Progettare un libro visivo
Diario di un vecchio pazzo di Junichiro Tanizaki
Piraino Sabrina Tesi di laurea di Primo Livello Politecnico di Milano Corso di laurea in Design della Comunicazione A.A. 2015/2016 Relatore - Prof. Mario Piazza
Indice:
Introduzione
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Analisi - Trama - Autore - Stile e tematiche - Aspetto visivo ed. tascabili Bompiani
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Vincoli
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Ricerca e ispirazioni
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Idea e scelte progettuali
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Realizzazione - Formati e griglie - Tipografia - Carta e materiali - Rilegatura
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Fotografie del progetto
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Bibliografia e sitografia
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Ringraziamenti
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Introduzione Il Laboratorio di Sintesi Finale dell’anno accademico 2015/2016 partiva con l’obiettivo di trasformare una pubblicazione esistente in un libro visivo, ovvero un artefatto grafico in grado di comunicare qualcosa in più del semplice libro: attraverso l’uso della tipografia, dell’impaginazione, della confezione, pur non alterando il contenuto del testo. L’esempio opposto al libro visivo è rappresentato dalle serie di libri appartenenti a una medesima collana: titoli diversi vengono omologati in un certo progetto grafico, che li rende immediatamente riconoscibili tra loro, appiattendo l’identità propria di ciascuno. L’oggetto “libro” diventa il mero contenitore del testo, non ha importanza comunicativa specifica, se non fornire le informazioni di base nel formato chiuso. Nel libro visivo, l’ideazione si basa su uno studio del singolo testo preso in analisi e la conseguente scelta formale progettuale non potrebbe mai calzare alle caratteristiche di un altro testo. La progettazione di un libro visivo ha come definizione quella di espanderne la fruizione per chi lo legge, aggiungere livelli sensoriali di esperienza, senza modificarne il senso dello scritto. Questo metodo progettuale vuole dare al lettore finale un valore aggiunto, fornire suggestioni e rendere la lettura un’esperienza più intensa. Ogni scelta stilistica e grafica compiuta dal progettista ha come scopo di aumentare il valore comunicativo del libro, impreziosire l’esperienza di lettura e a coinvolgere emotivamente il lettore. I titoli proposti quest’anno nel Laboratorio appartenevano al tema Sacro e Profano, il libro preso in esame fa parte della seconda categoria: il romanzo dell’autore giapponese Junichiro Tanizaki, Diario di un vecchio pazzo. Introduzione
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Analisi Trama Diario di un vecchio pazzo (Titolo originale: Fūten Rōjin Nikki) è un romanzo di genere erotico e psicologico, scritto da Junichirō Tanizaki nel 1962. È l’ultima opera dell’autore giapponese e contiene numerosi elementi autobiografici. Utsugi Tokusuke è un anziano capofamiglia, esponente della ricca borghesia giapponese degli anni ‘60. A causa dell’età e della vista non più tanto buona fatica a leggere, ma ama scrivere e riporta in un diario la sua vita quotidiana e i suoi pensieri tra il 16 giugno e il 18 novembre 1960. È un vecchio ammalato, che non rinuncia però ai piaceri della vita e si riaccende di passione e di desiderio nei confronti della nuora, Utsugi Satsuko, una donna giovane, bella e sfrontata, che per interesse o per sadismo lo fa quasi impazzire. La donna, oltre che per l’avvenenza, colpisce Tokusuke anche per i costumi spregiudicati (ha infatti l’amante, assiste a incontri di boxe e guida l’automobile) e per il modo di vestire all’occidentale, in forte contrasto con le altre componenti della famiglia. Sottili giochi erotici uniscono i due personaggi in un rapporto ambiguo e al di là di ogni schema. L’attrazione sessuale verso Satsuko è connotata da forti elementi di feticismo, tanto che i piedi della donna diventano l’oggetto di desiderio prevalente dell’anziano e ormai impotente suocero. Il diario inoltre, riporta dettagliate descrizioni delle cure e degli esami medici a cui l’anziano è sottoposto. Il romanzo è scritto quasi per intero in forma di Trama
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diario, sul finale vengono riportate le note redatte dalla sua figlia maggiore, Shiroyama Itsuko, dal medico curante dottor Katsumi e dalla signora Sasaki, l’infermiera che ha in cura il vecchio. Le note risalgono ai mesi successivi rispetto alla fine del diario, un periodo nel quale Tokusuke non è più in grado di scrivere autonomamente a causa dell’aggravarsi della malattia.
