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L’ERBA È ANCORA LEGALE IN THAILANDIA?

ECCO COSA DEVONO SAPERE I TURISTI DOPO

L’INVERSIONE DI ROTTA DEL GOVERNO

Dopo mesi di incertezza sul futuro della cannabis in Thailandia, il governo ha lanciato la proposta di limitarla soprattutto a scopo sanitario e medico.

Pubblicato a settembre, poco dopo l’insediamento del nuovo Primo Ministro thailandese Paetongtarn Shinawatra, il progetto di legge non vieta esplicitamente l’uso ricreativo dell’erba e non conferma i precedenti piani che prevedevano di riclassificare la sostanza come stupefacente. Prevede tuttavia sanzioni e punizioni per chi vende o consuma cannabis per scopi non previsti dalla legge. Dopo le elezioni generali dello scorso anno, la Thailandia è passata sotto una nuova guida nel settembre del 2023. Il governo di coalizione conservatore è responsabile della richiesta di dare un giro di vite sulla cannabis, che è stata scarsamente regolamentata dopo la sua legalizzazione. Il Pheu Thai ha condotto una campagna per vietare l’uso ricreativo della marijuana, affermando che presenta rischi per la salute e potrebbe causare problemi di abuso di sostanze tra i giovani. Anutin Charnvirakul, ex Ministro della Salute che ha supervisionato la legalizzazione della droga nel precedente governo a guida militare, ha scalato i ranghi fino a diventare Vice Primo Ministro alle elezioni del 2023. È leader del partito Bhumjaithai, che fa parte dell’attuale coalizione di governo.

Nel sostenere la legalizzazione della marijuana nel 2022, ha affermato che avrebbe ridimensionato il sovraffollamento delle carceri thailandesi e contribuito a rilanciare l’economia rurale.

Il giorno della legalizzazione sono stati rilasciati più di 3.000 detenuti con imputazioni legate alla

cannabis. Entro la fine dell’anno, l’industria dell’erba del Paese è arrivata a valere 28 miliardi di baht thailandesi (728 milioni di euro) e si prevedeva che entro il 2030 avrebbe raggiunto i 336 miliardi di baht (8,7 miliardi di euro). Anutin aveva promesso che la cannabis sarebbe stata consentita solo per scopo medico, ma in pratica il mercato era quasi privo di regolamentazione.

Da quando la cannabis è stata legalizzata, oltre 1,1 milioni di thailandesi si sono registrati per ottenere le licenze di coltivazione e sono spuntati più di 6.000 dispensari di erba in tutto il Paese, molti dei quali con scarsi controlli di qualità.

Essendo la Thailandia il primo Paese asiatico ad aver legalizzato la cannabis, ha anche dato vita a una fiorente industria del turismo dell’erba che molti temono sarà difficile da arginare. Nella campagna elettorale del 2023, tutti i partiti principali - compreso Bhumjaithai - hanno promesso di limitare la cannabis all’uso medico.

Prima che l’erba fosse legalizzata in Thailandia nel giugno del 2022, il Paese aveva alcune delle leggi sulle droghe più severe al mondo. Per il possesso di cannabis si può essere puniti con la detenzione fino a 15 anni e la famigerata prigione centrale

di Bang Kwang - ironicamente soprannominata l’Hilton di Bangkok dopo che una serie televisiva australiana ne ha descritto le condizioni squallide e sovraffollate - rappresenta un importante deterrente per i turisti.

Mentre la Thailandia attende l’esito dei cambiamenti, i punti vendita dell’erba sono ancora aperti in tutta Bangkok e in altre zone. Sono tuttavia già in vigore alcune regole che limitano l’uso della cannabis. È vietato fumare o svapare in luoghi pubblici. Provocare ‘disturbo della pubblica quiete’, anche attraverso l’odore dell’erba, può comportare una sanzione di 25.000 baht (650 euro).

I dettagli di ciò che costituisca ‘disturbo’ non sono noti e possono essere sfruttati dalla polizia. A Bangkok, è noto che gli agenti ricattano ed estorcono denaro ai turisti che si trovano dalla parte sbagliata della legge.

Gli estratti che contengono più dello 0,2% di THC sono ancora legalmente classificati come stupefacenti, ma alcuni negozi vendono prodotti più forti a prescindere, il che potrebbe mettere nei guai gli acquirenti, a meno che non abbiano ottenuto un permesso ufficiale per scopi medici.

I turisti sono stati anche avvertiti in merito al fatto che la cannabis è ancora illegale nei Paesi vicini e che non deve essere trasportata oltre il confine. Con la sua politica sulle droghe fra le più severe al mondo, Singapore può arrestare i cittadini che fanno uso di droghe al di fuori del Paese come se le consumassero in patria.

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Come germinare i semi di marijuana

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Le tipologie di impianti aeroponici

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C’è HLVd nella vostra stanza di coltivazione?

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Sweet Zenzation La regina della serra

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Biologia

Tripide: piccolo parassita, grandi danni

I tripidi, minuscoli insetti della lunghezza compresa tra 0,8 mm e 2 mm, sono molto più temibili di quanto non sembri. Con il loro colore giallo-brunastro e le loro ali strette e frangiate di peli, possono sembrare innocui. È proprio questa caratteristica che ha dato loro il nome di thysanoptera (dal greco pteron, ali e thysanos, frangiato); anche il termine “tripide” deriva dal greco e significa “onisco”. Pur essendo insetti che pungono e succhiano, contribuiscono all’impollinazione di numerose piante, ma sono considerati dannosi a causa degli ingenti danni che causano alle piante. La loro straordinaria capacità riproduttiva, la dieta variegata e l’insaziabile voracità li rendono dei temibili parassiti delle colture agricole e orticole.

I tripidi si nutrono del contenuto delle cellule vegetali. Il loro apparato boccale perfora i tessuti delle foglie per risucchiarne i liquidi, lasciandole vuote e piene d’aria, il che crea macchie di colore argenteo (vedi figura 1). Sui frutti, i loro attacchi si manifestano con deformazioni e decolorazioni. Compaiono anche piccole macchie scure, che corrispondono ai loro escrementi. Questi parassiti colpiscono numerose colture orticole: cetrioli, pomodori, peperoni, melanzane, ecc. Nelle colture orticole, i tripidi danneggiano le rose, la cannabis (ovviamente), i crisantemi, le gerbere ed altre, con conseguenti cicatrici e deformazioni dei fiori. Il problema consiste nel fatto che i tripidi sono importanti vettori di diverse malattie e possono trasmettere svariati virus da una pianta all’altra. Il tospovirus, responsabile del tomato spotted wilt virus (TSWV – virus della bronzatura) e il suo parente impatiens necrotic spot virus (INSV –maculatura anulare necrotica dell’impatiens) ne sono un buon esempio.

Il ciclo vitale del tripide prevede cinque stadi: uovo, larva, pre-pupa, pupa e adulto. A una tem-

peratura di 20°C, il ciclo completo dura all’incirca 19 giorni, mentre a 25°C può ridursi arrivando a soli 13 giorni. Le femmine depongono le uova nei tessuti vegetali, le larve si sviluppano quindi su foglie, fiori e frutti, prima d’impuparsi generalmente nel terreno tra il 3° e il 4° stadio.

Fra le numerosissime specie di tripidi, alcune sono particolarmente dannose per le nostre colture: la specie più diffusa, la Frankliniella occidentalis (tripide dei piccoli frutti) (vedi figura 2), è originaria del Nord America. Attualmente è diffusa in tutto il mondo e invade diverse colture, fra cui la cannabis, gli ortaggi e le piante ornamentali. Il tripide tabaci (tripide della cipolla), diffuso in tutto il mondo, varia il suo ciclo di vita e il ciclo riproduttivo in base alla temperatura. Attacca svariate colture, fra cui cipolle, tabacco, pomodori e peperoni. Diffonde anche virus come il virus del mosaico del tabacco (Tobamovirus). Infine, la meno conosciuta Frankliniella tritici (tripide dei fiori) si nutre di polline e di petali. Provoca la decolorazione e la cicatrizzazione dei fiori, colpendo alcune colture ornamentali e vegetali.

Esistono diversi modi per tenere sotto controllo i tripidi. Un buon approccio di gestione integrata dei parassiti (IPM – acronimo inglese) è una strategia sostenibile per gestire le popolazioni di tripidi. Questo approccio unisce diversi metodi di controllo, garantendo una gestione efficace e riducendo al minimo l’impatto ambientale. Il monitoraggio e l’individuazione precoce sono cruciali per identificare i tripidi prima che provochino danni significativi. L’uso di trappole adesive, posizionate strategicamente all’interno delle colture, è particolarmente efficace per monitorare l’andamento delle popolazioni. La pulizia regolare delle serre e l’installazione di schermi sulle aperture possono ridurre le infestazioni di tripidi e impedire a questi insetti di entrare. È inoltre necessario pensare alla rotazione delle colture e all’eliminazione delle piante ospite che potrebbero offrire loro un riparo. Un altro asso nella manica è la lotta biologica, che favorisce un equilibrio naturale e limita l’utilizzo di pesticidi. Per combattere i tripidi, si consiglia d’introdurre predatori naturali come le larve di crisopide (Chrysoperla carnea), gli acari predatori (Amblyseius swirskii o cucumeris),

l’insetto predatore Orius insidiosus o i nematodi (Steinernema feltiae). In alcuni casi estremi può rivelarsi necessario utilizzare pesticidi (biologici o chimici). Le applicazioni devono essere mirate e costituire l’ultima spiaggia per ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente e sugli organismi non bersaglio.

In conclusione, i tripidi rappresentano una seria minaccia per molte colture a causa della loro rapida capacità riproduttiva e del metodo di alimentazione distruttivo. Tuttavia, una gestione integrata e attiva può ridurre al minimo il loro impatto. L’unione di un monitoraggio regolare, misure colturali e controllo biologico e chimico consente di tenere sotto controllo questi parassiti in modo efficace. Le ricerche in corso sulle interazioni ecologiche dei tripidi spianeranno nuove strade per una gestione ancora più efficace e sostenibile. Integrando soluzioni all’avanguardia come sensori intelligenti e biopesticidi di nuova generazione, i coltivatori saranno in grado di anticipare e rispondere alle minacce del tripide in modo ancora più preciso ed ecologico.

Danno da tripide della cipolla (Thrips tabaci) su foglia di cannabis, (foto di W.Cranshaw, Colorado State University).

COME GERMINARE I SEMI DI MARIJUANA

Una guida completa

La germinazione dei semi di cannabis è un’operazione apparentemente facile da eseguire ma non del tutto ovvia, soprattutto se i fattori in gioco sono il buon esito di una coltivazione o lo sviluppo e la preservazione di vecchi e nuovi strain di marijuana, che oggigiorno risultano essere sempre più costosi. In questo articolo troverete uno dei metodi più efficaci, insieme ad un’analisi dei fattori più importanti e dei suggerimenti per ottenere un tasso di germinazione dei semi del 100%.

COME PROCEDERE

Il primo step da eseguire prima di piantare dei semi di cannabis è la loro scarificazione, un processo che rende il guscio del seme più morbido e permette all’acqua di penetrare all’interno per stimolare la sua apertura. Per realizzare la scarificazione sono necessari un piccolo scatolino come un pacchetto di fiammiferi e un foglio di carta abrasiva di grana fine.

Ecco come procedere:

1. svuotare il pacchetto di fiammiferi

2. ritagliare un pezzo di carta abrasiva con le stesse dimensioni dello scatolino

3. collocare la carta abrasiva sul fondo dello scatolino

4. inserire i semi all’interno dello scatolino e scuoterlo per circa 10 secondi

LA SCARIFICAZIONE È UN PROCESSO CHE RENDE IL GUSCIO DEL SEME PIÙ MORBIDO

5. piegare il panno in modo da avvolgere e coprire completamente i semi 6. lasciare il piatto in un luogo buio ad una temperatura di circa 21°C

Dopo 24 ore i semi inizieranno a schiudersi, quando la radice bianca che fuoriesce dal guscio misura almeno 2 millimetri di lunghezza è il momento di piantarli nel substrato di coltivazione.

LA SEMINA

Il movimento dei semi all’interno dello scatolino consente alla carta abrasiva di levigare la loro superficie creando delle micro lesioni.

Lo step successivo prevede un ulteriore procedimento che interrompe la dormienza dei semi:

1. riempire un bicchiere con acqua osmotica o distillata

2. prelevare i semi dallo scatolino e immergerli nell’acqua

3. lasciare i semi ammollo per circa 12 ore

4. scolare l’acqua fuori dal bicchiere con l’ausilio di un colino a maglie strette

5. prelevare i semi dal fondo del colino

La qualità dell’acqua utilizzata durante questo step è importante per evitare qualsiasi tipo di contaminazione.

A questo punto i semi sono pronti a germinare e per stimolare la nascita dei semenzali è necessario un ambiente molto umido e caldo, quindi procedere nel modo seguente:

1. collocare un panno di carta sulla superficie di un piatto

2. cospargere il panno con acqua osmotica o distillata

3. eliminare l’acqua in eccesso rimasta sul piatto

4. disporre i semi sul panno di carta lasciando libero un piccolo spazio tra ogni seme

I semi appena germinati vanno maneggiati con delicatezza con l’ausilio di una pinzetta. Possono essere piantati direttamente nei vasi contenenti la terra oppure in appositi propagatori. La scelta migliore è di piantarli nei vasi perché le piante avranno più spazio per svilupparsi correttamente e crescere con vigore. I propagatori sono l’ideale per chi ha poco spazio a disposizione, ma le nuove piantine potrebbero crescere esili e piegarsi sotto il loro stesso peso.

I semi vanno piantati ad 1 centimetro massimo di profondità e con la punta della radice rivolta verso il basso, in questo modo i germogli fanno meno fatica ad uscir fuori dal substrato. È importante irrigare il terreno prima di piantare i semi, il movimento causato dall’acqua potrebbe spostare i semi dalla loro posizione originaria e nel peggiore dei casi potrebbero andare persi.

Innanzitutto irrigare il terreno con la soluzione nutritiva, quando l’acqua è drenata via eseguire un piccolo foro sulla superficie e collocare i semi sul fondo, infine coprire il foro con una minuscola manciata di terra.

Nei primi stadi di crescita i semi possiedono tutto il necessario per svilupparsi ed hanno bisogno di pochi fertilizzanti; una soluzione a base di stimolatori radicali e un cocktail di vitamine del gruppo B è la migliore opzione.

Per le varietà di cannabis autofiorenti è consigliato piantare i semi germinati direttamente nel contenitore che si utilizzerà durante l’intero ciclo vitale.

TEMPERATURA E UMIDITÀ

Per germinare i semi con successo la temperatura ideale è di circa 21°C e un tasso di umidità pari all’80%.

Alcuni growers utilizzano dei tappetini riscaldanti per ottenere la giusta temperatura durante la germinazione ma hanno l’inconveniente di seccare eccessivamente l’ambiente.

Per ottenere il giusto tasso di umidità si possono utilizzare i propagatori provvisti di cupole oppure un umidificatore dotato di un igrostato che ne controlla accensione e spegnimento. L’impiego di un termoigrometro digitale con sonda è ottimo per monitorare il clima.

ILLUMINAZIONE

L’illuminazione è un parametro fondamentale per il corretto sviluppo dei semi, infatti è necessaria una buona fonte di luce per la loro crescita. Se l’illuminazione è insuffi -

ciente le piantine appena nate tenderanno ad allungarsi in cerca di luce. La soluzione migliore è quella di utilizzare le barre di illuminazione LED. Durante la fase di germinazione per illuminare adeguatamente un metro quadrato di superficie sono necessari circa 200 watt di potenza.

TIPS

Un metodo per aumentare il tasso di germinazione e sopravvivenza dei semi è quello di lasciarli in ammollo per 24 ore in una soluzione di acqua distillata contenente l’1% di acqua ossigenata da 30 volumi.

Scatolino con carta abrasiva per la scarificazione.
Semi appena germinati piantanti i vasi da 0.2 litri.

Notizie

Testo: Markus Berger

Stati Uniti: un incendio in California minaccia il settore della cannabis I danni finora sono stati gestibili

Imperversano ancora alcuni incendi boschivi incontrollabili in California, che stanno potenzialmente causando grandi difficoltà per la fiorente industria della cannabis. Nella contea di Los Angeles, per esempio, alcune aziende legali del settore della cannabis stanno affrontando una serie di difficoltà per riuscire a mantenere a galla la loro attività in questo momento di crisi devastante. Anche i fornitori più importanti si rifiutano di spedire la cannabis nelle zone colpite. E tutto ciò a ragione.

Secondo le informazioni fornite dal Dipartimento delle Foreste e della Protezione Antincendio, oltre 10.000 edifici sono rimasti distrutti nell’area di Los Angeles e 13 persone hanno già perso la vita negli incendi (a metà gennaio). Come molte altre attività commerciali, i gestori dei dispensari di cannabis nelle aree colpite devono adattarsi alle circostanze derivanti dagli incendi. Fortunatamente, quasi tutti i rivenditori di cannabis si trovano al di fuori delle aree costiere precedentemente colpite, motivo per cui il disastro finora è stato lieve per la maggior

parte degli imprenditori. Ma non per tutti. Uno dei problemi principali che devono affrontare i dispensari di cannabis che si trovano in prossimità degli incendi è la decisione presa dai rispettivi fornitori di sospendere per il momento le consegne. Il motivo è il fondato timore che prodotti sensibili possano andare persi.

L’annuncio pubblico delle zone di evacuazione obbligatoria ha costretto diversi dispensari, come il 99 High Tide di Malibu e altri, a chiudere bottega in un primo momento.

Mammoth Distribution, che ha un proprio portfolio di marchi e lavora come grossista di prodotti della cannabis, ha avuto fortuna. Mammoth ha sede a North Hollywood, a circa 16 km a nord del Sunset Fire, scoppiato sulle colline di Hollywood l’8 gennaio. I vigili del fuoco sono stati in grado di spegnerlo un giorno dopo, per cui i requisiti di evacuazione sono stati derogati e le operazioni sono potute proseguire.

Anche una direttiva del Department of Cannabis Control (DCC), il principale ente regolatore

dello Stato in materia di cannabis, ha inizialmente causato problemi agli operatori dei dispensari. I licenziatari colpiti dagli incendi devono avvisare il DCC prima di spostare le loro scorte di cannabis altrove per proteggerle dagli incendi. Se avessero dubitato, questo sarebbe costato tempo prezioso agli operatori.

Tuttavia, il DCC ha successivamente rettificato i requisiti e ha consentito di spostare rapidamente i prodotti a condizione che venissero conservati in un luogo sicuro a cui solo il licenziatario e i suoi dipendenti e appaltatori avessero

accesso. Solo in questo caso il DCC deve essere informato del trasferimento della cannabis e i dipendenti del DCC devono essere autorizzati a entrare e ispezionare il nuovo sito di stoccaggio. I licenziatari possono anche richiedere aiuto alle autorità in caso di catastrofe naturale.

Al momento della pubblicazione, la California Cannabis Industry Association (CCIA) non aveva ricevuto alcuna segnalazione di danni da incendio alle coltivazioni della cannabis, ma era a conoscenza di casi d’interruzione operativa dovuti agli incendi.

Fra questi, le interruzioni spontanee delle filiere e l’esodo dei dipendenti. Inoltre, il carico emotivo per i dipendenti dei punti vendita in questione è notevole, in particolare per chi ha dovuto essere evacuato o chi ha perso la propria casa.

Approvato dall'Unione di Controllo per l'agricoltura biologica.

Nutrienti direttamente disponibili per le piante.

Ricco di micronutrienti.

Facilmente degradabile in natura.

Sostiene l'economia circolare.

Fonti: www.cannabisbusinesstimes.com; mjbizdaily.com

Home Growing

LE TIPOLOGIE DI IMPIANTI AEROPONICI

In commercio sono disponibili numerosi sistemi di coltivazione aeroponica, ognuno caratterizzato da geometrie differenti e da una gamma più o meno ampia di accessori per il controllo dei parametri della soluzione nutritiva. Come abbiamo visto nel precedente articolo, le vasche di coltivazione condividono delle caratteristiche comuni, ovvero sono pressoché sigillate dalla luce e dall’aria e hanno sistemi di supporto delle radici che non necessitano dell’uso di substrati; possiamo invece differenziare gli impianti in tre principali categorie: a bassa pressione, a nebbia, ad alta pressione, in base al sistema utilizzato per la somministrazione della soluzione nutritiva alle radici. Ognuna di queste tipologie ha caratteristiche che le rendono più o meno adatte all’uso su più tipi di colture e in differenti stadi di sviluppo.

bar. Il tipo di spruzzatori utilizzati nei sistemi a bassa pressione è estremamente vario, un aspetto che li rende sistemi molto versatili e adattabili alle esigenze di numerose colture in differenti stadi di sviluppo.

Una caratteristica importante da considerare nella loro scelta è il diametro del foro presente sugli ugelli: fori più ampi necessitano in generale di una minore manutenzione per prevenire otturazioni, ma al contempo hanno flussi più elevati di soluzione nutritiva e di conseguenza l’impianto di distribuzione, ovvero pompe, tubi e raccordi, deve essere adeguato a gestire determinate portate.

Per fare un esempio, tra quelli disponibili sul mercato possiamo trovare modelli che vanno dai 10 litri/ora fino ai 60 litri/ora per ogni ugello e con differente pressione consigliata di utilizzo generalmente nell’intervallo tra 1 e 2,5 bar. Data l’estrema versatilità e la poca

Aeroponica a bassa pressione (low pressure aeroponic)

Come si può dedurre già dal nome, il sistema di distribuzione della soluzione nutritiva funziona a bassa pressione, ovvero in un intervallo generalmente compreso tra 1 e 2

manutenzione necessaria, esistono impianti per coltivazione aeroponica a bassa pressione sia per piccole produzioni domestiche sia per produzioni su scala commerciale.

I sistemi per aeroponica a bassa pressione possono essere anche adattati all’utilizzo

LA REGOLAZIONE DEI TURNI IRRIGUI IN AEROPONICA È PER MOLTI VERSI SIMILE A QUELLA DELLE COLTIVAZIONI SU SUBSTRATO INERTE

in acquaponica, ovvero all’uso di soluzione nutritiva derivata dall’allevamento ittico.

