collettiva che causò perdite e sofferenze a tutto il popolo cinese. Quel colossale elettroshock ha causato, per reazione, il risveglio del Paese: l’era delle Riforme, la scoperta del mondo e soprattutto del successo economico e scientifico che la Cina ha espresso negli ultimi prodigiosi 40 anni, con l’ambizione di guadagnare la prima fila sul palcoscenico mondiale. Diverse città sono annoverate fra le metropoli più moderne del pianeta; le grandi opere sono il vanto della tecnica: ferrovie ad alta velocità, aeroporti avveniristici, la più grande e moderna rete autostradale al mondo e l’eliminazione della povertà totale, successo avvenuto con dieci anni di anticipo rispetto all’agenda delle Nazioni Unite. Dove sta andando la Cina? Ha ancora molto da sistemare al suo interno: la modernizzazione dell’agricoltura è lontana; le tensioni sociali e politiche con le minoranze (tibetani e uiguri) sono lungi dall’essere appianate, il terrorismo islamico, le manifestazioni insurrezionali per il separatismo. La Cina è riuscita diventare la Potenza numero due, ma forse già numero uno: da qui, la sua demonizzazione a opera dell’Occidente. La dottrina Biden, fatta di minacce, riarmo, nemico da abbattere, non mette in difficoltà la Cina, che è per la cooperazione pur
nella competizione. L’opinione pubblica italiana è divisa tra amici della Cina e oppositori, nonostante rappresenti per le nostre aziende un business di grandi numeri. La storia cinese è ricca di celebri personaggi italiani: Marco Polo, Matteo Ricci, Giuseppe Castiglione, i più conosciuti. Personalità illustri che hanno ottenuto il rispetto e l’ammirazione della classe dirigente imperiale. Quello tra la Cina e l’Italia è da sempre un rapporto di buonissimo lontanato. L’Italia dovrebbe essere l’interlocutore privilegiato, ma in questi ultimi mesi sembra aver abdicato al suo ruolo di ponte tra Est e Ovest, rinunciando al suo ruolo diplomatico. Concludo con l’antica poesia cinese twittata da Elon Musk, ceo di Tesla, che si ritiene scritta da Cao Zhi, principe nell’epoca dei Tre Regni (216 d.C.): “Bollire i fagioli bruciandone gli steli, i fagioli piangono in padella, nati dalla stessa radice, perché tanta fretta di finirli...”. Il post ha ricevuto milioni di visualizzazioni su Weibo, versione cinese di Twitter, bandito nel Paese, innescando un dibattito sul significato che il miliardario avrebbe attribuito ai versi, insegnati a scuola in Cina per sottolineare l’importanza dell’andare d’accordo. Musk voleva svelare il nodo intricato di relazioni tra Cina e Stati Uniti, o solo mostrare la sua abilità con il cinese? Lascio a voi lettori cercare la leggenda per risolvere l’enigma.
Teresa Fratus IIC 7
ATTUALITÀ
OMICIDIO O SUICIDIO? E
ra la sera del 6 marzo 2013 quando Antonella, moglie di David Rossi, non vedendolo arrivare, mandò la figlia Carolina a controllare che stesse bene. Alle 20.40 ella arrivò davanti alla banca e incontrò Filippone, un altro dipendente, che qualche minuto dopo troverà insieme a un collega, tale Mingrone, il cadavere di Rossi nel vicolo sotto il suo ufficio. I carabinieri diededo subito per scontato che si trattasse di un suicidio ma c’erano delle cose che stonavano con questa versione, infatti il corpo era stato trovato con la schiena appoggiata sul muro, con un taglio sul volto, un’abrasione sul polso sinistro, dei segni di dita su un braccio e dei lividi sull’inguine; tutte queste ferite non sono compatibili con la caduta anche perchè il corpo aveva sbattuto al suolo con le gambe, i glutei , la schiena e la nuca, come confermato da una videocamera che aveva ripreso gli ultimi 3 metri della caduta. Dal filmato inoltre possiamo vedere che David mentre precipitava non si dimenava e non si muoveva: cadeva nella stessa posizione in cui è stato trovato, per far sì che ciò accadesse, Rossi avrebbe dovuto buttarsi dalla finestra all’indietro. Sappiamo inoltre che non è morto sul colpo: dall’impatto fino al decesso sono passati 22 minuti. Dopo 20 minuti vediamo cadere un oggetto proveniente dalla stessa direzione del corpo: si tratta della cassa del suo orologio da polso, il che ovviamente è strano perchè qualcuno dovrà pur averlo gettato giù dalla finestra, ma se in quel momento Rossi stava morendo chi lo ha fatto? Dalla caduta del corpo fino all’arrivo dei due colleghi passano circa 50 minuti, sapendo che quel vicolo da su una strada centrale, è possibile che nessuno l’abbia visto? In verità vedremo entrare nell’inquadratura una figura misteriosa che sembra l’ombra di uomo di cui si vedevano soltanto le gambe ed è visibile solo per due frame; l’avvocato della famiglia Rossi sostiene che qualcuno abbia provato a cancellare quell’uomo manomettendo il filmato. Si vede anche un altro uomo che parla al telefono, egli compare nell’inquadratura per più tempo e si sofferma un po’ a guardare il cadavere per poi ritornare sui suoi passi; purtroppo quest’uomo non è mai stato identificato. I carabinieri non si soffermarono molto nella raccolta degli indizi, anche se furono trovati dei fazzoletti pieni di sangue, che non verranno mai analizzati, e dei tentativi di lettere d’addio. Dal 2013 a oggi verranno sottoposte a due perizie grafologiche ed entrambe concordano nel dire che sono originali ma una sostiene che, nel momento della scrittura, Rossi fosse sotto costrizione. L’ufficio viene messo sotto sequestro solamente due giorni dopo l’accaduto. In questo lasso di tempo molte prove vengono alterate, un esempio è il video fatto 8