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Trama
Autore Junichiro Tanizaki
Autore
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Biografia
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Autore - Biografia
Tanizaki Junichirō nasce a Tōkyō nel 1886 in una famiglia benestante del quartiere di Nihonbashi, fulcro della cultura urbana e mercantile della città, primo di numerosi fratelli. Ha una vita tranquilla sino ai 17 anni, quando i suoi subiscono un tracollo finanziario che lo obbliga a guadagnarsi da vivere come insegnante privato. Sollecitato dai primi successi ottenuti con la pubblicazione di racconti brevi sulla rivista della scuola e appassionato di letteratura, si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università Imperiale di Tōkyō, ma è il periodo meno soddisfacente della sua vita. Non riuscirà a laurearsi e sarà anzi espulso per non aver pagato le tasse. Su di lui pesa inoltre il fatto che il mondo letterario che lo circonda, e nel quale ha deciso di entrare, pare soffocato da nuove mode letterarie, come il “naturalismo” e soprattutto lo shishōsetsu, cioè il “romanzo dell’io”, dove la presenza dell’autore predomina sulla narrazione. Il giovane Tanizaki, assieme a un gruppo di dilettanti e con l’aiuto finanziario di amici, fa rinascere la rivista “Shinshichō” (che era fallita con Osanai Kaoru), nei primi cinque numeri della quale pubblica il dramma storico Tanjō, una critica al romanzo Mon di Nastume Sōseki, un altro dramma, Zō, e i racconti The affair of Two Watches, Shisei e Kirin, 1910. Il riconoscimento ufficiale giunge l’anno successivo con la pubblicazione su “Chūōkōron” di Himitsu. Già l’uscire su questa rivista era un traguardo ambito, ma la consacrazione viene dalla penna di Nagai Kafū, scrittore considerato all’avanguardia del movimento antinaturalista, che in un saggio elogia l’atmosfera tardo-romantica e decadente che trasuda dalle pagine di questo racconto, sottolinea “l’urbanità” dell’autore, cioè le sue proAutore - Biografia
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fonde radici nella tradizione, nonché “... il fascino misterioso che gli viene da una paura carnale”. Siamo nel 1911 e Tanizaki ha 25 anni. Ha inizio un periodo che i critici giapponesi, sempre amanti delle etichette, definiscono “diabolico”, dominato da una vena sadica e sensuale che, come è ovvio, si scontra con la censura. Un racconto, Taifū (1911) che gli era stato richiesto da Nagai Kafū per “Mita bungaku”, non può essere pubblicato per offesa alla morale pubblica, altri sono sottoposti alla censura tramite i fuseji, cioè la sostituzione con una x o con un circoletto dei caratteri che formano la parola incriminata, con il risultato che si lasciava alla fantasia del lettore (probabilmente a questo punto più sfrenata di quella dell’autore) di colmare le lacune. Un esempio è Hyōfū del 1911 al quale in seguito Tanizaki si rifiutò di rimpiazzare i fuseji, sostenendo con la consueta ironia che ormai (siamo nel 1950) non si ricordava più cosa aveva scritto. Successivamente arrivano anni di “vagabondaggio” (così da lui stesso definiti) sia fisico che morale, punteggiato da un matrimonio fallito, da un’irrequietezza che si manifesta in frequenti traslochi, da un viaggio in Cina e rattristato infine dalla morte della madre (1917). Tanizaki ne idealizza subito il ricordo e nella sua successiva produzione aleggia spesso l’ombra del desiderio di riallacciare il rapporto con lei, desiderio che si fa talvolta ossessivo. Nel 1923, come conseguenza del grande terremoto del Kantō, lo scrittore si trasferisce nel Kansai, cioè nella zona di Kyōto/ōsaka/Kōbe, che diviene la sua residenza d’elezione e la cui diversa atmosfera influirà sulla sua successiva produzione
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Autore - Biografia
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La permanenza nel Kansai coincide con il cosiddetto periodo “classico”, così chiamato perché molte opere hanno uno specifico riferimento al passato. O sono ambientate in epoche storiche ben definite (Mōmoku monogatari, 1931, Bushūkō hiwa, 1931, Shōshō Shigemoto no haha, 1950), o in un passato di sogno (Ashikari, 1932), o ne sono la traduzione fedele, come la versione moderna del Genji monogatari [Storia di Genji], alla quale dedicò parecchi anni e tre stesure diverse. Negli anni successivi compone quelli che vengono ritenuti dalla critica i suoi capolavori: Sasame Yuki (Neve sottile) terminato nel 1948, Kagi (La chiave, 1956) e Futen rojin nikki (Diario di un vecchio pazzo, 1962). L’autore muore a Atami il 30 luglio 1965 a 79 anni.
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Stile e tematiche Junichiro Tanizaki utilizza uno stile di scrittura semplice, descrittivo e introspettivo, grazie all’uso dell’ironia e dell’umorismo, la narrazione risulta piacevole e fluida. Nel romanzo Diario di un vecchio pazzo vengono toccati tutti i principali temi che hanno contraddistinto l’autore nella sua intera produzione.
Il feticismo dei piedi Un tema ricorrente in Tanizaki, il mondo segreto e affascinante del piede femminile, quel candido piede “capace di succhiar via il sangue a un uomo e di calpestarne il cadavere”. Frasi tratte dalle pagine di I piedi di Fumiko (Fumiko no ashi, 1919), dove agli occhi del vecchio libertino il piede della giovane donna si umanizza e quindi “ride”, “ammicca”, “si ritira impaurito” o assume “un’aria civettuola”. “Oggi ti permetto di più che le labbra. Puoi toccarmi anche con la lingua.” Nella stessa posizione del 28, succhiai con le labbra il polpaccio di Satsuko e lo assaporai a lungo con la lingua. È qualcosa di vagamente simile a un bacio. Continuai a scendere strisciando dalla gamba fino al calcagno. Contrariamente a quello che mi sarei aspettato, non protestò. Mi lasciò fare semplicemente. La lingua raggiunse il dorso del piede e scese fino alla punta dell’alluce. M’inginocchiai per terra e sollevai il piede con la mano e missi in bocca l’alluce e il secondo e terzo dito. Toccai con le labbra la pianta del piede bagnato: aveva un aspetto affascinante, quasi fosse un viso.
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Stile e tematiche
Il fascino della crudeltà Tanizaki mostra spesso nei suoi personaggi maschili il desiderio di assoggettarsi a una donna bella e crudele, l’amore non deve essere romantico e gentile ma eccitante e allo stesso tempo doloroso. Supponiamo che ci siano due donne, una più bella dell’altra, e tutte e due conformi ai miei gusti. La prima è gentile, cordiale, e l’altra è poco gentile e anche bugiarda, ingannatrice. Se mi chiedete quale delle due mi attragga di più, vi risponderò: “In questo momento preferisco la seconda.” Tuttavia, la seconda non deve essere neppure minimamente inferiore in bellezza alla prima. Per quanto riguarda la bellezza io ho i miei gusti e tutti i particolari del viso e del corpo vi si devono conformare. Non mi piace un viso con il naso troppo alto e lungo. È essenziale che i piedi siano piccoli e bianchi. E a parità di bellezza nei dettagli, mi sentirò più attratto dalla donna malvagia. Talvolta ci sono donne che mostrano in viso dei tratti di crudeltà: quelle sono le mie preferite. Quando vedo donne con qualcosa di crudele nell’espressione del viso, mi piace pensare che vi corrisponda anche il carattere e lo spero.
