Poste ItalianeS.p.A. - Sped. in abb.to postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma - n. 76
Periodico di informazione sul volontariato a cura della branca italiana del Servizio Civile Internazionale
Un mondo di campi Attivati con i progetti di volontariato del Servizio Civile Internazionale
Servizio Civile Internazionale
Un mondo di campi ATTIVATI! MARZO 2016 Servizio Civile Internazionale via A. Cruto 43 - 00146 Roma Tel/fax 06.5580644 e-mail: info@sci-italia.it web: www.sci-italia.it Centofiori n. 76 Direttore Responsabile: Gianni Novelli
CON IL SERVIZIO CIVILE INTERNAZIONALE
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EDITORIALE
Redazione e amministazione: Segreteria Nazionale SCI via A. Cruto 43 - 00146 Roma Tel/Fax 06.5580644 e-mail: info@sci-italia.it
6 di Alberto Sanna
Coordinamento e realizzazione: Segreteria Nazionale SCI Testi: Segreteria Nazionale attivisti, volontari e partner SCI
di Elena Sitzia
Tra i profughi di Diyarbakir Servizio Civile Internazionale
90 anni di impegno per DIRITTI, PACE, GIUSTIZIA
UN
Stampa: Multiprint via Braccio da Montone 109, Roma Aut. Trib. Roma 86/83 del 5/3/83
MONDO
DI CAMPI TI ASPETTA.
Un campo di volontariato internazionale è un’esperienza a breve termine in cui partecipanti da tutto il mondo lavorano insieme per supportare progetti sociali rivolti alla comunità locale. Per informazioni sulle modalità d’iscrizione e partecipazione visita il nostro sito www.sci-italia.it. Per accedere all’elenco e alla descrizione dettagliata dei campi vai su www.workcamps.info.
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www.sci-italia.it
di Segreteria Nazionale
Come partecipare
a un campo di volontariato nel Nord del mondo
Fai un orto e ti dirò chi sei di Patrizia Riso
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13 Come coordinare un campo di Segreteria Nazionale
INDICE
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di Marco Antonioli Ramadan Summer Project In Oldanda con la comunità musulmana
“We refuse to be enemies”
In Palestina con Tent of Nations di Valeria Elia
di Segreteria Nazionale
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Partecipa a un campo in Asia, Africa, America Latina, Mediterraneo
CONCLUSIONI
di Om Sharan Salafia
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EDITORIALE
di Elena Sitzia
Un nuovo anno inizia e una nuova stagione campi ci aspetta.Ma perché essere volontario? Perché partire con il Servizio Civile Internazionale?
La risposta la troviamo nelle parole e nei racconti dei volontari che ritornano dalle loro esperienze, dall’Europa come al Sud del Mondo, dalla Palestina o dal Kurdistan.
Ma se non volete andare così lontano, potrete trovare esperienze altrettanto importanti anche più vicino, come in una delle tante proposte presenti in Europa.
Volontari appassionati pronti all’incontro con culture diverse dalla loro, pronti a dare e a imparare, a scoprire nuovi modi di pensare e nuovi stili di vita. Pronti a vivere emozioni forti che li porteranno a ridere, a commuoversi, a riflettere.
Anche nelle periferie delle nostre città esistono le stesse logiche razziste che producono emarginazione ed esclusione, nonostante siamo abituati a pensarle tanto lontano da noi. In un ghetto ai margini di Amsterdam, i volontari ci raccontano la vita di una comunità musulmana che vive Si è volontari per scelta, una scelta quotidianamente lo scontro tra consapevole. Volontari per la pace, culture. da oltre 90 anni rispondiamo con azioni non-violente in opposizione a Lì troviamo ancora una volta una chi propone la violenza e l’esclusione, realtà completamente diversa dalla come nel campo in Palestina, dove nostra, ma estremamente ricca, da alla guerra e alla disuguaglianza si rispettare, da vivere fino in fondo, risponde con un fiore che sboccia sui con la modalità che da sempre ci muri di Hebron. contraddistingue: lavorare insieme per costruire un mondo di pace. Le Ancora, le attività dei volontari in un logiche del razzismo e dell’intolleranza campo profughi kurdo ci mostrano creano conflitti sociali e armati, così il bello dello stare insieme, del come le leggi del mercato costringono condividere con la comunità locale numerose popolazioni ad affrontare le attività da fare per affrontare la nuove emergenze ambientali. giornata. Questi sono alcuni esempi di esperienze e di condivisione che vi Vi invitiamo a partire e ad essere propone un campo col Servizio Civile volontari con noi perché crediamo sia Internazionale. indispensabile partecipare, attivarci, Un mondo di campi - PAG. 4
costruire la nostra idea di società, dare il nostro contributo al cambiamento, rispondere con le nostre azioni all’ignoranza e all’indifferenza. Vogliamo essere presenti con le nostre idee e le opportunità sono davvero tantissime, in tutti i continenti siamo presenti con oltre 800 campi proposti ogni anno riguardanti tematiche che si occupano di conflitti, comunità migranti, ambiente, inclusione sociale, arte e cultura e tanto altro. Per contribuire basta uno zaino dove mettere ideali, consapevolezza, entusiasmo e voglia di conoscere e di confrontarci per vivere una esperienza nuova, un’occasione di scambio e di crescita personale.
