Seat Con Voi 10

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a n n o I I - n°10 \ set tem b re - ot tob re 2 0 07 - p rez zo d i cope r t i n a 3,0 0 €

Piccole e Medie Imprese, i motori della ripresa

\Storie di successo

C’è mozzarella e mozzarella La Contadina

Non temiamo le altezze CTE

Scende il prezzo, sale il servizio Asta del Mobile

L’energia a portata di mano Publigas

\Comunicazione e Marketing

\Tendenze e nuovi mercati

Vertical branding Le marche tendono a recuperare il contatto diretto con il consumatore...

La convergenza multimediale Grazie alla rivoluzione digitale, la convergenza dei mezzi è ormai compiuta...

\Fare impresa Organizzare una rete di vendita Ponte tra l’azienda e il cliente è la rete di vendita. Vantaggi e svantaggi delle diverse forme di organizzazione...


Costo della chiamata da fisso â‚Ź 0,022 al secondo piĂš â‚Ź 0,36 alla risposta (iva inclusa). Il costo da mobile varia in funzione del gestore.

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\Primo Piano

Piccole e Medie Imprese, i motori della ripresa

Quasi il 95% delle imprese italiane conta meno di 250 dipendenti: la struttura produttiva nazionale si fonda, quindi, su una rete di piccole e medie imprese che ha saputo reggere la concorrenza internazionale e riportare l’economia italiana alla crescita

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Comitato Scientifico Seat Corporate University Prof. Massimo Bergami

Docente Organizzazione Aziendale Università degli Studi di Bologna Consigliere Delegato ALMA Graduate School

Dott. Aldo Bonomi

Sociologo, Direttore A.Aster

\Comunicazione e Marketing

L’e-commerce: un mercato con grandi potenzialità Rappresenta oggi uno dei settori più promettenti, ma nel nostro Paese fatica a raggiungere i traguardi che si registrano in altri paesi europei

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L’e-mail marketing: il direct marketing viaggia sulla rete Nell’evoluzione continua che caratterizza il rapporto azienda-cliente sono ora disponibili nuove modalità di relazione grazie a strumenti innovativi

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Vertical branding: la marca va dal cliente finale Le marche tendono a recuperare il contatto diretto con il consumatore attraverso punti vendita di proprietà o su cui possono esercitare un controllo

Prof. Mario Calderini

2

Docente Strategia e Innovazione Politecnico di Torino

Dott. Pierluigi Celli

Direttore Generale LUISS Guido Carli

Ten. Gen. Giuseppe Cucchi Segretario Generale Censis

Dott. Corrado Ruffini

Director McKinsey & Company

Prof. Severino Salvemini

Docente Organizzazione Aziendale Università Bocconi di Milano

Prof. Gian Luigi Vaccarino

Docente Economia Università di Torino

fax 011.435.2607 e-mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity

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\Tendenze e nuovi mercati

Presenza a titolo personale

Impronte radio Addio codice a barre. Le etichette a radio frequenza Rfid stanno diventando lo strumento base per la logistica e la distribuzione, per “marcare” i prodotti, ma anche gli animali e le persone

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L’era della convergenza multimediale Grazie alla rivoluzione digitale, la convergenza dei mezzi è ormai compiuta: il paper diventa e-paper, il telefonino tivufonino, l’iPod scarica non solo musica, ma anche immagini e video, e tutto si può comodamente connettere al wifi di casa

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Un primato conseguito grazie a due punti di forza: la qualità del prodotto e la celerità delle vendite al consumatore. È questo il biglietto da visita di un’azienda che affonda le proprie radici nella tradizione regionale italiana

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Non temiamo le altezze

\Storie di Successo

Servizi efficienti, soluzioni tecniche innovative, assistenza tempestiva, consulenza professionale e formazione: tutto ciò è sintetizzato dal motto “Work becomes easy”. È questa la filosofia che anima CTE

