Centofiori luglio 2014

Page 1


Servizio Civile Internazionale via A. Cruto 43 - 00146 Roma Tel 06.5580644 Fax 06.5585268 e-mail: info@sci-italia.it web: www.sci-italia.it Centofiori n. 71 Direttore Responsabile: Gianni Novelli

CITTADINANZA IN MOVIMENTO LUGLIO 2014

Redazione e amministazione: Segreteria Nazionale SCI via A. Cruto 43 - 00146 Roma Tel 06.5580644 e-mail: info@sci-italia.it

SGUARDI DI GENERE European citizenship at the mirror - Nepal

Coordinamento e realizzazione: Segreteria Nazionale SCI

di Elena Albergo

Testi: Segreteria Nazionale attivisti, volontari e partner SCI

9

Stampa: Multiprint via Braccio da Montone 109, Roma Aut. Trib. Roma 86/83 del 5/3/83

INTRODUZIONE

Tra cittadinanza e utopia di Simone Ogno

4 di Eleonora Gatto

NEW MEDIA GUERRILLA Il ruolo dei new media nella Resistenza Palestinese

di Laura Basta

NO BORDER FEST

Tre giorni oltre ogni frontiera

6

di Silvio Olivieri

CULTURA RESISTENTE Citizens Beyond Walls

12

15


INDICE

TERZO SETTORE TRATTARE CON CURA

19

di Massimiliano Yamine Kamal e Stefania Pizzolla

di Elisabetta Narese

MUSEO DELLA LIBERAZIONE Un’idea positiva di volontariato

20

di Rocco Garrapa

TUTTI INCLUSI

22

Più di 15 anni di collaborazione con il SEAD di Riccardo Carraro

25

VOLONTARI...PER L’EXPO? No Grazie!

di Riccardo Carraro

CONCLUSIONI

27


Editoriale di Simone Ogno

TRA CITTADINANZA E UTOPIA

S

e sfogliamo un qualsiasi vocabolario, alla parola “cittadinanza” sono connesse svariate definizioni; tra tutte queste, le parole che ricorrono più spesso sono “vincolo di appartenenza” e “diritti”. Vincolo di appartenenza a cosa? Quali diritti? E’ intorno a queste due domande che la società contemporanea sta mutando. Il vincolo di appartenenza allo Stato è ormai solo sulla carta portatore di diritti, lo vediamo nella quotidianità della repressione politica ed economica, della discriminazione e dell’emarginazione. Le politiche di austerity legate al neoliberismo e al corporativismo dilaganti in Europa e nel mondo stanno sempre più accentuando le divisioni tra fasce di popolazione, quelle che al tempo della netta divisione tra padroni e operai erano definite “classi sociali”. Quelle classi sociali hanno assunto nuova forma e più ampi numeri, in modo particolare quelle che subiscono passivamente le politiche di cui sopra. In questo contesto non possiamo più permetterci di distinguere tra gruppi di persone. Nelle città italiane, le politiche di gentrification stanno producendo bantustan urbani, indifferentemente che questi contengano persone senza fissa dimora o persone di origine rom. L’obiettivo è spazzare via entrambe sotto il tappeto di un modello economico che lascia i più indietro a favore di una minoranza arrogante. E queste fasce discriminate sono composte di cittadine

4

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

e cittadini italiani. L’impoverimento culturale e la strumentalizzazione politica alimentano le pratiche discriminatorie, testimoniate dall’aumento di aggressioni di matrice omofoba, e da un ritorno alle violenze fasciste in svariati territori. Anche in questo caso si tratta di cittadine e cittadini di uno Stato, quello italiano, che si vanta di strumenti di tutela tra i più avanzati per salvaguardare le libertà civili e politiche. Allo stesso tempo, le persone non in possesso della cittadinanza italiana subiscono quotidianamente sulla loro pelle la violenze delle frontiere e di tutto il sistema di controllo sociale a esse collegato. Il termine “migrante”, utilizzato sempre più anche dai media mainstream per dare un volto umano dopo gli anni dei “clandestini”, inizia a svelare il suo retaggio coloniale. Perché migrante non è solo la persona proveniente da un paese del continente africano o asiatico, come appare in certe letture, è chiunque senta la necessità di muoversi in libertà per soddisfare le sue aspirazioni. E’ proprio questo, nella società contemporanea che le autorità non possono tollerare e che desiderano controllare e reprimere. E’ in questo quadro che si inserisce l’ennesima operazione emergenziale spacciata per azione umanitaria come “Mare Nostrum”, operazione militare congiunta e in sinergia con Frontex, istituzione dell’Unione Europea che coordina il pattugliamento delle frontiere esterne europee. Un pattugliamento che si fa forza degli asettici strumenti delle nuove tecnologie, e soprattutto anziché gestire la problematica attraverso gli strumenti del diritto internazionale e del diritto di asilo


e con personale civile, militarizza il canale di Sicilia e affidando a personale militare la gestione degli sbarchi. La nostra associazione ha sempre proposto alternative a tutte queste dinamiche, tramite l’organizzazione dei campi di volontariato e progetti di più ampio respiro, per riflettere sui limiti della cittadinanza e proporre qualcosa di nuovo, che sia chiamato “cittadinanza attiva” o in altre maniere: chiunque può declinare il termine sulla propria persona. Il No Border Fest, festival che organizziamo dal 2009 a Roma con altre realtà del territorio, è un momento di confronto collettivo su temi sempre più importanti come cittadinanza e libertà di movimento. Con i Campi Tutti Inclusi vogliamo superare le dinamiche dell’esclusione sociale, facendo in modo che i giovani con minori opportunità si riapproprino in maniera autonoma degli strumenti per agire su una società che ha tolto loro ogni spazio. Il progetto Citizens Beyond Walls vuole invece osservare la crescita delle nuove destra in Europa e di come queste ostacolino i processi di inclusione sociale. Come SCI ci riconosciamo nei valori dell’antifascismo, e crediamo che questi siano ancora lo strumento migliore per agire in una società che gioca sempre più sull’ambiguità e sul depotenziare la funzione la memoria storica collettiva In questi ultimi mesi, volontarie e

volontari provenienti da Nepal, Irlanda, Messico, Italia e Mauritius stanno contribuendo alla realizzazione del progetto European Youth Citizenship at the Mirror, che propone una ricerca sul tema della cittadinanza comparata tra quella europea e quella degli altri paesi partner, definendo i punti di contatto affichè diverse realtà possano trarre nuovi spunti per incidere sulle dinamiche di esclusione sociale. In ultimo, con il Servizio Volontario Europeo in Palestina cerchiamo di pensare alla cittadinanza attiva anche in contesti più lontani rispetto alla scena europea, per ribadire ancora una volta che il locale e il globale non sono due entità separate. E’ per tutte queste ragioni che l’idea di cittadinanza dovrebbe essere rivista con nuovi occhi. Non più quelli dell’appartenenza statale ma di appartenenza comunitaria, transnazionale, collettiva. Una cittadinanza che parta dai territori e superi le frontiere, che progressivamente diventi protagonista delle trasformazioni in corso nello spazio europeo, senza barricarsi al suo internoma aprendosi ad altri scenari,quali ad esempio quelli delle recenti le rivendicazioni sociali in Brasile e in Turchia.Cerchiamo di trovare non tanto soluzioni universali, quanto pratiche e attivazioni che permettano di accrescere consapevolezza e incidere nei processi sociali in corso. Si potrà pensare che “esigiamo l’impossibile”, ma che senso avrebbe il quotidiano senza rincorrere un’utopia e costruirla un passo alla volta?

CITTADINANZA IN MOVIMENTO 5


di Laura Basta

NO BORDER FEST Oltre ogni frontiera

A

l centro delle scelte politiche dell’Unione Europea si è più volte assistito, negli ultimi anni, alla crescita di un controllo maggiore dei movimenti delle persone attraverso percorsi di esclusione e rafforzamento delle frontiere, definendo di fatto chi ha diritto a muoversi e chi no. In Italia dal 1998, con la legge sull’immigrazione Turco Napolitano, si sono istituiti i primi luoghi di confinamento per migranti, i CPT, all’interno dei quali trattenere o detenere chi non ha un permesso per soggiornare. Centri che, attraverso la Bossi Fini del 2002, il Pacchetto Sicurezza del 2009 e la direttiva rimpatri del 2011, sono diventati a tutti gli effetti Centri di identificazione ed espulsione (CIE) all’interno dei quali si può essere trattenuti fino a 18 mesi. Parallelamente alla costruzione di dispositivi di esclusione sempre più strutturati, sono nate e cresciute esperienze di protesta che rivendicano diritti basilari, primo fra tutti la libertà di movimento. Centinaia di persone, associazioni, movimenti si sono incontrate a Gennaio a Lampedusa e da qui sono ripartite “per riscrivere lo spazio Mediterraneo”. Altre centinaia di persone sono partite il 18 maggio da Kehln, in Germania, ed hanno inziato una marcia verso Bruxelles, mentre il Consiglio Europeo si riuniva per discutere “gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. Una marcia che ha manifestato il proprio dissenso e ha dato visibilità a quelle lotte che in Europa continuano a fiorire e a crescere. Nel pensare al No Border Fest siamo partiti da questo, proponendo una visione dal basso delle politiche migratorie. Ripensare il concetto di cittadinanza sotto un punto di vista inclusivo anziché esclusivo. Lo abbiamo fatto insieme a ai volontari internazionali del progetto Youth European Citizenship at the Mirror e del campo di volontariato “No Border Fest”, insieme ad attivisti ed attiviste. Il festival, nato nel 2009 in risposta al pacchetto sicurezza e organizzato quest’anno da SCI Italia, INsensINverso, Amisnet, Laboratorio 53 e La Città dell’Utopia, è giunto alla sesta edizione creando ancora una volta uno spazio di discussione sui diritti di cittadinanza, le migrazioni e la libertà di movimento. Il festival ha proposto tre giorni fitti di eventi con documentari, dibattiti, mostre fotografiche, concerti e teatro. Uno stesso filo conduttore, le frontiere in Europa e la resistenza ad esse. 6 CITTADINANZA IN MOVIMENTO

Lotte Migranti in

Ad aprire il festival approfo migranti in Europa. Alle Offic visto ed ascoltato alcune delle le voci di chi vi ha partecipato osservate e raccontate. Abbiamo proiettato il docume è stato realizzato in prima p ripercorre un 2013 caratterizz Emergenza Nordafrica attrav Spagna, Grecia, Ungheria, It per i richiedenti asilo e rifu privi di servizi e dalla negaz esempio, i migranti provenien situazione paradossale in cui contemporaneamnente hanno da anni. A fronte della (non) r a Marzo 2013 si sono accam Ministero dell’Interno, richied delle domande. Non sono st posizione attiva davanti a gov la libertà di movimento e nega giorni del Festival, centinaia di in Marcia a Bruxelles (erano p per esprimere il proprio dissen in atto dall’Unione Europea. P collettivi che portano avanti, in e “buone pratiche”. Durante u la Fredoom March di Bruxell di Berlino. Oumar, una volta velocemente a Berlino, alla occupata un anno e mezzo fa di Kreuzberg. Mentre le forze centinaia di manifestanti sono s strade limitrofe, hanno occup che recitava “Non potete sgom 1

www.opendoorsresearc


E il movimento non è stato sgomberato.