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TRA I PROFUGHI DI DIYARBAKIR di Alberto Sanna Campo di volontariato nel Kurdistan turco
È sera, dopo 5 ore di volo atterro a Diyarbakir. Perché sono venuto qui nel Kurdistan turco? Sapevo per lavorare nel campo con altri volontari, insieme ai rifugiati Yazidi fuggiti dal monte Sinjar, nel Kurdistan iracheno, dopo l’attacco dell’ISIL. Sapevo anche che all’interno del campo vivono circa 4.000 rifugiati, 1.500 dei quali sono bambini. Quello che non sapevo era l’umanità che avrei respirato. Si inizia! Le attività previste sono state organizzate la prima giornata di campo. Ma giorno per giorno, la sera, venivano condivisi e decisi i dettagli sul da farsi nella giornata successiva. Il primo dì al campo è stato di conoscenza con il posto, le persone, gli ospiti e gli altri volontari locali. Abbiamo poi avviato le prime timide amicizie con i bambini più piccoli e poi
con tutti gli altri più grandicelli. In base anche alle esigenze espresse dagli insegnanti e dai ragazzini abbiamo deciso che le lezioni di inglese sarebbero state preziose. Così tutte le mattine, durante il campo, abbiamo tenuto due classi di inglese, divisi in due coppie di volontari per aula, una composta dai più piccoli (sotto gli 8 anni) e l’altra fino ai 12/13 anni. All’ora di pranzo, i bambini tornavano alle tende e noi si mangiava nel prato ad un centinaio di metri dai contaner della scuola. Il pranzo era il momento della condivisione, tra noi volontari, di come stavamo vivendo quelle mattinate. Dopo la pausa riprendevamo le attività, in particolare all’aperto, con giochi organizzati per i bambini. Giochi semplici, come “un, due, tre stella”, nascondino o la corsa coi sacchi. Altre volte abbiamo avuto la possibilità di incontrarci con i responsabili della comunità, di parlare con loro in inglese,
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grazie alla traduzione di Umut, il coordinatore del campo, e degli altri volontari locali. Abbiamo chiesto di tutto: perchè erano li, come stavano, di cosa avevano paura, da chi/cosa scappavano e quali erano i sogni e le speranze che stavano ancora inseguendo. Certo, sapevamo chi erano, da dove arrivavano. Ma quando lo racconta un uomo, davanti a te, è difficile non commuoversi. Altri pomeriggi abbiamo organizzato la pulizia del campo. Un po’ per gioco e un po’ sul serio, ci siamo sparsi per il campo a raccogliere cartacce e pezzi di plastica. Il campo, in tutta onestà, non mi è mai apparso particolarmente sporco, a parte alcuni punti un po’ più nascosti. Lo considero comunque molto più pulito di qualsiasi nostra periferia di Napoli, Milano o Roma. Un po’ a conferma di questo, infatti, ho poi saputo che la municipalità curda, che gestisce la raccolta dell’immondizia, se l’era presa. Che se c’era bisogno di pulire, hanno detto, avrebbero mandato loro degli operai per farlo! Mi ha fatto piacere, perchè non c’era boriosità da buracrate in quella nota, ma molto senso della comunità e un pizzico di sano orgoglio. Il campo non era particolarmente sporco, per cui non hanno aspettato i volontari stranieri per gonfiare il petto. In altre due giornate abbiamo pulito, imbiancato e poi colorato insieme ai bambini le pareti esterne di un edifico scolastico. Forse si aspettavano, visto che era un italiano a gestire il tutto (io!), che uscisse fuori una cappella sistina curda! Beh, i bambini hanno preso
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il controllo e ovviamente il muro della scuola è diventato un mega foglio bianco da pasticciare. Bellissimo! Nelle attività abbiamo cercato di coinvolgere tutti, ma sicuramente i bambini e gli adolescenti erano quelli più reattivi. Molte famiglie dei bambiini poi ci hanno voluto ospitare nelle loro tende per offrirci un tè. La sera, all’imbrunire, tornavamo verso la città con il nostro pulmino. Ovviamente, la facilità di movimento offerta dal pulmino ci permetteva di sfruttare bene le poche ore di luce che le settimane centrali di dicembre hanno da offrire, oltre a evitare di passare da quelle zone della città che potevano essere attraversate da manifestazioni o altre situazioni più difficili da gestire. Il pulmino veniva a prenderci al mattino, appena sotto la palazzina di 8 piani dove stavamo, e ci accompagnava fin dentro il campo, che distava circa 20 km dalla città. La palazzina è in una zona abbastanza vicina a Sur (200/300 metri), quartiere soggetto a coprifuoco da parte dell’esercito turco. Ma in nessuna circostanza abbiamo avuto problemi o ci siamo trovati in mezzo a