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Scende il prezzo, sale il servizio Gamma di prodotto, convenienza, assistenza, servizio, attenzione delle risorse: è attraverso questi elementi che si concretizza la filosofia di Asta del Mobile

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L’energia a portata di mano Puntualità nelle consegne, professionalità, capacità di prevenire i bisogni e di rispondere alle richieste dei clienti con tempestività. Con questo approccio, Publigas si confronta con successo in un mercato dominato dalla competizione sui prezzi dei prodotti

Sommario

C’è mozzarella e mozzarella

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\Formazione

\Fare impresa

Logistica: da comprimaria a protagonista Da attività ausiliaria della produzione per la movimentazione delle merci, oggi la logistica è una funzione strategica per la competitività delle imprese, che si gioca sempre più anche sulla qualità del servizio, la minimizzazione dei costi e la tempestività dell’informazione

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Organizzare una rete di vendita Ponte tra l’azienda e il cliente è la rete di vendita. Vantaggi e svantaggi delle diverse forme di organizzazione

2

La comunicazione interna: informare, convincere, motivare Il sistema di comunicazione interna contribuisce a creare nelle risorse professionali dell’azienda un senso di appartenenza e di attenzione che si traducono in una maggiore efficienza ed efficacia dell’organizzazione nel suo complesso

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ricerca gli articoli di tuo interesse sul sito del magazine all’indirizzo www.convoimagazineseat.it

n°10 \ settembre - ottobre 2007

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\ Primo Piano

Piccole e Medie Imprese, i motori della ripresa Quasi il 5% delle imprese italiane conta meno di 250 dipendenti: la struttura produttiva nazionale si fonda, quindi, su una rete di piccole e medie imprese che ha saputo reggere la concorrenza internazionale e riportare l’economia italiana alla crescita. Il 200 è stato l’anno della svolta e le previsioni per il 2007 sono confortanti

Il 200 l’anno della svolta per l’economia del Paese

Luci ed ombre del sistema delle Piccole e Medie Imprese

Il sistema “a rete”

Le previsioni di Prometeia per il 2010

4

\ Primo Piano


Il ruolo delle Piccole e Medie Imprese Un impulso determinante per il raggiungimento di questo risultato è arrivato dal comparto delle piccole e medie imprese, in particolare manifatturiere, che conservano da sempre, nonostante il dibattito in corso sul declino e la scarsa competitività del settore, un ruolo di primo piano per il sistema economico italiano. Nell’Unione Europea a 25 paesi, infatti, è l’Italia ad essere il paese con il maggior numero di imprese manifatturiere, oltre 524 mila, e

n°10 \ settembre - ottobre 2007

il secondo per addetti (4.672.760) dopo la Germania, che registra 199 mila imprese, ma che, però, conta una popolazione superiore a quella del nostro Paese. Analizzando, inoltre, la struttura delle aziende attive nel nostro Paese, si ha la conferma della prevalenza delle imprese di piccole dimensioni in tutti i settori di attività economica. Le microimprese -con meno di 10 addetti- rappresentano il 94,9 % del totale. In esse si concentra il 47,8% degli addetti, di cui il 24,8% dei dipendenti (nelle microimprese la maggior parte

dell’occupazione, il 65,7%, è costituita da lavoro indipendente), il 28,5% del fatturato ed il 31,6% del valore aggiunto. Le imprese di maggiori dimensioni -con 250 e più addetti- sono invece 3.199, contribuiscono per il 29,2% al valore aggiunto complessivo e il loro peso in termini occupazionali è pari al 18,3% del totale degli addetti. Questa specificità della nostra struttura produttiva emerge anche dal confronto internazionale: la dimensione media delle imprese in l’Italia è di 8,9 addetti, un valore pari a un quarto di quello