Il desiderio ossessivo della “donna” e della”madre” Dopo la perdita della madre Tanizaki ne idealizza il ricordo, e nei racconti successivi spesso si percepisce l’ombra del desiderio di riallacciare il rapporto con lei, in questo romanzo ciò avviene solo in sogno. Questa mattina presto, ho sognato mia madre. È raro per me che non sono mai stato molto devoto ai genitori. Sarà senz’altro dipeso dal sogno dei grilli e della bambinaia di ieri mattina. Nel sogno mia madre era molto giovane e bella, come la potevo ricordare. Non so dove fossimo di preciso ma doveva Stile e tematiche
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essere quando si stava a Honjo. Portava un kimono grigio con piccoli disegni e lo haori leggero di crespo di seta nera che indossava per uscire. Non capivo dove volesse andare, o in quale stanza si trovasse. Forse nella sala perché sedette, estrasse dall’obi l’astuccio col kiseru e il portatabacco e tirò alcune boccate. Ma chi sa come, si trovava già fuori casa, e camminava con gli zōri a piedi nudi come si usa ad Azuma. Era pettinata come una giovane sposa all’ichōgaeshi, e portava nei capelli le spille di corallo e un pettine di tartaruga intarsiato di madreperla. Benché abbia distinto così nei particolari la sua pettinatura, non ricordo il suo viso. Come tutte le donne di una volta, mia madre era piccola di statura e misurava appena un metro e cinquanta. Forse per questo motivo ho sognato solo la sua testa. Tutta via ero sicuro che fosse mia madre. Purtroppo non ha nemmeno guardato verso di me e non mi ha detto una parola. Neppure io le ho parlato. Mi pare d’esser stato zitto perché avevo l’impressione che mi avrebbe sgridato se avessi aperto bocca. C’è una casa di parenti a Yokoami, e pareva che stesse andando da loro. Fu soltanto un minuto e poi tutto si annebbiò.
La tensione tra l’amore per la tradizione e la cultura occidentale Attraverso il racconto del vecchio si ha l’impressione di essere affacciati a una finestra, un piccolo spiraglio della quotidianità di una famiglia benestante della borghesia Giapponese degli anni ‘60. Dall’interazione dei personaggi traspare la società patriarcale, il rispetto che portano all’anziano capofamiglia nonostante i suoi comportamenti talvolta bizzarri, l’importanza tutta orientale che hanno le apparenze e la reputazione. Con le descrizioni degli ambienti, degli abiti tradizionali e delle usanze si ha l’impressione di toccare l’atmosfera che si vive a casa del protagonista. Allo stesso tempo, siamo negli anni ‘60, la cultura occidentale più moderna ha attraversato l’oceano 20
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e in particolare la protagonista femminile ne ha accolto l’emancipazione e la sfrontatezza. Da giovane, mia madre era bella; così diceva la gente. Anch’io me la ricordo a quel tempo, avevo quindici o sedici anni, e lei era splendida. Quando paragono il ricordo che ho di lei con Satsuko, mi accorgo della grande differenza fra loro. Anche Satsuko passa per una bella donna ed è ben per questo che Jokichi l’ha sposata. Ma quanta distanza tra la bellezza fisica di una giapponese del 1890 e una del 1960! Anche i piedi della mamma erano belli, ma la bellezza dei piedi di Satsuko è completamente diversa. È quasi difficile pensare che siano i piedi di persone della stessa razza. I piedi di mia madre erano piccoli e graziosi e stavano quasi sul palmo della mia mano. Portava warazōri e camminava a passettini tenendo le punte rivolte verso l’interno. (Mi viene in mente ora che mia madre nel sogno non portava calze, eppure era vestita da cerimonia con lo haori in crespo di seta nera. Che lo facesse apposta per mostrarmi i piedi nudi?) Non soltanto le belle, ma tutte le donne di Meiji camminavano con le punte dei piedi rivolte verso l’interno. I piedi di Satsuko sono lunghi e delicati come sogliole. Satsuko si vanta di non riuscire a trovare calzature adatte a suoi piedi: sono tutte troppo grandi. Al contrario, i piedi di mia madre erano così larghi che facevano venire in mente quelli del bodhisattva Fukūkenjaku kannon del tempio Sangetsudō di Nara. Anche la statura era bassa come quella di mia madre. Le donne che non arrivano a un metro e cinquanta non erano rare. Anch’io, che sono nato nel periodo Meiji, misuro appena un metro e cinquantasei. Satsuko misura quasi un metro e sessantadue. Una volta anche la maniera di truccarsi il viso era molto diversa; era molto più semplice. Le donne sposate, e quelle che avevano più di diciotto, diciannove anni, rasavano le sopracciglia e tingevano i denti di nero. Dalla metà di Meiji, anche questo costume è stato abolito, ma quando ero piccolo era ancora in voga. Mi ricordo che quando si annerivano i denti si sentiva il caratteristico odore metallico della tintura. Mi chiedo cosa avrebbe pensato Satsuko se avesse visto mia madre truccata a quel modo. Ha i capelli ondulati con la permanente, porta orecchini, si tinge
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le labbra con colori come rosa corallo, rosa perla, o marrone caffè. Tinge le sopracciglia e le palpebre con la matita, mette le ciglia finte e, non contenta, cerca di dare l’impressione delle ciglia lunghe curvandole con apposite forbici. Si dipinge gli occhi con la matita marrone scuro di giorno e di sera mescola il nero della matita con l’inchiostro di china. Poi segue un procedimento altrettanto complesso per la cura delle mani. Entrare nei dettagli sarebbe complicato e fastidioso. È possibile che la donna giapponese sia cambiata così radicalmente in settant’anni soltanto?
La paura della morte La passione e la sensualità, note dominanti di tutta l’opera dello scrittore giapponese, raggiungono nel Diario di un vecchio pazzo un apice di tensione e tormento che si fonde con il timore e l’attesa della morte e della catarsi finale. Immaginai di esser davvero in punto di morte. Pensavo di esseci preparato, ma quando mi parve proprio il momento di morire, ebbi paura. E con tutte le forze pensai: sta’ calmo, non eccitarti. *** Quando i suoi piedi saranno sulla mia lapide e lei penserà: “Ora calpesto le ossa di quel vecchio rimbambito”, il mio spirito vivrà e sentirà tutto il peso del suo corpo e proverà dolore e proverà la liscia sensazione della pianta dei suoi piedi. Anche da morto ne sarò cosciente. Non può essere altrimenti. Anche Satsuko sentirà allora la presenza della mia anima che sotto terra sopporta il suo peso con gioia. Probabilmente sentirà il rumore delle mie ossa sotto terra, che si urteranno e si incroceranno, ridendo, cantando e stridendo l’una contro l’altra, e non soltanto quando lei si troverà realmente sulla pietra. Al solo pensiero dell’esistenza della pietra con le impronte modellate sui suoi piedi, sentirà le mie ossa gemere. Piangendo, griderò: “Ahi! Ahi!” Poi: “Fa male ma sono felice, non sono mai stato così felice. Sono infinitamente più felice di quando ero vivo.” 22
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Aspetto visivo edizione Tascabili Bompiani Per sviluppare il progetto è stato analizzato il testo edito da Bombiani nel febbraio 2000, nella collana “tascabili Bompiani”. Misure: 19,2 cm x 12,5 cm Progetto grafico: Polystudio. La prima di copertina è caratterizzata da una banda laterale di un grigio caldo, posta in trasparenza sul lato sinistro, che va a coprire anche il dorso del libro. Ha una forma stondata che sporge per quasi due centimetri sulla copertina nel punto più largo, il logotipo “Tascabili Bompiani” è posizionato al centro della banda e in verticale. La metà superiore della copertina è bianca, quella inferiore è occupata da un’immagine dell’archivio di Polystudio, è una foto ritoccata, ricolorata a tinte pastello, ha come soggetto delle donne giapponesi in abito tradizionale che bevono tè all’aperto. La copertina è flessibile e patinata opaca, la rilegatura è una brossura fresata. All’interno il testo è giustificato, sono presenti delle illustrazioni in bianco e nero (xilografie di Shiko Munakata) poste nella cornice del testo, posizionate in alto nella pagina, con larghezza a giustezza del testo.