scontri, nemmeno visti da lontano. Solo la notte e la sera arrivavano nitidi i colpi dei fucili AK-47 e di qualche mortaio. La prima notte che li senti non sei contento, la seconda ancora ci fai un po’ caso, poi c’erano ma non ci facevi più caso. Salvo, talvolta, fermarti dopo un colpo e pensare che forse un uomo era appena morto. L’organizzazione del tempo era decisa in comunità: per cucinare e lavare i piatti ci si divideva, spesso se ne occupavano i volontari locali. Uno di loro era sempre presente, Hussein, ma anche altri ci davano una mano nelle varie attività. Umut e Hussein, come gli altri volontari locali, quando presenti, dormivano e mangiavano con noi, nella guest house dell’associazione locale. Durante il campo abbiamo avuto la possibilità di conoscere il padre di Umut, che ci ha ospitati tutti a casa sua per un tè. Ci ha raccontatto degli anni trascorsi nelle carceri turche, a causa della sua lotta contro la loro oppressione. È venuto a casa anche un altro signore, che da anni aiuta profughi e militanti curdi a farsi accettare nei centri medici ospedalieri turchi per avere assistenza sanitaria. Rimane la voglia, oggi, di capire meglio e ritornare.
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COME PARTECIPARE A UN CAMPO DI VOLONTARIATO nel Nord del mondo
ISTRUZIONI PER L’USO
di Segrateria Nazionale PARTE A MARZO LA STAGIONE CAMPI. > VISUALIZZA L’ELENCO DEI CAMPI E ISCRIVITI
www.workcamps.info
> VISUALIZZA LE MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE
www.sci-italia.it
> PER MAGGIORI INFORMAZIONI SUI CAMPI NORD SCRIVI A:
outgoing@sci-italia.it
IN EUROPA, STATI UNITI, CANADA, GIAPPONE, AUSTRALIA, COREA DEL SUD, TURCHIA COME IN ITALIA PUOI PARTECIPARE AI CAMPI CHE TI INTERESSANO DI PIÙ A SECONDA DELLE TEMATICHE AFFRONTATE. Sono più di 500 i volontari che, negli ultimi due anni, hanno scelto di partire per un campo di volontariato con il Servizio Civile Internazionale: un’occasione unica per condividere esperienze con persone provenienti da paesi, culture e contesti sociali diversi. Ma soprattutto, un modo concreto di essere attivi nella società, dietro casa come dall’altra parte del mondo. Un campo nel Nord del mondo è un’esperienza di volontariato della durata variabile da 10gg a 4 settimane in Italia, Europa, Russia, USA, Canada, Australia, Giappone, Malesia, Hong Kong, Corea del Sud, Turchia. In un campo si lavora insieme, si prendono le decisioni in maniera collettiva e si sperimentano stili di vita basati su reciprocità, comprensione, tolleranza e rispetto delle differenze culturali. Si supportano diverse attività, dalla tutela ambientale all’animazione con i bambini, dall’organizzazione di festival culturali alle attività con rifugiati e richiedenti asilo, sino all’intervento in situazioni di conflitto. Il primo campo del Servizio Civile
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Servizio Civile Internazionale
90 anni di impegno per DIRITTI, PACE, GIUSTIZIA
UN
MONDO
DI CAMPI TI ASPETTA.
Un campo di volontariato internazionale è un’esperienza a breve termine in cui partecipanti da tutto il mondo lavorano insieme per supportare progetti sociali rivolti alla comunità locale. Per informazioni sulle modalità d’iscrizione e partecipazione visita il nostro sito www.sci-italia.it. Per accedere all’elenco e alla descrizione dettagliata dei campi vai su www.workcamps.info.
www.sci-italia.it Internazionale è nato dal sogno di Pierre Ceresole, un giovane pacifista che, dopo la I° Guerra Mondiale, ha riunito giovani di diversi paesi per ricostruire Esnes, un villaggio al confine tra Francia e Germania, paesi nemici durante la guerra. Ogni campo prevede la presenza di massimo due volontari italiani, quindi è consigliato iscriversi con largo anticipo. Per partecipare ad un campo occorre versare la quota di iscrizione (100€), essere tesserato per l’anno (20€) e organizzare autonomamente il viaggio (lo SCI non copre i costi di viaggio). I volontari ricevono vitto e alloggio gratuitamente per tutta la durata del campo, e anche l’assicurazione sanitaria è coperta dallo SCI ma limitatamente ai soli giorni di campo. La lingua parlata è solitamente l’inglese. Dove non sia specificato diversamente, un livello “scolastico” sarà sufficiente per interagire con il gruppo. In alcuni campi viene richiesta la conoscenza della lingua locale.
