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Sii Felice James Sinclair
Effulgenza della Gloria Divina
SII FELICE
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James Sinclair
SONO UN PILOTA. MIA MOGLIE mi ha spesso suggerito di non volare più perché Swami è impegnato a prendersi cura di altre persone e a tenerle in vita, e io non dovrei occupare tutto il Suo tempo. Come pilota solista, dopo aver pilotato un elicottero cinque ore e mezza, fui tanto folle da portare nuovamente in volo il mezzo con la speranza di atterrare. Stavo sorvolando la cima delle montagne, a circa un metro sopra gli alberi, andando più veloce che potevo, quando, all’improvviso, tutti i comandi si bloccarono e il sistema idraulico andò in avaria. Ora, questo era il problema più serio che potessi avere perché non riuscivo più a far volare il velivolo. Fu incredibile il modo in cui la mia vita subì un’improvvisa pausa di riflessione. Il primo pensiero che mi venne in mente fu che stavo chiaramente per morire. Il secondo fu che questo era un modo molto stupido di morire. Il terzo pensiero fu che, se fossi morto, mia moglie mi avrebbe “ucciso”. Poi venne il pensiero davvero importante: che potessi morire con il Nome del Signore sulle labbra e che lo pronunciassi ad alta voce perché Swami stava ascoltando. Bene, posso dirvi che Swami non doveva essere onnipresente per udire quanto forte gridassi il Suo Nome. Inoltre, pensavo che Sathya Sai Baba fosse un eccellente pilota di elicottero. Nel momento in cui implorai il Nome di Swami, l‘elicottero stava andando a tutta velocità, ed era assolutamente fuori controllo, roteando nel cielo. Stavo per diventare una particella, perché mi sarei schiantato su una roccia di granito o sui pini. Tutto diventò buio. Non ricordo nulla di ciò che accadde poi. La cosa che seppi in seguito fu che il velivolo era in perfetto assetto d’atterraggio con le manovre d’emergenza sotto controllo, una delle cose più difficili da eseguire. Quando toccò terra, caddi dalla porta in iperventilazione. Non fui io a pilotare quel velivolo. Non fui io a eseguire quell’atterraggio. Il giorno successivo il mio istruttore simulò il problema. Emerse che, in tale situazione d’avaria, non avrei potuto far atterrare l’elicottero in nessun caso,
in nessun luogo. Fu Swami, che avevo invocato, a prendere il controllo del velivolo.
Un’altra storiella. Una giovane donna, qui seduta tra il pubblico, è mia figlia maggiore. Si chiama Marlene Sinclair e si è distinta negli sport equestri: addestramento di cavalli ed equitazione. Ha un talento molto speciale: la capacità di comunicare con gli animali. Una volta, aveva preso un cavallo, un puledro molto promettente, e lo aveva addestrato. In un torneo equino di salto a ostacoli, a cui era stata invitata, allorché arrivò al galoppo per superare una barriera alta come un muro, il puledro inciampò, facendo finire mia figlia oltre l’ostacolo. Ella atterrò battendo la testa, e l’animale di oltre otto quintali saltò il muro e atterrò sopra di lei. Ci vollero quarantacinque minuti perché la squadra medica d’emergenza la tirasse fuori. Ricevetti una telefonata d’emergenza con cui mi informarono che Marlene era stata gravemente ferita e che dovevo raggiungerla immediatamente. Quando arrivai all’ospedale, sembrava una donna uscita da una battaglia. Avevo con me un pacchetto di Vibhuti e spiegai a mia figlia che era simile all'acqua santa cristiana. La sua faccia mostrava terribili ferite. Cosparsi la Vibhuti sulle escoriazioni del viso e gliene misi un po’ sulla lingua. Tornai la mattina dopo e, sul suo volto, non c’era più alcuna ferita. Tre mesi dopo, stava di nuovo gareggiando e cavalcando con un busto ortopedico, ma questa non è la fine della storia.
In un colloquio, Swami disse a mia figlia: “Ti ho salvata dalla paralisi.” Marlene rispose: “Sì.” Non avevo mai sentito questo prima. Quando il colloquio terminò, domandai a Marlene: "Che cosa stava dicendo Swami che Gli hai risposto sì?” Mi disse che dal momento in cui aveva avuto l’incidente, era diventata cieca e paralizzata, ma, in quella cecità e paralisi, sentiva sempre qualcuno molto vicino a lei, sotto la pioggia, nell’ambulanza, al pronto soccorso, in ospedale, tutta la notte, e la vista le tornò e la paralisi scomparve prima che io arrivassi all’ospedale. Swami l’aveva salvata dalla cecità e dalla paralisi. Lo seppi solo anni dopo.
Tramite un altro devoto, Swami mi inviò un messaggio a casa, dicendo: “Di’ a Sinclair di non dare ulteriori contributi di beneficenza perché ha un problema lavorativo di cui non sa nulla.” Swami stava effettivamente dicendo la verità. Ben presto, nel risolvere quel problema, mi affaticai enormemente a livello finanziario, informativo ed emotivo. Ma sono ugualmente grato, anzi estremamente grato, per i doni che Swami mi ha dato. Nelle difficoltà che ho avuto, non sono mai stato lontano dalla Sua mano; ho sempre avuto coraggio e ho costantemente potuto contare sulla Sua presenza, su quel senso silenzioso dell’esserci, quella consapevolezza che Swami era sempre lì, come sempre lo è per tutti noi, e come sempre lo sarà in ogni circostanza. Come possiamo, anche per un attimo, non avere la chiara e profonda comprensione, l’intima consapevolezza che Swami sta facendo tutto per noi? Quando, mai nella storia, l’Avatar (Incarnazione Divina, Sai Baba) ha avuto un interesse così considerevole in quell’insulsa piccola cosa che chiamiamo vita? Egli trasforma anche l’esperienza più difficile in una dimostrazione della Sua attenzione verso di noi, verso i bambini, l’istruzione, la salute, il benessere.
In ogni singolo aspetto, a ogni respiro che facciamo, Egli è lì e lo sarà per sempre. Tu sei sempre con noi, Swami. Egli ha reso tutto così semplice, così facile per noi. Swami semplifica, noi complichiamo. Swami rende le cose facili, noi le rendiamo difficili. Egli dice: “Accettate tutti gli eventi come doni da parte Mia. Non giudicateli in termini umani.” Che cosa significa accettare? Ogni