Aspetto visivo ed. Tascabili Bompiani
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Aspetto visivo ed. Tascabili Bompiani
Aspetto visivo ed. Tascabili Bompiani
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Vincoli La pubblicazione scelta è un romanzo di fantasia, seppur con diversi spunti autobiografici; poteva prestarsi ad una reinterpretazione tramite tipografia, illustrazione, fotografia e molto altro. I vincoli imposti dal romanzo quindi risultavano pochi: in generale l’unico limite era quello di mantenere vivi i temi cari a Tanizaki, in modo che il risultato potesse rispecchiare l’autore stesso.
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Vincoli
Ricerca e ispirazioni Tipologia letteraria - il diario Diario è una forma narrativa in cui il racconto – reale o di fantasia – è sviluppato cronologicamente, spesso scandito ad intervalli di tempo regolari, solitamente a giorni. Può essere la cronaca della vita o di un periodo di vita di una persona, ma anche la raccolta di annotazioni giornaliere in cui vengono descritti fatti di rilievo, avvenimenti politici, sociali, economici, osservazioni di carattere scientifico o altro. Dal punto di vista della tipologia testuale è la forma che di solito rivela la parte più intima dell’autore. Chi scrive lo fa per puntualizzare a sé stesso ciò che gli sta accadendo in quel periodo, senza pensare troppo al passato ma ponendo l’attenzione sul presente. Solitamente all’inizio di una pagina viene scritta la data in cui si scrive; il destinatario può essere o il diario stesso o un amico immaginario. Il linguaggio è di solito semplice, esistono anche, oltre ai diari veri, quelli creati da un autore che si inventa un personaggio che parla di sé. Con diario si indica anche il supporto materiale dove questo racconto viene realizzato; un quaderno o una agenda di un formato solitamente tascabile. Solamente nel Rinascimento il diario si distinse dall’autobiografia e dalla cronaca, assumendo in ambito clericale la funzione di annotatore di appunti da ricordare e di eventi spirituali dello scrivente, utili per un miglioramento ed un perfezionamento. In un secondo tempo questa tendenza passò anche nel mondo laico.
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Legatoria tradizionale giapponese La legatoria giapponese è frutto di una sintesi che ha sviluppato, attraverso la misura e la leggerezza, oggetti di carta nei quali si traducono alcuni elementi essenziali dell’arte e della filosofia orientale. Strutturata in 18 stili differenti, comprese alcune variazioni di uno stesso modello, la legatoria tradizionale giapponese rappresenta un piccolo mondo che andrebbe riscoperto e valorizzato.
Periodo Edo (1603 - 1868) Durante il periodo Edo una serie di fattori favorirono la crescita e la diffusione della pubblicazione di libri. La riunificazione del paese sotto lo shogunato Tokugawa garantì un lungo periodo di pace, e le condizioni più stabili dal punto di vista economico e sociale favorirono la crescita delle città e una più diffusa alfabetizzazione. La carta cominciò ad essere più facilmente reperibile proprio nel momento in cui la domanda era in forte crescita. Importanti opere classiche di letteratura giapponese, come La storia di Genji e i Racconti di Ise, iniziarono a circolare in forma stampata, dando impulso alla diffusione di libri sui più disparati argomenti: romanzi popolari, storie illustrate, studi accademici sulla storia, la geografia e la matematica.
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Fukuro toji Verso il XIV° secolo cominciò a diffondersi il Fukuro toji, un tipo di legatura - sempre di origine cinese - che in breve tempo finì per soppiantare tutte le altre e che ancora oggi è considerato lo stile più tipico della legatoria giapponese. Questa legatura è caratterizzato dalle pagine “a sacchetto”, piegate a metà e cucite lungo il dorso sul lato aperto; ogni foglio, impilato sugli altri con le pieghe ben allineate sul davanti, crea una sorta di busta, aperta nella parte anteriore (testa) e inferiore (piede). Questa tecnica risolveva soprattutto un problema pratico: la carta giapponese, molto morbida e assorbente, non permetteva di scrivere o dipingere sul rovescio del foglio, in quanto gli inchiostri, penetrando molto in profondità, lo rendevano inutilizzabile.
Libri cuciti Fukuro toji Legatura a quattro fori: Yotsume toji Lo Yotsume toji è la legatura base a quattro fori con pagine a sacchetto (Fukuro toji); con le sue tre varianti (Kangxi, Asa-no ha toji e kikkō toji) rappresenta lo stile più facilmente riconoscibile della legatoria tradizionale giapponese. Lo Yotsume toji presenta una cucitura visibile lungo la linea del dorso attraverso quattro fori equidistanti tra loro. La tipica pagina a sacchetto è realizzata lasciando la piega di ciascun foglio allineato sul margine anteriore del libro. Il testo viene precedentemente tenuto insieme mediante una doppia cucitura interna (Nakatoji) realizzata con una coppia di stringhe di carta. Un angolare (Kadogire) in carta o tela funge da raffinata decorazione.