Uno dei pochi aspetti negativi che è possibile individuare negli impianti a bassa pressione è l’utilizzo di tubazioni di diametro elevato (da 12 fino a 30 mm o più) che, oltre ad

nebulizzatori ad ultrasuoni. Non sono quindi presenti pompe o sistemi di distribuzione in pressione e questi nebulizzatori funzionano a pressione ambientale. La caratteristica più interessante è che il tipo di nebbia generata, da cui la sua denominazione, è formata da gocce estremamente fini e in grado di diffon -

aumentare il volume morto necessario al funzionamento, incide significativamente sul costo degli impianti e dei pezzi di ricambio.

Aeroponica a nebbia (fogponic)

A differenza dei classici sistemi aero- e idroponici, nei sistemi per coltivazione a nebbia o fogponic la somministrazione della soluzione nutritiva alle radici avviene per mezzo di

dersi uniformemente all’interno della vasca, anche quando l’apparato radicale è particolarmente fitto e sviluppato.

I nebulizzatori ad ultrasuoni possono essere posizionati sia esternamente sia all’interno delle vasche di coltivazione e sono alimentati da una corrente elettrica a bassa tensione, motivo per cui è consigliato evitare di fare impianti casalinghi senza le adeguate conoscenze e rivolgersi a produttori professionali.

Un aspetto estremamente importante è la scelta del tipo di nebulizzatore a ultrasuoni utilizzato. Molti di quelli che si trovano in commercio, non dedicati all’uso in aeroponica, potrebbero richiedere frequente manutenzione e pulizia perché pensati per uso con acqua demineralizzata o povera di sali. Al momento questa tipologia di sistema è utilizzata principalmente per produzioni su larga scala, mentre è poco diffuso su produzioni di media-piccola dimensione.

Aeroponica ad alta pressione (high pressure aeroponic)

Gestione delle irrigazioni e aero crop steering

La regolazione dei turni irrigui in aeroponica è per molti versi simile a quella delle coltivazioni su substrato inerte; si basa quindi su tre fasi che si susseguono costantemente: irrigazione o deposizione della soluzione nutritiva, drenaggio dell’eccesso, assorbimento di acqua e nutrienti da parte delle radici. L’intervallo di tempo di ognuna delle tre fasi deve consentire all’apparato radicale di interagire adeguatamente con la soluzione nutritiva fornita. Nella fase di deposizione, il tempo di irrigazione e il numero di

Dall’evoluzione dei sistemi a bassa pressione, è nata l’aeroponica ad alta pressione, in grado cioè di lavorare a pressioni dai 3 ai 10 bar e oltre. Il vantaggio principale che si ottiene è dato dalla possibilità di utilizzare nebulizzatori con un diametro del foro dell’ugello estremamente ridotto, in grado di generare una nebbia molto fine simile a quella degli impianti di fogponic. All’interno della vasca quindi, tra un turno e l’altro di irrigazione, rimane una sorta di nebbia in grado di diffondersi all’interno dell’apparato radicale anche se molto sviluppato. Chiaramente questo tipo di nebulizzatori richiede una manutenzione e un controllo più frequenti per evitare eventuali otturazioni che possono ridurre drasticamente la quantità di soluzione somministrata. L’aumento della pressione a cui lavora l’impianto di distribuzione della soluzione nutritiva, richiede un adeguato sistema di tubi e raccordi, oltre che una pompa con determinate specifiche tecniche.

Allo stesso modo anche il sistema di filtraggio della soluzione circolante deve essere in grado di rimuovere eventuali residui solidi che possono formarsi a livello dell’apparato radicale, prima che tornino nel sistema di distribuzione. Un aspetto cruciale da considerare quando si usano sistemi ad alta pressione, è la possibilità che microorganismi benefici, generalmente utilizzati in altri sistemi di coltivazione, non siano in grado di sopravvivere alle pressioni tipiche di esercizio; d’altra parte questa evenienza può essere considerata un vantaggio per ridurre eventuali contaminazioni della soluzione nutritiva ad opera di agenti patogeni. Rimane tuttavia un aspetto su cui dovrebbero essere effettuati più studi.

mente. Per questo motivo seguire una tecnica molto semplificata di aero crop steering può aiutarci notevolmente nell’individuare i turni irrigui corretti per ogni fase di crescita delle nostre colture. Il calcolo semplificato dell’indice di aero crop steering si basa sul rapporto del totale della soluzione fornita e di quella drenata ogni 24 ore. Dovremo quindi calcolare due valori: il primo, dato dal rapporto tra litri in ingresso (V input) e quelli in uscita dopo 24 ore (V output), e il secondo dalla differenza tra la misura del EC nella soluzione in ingresso e quella in uscita dopo 24 ore. Possiamo quindi calcolare l’indice secondo la formula:

Indice = (V input/ V output) x (1+ EC output – EC input)

Il risultato che otterremo può variare da 1 fino anche a 10 nei casi più estremi, è bene quindi seguire dei valori di riferimento e settare gli intervalli d’irrigazione in modo da rientrare all’interno di questi parametri: germinazione e taleaggio 1, radicazione e vegetativa compreso tra 1 e 3, fioritura e maturazione compreso tra 3 e 6. Nel caso sia necessario ridurre il valore dell’indice calcolato, possiamo aumentare i secondi di irrigazione oppure ridurre l’intervallo di tempo tra un turno di irrigazione e l’altro; al

contrario è possibile aumentare l’intervallo durante il quale le radici assorbono la soluzione fornita e ridurre il volume di soluzione fornito ad ogni irrigazione.

Altro aspetto essenziale nella gestione dell’irrigazione in aeroponica è il flushing o lavaggio delle radici, che si effettua per rimuovere i sali accumulati a livello radicale, sia durante che al termine del ciclo di coltivazione.

Durante questa operazione, che può durare anche più di 24 ore, è possibile monitorare regolarmente l’EC della soluzione drenata, fino a che questa non rientra nei parametri prestabiliti.

Un consiglio: ogni volta che si ritiene necessario aumentare o ridurre l’irrigazione, è meglio effettuare passaggi graduali e variare massimo del 20% i volumi giornalieri forniti, in modo da consentire all’apparato radicale di adattarsi e non subire uno stress eccessivo.

Sebbene possa sembrare complicato, nella realtà pratica dei fatti, saranno le piante ad adattarsi alla quantità di soluzione fornita, e spetterà al singolo coltivatore valutare, in base alla selezione coltivata e alle condizioni ambientali, come ottimizzare la propria strategia di irrigazione in aeroponica.

irrigatori utilizzati deve essere sufficiente a garantire che la maggior parte dell’apparato radicale entri in contatto con la soluzione fornita. Terminata la deposizione si ha una fase di drenaggio, durante la quale l’eccesso di soluzione drena sul fondo della vasca e ritorna nella cisterna di ricircolo.

La quantità di soluzione che drena ad ogni turno di irrigazione, dipende da vari fattori tra cui il più importante è lo stadio di sviluppo dell’apparato radicale: piante piccole con radici poco sviluppate possono essere in grado di captare meno del 10% della soluzione fornita ad ogni turno irriguo, quindi circa il 90% della soluzione rientra in cisterna senza aver toccato radice; man mano che l’apparato radicale riempie lo spazio a disposizione dentro la vasca, la captazione può raggiungere anche il 100%, ovvero tutta la soluzione fornita ha interagito con l’apparato radicale prima di tornare nel sistema di ricircolo.

A questo punto il volume depositato sulla superficie delle radici ha la possibilità di essere assorbito prima del successivo turno di irrigazione. Idealmente il successivo turno dovrebbe riprendere nel momento in cui tutte le radici hanno assorbito la soluzione depositata e, ovviamente, prima che inizino ad appassire, è di fondamentale importanza che parte delle radici si asciughi per favorire lo scambio gassoso e garantire la massima ossigenazione dell’apparato radicale. Secondo queste regole di base appare chiaro che il controllo dell’irrigazione in aeroponica può risultare più complicato rispetto a quello di altri sistemi idroponici come quelli NFT o DWC, dove le pompe di ricircolo e aerazione sono accese pressoché costante -

Storia della varietà di Barney’s Farm

Testo e immagini: Green Born Identity - G.B.I.

LEMON DRIZZLE

UNA FANTASTICA ESPERIENZA

DA JACKPOT

Tutto ciò che figura nella gamma di semi di Barney’s Farm sotto il nome “Lemon” e che è stato coltivato finora da The Doc lo ha davvero soddisfatto: Lemon Tree, Amnesia Lemon e Strawberry Lemonade. Quando di recente è arrivata un’altra varietà limonosa di Barney’s, chiamata “Lemon Drizzle”, si è subito entusiasmato per la novità e, bingo, in un batter d’occhio ha ordinato una confezione di tre semi. Il background genetico della varietà era infatti troppo entusiasmante e allettante per non farlo: i famosi progenitori d’élite Super Lemon Haze e OG Kush hanno dato vita a questa varietà, due vere e proprie leggende nel mondo della cannabis.

La loro fusione ha creato un mega ibrido nettamente orientato verso la sativa, ben all’85%, il che trova espressione in una svolta energica ed esaltante che, grazie all’elevato contenuto di THC del 20-25%, è estremamente intensa e duratura. Altrettanto intenso è l’aroma della Lemond Drizzle, a cui entrambi i progenitori hanno contribuito con il loro gusto distintivo: Il caratteristico cuore di agrumi agrodolci della Super Lemon Haze incontra la terrosità pungente della OG Kush che, a detta di Barney’s, scatena una vera e propria esplosione di sapori. Con il suo generoso potenziale di resa che può arrivare fino a 550g/m², questa varietà premia i coltivatori non solo dal punto di vista qualitativo ma anche quantitativo.

Il tutto con tempi di attesa piuttosto brevi, dato che la fioritura richiede solo 60-65 giorni, il che è estremamente veloce per una varietà a predominanza sativa. Anche in altezza la Lemon Drizzle è moderata, le piante infatti non superano l’1-1,2 metri di altezza.

Ramificazione vigorosa in fase vegetativa

Come di consueto, The Doc ha inserito un duo nella corsa alla crescita e i due semi femminizzati che ha piantato si sono schiusi in poco tempo dalle loro buche nel terreno; dopo soli 3,5 giorni le piantine stavano già in piedi sotto la fonte a LED. Anche le due Lemon Drizzle si sono affrettate a ramificare, The Doc è rimasto infatti stupito nel vedere in che modo precoce e vigoroso numerosi rami laterali avevano fatto capolino dalle ascelle nelle tre settimane di crescita.

Quando è cominciata la fioritura, si è formato un robusto pattern di crescita a cespuglio con altezze di 25 e 27 cm. Dato il loro pedigree con forte orientamento a sativa, un così alto grado di compattezza ha sorpreso The Doc, ma era comunque certo che le piante si sarebbero allungate in modo consistente nella fase di fioritura.

Un grande spettacolo di fioritura

È andata esattamente così nelle prime cinque settimane di fioritura, in cui entrambe le piante di Lemon Drizzle hanno mostrato un’elevata propensione alla ramificazione fino a quando la loro altezza non è triplicata. Il forte allungamento è stato comunque sia verticale che laterale e le piante hanno quindi mantenuto il loro portamento compatto. La formazione precoce di gruppi di fiori tuberosi è stato il preludio del grandioso spettacolo di fioritura che sarebbe iniziato di lì a poco... Le piante hanno aperto le porte della resina molto presto, rilasciando abbondanti quantità di tricomi che, nel corso della fioritura, sono sgorgati sulle cime che si sono rigonfiate in poco tempo, finché anche le foglie più grandi a cinque dita non si sono ampiamente ricoperte di ghiandole di resina. Alla

fine, dopo nove settimane di fioritura, The Doc ha riferito: “È davvero incredibile! Queste cime di Lemon Drizzle sono delle vere e proprie schiacciasassi. L’abbondante strato di tricomi di cui sono ricoperti i calici e le foglie è una vera e propria delizia per gli occhi, riesco a vedere il luccichio argenteo delle cime già da lontano.

Un altro aspetto interessante è che le piante pendono splendenti con un numero sbalorditivo di 16 e 18 cime laterali, alcune delle quali grandi quanto la cima principale! Il tutto ha l’aspetto e dà la sensazione del fantastico jackpot di una lotteria di cime, davvero travolgente. La fragranza dei fiori, incredibilmente dolce e speziata, è altrettanto ammaliante e rispecchia le caratteristiche dichiarate da Barney’s: si ritrova sia la tipica piccantezza di pino della Kush sia un buon pizzico di limone.

Addolcito da una nota di miele di bosco, è un mix ricco e affascinante che attira abbondantemente le mie narici”.

Le grandiose cime di Lemon Drizzle ci hanno messo 64 e 67 giorni per essere pronte a puntino. Alla fine le piante hanno raggiunto un’altezza di 74 e 80 cm.

Un raccolto abbondante di cime con un aroma magistralmente perfezionato

Ad alcune settimane di distanza, la resa secca è stata al di sopra della media, sopra la media persino per gli standard di The Doc, che sono a un livello superiore rispetto a quelli del coltivatore medio – i più generosi 122 e 131 grammi prodotti dalla sua Lemon Drizzle! Come sempre, grazie all’essiccazione e alla concia nei barattoli, l’aroma delle cime è diventato ancora più concentrato e magistralmente perfezionato, con un raffinato gioco di tre elementi principali - pino, limone e miele - che si è tradotto in un’intensa fragranza, che ha colpito The Doc in modo netto al momento di aprire uno dei barattoli per estrarne una cima per la sua prima sessione di degustazione.

La sessione di degustazione: un lancio di razzi...

Quando questa cima da 0,5 g è diventata vapore nel suo vaporizzatore Venty, la Lemon Drizzle ha lanciato un razzo di gusto in bocca a The Doc, che è esploso sul suo palato e, almeno a sensazione, lo ha rivestito con uno strato di aroma che, in modo delizioso e intenso, ha trasmesso al suo senso del gusto i tre punti salienti del sapore della Lemon Drizzle: piccante, dolce e aspro: “La palatabilità adesso ha un nome: Lemon Drizzle!”, ha affermato The Doc con piacere. Proprio come il gusto, l’effetto gli è arrivato addosso come un razzo: la Lemon Drizzle ha espresso appieno il suo carattere di sativa, subito dopo il primo tiro ha infatti percepito una sensazione leggermente pungente sulle braccia che, dopo il terzo, si è fatta sentire in tutto il corpo in modo così elettrico che The Doc ha sentito l’esigenza di muoversi.

E come se The Doc avesse ricevuto l’ordine di marciare dal proprio cervello, si è alzato di scatto dal divano e si è diretto velocemente al supermercato di zona, dato che gli era venuta voglia di mangiare, per comprarsi una pizza e qualche stuzzichino dolce e piccante.

Lo ha fatto con allegria, perché la Lemon Drizzle gli aveva dato non solo l’irresistibile stimolo a muoversi, ma anche una forte carica di positività mentale. “È una marijuana così deliziosa che ti mette di buon umore e ti fa attivare!”, ha commentato entusiasta in merito alla nuova varietà creata da Barney’s Farm. Per non rimanere pigro e bloccato sul divano dopo

l’abbondante pasto, ha fatto altri tre tiri con il vaporizzatore che lo hanno catapultato alla festa nel suo quartiere a cui era stato invitato.

“Si trasforma tutto in oro verde...”

“Ancora una volta una varietà limonosa di Barney’s si è rivelata degna di riconoscimen-

to - la serie di vittorie di Barney’s Farm nella mia stanza di coltivazione non finisce mai, una sfilza di mega varietà una dopo l’altra. Qualsiasi cosa su cui i selezionatori della Barney’s mettono le loro mani sapienti si trasforma in oro verde!”. È quindi per un buon motivo che l’entusiasmo di The Doc per una varietà di Barney’s non ha trovato limiti.

Green Born Identity - G.B.I.

Genetica Lemon Drizzle (Lemon Haze x OG Kush)

Fase vegetativa 21 giorni (dopo la germinazione)

Fase di fioritura 64+67 giorni / 60-65 giorni in generale

Substrato Bionova Bio Soilmix, vasi da 11 litri

pH 6.4-6.

CE 1,2-1,6 mS

Luce Fase Veg: 2 x SANlight EVO 5-100, commutate a livello 2 su 3 Fioritura: 4 x SANlight EVO 5-100, settate al livello 2 su 3

Temperatura 18-29°C

Dati sulla coltura:

Umidità dell’aria 40-60%

Irrigazione A mano

Fertilizzazione Bionova Soil Supermix, più PK 13-14 in fase di fioritura

Additivi/stimolatori Bionova Silution, The Missing Link, Vitasol ed X-cel

Strumentazione CleanLight Pro per la prevenzione delle muffe

Altezza 74+79 cm

Resa 122+131g

Coltivazione

Mr. José info@mrjose.eu

info@mrjose.eu

C’è HLVd nella vostra stanza di coltivazione?

Il viroide latente del luppolo (HLVd)

può essere giustamente paragonato al COVID-19 delle piante di cannabis. Sebbene rappresenti la maggiore minaccia per i coltivatori su scala commerciale, la sua diffusione nelle colture domestiche non deve essere trascurata. Da dove proviene, cosa fa, come può essere identificato e quali misure potete adottare per proteggere la vostra coltivazione e le vostre piante dall’HLVd? Scopritelo in questo articolo.

SCOPERTA DELL’HLVD E TRASMISSIONE ALLA CANNABIS

L’HLVd è stato individuato per la prima volta nel 1987 in alcune varietà commerciali di luppolo in Spagna. Fino a poco tempo fa era noto solo come patogeno del luppolo e di piante affini, come il luppolo giapponese. Tuttavia, nel 2019, l’HLVd è stato individuato per la prima volta nella cannabis in California, dove ha provocato la malattia che oggi viene chiamata “dudding”. Questo termine descrive i principali sintomi visibili provocati dall’infezione da HLVd, fra cui la crescita stentata e altri cambiamenti morfologici, di cui parleremo più avanti.

Il viroide è stato inizialmente individuato in una coltivazione indoor di cannabis. Resta da chiedersi come ci sia arrivato, visto che in precedenza l’HLVd era noto solo per aver infettato il luppolo. L’HLVd può diffondersi per via meccanica o attraverso semi e cloni. La sua trasmissione per via aerea o tramite gli insetti non è ancora stata confermata. La contaminazione potrebbe essere avvenuta attraverso la strumentazione da giardinaggio o gli indumenti che erano stati usati in precedenza ed erano entrati in contatto con del luppolo infetto. Un’altra possibilità è che la trasmissione sia avvenuta durante la coltivazione outdoor, con l’introduzione del viroide nelle strutture indoor attraverso cloni o semi ottenuti da piante infette all’aperto.

Sono state rilevate elevate concentrazioni di HLVd nelle radici delle piante, dove può essere identificato poco dopo l’infezione. Questo fa pensare alla possibilità che il viroide sia stato introdotto nelle strutture indoor attraverso substrati di coltivazione contaminati o materiali compostati. È noto inoltre che si diffonde attraverso i sistemi d’irrigazione, in particolare quelli a ricircolo. Anche se questo potrebbe non essere stato il punto iniziale d’infezione, ha senza dubbio giocato un ruolo importante nella rapida diffusione del viroide all’interno delle strutture.

La diffusione del viroide fra i coltivatori e la sua diffusione dagli Stati Uniti a quasi tutti i Paesi produttori di cannabis possono essere attribuite alla distribuzione di cloni e semi infetti tra i coltivatori commerciali e domestici. I cloni provenienti dagli Stati Uniti sono stati acquistati da produttori su larga scala in Canada, Europa e Asia. Considerando l’immensa popolarità delle varietà californiane

La forma attiva di HLVd provoca notevoli cambiamenti morfologici nelle piante, tra cui crescita stentata, fusti fragili e rami a crescita orizzontale.
L’HLVd riduce in modo notevole la produzione di resina, incidendo direttamente sulla qualità e sul contenuto di cannabinoidi.

e il fatto che la presenza del viroide sia rimasta inosservata per un certo periodo di tempo, diventa evidente il motivo della diffusione di questa malattia.

L’HLVd è un viroide, è quindi incredibilmente piccolo. Per darvi un’idea delle sue dimensioni: se un batterio fosse grande come un’anguria, un virus sarebbe all’incirca grande come un acino d’uva e un viroide sarebbe paragonabile a un seme di papavero. L’HLVd può rimanere latente per un lungo periodo, senza mostrare sintomi visibili. Questo significa che potrebbe trovarsi nella vostra stanza di coltivazione o nella vostra coltura e voi non notereste nulla di insolito. Tuttavia, una volta attivato, provoca la tipica crescita stentata. Le foglie diventano più piccole, le piante crescono lentamente e la distanza internodale si riduce in modo notevole. Questi sintomi potrebbero essere attribuiti anche a una cattiva alimentazione o a condizioni ambientali non ottimali, il che rende fondamentale effettuare una diagnosi accurata.

Un sintomo particolarmente evidente è la fragilità del fusto. Le piante non crescono molto in altezza e sia i rami principali che quelli laterali si piegano e sembrano non essere in grado di sostenere il proprio peso. I rami laterali tendono a crescere orizzontalmente e si staccano facilmente dal fusto principale. Un altro possibile indicatore è l’ingiallimento delle nervature delle foglie. Tuttavia, questo sintomo non è prerogativa dell’HLVd ed è spesso provocato da altri fattori, è quindi importante non saltare a conclusioni basate solo su questa osservazione.

Il problema più critico causato dalla forma attiva dell’HLVd è l’impatto che ha sulla produzione di tricomi, il che comporta una riduzione dei metaboliti secondari come cannabinoidi e terpeni. Quando si uniscono tutti i sintomi, le piante infette appaiono più piccole, più deboli, producono fiori più piccoli e meno resina. La produzione di cannabinoidi può diminuire fino al 30-50%, il che rappresenta una perdita significativa. Questo calo si verifica in quanto l’HLVd altera i processi genetici e metabolici della pianta, determinando una minore attività degli enzimi responsabili della biosintesi dei cannabinoidi.

Se non siete certi che le vostre piante siano infette e volete averne conferma, potete farle analizzare. È sufficiente in genere un piccolo campione di radice e i laboratori specializzati nel rilevamento dell’HLVd possono effettuare il test. Il costo è relativamente basso, in genere inferiore a una quarantina di euro per campione. Se avete piante madre e da esse propagate cloni, investire nel test è caldamente consigliato.