ATTUALITÀ da un carabiniere che differisce dalle foto fatte all’arrivo del PM, infatti ci sono stati dei cambiamenti: delle ante che nel video risultavano chiuse, nelle foto erano aperte; il computer, prima spento e poi accesso. Viene ritrovato lo smartphone di Rossi e vengono notate delle chiamate fatte a un numero molto strano: 4099009 ma non verranno rilevate le impronte e non verranno richiesti i tabulati. Il 4 marzo 2013 Rossi e l’amministratore delegato Fabrizio Viola (che in quel momento si trovava a Dubai) hanno avuto uno scambio di email durato dalle 9.25 alle 17.14; si scrivevano perché Rossi voleva andare a parlare ai magistrati che indagavano riguardo l’acquisto di ”Antonveneta”, mentre Viola stava cercando di dissuaderlo. “Antonveneta” era una banca con un debito di 7 miliardi che Monte dei Paschi aveva comprato pagando un prezzo superiore al suo vero valore. Proprio per questo e a causa di alcuni bilanci che non tornavano è scattata un’indagine: Monte dei Paschi è stata commissariata e quasi tutte le persone in ruoli rilevanti sono state sostituite. Alle 10.30 Rossi ha mandato a Viola una mail che aveva come oggetto “help” e il suo contenuto era “Stasera mi suicido, sono serio. Aiutatemi!!!”. C’è da specificare che la casella di Viola non era accessibile soltanto a lui ma anche alla sua segretaria e ad altri colleghi che si trovavano in ufficio. Successivamente la segretaria ha dichiarato di aver stampato quella mail e di averla portata a dei colleghi per decidere cosa fare, alla fine non fecero niente anche perchè avevano visto che la mail era già stata aperta e quindi avevano pensato che Viola l’avesse già letta. Viola ha sempre negato di aver letto quella mail, inoltre si scoprì che la mail di Rossi non era stata inviata dal suo iPad. Nel 2013 il caso fu archiviato; nel 2016 il procuratore di Siena andò in pensione e venne sostituito da Andrea Bini che decise di riaprire le indagini. Il corpo venne sottoposto a una nuova autopsia da cui risulta che le ferite del cadavere non sono riconducibili a una dinamica precisa, tuttavia la dottoressa Cattaneo deduce un suicidio, a cusa degli elementi esterni. Un anno dopo Bini viene promosso e il caso nuovamente archiviato. 9
Rebecca Madravio IIA
ATTUALITÀ
PANDEMIA NELLE MENTI A bbiamo parlato di misteri e delitti irrisolti, ma qual è l’Enigma con la E maiuscola -e la corona- che ci assilla da ormai troppo tempo? Il nostro caro e vecchio amico COVID-19 che ogni giorno ci offre innumerevoli spunti per far sì che la nostra mente, costretta in una realtà pandemica a cui non eravamo pronti, rimugini su qualsiasi incongruenza quasi per “distrarsi” dalla quotidianità, ingigantendo ogni tipo di assurdità. Si potrebbe narrare dei milioni di complotti e cospirazioni che sono sorti durante il corso di questi due anni, ma vi citerò solo una tra le teorie che ho trovato più avvincenti. E questa riguarda i Simpson. È ormai storia nota che il cartone animato abbia raffigurato in diversi ambiti il terrore che stiamo vivendo, l’unico problema è che la serie è del 1989 (anno, per altro, della caduta del muro di Berlino). Il vero fascino, in tutto ciò, è scoprire come milioni di persone abbiano collegato tutti questi piccoli dettagli insignificanti al fine di smascherare un complotto gigantesco: non sarà mica che Matt Groening, coi suoi “alleati” O’Brian e Castellaneta, abbia corrotto il governo cinese minacciandolo con un mattone del vecchio muro tedesco per far sì che un pover uomo fosse costretto ad ingoiare mezzo pipistrello vivo (che forse pesa più di mezzo pipistrello morto) per poi essere mandato travestito da cane in incognito ad infettare una nazione intera, e
successivamente tutto il Pianeta? Trovo addirittura quasi scorretto tentare di smontare questa tesi inconfutabile, ma quello che davvero volevo mostrarvi, è come sia bastata una briciola di incongruenza, un’informazione omessa, a scatenare il “putiferio delle menti”. Queste argomentazioni, tuttavia, hanno da qualche mese lasciato spazio a domande a cui, ad oggi, preme maggiormente trovare una risposta. I dubbi su come siamo arrivati alla situazione presente sono stati sovrastati dai quesiti sul futuro: ci sarà a lungo andare possibilità di miglioramento? E soprattutto, quando sarà lungo questo “andare”? È davvero singolare il modo in cui cerchiamo di evitare tutte queste preoccupazioni che ci tormentano da ormai più tempo del dovuto. Basti pensare, per esempio, a quali argomenti il telegiornale (parliamo di TG1) abbia affrontato il giorno della memoria: un piccolo estratto riguardante l’olocaustro e successivamente reportage di minor spessore, come l’excursus sulla gorilla “modella” deceduta tra le braccia del custode. Questo atteggiamento dimostra come l’uomo non sopporti più trattare temi angusti, sconfortanti, logorato com’è da questa attualità opprimente che appare infinita. Pare sparita la mentalità critica, la ragione che fino a qualche anno fa dominava sulla popolazione in ogni ambito. Siamo diventati una stirpe di impulsivi, bramo-
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ATTUALITÀ si di una libertà che (per lo meno nelle nazioni occidentali) non immaginavamo ci potesse mai essere tolta. Per la prima volta in tutta la storia delle nostre generazioni (x,y e z) non abbiamo idea di come il futuro potrebbe svilupparsi: se saremo costretti a convivere con questo nemico o se sarà debellato del tutto, se si indebolirà a tal punto da non essere più nocivo o se continueremo questa vita per sempre. Come da un effetto compton, la nostra mentalità è variata da un momento all’altro, catapultata a rotta di collo verso l’incognito. Non esiste certezza, situazione per cui la mente umana non è progettata, e dunque cerchiamo ogni giorno di aggrapparci a speranze vane di chi ostenta conoscenza, spesso anche senza fondamenti. Ebbene, per quale inspiegabile motivo pariamo tutti più matti, ora che abbiamo trascorso all’incirca 2 anni di oppressione? Uno tra gli studi svolti sulla SARS (la Sindrome Acuta Respiratoria Grave),
prese in esame gli effetti che l’epidemia ebbe sul personale sanitario nel 2004. Durante la malattia, i medici mostrarono sintomi tipici del disturbo da stress acuto: isolamento emotivo, rabbia, insonnia e irritabilità. Questi singolari effetti si possono ricondurre anche alle persone comuni durante questa pandemia, a cominciare dal nostro rapporto con la paura: “L’impatto più grosso è che ci viene chiesto un radicale cambiamento dello stile di vita quotidiano, dove ci viene chiesto paradossalmente non di fare più cose, come la società moderna ci ha abituati a fare, generando il cosiddetto “stress per le tante cose da fare”, ma da non fare”, spiegò a Pagella Politica Gianluca Castelnuovo, professore ordinario di Psicologia clinica all’Università Cattolica di Milano. È dunque normale sentirsi spossati o sfiduciati alle volte, in un momento come questo però, tutto ciò in cui possiamo credere è la tenacia umana che ci condurrà fuori da questa quotidianità.