Foto: © Corbis

Il 2006 ha visto tornare a crescere l’economia italiana, con un incremento del 1,9% del PIL -fonte Ufficio Studi Confindustria- dopo un 2005 sostanzialmente stagnante, a crescita zero. Il merito dell’inversione di tendenza va in gran parte alle imprese, che hanno saputo ristrutturarsi, cambiare i modelli organizzativi e accrescere la qualità dei loro prodotti. Si è ottenuto, in particolare, un buon andamento delle esportazioni, aumentate del 5,3% (9% in termini nominali). Elemento importante, in questo contesto, è la crescita sia dei valori sia delle quantità delle merci esportate, tanto che, dopo il risultato negativo del 2005, è tornato positivo il contributo alla crescita della domanda estera netta (+0,3%). Nel quarto trimestre del 2006, in particolare, le esportazioni hanno segnato un aumento congiunturale del 4,5%, il valore più elevato dal primo trimestre del 1995, al termine delle ultime due grandi svalutazioni della lira. A ciò si è accompagnata una ripresa della domanda interna, cui hanno contribuito i consumi delle famiglie (+1,5%), ma, soprattutto, gli investimenti (+2,3%).

Competitività: bene le imprese, meno l’Italia I buoni risultati economici, anche sul piano internazionale, ottenuti dal sistema delle piccole e medie imprese del nostro Paese sono ancora più rilevanti se si considera che sono stati ottenuti operando all’interno di un sistema paese che presenta criticità, su scala mondiale, quanto a competitività. Una constatazione, purtroppo, su cui concordano diverse fonti attendibili. Nella classifica di competitività elaborata dal World Economic Forum (WEF) e basata sul Growth Competitiveness Index (GCI) che stima le prospettive di crescita di un paese in un periodo di 5-8 anni, la posizione dell’Italia, nel 2006, è peggiorata rispetto all’anno precedente, passando dal 38° al 42° posto sui 125 paesi esaminati. Anche l’Institute for Managerial Development (IMD) elabora un indice di competitività, il World Competitiveness Index, per valutare la capacità di un paese di creare e mantenere un ambiente favorevole all’operatività delle imprese. Sono quattro i fattori che compongono l’indicatore sintetico: la performance economica, l’efficienza del governo, l’efficienza delle imprese e le infrastrutture. Nell’ultimo ranking pubblicato da IMD, l’Italia risulta al 56° posto su 61 paesi oggetto dell’indagine, in lieve peggioramento di competitività rispetto al 2005, quando figurava al 53° posto. Nella classifica IMD, gli Stati Uniti si confermano al vertice della classifica. Anche la posizione competitiva dell’Italia in base alla graduatoria stilata dalla World Bank nell’indagine Doing Business risulta essere in sostanziale peggioramento rispetto al 2005: nella classifica complessiva, infatti, l’Italia occupa la 82° posizione -13 posizioni in meno rispetto allo scorso anno- e peggiora in particolare nella graduatoria relativa agli adempimenti necessari ad un’azienda per ottenere credito.

\ Primo Piano

5


Imprese manifatturiere: confronto internazionale (2004) (Numero imprese) Attività manifatturiere Alimentari, bevande e tabacco Tessile e abbigliamento Conciarie, prodotti in cuoio, pelle e similari