PREVENZIONE E PROTEZIONE

Come già detto, l’HLVd è estremamente piccolo e molto resistente. Una volta che si è insediato nella vostra stanza di coltivazione, sarà difficile

eliminarlo. La prevenzione è quindi fondamentale. Una regola fondamentale è quella di non introdurre mai nello spazio di coltivazione del materiale vegetale che non sia stato testato per l’HLVd. Molte aziende produttrici di sementi vendono ora lotti che sono stati testati per questa infezione. Lo stesso vale per la coltivazione a partire da cloni. Se pensate di utilizzare dei cloni che vi ha dato qualcuno per creare le vostre piante madre, fateli sempre testare per l’HLVd e teneteli in quarantena, separati dalle altre piante, finché i risultati non confermeranno che sono esenti dall’infezione.

Nelle coltivazioni commerciali è fondamentale eseguire ripetuti test con regolarità, implementando al contempo norme e procedure igieniche rigorose. In questo modo si riduce al minimo il rischio d’introdurre agenti patogeni e si garantisce una diagnosi precoce in caso di infezione.

La fase più critica è la sterilizzazione regolare di attrezzi, vasi, forbici e di tutte le parti dei sistemi d’irrigazione. L’alcol di per sé non è affidabile per eliminare il viroide. Una soluzione efficace è l’ **NaClO (ipoclorito di sodio)**, presente in prodotti come il marchio ceco Savo. Anche la sterilizzazione con luce UV-C è estremamente efficace, ma deve essere effettuata in assenza di persone, animali o piante. Sono validi anche i comuni metodi di sterilizzazione, come l’autoclave, l’acqua bollente o il vapore caldo per almeno 10 minuti.

Tenete attentamente sotto controllo la salute e la morfologia delle vostre piante. Se sospettate che le piante siano state infettate dalla forma attiva di HLVd, eseguite il test su almeno una pianta. Se viene confermata la presenza di HLVd, la cosa migliore da fare è eliminare tutte le piante e sterilizzare accuratamente l’intero spazio di coltivazione e tutta l’attrezzatura. Questa procedura richiede un certo impegno e il risultato dipenderà interamente dalla diligenza con cui verrà effettuata la sterilizzazione.

SENSIBILITÀ DELLE DIVERSE VARIETÀ

L’HLVd nella sua forma latente non influisce sulla crescita o sulla produzione delle piante. Questo significa che la malattia potrebbe essere da anni nella vostra stanza di coltivazione e non avete notato alcun sintomo. Potrebbe anche essere che state coltivando varietà più tolleranti alla malattia. Questo fenomeno è diffuso con il luppolo, l’ospite originario dell’HLVd. Tuttavia, a causa dell’elevato valore della cannabis, l’HLVd è un problema molto più serio per i coltivatori di cannabis che non per quelli di luppolo. Nel luppolo, il viroide può provocare una riduzione dell’amarezza o della resa, ma le perdite finanziarie non sono certo paragonabili a quelle che devono sostenere i coltivatori di cannabis.

Nella mia esperienza ho visto forme sia latenti che attive di HLVd. L’infezione attiva più grave che abbia mai riscontrato è stata in un test sperimentale sulla varietà a bassa potenza *Eletta Campana*. Purtroppo non sono riuscito a trovare foto d’archivio che mostrassero chiaramente quelli che sono stati i problemi morfologici.

Un’altra varietà altamente infetta è stata una varietà CBD, dove il sintomo più evidente era la significativa riduzione della produzione di resina. Ho comunque anche osservato un’infezione HLVd latente a lungo termine nella varietà *Euforia* di Dutch Passion. Anche dopo la prolungata esposizione a un ambiente con piante infette, i test hanno rivelato solo un’infezione minima in questa varietà.

L’HLVd è destinato a resistere nel mondo della cannabis e possiamo aspettarci che le varietà con una maggiore resistenza a questo patogeno diventeranno più importanti nelle stanze di coltivazione. Nel prossimo futuro, potremmo vedere varietà meno colpite dall’HLVd, il che renderà il viroide meno problematico per i coltivatori.

PUÒ ESSERE ELIMINATO L’HLVD?

Una volta introdotto, l’HLVd è estremamente difficile da debellare da una coltivazione. La sterilizzazione e le misure preventive possono contribuire a prevenirne la diffusione, ma non c’è modo di curare il viroide in una pianta infetta. L’unico metodo efficace è la **coltura di tessuti meriste-

matici**, procedura che prevede l’isolamento e la coltivazione dei meristemi apicali della pianta in un ambiente di laboratorio. I meristemi apicali hanno meno probabilità di contenere il viroide e il processo viene spesso integrato con una forma di terapia chimica che elimina eventuali tracce residue di HLVd.

Questa procedura è costosa, richiede molto tempo ed è utile solo in casi eccezionali, quando un coltivatore ha bisogno di preservare una varietà insostituibile.

Auguro alle vostre piante di rimanere in salute e che le vostre avventure di coltivazione abbiano successo!

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Culture

Sfruttare al meglio l’idroponica indoor

Cos’è l’idroponica? In poche parole, è un metodo per coltivare le piante utilizzando un substrato inerte, come la fibra di cocco, la lana di roccia o semplicemente le radici nude. L’alimentazione delle piante avviene tramite una soluzione nutritiva, senza che il substrato fornisca alcun nutriente. In questo modo si controlla completamente la dieta nutrizionale delle piante. Per ottenere il massimo potenziale da questa tecnica, è necessario utilizzare sistemi dinamici, che operano in un circuito chiuso per ottimizzare il risparmio idrico. Le tecniche idroponiche offrono massima ossigenazione alle radici, accelerando così la crescita delle piante.

Uno dei principali vantaggi dell’idroponica è la velocità di crescita delle piante, ma questo può talvolta diventare uno svantaggio. Se coltivi indoor partendo dai semi, sotto una lampada, la pianta sarà troppo grande quando raggiungerà l’età di fioritura. Avrà invaso tutto lo spazio verticale disponibile, una problematica accentuata nelle grow box, che offrono meno altezza rispetto a una stanza. La luce artificiale perde molta della sua efficacia con la distanza, quindi è consigliabile mantenere la lampada il più vicino possibile alle piante.

Questo rende preferibili piante più piccole. Nella coltivazione indoor, le piante grandi rappresentano più un ostacolo, poiché le parti non direttamente esposte alla luce produrranno un raccolto di scarsa qualità e quantità.

IDROPONICA PASSO DOPO PASSO

Prendiamo come esempio un’area di fioritura di 1m² (con una singola lampada). Si parte da un seme, scegliendo una varietà adatta alla coltivazione indoor, ovvero che non cresca troppo in altezza e non abbia un lungo periodo di fioritura. È preferibile un ibrido con una base genetica prevalentemente indica, per garantire che la pianta rimanga relativamente piccola e compatta, con un ciclo di fioritura non superiore a 6 settimane. Oggi sono disponibili numerosi ibridi deliziosi indica-sativa adatti a questo tipo di coltivazione. Il seme viene piantato in un substrato che consente di lavare facilmente le radici, come fibra di cocco, perlite, terriccio molto leggero o direttamente in acqua pura.

PIANTA MADRE

Quando la piantina ha circa due serie di foglie vere, estraila con attenzione, facendo attenzione a non danneggiare le radici. Puoi utilizzare un cucchiaio per prelevarla con un po’ di substrato, invece di tirarla. Lava delicatamente le radici in un bicchiere d’acqua, quindi posiziona la pianta nel sistema idroponico. Preferisco usare un sistema CultiMate in

questa fase, poiché offre un buon volume per le radici e protegge dai ciottoli di argilla, evitando variazioni di temperatura. Colloco la pianta sotto una lampada al neon Turbo debole, con un ciclo di luce di 18 ore. Questa pianta crescerà ma non fiorirà mai; è una “pianta madre”, ovvero una fonte di talee che produrranno i fiori.

Quando la pianta madre raggiunge un’altezza di 80 cm - 1 metro, aggiungo piccole luci al neon alla struttura della tenda per illuminare le parti inferiori non esposte direttamente alla luce. Usare una lampada più potente sopra la pianta non migliorerebbe la situazione; aumenterebbe solo la differenza di qualità tra la parte superiore e quella inferiore. Se la pianta si trova in una tenda da 1,2x1,2

metri, occuperà rapidamente tutto lo spazio disponibile. A questo punto, è il momento di creare cloni.

CLONAZIONE

Le talee saranno trapiantate in un sistema idroponico, quindi è preferibile farle radicare senza substrato o con un substrato facile da pulire. Perlite o fibra di cocco sono ottime opzioni per il radicamento. Personalmente, utilizzo il cloner idroponico Terra Aquatica, un sistema a vortice che offre un tasso di successo e tempi di radicamento senza eguali. Dal momento che faremo fiorire piante di piccole dimensioni, è necessario disporre di un numero elevato per metro quadrato. A seconda del sistema di coltivazione e delle preferenze personali, si possono utilizzare da 20 a 30 piantine per m².

Il mio sistema di fioritura è un Terra Aquatica GrowStream 20, perfettamente adatto a una tenda da 1,2x1,2 metri. Ho bisogno di 20 talee sane, ma preferisco radicarne molte di più, almeno il doppio, per selezionare le migliori. La parola chiave per un successo in questo tipo di coltivazione è uniformità. È essenziale avere piantine simili in dimensioni e qualità delle radici.

Scegli piante con radici che partono uniformemente intorno allo stelo, con una massa radicale folta e peli laterali sulle radici. Con un po’ di esperienza, riconoscerai facilmente i cloni migliori. Questo stadio di taleaggio dura circa quindici giorni in buone condizioni, a volte di più. È importante mantenere un’elevata umidità intorno ai cloni.

Se le tue piantine radicano in un sistema idroponico, noterai che inizieranno a crescere prima ancora di sviluppare le radici. Durante

l’intero processo, le piante si svilupperanno e alla fine del radicamento saranno molto diverse rispetto all’inizio. Questo è uno dei vantaggi dell’idroponica: non c’è mai un momento sprecato.

PREFIORITURA

Ora trapianteremo le nostre talee radicate nell’area di fioritura, sotto una lampada da 600 W o superiore. Caratteristica speciale: si inizia direttamente con un ciclo di luce di 12 ore al giorno, senza passare per una fase vegetativa vera e propria in questo tipo di coltivazione. In idroponica, le piante crescono molto rapidamente e includere un ciclo vegetativo sarebbe un errore.

Si rischierebbe di ottenere piante troppo alte, che si allungano verso le lampade, e con un numero così elevato di piante per m², si creerebbe una giungla ingovernabile, con rami intrecciati e un ambiente ideale per patogeni o insetti.

Quando le piante vengono messe nell’area di fioritura, sembrano molto piccole e sicuramente non riempiono tutto lo spazio di coltivazione.

Tuttavia, esiste una fase nel ciclo di vita della cannabis chiamata prefioritura, che dura circa 15 giorni, durante la quale le piante crescono e modificano la loro struttura per ospitare le future infiorescenze. Alla fine di questa fase, occuperanno tutto lo spazio disponibile, raggiungendo un’altezza di 40 - 50 cm. La durata della prefioritura e la dimensione finale

Per semplificare questa transizione, è possibile lasciare che il livello della soluzione nel serbatoio diminuisca durante l’ultima settimana di prefioritura (senza rabboccare). In questo modo, si gestirà solo un volume minimo di soluzione al momento del cambio.

di piante, è indispensabile una circolazione d’aria efficace. Rimuovi tutti i rami che non ricevono luce diretta, in particolare quelli più bassi. Usa comunque il tuo giudizio: alcuni rami inferiori crescono rapidamente e possono avere un buon potenziale. Dopo questa

possono variare a seconda delle varietà di piante. Durante questo ciclo, è fondamentale continuare a nutrire le piante con una soluzione vegetativa, almeno per i primi 10 giorni. Successivamente, sarà l’occhio e l’esperienza del coltivatore a determinare il momento giusto per passare alla soluzione di fioritura. Il momento chiave per effettuare il cambiamento è l’apparizione dei primi pistilli.

FIORITURA

Dopo circa 15 giorni, le piante mostrano chiari segni di fioritura con l’apparizione dei primi pistilli. A questo punto, le giovani piante occupano tutto lo spazio di coltivazione. Da questo momento, continueranno a crescere, ma in misura molto minore rispetto alla prima fase. È il momento di garantire loro una buona ventilazione: con una concentrazione così alta

operazione, non ci sarà molto da fare per alcune settimane, se non controllare i parametri (pH, EC, temperatura, umidità) e assicurarsi che nessuna muffa comprometta i fiori. Questo è il metodo che utilizzo e consiglio per l’idroponica. Non massimizza i grammi per watt, ma l’assenza di una fase vegetativa rende il ciclo molto breve. Inoltre, l’accelerazione della crescita e della maturazione garantita

da un sistema idroponico realmente attivo riduce ulteriormente il processo. Risparmio circa 2 settimane rispetto al tempo di fioritura indicato sulla confezione dei semi.

Concludo un ciclo in meno di due mesi (da 6 a 7 settimane a seconda della varietà), permettendo fino a 5 raccolti l’anno (con un mese di pausa). Questo metodo, sviluppato per la produzione commerciale, garantisce un altissimo rendimento per metro quadrato all’anno. Con un raccolto minimo di 500 g/m², si producono almeno 2,5 Kg/m² all’anno.

Idealmente, lo spazio dovrebbe essere diviso in tre aree: una per la pianta madre, una per il taleaggio e la terza, di gran lunga la più grande, per la fioritura. Una pianta madre, in grado di fornire talee per 2-3 m² di fioritura, occupa meno di 1 m².

Personalmente, non ho spazio per le talee e non mantengo una pianta madre. Preferisco selezionare il miglior clone come nuova pianta madre per la generazione successiva. Questo permette di risparmiare spazio ed elettricità, e il nuovo clone avrà la dimensione ideale al momento del nuovo taleaggio. Ogni talea ha la stessa età della pianta madre. Con il taleaggio, il “contatore” non viene azzerato: la pianta invecchia, ogni generazione è più vecchia della precedente, e questo processo è visibile principalmente nelle radici, che diventano gradualmente più spesse e nodose con l’età.

Ti invito a provare questo metodo di coltivazione. Anche se non vuoi raggiungere cinque raccolti all’anno, il taleaggio è comunque interessante per uno o due raccolti consecutivi. Esiste un fenomeno chiamato vigore del clone: stranamente, una talea è più vigorosa della pianta da cui proviene, un vantaggio ulteriore.

Coltivare indoor è costoso, soprattutto oggi con i prezzi elevati dell’elettricità; tutto ciò che accelera il processo consente un grande risparmio economico.

Varietà di Sweet Seeds

Yakandi / yakandi.medicinal@gmail.com

Sweet Zenzation

La regina della serra

Eravamo alla ricerca di una varietà che avesse un’elevata produzione e resistenza alle alte temperature, che si presentano in estate a causa dei cambiamenti climatici. In questa occasione abbiamo coltivato due esemplari di Sweet Zenzation femminizzati e dipendenti dal fotoperiodo in due serre diverse. Le diverse condizioni delle due serre hanno prodotto piante con notevoli differenze.

Germinazione e crescita

Gli esemplari di Sweet Zenzation sono stati germinati a metà aprile. La fase di crescita è stata di circa due mesi e sono stati poi trapiantati a giugno in grandi vasi da circa 400 L. Durante la fase di crescita hanno ricevuto di notte una luce di soli 9v, che li ha semplicemente tenuti svegli e in crescita.

Un esemplare è stato trapiantato in una prima serra, dove non è stato molto esposto al vento e ha ricevuto un po’ meno luce diretta durante la prima metà della giornata. L’altro esemplare è stato coltivato in un’altra serra, in una posizione maggiormente esposta al vento e, purtroppo, anche ad acari e polvere, ma dove ha ricevuto anche luce solare diretta per tutto il giorno. Questa differenza nelle condizioni di coltivazione ha prodotto risultati notevolmente diversi nelle due piante.

Per quanto riguarda le sostanze nutritive, durante la fase di crescita abbiamo usato Root Juice di Bio Bizz e Rhino Skin di Advanced Nutrients. Abbiamo poi utilizzato melassa, acqua di mare e acqua di cocco per la fase di fioritura, con un supporto di Brutal Buds in percentuale di 0,6g - 0,8g per litro ogni due settimane. La temperatura è rimasta stabile durante la fase di crescita (meno di 30ºC), ma ha raggiunto massime estremamente elevate durante le ondate di calore estive, toccando punte di 40ºC in diverse occasioni. Questo ha generato notevole stress in diverse piante che hanno prodotto alcuni semi e hanno avuto qualche problema non appena le cime si sono ingrossate.

Fioritura e lotta agli agenti patogeni

La pianta coltivata in condizioni di maggior protezione ha avuto pochi problemi a livello di crescita ed è diventata un denso cespuglio prima d’iniziare a fiorire a fine giugno. Anche se ha sofferto un po’ di stress dovuto alle ondate di calore, è stata in grado di completare il ciclo di crescita dimostrando maggiore resilienza rispetto alle altre piante. L’esemplare coltivato nell’altra serra ha affrontato sfide maggiori, ma è cresciuto fino a diventare forte e produttivo. L’aumento della temperatura e gli squilibri a livello di umidità hanno provocato la comparsa di funghi a livello radicale in alcune piante della serra. La Sweet Zenzation non ne ha sofferto.

Con l’aumento della siccità abbiamo assistito a un aumento estremo della foschia e dei venti,

Questo è stato l’inizio della formazione delle cime sull’esemplare che abbiamo coltivato nella serra con minore esposizione alle intemperie e alla luce diretta.

che hanno portato tale contaminazione in direzione della seconda serra. Per questo motivo si è verificato un attacco di acari che abbiamo dovuto combattere accanitamente per diverse settimane per salvare le piante presenti in quella serra. Abbiamo usato sapone di potassio con olio di neem e Spider Mite Control.

Nonostante la sua fioritura fosse leggermente in ritardo rispetto agli altri esemplari a causa degli acari e dello stress ambientale, la Sweet Zenzation che si trovava in quel campo di battaglia ha mostrato un’incredibile resistenza a tutti gli agenti patogeni. Mentre le altre piante sono state indebolite, questa ha continuato a crescere e a crescere, raggiungendo oltre due metri di altezza a luglio.

Risultati sorprendenti

La pianta nella serra più protetta ha terminato la fioritura a fine agosto. Le cime erano piuttosto dense ed estremamente resinose. La spaziatura internodale era limitata, con rami forti e spessi. Verso la fine della fioritura le sue foglie, abbondanti e resistenti, hanno assunto tonalità multicolore, diventando un vero spettacolo per la vista. L’altezza raggiunta è stata di 1,50 metri e la produzione totale è stata di 160 g di essiccato, circa 225 g di umido. L’esemplare nell’altra serra, esposto a maggiori difficoltà, ci ha messo più tempo per iniziare la fioritura, per tutto il mese di luglio, mentre ha continuato a crescere fino a superare i 2 metri di altezza, arrivando quasi a toccare la rete della serra, a una distanza di 2,20 metri. A causa di tale allungamento, la distanza internodale è stata maggiore rispetto a quanto non sia avvenuto nelle altre piante. E poiché era così indietro rispetto alle altre piante, ed era stata esposta allo stress provocato da vento e calore, non nutrivo molte speranze. Resiste invece agli agenti patogeni, come gli acari e i funghi delle radici, meglio delle altre compagne di serra. Il suo fusto è cresciuto diventando spesso e solido, praticamente un albero resistente al vento. Dopo aver già tagliato le altre piante, a metà settembre, i suoi rami, pur essendo carichi di cime, sembravano non aver preso molto peso.

Abbiamo continuato ad aspettare, un altro paio di settimane e quando, dopo aver osservato i tricomi, abbiamo deciso di tagliarla, ci ha regalato una grande sorpresa. Nonostante l’apparente separazione tra le cime, dovuta alle dimensioni della pianta e alla grande quantità di resina, ci ha offerto un raccolto di 413 g di essiccato, più di 550 g di umido. È stata la maggior

Verso la fine della fioritura, la Sweet Zenzation ci ha regalato un bellissimo spettacolo multicolore.

L’esemplare più protetto e meno esposto alla luce diretta è cresciuto diventando un cespuglio forte e folto.

resa per pianta di quell’anno e, per diversi anni, è stata la regina della serra.

Effetto potente e aromatico

L’effetto della Sweet Zenzation comincia nel momento in cui la si annusa, poiché l’aroma dolce e lievemente agrumato dei suoi terpeni inonda i sensi e vi trasporta altrove ancor prima

di degustarla. Probabilmente questo è dovuto alla dolcezza fruttata della sua madre genetica Zkittlez. Quando viene vaporizzata o fumata, l’effetto è quello dell’indica, poiché la sua genetica è indica al 70%.

Produce sensazioni fisiche di rilassamento e contribuisce ad alleviare la tensione muscolare e il dolore. Allo stesso tempo, è potente a livello psicoattivo e genera piacevole stimo-

L’esemplare maggiormente esposto alle intemperie è cresciuto fino a diventare un albero, raggiungendo oltre 2 metri di altezza. In questa foto si trova nel pieno della fioritura.

lazione mentale. Questa varietà è altamente consigliata se cercate una pianta resistente, in grado di raggiungere grandi dimensioni e con un’elevata produzione di cime a tempo debito. È ideale se vivete in una zona dove le estati sono lunghe e voi non avete fretta, così che la pianta possa prendersi il suo tempo e darvi un raccolto di prima qualità.

Se invece avete fretta, potete indurre la fioritura prima e controllare le dimensioni, ottenendo ugualmente ottimi risultati.

Le cime dense ed estremamente resinose hanno continuato a offrire un’ampia varietà di aromi durante la concia nei barattoli.

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LA COLTIVAZIONE A DENOMINAZIONE DI ORIGINE DELLA CALIFORNIA

L’MCRSA ha creato un quadro statale per regolamentare la marijuana medica e ha istituito due programmi d’indicazione geografica molto importanti per la cannabis: Contea di origine e Denominazione di origine. Nel 2019 è stata approvata una successiva legislazione che ha rafforzato lo status della denominazione di origine.

Nel 2020, la Legislatura californiana ha approvato il Senate Bill 67, che ha esteso il programma di Contea di origine fino a ricomprendere anche le indicazioni di origine di città e contee basate sui confini politici. Consente la denominazione della marijuana e dei prodotti a base di cannabis, prodotti al 100% all’interno dei confini, con il nome della contea, della città, o della città e della contea.

Inoltre, cosa forse ancora più importante, il Senate Bill 67 ha stabilito le regole di partenza basate sul terroir per il California Appeal Program (CAP), che prevede che affinché sia idonea al marchio di denominazione di origine, la marijuana deve essere coltivata nel terreno senza utilizzare una struttura e senza l’uso di illuminazione artificiale o integrativa in fase di fioritura.