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Chiara Inzaghi IIC
ATTUALITÀ
SARPIVISION SONG CONTEST SANREMO EDITION
C
iao belli, come ogni anno ecco a voi la classifica sarpina delle canzoni che hanno partecipato alla kermesse più famosa d’Italia.
1° BRIVIDI, Mahmood, Blanco Vincitore della settantaduesima edizione del Festival di Sanremo, il duo composto da Blanco e Mahmood, evidentemente, ha fatto davvero venire i brividi. “Brividi”, infatti, è un brano capace di unire davvero due stili diversi e complementari come quelli dei due cantanti. Elegantemente pop e ben eseguito, la canzone gioca su di un’atmosfera delicata e commovente, cioè il momento di crisi in un rapporto d’amore. Insomma, in un modo o nell’altro, tra lo stile particolare e il profondo significato, Blanco e Mahmood sono perfettamente riusciti a conquistare il cuore del loro pubblico!
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ATTUALITÀ 2° SESSO OCCASIONALE, Tananai Al secondo posto troviamo SESSO OCCASIONALE che a Sanremo si è classificata 25°. Ne dobbiamo proprio parlare? È una delle canzoni che sta avendo più successo dopo il festival ed è tutto meritato! Qualcuno rievoca Vasco, quando si classificò penultimo (allora le canzoni in gara erano 26) con “Vita Spericolata” e penso proprio abbia ragione a farlo. San Marino, vi consiglio di portare lui all’Eurovision! 3º OVUNQUE SARAI, Irama “Ovunque Sarai” è il classico brano di Irama su cui piangere ogni lacrima che abbiamo in corpo. È un dialogo tra il cantante e una persona a lui cara che non c’è più. È una ballata capace di far emozionare i più; bravi sarpini, terzo posto più che meritato. Cari sarpini, continuate ad ascoltare musica e ricordatevi di partecipare ai prossimi Sarpivision Song Contest, stay tuned!
Martina Musci IIID e Lucia Chiari IVA 13
CULTURA
U
UN ENIGMA COME ENIGMA
no dei più recenti e sorprendenti enigmi della storia, per una sorta di (macabro) scherzo del destino, si chiama proprio Enigma. Enigma era una macchina da scrivere con delle caratteristiche molto particolari, ovvero dei meccanismi di crittografia, grazie ai quali le informazioni che passavano attraverso il congegno risultavano poi incomprensibili. Fu inventata nel 1918 dall’ingegnere tedesco Arthur Scherbius e, nonostante il fallimento degli inziali tentavi di commercializzazione per renderla un prodotto (relativamente) di consumo, durante la Seconda guerra mondiale, in seguito anche ad alcuni miglioramenti relativi al suo funzionamento, ebbe grande successo e fu ampiamente utilizzata dai tedeschi, per qualunque genere di comunicazione (anche quelle metereologiche). La cosa davvero sorprendente era che tutti i messaggi, che consistevano in comunicazioni radio, potevano essere captati da chiunque (per intender-
ci, anche dagli Alleati e anche da un qualsiasi giovane che avesse costruito un apparecchio radiofonico rudimentale per puro diletto), ma i meccanismi della macchina riducevano le informazioni a sequenze casuali di lettere, senza alcun apparente significato. Inoltre è bene ricordare che il numero delle combinazioni era talmente alto (una sequenza di 20 cifre) che nessuno avrebbe potuto analizzare tutte le possibilità. Ad ogni modo, per evitare che i loro nemici di guerra “inciampassero” nella soluzione dopo un certo numero di tentativi, i tedeschi cambiavano le impostazioni della machina ogni giorno alle 6 del mattino, rendendo di fatto inutile tutti gli sforzi compiuti dai crittografi inglesi per decifrare il codice di Enigma. Il lavoro di questo gruppo di esperti, linguisti, crittografi e matematici, era dunque vano e anche piuttosto frustrante, poiché era impossibile fare dei reali progressi. La vera svolta, senza la quale forse
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CULTURA il codice non sarebbe stato decriptato, fu un’intuizione geniale di Alan Turing. Egli, infatti, riconobbe che nessuno sforzo umano sarebbe bastato per decifrare enigma, poiché il numero delle possibili combinazioni era troppo alto; per decifrare una macchina sarebbe stata necessaria una nuova macchina. Così, nonostante all’inizio non avesse neppure l’appoggio di colleghi e superiori, Turing costruì un complesso congegno, una nuova macchina, che per certi versi si può considerare un’antenata del computer, in grado di decriptare Enigma. Nel 1943 il gruppo di studiosi riuscì finalmente a completare la macchina, chiamata poi Ultra ed essa, fino alla fine della guerra, fu un’utilissima fonte di informazioni. Sebbene i miglioramenti apportati dai tedeschi su Enigma, nel medesimo periodo, abbiano reso a volte impossibile la decrittazione dei messaggi da parte di Ultra e, dunque, sebbene sia difficile definire con certezza quanto siano state determinanti le informazioni ottenute dagli Alleati, è certo che esse furono molto importanti. Infatti, fino agli anni Settanta, quando si scoprì dell’esistenza della macchina elaborata da Turing, in molti credevano che le informazioni fossero giunte agli inglesi grazie a qualcuno che faceva il doppiogioco, non di certo grazie alla decrittazione di una mac-
china ritenuta indecifrabile. Ad ogni modo, anche se la storia di Enigma, si concluse con la vittoria inglese, dopo la guerra Turing continuò a migliorare i metodi utilizzati per Ultra e i suoi studi furono d fondamentale importanza, a tal punto che egli viene considerato come il padre della scienza informatica, oltre che dell’intelligenza artificiale (credeva che quest’ultima si potesse raggiungere cercando di imitare i meccanismi del cervello all’interno di una macchina). La sua storia, però, a differenza dei suoi studi e delle sue invenzioni, non ebbe un lieto fine. Nel 1952 fu arrestato per omosessualità. In quegli anni, in Parlamento si discuteva sulla possibile abrogazione del reato di omosessualità e Turing, forse troppo fiducioso di fronte a questo nuovo clima e quindi incauto, non si difese dalle accuse e affermò che c’era nulla di sbagliato in ciò che aveva fatto. I tempi, però, non erano abbastanza maturi ed egli fu costretto a scegliere tra il carcere e la castrazione chimica attraverso una cura ormonale. Scelse la seconda, ma due anni più tardi, la depressione e l’umiliazione dovute al trattamento lo indussero a suicidarsi, condannato da un’epoca che aveva contribuito a salvare.