Frontiere esterne all’Europa

Europa

ondimenti e collegamenti dalle lotte cine Culturali InsensInverso abbiamo e mobilitazioni di migranti attraverso o, le ha vissute o le ha semplicemente

entario Open Doors1, non solo perchè persona da alcuni di noi, ma perchè zato da crisi economica e cosiddetta verso cinque paesi europei (Cipro, talia). Le condizioni di accoglienza ugiati sono caratterizzate da centri zione di diritti basilari. A Cipro, ad nti dalla Siria sono ancora oggi in una i non vengono espulsi dal paese ma o le richieste d’asilo bloccate anche risposta da parte della Commissione, mpati per più di un mese davanti al dendo un incontro urgente e l’analisi tati gli unici in Europa a prendere verni che restringono sempre di più ano i diritti fondamentali. Proprio nei i persone, migranti e non, sono arrivati partiti un mese prima dalla Germania) nso nei confronti delle politiche messe Persone, organizzazioni, movimenti e n diversi territori, “percorsi alternativi” uno dei collegamenti via Skype con les, abbiamo parlato con un attivista raggiunta Bruxelles, stava tornando Gerhart-Hauptmann-Schule, scuola a da profughi e rifugiati nel quartiere dell’ordine provavano a sgomberarla scesi in strada, hanno bloccato diverse pato il tetto e tirato giù uno striscione mberare un movimento”.

ch.org

Dalla Magliana il festival si è spostato a La Città dell’Utopia, luogo in cui il No Border Fest è nato e cresciuto. Affrontare le frontiere esterne all’Europa significa ripercorrere quei confini al di là del Mediterraneo a volte difficili da vedere e identificare che rappresentano una vera e propria barriera all’ingresso in Europa. E’ il caso di Melilla, enclave spagnola in territorio marocchino. A Melilla, come hanno raccontato Sara Creta (autrice del documentario Number9) e Marco Stefanelli (giornalista nel progetto Across the Sea2), ci sono quasi undici chilometri di tripla recinzione, alta fino a sei metri, con sensori elettronici, telecamere, pattugliamenti per respingere i migranti che tentano di attraversarla. Le violenze commesse dalle autorità marocchine con la collaborazione e accondiscendenza di quelle spagnole, sono delle vere e propie aggressioni, con feriti costretti a tornare indietro, a nascondersi nella foresta, a medicarsi con i pochi mezzi disponibili. Ma le rotte dei migranti attraverso il Mediterraneo non passano solo attraverso Melilla, ed il progetto Across the Sea ne ha attraversate di persona alcune: Malta, deserto del Sinai, Libia-Lampedusa, Le Canarie, Melilla e Tunisia. Durante il festival, l’Agenzia Radiofonica Amisnet ha raccontato il viaggio attraverso il progetto in modo originale e suggestivo: un documentario sonoro dal vivo che fa vivere Melilla e differenti luoghi in Tunisia. La Tunisia, durante il conflitto in Libia del 2011, è stato il paese che ha affrontato il maggior numero di arrivi di persone in fuga via terra. In quel periodo, i rifugiati che hanno attraversato il confine libico-tunisino sono stati circa un milione. A Choucha, zona semi-desertica tunisina, l’UNHCR ha gestito un campo profughi dal 2011 fino all’estate del 2012, momento in cui è stato ufficialmente chiuso. Ufficialmente perchè a dicembre del 2013 ancora era abitato da centinaia di migranti (respinti o non reinsidiati negli Stati Uniti o in Europa dall’UNHCR) in baracche senza elettricità, acqua e alcun tipo di assistenza. Acqua e cibo lo rimediavano fermando le macchine dirette in Libia. Altra ospite della serata è stata Rasha Azab, attivista egiziana. Capire cosa succede in questo momento in Egitto è sempre difficile e complicato, come quando le forze in campo sono tante e variegate. 2 Across the sea è un progetto coordinato da SCI-Italia in partenariato con AMISnet, che ha prodotto un sito multimediale che racconta le rotte del Mediterraneo (www.acrossthesea.net). CITTADINANZA IN MOVIMENTO 7


Quello che colpisce dall’intervento di Rasha è la vividezza e lucidità dei suoi racconti. Nonostante abbia un mandato di arresto sulle spalle, lei ed altri attivisti e attiviste, in Egitto, continuano a mantenere ferma la protesta contro il ritorno alle politiche autoritarie.

Frontiere interne all’Europa Abbiamo voluto dedicare l’ultima giornata ad un’analisi delle frontiere interne all’Europa, focalizzandoci in particolare sulla questione dei CIE. ASGI, Studio Legale Antartide e Ass. Liscìa hanno allestito, nella terrazza de La Città dell’Utopia, una mostra fotografica su differenti CIE in Italia. Immagini a volte “rubate” dalle mense, dalle stanze, dalle aree comuni dei centri di detenzione. Ad animarla storie di persone che all’interno del CIE hanno vissuto un periodo della loro vita. Sono le storie raccolte da un gruppo di un avvocati che ne hanno seguito le cause. Da una parte sono storie a lieto fine perchè quelle persone non sono state espulse. Dall’altra sono storie che fanno riflettere perchè dipendono dalla competenza di un avvocato nel trovare un cavillo burocratico. Storie paradossali, come quella di G., cresciuto in Italia, che all’età di 18 anni non sa di dovere richiedere la cittadinanza italiana prima del compimento del diciannovesimo anno di età. A 19 anni si ritrova così “irregolare”, viene fermato dalla polizia e portato al CIE di Ponte Galeria. G. non è considerato “cittadino” dallo Stato italiano, nonostante vi sia cresciuto, ma richiedente asilo da un paese che non ha mai visto e conosciuto. Ma di storie come queste ne esistono tante, come quelle raccontate da Daniele Anzalone nel suo spettacolo di teatro. Una storia tragi-comica di un “immigrato nato”, che potrebbe venire da qualsiasi parte del mondo e sconta tutte le assurdità della legge italiana. Alla fine del festival sono tanti gli spunti, le informazioni, i racconti e le testimonianze. Ma soprattutto sono tante le relazioni, quelle nate all’interno di momenti di socialità. Perchè il No Border Fest è anche questo, scambiarsi “buone pratiche” e forme di resistenza alle politiche securitarie. Continuare a parlare dal basso di migrazioni significa proporre e mettere in pratica un altro modello che va oltre le frontiere fisiche, per una reale libertà di movimento.

8

CITTADINANZA IN MOVIMENTO


di Elena Albergo

Q

uando ripenso alla mia esperienza – piena di incontri, parole, colori, paesaggi - di un mese e mezzo in Nepal, è come se avessi davanti un puzzle. Come quando da bambini si è eccitati all’idea di ricomporlo, proprio come l’immagine della scatola, ma poi si scopre che manca un pezzo – magari proprio quello che fa parte della cornice o quello che va messo al centro. Allora, per non lasciare quel fastidioso buco, si cerca per tutta la casa, sotto il divano, dietro gli stipiti delle porte, nel bidone dell’immondizia, ma non si trova niente. E rimane davanti a noi, un po’ interdetti e anche infastiditi, il puzzle che racconta un’immagine con un pezzo mancante, che è finito chissà dove. Raccontare la mia esperienza agli altri e a me stessa è come avere a che fare con questo puzzle: nonostante ci si ostini a cercare quel pezzetto non si trova proprio. E’ sempre molto difficile riportare agli altri le proprie esperienze sia perché le parole a volte risultano un mezzo insufficiente e inadeguato per descrivere tutto quello che è legato alle emozioni e ai nostri cinque sensi sia perché la memoria è una strana compagna e spesso - anche per un periodo così breve - mescola i ricordi, ne cancella alcuni e ne fa riemergere altri sempre con particolari diversi, a volte anche divergenti tra loro. E poi, perché, prima di tutto è sempre molto difficile raccontare a se stessi. Credo che per comprendere in profondità un altro paese, in particolare con storia e cultura così diverse, non sia sufficiente una vita intera: rimane sempre qualcosa da conoscere, capire e a volte semplicemente da accettare. Rimane sempre una piccola distanza, che però può essere preziosa perché ci aiuta a notare e a meravigliarci di tutto quello che per altre persone non rappresenta altro che la vita di tutti i giorni. E’ come rimanere chinati a guardare da un buco del muro di un giardino in cui non si può entrare: si intuisce quello che c’è al di là, ma non si riesce a vedere proprio tutto. Rimangono le intuizioni, la curiosità e magari anche i fraintendimenti. La mia distanza con il Nepal era così grande che mi stupivo e mi incuriosivo di tutto. Avevo in testa sempre tantissime domande da fare per capire quello che mi stava intorno: quando

European Youth Citizenship at the Mirror, riguarda il concetto di cittadinanza europea comparato al concetto di cittadinanza nei paesi partner, con un focus particolare sui diritti connessi alla cittadinanza in Europa e non solo. Le domande che il progetto si pone sono le seguenti: quanto la cittadinanza produce reale inclusione sociale? Quali sono le carenze che la portano invece ad essere escludente per chi non la possiede? 6 volontarie si sono recate dall’Italia e dall’Irlanda verso Messico, Nepal e Mauritius per approfondire le questioni connesse con i diritti di cittadinanza nei paesi ospitanti, attraverso una ricerca sul campo (interviste, incontri pubblici, studi). A fine giugno, in concomitanza con il No Border Fest (27-28-29 giugno), si è tenuto a Roma un seminario di cinque giorni sulla cittadinanza, al quale hanno partecipato le volontarie di rientro dalle loro esperienze e i/le volontari/e da Messico, Nepal e Mauritius. Questa è stata l’occasione per confrontare le diverse esperienze e scrivere una bozza della ricerca finale, che sarà poi completata dagli incoming vols. rimasti in Italia (mentre 3 di loro si sono recati in Irlanda) per poco più di un mese. Ad agosto la ricerca sarà presentata a Dublino, Irlanda, e in questa sede verranno anche gettate le basi per l’e-book che sarà reso pubblico in autunno e contenente la ricerca ultimata.