Oltre ad offrire un valido apporto alla comunità locale, lo scopo del campo di volontariato è permettere ai volontari di conoscersi, imparare, superare i pregiudizi e convivere in maniera pacifica, risolvendo i conflitti con il dialogo e la comprensione reciproci.
OGGI LO SCI È PRESENTE IN PIÙ DI 90 PAESI E CONTINUA A PORTARE AVANTI ATTIVITÀ CONCRETE E CAMPAGNE DI SENSIBILIZZAZIONE E SOLIDARIETÀ.
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FAI UN ORTO E TI DIRO’ CHI SEI di Patrizia Riso
Minicampo a Murisengo (AL)
Immaginate una comunità di accoglienza per ragazzi con quelli che comunemente vengono definiti «disagi» o «problemi» e subito dopo annullate qualsiasi tipo di stereotipo vi possa venire in mente. La comunità di persone che gravità attorno alla cooperativa Pantarei di Murisengo non è fatta solo di operatori, turni, passaggi in pulmino e casi sociali da gestire. Complice la presenza di Costin - un uomo che pare arrivato dalla Romania proprio per diffondere l’ortoterapia nel mondo - questa contrada della provincia di Alessandria, ma poco distante da Torino, è una delle sedi prescelte dei minicampi organizzati da Sci Piemonte.
A Novembre 2015 quindi mi sono ritrovata, assieme ad una decina di attivisti e simpatizzanti SCI, immersa nel freddo piemontese - in questo caso gli stereotipi vanno forzatamente applicati - a raccogliere legna, ordinare il bosco, organizzare il compost, piantare aglio e potare il traliccio di una vite che sembrava irrecuperabile. Dette tutte di fila le attività lasciano intendere un duro lavoro. In realtà a Murisengo, la mattina l’appuntamento è fisso alla stufa che, imponente, si erge a ridosso dell’area di lavoro. Ci si ritrova anche la sera nello stesso posto, a sentire soprattutto storie di altri minicampi, gli aneddoti di Costin e le canzoni di qualcuno munito di chitarra. E’ tutto molto bello, direte, ma questa ortoterapia funziona? Un mondo di campi - PAG. 11
Per rispondere è necessaria una premessa: la parte più importante i una comunità sono le persone. E quindi non ci sarebbe stato alcun minicampo senza l’ospitalità di Ismael e Lorenzo, senza le canzoni a tavola di Roberto, senza il più appassionato all’orto e quello che viene controvoglia ma poi non se ne vuole andare; senza quelle veloci partite di biliardino dopo pranzo, senza la cucina di Elena e i cachi sottolio di Martino. L’ortoterapia non risolve improvvisamente i problemi di nessuno, ma, oltre a farti avere fisicamente del cibo vero, ti porta in maniera naturale ad avere cura di un progetto comune, instillandoti una strana dose buonumore. Che dire, tenete d’occhio le attività del circolo «La Stufa» che, anche se tra un po’ è primavera, continuerà ad aprire.
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COME COORDINARE UN CAMPO
di Segreteria Nazionale
Il coordinatore di un Campo di Volontariato Internazionale ha un ruolo chiave all’interno dei un campo. Fa da tramite tra chi ospita il progetto ed il gruppo di volontari internazionali, stimolando le discussioni all’interno del gruppo, occupandosi in generale dell’organizzazione e delle relazioni con l’associazione che ha organizzato il campo. E’ importante inoltre ricordare che il coordinatore è a sua volta un volontario che partecipa alle stesse attività degli altri e per il quale, al pari degli altri, non sono previste retribuzioni. Il coordinatore non è un leader ma più un facilitatore all’interno del gruppo. Scegliere di diventare coordinatore di campo è un contributo importante nei confronti dell’associazione e allo stesso tempo è anche un percorso formativo valido per il coordinatore.
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In questo senso lo SCI si impegna a sostenere i candidati in questa esperienza che si configura anche una possibilità concreta di crescita personale. Crediamo infatti che diventare coordinatore, oltre ad offrire gli stessi vantaggi dell’esperienza del volontariato, dia la possibilità di imparare e mettere in pratica in poco tempo qualità e caratteristiche umane, relazionali e lavorative che certamente sono utile anche al di là del mondo associativo e possono esserlo anche in quello professionale.