COME CREARE

Le Indicazioni Geografiche (IG) e le Denominazioni di Origine (DO) sono sistemi di proprietà intellettuale riconosciuti a livello internazionale, che offrono importanti opportunità per tutelare tradizioni e risorse genetiche preziose per le popolazioni di tutto il mondo. L’indicazione geografica è un segno utilizzato per i prodotti che hanno una determinata origine geografica e che hanno qualità o una certa reputazione dovute a tale origine.

Le denominazioni di origine sono una tipologia speciale, o un sottoinsieme, dell’indicazione geografica, nel senso che il legame qualitativo fra il prodotto e il luogo deve essere più forte di quello della IG.

Nel caso della denominazione di origine, la qualità o le caratteristiche distintive del prodotto devono derivare essenzialmente o esclusivamente dalla sua origine geografica. Il termine francese “Terroir” viene usato comunemente per descrivere l’insieme di fattori come il terreno, il clima e l’irraggiamento solare che conferiscono a un prodotto le sue caratteristiche distintive.

Questi sistemi normativi basati su standard fungono da codifica delle conoscenze e delle pratiche agricole tradizionali, nonché da

tutela delle preziose risorse genetiche, determinando l’armonizzazione delle rispettive norme di proprietà intellettuale, dei valori e delle tecnologie fra i Paesi che partecipano alla compravendita di prodotti a DO.

COME SI POTREBBERO APPLICARE TALI SISTEMI ALLA MARIJUANA?

Riconosciuta dagli agricoltori come pianta altamente adattabile, la Cannabis è fortemente influenzata dall’ambiente in cui viene coltivata. Quando i semi di marijuana si sono diffusi in tutto il mondo, la pianta è stata coltivata per diversi utilizzi ed è stata adattata a una grande varietà di ambienti naturali, il che ha comportato lo sviluppo di innumerevoli cultivar con variazioni caratteristiche.

Molte sono le regioni note per cultivar uniche che producono infiorescenze di alta qualità con caratteristiche distintive, attribuite in parte all’ambiente in cui sono state coltivate e selezionate originariamente. Tra queste figurano le regioni geografiche note per la coltivazione moderna della marijuana, come l’Emerald Triangle della California e alcune regioni della Spagna, ma soprattutto le numerose regioni dell’Asia centrale e sudorientale

in cui si è evoluta la pianta. Si tratta di Paesi come l’Afghanistan, il Bhutan, l’India, il Nepal, la Thailandia e il Vietnam, oltre a diverse zone dell’America centrale e meridionale e dei Caraibi.

Nonostante la decennale proibizione internazionale della marijuana, le più note fra queste regioni hanno creato un riconoscimento globale del marchio fra i pazienti, i consumatori e il pubblico.

Con l’aumento del riconoscimento regionale, è incrementata anche la domanda di prodotti a base di cannabis provenienti da queste regioni. Tuttavia, con l’aumento della notorietà a livello regionale e del valore dei prodotti, è incrementato anche il numero di prodotti di marca con nomi regionali coltivati o prodotti al di fuori della regione indicata.

SVILUPPO DEI PRIMI PROGRAMMI

GLOBALI DI IG E DO PER LA MARIJUANA

Nel 2015, a quasi 20 anni di distanza dall’approvazione del Compassionate Use Act, la Legislatura della California ha istituito il Medical Cannabis Regulation and Safety Act (MCRSA).

UNA DENOMINAZIONE DI ORIGINE DELLA CANNABIS IN CALIFORNIA

Per creare una denominazione, un gruppo di coltivatori autorizzati con sede nella regione proposta per la denominazione deve preparare e presentare una petizione al Ministero dell’Alimentazione e dell’Agricoltura della California perché venga visionata e approvata. Analogamente alle denominazioni di origine per prodotti come vino, champagne e formaggio, il programma di denominazione di origine della cannabis in California prevede che il richiedente debba, fra le altre cose:

1) Esibire evidenze dell’uso storico della denominazione.

2) Descrivere ciascuna delle caratteristiche geografiche che incidono sulla Cannabis prodotta nell’area geografica della denominazione di origine proposta, fra cui: Informazioni sul clima, con elementi quali temperatura, precipitazioni, vento, nebbia, orientamento solare e irraggiamento. Informazioni geologiche, che possono ricomprendere le formazioni sottostanti, le forme del terreno e i fenomeni geofisici come terremoti, eruzioni e grandi inondazioni. Caratteristiche del terreno, che possono ricomprendere la microbiologia e le serie di

Happy Day Farms coltiva sia cannabis commerciale che ortaggi nell’ambito del programma di denominazione californiano nella denominazione Bell Springs, nel nord della Contea di Mendocino. Foto: Amber O’Neill presso Happy Day Farms.

terreno o le fasi di una serie del terreno. Caratteristiche fisiche, con elementi quali topografia pianeggiante, collinare o montuosa, formazioni geografiche, corpi idrici, bacini idrografici e risorse d’irrigazione.

Caratteristiche colturali, che possono ricomprendere i confini politici legati a una determinata storia o reputazione, la distribuzione di una serie specifica di pratiche colturali e le caratteristiche antropogeniche.

1. Esibire evidenze sostanziali del fatto che l’area geografica è caratteristica, se confrontata con le zone al di fuori dei limiti proposti e con altre zone pertinenti che producono marijuana per la vendita sul mercato.

2. Illustrare come la caratteristica geografica sia considerata intrinseca all’identità o al carattere della zona con mezzi diversi da quelli richiesti da leggi, normative oppure ordinanze statali.

3. Offrire una descrizione della qualità, della caratteristica o della reputazione della Cannabis legata essenzialmente o esclusivamente alla forma del terreno, ivi inclusa una spiegazione di come la forma del terreno comporti che la marijuana abbia tale qualità, caratteristica o reputazione.

4. Individuare almeno una regola, una pratica o un requisito colturale specifico che funga da tutela del carattere distintivo dell’elemento geografico, mantenendo la sua rilevanza per la marijuana prodotta nella regione della denominazione.

5. Pianificare e creare un sito di coltivazione con denominazione di origine. La marijuana dev’essere piantata nel terreno

Piantare la cannabis nel terreno garantisce che sia prodotta nella regione della denominazione, che venga influenzata dal suolo e dalla microbiologia autoctona di ogni regione della denominazione.

Per piantare nel terreno si possono adottare diversi metodi, come la lavorazione o il rivoltamento del terreno nativo, la pacciamatura con foglie e il terrazzamento con cumuli. Il tipo di modifiche o integrazioni al terreno consentite, così come il metodo o i metodi consentiti per piantare nel terreno, devono essere conformi alle norme e/o alle rispettive prassi stabilite dalla denominazione.

LA MARIJUANA DEV’ESSERE

COLTIVATA SENZA UTILIZZARE AL CUNA STRUTTURA

La cannabis prodotta nella zona di denominazione di origine deve essere coltivata all’aperto, senza l’utilizzo di serre, capannoni, strutture ombreggianti o altre strutture che possano alterare l’ambiente naturale temporaneo della zona di denominazione di origine.

È vietato anche l’utilizzo di tecniche di privazione della luce, che non solo manipolano l’ambiente temporale in cui viene prodotta la marijuana, alterano anche le ore di luce solare

naturale che riceverebbe la pianta. La produzione di Cannabis senza utilizzare una struttura vieta anche l’uso di coperture temporanee per tutelarla da condizioni naturali come gelate precoci, pioggia e/o particelle di fumo provenienti da incendi scoppiati nelle vicinanze.

LA MARIJUANA DEV’ESSERE COLTIVATA SENZA L’UTILIZZO D’ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE O INTEGRATIVA

Anche se l’illuminazione artificiale o integrativa può essere utilizzata per sostenere la crescita delle piante madre e per altre attività di propagazione, l’illuminazione artificiale o integrativa non sarà utilizzata una volta che le piante supereranno i 46 cm in altezza o in larghezza.

Questa regola di base garantisce che la marijuana venga coltivata utilizzando la luce naturale del sole, esponendola alle ore di luce naturale e all’intensità della luce solare della regione di denominazione.

ACQUA D’IRRIGAZIONE E FONTI IDRICHE

Oltre alle norme di partenza basate sul terroir stabilite per il California Cannabis Appeals Program, l’acqua utilizzata per irrigare la marijuana deve provenire dalla regione della denominazione e nella sua forma originale “non trattata”.

Fra tali fonti idriche possono figurare acque superficiali autorizzate, come torrenti, ruscelli, fiumi e sorgenti, o acque sotterranee provenienti da pozzi o falde acquifere, nonché acqua piovana raccolta e immagazzinata all’interno della regione di denominazione.

In alcune regioni DO, le condizioni ambientali naturali fanno sì che non sia assolutamente necessario irrigare, il che consente ai coltivatori di adottare tecniche di coltivazione a pioggia.

ÛLe ricche pianure alluvionali, come l’area di Holmes Flat nella valle del fiume Eel, in California settentrionale, dove i cicli storici d’inondazione hanno depositato strati di limo e lettiere forestali sul fondovalle e la falda freatica è naturalmente alta, sono perfette per la coltivazione a secco di un’ampia varietà di colture agricole, tra cui la cannabis.

I VANTAGGI DEI PROGRAMMI DI IG E DO PER I CONSUMATORI

I programmi d’indicazione geografica e di denominazione di origine offrono ai consumatori l’opportunità di verificare l’origine dei prodotti che acquistano, oltre a sostenere direttamente l’economia della comunità di origine.

I prodotti a denominazione di origine offrono ai consumatori ulteriori opportunità, come la possibilità di verificare gli standard di produzione del prodotto, nonché la possibilità unica di provare il gusto di un luogo e le sottili differenze tra una cultivar prodotta in diverse regioni a denominazione nel mondo.

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STRANA CANNABIS

STRANEZZE E MUTAZIONI

Le piante di cannabis con mutazioni sono divertenti da coltivare e interessanti alla vista, ma non aspettatevi un’elevata resa di cime compatte e potenti. Oggigiorno le piante con mutazioni sono più diffuse perché in molti effettuano incroci genetici instabili. Nel 2021, per esempio, tre varietà con mutazioni erano presenti nella coltivazione di 20 piante di un mio amico. Ha acquistato tutti i semi sul mercato commerciale. Un altro amico selezionatore in Oregon sta coltivando 60.000 piante e alla fine ne ha trovate due con mutazioni. Una genetica stabile genera piante stabili.

Una rapida ricerca su internet della frase “acquisto di semi di cannabis con mutazioni” restituirà pagine di aziende che offrono semi “mutanti”. Il termine “mutante” viene utilizzato da alcune aziende di semi come termine generico per descrivere la varietà che offrono. La maggior parte delle piante con mutazioni sono pessimi esemplari da riproduzione e dovrebbero essere scartati. Tuttavia, alcune aziende, come https:// kalyseeds.eu/, sono specializzate in varietà mutanti. Molte aziende produttrici di semi offrono cultivar relativamente stabili di Australian Bastard, Ducksfoot e Freakshow. Oregon CBD Seeds sta pensando di lanciare anche una varietà ornamentale fasciata.

Le incoerenze colturali e lo stress possono comportare uno strano pattern di crescita che non è frutto della genetica. Per esempio, le oscillazioni dinamiche della temperatura possono provocare l’allungamento degli steli. In ambienti umidi possono formarsi radici lungo gli steli. Sia le cime “a popcorn” che le cime leggere e a ciuffetti sono causate da stress colturali. La rivegetazione di una pianta provoca una crescita fogliare incoerente. Per maggiori informazioni, consultate il capitolo 6, Flowering. Modificare il fotoperiodo da 12 ore di notte e 12 di giorno a 6 ore di notte e 18 di giorno dopo un paio di settimane confonde le piante di cannabis. Per maggiori informazioni, consultate il capitolo 20, Light, Lamps and Electricity. La maggior parte delle stranezze nella crescita è provocata da squilibri ormonali e da stress, incluse malattie, parassiti, esposizione a sostanze chimiche e temperature estreme. Le mutazioni sono una funzione della genetica. Una piccola percentuale di piante con mutazioni genetiche è benefica, ma è estremamente difficile da incorporare in un programma di riproduzione. Nella maggior parte dei casi, le piante mutanti e le stranezze sono da scartare e da distruggere.

Secondo Seth Crawford, dell’Oregon CBD, le piante albine sono estremamente efficienti nella fotosintesi e, se messe all’ombra da una posizione soleggiata, diventano verdi.

Le piante intersessuali (dette anche ermafrodite) ereditano geni che attivano fiori maschio e femmina sulla stessa pianta. Lo stress ambientale favorisce caratteristiche intersessuali più pronunciate nelle piante. Tuttavia, l’intersessualità è il prodotto della genetica e viene trasmessa da una generazione all’altra. La cannabis può presentare un elevato o un basso grado d’intersessualità. Il rapporto tra fiori maschio e femmina varia a seconda del patrimonio genetico. In alcuni casi, l’intersessualità è estremamente pronunciata; molti fiori maschio e femmina crescono sulla stessa pianta. Altre volte, invece, solo pochi fiori maschio crescono su una pianta prevalentemente femminile. È difficile trovare qualche fiore maschio su una pianta intersessuale. Un singolo fiore maschio intersessuale può impollinare fiori femmina e produrre molti, molti semi. Le piante intersessuali sono una pessima scelta per i programmi di riproduzione. Le piante intersessuali sono spesso chiamate erroneamente “ermafrodite”.

Questa pianta intersessuale è

per

È

piena di vita!
ricca di fiori sia maschio che femmina. Di rado i coltivatori lasciano che le piante intersessuali raggiungano lo stadio in cui possono spargere polline
fertilizzare le femmine in fiore nelle vicinanze.
La cannabis albina e la marijuana variegata sono provocate dalla mancanza di clorofilla in tutte o in parte delle foglie. Nella cannabis albina foglie intere non contengono clorofilla. Nella cannabis variegata, in parte delle foglie non c’è clorofilla. Il pigmento verde presente in una foglia indica la clorofilla, il prodotto della fotosintesi. Senza fotosintesi la cannabis non è in grado di convertire la luce del sole in energia e nutrimento. La cannabis affetta da albinismo totale muore di fame. Le piante che presentano variegatura su alcune foglie crescono bene. Le parti bianche e giallastre delle foglie non producono clorofilla.

La Ducksfoot (zampa d’anatra) è una varietà a foglie palmate originaria dell’Australia. Le foglie sono unite tra loro lungo la base anziché dal picciolo. Anche se i bordi delle foglie sono seghettati, la loro strana forma non somiglia a quella della classica foglia di cannabis. La caratteristica della foglia palmata è dominante e si trasmette alla progenie quando viene incrociata. A causa del basso profilo di cannabinoidi, la Ducksfoot viene in genere incrociata con varietà più potenti che si trovano in commercio.

La fasciazione, detta anche crestatura, è una condizione relativamente rara che si manifesta sotto forma di crescita di tessuto extra su un fiore femmina allungato, in genere all’estremità (meristema apicale) del fiore più alto. I vari fiori crescono appiattendosi e allungandosi, assumendo una forma contorta e spessa, simile a un nastro piatto o a una “cresta”. I fiori sono in genere più pesanti del normale e presentano un numero esagerato di stigmi. La fasciazione può verificarsi in qualsiasi parte della pianta: foglie, steli e radici.

È provocata da uno squilibrio ormonale nelle cellule, da un’infezione e, naturalmente, da una mutazione genetica. Anche gli stress ambientali, come le temperature rigide, le malattie e gli attacchi dei parassiti, causano la fasciazione. Può verificarsi in qualsiasi coltivazione e in qualsiasi clima. La buona notizia è che non è letale.

I fiori sulle foglie, detti anche cime fogliari e cime a cavalcioni, sono una mutazione relativamente diffusa. Le cime crescono alla base delle lamine fogliari, dove si uniscono al picciolo. Sebbene interessanti, i fiori sono estremamente piccoli e difficili da curare. Potrebbe essere più facile eliminare le foglie mutate in modo che le piante possano concentrarsi sulla crescita di fiori di grandi dimensioni.

Lungo gli steli si formano fiori filiformi separati l’uno dall’altro. La nota cultivar ‘Dr. Grinspoon’ è il miglior esempio di fiori filiformi. Si tratta di varietà di sativa originarie del sud-est asiatico e a lenta maturazione. La produzione è bassa e i rapporti di intersessualità sono elevati. Le qualità aromatiche e psicoattive rendono queste varietà degne di nota.

Le piante trifogliate sono piuttosto diffuse. Sviluppano tre serie di foglie e rami anziché due serie contrapposte. Spuntano occasionalmente quando crescono semi instabili. Le mutazioni trifogliate dovrebbero essere eliminate dalla coltura perché hanno un’elevata tendenza a diventare piante maschio e piante con fiori intersessuali (sia maschio che femmina).

La vista dall’alto di questa pianta mostra il fusto frondoso. Cercate di trovare un fiore!

Questa varietà, chiamata Magnus, è frutto di un malinteso. È il risultato del lancio di una varietà di semi prima che sia stata completamente testata e provata. La crescita sporadica a foglia si sviluppa in piccoli fiori.

Il Dr. John McPartland (Hemp Diseases and Pests) definisce le piante “chimere morfologiche”. Una chimera è una pianta che contiene cellule di due o più piante. Le cellule contengono il DNA di due o più piante. I selezionatori professionisti hanno interesse nelle mutazioni chimera per espandersi sul mercato delle piante ornamentali. La maggior parte dei coltivatori elimina queste piante perché producono fiori piccoli e frondosi con bassi livelli di cannabinoidi. Io le elimino sempre.

Questa pianta è comparsa spontaneamente nella mia coltivazione della California settentrionale. Come potete vedere, la ramificazione è molto densa, così come la formazione fogliare. La pianta non ha mai prodotto fiori penduli. Erano tutti piccoli, poco resinosi e difficili da raccogliere intorno al fogliame.

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10 DRITTE PER LA GERMINAZIONE DEI SEMI DI CANNABIS

Se vi sono appena arrivati i vostri semi di cannabis per posta e non vedete l’ora di farli germinare, questo è l’articolo che fa al caso vostro. Qui di seguito troverete 10 dritte da tenere in considerazione se volete assicurarvi una percentuale di germinazione del 100% e offrire alle vostre piante il miglior inizio possibile!

Dritta n. 1 - Tenete i semi in germinazione al buio

Questo consiglio vale per la germinazione dei semi all’interno di una tazza d’acqua o se utilizzate due piatti e della carta inumidita. Il luogo ideale dove posizionarli è una dispensa in cucina o un cassetto della scrivania e bisogna assicurarsi che non siano esposti alla luce del sole. L’ideale sarebbe uno spazio fresco e buio, con temperatura e livelli di umidità costanti.

Dritta n. 2 - Cambiate l’acqua ogni 24 ore

Per chi ama l’idea di mettere i semi in una tazza d’acqua e lasciarli riposare indisturbati per 48-72 ore, il consiglio è quello di cambiare l’acqua nella tazza ogni 24 ore. Bisogna comunque fare molta attenzione che i semi non escano dal bordo quando si rabbocca o che non cadano quando si svuota la tazza. Evitate di lasciare le piantine in acqua stagnante per più di 48 ore e cercate di offrire acqua fresca ai semi.

Dritta n. 3 - Non saturate eccessivamente la carta

Per i coltivatori alle prime armi sapere quanto inumidire la carta che funge da letto per i semi può essere difficile da intuire. Se la carta è eccessivamente asciutta, i semi non disporranno della quantità di umidità necessaria. D’altro canto, se la carta e il piatto sono eccessivamente umidi, i semi non germineranno e rischierete d’incorrere in batteri dannosi all’interno della carta. Il mio consiglio è quello di utilizzare della carta da cucina, perché è più spessa e trattiene meglio l’umidità rispetto a quanto non faccia la carta igienica.

Dritta n. 4 - Utilizzate acqua in bottiglia

Questo suggerimento è un’ottima soluzione per i coltivatori che non hanno accesso ad acqua del rubinetto di buona qualità e che non vogliono

usare acqua con un elevato livello di E.C. Basterà acquistare dell’acqua potabile in bottiglia al supermercato di zona e usarla per la fase di germinazione e per irrorare le piantine quando fanno capolino dal suolo.

Dritta n. 5 - Evitate le basse temperature

Se i livelli di temperatura e umidità sono bilanciati, i semi di cannabis germoglieranno senza problemi. Se utilizzate una tazza d’acqua o piatti e carta da cucina, evitate gli ambienti freddi e prendete in considerazione l’utilizzo di un piccolo tappetino termico per rettili per aumentare la temperatura e tenere i semi al caldo. Una temperatura di 22-25 gradi centigradi è in genere l’intervallo ottimale.

Dritta n. 6 - Piantate direttamente nel terreno

Uno dei metodi che preferisco per far germogliare i semi di cannabis è quello di metterli semplicemente nel terreno. Questa tecnica consente di risparmiare tempo, tazze, piatti o carta da cucina.

Se il terreno ha una buona aerazione e un buon drenaggio, non c’è motivo per cui i semi non arrivino a germogliare a 4-5 giorni di distanza dalla semina. Il mio consiglio è quello di aprire un punto d’ingresso con un fiammifero e d’inserire il seme a 1 cm dalla superficie. Assicuratevi che il seme sia ben inserito nel terreno e mettete sempre la punta verso il basso.

Dritta n. 7 - I semi vecchi richiedono più tempo

Una cosa che ho imparato negli ultimi 15 anni di coltivazione è che i semi vecchi possono aver bisogno di molto più incoraggiamento e tempo per germogliare rispetto a quanto non accada con i semi nuovi. Esistono vari modi per indurre i semi vecchi e ostinati a germogliare e uno di questi consiste nel raschiare la parte esterna del tegumento con della carta vetrata. Una volta che sarete riusciti a far sì che i semi comincino ad aprirsi, portate pazienza e ricordate che i semi vecchi possono metterci quasi il doppio per germogliare e fare capolino.

Dritta n. 8 - Funghi micorrizici

Esiste un modo semplice ed estremamente efficace per aumentare la massa radicale e il sostegno dei semi in germinazione: utilizzare un inoculante di micorrize. Il motivo per cui questi funghi benefici sono così utili è che formano un rapporto simbiotico armonioso con le radici e con il terreno. Considerateli alla stregua di piccoli aiutanti della natura e offrite alle vostre preziose piantine tutto l’aiuto e il sostegno di cui hanno bisogno.

