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Tramonto invernale
from Cassandra 110
by cassandra
NARRATIVA TRAMONTO INVERNALE
Non ti sei mai sentito una bestia. Nemmeno quel primo giorno, quando ti hanno messo addosso quello stupido nastro colorato: aveva un’orrenda fantasia ad agrifogli e prudeva un sacco, ma Loro ti guardavano e ti sorridevano e tu eri felice. Già, Loro. Difficile credere che siano gli stessi umani che ora si stanno allontanando alla fredda luce del tramonto: nonostante tutto senti ancora il solito impulso di seguirli, di correre loro incontro scodinzolando, come sempre, come ti sembra naturale. Fai qualche passo verso di Loro, ma non puoi, non puoi e lo sai: senti un improvviso dolore alla gola, una corda ti tiene ancorato a un lampione sul ciglio della strada scura. Non che, altrimenti, le cose sarebbero andate come avresti voluto tu. Insomma, tu non hai mai smesso di correre loro incontro e saltare e leccare le loro dita e strofinare il muso sui loro palmi: era quello che avevi fatto quel primo giorno, piccolo e disorientato eppure allegro e pieno di energie, stimolato da tanti volti nuovi. Ora sei vecchio e quei volti li conosci fin troppo bene ma, benchè le energie stiano iniziando a lasciare le tue ossa sempre più stanche, quel che cerchi è la stessa cosa di tanti anni fa: i loro sorrisi. Loro però non sorridono più da tempo. Non a te. A uno come te, il cambiamento è sembrato tanto inesplicabile quanto improvviso. Un giorno il bambino arriva a casa a braccia aperte aspettando solo di accoglierti e il giorno dopo protesta irritato se solo provi a strofinare il muso sulle sue mani perchè gli fai cadere il cellulare che “già ha lo schermo mezzo rotto, se ti ci metti anche tu poi…” Un giorno il padre ritorna alla sua infanzia divertendosi un mondo a fare due lanci con il bastone e il giorno dopo non ha più tempo, mai più tempo, nemmeno un
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minuto. Un giorno la madre è felice che, al ritorno dal lavoro, qualcuno le faccia così tante feste e il giorno dopo è troppo stanca per assecondarti e preferisce urlarti contro. Ecco, questa è proprio una cosa che non hai mai capito: farti tutte quelle scenate isteriche non dev’essere più faticoso che darti due carezze? Ma tu sei solo un cane. Non pretendi di capirli, non pretendi di comprendere gli umani che in un giorno di tanti anni fa ti hanno accolto in una casa addobbata a festa con ghirlande e luminarie: anche allora non capivi, non capivi il senso di tute quelle luci e quei colori. Tu eri solo un cane. Non lo sapevi che era Natale. Eppure ti eri sentito comunque un regalo. Negli anni hai imparato tante cose su di Loro, eppure anche oggi non capisci, non capisci perchè da quella stessa casa, agghindata con gli stessi vecchi addobbi di tanti anni fa, oggi ti abbiano portato via. Già, perchè forse ci saranno tante cose che non capisci, ma hai capito benissimo che questo non è un arrivederci. Non torneranno. Li guardi allontanarsi alla luce di questo tramonto invernale. Ti sembra sempre più fredda. Li senti, senti le loro solite voci: non riescono a non esserti care. Tu sei solo un cane. Del linguaggio degli umani non capisci molto. Riesci ad afferrare qualche parola ormai familiare: cenone, pace, zia Genoveffa, peso, schifezze. Ma è soprattutto una a colpirti: sì, tu sei solo un cane, ma qualcosa in quella parola ti colpisce, ti colpisce a fondo, tanto che sembra spezzare qualcosa dentro di te. Bestia. Avevi sempre pensato che Loro fossero la tua famiglia e che tu quindi fossi famiglia per Loro, sempre, anche quando erano stanchi, o impegnati, nervosi o chissà che altro. Ma ora capisci di essere stato solamente una bestia. Tu sei solo un cane. Non lo sai che è Natale. E non sai neanche che la vera bestia, in questa storia, non sei tu.