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Wabi-sabi Costituisce una visione del mondo giapponese, o estetica, fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose. Tale visione, talvolta descritta come “bellezza imperfetta, impermanente e incompleta” deriva dalla dottrina buddhista dell’anitya (sanscrito, giapp. mujō; impermanenza). Richard R. Powell, autore di Wabi Sabi Simple (2004), riassume dicendo “il wabi-sabi nutre tutto ciò che è autentico accettando tre semplici verità: nulla dura, nulla è finito, nulla è perfetto”. Le parole wabi e sabi non si traducono facilmente. Wabi si riferiva originariamente alla solitudine della vita nella natura, lontana dalla società; sabi significava “freddo”, “povero” o “appassito”. Verso il 14esimo secolo questi significati iniziarono a mutare, assumendo connotazioni più positive. Wabi identifica oggi la semplicità rustica, la freschezza o il silenzio, e può essere applicata sia a oggetti naturali che artificiali, o anche l’eleganza non ostentata. Può anche riferirsi a stranezze o difetti generatisi nel processo di costruzione, che aggiungono unicità ed eleganza all’oggetto. Sabi è la bellezza o la serenità che accompagna l’avanzare dell’età, quando la vita degli oggetti e la sua impermanenza sono evidenziati dalla patina e dall’usura o da eventuali visibili riparazioni. Altra interpretazione possibile è “bellezza austera e, quasi malinconicamente, chiusa in sé”.
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Araki Nobuyoshi Nobuyoshi Araki (Tokyo, 25 maggio 1940) ingegnere e cineasta di formazione, è un fotografo giapponese noto principalmente per le sue opere di genere erotico.
Biografia Dopo aver studiato fotografia, cominciò a lavorare per l’agenzia pubblicitaria Dentsu, dove conobbe la sua futura moglie Yoko. Dopo il matrimonio, Araki pubblicò una raccolta di fotografie (Sentimental journey, 1971) scattate alla moglie durante il loro viaggio di nozze. Yoko morì nel 1990 di cancro alle ovaie. Le foto dei suoi ultimi giorni vennero pubblicate da Araki in un libro dal titolo Winter journey. Affascinato dalle donne e dalla città di Tokyo, Araki documenta il quotidiano con l’idea di “mostrare tutto” per quello che è: noto per i suoi reportage sull’industria del sesso giapponese, negli anni ottanta focalizzò la sua attenzione su Kabukichō, storica zona a luci rosse di Shinjuku, un quartiere di Tokyo. Le relative foto, raccolte in Tokyo lucky hole, risalgono al biennio 1983-1985. Ha pubblicato più di 350 libri ed è considerato uno degli artisti più prolifici di sempre. Ha lavorato anche per riviste come Playboy, Déjà-Vu ed Erotic Housewives. È stato più volte arrestato in Giappone, anche se non è mai finito in carcere, con l’accusa di oscenità; anche il direttore di un . museo venne arrestato per aver esposto delle sue foto. La musicista Björk è una sua grande ammiratri34
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ce: è di Araki la copertina dell’album di remix Telegram, ha inoltre posato per un intero set di fotografie, alcune contenute all’interno del libretto dell’album. Più di recente ha fotgrafato la cantante pop Lady Gaga. Araki scatta continuamente in bianco e nero, a colori, utilizzando apparecchi semplici, flash illuminanti e Polaroid per ottenere il massimo di spontaneità e immediatezza. La sua ricerca è volta a indagare il confine tra la vita e la morte, tra l’apogeo e il deterioramento della bellezza (come si vede negli still life dei fiori, splendidi, ma già prossimi al degrado). I suoi temi si articolano in cicli quasi ossessivamente interminabili e dal carattere autobiografico: Tokyo Nostalgy, Tokyo Diary, Tokyo Nude, Polamandara, Shousetsu Seoul. La sua è un’arte che divide, si ama o si odia, ma è difficile che lasci indifferenti. Quando guarda la sua metropoli ricerca un contatto con tutte quelle solitudini che percepisce tra la folla. Nel 2005 il regista Travis Klose ha realizzato un documentario sulla sua arte dal titolo Arakimentari. I suoi lavori sono conservati in numerosi musei, fra cui la Tate e il San Francisco Museum of Modern Art.
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Idea e scelte progettuali Inizialmente era nata l’idea di trasformare il romanzo in un diario “vero e proprio”, dare l’idea che fosse un oggetto usurato, rilegato in pelle, con degli oggetti riposti tra le pagine, per esempio biglietti del teatro o cartoline, scritto con un carattere che ricordasse la stesura a mano. Come se fosse un’agenda di una ragazza occidentale, che scrive i suoi pensieri, annota ricordi e confidenze. Dopo una seconda lettura del romanzo invece, sono maturate riflessioni differenti: sarebbe stato così il romanzo se l’autore avesse avuto la possibilità di progettarlo? La cultura giapponese è molto diversa da quella occidentale, rispetto al caos predilige l’ordine, la quiete, la contemplazione. Il concetto di estetica in Giappone è considerato una parte integrante della vita quotidiana. A fronte di queste riflessioni anche il tiro delle ricerche è stato corretto: si è cercato di mostrare la tradizione attraverso la confezione, quindi le legature dell’antico Giappone. Il protagonista del romanzo e l’autore stesso mostrano però un dualismo insolubile: sono attaccati alla propria cultura e tradizione, ma sono attratti dall’occidente, così acattivante ed esotico. Si è cercato perciò un modo di mostrare questo contrasto, e si è trovato il fotografo Araki. Cittadino giapponese, ha fatto spesso scandalo per i suoi scatti volutamente forti, esplicitamente erotici, ma anche ironici, fatti per sconvolgere e spiazzare. Molto lontano dalla linea di pensiero