Dritta n. 9: Etichettate i vasi

Questo consiglio è rivolto solo ai coltivatori che preferiscono coltivare più semi femminizzati allo stesso tempo. Il mio consiglio è quello di acquistare delle etichette adesive dove riporterete i nomi delle varietà che state coltivando e di apporle sui vasi. Rimarreste sorpresi dalle volte in cui ho sentito storie di coltivatori che fanno confusione con le loro piantine e i loro cloni per non averli etichettati. Etichettare le piante vi faciliterà la vita in un secondo momento, quando preleverete i cloni, e vi consentirà di essere più organizzati.

Dritta n. 10 - Propagazione

Un modo semplice per creare un’area sicura e a temperatura controllata è quello di utilizzare un propagatore in plastica e una striscia luminosa a LED o fluorescente compatta a bassa potenza. Se necessario, potete semplicemente nebulizzare all’interno per incrementare i livelli di umidità; il mio consiglio principale è quello di utilizzare un igrometro digitale che possa essere posizionato all’interno del propagatore e che sia ben visibile in qualsiasi momento. Una volta che i semi saranno germogliati, potrete continuare a farli crescere in condizioni di scarsa illuminazione e annaffiarli leggermente.

Una confezione di semi femminizzati pronti per essere germinati.
Questo coltivatore ritiene che questa temperatura e questa umidità siano ideali per la germinazione.

Biologia

Liriomyza: un parassita sotto le nostre foglie

Le minatrici fogliari (Liriomyza spp.) sono piccoli ditteri della famiglia delle Agromyzidae, ampiamente diffusi in tutto il mondo. Di dimensioni comprese tra 1 e 3 mm, gli esemplari del genere Liriomyza sono spesso di colore nero e giallo, con ali chiare e trasparenti. Sono estremamente simili dal punto di vista morfologico, il che ne rende difficile l’identificazione.

Tra le specie più diffuse in Europa figurano Liriomyza huidobrensis, Liriomyza trifolii e Liriomyza bryoniae.

Il ciclo di vita delle minatrici fogliari prevede quattro stadi: uovo, larva, pupa e adulto. Le uova, spesso invisibili a occhio nudo, vengono inserite sotto la superficie della foglia. Le larve, che misurano tra i 2,5 mm e i 3,5 mm, scavano le tipiche gallerie per alimentarsi, il che provoca danni considerevoli. Una volta completato il loro sviluppo, le larve si trasformano in pupe, spesso all’interno del terreno, prima di emergere come adulte pronte a riprodursi. Questi insetti prediligono condizioni calde e umide e prosperano sia all’aperto che al chiuso. Si moltiplicano su numerose piante ospiti, fra cui cannabis, solanacee e anche crucifere.

Le minatrici fogliari provocano danni diversi a seconda del loro stadio di sviluppo. Le femmine adulte perforano le foglie con il loro ovopositore (un’appendice appuntita che penetra nel supporto della pianta) per estrarre la linfa e deporre le uova. Queste piccole punture clorotiche sono visibili sulle lamine delle foglie. Anche i maschi, che non hanno coclee, sfruttano tali perforazioni per nutrirsi. I fori indeboliscono la foglia e creano punti di ingresso per gli agenti patogeni, il che incrementa il rischio di malattie in modo notevole. Le larve, invece, causano danni di gran lunga più gravi: scavano gallerie sinuose all’interno delle foglie. Queste gallerie bianche si snodano sotto la superficie della lamina fogliare, interrompendo la fotosintesi e provocando l’ingiallimento e il successivo disseccamento delle foglie (vedi figura 2). Poiché le larve consumano il tessuto vegetale, la pianta non è in grado di svilupparsi correttamente e di conseguenza la crescita rallenta e la resa diminuisce drasticamente. Questo tipo d’impatto è aggravato anche dalle bruciature subite dalle

piante a causa del fogliame danneggiato. Per individuare le infestazioni, è fondamentale effettuare ispezioni con regolarità per individuare in modo veloce le piante contaminate. Per individuare gli adulti vengono spesso utilizzati pannelli gialli adesivi, posti sopra le colture al chiuso.

La prevenzione delle invasioni di minatrici fogliari si basa su pratiche colturali rigorose. Prima di tutto, la rotazione delle colture contribuisce a interrompere il ciclo vitale dell’insetto. La gestione dei detriti vegetali, in particolare mediante la raccolta e la distruzione delle foglie estremamente rovinate, è fondamentale per eliminare i punti di riproduzione. Si consiglia inoltre di diserbare la serra e l’area circostante per ridurre i potenziali habitat. L’uso di reti anti-insetto nelle serre può costituire un accorgimento fisico efficace per prevenire l’ingresso di mosche adulte. Favorire la presenza di predatori naturali è un modo efficace per controllare le minatrici fogliari. Outdoor o indoor, gli imenotteri parassiti rappresentano una minaccia per questi insetti infestanti. Per esempio, Phaedrotoma sp. e Chrysocharis caribea parassitano le larve di Liriomyza spp. riducendone notevolmente le popolazioni. I Diglyphus isaea, per esempio, non solo sono in grado di nutrirsi di queste mosche, hanno anche la tendenza a paralizzare alcune prede prima di

deporre un uovo accanto ad esse, consentendo così alla larva di cibarsene. Altri predatori, come Dacnusa sibirica oppure Opius pallipes, possono essere inseriti nelle colture per attaccare le larve fin dentro le foglie.

Per quanto riguarda le soluzioni biologiche, è possibile applicare lo Steinernema carpocapsae, un nematode entomopatogeno (parassita degli insetti), per colpire le larve nel terreno. Anche prodotti come il Bacillus thuringiensis var. kurstaki (un bioinsetticida batterico) e la Beauveria bassiana (un fungo entomopatogeno) vengono utilizzati per controllare le larve, sebbene la loro efficacia possa variare a seconda di numerose condizioni ambientali (John L. Capinera, Università della Florida, 2001).

Anche i prodotti a base di spinosad (ottenuto dalla fermentazione del batterio Saccharopolyspora spinosa) o di abamectina (ottenuta dalla fermentazione del microrganismo Streptomyces avermitilis) sono consigliati per la loro efficacia contro le minatrici fogliari. Tuttavia, questi prodotti devono essere utilizzati in rotazione con

altri metodi per preservare i benefici naturali ed evitare che i parassiti sviluppino resistenza. Infine c’è l’olio di neem, che può sembrare una soluzione più delicata: viene spesso utilizzato nelle coltivazioni biologiche per respingere gli adulti e trattare le piante giovani. Tuttavia, va applicato con cura, perché può lasciare residui indesiderati: l’azadiractina che contiene è un interferente endocrino per alcuni mammiferi, con caratteristiche cancerogene e genotossiche.

Purtroppo, il surriscaldamento globale sta incrementando la minaccia delle minatrici fogliari in quanto crea le condizioni ideali per la loro proliferazione. L’aumento delle temperature e dell’umidità accelera il loro ciclo riproduttivo, rendendo le infestazioni più frequenti e difficili da controllare. Inoltre, è probabile che il cambiamento climatico agevoli l’avvento di nuovi parassiti in regioni precedentemente indenni dagli stessi. Di fronte a queste nuove minacce, è fondamentale continuare a sviluppare strategie di controllo ecologiche e innovative per proteggere le colture in modo sostenibile e preservare la biodiversità.

Una mosca minatrice Liriomyza huidobrensis, originaria del Sud America (foto di E. Fløistad).
Segni lasciati da una Liriomyza trifolii su un crisantemo in fiore (Central Science Laboratory, Harpenden).

Intervista

Di

Cannabis in Sud Africa: Myrtle Clark e la storia della “Dagga couple”

“L’umanità ha il diritto fondamentale alla libertà cognitiva. Si tratta del diritto di consumare sostanze senza interferenze da parte dello Stato o di chiunque altro fino a quando non si danneggiano gli altri o non si fa così tanto male a se stessi da gravare in modo inaccettabile sulle risorse dello Stato”.

Paul-Michael Keichel (responsabile del team legale Field of Green for ALL)

Diritti umani, privacy, sovranità personale e libertà cognitiva. Siamo in Sud Africa, il paese delle epiche battaglie civili di Nelson Mandela. In quella terra ai confini del mondo, Myrtle Clark e suo marito Julian Stobbs, sono diventati, loro malgrado, una coppia celebre in tutto il paese: la Dagga Couple [Ndr. La coppia della marijuana].

Julian Stobbs è scomparso tragicamente nel 2020, oggi quindi siamo in compagnia di Myrtle, sua moglie, che con passione ed impegno ci racconta come si combattono le ingiustizie nella terra in cui, sino allo scorso 1994, regnava ancora un terribile Apartheid.

Buongiorno cara Myrtle, ci racconta come siete diventati la “Dagga Couple”?

Siamo nel 2010, alle due di mattina a Pretoria nel nord del paese. La polizia fa irruzione nella nostra dimora e rinviene 1.8 chili di DAGGA il nome più diffuso in Sud Africa per indicare la cannabis. Per questo motivo siamo stati incriminati per detenzione e spaccio, siamo stati arrestati e, da quel momento, i media nazionali hanno cominciato a chiamarci la “DAGGA couple”.

Come avete reagito a questa intrusione notturna?

Avevamo tre percorsi da scegliere. Accettare di sporcare il casellario giudiziario, con le conseguenze che si possono temere a livello professionale e soprattutto affrontare una punizione detentiva dai 7 ai 10 anni. Potevamo corrompere la polizia, cosa molto comune in questo paese e, sicuramente, l’opzione più economica. Infine, approfittando della nostra situazione economica stabile grazie al lavoro di entrambi, potevamo scegliere di combattere la legge.

Se non aveste preso la terza strada oggi non saremmo qui... Durante il primo biennio abbiamo cominciato a

combattere, concentrandoci sulla creazione di un forte seguito social che a quell’epoca erano ancora all’inizio. Nel 2013 ci siamo resi conto che il lavoro di sensibilizzazione ci stava travalicando e quindi abbiamo scelto di creare un’associazione no-profit per la raccolta dei fondi necessari ad una campagna per una legislazione giusta ed equa: Field of Green for ALL. Bisogna sapere che dal 1994 il Sud Africa è una democrazia costituzionale. Possediamo una “World Class Constitution”: una Carta fondamentale dei diritti molto solida nata dopo l’Apartheid. Grazie a questo abbiamo potuto denunciare il Governo per aver implementato leggi illegali secondo la Costituzione.

Su quali basi?

L’Apartheid è terminato nel 1994 e in seguito a questo storico evento ogni singola legge in Sud Africa è stata cambiata. Solo la legge sugli stupefacenti e sulla cannabis non sono state modificate. Per questo ci riferiamo a loro come alle ultime leggi dell’Apartheid. Questo perché nonostante la nostra Costituzione sia garantista, il Sud Africa e l’Africa, in generale, rimangono profondamente conservatrici e religiose.

Come siete riusciti a ribaltare la prospettiva e a passare dal vostro processo al processo contro il Governo del vostro paese?

Sulla base di quanto detto il nostro processo è stato posto in stand by dalla Corte Costituzionale e così siamo passati all’attacco del Governo presso la Corte Suprema. Abbiamo seguito un’applicazione della Corte dal nome “to Stay a criminal Prosecution”: quest’applicazione sospende i carichi pendenti fino a quando non viene risolta la dimensione di costituzionalità sollevata ed eventualmente la Corte costringe il Governo a cambiare la legge in accordo con la Carta Costituzionale. A giugno 2011 abbiamo visto sospendere le nostri imputazioni e questo ci ha permesso, nel 2018, dopo aver fatto appello, costituito un gruppo di avvocati agguerriti e lanciato un crowdfounding, di citare in giudizio il Governo presso la Corte Costituzionale.

Dal 2011 al 2018 come avete lavorato alla vostra difesa?

In quegli anni abbiamo aiutato migliaia di conci-

ttadini imputati per infrazioni legate alla cannabis affinché seguissero il nostro medesimo percorso. Perché se la legge è uguale per tutti, se io e mio marito siamo riusciti a far sospendere le nostre imputazioni, la strada avrebbe potuto essere seguita anche da altre persone con medesime accuse ed una situazione finanziaria adeguata. Al momento, infatti, oltre al mio caso ce ne sono almeno un altro centinaio simili ed anche loro hanno tutti ottenuto la sospensione delle imputazioni. Tutt’oggi, il mio caso è sospeso e, dal 2010, sono libera su cauzione.

Avete documentato il vostro processo con numerosi video che si trovano online ed avete cominciato a riferirvi al vostro processo giudiziario come se il procedimento fosse diretto contro la pianta. Ci racconta cosa rappresenta il “Trial of the Plant” per il vostro paese e per gli attivisti di tutto il mondo?

L’aspetto principale è che la pianta in quanto tale non deve essere necessariamente illegale e lo diventa solo in relazione all’utilizzo dell’uomo. Abbiamo quindi deciso d’intitolare il nostro processo “Processo alla Pianta” perché era una maniera d’enfatizzare il fatto che si stesse parlando di una semplice pianta, qualcosa che non noi, ma il Governo, per renderla illegale, avrebbe dovuto provare come nociva. Il processo alla Pianta si basa su quattro piattaforme: il consumo responsabile degli adulti, che preferiamo al termine uso ricreativo, il consumo tradizionale inteso come culturale e religioso, il consumo per la salute, in opposizione al consumo terapeutico, per differenziarsi da chi riceve cannabis sotto prescrizione medica e quindi sotto il potere farmaceutico e, per ultimo, il consumo per applicazioni industriali. Le nostre prove si sono strutturate attorno a questi quattro pilastri e credo che, a livello mondiale, siamo stati i primi a lavorare sulle quattro direzioni allo stesso tempo.

FIELD OF GREEN FOR ALL ritiene che tutte le persone abbiano un diritto umano e costituzionale a usare, possedere, coltivare e commerciare Cannabis. Come avete articolato questa affermazione?

Alla base del ragionamento c’è il concetto di libertà cognitiva. Uno dei primi documenti prodotti venne firmato dal medico Carl Sagan. Lì, per la prima volta, venne messa in relazione la libertà cognitiva con il consumo di sostanze psichedeliche. Questo ebbe un effetto molto profondo perché ci aprì gli occhi sul coinvolgimento a livello di diritti umani.

Che ruolo gioca la tutela del diritto alla libertà cognitiva?

La mia mente, il mio corpo, la mia scelta. La premessa è che sino a quando non sto nuocendo a me stesso o al prossimo o all’ambiente, non esistano basi per il proibizionismo della cannabis.

Sottrarmi il diritto di avere la possibilità di utilizzare una pianta che posso coltivare nel giardino di casa mia, è una maniera di negare la mia libertà cognitiva e questo non si applica solo nel mio caso, ma anche a chi utilizza cannabis per il suo significato religioso o per chi l’utilizza attraverso qualunque attività commerciale. Infatti, dal momento in cui la cannabis e quanto guadagnato dal suo commercio conferiscono alla persona sicurezza economica, rendendo la sua posizione sociale più sicura, è un suo diritto scegliere di guadagnare con questa pianta e lo Stato non ha diritto di intervenire. Il concetto

BISOGNA SEPARARE LA PAROLA POLIZIA

DALLA PAROLA CANNABIS

di libertà cognitiva quindi non si riduce alla dimensione intellettuale e psicologica, ma include anche applicazioni molto pratiche.

Qual’è stata la reazione della Corte Suprema a questo concetto di libertà cognitiva?

Grazie ad un gruppo di esperti dell’Università che il Giudice aveva chiamato come consulenti esterni, venne sottolineato come l’unico risultato positivo che poteva uscire dal nostro caso era quello che riguardava la sfera della privacy. La Corte Suprema, quindi, diramò una sentenza in favore della privacy, nella quale dichiarava che consumo e coltivazione di cannabis all’interno di ambienti privati e senza indice di spaccio, devono essere permessi. Questa decisione ha reso il nostro paese il primo al mondo a legalizzare la coltivazione domestica di cannabis perché in Sud Africa il rispetto della privacy è considerato prioritario.

Oggi, qual è il quadro legislativo per la produzione, il consumo e la distribuzione di cannabis in Sud Africa?

La cannabis non è legale in Sud Africa, ma lo scorso maggio è arrivato in Parlamento un disegno di legge: “ Cannabis for private pourposes Bill”, diventato poi legge che permette ai cittadini di coltivare cannabis esclusivamente in ambienti privati. Sono permessi la coltivazione personale privata ed il suo consumo. Non esiste un limite stabilito di piante, ma si può coltivare e consumare solo all’interno di spazi privati. Il punto però è che questa legge non è stata poi seguita da alcun regolamento applicativo e così, dal 2018, siamo bloccati in una zona grigia, lo stesso che sta accadendo in Messico ed in Colombia, paesi dove la Costituzione è stata chiamata in causa per lo stesso motivo.

Però ci risulta che in Sud Africa esistano negozi che vendono marijuana...

La polizia è talmente corrotta che oggi il paese è pieno di negozi che vendono cannabis grazie alla corruzione delle forze dell’ordine. Questi negozi appartengono a persone con molti soldi e che quindi non hanno problemi a pagare la polizia. Spesso sono stranieri, ed anche Mike Tyson ha un negozio a Città del Capo.

In opposizione a questo modello stiamo promuovendo i DAGGA PRIVAT CLUB che, essendo privati, rientrerebbero all’interno di quanto la legge permette. Rappresenterebbero una soluzione adatta a tutti, sono semplici e si possono adattare a tutti i contesti, come già avviene in maniera informale nelle nostre città.

Cosa cambierebbe dell’attuale quadro legislativo?

La debolezza è questa zona grigia perché il Governo sta impiegando troppo tempo a diramare una regolamentazione chiara. Bisogna assolutamente separare la parola polizia dalla parola cannabis e sostituire la prima con una sorta di giudice di Pace, un mediatore che giudichi caso per caso se e in qual misura ci sia stato un danno commesso nei confronti di qualcuno.

www.fieldsofgreenforall.org.za

FRESH FROZEN WATER HASH PREPARATIVI INIZIALI

Negli ultimi anni gli estratti di marijuana come il Fresh Frozen Water Hash stanno dominando la scena della cannabis. Sono sempre di più i growers e gli hashmakers che si dedicano alla realizzazione di questa tipologia di estrazione e anche la richiesta da parte del mercato è in continua crescita.

Il fresh frozen water hash è un concentrato di marijuana che si ottiene attraverso la separazione della resina della pianta di cannabis dalle sue parti vegetali; l’estrazione della resina viene eseguita in acqua fredda e per mezzo dell’agitazione del materiale vegetale i tricomi ghiandolari si separano e vengono raccolti in apposite sacche dotate di un setaccio sul fondo. Il fresh frozen water hash viene estratto dalle infiorescenze di marijuana fresche e congelate. Questo metodo è una grande evoluzione del tradizionale water hash, generalmente realizzato con i resti secchi della potatura dei fiori oppure con piante completamente essiccate.

Acronimo di Whole Plant Fresh Frozen, è la pratica di congelare le infiorescenze di marijuana ricoperte di resina immediatamente dopo aver tagliato e raccolto la pianta. Questo metodo consente di preservare i terpeni caratteristici delle piante ancora vive e di mantenere i tricomi ghiandolari intatti.

BENEFICI DEL WPFF

Realizzare estrazioni di marijuana WPFF risulta molto conveniente per diversi motivi, innanzitutto per congelare le infiorescenze fresche appena raccolte è necessario uno spazio ridottissimo rispetto a quello richiesto per essiccare le piante intere. In secondo luogo elimina le operazioni di manicure dei fiori

di marijuana, insieme al problema degli odori e del costo che comporta questo lavoro.

Inoltre risulta essere una tipologia di estratto molto quotato.

L’IMPORTANZA DELLO STRAIN

Non tutte le varietà di marijuana sono adatte per realizzare il fresh frozen hash, alcuni strains hanno rese bassissime e di scarsa qualità. Per questo motivo prima di congelare qualsiasi pianta è importante esaminarla attentamente; con un microscopio è possibile analizzare più facilmente la struttura dei tricomi ghiandolari e il loro punto di maturazione. Le piante che possiedono dei tricomi ghiandolari con grosse teste e gambi sottili quasi invisibili sono le migliori per realizzare il fresh frozen water hash.

Un altro metodo di valutazione è di osservare la resina dopo aver strofinato un fiore con la punta delle dita, gli strains di marijuana più adatti lasciano dei residui granulosi ed appiccicosi.

PREPARARSI AL RACCOLTO

Per ottenere estratti di altissima qualità è di primaria importanza che anche le piante con cui viene realizzata l’estrazione siano di ottima qualità. Interrompere la somministrazione di fertilizzanti almeno 20 giorni prima di raccogliere e congelare le infiorescenze garantisce un prodotto più pulito e dalle qualità organolettiche superiori. Una settimana

prima di raccogliere, diminuire la potenza dell’illuminazione e abbassare la temperatura a circa 21°C aiuta a preservare la resina dalla degradazione causata dalla luce e dal calore. È molto importante essere preparati prima di iniziare a tagliare e congelare le piante; assicurasi che il congelatore funzioni bene ed accenderlo alla massima potenza almeno 24 ore prima di raccogliere. Per eseguire la raccolta sono necessarie i seguenti strumenti:

• forbici da trimming

• guanti in latex

• vassoi di plastica

• carta da forno

• sacchetti di plastica con chiusura zip bilancia

QUANDO RACCOGLIERE

Il momento più propizio per raccogliere dipende dal punto di maturazione in cui si trova la resina della pianta. Alcuni hashmakers raccolgono le loro piante con vari giorni di anticipo per ottenere degli estratti con un colore più chiaro tendente al bianco e in questo modo riescono a recuperare del tempo che gli consente di realizzare un ciclo di coltivazione in più durante l’anno. Altri estrattori preferiscono invece lasciare maturare la resina per ottenere degli estratti con un profilo terpenico e di cannabinoidi più complesso.

COME PROCEDERE

Il primo step prevede di potare le piante eliminando tutte le foglie grandi e accorciando le punte delle foglie più piccole ricoperte di resina. È molto importante non lasciare foglie completamente intere e prive di resina perché potrebbero compromettere la qualità dell’estrazione. Quest’operazione deve essere svolta con delicatezza per preservare al massimo la resina. Durante la raccolta è consigliato tagliare una pianta alla volta in modo che le infiorescenze non si sciupino in attesa di essere congelate. Indossare i guanti per non contaminare il raccolto e iniziare a tagliare i fiori singolarmente facendo attenzione ad eliminare rami e piccoli steli. I fiori tagliati vanno riposti nei vassoi di plastica con il fondo previamente rivestito di carta forno.

