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La Gioia di Viaggiare con Bhagavan Brahmananda Panda
La Gioia di Viaggiare con Bhagavan
Brahmananda Panda
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NEL 1976, IL GURU PURNIMA venne celebrato l’11 luglio. Arrivai a Prasanthi Nilayam il pomeriggio del 10. Alle 17, il dottor Bhagavantam presiedette una riunione dei Presidenti di Stato e dei membri del Central Trust. Venne finalizzata la pianificazione per l’espansione delle attività di servizio.
Baba entrò mentre le nostre discussioni erano in corso e ci benedisse. Il giorno dopo, inaugurò la Easwaramma High
School e il Sai Nagar, una colonia per gli Harijan, costruita dal Central Trust con la Sua benedizione. Egli distribuì con le Sue mani a ogni famiglia vestiti e alcuni utensili essenziali. Il 12 Baba mi permise di fare Padanamaskar e il 13 creò per me della Vibhuti nella veranda della sala dei Bhajan. Mi chiamò poi per qualche minuto e mi domandò: “Quando parti?” “Signore, quando Tu lo vorrai.”
“Vieni, andiamo a Brindavan. Da lì, tornerai a Delhi. Domani mattina presto partirò. Seguimi.” “Sì, Signore”, risposi con il cuore traboccante di gioia. Feci
Padanamaskar e uscii.
Kutumba Rao venne da me alle 21,30 e mi disse che sarei andato a Brindavan con Baba.
Avrei dovuto essere pronto con dei vestiti da usare per tre giorni e stare di fronte al Mandir per l’ora della Suprabhatam. La mia mente era in uno stato di gioia e ansia indescrivibili. La notte prima non avevo chiuso occhio a causa della pressione alta. Se quella notte mi fossi addormentato profondamente e non mi fossi alzato, non avrei avuto il tempo per prepararmi. L’auto di Baba non mi avrebbe aspettato nemmeno un secondo. Di chi avrei potuto fidarmi per svegliarmi alle 3 del mattino? E se alle 3 del mattino quella persona
fosse stata in un sonno profondo? Così decisi che anche quella notte sarei rimasto sveglio, camminando su e giù per il corridoio. Se avessi toccato il letto, ci sarebbe stato un grande rischio. Quando nella sala dei Bhajan iniziò la “Om”, avevo finito di fare il bagno ed ero in piedi davanti al tempio con una piccola borsa. La mente era molto sveglia, ma entrambi gli occhi bruciavano come se qualcuno ci avesse gettato dentro polvere di peperoncino. Nella fresca brezza mattutina, sentivo che, se mi fossi sdraiato da qualche parte, mi sarei profondamente addormentato.
Baba uscì alla fine dell’Omkar e rimase sulla veranda nella luce soffusa per un minuto o due. Nel silente mattino e con la luce fioca, aveva un aspetto semplicemente paradisiaco. Pregai mentalmente.
Si sedette sul sedile posteriore. Io mi sedetti accanto a Lui e, accanto a me, Bhagavantam. Sul sedile anteriore, accanto all’autista, sedeva Chakravarthi, l’esattore delle tasse di Anantapur. L’auto iniziò a muoversi. Se in quel momento fosse venuta la divinità del sonno e mi avesse offerto tutte le ricchezze del cielo, avrei rifiutato senza minimamente pensarci. Colui per cui l’uomo trascorre una vita dopo l’altra facendo austerità (tapas), era seduto vicino a me! Più avevo timore di toccarLo, più si strofinava contro di me! A volte, col pretesto di dire qualcosa a Bhagavantam, si piegava a tal punto che il mio viso era completamente coperto dai Suoi capelli. Quel corpo avrebbe fatto vergognare persino i petali di rosa, quanto a fragranza e delicatezza. Nella mia giovinezza avevo usato parecchi profumi francesi, ma il profumo di quel corpo si può descrivere con una sola parola: gioia.
Verso le sette del mattino, la nostra macchina fece una deviazione e si fermò in un’area aperta della boscaglia lungo la strada. Si arrestò lì anche il veicolo dietro di noi. Compresi perché Baba mi aveva indicato nel colloquio del giorno prima di entrare in quel veicolo, dal quale venne portata fuori la colazione: puri, idli, vada, curry, chutni e caffè in una grande borraccia. Baba ne prese solo un po’ e ci diede da mangiare fino a riempirci lo stomaco. In macchina, parlava di questioni spirituali e mondane. Ogni tanto ci faceva ridere con il suo inimitabile umorismo. Se mi chiedete di assolvere il compito estremamente arduo di riassumere in una frase o due tutto ciò che asserì, affermerei solo: “Ha detto che solo la profonda fede in Dio dà pace e gioia all’uomo, e una persona, che è davvero un Deena (poveretto), senza amici, riceve la grazia del Signore.” Arrivammo a Brindavan alle 8 in punto. Baba salì al piano di sopra, e tutti noi restammo giù. Gli studenti del college servirono gli ospiti. Quando tornai dal bagno, un ragazzo mi aspettava con una tazza di caffè. Mi disse: “Deve essere stanco. Ho fatto il letto; può riposarsi.” A dire il vero, mi sforzavo di tenere le palpebre aperte, ma, non appena mi sdraiai, mi addormentai. Quando arrivò la chiamata per il pranzo, ero in un sonno profondo. Baba disse: “Non ha dormito per due notti. Non svegliatelo. Lasciatelo dormire.” ... Mi alzai alle quattro del pomeriggio, e poi arrivò la chiamata per il caffè. Andai al piano superiore ed Egli mi domandò: “Allora, hai dormito abbastanza?”