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tipicamente giapponese. Infine dalle ricerche fatte sono maturate le seguenti riflessioni: il diario è un oggetto prezioso, per il valore affettivo ad esso legato e come contenitore dei pensieri intimi e segreti di chi lo scrive. Nel romanzo il protagonista stesso afferma di tenere i suoi diari in una cassaforte, pensa che dovrebbe bruciarli prima della sua morte, ma decide infine di tenerli. Attraverso la confezione pregiata si è voluto comunicare l’idea di avere tra le mani un oggetto di valore, trasfigurando visivamente e fisicamente il valore che il protagonista dà al suo diario, molto diverso dall’edizione tascabile Bompiani. A partire dai materiali utilizzati: il filo di cotone, la seta per gli angoli (Kadogire), il cartoncino della copertina ad alta percentuale di cotone su cui è stampata la texture leggermente in rilievo, (che riprende una stampa tradizionale: il triangolo che simboleggia la foglia di canapa, Hemp Leaf) la scelta della carta per le pagine interne, molto morbida al tocco e spessa, nonostante sia leggera (80 gr.) e la rilegatura fatta a mano, danno una sensazione materica molto diversa e articolata rispetto all’edizione Bompiani analizzata. L’oggetto libro diventa prezioso, piacevole, che stuzzica i sensi. Il rigore con cui è stato impaginato, con la griglia simmetrica e le immagini tutte nella stessa posizione, comunica ordine, andamento uniforme delle pagine, quiete. L’autore del romanzo tratta tematiche che hanno fatto scandalo e sono state spesso soggette a censura, come già detto vive una tensione tra la tradizione giapponese a cui è ovviamente legato e la cultura occidentale, sfacciata e provocante, Idea e scelte progettuali
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lontanissima dalla compostezza e dal rigore giapponese. L’aspetto esterno del libro richiama la tradizione giapponese, la rilegatura è fatta a mano e segue lo stile originale Yotsume Toji; a prima vista la rilegatura appare fragile ma così non è: grazie alla cucitura al di sotto della copertina le pagine sono ben salde. Non abbiamo in mano un oggetto che si rompe, ma un oggetto totalmente di carta, molto sensibile all’usura. Questo fattore si ricollega alla filosofia Wabi Sabi giapponese: wabi si può tradurre come sommessa, austera bellezza, e sabi come rustica patina, costituiscono una visione del mondo giapponese, o estetica, fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose. L’oggetto andrà naturalmente in contro ai segni dell’uso e così facendo acquisterà ulteriore valore. Ciò che porta i segni del tempo non viene considerato rovinato, ma appunto di una bellezza austera e malinconica. Un concetto che si sposa perfettamente con un romanzo scritto in forma di diario. il testo all’interno è “occidentale” nel senso che è scritto in italiano, con un carattere che si potrebbe trovare in qualsiasi libro stampato e venduto in libreria. L’impaginazione scelta è a bandiera sinistra, in una colonna più stretta della larghezza della pagina, a suggerire l’andamento verticale della lettura, come se fosse stato redatto a mano in caratteri giapponesi. La posizione esterna del testo rispetto al centro delle pagine è anche in funzione della rilegatura, che necessita un margine maggiore all’interno delle pagine. La griglia sulla doppia pagina è stata progettata simmetrica, alla vista se ne coglie l’ordine. La scelta di inserire delle fotografie nel diario ha 44
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lo scopo di rendere più intensa la narrazione, rendere vivi e tangibili i personaggi della storia nelle scene raccontate; trasporta a un livello di realtà il romanzo di fantasia. Essendo immagini d’autore non sono state scattate appositamente per inscenare le vicende del romanzo, vogliono essere d’impatto (più delle rappresentazioni Xilografiche dell’edizione Bompiani) e aggiungere un ulteriore livello di narrazione, guardando solo le fotografie si potrebbe dire che raccontano una storia parallela. La scelta dell’autore Araki Nobuyoshi è stata dettata dai temi: il fotografo, in linea con Tanizaki, esplora il tema della sessualità in modo spregiudicato, tutt’altro che incline alla tradizione antica giapponese. Ogni fotografia selezionata è evocativa di una parte della storia dove è stata inserita. Essendo nella trama quasi solo fantasie erotiche che non hanno compimento, è stato deciso di non mettere immagini troppo esplicite, ma solo soft. Lo stile crudo di Araki smaterializza l’aura onirica delle fantasie del protagonista e allo stesso tempo suggerisce altre visioni al lettore.
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Realizzazione Formati e griglie L’elaborato in formato chiuso misura 15 cm x 22,5 cm, 30 cm x 22,5 il formato aperto; un po’ più grande dell’edizione tascabile. Sulla prima di copertina è applicato il daisen: “un’etichetta” che riporta il titolo e l’autore del romanzo. Nella tradizione le copertine dei libri non erano stampate e si utilizzava il daisen per le informazioni necessarie. Daisen: misure 3 cm x 15 cm Il testo del titolo e autore è ruotato di 90°, per richiamare visivamente un libro tradizionale giapponese, che avrebbe i caratteri posizionati uno sotto l’altro. È posizionato a pochi millimetri dai bordi superiore e destro, secondo la tradizione della legatoria. C’erano diverse posizioni per il daisen nella legatoria tradizionale: sul lato opposto della rilegatura a pochi millimetri dal bordo (a sinistra per loro) o centrale rispetto alla larghezza del libro, si è deciso per la prima versione.
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Realizzazione - Formati e griglie
3 cm
15 cm
Realizzazione - Formati e griglie
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La griglia per l’impaginato interno è simmetrica: le colonne di testo misurano 8 cm di larghezza, i margini esterni rispetto al libro misurano 2 cm e quelli interni 5 cm. Il margine superiore misura 2,5 cm, quello inferiore 3 cm. Con una colonna di testo più stretta della pagina l’occhio si sposta velocemete dall’alto verso il basso, ricordando l’andamento verticale della lettura come se il libro fosse stato redatto in caratteri giapponesi. L’allineamento del testo è a bandiera sinistra. Il numero di pagina è allineato al bordo sinistro della colonna di testo, dritta rispetto al lato frastagliato della bandiera sinistra, l’occhio segue in maniera naturale il lato continuo e trova in fondo l’indicatore di pagina. Le immagini sono inserite singolarmente, tutte in bianca, cadono quindi sempre sulla pagina a destra del libro aperto. Sono di dimensioni diverse, ma tutte appoggiate al margine inferiore (3 cm dal bordo) e hanno 1 cm di margine destro (esterno). Sulle pagine con l’immagine non è presente il numero di pagina, in modo da avere solo il rettangolo della fotografia e il resto del foglio totalmente pulito.