Germania

Spagna

Francia

Italia

Olanda

Svezia

Regno Unito

199.782

222.656

258.404

524.359

46.595

58.995

155.083

32.613

29.861

68.153

70.084

4.565

3.263

7.076

6.751

23.632

18.235

64.340

2.740

3.744

9.330

1.299

6.293

2.305

20.470

305

405

806

Legno e prodotti in legno

16.083

16.877

11.072

44.293

2.010

6.782

8.458

Carta, stampa ed editoria

17.915

25.309

33.904

31.138

7.105

9.770

30.526

420

40

54

178

Raffinerie di petrolio

92

13

112

Chimici, fibre sintetiche e artificiali

3.298

4.191

3.919

5.839

900

946

3.738

Gomma e materie plastiche

6.915

5.769

5.254

12.646

1.290

1.653

7.031

Minerali non metalliferi

9.259

11.704

9.201

26.500

1.580

1.806

5.003

Metalli e prodotti in metallo

41.115

43.914

31.644

100.821

7.915

11.689

29.580

Macchine e apparecchi meccanici

21.038

13.788

16.355

41.202

4.255

5.622

12.928

Macchine e apparecchiature elettriche e ottiche

24.993

10.523

19.677

48.976

3.740

4.640

15.575

3.763

4.640

5.365

6.732

2.400

2.529

5.655

14.649

26.142

33.208

50.898

7.750

6.092

19.199

36,2

11,6

15,0

8,9

16,9

13,7

22,0

Mezzi di trasporto Altre industrie manifatturiere

Numero medio addetti per impresa Fonte: Eurostat

della Germania e a poco più di un terzo di quello del Regno Unito. Il grande numero di imprese è prova che il talento imprenditoriale diffuso è uno dei fattori che hanno consentito al nostro Paese di superare le fasi di maggiore difficoltà e incertezza. Non è casuale, quindi, che l’indagine di Capitalia rilevi come il 2006 sia stato complessivamente un anno di ripresa per le piccole e medie imprese manifatturiere, che, dopo la stasi del 2005, hanno finalmente registrato, nel quarto trimestre 2006, incrementi del 1,8% nella produzione e del 2,6% nel fatturato. Unioncamere, in particolare, ha sottolineato che le protagoniste della crescita sono state le aziende di media dimensione, mentre le piccole hanno

\ Primo Piano

conseguito performance inferiori alla media. Le microimprese con 1-9 dipendenti, hanno, in particolare, registrato una flessione del giro d’affari. Gli incrementi si sono distribuiti sul territorio in modo disomogeneo: decisamente sostenuti nel Nord del Paese, meno consistenti nel Mezzogiorno. Sul fronte delle esportazioni (+2,2%) le piccole imprese (11-50 addetti) mostrano qualche difficoltà, mentre buono è l’andamento delle imprese medie (51-250) e mediograndi (251-500). Luci ed ombre La ridotta dimensione media delle aziende, se da un lato conferisce grande flessibilità organizzativa ed elevata adattabilità ai mutamenti della domanda, dall’altro

presenta alcuni elementi strutturali di debolezza. Nell’attuale fase di internazionalizzazione, ad esempio, la penetrazione dei mercati esteri esige, spesso, la disponibilità di canali distributivi moderni, il sostegno di campagne promozionali costose, la presenza in loco di servizi post-vendita e, in alcuni casi, anche la delocalizzazione in paesi a più basso costo della manodopera nelle fasi a minor valore aggiunto della produzione. La realizzazione di queste strategie richiede risorse finanziarie, capacità di pianificazione e di coordinamento che spesso non sono immediatamente accessibili alle piccole imprese: i grandi mercati dei paesi emergenti -Cina, India, Russia e Brasile innanzituttoinfatti, non solo distano dall’Italia


Crescita economica fino al 2010? Uno studio Prometeia realizzato per Unioncamere disegna uno scenario per il periodo 2008-2010 che prevede un’espansione dell’economia del nostro Paese compresa tra l’1,6% e l’1,7% all’anno. L’incremento relativamente sostenuto dei consumi delle famiglie, iniziato nel 2006, dovrebbe proseguire anche nei prossimi anni con tassi dell’ordine del 1,4-1,5%, con un ritmo decisamente superiore a quello del periodo 2001-2005. Le esportazioni evidenzieranno dal 2008 una progressiva accelerazione, arrivando a crescere del 4,1% nel 2010 grazie alla domanda sui mercati internazionali, ma anche e soprattutto, ad un recupero di competitività delle imprese. La riqualificazione del sistema industriale e la riorganizzazione dei processi produttivi necessari per ottenere guadagni di competitività, dovrebbero creare condizioni favorevoli alla prosecuzione della fase espansiva degli investimenti, per i quali si prevede tra il 2009 e il 2010 una crescita di circa il 3% all’anno. Prometeia prevede, inoltre, che il triennio 2008-2010 sarà caratterizzato da una crescita distribuita in maniera piuttosto uniforme sul territorio nazionale. La crescita del PIL sarà più sostenuta in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, mentre crescite meno significative interesseranno Molise, Basilicata, Puglia e Piemonte. Sempre il prossimo triennio sarà caratterizzato, inoltre, da una progressiva generalizzata discesa del tasso di disoccupazione. Tuttavia, la diminuzione che interesserà il Mezzogiorno sarà di entità simile a quella del resto del Paese: permarranno, pertanto, anche nel 2010 ampi divari tra le diverse aree del Paese, che vanno dal 2% di disoccupati del Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna al 12,3% di Puglia e Sicilia sino al 12,6% della Calabria.