CITTADINANZA IN MOVIMENTO 9


chiedevo alle persone del posto il significato di qualcosa, a volte ricevevo una risposta chiara, a volte no. La ragione è semplice: non ci possono essere risposte e spiegazioni per ogni cosa, per esempio alcune pratiche –religiose o socio-culturali– sono tramandate da generazioni e generazioni e i relativi significati si sono sedimentati e persi nel passato. Si fa qualcosa perché “da sempre” si è fatto così e non c’è bisogno di domandarsi il perché. A volte, con la mia ostinatezza e con la necessità di trovare sempre delle connessioni tra cause e conseguenze – colpa dei miei studi storici - provavo a darmi delle risposte e a trovare una giustificazione contestuale ad alcune pratiche per provare a capire. Poi mi sono resa conto che da subito, quasi involontariamente, prestavo attenzione a qualsiasi cosa fosse legata al genere ed, in particolare, alle donne: camminando per le strade, guardando i cartelloni pubblicitari, viaggiando sull’autobus, mangiando nei bar locali…. Per me è stato spontaneo, quasi naturale farlo, non solo perché sono una donna e posso cercare di immaginare come potrebbe essere qua la mia vita come una donna, una donna nepalese, ma anche perché la categoria del genere è connessa, in tutto il mondo, alle discriminazioni e all’esclusione sociale, due punti chiave del nostro lavoro di ricerca informale. Provare ad analizzare la discriminazione di genere aiuta a capire il concetto mutevole di cittadinanza e come in una società prendano forma l’inclusione e l’esclusione. La società nepalese è fortemente patriarcale ed è l’uomo – come nonno, padre, zio, fratello, cognato, marito – che guida la famiglia e ad un livello più alto, metaforico e non, l’intero paese. Se, con un facile paragone con il corpo umano, l’uomo rappresenta la testa, alla donna spettano sicuramente le braccia e le mani. La testa decide cosa fare, come comportarsi, cosa è giusto e cosa, invece, sbagliato mentre le braccia e le mani della donna, una moderna dea Kali, puliscono e mettono in ordine, cucinano, preparano il the, lavano i vestiti e i piatti, tengono i bambini, portano l’acqua, raccolgono il riso… L’uomo che detiene il potere economico ha la facoltà di decidere come gestire la casa, la famiglia, mentre la donna è l’unica sulla quale cade la responsabilità dei molteplici lavori di cura. 10 CITTADINANZA IN MOVIMENTO

Uomo che poi significa sempre uomini e donna che vuol dire sempre donne. Infatti, secondo tradizione la famiglia nepalese è solitamente estesa e la sposa va a vivere nella famiglia del marito, quindi con i suoi suoceri, le cognate non ancora sposate, i cognati maschi, le relative spose e i figli; il lavoro di cura viene diviso tra le donne della casa, quelle “originarie” e quelle acquisite. Le mie parole volontariamente connettono sempre le donne agli uomini perché nella vita nepalese accade lo stesso: se può esserci uomo senza donna, non esiste donna senza uomo; l’identità della donna, infatti, è sempre definita dal suo stato familiare: come figlia, come moglie o eventualmente come vedova. Nel caso in cui una donna perda il suo riferimento maschile – che sia il padre o il marito – la sua posizione nella società diventa estremamente vulnerabile, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale-culturale, e in alcuni casi, rischia l’esclusione e una vita di povertà e di stenti. E’ particolarmente rappresentativo in questo senso il caso delle donne singole per motivi di vedovanza. La moglie viene considerata la causa della morte del marito e da quel momento in poi anche a lei sarà riservata una vita come “morta”1. Il linguaggio, uno degli strumenti più 1 Alle vedove è riservata la prospettiva di essere delle “morte viventi”. Questa visione è legata alla tradizione, ormai illegale, della pratica del sati, secondo la quale la moglie doveva morire con il consorte bruciandosi viva sulla sua pira funeraria. Per tutto quello che ho imparato sulla questione delle donne vedove, che le attiviste – per evitare discriminazioni legate al linguaggio – chiamano single women, ringrazio l’associazione “Woman for human rights” per il tempo che ci ha dedicato incontrandoci e spiegandoci il loro lavoro. Per chi fosse interessato ad approfondire: http://whr.org.np/


potenti di trasmissione e conservazione delle dinamiche di potere, plasma e fissa l’identità della donna. Le parole usate per indicare una donna vedova hanno, infatti, sempre un’accezione negativa: colei che veste di bianco, mangiatrice del marito, strega, puttana. La donna rimasta vedova subisce diverse privazioni ed è interessante notare come anche il suo stato diventi con facilità visibilmente riconoscibile agli altri: per citare solo alcuni esempi, le è proibito continuare a truccarsi, indossare gioielli e agli abiti colorati dovrà sostituire quelli di colore bianco, simbolo del lutto. Il rosso, colore che indica lo status di donna sposata ed è quello usato per il sari delle nozze, deve essere abbandonato per sempre. E’ importante sottolineare che le donne, in questo caso come in altri dove subiscono ingiustizie, non devono essere semplicemente viste come un soggetto passivo o una vittima, ma è essenziale riconoscere come spesso siano il primo agente di cambiamento della loro stessa condizione, sia attraverso un percorso di coscientizzazione del loro status e dei loro diritti, sia attraverso il lavoro e l’attivismo in alcune organizzazioni, sia grazie alla mediazione e alle rivendicazioni quotidiane nella vita di coppia e di famiglia. E’ difficile parlare del Nepal in termini generali perché, nonostante sia geograficamente poco esteso, è una realtà particolarmente complessa non solo per la presenza degli innumerevoli gruppi etnici2, ma anche per l’articolato sistema delle caste ed è necessario tener presente che le tradizioni e le regole socio-culturali cambiano secondo l’etnia e la casta di appartenenza3. E’ vero però, che quasi ovunque il comune denominatore sia la supremazia dell’uomo e del gruppo “uomini” sulle donne. Un sistema familiare che è però in continuo cambiamento per determinati fattori, tra i quali sicuramente il più incisivo è quello dell’immigrazione, che porta come all’abbandono della terra ed incrementa il relativo processo di urbanizzazione, sempre più forte non solo 2 Consapevole della limitatezza di questo termine mi trovo però costretta ad usarlo perché è questa la categoria che viene usata per descrivere il mosaico dei popoli nepalesi. 3 Anche la discriminazione verso le donne rimaste vedove differisce in questo senso: in alcuni gruppi etnici e caste è legata solo all’aspetto economico, mentre in altre ricopre tutti gli aspetti della vita, da quello sociale a quello religioso.

in Nepal, ma in tutto il mondo. Inoltre, per motivi lavorativi, capita che la neo coppia sempre più spesso si allontani dal nucleo familiare e si traferisca in città. Nei casi in cui entrambi, marito e moglie, abbiano un lavoro è ancora importante, in una prospettiva della divisione dei ruoli di genere, che sia l’uomo quello che monetariamente guadagni di più (quello che in sociologia viene definito con il termine breadwinner). Avere un lavoro salariato non significa né un’automatica né una facile rinegoziazione dei ruoli: la donna oltre al lavoro fuori casa manterrà invariato quello in casa, di cura4. Perché avvenga un cambiamento ci vorrà molto tempo, come ovunque. Spesso mi veniva e viene da pensare e fare dei collegamenti con l’Italia e mi domando quando ci sarà anche qua un’equa distribuzione dei lavori di cura (della casa, dei figli, dei genitori anziani) tra i generi, scevra dei pregiudizi che, nonostante tutto, vedono la donna come “naturalmente” incline ad occuparsi della famiglia e degli altri, che la giudicano quando fa scelte diverse come quelle di non volere figli e di preferire la carriera al focolare domestico e che la stigmatizzano quando ricopre ruoli di potere. Scrivo questo perché credo sia importante guardare alle altre società tenendo sempre un pensiero rivolto alla propria sia per cercare di avere il meno possibile un’ottica giudicante, che ci fa considerare – a volte anche inconsciamente – migliori perché più giusti, più tolleranti e sia perché è essenziale capire come le discriminazioni relative al genere, alla classe e alla “razza”2 5 siano presenti ovunque nel mondo ma in modi, gradazioni e forme diverse. Forse per ricostruire l’intero puzzle e ritrovare i pezzi mancanti bisogna proprio guardare all’orizzonte delle proprie esperienze: da dove si è partiti, dove si è stati e infine dove si è tornati. 4 Gli studi e il concetto di “doppia presenza” elaborato dalla sociologa italiana Laura Balbo ci aiutano a capire meglio il ruolo della donna a casa e fuori, nel mondo del lavoro. 5 Inserisco tra virgolette questo termine ben consapevole della sua valenza e ovviamente dell’inesistenza delle razze umane. E’ però una categoria, anche se inventata, ancora usata nei discorsi razzisti, per esempio per “naturalizzare” e rendere immutabili le caratteristiche di soggetti e gruppi umani che si vogliono discriminare. Volontariamente non sostituisco il termine con quello di “etnia” perché, oltre a non ritenerlo particolarmente corretto in questo caso, penso sia più scivoloso e in alcuni contesti ancora più ambiguo e pericoloso.

CITTADINANZA IN MOVIMENTO 11


di Eleonora Gatto

NEW MEDIA GUERRILLA Il ruolo dei New Media nella Resistenza Palestinese

l 15 maggio 1948, 750 mila plestinesi furono sradicati dalla proprio terra stringendo nei pugni le chiavi di casa. Oggi, 7 milioni di rifugiati palestinesi ancora possegono quelle chiavi, passate di generazione in generazione assieme ai ricordi di villaggi rasi al suolo e al sogno di ritornare. La Nakba, letteralmente Catastrofe, del 1948 fu una pulizia etnica pianificata dal movimento sionista che non puo’ essere relegata alle pagine di un libro di storia in quanto è tutt’ora in corso.