Zoe Mazzucconi VA 15
CULTURA
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CINQUE PEZZI FACILI
a rubrica di cinema più famosa e letta al Sarpi (?) riparte in grinta! Tema enigma per questo numero, perciò vi proponiamo cinque film belli tosti, buttandoci dentro anche qualche bel classicone, ma perché no? Aspettatevi un bel mal di testa e quella familiare sensazione di non averci capito niente, un po’ come dopo una versione in classe. E non solo per i film, che sono già di per sé belli pesantucci, ma soprattutto perché i commenti ai film sono in inglese (abbiamo voluto osare sta volta). Quindi, se non avete sette verifiche domani e stasera pensavate a una bella serata film, invece di scorrere la vostra lista netflix per mezz’ora, leggete cinque pezzi facili, che è anche tipo multidisciplinare sta volta. Se7en (David Fincher, 1995) Seven is a psychological crime thriller movie starring Brad Pitt and Morgan Freeman. The young detective David Mills partners with soon-to-retire detective Lieutenant William Somerset to unmask a serial killer who chooses his victims following the seven deadly sins. Extremely fascinating and creepy together, Seven has the power to keep you stuck to the screen. The movie is set in an unnamed metropolis that looks like a lost, almost dystopian, Los Angeles. This movie isn’t scared to show the horror of human nature through explicit scenes of cruel, row violence. Something deeply investigated is the relation between murder and artwork you can well understand only seeing the movie. Fearfully charming. Zodiac (David Fincher, 2007) As you’ll imagine, I love Fincher, just a bit… anyways, this movie is based on a real story of United States’ murderer terrorising San Francisco in the late 1960’s and early 70’s and it’s the most disgraceful unsolved case in the US. Making the film took Fincher and screenwriter Vanderbilt 18 months of investigation on Zodiac murders. The killer communicated with the police and newspapers with encrypted messages, clothing and letters that caught the attention of a cartoonist (Jake Gyllenhall) whose contribution to the case was fundamental. 16
CULTURA Shutter Island (Martin Scorsese, 2010) This film is everything: spectacular, anxious, scary and mad all together. You can feel the atmosphere is heavy from the first scene but you clearly understand it when you hear the first notes of the soundtrack. You’ll have to see this movie something like five times: two to understand it and three to accept it. And then you won’t sleep for a month. Starring Leonardo DiCaprio and Mark Ruffalo as two US marshals, it’s about a case of a disappearance in a psychiatric hospital. But what DiCaprio will discover during the investigations will be incredibly shocking. Arrival (Denis Villeneuve, 2016) After the lending of a group of alien spaceships, the US army asks a linguist to try to study and understand the language of these new creatures. The movie is really particular and overcomes the simple and abused “alien arrival”: it tries to investigate what underlies language mechanisms through messages between two comunicative systems that seem to have nothing in common. The process of decryption of the language leads humans to deal with a circular time conception, something certainly mysterious for human beings but necessary to understand how these strangers really communicate. And then there were none (miniserie, 2015) Based on the homonym novel of the queen of crime, Agatha Christie, the movie reflects the agony and the hopelessness of the protagonists without remarkable variation of the book. Ten people without any apparent connection are invited to a mansion on a little English island for different reasons. Immediately after their arrival someone begins to kill all of them, one after the other, following a poem on the walls of the mansion. In desperation and in constant struggle with themselves and with others, the “ten little Indians” are looking for a way to salvation, without being able to trust anyone and understand what is really happening on that cursed island, where it seems there is no one except them.