migliaia di chilometri, ma sono anche diversi per tradizioni culturali e regole sociali, e presentano ancora barriere all’ingresso. Un altro elemento di criticità riguarda la flessione dei margini industriali. Secondo Confindustria, nel 2006 il mark-up dell’industria si è ridotto dello 0,6% rispetto all’anno precedente. I costi unitari variabili sono, infatti, cresciuti del 5,7% a fronte di un sostenuto, ma insufficiente, aumento del 5% nei prezzi di vendita. Una quota consistente del rialzo dei costi unitari variabili è dovuta all’aumento dei prezzi dei fattori di produzione, cresciuti del 6,9% anche a causa dei rialzi dei prezzi delle materie prime. Anche il costo del lavoro per unità di prodotto, comunque, ha mostrato un rialzo significativo (+2,3%), in accelerazione rispetto allo scorso anno. Il fenomeno, tuttavia, non è né nuovo né recente: a partire dal 1997 e fino al 2003, si sono contati sei anni consecutivi di deterioramento dei margini, tanto che, rispetto al 1996, nel

2006 il mark-up ha registrato un calo del 3,9%. Un fattore negativo evidenziato anche dal Presidente Piccola Industria di Confindustria, Giuseppe Morandini, secondo il quale “la ripresa è di volumi e non ancora di margini, si fattura di più,

ma si guadagna di meno” a causa “di una dinamica di costi ormai fuori controllo e ai sacrifici che quotidianamente siamo costretti a fare sui prezzi, per mantenere le posizioni sul mercato”.

Mark-up, prezzi e costi dell’industria (indici: 2000=100)

Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT

n°10 \ settembre - ottobre 2007

\ Primo Piano

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Il sistema delle imprese “a rete” Le indagini di UnioncamereMediobanca sull’universo delle medie imprese hanno messo in evidenza la particolare configurazione della media impresa italiana come impresa “a rete” che, acquistando beni e servizi per una quota pari a circa l’80% del fatturato, assembla i prodotti di una pluralità di aziende, prevalentemente di piccola dimensione. Il risultato è una sorta di “fabbrica fuori la fabbrica”, attraverso la quale le medie imprese guadagnano ampi margini di flessibilità produttiva riuscendo, quindi, a concentrare i propri sforzi sulla differenziazione dei prodotti.

Per approfondire questo sistema economico d’impresa, Unioncamere e Mediobanca hanno condotto un’indagine diretta sull’universo delle medie imprese industriali. Il quadro che ne esce conferma la forte specializzazione delle medie imprese. L’analisi ha identificato tre tipologie aziendali principali: • i produttori di beni di consumo diretti al mercato finale, all’interno dei quali si ritrovano alcuni prodotti di punta sui mercati nazionali e internazionali come quelli dell’industria alimentare, del “sistema moda”, dei beni per la casa e del chimico-farmaceutico. È in questi ambiti che il fatturato medio

generato dal prodotto “di punta” raggiunge i livelli più elevati, oscillando tra i 32 e i 55 milioni di euro, contro una media complessiva di 31 milioni di euro, anche se con una quota di mercato domestico talvolta molto rilevante • i produttori di beni strumentali, con specializzazioni nel campo delle macchine utensili, dei macchinari industriali, delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, il cui fatturato medio aziendale del prodotto principale si attesta su valori più contenuti -tra i 22 e i 29 milioni di euro- con un più ampio sbocco sui mercati esteri, a conferma del successo inter-