I

La Nakba del 2014 avviene attraverso un sistema di piani di evacuazione forzata, demolizioni di case, omicidi impuniti e l’applicazione di un sistema legislativo razzista, tutto ciò nel silenzio più assordante. Per tali crimini contro l’umanità Israele non è mai stato portato di fronte alla Corte Penale Internazionale e i colpevoli mai condannati; al contrario, di fronte alla comunità internazionale, è riuscito a costruirsi un’immagine di Stato democratico. La propaganda israeliana – hasbara – è stata di primaria importanza nella costruzione di quest’inganno 12

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

mondiale. In collaborazione con i mass media occidentali Israele, rispetto al processo di deprivazione che va avanti da 66 anni e che ha assunto tutte le caratteristiche di una colonizzazione, ha diffuso una ‘versione ufficiale’, lontana dalla verità storica. Negli ultimi anni, budget multimiliardari sono stati stanziati dal governo israeliano pur di promuovere la propria immagine in Europa e negli Stati Uniti, soprattutto dopo gli omicidi avvenuti sulla Mavi Marmara e la spietata operazione Piombo Fuso. L’obiettivo ultimo è quello di rivendicare la legittimazione morale di Israele come Stato democratico. La creazione di miti e falsità - giocando su rappresentazione e immaginario, narrazione e ideologia - è stata sostenuta negli anni da lobby e accademici sionisti i quali hanno contribuito a diffonderne la credibilità scientifica mantenendo così il dominio sulla narrativa degli eventi. La resistenza Palestinese ha saputo rigenerarsi assumendo diverse forme a seconda delle necessità strategiche delle fasi storiche: dalla lotta popolare nonviolenta, al BDS (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) fino al mediattivismo. Quest’ultimo, in


Palestina, è diventato uno strumento fondamentale nella costruzione di una contro-narrazione in grado di scalfire il sistema di potere dominante esponendo le falsità ed i crimini eseguiti dallo Stato sionista ed avviando ciò che è stata definita una “guerrigilia intelletuale”. Il successo di tali pratiche deriva dalla facile accessiblità ai nuovi media, che favorisce un maggior coinvolgimento della società civile nella documentazione diretta dell’occupazione israeliana senza la censura e le restrizioni dei media di regime – siano essi isareliani o occidentali. Il mediattivismo si distingue dai media tradizionali anche, e soprattutto, per la presenza e il radicamento sul territorio. Attivisti, bloggers e freelancers forniscono quotidianamente report, notizie e analisi partendo dall’interazione con i movimenti politici, gli spazi pubblici, le strade, le persone, producendo una forza in grado di mobilitare le coscienze su questioni di giustizia sociale. Non è quindi una sorpresa se molti di essi vengano considerati una fonte di informazione più attendibile e siano più seguiti delle agenzie di comunicazione. Negli ultimi anni, inoltre, grazie alle nuove generazioni anche di israeliani stanno nascendo sempre piu’ blog e siti in inglese riguardanti la questione palestinese: Eletronic Intifada, +972 Magazine... il cui cambio di vocabolario è determinante nella ricerca della verità. Si parla di occupazione,

non di conflitto, di stato sionista– etnocratico e non di democrazia. Affinchè il media diventi attivismo, bisogna anche riflettere su come e con quale messaggio politico si vuole proporre il materiale raccolto. Senza questo tipo di approccio si rischia di agire in maniera sterile, senza un reale impatto. Gli Activestills, un collettivo di fotografi israeliani, palestinesi e internazionali, hanno ragionato molto in questo senso. Essi utilizzano le immagini per denunciare e creare consapevolezza intorno a temi di ingiustiza sociale. Pur essendo di per sè molto eplicative, le immagini sono sempre accompagnate da didascalie in cui si spiega in maniera efficace e immediata la questione. Il collettivo ha anche trovato metodi orginiali nell’esporre le proprie fotografie, spesso utilizzando gli spazi pubblici quali muri e strade. In questo modo le problematiche son state esposte a un pubblico più vasto, con più probabilità di smuovere le coscienze anche delle persone ignare. Molti villaggi resistenti nei Territori Occupati, appartenenti alla lotta popolare nonviolenta, hanno assunto i nuovi media come arma di difesa e denuncia contro i continui abusi da parte dell’esercito d’occupazione israeliano. Il caso di Nabi Saleh è indicativo.

mediattivismo a nabi saleh

N

abi Saleh è un villaggio di 500 abitanti a pochi chilometri da Ramallah. Esso possiede un glorioso passato di resistenza fin dal mandato britannico. Dal 2009, in seguito alla confisca dell’unica sorgente d’acqua da parte dell’insediamento illegale di Halamish, prendendo come ispirazione la Prima Intifada, il villaggio ha deciso di assumere per motivi strategici le modalità della lotta popolare nonviolenta. In reazione al continuo land grabbing,

alla continua violenza, al continuo non rispetto per il diritto internazionale e all’assenza di una protezione legale, Nabi Saleh da cinque anni organizza, tutti i venerdì, una manifestazione contro l’espansione dell’insediamento illegale di Halamish – sorto nella collina di fronte al villaggio – contro la confisca della sua terra e contro l’occupazione israeliana. CITTADINANZA IN MOVIMENTO 13


Vivere sotto occupazione vuol dire essere perennemente esposti a violazioni dei diritti umani e, negli ultimi anni, organizzazioni internazionali quali Amnesty International e Al-Haq hanno documentato come la repressione e la brutalità delle forze d’occupazione israreliane si sia intensificata grazie anche all’impunità e nel tentativo di intimidire il movimento. In un territorio come quello palestinese, volutamente frammentato dalle politiche dello Stato israeliano, la rete internet ha facilitato il coordinamneto e la comunicazione tra i movimenti. A Nabi Saleh, la potenzialità dei nuovi media è stata compresa fin da subito. Fin dal 2009 si è pensato di fondare un ufficio stampa chiamato Tamimi Press, gestito dal giovane Mohammad Attalah e Bilal Tamimi. Tamimi Press utilizza i social network quali Facebook (5,690 likes), Twitter e il blog (http:// nabisalehsolidarity.wordpress.com/) per difondere reports, notizie e aggiornamenti sulla lotta popolare a Nabi Saleh e, più in generale, sulla resistenza palestinese. E’ quindi una fonte di informazione alternativa nata dal basso, dalla necessità di una comunità in lotta di abbattere i muri ed i confini internazionalizzando le proprie rivendicazioni. Bilal Tamimi, noto come l’occhio di Nabi Saleh in quanto è colui che videodocumenta tutte le vicende di violenza prepetrate dalle forze d’occupazione israeliane, in cinque anni di mediattivismo ha raccolto un immenso archivio di materiale video- fotografico. Materiale utilizzato non solo per denunciare le violenze subite, ma anche come prova per poter scagionare persone arrestate o condannare soldati colpevoli di violenza eccessiva (casi più rari). Manal Tamimi, moglie di Bilal, con un Master in Diritto Internazionale e particolarmente attiva nella lotta popolare, è seguita da 1,999 followers su Twitter ed è spesso invitata a conferenze nazionali e internazionali. Una donna determinata, diretta e la cui forza è tangibile: “Io non accetto le 14

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

ingiustizie e credo nei miei diritti. Nessuno ti darà mai i tuoi diritti, devi lottare per ottenerli, devi alzare la voce per ottenerli. Devi urlare!” da qui il nickname su twitter @screamingtamimi. Per garantire la continuità dell’attività politica nel villaggio, in una prospettiva di lungo termine, nella narrazione della lotta si sono coinvolte anche le nuove generazioni. Negli ultimi mesi, con la collaborazione dei volontari SCI che hanno vissuto a Nabi Saleh per sei mesi, si è creato un collettivo di giovani donne talentuose: il Youth Media Team. La scelta di puntare sulle donne proviene dalla determinazione che hanno dimostrato nel voler essere una componente attiva nella resistenza. Conscie che la lotta per la liberazione non può prescindere anche dalla loro partecipazione, temerarie e testarde sono loro che guidano le manifestazioni del venerdì, sono loro che si interpongono ai soldati pur di proteggere la propria comunità e sono loro che sfidano le costruzioni di genere che le vogliono passive. “La Palestina non è la patria solo degli uomini, è anche la nostra. Stiamo pagando anche noi gli effetti dell’occupazione, e anche noi vogliamo lottare per la libertà della nostra Terra” afferma Rawan Tamimi. Attraverso il loro impegno come mediattiviste si scopre l’occupazione attraverso una prospettiva femminile, di donne che lottano affinchè le catene dell’oppressione vengano spezzate a tutti i livelli della società.

SOSTIENI FREEZE OR I SHOOT Crowdfunding per l’acquisto di fotocamere per Nabi Saleh su www.namlebee.com (www.namlebee.com/?np=proyecto&pro=95#)


di Silvio Olivieri

CULTURA RESISTENTE Citizens Beyond Walls

itizens Beyond Walls (CBW) è un progetto volto a delineare una panoramica sulla crescita dell’estrema destra in Europa, e su come tale crescita ostacoli le politiche nazionali di inclusione della nuova cittadinanza, ma anche le dinamiche sociali inter-relazionali.

C

Il progetto si pone due obiettivi principali in ogni paese coinvolto: il primo è creare una panoramica della galassia delle destre e di quello che queste portano; il secondo è la descrizione di reazioni a questa deriva, che possano essere individuate come “buone pratiche” volte alla difesa della pace, intesa non come assenza di conflitto, ma come una condizione generalizzata di diritti garantiti per tutti/e. In questo secondo obiettivo si inserisce anche il tentativo di attivarsi verso nuove pratiche di resistenza. È prevista una fase di “indagine/ricerca”, a partire da marzo 2014 ed una seconda fase, nel periodo estivo, con le Peace Week (campi di volontariato internazionali sulla tematica del progetto).

LA RICERCA

I

l tentativo della ricerca non è quello di fornire dati, ma un quadro complessivo, certamente non completamente esauriente, di quelle che sono le realtà dell’estrema destra in Italia e le relazioni che queste hanno con partiti e settori della società che influenzano l’andamento delle politiche nazionali. La deriva securitaria che colpisce sempre di più questo Paese, si unisce a politiche sul lavoro e di gestione dei territori che disgregano giorno dopo giorno quel tessuto sociale che, invece, avrebbe bisogno di risposte all’aumentare di bisogni primari della cittadinanza. Alle richieste di diritti sociali, ai percorsi di socializzazione ed inclusione, alle pratiche di riappropriazione e ad un bisogno estremo di ricerca di un’identità culturale che sappia tener dentro CITTADINANZA IN MOVIMENTO 15


GUIDO CALDIRON >>> GIORNALISTA

l’enorme complessità interculturale che rende vivo questo Paese, si contrappone un’idea di società costruita sulla paura e sull’autoisolamento. In questo contesto assume negli ultimi dieci anni un ruolo importante il riemergere così esplicito di un neofascismo che assume forme e linguaggi nuovi e ripuliti. I legami dal punto di vista politico, ma soprattutto gli intrecci tra la dimensione extraparlamentare e quella istituzionale, i forti legami con gli ambienti del potere economico e una nuova possibilità di agire anche dal punto di vista culturale

16

dentro la società civile creano un quadro d’azione in continua evoluzione che blocca i processi di giustizia sociale. Vale la pena, allora, provare a raccontare le condizioni di rilegittimazione delle destre italiane all’inizio degli anni ’90, periodo in cui riemergono personaggi legati al fascismo storico e personaggi emarginati dopo la deriva eversiva degli anni ’70. La riabilitazione avviene con la complicità della destra istituzionale, ma anche della sinistra post ’89.