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30 cm 15 cm 5 cm
2 luglio. Da qualche giorno ho la pressione alta. Stamattina era centoottanta-centodieci. Pulsazioni, cento. Per consiglio della infermiera, ho preso due pastiglie di Selpasil e tre compresse di Adalin. Sensazione di freddo alla mano e dolore sono intensi. Di solito è raro che perda il sonno anche quando il dolore è piuttosto intenso, ma questa notte non sono riuscito a chiudere occhio. Ho svegliato Sasaki e mi sono fatto fare una puntura di Noblon. Il Noblon malessere. “Sono pronti il corsetto e la tavola inclinabile. Vuoi provarli?” Non me la sentivo affatto, ma la sofferenza mi ha spinto ad accettare.
8 cm
2 cm
girare la testa non vedevo le loro facce. e provare la tavola inclinabile per tenere la testa in trazione con l’apposita bretella. Tanto per cominciare un quarto d’ora ogni mattina. Non è come con il corsetto: il mento è appoggiato su una stoffa questo aggeggio permette di girare la testa e devo star “Ecco, è passato un quarto d’ora,” disse l’infermiera guardando l’orologio da polso. “Fine della prima puntata!” gridò Keisuke e si allontanò correndo attraverso il corridoio. 10 luglio.
avanti. “Sembra proprio un infernale strumento di tortura.” È domenica: anche Jokichi e Keisuke stanno a guardare con la vecchia e Satsuko come se si trattasse di uno spettacolo curioso. “Oh, povero nonno!” “Quanti minuti devi stare così?” “Quanti giorni devi continuare?” “Forse è meglio smettere, sai. È crudele per una persona anziana.” Sentivo lo schiamazzo attorno. Non potendo
È una settimana oggi da quando ho cominciato la trazione. Nel frattempo, il quarto d’ora si è allungato a venti minuti e abbiamo aumentato l’inclinazione della tavola per tendere di più il collo. Finora però non è apparso alcun miglioramento. Il dolore alla mano è come prima. Secondo l’opinione dell’infermiera, non ci sarà probabilmente alcun risultato se non dopo due o tre mesi di cura. Non sono sicuro di resistere così a lungo. Stasera abbiamo fatto un consulto in famiglia. Satsuko disse: “È una cura troppo pesante per un vecchio, soprattutto con questo caldo, è meglio cercare un altro trattamento. Ho sentito da un occidentale che vendono una medicina per l’artrite alla Farmacia Americana. Si chiama Dolsin. Non è proprio un rimedio contro le nevriti ma con tre o quattro compresse per due, tre o quattro volte al giorno il dolore scompare di certo. Dicono che è di effetto molto sicuro. L’ho comperata. Non vuoi provarla?” La vecchia suggerì: “Perché non provi l’agopuntura del signor Suzuki di Denenchōfu?
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3 luglio. ... Ho provato a mettere il corsetto. È di gesso ed è fatto in modo da tenere il mento sollevato. Non fa male, ma quando ci sono dentro non posso muovere la testa né a destra né a sinistra e nemmeno
una più bella dell’altra, e tutte e due conformi ai miei gusti. La prima è gentile, cordiale, e l’altra è poco gentile e anche bugiarda, ingannatrice. Se mi chiedete quale delle due mi attragga di più, vi risponderò: “In questo momento preferisco la seconda.” Tuttavia, la seconda non deve essere neppure minimamente inferiore in bellezza alla prima. Per quanto riguarda la bellezza io ho i miei gusti e tutti i particolari del viso e del corpo vi si devono conformare. Non mi piace un viso con il naso troppo alto e lungo. È essenziale che i piedi siano piccoli e bianchi. E a parità di bellezza nei dettagli, mi sentirò più attratto dalla donna malvagia. Talvolta ci sono donne che mostrano in viso dei tratti di crudeltà: quelle sono le mie preferite. Quando vedo donne con qualcosa di crudele nell’espressione del viso, mi piace pensare che vi corrisponda anche il carattere e lo spero. Il Sawamura Gennosuke di una volta aveva quell’espressione sulla scena. Ce n’è una traccia nel viso della francese Simone Signoret, che ha interpretato la maestra di scuola nel I diabolici, e nel viso di Honō Kayoko, di cui si parla tanto in questi giorni. Probabilmente queste donne in realtà sono buone, ma se fossero cattive, e se potessi vivere con loro – o almeno vivere vicino a loro e avere contatti con loro – quanto sarei felice... 12 luglio. ... Una donna può essere cattiva ma non deve darlo troppo a vedere. È indispensabile che sia tanto più saggia e intelligente, quanto più è cattiva. Ovviamente ci sono dei limiti: una cleptomane o una con tendenze omicide non mi piacerebbero, ma non le respingerei del tutto. Potrei essere attratto da una donna pur sapendo che è una ladra; infatti non so se riuscirei a resistere alla tentazione.
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Realizzazione - Formati e griglie
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La quarta di copertina presenta un secondo daisen, questo non esisteva nella tradizione, è stato studiato per consentire al lettore di avere sul retro del libro tutte le informazioni necessarie e mantenere la stessa logica della prima di copertina. Misura 6 cm x 21 cm, posizionato anch’esso a pochi millimetri dai bordi superiore e sinistro. Il testo è a bandiera sinistra come all’interno.
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Realizzazione - Formati e griglie
6 cm
15 cm
Realizzazione - Formati e griglie
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Tipografia Per il progetto è stato usato un unico carattere, il Book Antiqua. È un carattere graziato molto leggibile, derivato dal Palatino di Hermann Zapf, di cui conserva le larghezze di carattere, spaziatura e proprietà di kerning. Ha un aspetto più caratteristico e delicato dei classici fonts da libro, non disturba la lettura e dà una sensazione diversa alla pagina. Daisen: Autore 12 pt Titolo 18 pt Testo interno: Nota biobiliografica 10 pt Romanzo 9,5 pt Daisen quarta di copertina: Trama 8 pt Cenni biografia autore 7 pt Sito e prezzo 10 pt
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Realizzazione - Tiporgafia
Book Antiqua Aa Bb Cc Dd Ee 012345!“£$%&/() abcdefghijklmnopqrst uvwxyz ABCDEFGHIJKLMNOP QRSTUVWXYZ Aa Bb Cc Dd Ee Ff Gg Hh Ii Jj Kk Ll Mm Nn Oo Pp Qq Rr Ss Tt Uu Vv Ww Xx Yy Zz Aa Bb Cc Dd Ee Ff Gg Hh Ii Jj Kk Ll Mm Nn Oo Pp Qq Rr Ss Tt Uu Vv Ww Xx Yy Zz
Realizzazione - Tipografia
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Carta e materiali Per la copertina: sono stati utilizzati quattro fogli A4 della Canson da 160 gr., nero, stampato in nero con un motivo tradizionale: la combinazione del triangolo che rappresenta la stilizzazione della foglia di canapa, c’è anche una rilegatura che la riproduce, si chiama Asa-no-ha toji. Per le pagine è stata usata la carta Vangerow da 80 gr. È una carta molto morbida, dalla texture ruvida, color avorio, utilizzata anche per il disegno artistico. Vangerow S.r.l. / G.m.b.H., Ora / Auer (Bz) Per la cucitura è stato utilizzato del filo di cotone marrone. Per l’angolare (kadogire) della seta marrone. Per tutti i materiali sono stati scelti colori naturali.