La formazione:
Lo SCI offre gratis la partecipazione ai seminari di formazione per coordinatori di campi di volontariato Internazionale, che si terranno a: Castiadas (Cagliari): 7-8 MAGGIO 2016
Per candidarsi o ricevere informazioni sulle formazioni scrivere a workcamps@sci-italia.it Per candidarsi o ricevere informazioni scrivere a sardegna@sci-italia.it. o contattare la Segreteria Nazionale al numero 065580644.
Roma: 16-17 APRILE 2016 e 18-19 GIUGNO 2016
Requisiti per essere Coordinatore di Campi di Volontariato Internazionali: - Aver compiuto almeno 20 anni - Essere soci SCI - Avere precedenti esperienze in Per candidarsi o ricevere informazioni campi di volontariato o nella gestione scrivere a workcamps@sci-italia.it o contattare la Segreteria Nazionale al di gruppi numero 065580644. - Parlare la lingua inglese - Prendere parte all’incontro di formazione. Un mondo di campi - PAG. 14
RAMADAN SUMMER PROJECT. IN OLANDA CON LA COMUNITA’ MUSULMANA di Marco Antonioli
Sei nello SCI da circa un anno. E’ un’estate difficile, esami che temi di non superare mai e non sai di che morte morire. Hai già applicato però per un campo ad Amsterdam ad agosto. Non vedi l’ora. Ma lo SCI è così spunta quando meno te lo aspetti con piacevolissime sorprese. Un giorno suona il telefono. E’ una delle prime persone che hai incontrato nell’associazione. Ti dice che manca il camp leader nel primo campo che hai fatto da volontario: “Avresti tempo di venire a coordinare il campo?” “Do un esame e vengo!”. Questo è l’inizio di due mesi con e per lo SCI. Prima vado a coordinare il campo a Castagneto (TO), dopo a Capocastello di Mercogliano, sempre a coordinare (AV). Poi finalmente arriva il momento del campo ad Amsterdam, da volontario. Ecco il campo di cui vi racconto brevemente perché penso sia uno, insieme a tanti altri che raccontano l’essenza dello SCI. Il nome del progetto era The Ramadan Summer Project. Tutto un programma: fare attività con la comunità musulmana locale in periodo di Ramadan per andare a conoscere a fondo la loro cultura (nel periodo per loro più importante dell’anno) e le loro tradizioni in uno Stato attraversato da forti ventate xenofobe. Il campo era composto da una consistente parte studio sulla cultura della nonviolenza da un lato, con tanto di critica forte al sistema olandese sempre più razzista, e sulla cultura musulmana dall’altro. Le attività del campo invece erano giochi coi bambini Un mondo di campi - PAG. 15
musulmani dell’area di Amsterdam Noord, una sorta di “ghetto” al di là del canale di Amsterdam dov’è sono stati relegati i migranti non provenienti da colonie olandesi. Abbiamo avuto occasione di visitare numerose moschee gestite da esponenti di diverse comunità e dialogare sulla loro condizione in Olanda, abbiamo avuto occasione di partecipare ad alcuni Iftar, la rottura del digiuno del Ramadan, insieme a loro. Insomma, abbiamo avuto modo di vivere appieno per due settimane la vita di una comunità completamente diversa dalla nostra, ma estremamente ricca, di approfondire la loro cultura e, soprattutto, di contaminarci. A fare da corollario al campo e renderlo ancora più vero di quanto già non fosse l’immancabile pioggia dei Paesi Bassi e gli spostamenti in bici tutti insieme.