La legittimazione dell’estrema destra italiana, delle destre politiche nazionali tra gli anni ’80 e ’90 si inserisce in un periodo di trasformazioni complessive del quadro politico italiano. Potremmo definirla, in modo un po’ sommario, una fase di svolta autoritaria, di restringimento di spazi di libertà all’interno della quale la riemersione della memoria fascista torna come una parte della memoria nazionale, in qualche modo sdoganata, legittimata rispetto all’identità della Repubblica sorta nel ’45 come identità di parte, cioè la Repubblica fondata sulla Resistenza. Sono gli anni in cui il tentativo di governare le trasformazioni produttive e sociali, l’avvio di una nuova fase, anche in termini produttivi, trova nel quadro politico l’idea di una ricostituzione della comunità e dell’identità nazionale. Sono gli anni del Partito Socialista di Craxi, della svolta a destra dello stesso, della progressiva apertura, anche verso il neofascismo, l’MSI, la memoria degli sconfitti. L’idea di una ristrutturazione della memoria pubblica, del senso dell’identità italiana, si articola in vari modi. Negli anni del craxismo si riapre, ad esempio nella pubblicistica, negli spazi anche comunicativi, l’attenzione al capitolo della storia del fascismo come un capitolo della storia nazionale, non come qualcosa da rimuovere, ma qualcosa di cui comprendere anche gli elementi positivi. Sono gli anni degli studi sul consenso al regime fascista, immaginato come una parte della memoria collettiva degli italiani, è di quegli anni una celebre mostra sul fascismo fatta a Milano proprio all’ombra del potere, all’epoca sia nazionale che locale soprattutto in Lombardia e a Milano, del Partito Socialista di Bettino Craxi. Quindi, c’è una grande apertura di credito agli intellettuali della destra nazionale, agli ambienti della destra nazionale. Contemporaneamente c’è anche altro, ci sono quelle trasformazioni che iniziano, in quel momento in fase introduttiva, a manifestarsi che poi seguiranno negli anni a venire. Penso, soprattutto nel nord, nelle aree più fortemente produttive del Paese, alle prime presenze di immigrati, alla prima presenza di manodopera straniera. I primi successi della Lega arrivano all’inizio degli anni ’90, ad esempio, cioè la nascita di che cosa? Di una destra nuova che si aggiunge alla destra politica classica, alla destra di ispirazione fascista e che cerca di interpretare le nuove contraddizioni. Quindi, un portato che è un insieme di riorganizzazione della memoria pubblica, di messa in discussione dei valori fondanti dell’antifascismo dell’identità repubblicana e contemporaneamente anche la comparsa di nuovi fenomeni sociali che scompongono gli elementi tradizionali, quelli che per cinquant’anni avevano governato sul piano della vita sociale e della vita politica l’identità di fondo di un Paese fondato sulla Resistenza, sul movimento di popolo contro il fascismo, sul rifiuto della dittatura.” […] CITTADINANZA IN MOVIMENTO


MISS PAVLICHENKO >>> OSSERVATORIO ANTIFASCISTA

Da questo contesto si arriva ad un quadro dell’oggi in cui si assiste ad una ristrutturazione delle pratiche e dei linguaggi dell’estrema destra che tiene anche conto del tentativo di reti e relazioni internazionali. “Superata l’onda lunga dell’operazione Runa, quell’operazione della magistratura che nel ’93 porta allo scioglimento del Movimento Politico e delle organizzazioni collaterali alla nuova ondata bonehead, […] ci si ritrova in una condizione di riemersione dell’attività neofascista nella città di Roma. […] Anche nel corso di questo lungo decennio di relativo silenzio, le zone di Roma Nord e alcune aree dell’interland, come i Castelli Romani, sono rimaste delle vere e proprie riserve protette nelle quali le organizzazioni neofasciste hanno continuato a sopravvivere, riorganizzarsi e a poter promuovere un’attività, per quanto con intensità piuttosto bassa, squadrista, di propaganda di elaborazione culturale e politica.” […] “Intanto una premessa doverosa è quella di sottolineare come sia forse sbagliato parlare di una destra più di partito e una extraparlamentare, nei termini in cui praticamente nessuna formazione neofascista ha in toto, finora, rifiutato di mettersi in gioco dentro un piano elettorale. […] In questa chiave, ad esempio, è importante sottolineare come Casa Pound, nel 2006, confluisce nella Fiamma Tricolore, diventandone un’anima giovanile e un’anima organica, ma che cerca di portare in quel piccolo partitino, molto marginale, dei linguaggi che cerchino di svecchiarlo e di renderlo “metabolizzabile” dalle nuove esigenze e dai nuovi contesti del mondo politico italiano. […] Nel 2006, questa scelta di confluire nella Fiamma Tricolore ha un significato ben preciso, ovvero collocarsi all’interno del grande albero della destra guidata da Berlusconi e dalla Casa delle Libertà. […] Il motivo della vicinanza a Berlusconi viene esplicitato in più di un’occasione, è legato un po’ alla figura dell’uomo forte, si esce allo scoperto con il mito dell’uomo forte che riesce a fare una sintesi di quelle che sono le istanze della destra. […] Attraverso il PdL costituisce un soggetto politico che, per loro stessa dichiarazione, tiene insieme Governo e istanze dal basso; in teoria un soggetto politico che avrebbe potuto reggere per tantissimi anni, se non fossero arrivate le botte giudiziarie e l’elemento della crisi economica, proprio in virtù di questa sia composizione molto eterogenea.” […] CITTADINANZA IN MOVIMENTO 17


Q

PEACE WEEK

uesti ultimi mesi, in particolare, hanno mostrato come tutte le realtà sociali, romane e non, stiano subendo un attacco sistematico in conseguenza alle politiche economiche e sociali a livello governativo e territoriale. In un momento in cui i movimenti sociali risultano frammentati il tentativo che va fatto è quello di provare a ricostruire reti e relazioni a partire dalla ricchezza di parole, forme, pratiche e conoscenza di quelle soggettività attive. La scelta della libertà di movimento come punto di partenza per la costruzione della Peace Week avviene in questo contesto.

Libertà di movimento delle soggettività migranti, ma anche di tutti coloro che scelgono di aprire conflitti e di mettere in atto quotidianamente pratiche di resistenza agli attuali modelli economici e sociali, ai tentativi di privatizzazione dei beni comuni, ad uno sviluppo unidirezionale, causa principale di esclusione ed ingiustizia sociale. La libertà di movimento è socialità antifascista. In una società che spesso dimentica ed in cui i processi della memoria collettiva si confondono con letture parziali e strumentali di momenti importanti della nostra storia, l’antifascismo continua ad essere un concetto-valore da cui ripartire. L’antifascismo inteso come opposizione alle risposte repressive date alle lotte sociali, che troppo spesso vengono affrontate dalle istituzioni come semplici problemi di ordine pubblico (vedi la recente ondata di sgomberi di occupazioni socio-abitative) o alle politiche portate avanti da alcune istituzioni locali, che celandosi dietro l’ossessione per l’ordine ed il decoro urbano permettono sgomberi di persone residenti in roulotte e abitazioni precarie, sradicandole

dai territori nei quali avevano scelto di vivere. L’antifascismo come forma di resistenza nei confronti di coloro che, rifacendosi ad ideologie di matrice marcatamente omofobica e sessista, diffondono un clima d’odio e violenza verso chi non risponde ai canoni di quella che viene da essi definita come “famiglia tradizionale”, e verso chi sceglie di non costruire il proprio corpo come semplice strumento di riproduzione. La Peace Week è solo un passaggio, così come il progetto non si esaurisce con il progetto stesso. La ricerca di nuove forme e pratiche per ricostruire tessuti sociali, a partire da parole e linguaggi che ci appartengono, ha bisogno dell’attivazione quotidiana. L’occasione di questo progetto è quella di stimolare partecipazione con l’obiettivo di creare nuove relazioni o consolidare relazioni già esistenti per rimettere in moto l’ingranaggio collettivo della memoria e delle coscienze.

La resistenza è un atto quotidiano Maggiori informazioni sul progetto >>> www.citizensbeyonwalls.org 18

CITTADINANZA IN MOVIMENTO


di Massimiliano Yamine Kamal e Stefania Pizzolla

TERZO SETTORE

TRA

CUR TTA

RE

CON

A

Rispondiamo all’invito del Governo di inviare proposte e suggerimenti per la Riforma del Terzo Settore presentata il 13 Maggio scorso dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il documento è il frutto dell’esperienza che come Servizio Civile Internazionale pratichiamo quotidianamente a partire dai campi di volontariato internazionale ed esprime le nostre perplessità nei confronti delle linee guida proposte dal governo. Quali principi fondanti per il Terzo settore

L

e linee guida per una Riforma del Terzo settore hanno il merito di tentare la ridefinizione del cosiddetto Terzo settore, che è stata più volte richiesta dai tanti attori coinvolti. Il disegno evidente delle linee guida richiama principi che, condivisibili o meno, ormai caratterizzano il terzo settore, a cominciare dal ruolo di supplenza allo Stato nel rispondere alla necessità dei servizi. E’ in questo snodo, preso come dato acquisito, che nascono le prime perplessità per un’associazione di volontariato che ha messo al primo posto, tra i suoi principi fondanti, la non sovrapposizione o utilizzo del volontariato come strumento per sostituire servizi o prestazioni che devono essere realizzate dal pubblico o da personale specificamente remunerato. Testimoniano questo sia la filosofia dei nostri campi internazionali sui temi sociali e attività con i bambini, che l’impostazione che abbiano sempre dato alle iniziative/campi di volontariato di costruzione e ricostruzione

in Europa e nel sud del mondo. Il voler attribuire alle associazioni di volontariato il compito di tappare i buchi del “sistema” cui lo Stato, le imprese profit e quelle no profit in regime di sussidiarietà non riescono a dare risposta è inaccettabile, specialmente quando ci si riferisce a servizi necessari. Il ruolo del volontariato non viene stravolto solo se opera in un campo d’azione che se pur concreto, se pur legato alla quotidianità della vita delle persone, sia chiaramente e univocamente riconducibile ad obiettivi di impegno civile. A nostro avviso, il terzo settore non si colloca “tra”, come enuncia il quarto paragrafo del documento, ma “al fianco di”, in alcuni casi (ecologia, etica e stato), “in alternativa a”, in molti altri casi (mercato e finanza). La solidarietà (la tenerezza dei popoli, come recitava un vecchio detto sudamericano, ancora per noi attualissimo) non può e non deve accondiscendere ad assumersi un compito di supplenza, ma mantenersi parte terza, per assicurare il CITTADINANZA IN MOVIMENTO 19


suo ruolo di promotore di presa di coscienza e di partecipazione individuale e collettiva al bene comune, attraverso la messa in pratica dei diritti di cittadinanza, per tutti. Nel documento non c’è nessuna menzione ad esperienze straordinarie quale quella dei movimenti della società civile, come i comitati del forum sull’acqua pubblica, che se pur in alcuni casi non distinti da una precisa identità giuridica costituiscono un esempio di quelli che dovrebbero essere i principi fondanti per il Terzo settore, e di tutti i soggetti che si vogliono riconoscere in essi pur se appartenenti a tipologie differenti di attori.