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Realizzazione - Carta e materiali
Realizzazione - Carta e materiali
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Rilegatura L’elaborato è stato rilegato in modo artigianale, secondo la tradizionale legatura giapponese Yotsume toji. Si tratta della legatura base a quattro fori, equidistanti tra loro. Presenta una doppia cucitura non visibile dall’esterno lungo il dorso, fatta con una coppia di stringhe di carta (Nakatoji), grazie a questa prima legatura i fogli sono fissati, ed è possibile eseguire i quattro fori attraverso cui passerà il filo di cotone, che tiene insieme le pagine e la copertina. A causa della qantità di pagine non è stato possibile seguire la tradizione in modo pedissequo: le pagine non sono a sacchetto (Fukuro toji) ma singole, come nei libri occidentali. A completare il lavoro si incolla un angolare di seta (Kadogire), contribuisce a dare stabilità al libro oltre ad essere decorativo.
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Realizzazione - Rilegatura
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Realizzazione - Rilegatura
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Realizzazione - Rilegatura
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Fotografie del progetto
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Fotografie del progetto
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Fotografie del progetto
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Fotografie del progetto
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Fotografie del progetto
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Bibliografia e sitografia Junichiro Tanizaki Diario di un vecchio pazzo 1962 Francesca Ostuzzi, Giuseppe Salvia, Valentina Rognoli, Marinella Levi Il valore dell’imperfezione 2011 Kojiro Ikegami Japanese Bookbinding - instruction from a Master Crafysman 1986 japanese-bookbinding.com tac-rilegatoamano.com wikipedia.it wikipedia.org cultorweb.com artistocratic.com flickr.com
Bibliografia e Sitografia
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Ringraziamenti Giunti alla fine di questo percorso ringrazio per primi i miei genitori, Antonino Piraino e Maria Malacrinò, a loro devo la possibilità di aver potuto sempre seguire le mie aspirazioni. Grazie per avermi sostenuto, supportato e sopportato durante il percorso di studi, iniziato molto prima di questa triennale. Ringrazio mia sorella, Rosa Piraino, che ha sempre smorzato le mie lamentele e mi ha spronato a procedere nei momenti no e ha festeggiato con me i momenti si. Ringrazio la mia nonnina Assunta, che mi ha sempre chiesto come andava lo studio e non mancava mai di dirmi “In bocca al lupo” per ogni esame. Mi sento di ringraziare anche la nonna Rosa, fin da piccola mi ricordava l’importanza di impegnarsi nello studio, “perché la conoscenza non te la può togliere nessuno”. Ringrazio il mio ragazzo, Francesco Parisi, nonostante sia arrivato in un momento un po’ caotico della mia vita ha creduto in me ed è stato sempre presente e paziente. Ringrazio le mie colleghe, Maria Elisabetta Tressoldi e Roberta Emanuela Gemma, per aver condiviso con me questi ultimi mesi, per i pranzi insieme e le chiacchiere nei momenti di pausa. Hanno reso migliore questo periodo. Ringrazio in generale tutti gli amici che mi hanno sostenuto e che hanno creduto in me, mia cugina Elisabetta Borrelli, Aurora Zacchello, Claudia
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Barbieri. Grazie ai miei amici Veronica Suigo e Christian Occhino e le mie amiche Letizia Grimoldi e Serena Tajè, che aspettavano questo momento non so da quanto. Ringrazio in particolare le mie amiche già laureate che mi hanno incoraggiato sempre: Jlenia Sorbo, Anna Sartorelli, Sonia Merchiorri e Elisabetta Zerbi. Devo fare un grossissimo ringraziamento a Luca Cisternino, che ha rilegato il progetto di Sintesi e anche la Tesi stessa. Grazie della professionalità, del talento e della passione che mette nel suo lavoro, della disponibilità e l’infinita pazienza, è stato un piacere lavorare insieme. Ringrazio infine amici e parenti che sono venuti a vedermi oggi, grazie di aver voluto condividere con me il raggiungimento di questo traguardo. Grazie di cuore 23 febbraio 2016
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Ringraziamenti
Questo libro è rilegato interamente a mano nello stile Retchōsō, una delle tecniche della Legatoria tradizionale giapponese (Watoji). Rilegatura: Luca Cisternino japanese-bookbinding.com tac-rilegatoamano.com La rilegatura giapponese utilizzata per questa Tesi risale al XII secolo (periodo Heian, 7941185) e rappresenta - nell’intero panorama di questa tradizione - una eccezione, in quanto non ha origine cinese nè coreana. Lo stile Retchōsō si caratterizza per la cucitura visibile sul dorso (non dissimile da quella copta, ma solo e unicamente da un punto di vista estetico) ed è composta da un numero dispari di quinterni (sezioni) cuciti lungo la piega attraverso una coppia di cavi - entrambi a doppio filo - che si riuniscono al centro del libro (quinterno centrale) attraverso un particolare gioco di nodi. Un altra sorprendente analogia la si ritrova confrontando questa complessa legatura con la cucitura occidentale, anche se sviluppata in un epoca nella quale i contatti tra i due mondi erano ancora rari se non inesistenti. Questo carattere “autoctono” rende il Retchōsō un esempio di legatura esclusivamente giapponese, tanto da essere indicata e conosciuta anche con il nome Yamato. Utilizzata per opere di letteratura nativa giapponese, racconti, canti Noh e per la poesia.
Font: Gadugi bold 18 pt, 13 pt Book Antiqua 11 pt Carta Vangerow 80 gr. Cartoncino Canson 160 gr. Progetto a cura di Sabrina Piraino