Irene Fiocca VG e Zoe Mazzucconi VA 17
CULTURA
L
IL SANGUE DI CRISTO
’enigma che oggi vi propongo, attenendomi al tema proposto per questo numero di Cassandra, è quello della discendenza di Cristo e la sua conseguente prole, di cui sono venuta a sapere dopo aver letto il “Codice da Vinci” di Dan Brown, scrittore statunitense. Dopo aver letto questo romanzo, ho voluto approfondire la questione per comprendere se, dietro la patina di finzione di quella storia, ci fosse anche della verità. Quella della linea di sangue di Gesù è l’ipotetica sequenza dei diretti discendenti di Dio e di Maria Maddalena, o di un’altra donna, generalmente considerata la sua presunta moglie o concubina. Versioni diverse e contraddittoriedella linea di sangue di Gesù sono state promosse da numerosi libri, siti web e film fiction e non-fiction nel tardo XX secolo e inizio del XXI secolo, che sono stati quasi tutti respinti come opere di pseudostoria e di teorie cospirative. Questa cospirazione, o meglio, il nostro enigma, nasce da due parole: Santo Graal, che per molti potrebbero rappresentare la coppa da cui Cristo bevve all’Ultima Cena, ma per pochi eletti rappresenta Maria Maddalena, nel grembo della quale, migliaia di anni fa, forse crebbe l’erede di Dio. Si dice che sia il Priorato di Sion a custodire la soluzione al nostro enigma. Il
Priorato è come l’araba fenice: che vi sia, ognun lo dice; dove sia, nessun lo sa. Il Priorato: una società segreta (ma poiché la sua esistenza è nota ormai a tutti, sarebbe meglio dire discreta) che ha visto la luce soltanto nel 1956, per opera del francese Pierre Plantard, che a quanto pare custodisce il vero albero genealogico del più famosoprofeta al mondo. Già nel XII secolo il monaco Pièrre des Vaux-de-Cernay, riferendosi ai Catari, scriveva: “Gli eretici dichiaravano che Santa Maria Maddalena era la concubina di Gesù Cristo”. L’idea di Maria Maddalena come moglie o compagna di Gesù venne ripresa nel XIX secolo. Nel 1886 il socialista Louis Martin pubblicò il libro Les Évangiles sans Dieu, in cui sosteneva che il Gesù storico avrebbe sposato Maria Maddalena e avuto un figlio da lei. In seguito la Maddalena fu la protagonista dell’opera teatrale L’amante du Christ, scritta nel 1888 da Rodolphe Darzens con il frontespizio realizzato da Félicien Rops. Infine, il sopracitato “Codice Da Vinci” del noto Dan Brown presentò alcune di queste ipotesi come valideElementi di alcune ipotesi su questa linea di sangue vennero proposte dal documentario del 2007 La Tomba Perduta di Gesù di Simcha Jacobovici incentrato sulla scoperta della Tomba di Talpiot, che 18
CULTURA
fu anche pubblicata in un libro intitolato La Tomba della Famiglia di Gesù. Nel documentario del 2008 Linea di sangue, Bruce Burgess, un produttore cinematografico con interessi nel paranormale, dichiara di essere in collaborazione con un presunto ricercatore soprannominato “Ben Hammott”, il quale avrebbe trovato diverse salme mummificate (una delle quali sarebbe la presunta di Maria Maddalena) a Rennes-le-Château, in Francia, comprovanti ipoteticamente l’esistenza di una linea di sangue di Gesù. Ma nell’aprile del 2012 “Ben Hammott” ha ammesso che era tutto falso. Tuttavia la divulgazione del dibattuto contenuto del cosiddetto Vangelo della moglie di Gesù, avvenuta a Roma nel settembre del 2012, ha riportato alla ribalta il tema della relazione tra Gesù e Maria Maddalena. Il Vangelo della moglie di Gesù è un piccolo frammento di un antico papiro che riporta un brano
in lingua copta che include le parole: “Gesù ha detto loro: ‘mia moglie ...’ “. Il frammento è una copia del IV secolo di ciò che si pensa essere “un vangelo scritto in greco, probabilmente nella seconda metà del II secolo.” Queste ipotesi, questo enigma, viaggia da secoli nella nostra immaginazione, infatti anche solo ipotizzare la sua veridicità scuoterebbe le più profonde radici del Cristianesimo, cosa succederebbe se infatti tutto ciò che Cristo ha predicato fosse falso? E se ancora oggi, dopo migliaia di anni, ci fossero persone parenti di colui che gran parte della popolazione mondiale adora come proprio Dio e Salvatore? Le conseguenze sarebbero devastanti. Penso che questo mistero non avrà mai una soluzione, rimarrà senza risposta, celato nei meandri del tempo, custodito dagli occhi di colui che ora chiamiamo Salvatore.
Annalucia Gelmini IIIE 19
NARRATIVA
IL RIFLESSO DI DAFNE
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afne stava scrivendo, lo faceva per sentirsi meglio. Quei giorni erano stati difficili, i suoi occhi non brillavano più, attraversava i corridoi pieni di gente come se fosse da sola, aveva iniziato ad allontanare quei pochi che c’erano stati fin dall’asilo. Adesso affondava le dita nel pelo del suo gatto che annusava l’odore che aveva sprigionato il diffusore per ambienti alla lavanda. Era seduta sulla sua scrivania, l’unico suono che si sentiva era quello del ticchettio dell’orologio e l’unica fonte di luce era quella del lume sopra il suo comodino. Girò lo sguardo ed ebbe la sensazione che alcune figure la stessero osservando. Il gatto che fino a un attimo prima stava facendo le fusa iniziò a fissare lo scaffale dove era appoggiato i carillon che le aveva regalato la nonna anni fa. Lei si ricordava bene di sua nonna, tutti nella sua famiglia la ricordavano con tanta malinconia. Era una donna molto generosa, qualunque bambino avrebbe voluto essere suo nipote. Era rimasta vedova quando i suoi figli erano piccoli. Avendo tutti figli maschi, andava ogni giorno alla fontana per pulire le lenzuola, che spesso loro sporcavano dopo un lungo giorno di lavoro. E Dafne si ricordava ancora il loro profumo, si ricordava le sue mani rovinate dal duro lavoro, il rumore di pentole. Infatti quando non puliva casa si trovava sempre ai fornelli, grata di poter fare qualcosa di soddisfacente per tutte quelle teste. Dafne decise di offuscare quella nostalgia facendo una doccia. Le goccioline le scorrevano sulla pelle liscia e il vapore aveva ricoperto tutta la stanza. Uscì, si guardò allo specchio e si vide come mai si era vista. In quel momento non si riflettè solo il suo volto, i suoi lineamenti, i suoi difetti, ma anche l’anima: è per questo motivo che era rimasta delusa dall’immagine che aveva visto fino ad allora. Poi assorbì con un asciugamano il vapore acqueo che si era attaccato sulle piastrelle sperando di assorbire anche quello che aveva visto. 20
NARRATIVA
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Federica Crapanzano IIE
NARRATIVA
TRAMONTO INVERNALE