Il volontariato e il servizio civile L’anno europeo del volontariato ci ha “regalato” un documento nel quale il nesso tra volontariato e dono si presentava come imprescindibile, sposando una visione del volontariato come rapporto verticale tra chi ha bisogno e chi dona. La nostra visione, invece, è completamente asimmetrica a questo disegno. Il volontariato lo intendiamo come contributo di partecipazione, come reciprocità, crescita e beneficio comune, tra chi “fa” volontariato e chi “riceve” sostegno. Questo lo

di Elisabetta Narese

MUSEO DELLA LIBERAZIONE Quest’estate ho coordinato il mio primo campo con lo SCI. Ero curiosa di vedere come si può vivere un campo da coordinatrice, essendo già stata più volte partecipante, e pensando di poter offrire, data la mia esperienza, un altro tipo di contributo all’organizzazione. Visto il mio interesse per la storia e per le lingue, ho deciso di coordinare il campo al Museo della Liberazione di Via Tasso, a Roma. Per 10 giorni, insieme ai volontari, ho potuto approfondire la storia dell’occupazione tedesca di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale e quella della Resistenza romana. Oltre ad una parte di studio sul tema (in forma di visita guidata delle varie stanze e presentazioni sul Museo) c’è stato un lavoro attivo dei partecipanti, sotto forma di traduzione di pannelli del Museo in varie lingue (francese, inglese, spagnolo, portoghese). Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di offrire un servizio che permettesse una maggiore accessibilità dei contenuti del Museo da parte degli stranieri che lo visitano. Per noi è stata un’occasione unica di sperimentare cosa vuol dire lavorare in un Museo e aiutare a preservare la memoria storica. E’ stato molto emozionante trovarsi in un luogo così significativo della storia italiana (oltre a essere Museo, è anche un ex carcere delle SS) e poter ascoltare i racconti di esperti sul tema e la testimonianza di persone che hanno vissuto direttamente la tragedia dell’occupazione nazista. Oltre al lavoro quotidiano, abbiamo fatto diverse visite ai posti legati al nostro tema di studio, quindi ci siamo recati in luoghi quali le Fosse Ardeatine, il quartiere ebraico ed il Museo Ebraico, per cercare di vedere come ancora a Roma si possano trovare tracce di questa parte della nostra storia 20

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

Un’idea po


pratichiamo quotidianamente, nelle nostre attività strutturali come nei rapporti con i partner, in Italia e nel resto del mondo. Anche lo nostra struttura internazionale rispecchia questo approccio, nonché la nostra visione orizzontale di cooperazione, il nostro approccio egualitario che mira al rafforzamento della rete e delle realtà territoriali. La retorica del dono non ci appartiene, come non ci appartiene l’idea idilliaca del volontario sorridente che aiuta gli altri. Diversamente ci appartengono la gratuità dell’impegno, l’inclusione e lo scambio tra attori, l’orizzontalità dei rapporti, la

ositiva di volontariato che sembra a noi così lontana. Abbiamo potuto trovare spazi di riflessione su concetti quali razzismo e pace, anche attraverso workshop specifici, andando a vedere come anche i valori dello SCI si colleghino fortemente al tema della resistenza. Ovviamente il gruppo ha avuto modo di vedere Roma e sperimentare l’atmosfera interculturale tipica di un campo di volontariato. Essendo anche un gruppo ristretto, composto da persone estremamente motivate, vi è stata sempre un’atmosfera positiva e di collaborazione, sia durante il tempo libero che durante il lavoro. Abbiamo potuto alloggiare presso la Città dell’Utopia, partecipando a diversi eventi e conoscendo le esperienze dei volontari che vivono e lavorano in tale struttura, il cui scopo è fornire dei modelli di vita non consumistici, ma improntati su un impegno per il cambiamento della società, che passi anche attraverso una maggiore consapevolezza sociale. Posso dire che tutti i volontari sono rimasti contenti dell’esperienza, e portano a casa con sé un’idea positiva di volontariato, che sicuramente li spronerà a continuare nel loro impegno in questo senso.

costruzione di reti. Ci appartengono le contaminazioni tra istanze politiche e sociali e volontariato. Per questo ci siamo riconosciuti pienamente nei movimenti per la promozione dei referendum per l’acqua pubblica, che ha saputo ben coniugare una visione solidaristica dei beni pubblici, la lotta politica e la partecipazione orizzontale e la collaborazione tra realtà anche molto diverse tra loro. La mancanza di una connotazione forte del volontariato, è conseguenza anche del labile confine tra lavoro non lavoro e lavoro volontario, che dovrebbe ricevere maggiore attenzione almeno nel panorama del Terzo settore e anche a livello di opinione pubblica. La campagna di reclutamento di 18.500 volontari per l’Expo 2015, che necessiterebbe di attenzioni particolari anche da questo punto di vista, temiamo possa essere ben esemplificativo di questa deriva del volontariato traducendosi nello sfruttamento di lavoro giovanile non pagato e in una sconfitta per l’associazionismo italiano. A questo tema si collega direttamente la poca chiarezza con cui si mettono sullo stesso piano, nel presente documento così come in altri riguardanti la Garanzia Giovani, lavoro, stage, volontariato e servizio civile. Crediamo sia importante distinguere ciascuna di queste esperienze, perché altrimenti si finisce per disattendere le aspettative dei giovani e si sviliscono il volontariato e il servizio civile, che dovrebbe essere caratterizzato dalla forte motivazione personale svincolata da interessi di secondo tipo. Dal momento che abbiamo per anni sostenuto il servizio civile, come alternativa pacifista al servizio militare, quando c’era (ed il documento sembra dimenticare che il servizio militare non esiste più in Italia da qualche anno) vorremmo spendere qualche parola in più sul paragrafo dedicato al servizio civile nazionale (da realizzarsi, come già avviene, anche all’estero). Siamo tra i promotori dei corpi civili di pace, dell’internazionalismo come superamento dell’idea del confine come limite tra un dentro ed un fuori. Siamo lontani dall’idea e dalla filosofia che il Servizio civile possa contribuire alla “difesa della Patria” e, CITTADINANZA IN MOVIMENTO 21


men che mai, che questa esperienza di partecipazione e responsabilizzazione possa essere ridotta a propedeutica per l’accesso al mondo del lavoro. Il servizio civile, svuotato oggi da ogni contenuto di tipo squisitamente politico o di posizione, dovrebbe essere il momento in cui il cittadino e la cittadina possono sperimentare la loro cittadinanza in maniera costruttiva e disinteressata. Per far questo si deve promuovere un monitoraggio attento dei progetti e delle iniziative nelle quali i volontari del servizio civile vengono impiegati anche per evitare che vadano a sostituire mano d’opera. L’esperienza del servizio civile è stata ed è fondamentale e dal servizio civile sono partiti dei processi importanti di partecipazione e impegno civile e di crescita delle persone, anche per l’acquisizione di competenze. È importante però ricordare che oltre che all’abuso di manodopera, lo strumento del servizio civile rischia di essere distorto da soggetti estranei a questo tipo di esperienza che saranno coinvolti nella Garanzia Giovani. Il rischio è che il servizio civile venga snaturato diventando l’alternativa da proporre ai giovani disoccupati per i quali gli operatori del mercato del lavoro non siano riusciti a trovare un vero tirocinio o un lavoro.

Quando nel lontano luglio 1998 , dopo anni di intervento a stretto contatto coi ragazzi detenuti nel carcere minorile C. Beccaria, il Servizio Educativo Adolescenti in Difficoltà propose di avviare un campo di lavoro internazionale proprio all’interno di questa particolare struttura penitenziaria, fu il SCI che raccolse l’appello ed “invase” pacificamente coi suoi volontari per 15 giorni questo territorio realizzando, insieme agli educatori del SEAD, un intervento rimasto nella storia. Oggi a distanza di anni questa collaborazione è sempre più viva e rinnovata nelle sue modalità.