Ma perché ho voluto raccontare oggi nel 2016 un campo del 2010? Perché avrei potuto raccontare tanti altri campi, tutti che mi hanno lasciato tanto, tantissimo. Ma questo mi ha lasciato la sensazione più grande sintetizzata nel nostro motto “Deeds not Words”. Andare in un posto per conoscerlo, viverlo fino in fondo, contestarlo e criticarlo ma comunque rispettarlo. E poi perché le comunità musulmane in Europa non sono così fondamentaliste come ci vengono descritte da tutti i quotidiani nazionali in questi tempi. Certo, se si scrive senza conoscere e approfondire è facile fare questi errori. Non avete ancora le opportunità economiche di partire in campi nel sud del mondo, ma è il vostro sogno? Un campo nord è sicuramente il primo modo per entrare in contatto con la nostra realtà e…per non lasciarla più perché continua a darti nuovi stimoli e nuove opportunità. Un mondo di campi - PAG. 16
”WE REFUSE TO BE ENEMIES”
di Valeria Elia
In Palestina con Tent of Nations
Il primo passo ad Hebron è stato come una sconfitta. La sconfitta dell’umanità che nuovamente non è più rappresentata da questo nome. L’essere umano che abusa del suo simile. Proprio come fu ad Auschwitz, per i milioni di esseri umani che sfilarono verso la morte. Proprio com’ è stato nei campi di prigionia sovietici, o nelle terre ottomane con gli armeni. Quanti abusi ha visto l’umanità. Pensavamo fosse una questione di tempo, una questione culturale. Ma non ci siamo più evoluti. Pensavamo che l’epoca in cui un forno pieno di fuoco si associava ad un essere umano fosse trascorsa. Fosse parte di una memoria viva, ma nascosta in un posto lontano. E invece nuovamente, inaspettatamente, crudelmente, sui muri di Hebron, si legge “ Arabi nei forni”. Un colpo al cuore, un dolore rinato per l’umanità. Hebron rimane lì. Silenziosa come una piccola Auschwitz, dove gli abusi si moltiplicano. Una prigione a cielo aperto, piena di pezzi di ferro che bloccano i corpi. Ma soprattutto le anime. E forse, quello che oramai ristagna nei cuori di alcuni.. non vogliamo dire di molti. Perché noi siamo portatori di pace. E non dobbiamo giudicare. Un mondo di campi - PAG. 17
Dobbiamo guardare, e cooperare. Perciò ci teniamo la mano e ci lanciamo sguardi complici, e a volte tristi. Perché in fondo il volontariato è proprio questo. E’ un lavoro a tempo pieno per la mente e per l’anima, che ti rende triste a volte, ma ti riempie così tanto da non lasciare spazio ai giudizi. Ma solo all’indignazione, perché per il resto c’è la bellezza di tutta la squadra che si riunisce, che parla diverse lingue, che riflette, che dà una mano. Il mio gruppo culturalmente ricco di differenti opinioni e differenti stili, si è incontrato in una terra altrettanto ricca di culture e religioni differenti, ma martoriata dalla guerra e dalla diseguaglianza. In mezzo alle colonie ingombranti nell’area C della Palestina1, sorge, come sul punto più alto di una montagna, una splendida farm, dai colori tenui e dalle rocce forti. Forti come la speranza che la pace vinca, forti come i sentimenti che legano 1L’Area C è quella parte della Cisgiordania sotto il controllo militare e l’amministrazione israeliana.
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questa gente alla loro terra. Si vedono grandi tramonti da Tent of Nations. Si chiama così la casa di Daoud Nassar e della sua famiglia. Nel mezzo di sole colonie israeliane situate a Nord e a Sud e a Est e Ovest. Ma noi possiamo fare la differenza. Anche se gli israeliani vogliono che Tent of Nations diventi una nuova colonia, Daoud lotta da anni per poter rimanere nella propria terra. Anche senza acqua ed energia elettrica. Ma quella si può sempre rimediare con forza e fantasia. Ma soprattutto con l’aiuto. Con la cooperazione di giovani e non provenienti da paesi in cui le leggi israeliane sono contro il diritto internazionale. La cooperazione è un dono incredibile per la Palestina. La nostra presenza limita gli attacchi, contribuisce alla gestione del lavoro, incrementandone la produttività, ma soprattutto tiene viva la speranza. La speranza che un giorno i conflitti finiscano e gli uomini si riconoscano in loro stessi. Perciò si creano progetti come questo. Come quello a cui io ho preso parte. Per proteggere la farm, per
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aiutare a renderla produttiva e per dare una speranza alle giovani generazioni palestinesi facendo comprendere loro che la nonviolenza è spesso la risposta più giusta ad una violenza che oramai continua incessantemente ed a cui è inutile rispondere con la stessa moneta. Ma neanche arrendendosi. Cosi nasce la resistenza nonviolenta di Tent of Nations: rispondendo alla mancanza di acqua e di corrente elettrica con la creazione di pozzi e di pannelli solari. Anche se l’acqua avrà un sapore più duro e non ci sarà abbastanza corrente per tutti e sempre. Riunendo i bambini dei villaggi circostanti per insegnare loro cosa sia la guerra attraverso le arti. E sempre attraverso queste ultime, cercare di scoprire i loro sentimenti, le loro paure, i loro sogni. Perciò tutti in cerchio, bambini ed adulti, piantiamo un albero