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on ti sei mai sentito una bestia. Nemmeno quel primo giorno, quando ti hanno messo addosso quello stupido nastro colorato: aveva un’orrenda fantasia ad agrifogli e prudeva un sacco, ma Loro ti guardavano e ti sorridevano e tu eri felice. Già, Loro. Difficile credere che siano gli stessi umani che ora si stanno allontanando alla fredda luce del tramonto: nonostante tutto senti ancora il solito impulso di seguirli, di correre loro incontro scodinzolando, come sempre, come ti sembra naturale. Fai qualche passo verso di Loro, ma non puoi, non puoi e lo sai: senti un improvviso dolore alla gola, una corda ti tiene ancorato a un lampione sul ciglio della strada scura. Non che, altrimenti, le cose sarebbero andate come avresti voluto tu. Insomma, tu non hai mai smesso di correre loro incontro e saltare e leccare le loro dita e strofinare il muso sui loro palmi: era quello che avevi fatto quel primo giorno, piccolo e disorientato eppure allegro e pieno di energie, stimolato da tanti volti nuovi. Ora sei vecchio e quei volti li conosci fin troppo bene ma, benchè le energie stiano iniziando a lasciare le tue ossa sempre più stanche, quel che cerchi è la stessa cosa di tanti anni fa: i loro sorrisi. Loro però non sorridono più da tempo. Non a te. A uno come te, il cambiamento è sembrato tanto inesplicabile quanto improvviso. Un giorno il bambino arriva a casa a braccia aperte aspettando solo di accoglierti e il giorno dopo protesta irritato se solo provi a strofinare il muso sulle sue mani perchè gli fai cadere il cellulare che “già ha lo schermo mezzo rotto, se ti ci metti anche tu poi…” Un giorno il padre ritorna alla sua infanzia divertendosi un mondo a fare due lanci con il bastone e il giorno dopo non ha più tempo, mai più tempo, nemmeno un 22
NARRATIVA minuto. Un giorno la madre è felice che, al ritorno dal lavoro, qualcuno le faccia così tante feste e il giorno dopo è troppo stanca per assecondarti e preferisce urlarti contro. Ecco, questa è proprio una cosa che non hai mai capito: farti tutte quelle scenate isteriche non dev’essere più faticoso che darti due carezze? Ma tu sei solo un cane. Non pretendi di capirli, non pretendi di comprendere gli umani che in un giorno di tanti anni fa ti hanno accolto in una casa addobbata a festa con ghirlande e luminarie: anche allora non capivi, non capivi il senso di tute quelle luci e quei colori. Tu eri solo un cane. Non lo sapevi che era Natale. Eppure ti eri sentito comunque un regalo. Negli anni hai imparato tante cose su di Loro, eppure anche oggi non capisci, non capisci perchè da quella stessa casa, agghindata con gli stessi vecchi addobbi di tanti anni fa, oggi ti abbiano portato via. Già, perchè forse ci saranno tante cose che non capisci, ma hai capito benissimo che questo non è un arrivederci. Non torneranno. Li guardi allontanarsi alla luce di questo tramonto invernale. Ti sembra sempre più fredda. Li senti, senti le loro solite voci: non riescono a non esserti care. Tu sei solo un cane. Del linguaggio degli umani non capisci molto. Riesci ad afferrare qualche parola ormai familiare: cenone, pace, zia Genoveffa, peso, schifezze. Ma è soprattutto una a colpirti: sì, tu sei solo un cane, ma qualcosa in quella parola ti colpisce, ti colpisce a fondo, tanto che sembra spezzare qualcosa dentro di te. Bestia. Avevi sempre pensato che Loro fossero la tua famiglia e che tu quindi fossi famiglia per Loro, sempre, anche quando erano stanchi, o impegnati, nervosi o chissà che altro. Ma ora capisci di essere stato solamente una bestia. Tu sei solo un cane. Non lo sai che è Natale. E non sai neanche che la vera bestia, in questa storia, non sei tu.
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Beatrice Locatelli IIIF
NARRATIVA
DENTRO IL BUCO NERO
S
entivo il mio corpo leggero cadere come una foglia durante ottobre; non so da quanto tempo stavo cadendo: forse ore, forse settimane, mesi o addirittura anni; o forse erano solo pochi, anche se a me sembravano infiniti. Da quando ero entrata nel buco nero avevo perso la cognizione del tempo, eppure dentro di me sapevo che questa caduta durava da troppo tempo… Avvertivo il freddo pavimento da un po’ ormai, ma non volevo aprire gli occhi: avevo paura. Paura di tutto quello che avrei visto, tutta la verità che si cela dietro al mistero dei buchi neri, la risposta ad anni di studio e di duro lavoro. Cedetti e aprì gli occhi; tutto quello che era davanti a me era qualcosa di insolito: mi trovavano in mezzo ad un labirinto di specchi, proprio come nei Luna Park di quando ero bambina. Ore in quel complesso e divertente enigma che mi affascinava fin da piccina, eppure ora mi sentivo persa, come se fossi in un luogo pericoloso; ero certa che non era così perché i labirinti di specchi erano il mio piccolo rifugio, la mia casa sicura in cui potevo nascondermi.
Adesso era tutto diverso, percepivo migliaia di occhi osservarmi con sguardo indagatore: il mio. Se si prestava attenzione si poteva iniziare a sentire l’insistente ticchettio di un orologio;non capivo da dove provenisse ma sapevo che mi avrebbe sicuramente portato alla pazzia se non avrebbe smesso all’istante… Avevo iniziato a contare i rintocchi dalla noia e da questo avevo capito che il tempo scorreva in modo molto diverso: prima sembrava andare infinitamente veloce, poi, man mano che lo ascoltavo, lo sentivo sempre più lento come se il tempo si volesse fermare. Decisi di concentrarmi sullo specchio davanti a me, così da non pensare all’orologio, ma mi pentì appena notai che l’immagine che era riflessa non era la mia; o meglio ero io ma a sette anni, quando sognavo di diventare un’astronauta e decoravo la mia stanza con le stelle fluorescenti. Man mano vedevo la piccola me crescere fino agli undici anni quando i miei compagni mi prendevano in giro per questo sogno e quando ho conosciuto la mia migliore amica nonché collega; poi la bambina crebbe e mi ritrovai 24
NARRATIVA davanti la me sedicenne a cui l’insegnante di scienze diceva che non sarebbe andata da nessuna parte; poi la me ventenne che si laurea in ingegneria con il massimo dei voti; l’ultima immagine che vedo riflessa appartiene a poco prima della mia partenza: era una festa che aveva organizzato Ashley, fin da piccola andava matta per le feste, aveva invitato alcuni nostri compagni di università, alcuni amici e la mia famiglia; ricordo ancora il discorso che mi fecero fare e tutti i pianti perché sentivano già la mia mancanza. Tutti quei momenti mi mancano ora che sono bloccata in questo buco nero senza via d’uscita. Senza rumore l’immagine mutò di nuovo ma questa volta vedevo Ashley che parlava con il suo fidanzato, era strano tutto ciò perché non ricordo di aver mai visto una scena simile. All’improvviso mi venne un’ipotesi assurda: se provassi a entrare nello specchio forse potrei tornare al mio presente sulla Terra. Senza pensarci due volte provai a toccare lo specchio che sotto le mie dita divenne fluido; così entrai ma quello che avevo di fronte non era il salotto di Ash, ma qualcosa di simile a una sala comandi… dei miei ricordi. Appena provai a toccare il pannello
venni scagliata fuori dallo specchio e l’impatto fu così forte che sentivo il mio corpo così debole da non avere neanche le forze per alzarmi; allora rimasi su quel pavimento ghiacciato che portava con sé tanti ricordi, ritornai a sentire l’orologio: il ticchettio era quasi nullo. Iniziai a sentirmi stanchissima e le mie palpebre erano quasi chiuse quando sentì l’ultimo battito dell’orologio e qualcuno che chiamava il mio nome: era Ashley.