La funzione del Terzo settore nel welfare Pur operando come organizzazione nell’ambito del volontariato, ci teniamo a far presente quanto il percorso che vede il coinvolgimento del Terzo settore nel welfare possa essere scivoloso, soprattutto in un momento in cui in tutto il Paese molti servizi (di cura, di assistenza, di sostegno, fino alla gestione dei servizi sociali) vengono di fatto appaltati a cooperative sociali o organizzazioni di (non) volontariato. Riconosciamo il ruolo positivo avuto dagli operatori di tali soggetti, che spesso lavorano con impegno, dedizione e con remunerazioni decisamente “di sopravvivenza”, ma non possiamo non evidenziare come gli stessi siano stati e siano tuttora tra gli enti più penalizzati dai tagli effettuati dai diversi

governi che si sono succeduti negli ultimi anni, ai servizi sociali e di cura. Inserire, come vuole il documento, il Terzo settore in una governance sociale del welfare, riconoscendogli una funzione di programmazione delle politiche, se da una parte sembra riconoscere al privato sociale e al terzo settore un ruolo da protagonista, in realtà contribuisce a deresponsabilizzare il pubblico verso un compito affidatogli dalla Costituzione e svuota il Terzo settore di potenzialità critiche e di pungolo, nonché riduce o annulla il compito di verifica (dell’efficacia e dell’efficienza) e controllo che il pubblico deve avere in ogni situazione in cui si profili una delega dei compiti ad esso assegnati. Nel documento si accenna alla necessità di sgombrare il campo da una visione idilliaca del Terzo settore, preoccupazione che condividiamo,

22

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

di Rocco Garrapa

TUTTI INCLUSI Più

Il SE Mila in ca pur s avva prog carce prob socia che indis com un pe un in i rag di u


di 15 anni di collaborazione con il SEAD

EAD è un servizio del Comune di ano che sin dal 1981 si occupa di prese arico educative degli adolescenti che, se con problemi di giustizia, intendono alersi dei tutors per realizzare dei getti educativi che, a partire dalla deerazione, possano affrontare i loro blemi di crescita e di reinserimento ale con prospettive nuove. Riteniamo l’incontro con “gli altri” sia spensabile per dei ragazzi che hanno mmesso dei reati, spesso senza avere ensiero deviante consapevole. Per noi nserimento preparato e condiviso con gazzi in alcuni campi del SCI è il frutto un percorso alternativo all’eventuale

carcerazione, di giustizia riparativa . Questa Attività di Utilità Sociale (AUS) consente all’autore di reato di effettuare azioni concrete e visibili nella società per la riparazione del danno sociale causato col reato. L’istituto della Messa Alla Prova consente, come previsto dalla nostra legislazione minorile, di sospendere il processo, realizzare il progetto con gli obiettivi specifici per ogni adolescente, fino alla chiusura del percorso penale evitando inutili condanne. Per i nostri ragazzi in questi anni fare attività insieme ai volontari, condividere l’esperienza e confrontarsi con gli altri è stata una palestra relazionale incredibile che , per la carica emotiva che si porta dietro, è stata portata dagli stessi ragazzi nelle aule del tribunale, pur se nella sua difficile rappresentazione. Moltissimi, dopo aver attraversato esperienze inimmaginabili prima, scoprono di essere stati portatori di valori nuovi ed avviano una lenta riflessione su se stessi che porta verso il cambiamento. Tutto questo grazie alla straordinaria collaborazione tra educatori e giovani volontari, grazie al SEAD e al SCI. Il sentiero imboccato anni fa ci sta portando lontano dando modo alla società civile di ri-accogliere attivamente i suoi giovani e non è stato percorso invano!

ma vogliamo evidenziare che il problema sta di nuovo nell’assicurare che il pubblico possa intervenire con il dovuto controllo sulla qualità e la finalità pubblica dei servizi erogati. Questo prevedendo sistemi di accreditamento che non valutino solo aspetti formali/procedurali ma anche gli esiti e la soddisfazione dell’utenza così come il modo in cui vengono utilizzati i fondi percepiti limitandone l’appetibilità a quanti non sono mossi da principi ma dall’interesse personale o peggio dal malaffare. Un’opera di controllo e pulizia che naturalmente parta e tocchi tutti i livelli dall’associazione alla cooperativa, partendo da quei soggetti che gestiscono fondi consistenti. Maggiore trasparenza vorremmo ci fosse anche rispetto ai processi con cui i progetti vengono valutati e con cui si assegnano gli appalti; questo

perché la questione non è solo l’utilizzo illecito di fondi ma la realizzazione di progetti e servizi che non rispondono ai bisogni e aspettative dell’utenza. L’economia sociale Anche in questo caso, pur non volendo fare un discorso strutturato sull’economia sociale, che non è il nostro primario terreno d’azione, ci permettiamo di offrire alcuni spunti in relazione al capitolo “far decollare l’impresa sociale”. L’espressione “capitalismo e solidarietà devono abbracciarsi” ci pare in contrasto con l’essenza stessa del Terzo settore che ha rivendicato il suo essere “altro” rispetto al mercato in termini puramente capitalistici. Detto ciò se si aumentasse l’operatività della CITTADINANZA IN MOVIMENTO 23


cooperative sociali (o di altre forme che si potrebbero mutuare da altri modelli come le francesi coopératives de travail http:// w w w. a l t e r n a t i v e s - e c o n o m i q u e s . fr) estendendo i target “svantaggiati” di lavoratori da loro occupabili, ampliando le tipologie di attività, semplificando gli adempimenti, ponendo chiari vincoli etici e paletti più chiari rispetto alle attività economiche dell’associazionismo si potrebbe effettivamente riconoscere maggiore valore all’economia sociale e più opportunità a tante persone tagliate fuori dal mercato del lavoro. Pensiamo altresì che l’economia sociale possa essere la strada per valorizzare esperienze come il recupero di fabbriche in fallimento da parte degli operai lasciati a casa, o come quella di tanti giovani che stanno scegliendo di vivere in comunità rurali auto-organizzate. Va valorizzato anche l’impegno di chi anima molti spazi socio-culturali delle nostre città, dove promuovere esperienze culturali innovative, accessibili e dal basso e ancora i giovani che all’interno dei fablab o gli spazi di co-working sperimentano modalità di produzione alternative e democratiche. I fondi Il documento afferma che il Terzo settore è l’unico che in questi anni di crisi ha continuato a crescere. Questa affermazione non può che destare qualche interrogativo a noi che ben conosciamo le difficoltà ad esempio del privato sociale, spesso strangolato dai crediti delle pubbliche amministrazioni per i servizi erogati, vale a dire lunghe attese per gli stipendi degli operatori, sospensione dei pagamenti dei contributi , ecc.. E’ pure una affermazione lontana dal mondo del volontariato, che ha sempre meno fondi a disposizione e che con sempre maggior e difficoltà riesce a competere con le “multinazionali” del volontariato o con altri Enti che riescono ad accedere a fondi, un tempo destinati a quelle realtà che non vivono di risorse pubbliche strutturali. Basti pensare alla competizione sempre maggiore per il 5 per mille, alle nuove forme di sostegno, previste dalle recenti normative di benefici 24

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

fiscali per le donazioni al settore della cultura. Da questo punto di vista, non possono che essere positive misure che a parità della qualità del servizio consentano al cittadino di rivolgersi a un’offerta etica garantita dagli operatori del privato sociale. È essenziale che però tale beneficio sia a favore di soggetti che meglio rappresentano i principi del Terzi settore e non delle solite grandi organizzazioni. Allo stesso modo i benefici fiscali non possono essere equivalenti per la “piccola” cooperativa di giovani e per la “grande” dietro cui spesso si celano interessi diversi. In ultimo, rispetto ai fondi, una questione importante è l’esclusione dei moltissimi giovani e meno giovani che oggi partecipano ad iniziative di volontariato auto-organizzato, informale (dalle iniziative studentesche ai movimenti di difesa dei beni comuni), autofinanziato, che danno un enorme contributo alle comunità, contributo spesso non riconosciuto o anche visto con sospetto. Assicurare la possibilità che tali soggetti, costituiti o meno formalmente, possano tanto accedere a fondi pubblici, quanto vedersi riconosciute ed ampliate le possibilità di autofinanziamento ci sembra un elemento che deve essere tenuto nella massima considerazione. Conclusione Senza voler guardare solo “al proprio ombelico” e guardando al quadro generale, ci pare comprensibile l’esigenza che si intenda intervenire per valorizzare opportunità e mettere paletti in un settore come quello del Terzo settore che presenta situazioni molto diverse. Detto ciò, poiché il documento non dice come le cose saranno fatte ci siamo permessi di offrire il nostro punto di vista, un’idea di come le cose dovrebbero essere fatte per non sconvolgere alcuni principi per noi essenziali. Questo soprattutto poiché le “concessioni”, che saranno fatte a tutela di tutti i soggetti interessati, rischiano di determinare un quadro ancora meno chiaro di quello attuale e “interpretabile” a proprio uso e consumo.


di Riccardo Carraro

VOLONTARI... PER

Q

uando ormai è iniziato il count down per l’inizio ufficiale dell’EXPO 2015 di Milano, ci interroghiamo come associazione di volontariato sul significato di questa manifestazione nel nostro paese, che è ancora attraversato da una crisi economica spaventosa di cui non si intravede neppure vagamente la conclusione. Varie sono le ragioni per cui, da anni, nel territorio milanese una rete si movimenti e associazioni si è impegnata in una critica attiva al progetto dell’EXPO. La convinzione di fondo è che la rassegna non sia un’opportunità, bensì una sciagura per il territorio milanese, i beni comuni, le casse pubbliche, a partire dalle speculazioni edilizie ad esso connesse che si sono abbattute sulla città in questi anni. Gli Expo europei degli ultimi anni si sono trasformati in un flop economicopartecipativo lasciando macerie, palazzi e strade vuote, cattedrali nel deserto, speculazione. Chiunque abbia visitato Siviglia o Saragozza se ne sarà accorto. Il titolo di quest’anno della kermesse, poi,

L’EXPO?

NO GRAZIE

“Nutrire il Pianeta-Energia per la vita” è un tema paradossale, perché questo sotto questo slogan potranno mettersi in vetrina non solo governi che hanno promosso politiche agricole scellerate (dall’uso degli Ogm, alla privatizzazione progressiva dei terreni) ma persino imprese che della mercificazione della terra stanno facendo il loro business principale. E questo accade non solo in Europa, basti pensare alle varie pratiche, attuate da multinazionali, di sottrazione forzata di terreni in paesi del sud del mondo che vanno sotto il nome di Land grabbing. In questo contesto desolato, si sono aggiunti in questi ultimi mesi due elementi gravi. Da un lato, come chiunque avrà sentito dai giornali, è emersa una rete inquietante di corruzione e malversazione con decine e decine di politici ed imprenditori indagati, in perfetto stile “all’italiana”, dall’altro si è cominciato a promuovere l’EXPO come una opportunità lavorativa e quello che ne è emerso è un quadro inquietante. Se sei giovane e cerchi lavoro all’EXPO, hai fondamentalmente 2 possibilità, fare CITTADINANZA IN MOVIMENTO 25


uno stage di cui possiamo immaginare le condizioni economiche e le condizioni pratiche (i famosi “stagisti” che lavano i piatti, puliscono i bagni o spinano le birre) oppure, se sei fortunato e “hai già fatto almeno uno stage” (citazione dal sito, che fortune!) potrai avere un contratto di apprendistato. Una coincidenza (?) vuole che la legge nominata Jobs Act appena sfornata dal governo abbia liberato i contratti di apprendistato da qualunque vincolo formativo, trasformandoli di fatto in contratti di lavoro sottopagato e con pochi diritti. Ma c’è di più, è stato appena aperto il programma EXPO Volunteers! Finalizzato a raccogliere fino a 18.500 “volontari” per l’EXPO. Non è ben chiaro cosa dovrebbe contraddistinguere questo “volontariato”. Di sicuro non la finalità sociale o comunitaria del lavoro, né il contesto noprofit (solo le imprese sponsor dell’Expo, sono una prova di quanto questo sia invece il carrozzone celebrativo di un capitalismo in crisi). Non ci vediamo neppure nessuna sfumatura di impegno civile, né di legame con il territorio locale, né di tutela ambientale visto quanto l’Expo è già oggi una creatura estranea a Milano e idiosincratica rispetto al tessuto della città. Allora volontari perchè? Senza tanti giri di parole, i 18.500 volontari dell’ Expo saranno giovani lavoratori non pagati, che serviranno a ridurre i costi della kermesse (già ridotti da stagisti e lavoratori in apprendistato). E questo accade mentre la retorica a sostegno della rassegna parlava di 70.000 posti di lavoro stimati, ad oggi gli effettivi pare non saranno più di 25.000. Crediamo che questo sia grave e che la risposta dell’associazionismo italiano sia debole davanti a questa che è inevitabilmente la sconfitta di una idea di volontariato e di terzo settore. Ma per chiudere con questo panorama, ricordiamo che l’Expo di quest’anno ha deciso di “aprire le porte alla società 26