La marijuana raccolta nei vassoi deve essere conservata nei sacchetti di plastica entro pochi minuti per non compromettere il lavoro. Le buste non devono essere riempite

eccessivamente per non danneggiare i fiori all’interno, lasciarle gonfie d’aria quando vengono sigillate serve a creare un cuscinetto protettivo. Pesare le buste piene di marijuana ed annotare lo strain insieme al suo peso su ogni busta prima di riporla in congelatore. Le buste vanno conservate in posizione orizzontale, stese all’interno del congelatore per evitare che le infiorescenze si schiaccino.

POST RACCOLTA

Nei giorni successivi alla raccolta controllare che il congelatore stia facendo il suo lavoro. Sigillare lo sportello con il nastro adesivo potrebbe scongiurare qualsiasi apertura accidentale. La marijuana fresca congelata si mantiene in ottime condizioni per alcuni mesi ma è consigliato eseguire l’estrazione il

prima possibile per evitare che il ghiaccio che si forma durante il congelamento degradi la resina. I congelatori a pozzetto con tecnologia No-Frost sono l’opzione migliore per gli hashmakers.

Nel prossimo numero vedremo come realizzare un fresh frozen water hash di altissimo livello.

WPFF
Tally Men S1 Trichome rich strain.
Infiorescenza tagliata singolarmente.

Home Growing

I micro semi e le piante triploidi: esiste davvero una relazione?

Parlare del problema dei micro semi su infiorescenze di Cannabis può creare molta confusione, dal momento che nella realtà dei fatti non si tratta di veri e propri semi. È importante non confondere questo fenomeno con la presenza di fiori bisessuali (a volte chiamati bananini) o piante ermafrodite, le quali possono dare origine a veri e propri semi all’interno dei nostri fiori. Al contrario, con il termine “micro semi” ci si riferisce in maniera specifica alla presenza di alcuni calici ingrossanti, della dimensione tale da accogliere un seme maturo ma al cui interno si trova solamente un piccolo ovario femminile rigonfio e non impollinato.

Un campanello di allarme che spesso è possibile notare sulle nostre piante, durante la fase di inizio fioritura, è la presenza di pistilli che repentinamente appassiscono, come se fossero stati impollinati, nonostante non sia presente polline all’interno della coltivazione. Questo problema può interessare pochi calici su ogni ramo oppure colpire in maniera più estesa anche gli apici e l’intensità può variare di molto tra piante imparentate. All’apparenza il sintomo non progredisce durante la successiva fase di piena fioritura e, al termine della maturazione del fiore, non è quasi più possibile identificare in maniera certa gli ovari ingrossati all’interno delle cime formate. Tuttavia la loro presenza può compromettere significativamente la qualità del raccolto, soprattutto se destinato al suo utilizzo diretto piuttosto che alla trasformazione.

Durante la ricerca dell’origine di questo problema, più volte nel corso degli ultimi anni, mi è stato riferito da esperti del settore che questo sintomo è tipico delle piante definite triploidi, ovvero piante con un numero di cromosomi triplo. Risposta che personalmente non ha mai convinto per più motivazioni. Senza scendere in troppi dettagli, questo tipo di piante è estremamente raro che possa apparire in maniera naturale e le pochissime selezioni disponibili in commercio, o sviluppate in ambito di ricerca, sono create attraverso incroci altamente controllati tra piante tetraploidi e piante diploidi. Altra caratteristica nota delle piante triploidi di Cannabis, è che difficilmente saranno in grado di produrre semi vitali quando impollinate da una pianta diploide, cosa che invece avviene con successo su piante che producono questi micro semi. In nostro supporto è stato recentemente reso pubblico un articolo scientifico (A Comparison of the Sexual Expression, Biomass, Cannabinoid Content, and Seed Production 2 in XXX and XXY Triploid Cannabis) che fornisce una descrizione estremamente

dettagliata e corredata di foto di come appaiano piante triploidi di Cannabis. I risultati mostrati sembrano smentire l’ipotesi che i micro semi siano associati in maniera univoca alla triploidia, che ha invece implicazioni più dirette con l’ermafroditismo e il monoicismo. Dobbiamo quindi cercare altre possibili cause di questo problema, una risposta ci potrebbe essere data da un altro fenomeno naturale, ovvero la trisomia.

Nonostante il nome possa trarre in inganno, la trisomia ha origine totalmente diversa dalla triploidia e nel regno vegetale è un meccanismo noto e studiato da più di un secolo. Le piante definite trisomiche contengono all’interno del proprio genoma una terza copia extra di uno solo dei propri cromosomi. La trisomia nelle piante non comporta limiti alla riproduzione o alla vitalità dei semi, in generale i fenotipi delle piante colpite non appaiono aberranti o tali da ritenere che la pianta

possa avere qualche tipo di alterazione così profonda a livello genetico. In altre specie vegetali ben più studiate come la Datura stramonium (genoma formato da 12 coppie di cromosomi) in cui il fenomeno della trisomia è particolarmente diffuso, è possibile identificare una specifica gamma di 12 fenotipi caratteristici, in funzione del singolo cromosoma presente in eccesso.

La trisomia fa parte di un gruppo più ampio di alterazioni nel profilo dei cromosomi nominato aneuploidie che comprende anche altri fenomeni, tra cui le più pericolose sono le delezioni di intere porzioni di cromosoma.

Questo secondo tipo di alterazione, a differenza delle trisomie, è noto per causare molti più danni alle piante, tanto da essere quasi sempre associato alla sterilità e quindi all’impossibilità di generare semi vitali. In conclusione è bene ricordare che quella appena formulata rimane solo un’ipotesi

e le cause alla base della presenza dei micro semi potrebbero essere altre.

La trisomia e altre aneuploidie presenti nelle piante di Cannabis rimangono infatti un argomento di scarso interesse scientifico, tanto da far supporre che la loro diffusione possa essere, ammesso che sia presente, estremamente limitata o accompagnata da sintomi trascurabili.

Lo stesso sintomo dei micro semi è molto spesso sottovalutato, sia per la sua apparente latenza nel corso della fioritura, sia per la necessità di un attento monitoraggio delle proprie piante per poter essere individuato nei programmi di selezione e miglioramento varietale. Il consiglio finale è quello di rivolgersi sempre a vivai o ditte sementiere affidabili in grado di fornire quanti più dettagli possibili sulle proprie selezioni e che siano in grado di garantire la qualità dei propri prodotti.

(Source: Oregon CBD).

Di Dott. Davide Calzolari

Report di coltivazione

Di Stoney Tark

MELONADE RUNTZ

DI DUTCH PASSION

Banca di semi: Dutch Passion

Varietà: Melonade Runtz

Dimensioni del vaso: vaso da 10 litri

Substrato: Coco + Worm Delight

Illuminazione: 2 x SANlight Gen 2

Nutrienti: Linea Atami NRG + Bloombastic

Fase veg (18/6): 4 settimane

Temperatura Veg: 24,5 gradi centigradi

Umidità Veg: 76%

Fase di fioritura (12/12): 9 settimane

Temp. di fioritura: 23,0 gradi centigradi

Umidità di fioritura: 43% di umidità

Mi è arrivata una confezione di Melonade Runtz femminizzata da Dutch Passion. La genetica è Melonade (Lemon Z x Lemon Tree) x Runtz e si tratta di una delle varietà più ricercate in Europa e negli Stati Uniti. Come al solito, ho piantato un seme direttamente in un vaso da 10 litri con Coco e Worm Delight, con una fase vegetativa prevista di 4 settimane e una fase di fioritura di 9 settimane.

Fase vegetativa - 28 giorni

La tenda da coltivazione 1.2 registra una temperatura di 24,5 gradi centigradi e un’umidità del 76% con le luci accese. La temperatura a luci spente è di 20 gradi centigradi, con un livello di umidità del

61%. La piantina di Melonade Runtz è spuntata dal mix di cocco e vermicompost dopo 48 ore.

Il 14° giorno ho aumentato i nutrienti passando da 2 ml per litro a 5 ml per litro e ho notato che le radici stavano già crescendo dal fondo del vaso. Il vaso viene annaffiato con un mix di Root-C, Growth-C, Alga-C, Cal-Mag e ATAzyme.

Dopo 21 giorni, ho misurato la Melonade Runtz: è alta 44 cm, con uno spazio internodale ridotto, e cresce sviluppando foglie di piccole dimensioni. Il 28° giorno della fase vegetativa, la quantità di nutrienti rimane invariata a 5 ml per litro e il timer è ora impostato in fotoperiodo 12/12.

Fase di fioritura - 63 giorni

Siamo ora in fase di fioritura, la temperatura è di 23 gradi centigradi e l’umidità è del 50% con le luci accese. Per le prime 2 settimane somministro Growth-C, Alga-C, Cal-Mag, ATAzyme, Flower-C e Bloom-C al ritmo di 3 ml per litro.

Colgo anche l’occasione per aggiungere al vaso uno strato alto 1 cm di Worm Delight. In questo modo mantengo inalterata la microbiologia e mi assicuro che le piante rimangano sane e piene di sostanze nutritive.

Il 28° giorno la Melonade Runtz è ricoperta di prefiori e ci sono già abbondanti tricomi sulle foglie, che ricoprono i bordi come tacos di resina, il che è sempre un buon segno. L’ho misurata e l’altezza è di 102 cm e la larghezza di 42 cm, il che significa quindi quasi 60 cm di allungamento dalla fioritura. I pistilli sono estremamente ravvicinati e appaiono di colore bianco brillante. Il 35° giorno ho ricoperto il vaso con uno strato spesso 1 cm di Worm Delight e finora ha un aspetto incredibile

con foglie e cime ricoperti di resina. L’umidità è stata ridotta al 43%, per evitare che le cime ammuffiscano e c’è un ventilatore oscillante che soffia sulla parte alta e in fondo alla chioma della pianta.

Ora somministro Growth-C, Alga-C, Cal-Mag, ATAzyme, Flower-C e Bloom-C al ritmo di 5 ml per litro. Ho anche utilizzato Bloombastic a 2 ml per litro due volte in quella settimana. Quando ispeziono e annuso le cime, l’aroma è un mix di caramella, acido, gassoso con un punch funk tropicale. Le cime hanno una tonalità verde brillante, rosa e violacea e sono ricoperte di tricomi.

Il 49° giorno in fotoperiodo 12/12 è giunto il momento di effettuare il flushing con ATAzyme e acqua al ritmo di 20 ml per litro. Il flushing durerà 14 giorni, darà un’ultima spinta alle piante che termineranno con foglie color arcobaleno. Raccolgo il 64° giorno e l’ultima misurazione rileva un’altezza di 105 cm e una larghezza di 42 cm. Ha una struttura cespugliosa, cime pesanti e foglie a ventaglio con strisce di resina sulle stesse.

Lascerò la pianta appesa 14 giorni all’interno di una tenda da coltivazione con un filtro a carboni impostato a 15 gradi centigradi e un’umidità relativa del 60%. Il profilo di resina di questa signorina è davvero impressionante e spicca nella mia tenda fra le altre piante che sto coltivando.

Rapporto sulla degustazione

Una volta che la pianta è stata essiccata per oltre

2 settimane in una tenda, le cime di Melonade Runtz erano pronte per essere fumate e messe nei barattoli di concia. Le cime sono compatte, grasse ed estremamente pungenti. L’aroma è un mix di aspro, gassoso e frutta tropicale ed è estremamente complesso.

Quando la si fuma, l’aroma è molto deciso e il gusto aspro e tropicale, con un effetto che colpisce quasi subito e mantiene lo sballo per ore. Ogni canna presentava un grande anello di olio che scorreva lungo la cartina e il gusto era intenso e durava fino all’ultimo tiro.

Le mie considerazioni finali sulla Melonade Runtz

Nel complesso sono rimasto estremamente colpito da questa varietà e posso capire tutto il clamore suscitato dagli ibridi USA. La performance è stata solida e la pianta presentava una grande struttura di crescita che non ha richiesto nessun tipo di training o supporto.

Essendo una vera e propria macchina da resina, non c’è stato nulla che sia andato sprecato una volta raccolta la Melonade Runtz, il che significa che ogni foglia era ricoperta di tricomi e degna di essere conservata per produrre poi del bubble hashish in piena fusione.

Se volete provare qualcosa di nuovo ed esotico che abbia un gusto sorprendente e che sia in grado di dare una bella spinta, vi consiglio vivamente di provarla!

Le foglie e le cime
eccezionalmente resinose danno vita a un ottimo hashish.
Le cime sono dense e resinose durante la fioritura.

Cannabis e patente: ovvero Renato e la storia del pedone alterato

Renato è un pedone alterato, che col nuovo Codice stradale la patente gli han confiscato.

Durante il controllo, Renato non era in stato alterato, ma questo gli agenti nemmeno l’hanno accertato. La domenica sera con una canna s’era rilassato, ma il lunedì mattina alla rotonda lo avean tosto fermato.

Il test salivar, positivo al THC aveva dichiarato e lucido si, lucido no, adesso Renato è a piedi e s’alterato.

Il nuovo Codice della Strada voluto dal Ministro dei Trasporti Salvini è un’aberrazione legislativa. Un testo che prevede la punibilità di tutti i Renato del nostro paese a prescindere dal loro eventuale stato d’alterazione psico-fisica. Uno stato d’alterazione che dovrebbe essere, ed era fino al nuovo testo, costitutivo dell’infrazione e, di conseguenza, “conditio sino qua non” al momento di considerare la potenziale pericolosità di un conducente alla guida di un veicolo.

Al contrario, invece, d’ogni principio di realtà, ed in barba ad ogni principio di proporzionalità della pena, questa nuovo strumento giudiziario, come mannaia secolare, non combatte e giustamente chi si mette alla guida senza essere nelle condizioni idonee rischiando, quindi, di pregiudicare se stesso o il prossimo, ma predilige tout court la repressione dei consumatori di cannabis, sostanza i cui metaboliti restano all’interno del corpo ben al di là del tempo durante il quale l’effetto acuto della stessa avrebbe potuto influenzare negativamente la condotta.

In poche parole si punisce a prescindere. La punizione come fine e non più come mezzo. Si reprime a mosca cieca e si condanna senza aver voluto riscontrare alcuna concreta pericolosità.

Questo procedimento è quindi da considerarsi pienamente democratico?

Al momento sembrerebbe che lo sia però, se sia anche costituzionalmente orientato, lo verificheranno i giudici alle prime contestazioni.

Oggi, come tecnici dell’informazione, vogliamo proporre un approfondimento, ancorato alla realtà, che possa aiutare il nostro pubblico a comprendere il livello di totale inadempienza di questo nuovo Codice della Strada rispetto agli obbiettivi preposti: la sacrosanta tutela della sicurezza stradale.

Come spesso avviene, è un’istituzione europea che ci viene in soccorso: l’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze con sede a Lisbona, Portogallo dal 1993. Questa prestigiosa Agenzia ha la missione precipua di rafforzare la preparazione dell’UE in materia di droga, fornendo prove scientifiche utili a supportare i processi decisionali e legislativi nel campo delle politiche sulle sostanze stupefacenti.

In particolare, nel maggio del 2018 e grazie alla collaborazione tra l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), il Centro canadese sull’uso di sostanze e la tossicodipendenza, il Program -

Nuovo Codice stradale

ma internazionale del National Institute on Drug Abuse (NIDA) degli Stati Uniti e la New Zealand Drug Foundation, si tenne il Terzo Simposio Internazionale su Droga e Guida, un momento di confronto internazionale rispetto alle più recenti evidenze scientifiche e un’occasione non secondaria per orientare le politiche pubbliche in materia.

Questa conferenza di livello mondiale riunì più di cento persone, tra cui ricercatori, professionisti ed esperti politici provenienti da oltre 30 paesi. Di seguito alcuni dei passaggi più interessanti emersi come riassunto di quanto dibattuto. Uno strumento di riflessione fondamentale per quanti preferiscono concentrarsi sui fatti, ritenendo la realtà come unico fattore d’interpretazione dirimente quando con l’azione legislativa si interviene per modificarla.

GLI EFFETTI DELLA CANNABIS SULLE FUNZIONI COGNITIVE E PSICOMOTORIE: I LIMITI DELLA VALUTAZIONE

Gli effetti della cannabis sulle funzioni cognitive e psicomotorie possono compromettere la capacità di guidare. Il THC provoca notevoli effetti psicotropi ed è considerato la causa principale della compromissione delle capacità di guida. Sebbene sia stato osservato che la cannabis comprometta le capacità di guida in laboratorio, nonché nei simulatori di guida e negli studi su strada (Compton, 2017b), gli effetti di queste alterazioni sono ancora incerte sul rischio di incidenti.

Un elemento che complica la valutazione dei rischi è che diversi fattori possono influenzare il livello di compromissione della capacità di guidare. Fra questi la modalità di consumo (inalazione o ingestione), il fatto che la persona consumi sporadicamente o frequentemente, e l’assunzione di cannabis da sola o in combinazione con altre sostanze, come l’alcol (Wolff & Johnston, 2014).

Una delle maggiori difficoltà nell’interpretazione degli studi caso-controllo e di responsabilità è che la presenza di THC nel sangue o nelle urine (come osservato entro poche ore da un incidente) non significa necessariamente che le facoltà del conducente fossero compromesse dalla cannabis al momento dell’incidente (Beirness, 2017; Compton, 2017a). In realtà, questa presenza rivela solo che ci sia stato un uso recente di cannabis da parte di una persona che la consuma occasionalmente o che l’uso risale a un momento ancor precedente se la persona la consuma regolarmente.

Si stima che i conducenti che hanno fatto uso di cannabis di recente abbiano, in media, da 1,5 a 2 volte più probabilità di essere coinvolti in un incidente stradale (EMCDDA, 2012). Questo aumento del rischio di incidenti è minore nel caso della guida sotto l’effetto di cannabis rispetto alla guida sotto l’effetto di alcol (Beirness, 2017; Compton, 2017a). Infatti, un livello di alcol nel sangue compreso tra lo 0,08% e lo 0,12%, ad esempio, aumenta il rischio di un incidente da 5 a 30 volte (EMCDDA, 2012).

Quando si fuma cannabis, la concentrazione

di THC nel sangue aumenta rapidamente e gli effetti acuti si avvertono immediatamente. In genere, le concentrazioni di THC nel sangue diminuiscono rapidamente, dell’80% entro 30 minuti dopo aver smesso di fumare, ma gli effetti possono persistere per quattro o sei ore dopo il consumo (Wolff et al., 2013).

Tuttavia, nei consumatori abituali o quasi, il THC si accumula nel tessuto adiposo e poi ritorna nel flusso sanguigno; una certa quantità rimane quindi presente nel sangue per lunghi periodi. Al contrario, quando la cannabis viene assunta per via orale, l’assorbimento del THC nel sangue è molto più lento e meno prevedibile. Gli effetti comportamentali si manifestano dopo circa 30-90 minuti, raggiungono il picco dopo 2-3 ore e durano circa 4-12 ore, a seconda della quantità assunta (Wolff et al., 2013).

Allo stesso modo, la quantità di THC assorbita nel flusso sanguigno è inferiore e la concentrazione massima di THC nel sangue è inferiore rispetto a quando la cannabis viene fumata. Tuttavia, queste concentrazioni più basse possono persistere molto più a lungo dopo l’assunzione orale di cannabis rispetto a quando la si fuma.

In alcuni paesi, la polizia può valutare la presenza di segni d’alterazione se sospetta che qualcuno stia guidando sotto l’effetto di droghe (Beirness, 2017; Beirness & Porath, 2017). Questa valutazione può essere effettuata attraverso test di sobrietà sul campo. I conducenti che non superano l’esame di guida potrebbero essere tenuti a sottoporsi a un test di conferma presso una stazione di polizia o presso una struttura medica (Beirness e Porath, 2017).

Test di compromissione delle capacità più specifici possono essere somministrati da agenti di polizia appositamente formati

(solitamente presso una stazione di polizia) e comprendono test di coordinazione e attenzione condivisa, un esame della vista, misurazioni della pressione sanguigna e della temperatura, osservazioni e un colloquio. Gli agenti addestrati sono in grado di identificare la categoria di droga utilizzata con una precisione del 95% (Beirness e Porath, 2017).

Lo screening della saliva a bordo strada può aiutare a individuare i conducenti che hanno fatto uso di cannabis di recente e potrebbero essere sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In genere, ai conducenti che risultano positivi al test della saliva viene chiesto di fornire un campione di sangue per misurare i livelli di THC. Se si supera il limite consentito dalla legge, si viene ritenuti colpevoli di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto della cannabis. Il limite avrà un impatto significativo sul numero di persone perseguite.

Secondo uno studio condotto in Portogallo sui conducenti positivi al THC, se il limite fosse stato fissato a 1 ng/ml, il 67% dei conducenti sarebbe perseguito, mentre un limite di 3 ng/ml avrebbe interessato solo il 26% dei conducenti. (Diaz, 2017).

In Germania il livello consentito è di 3,5 ng/ ml.

La quantità di THC nel sangue o nella saliva non è direttamente correlata alla capacità di guida del conducente, come lo è il livello di alcol nel sangue con la guida in stato di ebbrezza. La percentuale di individui che presentano compromissione in diverse aree di prestazione aumenta progressivamente con la concentrazione di THC nel sangue, ma il tasso di progressione è basso e i primi segni di compromissione si osservano a una

concentrazione di THC compresa tra 2 e 5 ng/ml (Ramaekers et al., 2006 ). Le meta-analisi che combinano i dati di un gran numero di studi hanno scoperto che, in generale, più alta è la concentrazione stimata di THC nel sangue, più è compromessa la guida, ma che i consumatori abituali di cannabis mostrano meno effetti rispetto ai consumatori occasionali per la stessa dose (a meno che la cannabis non sia combinata all’alcol). Gli studi finora condotti indicano che una concentrazione ematica di THC pari a circa 3,7 ng/ml ha effetti sui conducenti simili a quelli di un livello di alcol nel sangue pari allo 0,05% (0,5 mg/ml) (Berghaus et coll., 2010).

In alcuni paesi, le persone che guidano dopo aver consumato cannabis terapeutica o prodotti farmaceutici approvati a base di cannabis sono esentate dall’azione penale per guida sotto l’effetto della cannabis se possono dimostrare che la sostanza sia stata loro prescritta e che non fossero in stato di ebbrezza.