che racchiude in sé tutti i sogni e le speranze dei bambini, così come le nostre. Quelle di ragazzi occidentali che spesso pensano che il loro più grande problema sia un esame universitario. Che può essere difficile, è vero. E’ che non sappiamo mai da che lato guardare le cose. Non sappiamo che questi ragazzi hanno in mano dei grandi talenti e non possono usarli per colpa di un muro. C’è chi suona un pianoforte e non può gareggiare perché vive dalla parte sbagliata. Da quella degli occupati. E’ questo il volontariato. Non siamo solo noi a dare, a “sacrificare” per un po’ di tempo il nostro cibo e la nostra buona acqua. Ma sono loro a dare a noi. A farci sapere che si può comunque trovare il bello in una terra dove due diverse religioni si incontrano solo attraverso sbarre di metallo e fucili, che si può comunque sperare ed essere positivi. Ma soprattutto che si può fare un passo verso il colonizzatore, con un fiore in mano. Un murales di Banksy sarebbe
esattamente un fiore in risposta ad un fucile. O una carezza. Nel caso di Daoud e della sua farm, è stato un caffè. Un caffè seduto alla stessa tavola della tua casa, con chi vuole portartela via e sta solo aspettando di trovarti più debole. Ed Indifeso. Il motto di Tent of Nations è proprio questo. “We refuse to be enemies”: “Rifiutiamo di essere nemici”. Ed è per questo che coi bambini prepariamo balli e canti sull’integrazione delle due culture. Perché imparino che ad “Arabi nei forni” si risponde con un sorriso, anche se impensabile. Il sorriso che si deve a chi non sa quel che dice. Il sorriso che si deve all’essere umano. E allora finiamo il campo così, ballando e cantando la libertà e l’importanza di tutti gli esseri umani. Della pace e del dovere, non di porgere l’altra guancia né di abbassare la testa, ma semplicemente di continuare a camminare anche quando il sentiero è roccioso. Proprio come quello della Palestina. E come noi, nell’immagine della pagina precedente, che a dispetto di ogni strano pronostico su quello che potevamo pensare fosse un campo di volontariato, abbiamo imparato molte cose in più sulla vita, sul sacrificio. Abbiamo gioito e sentito la felicità più forte mai provata lavando dei piatti nell’acqua sporca ma intonando insieme Stand by me, ballando una danza palestinese studiata insieme a loro, pur avendo alle spalle una colonia israeliana, come nella foto. Ce ne andiamo da qui con degli amici in più su cui contare e la consapevolezza che cooperare è sempre un’arma a doppio taglio. Se qualcosa ferisce te, ferisce me. Se fa gioire te, fa gioire me. Me lo ricordo così questo campo: sofferente talvolta, ma rigorosamente sorridendo.
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PARTECIPA A UN CAMPO IN ASIA, AFRICA, AMERICA LATINA, MEDITERRANEO
INCONTRI DI FORMAZIONE di Segreteria Nazionale
FORMAZIONI DI I LIVELLO Milano
02/04/2016 oppure 16/04/2016 lombardia@sci-italia.it
Torino
10/04/2016 oppure 30/04/2016 formazione@sci-piemonte.it
Padova
08/05/2016 grupposcipadovanordest@gmail.com
Roma
I campi nel Sud del mondo rappresentano un ottimo modo per essere attivi nella società, potendo agire in prima persona sugli squilibri mondiali in maniera alternativa rispetto al metodo proposto dalla cooperazione classica o dal turismo, per quanto sostenibile.
19/03/2016 oppure 14/05/2016 campisud@sci-italia.it
Napoli
16/04/2016 campisud@sci-italia.it
Cagliari
19/03/2016 oppure 02/04/2016 oppure 16/04/2016 sardegna@sci-italia.it
FORMAZIONI DI II LIVELLO Torino
13-15/05/2016 formazione@sci-piemonte.it
Roma
10-12/06/2016 campisud@sci-italia.it
Se lo spirito di un campo internazionale di lavoro è lo stesso in Scozia come in Ghana, o in India o in Nicaragua, ben diversa è la situazione che lo ospita, i messaggi e gli stimoli da mandare e da ricevere: la solidarietà corre sul filo della presenza, della disponibilità e del rispetto verso culture lontane dalle nostre. Condizioni logistiche ed ambientali particolari richiedono ovviamente uno spiccato senso di adattamento e grande sensibilità. Prima di partire per i campi in Asia, Africa, Mediterraneo e America Latina, è necessario quindi partecipare agli incontri di formazione.
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GLI INCONTRI SI SVILUPPANO IN DUE MOMENTI, ENTRAMBI OBBLIGATORI, CHE PERMETTONO DI PRENDERE COSCIENZA DELL’ESPERIENZA CHE STAI PIANIFICANDO DI FARE: DALLA CONOSCENZA DELL’ASSOCIAZIONE AI PARTNER, DALLA MOTIVAZIONE CHE TI MUOVE AL CONTESTO CON CUI TI CONFRONTERAI. La prima giornata di formazione si svolge in diverse città d’Italia ed è aperto a tutti coloro che sono interessati alle varie attività che portiamo avanti: dai campi nel Nord a quelli nel Sud del mondo, dalle formazioni coordinatori al volontariato a lungo termine. Il secondo livello di formazione, che dura un fine settimana, sarà invece specifico per coloro che vogliono fare un’esperienza nel Sud del mondo. Per questo, l’incontro ha carattere residenziale: si dorme e si mangia assieme. E’ fondamentale la permanenza durante tutto il tempo, così da capire se la vita comunitaria e la dinamica di un campo di volontariato sono cose che fanno per te.