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

civile” Recita infatti il sito “Data la rilevanza del Tema trattato, nel 2011 il Governo Italiano ha deciso di invitare ufficialmente tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite e di aprire le porte di Expo Milano 2015 anche alle Organizzazioni della Società Civile e alle Aziende private in quanto interlocutori chiave nel dibattito mondiale sulle sfide legate all’alimentazione e al cibo. Tutti insieme, ma con modalità e target differenti a seconda del loro ruolo, saranno chiamati ad interpretare e a dare un contributo concreto al Tema di Expo Milano 2015 Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” Possiamo sollevare seri dubbi su pratiche che accomunano in modo improprio soggetti teoricamente portatori di interessi divergenti quando non contrastanti. Si può inoltre sollevare dubbi in quanto scelte simili favoriscono facili strumentalizzazioni nei confronti della tanto diversamente declinata “società civile” che rischia di fare un “social washing” Rimangono poi le domande di fondo, quanti soldi pubblici sono stati spesi in tutto per questo rassegna? Quante scuole avrebbero potuto essere restaurate con quel denaro? Quanti servizi pubblici essenziali avrebbero potuto essere salvati dalla scure dei tagli? Quanti treni per pendolari, borse di studio per universitari, o sostegno al reddito per famiglie in difficoltà abbiamo “perso”, grazie all’Expo? Sono domande a cui purtroppo si può pure trovare una risposta, basta guardare alle cifre reali spese (tangenti incluse) e fare due calcoli. Speriamo che siano cifre e dati che riescono a muovere coscienze e creare mobilitazioni per cambiare le politiche che portano a scelte come quelle di ospitare l’Expo.


di Riccardo Carraro

CONCLUSIONI

Varie sono le ragioni per cui abbiamo pensato potesse essere interessante pubblicare questo Centofiori estivo, un po’ fuori stagione rispetto alle nostre abitudini. Tra le tante motivazioni vi è la ricchezza di contenuti di alcuni progetti importanti che stiamo svolgendo in questi mesi in Italia e all’estero, che abbiamo cercato di trasmettervi, con racconti, interviste, foto. Abbiamo declinato in tanti modi diversi il concetto di cittadinanza, e le riflessioni in merito ad esso non saranno mai esaustive. Esso rimane comunque un orizzonte che permette di organizzare mobilitazioni sociali e processi di cambiamento, visto quanto possono essere calpestati ed ignorati i diritti e i valori ad esso collegati. Proprio questo è il senso, a nostro parere, di progetti come Citizens Beyond Walls. E’ fondamentale partire da quella cittadinanza negata, repressa e provare a innescare processi differenti e circoli virtuosi, basati invece sull’allargamento dei diritti, sulla partecipazione, sull’arginamento di politiche escludenti e marginalizzanti. E quando lo facciamo, per noi è sempre importante allargare lo sguardo ad altri mondi e contesti internazionali, con cui confrontarci e apprendere reciprocamente, come stiamo facendo attraverso lo scambio di volontari nel contesto di European Youth Citizenship at the Mirror. Proprio in questi giorni, l’acuirsi della violenza e della repressione in Palestina e le tragedie di migranti che tentano di raggiungere l’Italia in barcone ci spingono a rafforzare il nostro impegno, perché qualunque vittoria sul piano dei diritti di cittadinanza passerà sempre e solo grazie all’impegno di chi, dal basso, costruisce buone pratiche e si oppone alle violazioni, ai soprusi e all’ingiustizia.

Buona estate a tutte e tutti! CITTADINANZA IN MOVIMENTO 27


CONT@TTI E GRuppI REGIONALI E LOCALI sCI

Segreteria nazionale via A. Cruto 43, 00146 - Roma Tel. 065580644 Fax. 065585268 Cell. 3465019990 Email: info@sci-italia.it web: www.sci-italia.it Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 18.00 Campi di volontariato: workcamps@sci-italia.it progetti di volontariato a lungo termine (lTV - SVE): evs@sci-italia.it, ltv@sci-italia.it progetti e scambi nordSud: nordsud@sci-italia.it Volontariato su Inclusione sociale: inclusione@sci-italia.it amministrazione: amministrazione@sci-italia.it Informazioni generali: info@sci-italia.it mailing list Stili di Vita Sostenibili: gaiaitalia@sci-italia.it CampanIa Silvia Zarrella (Avellino) tel. 3204743642 e-mail: silvia.zarrella@gmail.com 28

CITTADINANZA IN MOVIMENTO

EmIlIa Romagna SCI Bologna e-mail: bologna@sci-italia.it tel: 3405633875 - 3200427706 3898014296 facebook: www.facebook.com/group. php?gid=60209341548&ref=mf FRIulI VEnEzIa gIulIa Barbara Gambellin (Pordenone) tel. 3497485226 e-mail: pordenone@sci-italia.it lazIo Segreteria Nazionale via A.Cruto 43, Roma Tel. 065580644; cell. 3465019990 - fax 065585268 Info generali: info@sci-italia.it “la Città dell’utopia” via Valeriano 3/F, Roma (Metro Basilica S. Paolo) e-mail: lacittadellutopia@sci-italia.it www.lacittadellutopia.it tel: 0659648311; cell: 3465019887 lIguRIa Denise Murgia (La Spezia) tel. 0187414129 ore serali email: laspezia@sci-italia.it Matteo Testino (Genova) tel. 3396713868 email: genova@sci-italia.it

ANDIAMO PER CAMPI

25


lomBaRDIa SCI lombardia viale Suzzani 273, 20100 Milano e-mail: lombardia@sci-italia.it Informagiovani Sondrio c/o Policampus Consorzio Sol.Co. Sondrio Via Tirano snc – 23100 Sondrio Tel e fax 0342.518239 Sito: www.policampus.it E-mail: informagiovani@comune.sondrio.it

SaRDEgna SCI Sardegna via San Giovanni 400, Cagliari tel. 3395482930 (Elena) email: sardegna@sci-italia.it facebook: http://facebook.com/SciSardegna Riunione martedì 19,30 SICIlIa Giorgio Nasillo (Palermo) e-mail: giorgio.nasillo@sci-italia.it Rosario Scollo (Catania) email: catania@sci-italia.it

pIEmonTE SCI piemonte c/o Associazione Comala Polo Creativo 3.65 Corso Ferrucci 65/A, 10138 Torino e-mail: piemonte@sci-italia.it web: www.sci-piemonte.it Carmen Fiore (Torino) tel. 3394708757 Luca Robino (Moncalieri) tel. 3479734315 Lisa Lissolo (Ivrea, TO) tel. 3459739806 Valentina Contin (Tortona - AL) tel. 3355784626 Riunioni il martedì alle 21:00 (per calendario e sedi vedi www.scipiemonte.it)

TREnTIno alTo aDIgE Beatrice De Blasi (Trento) tel. 0461391113 (ore pasti) e-mail: trento@sci-italia.it

puglIa email: bari@sci-italia.it; web: www.scibari.it Cristoforo Marzocca tel. 3403646421

VEnETo gruppo SCI padova email: padova@sci-italia.it Silvano Danieli (Padova) tel. 3896749213

26

ANDIAMO PER CAMPI

ToSCana Informagiovani Pisa via Silvio Pellico 6 - 56125 Luciano D’Alessandro tel. 05023601 e-mail: informagiovani@comune.pisa.it luciano.dalessandro@tin.it Matteo Testino (Firenze) tel. 3396713868 email: firenze@sci-italia.it

CITTADINANZA IN MOVIMENTO 29


sostieni sCI

Diventa Socio SCI

Fai una donazione

E’ sufficiente effettuare una donazione di almeno 20€ sul cc postale n. 79042008 intestato a Servizio Civile Internazionale, via G. Cardano 135 – 00146 Roma, causale: “tesseramento”.

Coordinate bancarie presso Banca Etica

Oppure effettuare un bonifico, intestato a Servizio Civile Internazionale c/o Banca Popolare Etica, EU IBAN: IT69C 0501803200000000101441, inviandoci via mail i tuoi dati.

5xmIllE Scegli di destinare il 5xMILLE a sostegno del Servizio Civile Internazionale. Basta indicare il codice fiscale 97004220584 e firmare nell’apposito riquadro dei modelli di dichiarazione. Conferire il 5xMILLE a un ente no profit non comporta la rinuncia alla destinazione dell’8 per mille. Il tuo 5xmIllE allo SCI. a te non costa nulla, per noi fa la differenza.

30 24

CITTADINANZA MOVIMENTO ANDIAMOINPER CAMPI

EU IBAN: IT69C05018 03200 000000101441 CAUSALE: “Donazione”. Coordinate di conto corrente postale ccp. 79042008 intestato a: Servizio Civile Internazionale via G. Cardano, 135 - 00146 Roma

SERVIzIo CIVIlE InTERnazIonalE Segreteria Nazionale Via A. Cruto, 43 00146 Roma Tel. 06.5580644 Fax 06.5585268 Web: www.sci-italia.it email: info@sci-italia.it


Potete trovare questo numero del Centofiori on-line. Basta aprire la pagina del sito: www.sci-italia.it/chi-siamo/dal-mondo-sci/centofiori-on-line Per tutti i soci che lo desiderano, è possibile ricevere la versione elettronica nella propia casella e-mail al posto di quella cartacea. Basta inviare una mail a comunicazione@sci-italia.it inserendo nell’oggetto “Annullamento spedizione cartacea Centofiori” e specificando l’indirizzo e-mail al quale si desidera ricevere la versione elettronica (nel caso in cui fosse diverso da quello del mittente).



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.