Questa è la politica in vigore in Irlanda (Maguire, 2017), Norvegia (Vindenes, 2017) e Regno Unito (Wolff, 2017). La ragione principale addotta per la concessione di un’esenzione è quella di consentire ai pazienti che assumono cannabinoidi per scopi terapeutici di vivere una vita più normale. Potrebbe essere opportuno tenere in considerazione il fatto che l’uso regolare di cannabis possa lasciare bassi livelli di THC nel sangue per lunghi periodi senza apparenti alterazioni.

D’altro canto, non bisogna trascurare il fatto che l’uso di cannabis prescritta dal medico può comunque compromettere la capacità di guida e mettere a repentaglio la sicurezza stradale.

Coltiviamo

I VANTAGGI DI UN RACCOLTO PERPETUO INDOOR

Tutti noi vorremmo avere una scorta infinita di cannabis coltivata in casa e, con le giuste conoscenze, lo si può fare con facilità. Se siete alle prime armi nella coltivazione indoor, potreste non conoscere il termine raccolto perpetuo e tutti i rispettivi vantaggi. In questo articolo vi spiego cosa comporta un raccolto perpetuo, cosa vi serve per organizzarlo, quali sono le diverse opzioni, i rispettivi vantaggi, i miei

migliori consigli e tutti i motivi per cui in futuro dovreste prendere in considerazione i cicli colturali perpetui.

Cosa significa raccolto perpetuo?

La maggior parte dei coltivatori fa vegetare le piante in fotoperiodo 18/6 per 4-6 settimane, le fa fiorire per 8-9 settimane e ripete la procedura da capo. Si può quindi arrivare a un totale di 15 settimane e, con una varietà a lunga fioritura, il tutto potrebbe durare molto di più. Purtroppo, aspettare 4-5 mesi tra un raccolto e l’altro non è molto pratico per molti fumatori ed è un modo poco efficiente di coltivare indoor.

Un raccolto perpetuo risolve il problema, consentendo di coltivare il ciclo successivo di cloni o piantine mentre la coltura in corso si trova in fioritura. Non appena si raccoglie nella tenda da fioritura, si possono inserire le piante in vegetativa nella stessa per farle poi fiorire.

Mentre questo avviene, avrete già la seconda serie di cloni o semi pronti a vegetare per le successive 7-10 settimane, a seconda del tempo di fioritura della varietà. Per semplificare al massimo il tutto, lavorare con piante che hanno lo stesso periodo di fioritura renderà la pianificazione estremamente più semplice.

Cosa serve?

• Tenda da coltivazione / armadio convertito.

• Luce con spettro ottimale per la crescita (blu 6400k).

• Timer impostato su 18 ore di luce e 6 ore di buio.

• 22-25 gradi centigradi e 75-80% di umidità. 4-9 vasi e terriccio a seconda del numero di piante.

• Nutrienti per la fase di crescita.

• Cloni o semi di cannabis femminizzati.

Le diverse opzioni per la stanza vegetativa

Se siete già entusiasti all’idea di ottenere un raccolto dopo l’altro e vi state chiedendo cosa vi serva per iniziare, ecco le 3 opzioni che avete a disposizione. Due di queste possono essere realizzate con un budget limitato, utilizzando poca elettricità, sostanze nutritive limitate e scarsa manutenzione, il che le rende soluzioni ideali per i coltivatori domestici che schivano con attenzione le bollette salate mensili per l’energia elettrica.

OPZIONE 1

Questa opzione consente di coltivare piante di piccole dimensioni che possono essere comodamente tenute in vita all’interno di un piccolo spazio di coltivazione/tenda. L’obiettivo è quello di utilizzare solo vasi di piccole dimensioni, fornire illuminazione ridotta e somministrare una soluzione nutritiva leggera. Al momento della raccolta nella tenda da fiore, le piante saranno alte circa 30-45 cm.

Striscia luminosa LED/CFL a bassa potenza (50-100w).

Tenda / spazio 60 cm x 60 cm x 60 cm.

• Vasi di piccole dimensioni (3L). Piante alte 30-45 cm.

• Somministrazione di soluzioni a basso contenuto di nutrienti.

OPZIONE 2

L’obiettivo dell’opzione 2 è quello di coltivare piante di grandi dimensioni che, una volta fiorite, diventeranno grandi produttrici. Per coltivare le piante in questo modo è necessaria un’illuminazione HID tra i 600 e i 1000 W, da posizionare all’interno di una tenda di 1,2 metri quadrati. Le piante verranno nutrite con un’elevata concentrazione di E.C. e l’obiettivo sarà quello di riempire un vaso da 15-20 litri e far crescere piante alte fino a 75-100 cm.

• Luce da coltivazione MH / HPS / LED ad alta potenza (400-1000w).

• Tenda / spazio 1,2 x 1,2 x 1,2 metri. Vasi di grandi dimensioni (15L-20L).

• Piante alte 75-100 cm.

Somministrazione di soluzioni ad alto contenuto nutritivo.

OPZIONE 3

Questa opzione unisce le opzioni 1 e 2 ed è ideale per i coltivatori che vogliono mantenere i cloni o le piantine relativamente piccoli, utilizzando però una tenda di 1,2 metri o un grande spazio di coltivazione. I vasi da utilizzare saranno da 7,5 litri,

per mantenere le piante tra i 45 e i 60 cm quando saranno pronte per il rinvaso e la fioritura. L’E.C. nutritiva sarà blanda e si useranno 2 ml per litro per ogni somministrazione.

Luce da coltivazione a bassa potenza LED / CFL (50w-100w).

Tenda 1,2 x 1,2 x 1,2 metri.

• Vasi di piccole dimensioni (7,5L).

• Piante alte 45-60 cm.

• Somministrazione di soluzioni a basso contenuto di nutrienti.

I miei migliori consigli per un raccolto perpetuo

Prima di cominciare a pianificare il vostro raccolto perpetuo indoor, ecco alcuni consigli da tenere in considerazione, che vi consentiranno di essere il più efficienti possibile e di non rimanere mai senza cime di alta qualità.

Consiglio n. 1 - Investite in una tenda per l’essiccazione

Se potete permettervelo, il mio consiglio principale è quello di acquistare una tenda con filtro al carbonio solo per essiccare le vostre colture. Se disponete di una terza tenda, potrete subito usare quella per la fioritura e non dovrete aspettare altri 14 giorni di essiccazione tra una rotazione e l’altra.

Consiglio n. 2 - Somministrate nutrimento leggero o solo acqua

Quando l’obiettivo è quello di mantenere le piante basse e di farle crescere lentamente, usare

acqua semplice con il terriccio funziona alla perfezione. Le piante cresceranno comunque in modo sano e vivace, con una buona base radicale, e non dovrete preoccuparvi che possano diventare eccessivamente alte o che superino i vasi.

Consiglio n. 3 - Prelevate i cloni prima della fioritura

Prelevare cloni è un’ottima soluzione se volete produrre una replica genetica della vostra pianta migliore, ma consente anche di produrre a ogni round. Anche i semi di cannabis femminizzati funzionano bene, ma molti coltivatori preferiscono usare cloni ben consolidati e maturi.

Le piante all’interno di questa tenda saranno subito sostituite una volta raccolte.
Esempio dell’opzione 1 che utilizza 20 W di luce LED.

Hemporium

Cose di Canapa, Vicenza

S.S. 11 Padana Sup. Verso Verona, 283 36100 Vicenza presso Multicenter hemporiumvi@yahoo.it

dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19.30

sabato dalle 11 alle 19 cell. 339 61 02 455

CHACRUNA Hemp & Growshop

Chacruna Trento dal 2003

Corso 3 Novembre 72 – Galleria al Corso

Tel. 0461 922896

Chacruna Dispensario CBD & Info Point

Corso 3 Novembre 72 – Galleria al Corso

Email: trento@chacrunashop.it

Associazione Chacruna CSC Trentino AAdige

Email: chacrunacsc@gmail.com

Website: www.chacrunashop.it

Fb: chacrunashop / INST: chacrunao cial

Orangebud the Club

Piazza sedile del campo, 7 (Largo Campo), Salerno +39-3389528864

lun: 17:00 - 21:00

mar-sab: 10:00 - 13:00 / 17:00 - 21:00

domenica e lunedì mattina chiuso

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Lunedì - Sabato

10.00 - 13.30 15.30 - 20.30

Legalized Aversa Viale Kennedy 6 Aversa 81031 (Caserta)

Orangebud point Via porta di mare, 31, Salerno Aperto h24 (distributori self service) www.orangebud.it

Legalized Torre del Greco Via Nazionale, 932, 80059 Torre del Greco NA, Italia www.legalized.it | info@legalized.it twitter@infolegalized | facebook Legalized Napoli NON VENDERE CIO' CHE COLTIVI

Gillyweed Grow Shop

Via Chiesanuova 173, Padova (PD) 35136

Cell. +39 049 645 8981 gillyweedgrowshop@gmail.com

Dal Martedì al Sabato

10:30-13.00 e 15:30-19.30

GROWSHOP-SEEDSHOPHEADSHOP-HEMPSHOP

4 3

Bear BushBotanical Collective

Via Cardassi 77 BARI bari@bearbush.it + 39 080-5536618

Via Roma 273 FASANO (BR) fasano@bearbush.it + 39 351-9210900

Via Aurelio Sa 7 BRESCIA brescia@bearbush.it +39 393-9659571 www.bearbush.it

Sea of Green - Trust in Nature

Lo storico Hemp & Grow shop dell'Alto Adige

Web: www.seaofgreen.it B2B: b2b.seaofgreen.it

Instagram: sea_of_green_italy & Facebook: @SeaOfGreenShop E-Mail: info@seaofgreen.it

Via Goethe, 99/101, 39012 Merano BZ, Italia

Tel: +39 0473 69 25 09

City Jungle

Via Longarone, 34 33100 Udine Tel.: 347.2582098 cityjungle@email.it www.cityjungle.it

Orari:

Da Martedi' a Venerdi' 10.00/13.00 - 15.30/19.30

Sabato 10.00/17.00 continuato

Growerline, Pomezia

Sede: Viale Alessandro Manzoni 33-35

Pomezia (RM) 00071 Tel. 0691801148 Cel. 3403824505

Orario: Dal Lunedì al Sabato

Dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:30

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Lu-Ve 9.00-13.00 e 16.00-20.00

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Domenica Chiuso

Tel: +39 338 700 2714 hempointcbd@gmail.com Self-Service H24 www.hempoint.shop

Intervista

Stoney Tark

TUTTO CIÒ CHE C’È DA

SAPERE SULL’IDROPONICA

INTERVISTA CON BILL SUTHERLAND

I piccoli fori necessari per nebulizzare la soluzione nutritiva sono minuscoli e possono essere ostruiti da pezzi di radici che si staccano.

Cos’è il pH e perché è così importante nel nutrire le piante di cannabis?

Il potenziale d’idrogeno (pH) è una misura dell’alcalinità o dell’acidità della soluzione nutritiva. Le piante possono tollerare un pH compreso tra 4,5 e 7,9. Al di fuori di questo range la pianta muore. Il livello di pH ottimale per la coltivazione della cannabis è 7,0 per la fase vegetativa e 5,5 per la fase di fioritura.

In questo intervallo è disponibile un maggior numero di minerali di cui hanno bisogno. Se la soluzione nutritiva continua a scendere sotto il valore di 5,0, le piante si ritrovano sotto attacco da parte degli agenti patogeni. Se la soluzione nutritiva continua a salire rispetto al pH impostato, le piante sono felici e crescono in modo attivo.

Qual è il modo migliore a disposizione dei coltivatori per regolare il livello di pH di una soluzione nutritiva?

Per regolare il pH utilizzate una soluzione d’idrossido di potassio, che mantiene i sali al minimo e offre alle piante del potassio supplementare. Per abbassare la soluzione nutritiva utilizzate l’acido nitrico, in quanto contiene azoto che le piante possono utilizzare durante la fase di crescita vegetativa.

Dato che in questi tempi di crisi economica i coltivatori domestici vogliono ottenere una maggiore resa ad ogni raccolto, ho fatto due chiacchiere con Bill Sutherland, esperto del settore idroponico con 40 anni di esperienza. Nel corso dell’intervista, ho chiesto a Bill tutto il possibile sull’idroponica e su quanto dovrebbe sapere chi fa il passaggio dalla coltivazione in terra per la prima volta!

Cosa significa idroponica e come si differenzia dalla coltivazione in terra?

L’idroponica si basa su due termini, il primo dei quali è idro, che significa acqua, e il secondo ponica, che significa lavoro. L’acqua lavora quindi per voi. Il terreno si bagna per la pioggia che cade o per l’acqua che versate sullo stesso, i minerali presenti nel suolo si disperdono quindi nell’acqua. È l’acqua che utilizzano le piante, non il terreno. Quanto è migliore la composizione del terreno, tanto migliore sarà la crescita delle piante, ma la coltura idroponica fa disciogliere nuovi nutrienti nell’acqua. Cambiare la soluzione nutritiva è come offrire alle piante un nuovo terreno.

Qual è il miglior sistema idro per un coltivatore alle prime armi?

Direi il sistema a goccia, in cui è possibile vedere

l’acqua che gocciola fisicamente sul substrato di coltivazione. Ed è di facile installazione. Si può utilizzare un secchio più piccolo in cima impilato su un altro secchio. Oppure si può optare per un altro metodo in cui un secchio consenta di riportare l’acqua alla postazione di pompaggio, per poi riciclarla verso le radici della pianta.

Puoi illustrarci i vantaggi della c oltivazione idroponica?

Sì, i vantaggi della coltivazione idroponica sono diversi. Uno dei tanti è la possibilità di coltivare piante di grandi dimensioni in uno spazio ridotto, come una piccola tenda da coltivazione o un guardaroba riconvertito. Non è necessario irrigare a mano le piante, il che consente di risparmiare tempo e di evitare di dover sollevare pesi e lavorare in continuazione.

La bolletta dell’elettricità e l’utilizzo di nutrienti possono essere ridotti, poiché sono necessari tempi di vegetazione brevi (7-10 giorni) per evitare che le piante diventino troppo grandi e che riempiano troppo lo spazio a disposizione. I vantaggi principali che attirano la maggior parte di chi coltiva in terra sono il notevole aumento delle rese e i tempi di realizzazione più brevi.

Quale sistema richiede maggiore manutenzione e competenze?

L’aeroponica è la tecnica più difficile e sono necessarie pompe di grandi dimensioni che producano una pressione d’acqua sufficiente a formare una pioggerellina che vada a ricoprire le radici. La pompa genera molto calore che va a riscaldare l’acqua e un altro aspetto importante è quello di mantenere le aperture libere dai detriti.

È possibile utilizzare anche l’acido fosforico per la fioritura, in quanto contiene fosforo, che darà un’ulteriore spinta di fosforo alla pianta. Il fosforo è il più sicuro fra le due opzioni a disposizione per abbassare il pH e può essere utilizzato in modo sicuro nelle fasi vegetativa e di fioritura.

Puoi spiegarci come misurare correttamente la forza dei nutrienti? È necessario utilizzare la E.C. (conducibilità elettrica), che è la metrica necessaria a convertire le ppm in un altro valore leggibile. È meglio usare un dispositivo digitale o un Truncheon per ottenere una lettura della E.C., poiché ogni minerale ha una determinata conducibilità in acqua che consente il passaggio della corrente elettrica. Misurando tale corrente possiamo avere un’idea di quanto sia forte la soluzione nutritiva. Se è troppo debole, le piante non assorbiranno i minerali di cui hanno bisogno, mentre se è eccessivamente forte, potrebbero non essere in grado di estrarre questi preziosi minerali.

Cosa succede quindi se si alimentano le piante con i livelli di E.C. sbagliati? Se non si usa l’E.C. corretta, si rischia di sottoalimentare o di sovralimentare le piante, il che comporta risultati disastrosi. Da 1,2 a 2,8 si hanno valori sicuri per le piante, tuttavia il gusto sarà

Questa sala utilizza una configurazione SOG e una coltura idro per ottenere le massime rese.

Quale dovrebbe essere la temperatura ottimale dell’acqua di un serbatoio o di una soluzione nutritiva?

25,5 gradi centigradi sono la temperatura ideale dell’acqua. Questa temperatura consente alle radici di assorbire più sostanze nutritive. Lo svantaggio è che i batteri si sviluppano in modo più rapido, ecco perché la maggior parte dei coltivatori cerca di mantenere una temperatura di 20 gradi centigradi. L’utilizzo di un dispositivo di riscaldamento per acquari è il modo più pratico per tenere sotto controllo la temperatura dell’acqua.

Quale metodo di coltivazione indoor produce i migliori risultati e le maggiori rese?

Il mio preferito in assoluto è il metodo Sea of Green. Tante piccole piante distanziate di circa 10 cm in ogni direzione. Fate poi fiorire queste piccole talee lasciandole crescere fra 2,5 e 12,5 cm circa in vegetativa. A seconda di quanto siete bravi con le talee e a seconda della varietà, bisognerà determinare quando sono necessari 2,5 cm o 12,5 cm di crescita.

ante di grandi dimensioni mediante tale sistema idro. Avrete bisogno di meno piante e 4 esemplari in una tenda 5x5x7,5 funzioneranno alla perfezione, ma immagino vogliate coltivare una pianta che non si allunghi facilmente. Penso che le piante di cannabis indica abbiano un tempo di fioritura più breve, un principiante farebbe quindi meglio a coltivare piante di indica e suoi ibridi.

Come descriveresti il modo migliore per effettuare flushing sulle piante di cannabis coltivate in idroponica?

Il bello della coltivazione idroponica è che avete completamente sotto controllo le sostanze nutritive somministrate e potete aumentare o ridurre l’intensità in diverse fasi della crescita. Iniziate con poco e aumentate man mano che le piante crescono così da poter iniziare a diminuire la quantità di nutrimento quando le piante maturano.

Somministrate poi solo acqua con un pH corretto gli ultimi 3-7 giorni.

migliore se i livelli di E.C. sono bassi e le piante di cannabis vi daranno un raccolto maggiore con un’E.C. più elevata.

Esiste un modo corretto per miscelare i nutrienti e, in caso affermativo, quali sono gli elementi da tenere in considerazione?

Assicuratevi di avere a disposizione tutti i prodotti che volete incorporare nell’acqua e che diventeranno la vostra soluzione nutritiva. Aggiungete

dapprima quelli a elevato contenuto di fosforo nell’acqua, sciacquate poi con cura il misuratore per eliminare ogni residuo del prodotto precedente. Potete anche utilizzare un misuratore per alcuni prodotti e un altro per i rimanenti. Le soluzioni contenute in questi flaconi non sempre sono compatibili tra loro ad alte concentrazioni, ma lo sono una volta diluite. Per questo motivo si finisce con l’acquistare tanti flaconi di nutrienti diversi, perché è importante poterli combinare fra loro!

Questo metodo sfrutta il fatto che le piante sono di piccole dimensioni e consente di non sprecare luce, o perlomeno di sprecarne meno. Se una pianta è più grande significa che c’è spazio fra i rami. Con il metodo Sea of Green, le piante sono poco distanti l’una dall’altra, il che consente di sprecare meno luce.

Cosa deve sapere in anticipo un coltivatore prima di utilizzare la lana di roccia come substrato di coltivazione? Ricordate di regolare il pH della lana di roccia, perché in caso contrario la soluzione nutritiva sarà sempre elevata e le piante non riusciranno ad adattarsi a tale substrato di coltivazione. Una volta effettuato in modo corretto, la lana di roccia si rivelerà il substrato di coltivazione più facile da usare, perché contiene anche molto ossigeno e acqua con al suo interno nutrienti disciolti.

Per quanto tempo si possono coltivare piante di cannabis in fotoperiodo 18/6 in idroponica?

In Canada sono consentite 4 piante per famiglia e coltiviamo le nostre talee di grandi dimensioni, facendole fiorire dopo 6 settimane in fotoperiodo 18/6. Questo ci consente di ottenere i nostri abbondanti raccolti e lo Stato non ha mai dichiarato quanta luce possiamo usare. In genere, vanno bene 7-10 giorni se si parla di seme o di clone, tuttavia, se lavorate su una pianta madre, lasciate accese le luci per 18 ore e spegnetele per 6.

È più vantaggioso utilizzare i sistemi a goccia quando si lavora su scala commerciale?

In realtà no e un numero eccessivo di tubi di gocciolamento comporta confusione se ci si trova a dover individuare quali si sono tappati o meno. Il migliore è l’Ebb and Flow, con raccordi molto grandi che consentono all’acqua di scorrere liberamente. Basta avere un volume maggiore o semplicemente accorciare i sistemi di coltivazione in modo che sia necessaria meno acqua per riempire l’area. Può quindi trattarsi di un sistema Ebb and Flow o anche di un sistema flottante, purché le radici delle piante pendano verso il basso nella soluzione nutritiva.

Qual è il sistema più adatto a uno spazio di coltivazione ridotto e quali sono le genetiche più indicate?

Consiglio vivamente una coltivazione a goccia a doppio secchio, in quanto consente di coltivare pi-

Ricordate che una soluzione nutritiva forte darà rese maggiori, ma potrebbe compromettere il gusto delle cime. Una soluzione nutritiva più debole darà rese inferiori, ma le piante avranno un sapore di gran lunga più gradevole. Attenzione perché se è eccessivamente debole perderete sia le rese che il gusto. Osservate il colore delle piante e ricordate che se le piante sono di colore verde chiaro è necessario aumentare i nutrienti A e B, mentre se sono di colore verde troppo scuro sarà necessario ridurli.

E per finire, Bill... quali sono i tuoi migliori consigli per chi inizia a cimentarsi nella coltivazione idroponica?

Buttatevi a coltivare, è l’unico modo che avete per imparare. Non ascoltate i vostri amici, sono tutti esperti, alcuni senza aver mai messo un seme nel terreno! In un cantiere ci sono carpentieri, idraulici ed elettricisti. Riuscite quindi a immaginare quanti difetti avrebbe un edificio se il carpentiere chiedesse all’elettricista come fare il suo lavoro? Parlate con qualcuno al centro di giardinaggio che preferite e seguite quello che dice una sola persona, anziché cercare di capire chi ha avuto ragione nel darvi consigli per la vostra coltivazione. Se al negozio non sono in grado di rispondervi, fate altre domande e cercate un altro negozio.