Noel Aga IA 25
SPORT
VINCERE SENZA SAPERLO?
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3 Maggio 1982, circuito di Monte Carlo. Alain Prost fa scorrere via la sua Renault tra le curve strettissime del principato. Vede qualche goccia di pioggia che leggerissima cade sulla visiera del casco e poi scompare. Sono sessanta giri che conduce la gara. Sessanta giri che disegna sull’asfalto traiettorie perfette, sfiorando i muretti di pochi centimetri. I giornalisti dicono sia tanto stronzo che intervistarlo ogni volta è una noia. Alcuni lo chiamano il professore, per il suo maniaco culto della precisione, perché fa di ogni minimo dettaglio un’ossessione. Alain non ha mai amato la pioggia e ora la sente cadere e impregnare l’asfalto ogni giro di più. Come un funambolo, corre su un filo ai trecento chilometri orari. Arrivato alla curva delle piscine, allarga la traiettoria di qualche centimetro in una gara di duecentocinquanta chilometri. Le ruote posteriori slittano sull’asfalto viscoso e Alain impatta contro il muro. Per lui è una botta da nulla, ma la sua Renault si è spenta e non si ri-
accende più. Riccardo Patrese arriva velocissimo, vede Prost scendere nervoso dalla sua macchina e lo sorpassa. Il giovane padovano guida concentrato la sua Brabham e suda freddo: non ha mai vinto un Gran Premio di Formula Uno. Molti piloti non amano il suo stile grintoso, che però affascina altrettanti spettatori. La gente dalle tribune e dai balconi di casa lo incita e lui corre più forte che può. Arrivato all’ingresso della mitica curva Loews, però, in un istante finisce in testacoda; l’auto imbizzarrita per poco non tocca la barriera e Patrese, fermo in mezzo alla pista nel tentativo di ripartire, vede sfrecciare in testa la Ferrari del francese Pironi, seguita dall’Alfa Romeo di De Cesaris e dalla Williams di Daly. Per questi piloti sta per iniziare un ultimo giro infernale. 26
SPORT Pironi sente qualcosa di strano, e a poco a poco la batteria della sua Ferrari si scarica lasciandolo a piedi. Quando le telecamere cercano l’Alfa Romeo di De Cesaris, la inquadrano già parcheggiata a bordo pista poche centinaia di metri più indietro: ha finito la benzina, e i commissari sventolano la bandiera gialla per avvisare Daly del pericolo. Ma il pilota irlandese non le può vedere: ha perso il controllo della sua Williams e sconsolato è sceso dalla sua vettura. Al traguardo la gente guarda fissa l’ultima curva, aspetta il vincitore: ma nessuno arriva. Il silenzio della folla ferma il tempo, sospende ogni respiro. Si sente solo la pioggia che cade. Quand’ecco che appare sfrecciando l’auto di Riccardo Patrese, che, riuscito a ripartire, taglia il traguardo non sapendo di aver vinto. Così Riccardo Patrese vinse uno dei Gran Premi più indimenticabili della storia della Formula Uno. La categoria regina delle corse su monoposto si sta preparando a una delle rivoluzioni più drastiche della sua storia: per una serie di radicali modifiche apportate al regolamento sportivo, gli ingegneri hanno progettato una nuova generazione di auto, che per struttura e aerodi-
namica favoriranno le battaglie in pista. Un passo indietro decisamente necessario, atto ad evidenziare le doti psico-fisiche del pilota, ultimamente oscurate dal netto divario prestazionale tra le vetture costruite dalle diverse squadre. L’ambizioso obiettivo delle nuove auto è riscoprire la vera essenza delle gare motoristiche: chi le segue deve poter percepire la tensione emotiva. Quarant’anni dopo, questo sport non smette di regalarci emozioni. Nella scorsa stagione, tra gare pazze ed esaltanti corpo a corpo Max Verstappen e Lewis Hamilton hanno appassionato migliaia di spettatori. Dunque possiamo rispondere alla domanda: perché appassionarsi di Formula Uno? Dagli albori di questo sport ad oggi permane una costante: dal pilota, persona prima che atleta, sgorgano emozioni pure e tangibili. E quest’aria di novità intensifica l’attesa.
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Marco Pescis IIIF
TERZA PAGINA
L’INDOVINELLO DI EINSTEIN: RIUSCITE A RISOLVERLO?