Si invitato tutti/e i/le volontari/e interessati/e a scegliere la formazione più vicina a casa propria: cerchiamo di promuovere una FORMAZIONE A KM ZERO rispettosa dell’ambiente! Questo ci permetterà oltretutto di gestire la logistica nel migliore dei modi per offrirvi una formazione di massima qualità. Durante le formazioni chiederemo un piccolo contributo per le spese di vitto e alloggio e, durante il secondo livello, effettueremo il tesseramento allo SCI Italia con un contributo di 20 euro. Le iscrizioni saranno aperte dal 29 FEBBRAIO. Sarà sufficiente scrivere all’indirizzo mail associato al luogo scelto.
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CONCLUSIONI SCI Italia è nato nel 1948, nel primissimo dopoguerra. Mi immagino lo slancio dei fondatori, per la prima volta liberi di promuovere una visione del mondo anti-nazionalista, pacifista, basata sulla condivisione invece che sulla competizione, sullo scambio invece che sulla sopraffazione. Immagino che fosse letteralmente incredibile per chi era cresciuto nell’Italia fascista. In quegli anni, in Italia e in Europa,
c’era tanto da fare. I primi campi furono spesso orientati alla ricostruzione, con un occhio particolare al risultato pratico. Piano piano, negli anni seguenti, i volontari e gli attivisti svilupparono un’ottica un po’ diversa sui campi di volontariato: capirono che il valore più profondo non stava tanto nel risultato, quanto nel processo.
di Om Sharan Salafia
una cultura di pace. Una pace che non si realizza semplicemente nel fatto che il conflitto armato è finito: una pace attiva, in cui c’è uno scopo comune, in cui la diversità è ricchezza, in cui la condivisione è la norma. Dal punto di vista strettamente pratico, un campo è una goccia nel mare. Non fraintendiamoci: il mondo ha un bisogno disperato di questi piccoli lavori. Del contributo che volontari come Valeria danno alla fattoria “Tent of Nations”
di Daoud Nassar (vedi pag.17), che contrappone l’amore semplice per la terra di chi la coltiva alla cieca avidità di chi la vuole occupare cacciando chi ci vive da generazioni; dello sforzo amorevole di volontari come Alberto che portano novità e speranza nel campo profughi di Diyarbakır in Kurdistan (vedi pag.6), superando la paura di avvicinarsi ai territori lambiti dal mostruoso spettro Il momento del campo, quello spazio dell’ISIS; dell’entusiasmo di volontari in cui persone di diverse provenienze come Marco, che ad Amsterdam e percorsi si trovavano per lavorare giocano con i bambini della comunità insieme, era qualcosa di estremamente musulmana, contrapponendo alla prezioso: era la messa in pratica di xenofobia promossa dai partiti locali un Un mondo di campi - PAG. 23
incontro fatto di curiosità e scambio (vedi pag.15); e delle altre centinaia di volontari che ogni anno partecipano ai campi di Servizio Civile Internazionale e di altre associazioni. Tuttavia, come dicevo, ognuno di questi campi prende un senso più grande e più completo quando si sposta l’accento dal risultato pratico al fatto che in ognuno di essi i volontari creano un gruppo che non esisteva prima, fatto di persone molto diverse per provenienza, per età, per cultura, per formazione. Un gruppo così eterogeneo si incontra a sua volta con la comunità locale, in un mescolamento di colori davvero raro in qualsiasi altra situazione. Condividendo per diversi giorni il sudore del lavoro, dormendo tutti insieme in condizioni semplici ed essenziali, andando quotidianamente alla scoperta reciproca, i volontari e la comunità creano qualcosa di unico e di poetico: un piccolo mondo di pace. Come disse una volta Pierre Ceresole, l’inventore dell’idea stessa di Servizio Civile Internazionale, ognuno di questi campi è un seme: nel cuore di ogni persona che vi prende parte, questo seme germoglia nella consapevolezza che esiste una cultura di pace attiva, in cui ognuno di noi ha la possibilità e la responsabilità di creare la pace giorno per giorno, accettando il diverso, lavorando insieme, trasformando ogni conflitto in un’occasione di crescita. Per me, ogni campo è un segno indelebile, da cui ho imparato cose che nessuna scuola avrebbe mai potuto insegnarmi. Per questo, auguro a ognuno di voi di avere l’occasione di fare questa esperienza.
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