Una volta riuscivo a indovinare in quale centro eravate stati solo dal modo in cui coltivavate! Imparate dai video online sull’idroponica, consultate libri e blog e cercate sempre di raccogliere quante più informazioni possibile. Mantenete la vostra stanza di coltivazione in condizioni sterili, i vostri attrezzi e flaconi di nutrienti puliti e fate sempre attenzione all’elettricità e all’acqua.

Grazie Stoney e Soft Secrets e buona fortuna a tutti i lettori!

Immagine di 5 tavoli Ebb and Flow (120 x 240 cm) montati assieme.
Esempio di sistema di alimentazione dal fondo a bassa manutenzione.
I cloni di piccole dimensioni possono diventare estremamente produttivi in un sistema idroponico.

L’altra pianta del mese

Erba medica, retaggio ancestrale e futuro agricolo

Con oltre 10.000 anni di utilizzo, l’erba medica (Medicago sativa) occupa una posizione prominente nella storia dell’agricoltura. La facilità con cui questa Fabaceae può essere coltivata e conservata ne ha consentito la rapida diffusione in tutto il mondo fin dai tempi dall’antichità. Originariamente nota come medicago (dalla regione di Medea, nell’odierno Iran), il suo nome venne tradotto in latino come Herba medica. Il suo nome in inglese e in spagnolo, alfalfa, potrebbe derivare dalla parola araba che designa la pianta, al-fassa. Per quanto riguarda il termine francese “luzerne”, la sua origine è più incerta: alcuni suggeriscono una radice occitana, luzerno, per via della lucentezza dei semi.

Si ritiene che la coltivazione dell’erba medica abbia mosso i primi passi in Asia Minore e in Medio Oriente, in particolare in Persia, dove era già apprezzata per la sua facilità di conservazione come foraggio secco. Rivestiva già una funzione cruciale nell’alimentazione degli animali, soprattutto dei cavalli durante le campagne militari. L’erba medica arrivò in Grecia nel V secolo a.C. e continuò a diffondersi nell’Impero Romano nel II secolo a.C.

Benché coltivata in modo intensivo per le sue proprietà foraggere di lunga durata, l’erba medica andò in declino in Europa occidentale dopo la caduta dell’Impero Romano. Nel frattempo, gli arabi continuarono a coltivarla in alcune zone del Nord Africa e della Spagna. L’erba medica tornò in Europa solo nel Medioevo. Nel corso dei secoli, l’erba medica si è affermata come foraggio fondamentale nei sistemi agricoli tradizionali, grazie alla sua

robustezza e al fatto che può essere conservata mediante essiccazione naturale al sole, metodo utilizzato fino al XX secolo.

L’erba medica svolge un ruolo essenziale nella fissazione dell’azoto atmosferico, processo realizzato in simbiosi con batteri del genere Rhizobium. Questi batteri, presenti nel terreno, colonizzano le radici dell’erba medica e formano dei nodi, in cui l’azoto dell’aria viene trasformato in una forma utilizzabile dalla pianta. Questo processo, comune al genere delle Fabaceae, consente all’erba medica di arricchire il terreno di azoto in modo naturale, riducendo la dipendenza dai fertilizzanti chimici.

Rispetto ad altre leguminose, l’erba medica si distingue per la sua eccezionale capacità di fornire azoto (N). Raggiunge infatti una percentuale di fissazione simbiotica del 90%, superando quella

di piante cugine come piselli, soia o fagioli, le cui percentuali sono comprese tra il 40% e il 70%. Questa capacità di fissare l’azoto è particolarmente vantaggiosa nei sistemi di agricoltura biologica, in cui gli apporti di azoto minerale sono limitati. Il suo utilizzo non è certo minore: nel 2009, in Francia, l’azoto fissato dalle leguminose ha contribuito all’equivalente di un quarto del fabbisogno di fertilizzanti chimici, per tutti i tipi di produzione!

L’erba medica è nota anche per le sue radici profonde, che penetrano nel terreno a diversi metri di profondità. La sua struttura radicale contribuisce ad aerare il terreno, a migliorare la ritenzione idrica e a prevenire l’erosione. Questo la rende un’ottima pianta da rotazione nei sistemi agricoli. Agisce come coltura ripulente e ristrutturante, ideale per preparare i terreni a colture esigenti come il grano, il mais o la colza. Essendo una coltura perenne, contribuisce a interrompere i cicli di malattie e parassiti, limitando così la pressione delle malattie sulle colture successive. Questo ruolo di “vuoto sanitario” è prezioso nella gestione delle colture intensive, in particolare per ridurre l’uso di pesticidi.

L’erba medica ha inoltre un impatto positivo sulla biodiversità e sulle specie beneficiarie delle colture. La copertura permanente del terreno e la coltivazione pluriennale creano un habitat favorevole per i predatori naturali, contribuendo a regolare le popolazioni di insetti dannosi. Questa dinamica contribuisce a una maggiore resilienza delle colture contro i parassiti e a un ambiente agricolo più sostenibile.

L’erba medica si distingue dalle altre piante foraggere anche per il suo elevato contenuto di proteine e di nutrienti essenziali. Questo rende l’erba medica un alimento privilegiato nei sistemi di allevamento, in particolare nelle diete per i bovini da latte. Ricca di proteine (fino al 20,1% di sostanza secca) e di fibre, con un elevato contenuto di cellulosa grezza (25%), contribuisce a migliorare la digestione negli animali erbivori. L’erba medica è anche ricca di vitamine (A, E, K), essenziali per la crescita e la salute degli animali.

A livello di minerali, l’erba medica si distingue per l’elevato contenuto di magnesio, potassio e ferro, ma soprattutto di calcio, minerale fondamentale per ossa e denti forti. L’erba medica viene consumata soprattutto sotto forma di germogli, che sono spesso inclusi nelle diete salutari grazie al loro basso contenuto calorico e all’elevato contenuto di vitamine e antiossidanti (Inrae Cirad Afz 2021).

L’erba medica consuma meno acqua e meno fattori produttivi rispetto ad altre leguminose, contribuendo a ridurre la dipendenza dai fertilizzanti chimici e migliorando la struttura del terreno a lungo termine! In breve, l’erba medica è una pianta chiave per un’agricoltura più resiliente e sostenibile.

L’uso versatile dell’erba medica, sia nei mangimi che nell’alimentazione umana, dimostra il suo immenso potenziale e il suo ruolo fondamentale nelle pratiche agricole moderne.

Rugiada sull’erba medica Medicago Sativa (Foto di JMKlatte).
Di Hortizan
I fiori dell’erba medica somigliano ad altre fabacee come il trifoglio o la lupinella (Foto di Makarevitch).

Di sudestfam@protonmail.com

IL PARADISO ESISTE, PARTE I Il lungo viaggio della cannabis in Thailandia

Un vero paradiso terrestre per i fumatori di cannabis fatto di spettacolari paesaggi, spiagge bianche e tramonti fantastici che si alternano a piccole catene montuose caratterizzate da una fittissima giungla, dal clima tropicale e temperature gradevoli per gran parte dell’anno, ricco di frutti esotici e tanta anzi tantissima marijuana. Oggigiorno quel paradiso esiste, ha un nome ed una posizione precisa facilmente raggiungibile, la Thailandia. Questo paese del sud est asiatico, già meta turistica molto ambita da milioni di viaggiatori ogni anno, dopo la completa depenalizzazione della marijuana che ha di fatto reso legale anche l’uso ricreativo, si è trasformato per gli stoners e gli amanti della cannabis di tutto il mondo in quello che per Alice era il Paese delle Meraviglie.

Prima di prendere questa svolta, la Thailandia era fino a pochi anni fa uno degli Stati più pericolosi sul pianeta dove essere beccati con la marijuana, infatti le leggi prevedevano pene fino a 15 anni di carcere da trascorrere in condizioni a dir poco disumane.

Il suo impiego non si limitava solo a quello medico ma era anche utilizzata come alimento ed aveva un ruolo attivo durante i riti di carattere religioso. L’importanza culturale della cannabis e l’influenza sul popolo thailandese si andarono consolidando durante il Regno di Ayutthaya, più in particolare sotto il comando del Re Narai detto Il Grande, infatti il sovrano era un illuminato sostenitore della cannabis e del suo impiego come medicinale; si deve a lui la realizzazione di uno dei pochi manoscritti risalenti a quel periodo storico e rimasti ancora intatti fino ai giorni nostri, conosciuto con il nome di Medical Texts of King Narai è un ricettario che raccoglie una lunga serie di preparazioni erboristiche provenienti dalle antiche tradizioni locali, tra le quali è spesso presente la pianta di cannabis.

Il periodo di splendore della cannabis in Thailandia subì un primo colpo di arresto durante il regno di Re Rama VI, sotto l’influenza degli Stati Uniti il monarca adottò una politica repressiva ma che di fatto non ebbe alcun effetto reale. Nel 1934 arrivò la prima legge sulla cannabis emanata dal Parlamento thailandese, il Cannabis Act 2477 B.E., che criminalizzava il possesso, la coltivazione e il commercio della pianta di cannabis e delle sue parti ma le pene previste erano abbastanza lievi.

Nonostante il proibizionismo si fece più feroce, soprattutto dopo l’adesione alla Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1979, portando negli anni a centinaia di arresti e tentando in tutti i modi di reprimerne l’uso, la marijuana ha continuato a far parte della vita del popolo thailandese che non ha mai smesso di utilizzarla.

STORIA DELLA MARIJUANA IN THAI

La cannabis fa parte della Storia della Thailandia già da circa un millennio, le prime tracce che documentano il suo utilizzo risalgono al Regno di Sukhothai, un antico Stato monarchico che controllò a partire dal 1238

d.C. e per i successivi duecento anni gran parte dei territori corrispondenti all’odierna Thailandia. La cannabis era ampiamente diffusa tra la popolazione locale, era utilizzata soprattutto per scopi terapeutici, infatti la farmacopea dell’epoca includeva numerosi medicinali che venivano preparati con la cannabis.

Nel frattempo le coltivazioni clandestine e il mercato illegale iniziarono ad espandersi a macchia d’olio, in particolar modo in alcune regioni del nord-est della Thailandia. A partire dagli anni ‘70 la marijuana thailandese iniziò a diffondersi anche in Occidente, infatti molti dei soldati americani che erano di istanza nelle basi militari dislocate in Thailandia durante la guerra del Vietnam,

Il Buddha è un elemento molto ricorrente nella cultura thailandese.

facevano un largo uso dell’ottima marijuana locale ed alcuni di loro avviarono delle operazioni di esportazione clandestine. Il traffico di marijuana proseguì anche dopo la fine della guerra; molte di queste operazioni erano pianificate da signori della droga locali, veterani di guerra e surfisti hippie innamorati delle spiagge thailandesi.

Negli anni ‘90 le esportazioni subirono un drastico calo per vari motivi, tra i quali una minore richiesta da parte dei due principali acquirenti della marijuana thailandese cioè l’Europa e gli Stati Uniti, un maggiore inasprimento del proibizionismo nel sud est asiatico insieme a delle politiche adottate dal governo thailandese che incoraggiavano la popolazione coinvolta nel traffico di marijuana a sostituire le coltivazioni illegali con prodotti legali. La svolta arriva nel 2019 quando il governo promulga una legge che legalizza la cannabis per scopi medicinali accompagnata da un amnistia per chi era stato condannato per possesso di marijuana alla quale si appellarono decine di migliaia di persone.

Questo episodio ha messo in evidenza quanto fosse largamente diffuso il consumo illegale di marijuana in Thailandia e di come i thailandesi non abbiano mai smesso di utilizzare la marijuana nonostante le leggi draconiane fino ad allora in vigore. Con la nuova legge, aziende agricole e case farmaceutiche possono produrre cannabis per uso terapeutico, previo ottenimento di apposite licenze per la sua coltivazione e distribuzione. I pazienti possono facilmente accedere alle cure con la cannabis attraverso la sua prescrizione da parte di un medico autorizzato.

La legalizzazione della cannabis medicinale ha portato ad un superamento della stigmatizzazione che ha subito per anni aprendo la strada verso una più completa legalizzazione che arriva il 9 giugno del 2022. La pianta di cannabis e tutte le sue parti sono state rimosse dall’elenco delle sostanze stupefacenti, rendendo la coltivazione, il possesso e il consumo non più punibili.

La legalizzazione ha dato un forte impulso all’economia del paese, pensata soprattutto per le classi più svantaggiate e per la gente che vive nelle zone rurali dove le opportunità di trovare un lavoro sono molto scarse. Il risultato è stato la nascita di migliaia di aziende e negozi che si dedicano alla produzione e alla vendita di marijuana, attraendo tantissimi investitori stranieri e allo stesso tempo creando un mercato a dir poco selvaggio a causa della mancanza di una vera regolamentazione.

Dopo un breve periodo di timore di un ritorno all’illegalità per via di alcune dichiarazioni da parte del nuovo governo in carica, lo scorso settembre il Ministero della Salute ha presentato un disegno di legge che mira a regolamentare la coltivazione, la vendita e il consumo della marijuana, non criminalizzando esplicitamente l’uso ricreativo ma ponendo norme e controlli molto più severi.

THAI LANDRACES

Le varietà landraces sono degli strains di cannabis nativi di una specifica zona geogra -

fica. Queste varietà autoctone, pure al 100%, nel corso degli anni si sono evolute ed adattate al clima e all’ambiente locale. Gli strains di cannabis landraces sono alla base di moltissimi dei moderni ceppi di marijuana; infatti a partire dagli anni ‘60 molti giovani viaggiatori che seguivano la rotta hippie, visi -

Anche le isole sono un luogo di origine di alcune varietà landraces dove continuano a prosperare grazie ad alcuni growers amanti delle loro proprietà organolettiche e terapeutiche.

Le landraces thai sono varietà di cannabis sativa caratterizzate da una forma longi -

tarono dei paesi dove la marijuana cresceva spontaneamente oppure faceva parte della cultura locale, tra cui la Thailandia. Al ritorno da questi luoghi alcuni di loro portarono via con sé dei semi di cannabis autoctona e iniziarono a coltivarli e incrociarli per ottenere piante più potenti e soprattutto più adatte a crescere in condizioni differenti da quelle di origine, ad esempio a latitudini differenti oppure in serra e in indoor.

Esistono numerose varietà di landraces thailandesi provenienti da zone diverse del paese, la maggior parte hanno origine dagli altopiani che si trovano a nord e soprattutto dalla regione del Isan, una zona particolarmente dedicata alla produzione di marijuana situata al confine con il Laos e la Cambogia.

linea, di grandi dimensioni ma allo stesso tempo poco robuste, con un’altezza media di circa 3 metri, sebbene ci siano alcune varietà che superano facilmente anche i 4 metri. Le foglie sono composte da strette e lunghe foglioline tipiche della cannabis sativa e nella maggior parte dei ceppi la fioritura ha una durata di almeno 14 settimane fino ad arrivare a 20 settimane per le varietà più tardive. I rami hanno la tendenza a piegarsi sotto il peso delle infiorescenze, fino a toccare il suolo. Tra le varietà di landraces thailandesi più conosciute ci sono la Chocolate Thai nota per il suo aroma di cioccolato, la Thai Squirrel Tail proveniente dall’Isan è una marijuana caratterizzata da un potente effetto psichedelico e con un tocco di papaya e mango, la Tanaosri coltivata dalla tribù Karen, un

gruppo etnico proveniente dalla Birmania, è una landraces che offre ottime rese. Originaria dell’Isan ma molto diffusa anche nel resto del paese è la Mango Thai una varietà con un sapore fruttato e fresco che si alterna a note più terrose. Infine la Ko Chang, proveniente dall’isola omonima, è una landraces thailandese che viene coltivata dalla popolazione locale molto probabilmente da alcuni secoli ed ha un caratteristico sapore incensato.

THAI STICK

I Thai Stick sono stati per alcuni decenni il simbolo della marijuana thailandese, si trattava di un metodo di confezionamento originario delle tribù che vivevano sulle colline settentrionali e consisteva in arrotolare i fiori di marijuana attorno ad un bastoncino di bambù e infine legati con un filo di seta. Alcune volte il colore del filo utilizzato indicava il coltivatore che aveva prodotto quella marijuana, come un marchio di fabbrica. In Europa e negli Stati Uniti il termine Thai Stick era utilizzato per indicare qualsiasi varietà di marijuana proveniente dalla Thailandia, sebbene gli strains esportati siano stati tanti e differenti tra loro.

CURIOSITA’

La parola ganja viene utilizzata da secoli dal popolo thailandese per indicare e descrivere la pianta di cannabis. Il termine deriva da una parola di lingua thai la cui fonetica corrisponde a gancha, in seguito occidentalizzato in ganja.

Nel prossimo numero di Soft Secrets esploreremo più a fondo la situazione attuale in Thailandia, le tecniche di coltivazione più utilizzate e le licenze necessarie per poter lavorare, insieme a tantissime informazioni interessanti.

Tribù Long Neck & fiume Mekong.

Cannabis

IL BRAND DI CANNABIS

MONOGRAM DI JAY-Z È UN COSTOSO FALLIMENTO

Quando Jay-Z, probabilmente il rapper più famoso al mondo, ha lanciato il suo brand di cannabis nel 2020, lui e i suoi partner commerciali erano estremamente fiduciosi. Monogram avrebbe dominato il mercato californiano. A più di quattro anni di distanza, la società e i 575 milioni di dollari investiti sembrano essere andati in fumo.

“Chi troppo vuole nulla stringe”, dice il proverbio, e questo vale sicuramente per Monogram, nome che Jay-Z avrebbe ideato da solo. Consideriamo la mission, come si legge ancora sul sito web: “Monogram segna un nuovo capitolo nella cannabis, definito da dignità, cura e coerenza, è un impegno collettivo per darvi il meglio e un’umile ricerca per scoprire cosa significhi davvero il meglio”.

‘Domineremo il mercato’

Belle parole, ma si trattava soprattutto di dollari. Dietro Monogram c’era The Parent Company, abbreviata generalmente in TPCO, fusione di tre società del settore della cannabis. Nel 2020, TPCO deteneva venti marchi di cannabis, da Mirayo di Carlos Santana a Marley Natural, diverse strutture di coltivazione e una rete di punti vendita di erba in California. Michael Aurbach, membro del Consiglio di

Amministrazione, ha dichiarato nel 2020: “Domineremo e consolideremo il mercato. Qualsiasi piccolo attore del settore farà molta fatica a competere con noi”.

Dei 575 milioni di dollari che TPCO aveva in liquidità all’epoca non è rimasto nulla, come ha riferito il sito web californiano SFGate all’inizio di dicembre 2024. TPCO si è fusa con un’altra società del settore della cannabis, anch’essa in difficoltà finanziarie. Il sito web di Monogram sostiene che i suoi prodotti a base di cannabis sono in vendita in otto punti vendita in California e in un punto vendita in Arizona. Ma nessuno di questi nove negozi ha nulla di Monogram nel proprio menu, evidenzia SFGate. Doloroso.

Artigiani rollatori

Fra le notizie relative a Monogram, continua a figurare un prodotto in particolare: una canna pre-rollata da 50 dollari (48,58 euro). Questa “OG Handroll” contiene 1,5 grammi di erba e, a detta di Monogram, viene rollata a mano da “artigiani rollatori appositamente formati” che triturano l’erba a mano. Per rollare le canne, adottano “una tecnica antica studiata ad hoc

dall’Ambasciatore della Cultura e della Coltivazione di Monogram, DeAndre Watson”.

Le varietà di cannabis di Monogram, come avviene per Chanel, non hanno nomi, bensì numeri: No01, No03 e No96. Queste tre varietà hanno lo stesso prezzo: 40 dollari per un barattolo da due grammi (19,50 euro al grammo) o 70 dollari per un barattolo da quattro grammi (17,06 euro al grammo). Sono prezzi piuttosto salati.

Soprattutto in California, dove il prezzo dei prodotti a base di cannabis sta subendo forti pressioni e i fornitori illegali hanno ancora una grossa fetta di mercato. Solo il 40% dei comuni californiani consente la vendita al dettaglio.

La Weed Factory di Jay-Z

Chiunque cerchi di vendere erba a quasi 20 dollari al grammo e canne a oltre 48 dollari l’una su un mercato del genere, si sta preparando a fallire. Nel 2021, la rivista GQ ha visitato la “Jay-Z’s Weed Factory” a San Jose, in California, una struttura di oltre 92.000 metri quadrati, con una produzione annua di circa

cinquemila chili di cannabis. La reporter è stata accompagnata da DeAndre Watson, che ogni settimana vola da Los Angeles a San Jose per controllare le piante.

Quando la reporter confessa che la sua OG Handroll aveva un aspetto piuttosto grumoso e continuava a spegnersi nel giro di pochi secondi, Watson la rassicura del fatto che è proprio questo il punto. Le cartine vengono “accartocciate a mano una a una in modo tale che brucino in maniera più uniforme” e l’erba non viene macinata finemente, viene divisa in “mini perle”. Questo rende quindi la fumata della canna “un’esperienza prolungata, senza fretta, in cui la si accende, la si lascia spegnere e la si accende di nuovo”, dice Watson.

Il brand delle celebrità

Suona un po’ come promuovere le bistecche fredde e dure come scoperta culinaria in cui si vive una nuova esperienza gustativa grazie a una migliore masticazione e a temperature più basse. Nonostante mezzo miliardo di dollari e il rapper più famoso del pianeta come testimonial, la caduta di Monogram dimostra che il branding delle celebrità ha comunque i suoi limiti. E forse anche che non si può ingannare chi fa uso di cannabis con discorsi fantasiosi e prodotti mediocri venduti a prezzi altissimi.

Il sito web di Monogram è ancora online a metà gennaio 2025. Monogram e Jay-Z hanno lasciato TPCO, come riporta SFGate: “Nel dicembre 2022, Monogram si è ufficialmente separata da TPCO ed è ora di proprietà di una società quotata distinta, secondo le informazioni azionarie di Gold Flora”. Questa società ha ancora l’esclusiva sulla vendita dei prodotti Monogram in California. Non è chiaro quando Gold Flora abbia smesso di vendere; la società non ha risposto alle domande di SFGate.

Jay-Z ha altre cose a cui pensare. All’inizio di dicembre 2024, una donna di 38 anni lo ha accusato di averla violentata nel 2000.

Tramite il suo legale, Jay-Z ha negato l’accusa. Per rilassarsi, il rapper può fumare la sua erba o bere un bicchierino di SirDavis, il whisky che la moglie Beyoncé ha lanciato lo scorso anno.

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