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n una strada ci sono 5 case, di 5 colori diversi, appartenenti a 5 persone di nazionalità diverse, che hanno 5 diversi animali, bevono 5 diverse bibite e fumano 5 diverse marche di sigarette. L’obiettivo è scoprire chi possiede i pesci conoscendo questi 15 indizi: - L’inglese vive in una casa rossa. - Lo svedese ha un cane. - Il danese beve tè. - La casa verde è a sinistra della casa bianca. - Il padrone della casa verde beve caffè. - La persona che fuma le sigarette Pall Mall, ha degli uccellini. - Il proprietario della casa gialla fuma le sigarette Dunhill’s. - L’uomo che vive nella casa centrale beve latte. - Il norvegese vive nella prima casa. - L’uomo che fuma le sigarette Blends, vive vicino a quello che ha i gatti. - L’uomo che ha i cavalli, vive vicino all’uomo che fuma le Dunhill’s. - L’uomo che fuma le sigarette Blue Master, beve birra. - Il tedesco fuma le sigarette Prince. - Il norvegese vive vicino alla casa blu. - L’uomo che fuma le Blends, ha un vicino che beve acqua.
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IPSE DIXIT
IPSE DIXIT IIC Nardone: riforma della scuola… dicono: aboliamo i promessi sposi! ma che cosa, abolisciti tu! ti faccio lezione io poi vediamo Nardone: la mitologia e la storia greca vanno avanti a stupri, che Beautiful spostati IIIF Messi: in potenza il professor Messi potrebbe essere uno dei Maneskin!
Bonasia rincuora alunni in DAD Bonasia: facciamo anche il tifo per voi! Giuls: così sembra la malattia però! Biglioli chiede opinioni alla classe che si sente giudicata Fabio: se proprio vuole saperlo durante la quarantena ho sviluppato gusti musicali di cui un po’ mi vergogno… tipo Laura Pausini Classe ride Fabio: ora mi sento giudicato
Parlando del numero di ionizzazione Lilli: quindi sommando +3 -2 ... Edo: +3, -2 ... aspetti ho bisogno di un attimo io
Anna dice qualcosa Biglioli: Aurora, che ha detto Anna? Aurora: non me lo ricordo rivolta ad Anna certe volte proprio non ti ascolto
IVE Pasini: dai ragazzi siate un po’ positivi e propositivi! Giacomo: eh magari positivi no
Giuls si offre in fisica il giorno della verifica di letteratura latina Anna: salvatrice della patria Giuls: sì, nel senso che muoio
Aurora (ad Anna): io non capisco la tua scrittura Anna: eh sarà un problema tuo, non mio!
Messina: guardiamo un film ma non addormentatevi Fabio: io l’avviso… potrebbe succedere 29
IPSE DIXIT Cade un quaderno Vale (sottovoce): come la mia media
Santoruvo: oh ma cosa c’è di più bello della matematica? Fra: TUTTO
Bonasia accende il computer e trova aperto il Canto I del Purgatorio Bonasia: come posso chiuderlo? Gioele va al computer e chiude il file Bonasia: no, lo so come si chiude! Intendevo: come posso chiuderlo?
Messi: il Settecento determinò un cesareo nella cultura giapponese Zappoli: una cesura, non un cesareo!!!
IV G Classe: profe, pieghi la linguetta della lattina, così scopre l’iniziale del nome della sua anima gemella” Zappoli: ma io ce l’ho già la mia anima gemella Cuccoro: ci sono delle ragazze a distanza? Greta: sì, ma non devono collegarsi Cuccoro: non devono, ma io ci spero sempre Zappoli [leggendo le scritte sul muro] : cosa vuol dire “bresà sunì”? Cuccoro: la Vodafone mi fa sempre arrabbiare perché mi impartisce ordini: “sorridi!” Ma chi sei tu per dirmi di sorridere!? Io cambierei anche compagnia”
Linda si spruzza il deodorante in classe Prof: io nella vita le ho viste tutte... ma questa scena è da mettere negli Annales Biglioli: i Byronic heroes sono personaggi cupi, un po’ dark Benni: come Grignani VA Riki:.. serve un qualche filtro (delle sigarette) Benny: a te serve un filtro, tra la bocca e il cervello Gervasoni: Munch era un bell’uomo… certo non è che ti facevi delle gran risate… o dicevi “oh che bello stasera esco a cena con Edvard” Giaconia: un cartone animato realizzato dal nostro grandissimo Bruno…? Riki: Vespa 30
Nico: oggi è il compleanno della mamma di Benedetta Giaconia: e tu come fai a saperlo? Nico: abbiamo una relazione stretta io e...la mamma di Benedetta Gervasoni: questa è La Stanza rossa di Matisse Nico: sembra una scena presa dalla Pimpa Betta: Bergson, un life coach ante litteram Giaconia: un cosa? Betta: un coach morivazionale Giaconia: in che lingua? Gervasoni: Picasso non sopportava Modigliani perché aveva tante donne Fra: ma non ne aveva tante anche Picasso? Gervasoni: sì ma Picasso era un cesso VG Distefano [mentre scorre le slides]: perchè non torna indietro? Mase: perchè non si chiama Pietro VH Giaconia: Dewey condanna la scuola nozionistica e la visione negativa che questa ha sull’aiuto
tra compagni. Quindi ora se volete copiare durante le versioni avete l’appoggio di Dewey! Gervasoni: vi faccio vedere un nudo del 1917 così vi rifate gli occhi. Ravasio [deve scrivere sulla lavagna, dove è proiettata la faccia di Giulia in DAD]: scusi signorina ma devo scriverle sempre sulla faccia!
hanno scritto per questo numero: Noel Aga IA, Teresa Fratus IIC, Rebecca Madravio IIA, Chiara Inzaghi IIC, Federica Crapanzano IIE, Martina Musci IIID, Annalucia Gelmini IIIE, Beatrice Locatelli IIIF, Marco Pecis IIIF, Lucia Chiari IVA, Anna Piazzalunga IVC, Zoe Mazzucconi VA, Irene Fiocca VG copertina e illustrazioni: Martina Milesi IIE, Irene Fiocca VG impaginazione: Vittoria Castelli VG direttrice: Zoe Mazzucconi VA viceditrettrici: Annalucia Gelmini IIIE, Anna Piazzalunga IVC segretaria: Ginevra Sansoni IIC caporedattori: attualità: Martina Musci IIID, Anna Piazzalunga IVC cultura: Francesco Giammarioli VA, Irene Fiocca VG narrativa: Vittoria Castelli VG sport: Chiara Inzaghi IIC
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