“Signore, non dormivo così profondamente da molti giorni.” Baba disse: “Una notte la tua pressione sanguigna ti ha impedito di dormire, e, la notte successiva, la mia macchina. Quindi, non ti ho svegliato per pranzo.” Scesi dopo il tiffin (spuntino) e il caffè. La stessa sera Baba inaugurò il nuovo ostello per studenti. Cenammo lì con Lui.
Il 15 mattina, prima che mi alzassi dal letto, un ragazzo era pronto con il caffè. Non erano ancora le sei. Mi affrettai a lavarmi e pettinarmi, e presi il caffè. La chiamata per la colazione arrivò verso le otto. Gli studenti servivano. Baba mi sembrò prendesse solo un idli e un vada. Bhagavantam non poteva
mangiare molto, ma Chakravarthi, Swami Karunyananda e io non ci fermammo davanti a nulla! Baba si sedette accanto a noi e, lodando le capacità culinarie del cuoco, ci costrinse a mangiare sempre di più. Che affetto materno! Il ricordo del gusto di quel sambar e del chutni mi fa venire l’acquolina in bocca ancora adesso. Dopo le nove, Baba uscì per dare il Darshan ai devoti seduti nella sala dei Bhajan. Lo seguimmo a distanza. Chiamò alcune persone per un colloquio, prese l’Arati e tornò indietro. Non c’era nessun lavoro da fare a portata di mano. Quindi, gironzolai per un po’, e poi entrai. Il pranzo era all’una. Baba sedette a un tavolo speciale; noi ci sedemmo in un altro. Fra riso, curry e il resto, mangiò probabilmente tre cucchiai di cibo. Poi venne da noi per costringerci, come una madre, a mangiare sempre di più. Mi indicò un curry, e disse: “Mangia questo; lo ha inviato la Rajmat (regina madre).” A quel punto avevo già preso una seconda porzione di quel curry. Il pranzo terminò. Il Signore prese un pan dalla sua scatola e me lo diede. Lo toccai con la testa e lo mangiai. “Forse non è quello che mangi tu”, disse.
Dopo la colazione del 17, Baba ci disse di prepararci per partire dopo pranzo. Gli studenti Lo supplicarono di rimanere almeno per quel giorno. Baba spiegò loro quanto lavoro avesse da fare a Prasanthi Nilayam.
Dopo pranzo disse: “Farò una fotografia con te. Se starai molto vicino, toccandoMi, la foto verrà molto bene.” Dopo la foto-leela, scesi. Partimmo da Brindavan verso le due del pomeriggio. Sul sedile posteriore, due ragazzi sedevano vicino alle due porte, tra Baba e me. Chakravarthi stava davanti, vicino al guidatore. Su entrambi i lati della strada, c’erano dei ragazzi con gli occhi pieni di lacrime. Quella relazione era molto dolce, l’addio struggente. Dopo aver viaggiato per mezz’ora, Baba ci disse di cantare i Bhajan. Uno dei ragazzi eseguì un Bhajan molto toccante. Poi Swami mi domandò: “Canti i Bhajan?” Risposi: “Non regolarmente, ma, quando mi sento ispirato mentre parlo di Te, mi cimento in una canzone o due.” Cantai il Bhajan ‘Chal Re Man…’ Dopo la prima strofa, il Signore si unì a me al verso “Sai Sankar Narayan, Bolo Sai Sankar Narayan...” Io cantavo e “saltavo” sul sedile.
Dopo i canti, aprì diverse borse e tirò fuori arance, banane, dolci, vada e vari tipi di salatini; poi li diede a ciascuno di noi. Mentre ci serviva, le briciole dei dolci caddero sulla Sua veste. Tirai fuori il fazzoletto e Gliela pulii. Mentre mangiavo, alcune briciole caddero sul mio Kurta. Egli, allora, prese il Suo fazzoletto e lo spolverò. Ero così perso in questa gioia celestiale che avevo dimenticato di esser seduto accanto a Dio. Eravamo, per così dire, due amici, due corpi con un solo cuore. Dopo aver mangiato, mi passò la Sua scatola dei pan. Esitai e dissi: “Lo fai per me?” “No, sei tu a farlo per te. Io non ho il tuo Zarda (una pietanza composta di riso), ma ti piacerà.” Presi la scatola dalle Sue mani e dissi: “Signore, tutto ciò che doni con le Tue mani è Amrita.”
Il mio scopo per aver scritto tutto questo è raccontare al lettore l’infinita profondità dei Leela dell’Avatar. Quando il Senzanome e Senzaforma assume un nome e una forma, e viene in mezzo a noi, scende al livello umano in modo tale che la dolcezza del Suo profondo amore crea una sete insaziabile nel cuore dell’uomo. Il Signore della dolcezza (Rasa) riempie il cuore bramoso (Rasika) di una dolcezza incomparabile. Si prende cura del devoto, gli dà la rara gioia del contatto personale e, gradualmente, lo rende privo di desideri. Quando si avvicina al devoto, non è più il Signore del Kailash o del Vaikuntha o il Parabrahma. È suo; è sua madre, suo padre, amico, compagno.