Produzione, fatturato, ordinativi, export delle PMI nel primo trimestre 2007 (var% rispetto al primo trimestre 2006) Produzione

Fatturato

Ordinativi

Export

TOTALE

1,9

2,0

0,9

3,4

- di cui: Artigianato

0,1

-0,2

-1,8

2,8

Imprese 1-49 dip.

0,9

0,6

-1,1

2,2

Imprese 50-500 dip.

3,0

3,6

3,2

4,6

Nord Ovest

2,1

2,1

0,9

2,7

Nord Est

3,3

3,4

3,1

4,4

Centro

1,7

1,9

-0,6

3,8

-2,1

-1,9

-3,2

1,7

-3,2

-1,7

-2,3

2,2

1,2

1,3

-0,7

3,7

CLASSI DIMENSIONALI

RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE

Sud e Isole SETTORI DI ATTIVITA’ Filiera Energia Industrie dei metalli Industrie chimiche e delle materie plastiche

2,9

3,7

2,6

3,4

-1,0

-0,1

-0,2

3,9

Industrie tessili, dell’abbigliamento e delle calzature

1,6

1,0

-1,9

4,2

Industrie del legno e del mobile

2,5

2,7

2,5

2,8

Altra industria

1,3

1,5

0,6

1,4

Industrie delle macchine elettriche ed elettroniche

2,9

2,8

3,2

2,7

Industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto

4,4

4,0

3,4

4,2

Industrie alimentari

Fonte: Centro Studi Unioncamere

\ Primo Piano


In ogni caso è evidente lo strettissimo legame esistente tra la media impresa e il proprio prodotto di punta: attraverso il “prodotto principale”, che contribuisce mediamente per il 41% alle esportazioni, le medie imprese realizzano circa il 93% del loro giro d’affari complessivo. Si tratta di nicchie produttive che in genere fanno riferimento a segmenti di mercato di fascia alta

n°10 \ settembre - ottobre 2007

e medio-alta, dove per mantenere le posizioni acquisite e difendersi dalla concorrenza le imprese debbono investire costantemente in innovazione. Il 2007 all’insegna dell’ottimismo I dati relativi ai primi mesi di quest’anno confermano il trend positivo generale già evidenziato, con l’eccezione delle piccole imprese e del Mezzogiorno che faticano a tenere il ritmo delle medie aziende e delle altre aree del Paese. I dati di gennaio-marzo dell’indagine congiunturale del Centro studi di Unioncamere sull’andamento delle imprese industriali con 1-500 dipendenti, pongono in evidenza che la produzione ed il fatturato delle imprese manifatturiere aumentano rispettivamente del +1,9% e +2,0%. Significativa la crescita delle imprese con 50500 dipendenti con il +3,0% nella

produzione e il +3,6% nel fatturato. Positivo, ma meno consistente, l’incremento di quelle fino a 49 dipendenti con incrementi nella produzione e nel fatturato rispettivamente dello 0,9% e dello 0,6%. A livello territoriale, il Nord-Est registra i risultati migliori: +3,3% e +3,4% nell’andamento della produzione e del fatturato. Segue il Nord-Ovest (+2,1% per entrambi gli indicatori), quindi il Centro (1,7% e 1,9%). Solo il Mezzogiorno è in controtendenza (-2,1% e 1,9%). Quasi tutti i settori mettono a segno incrementi sia della produzione sia del fatturato: in modo particolare, l’industria meccanica e dei mezzi di trasporto registra una dinamica positiva di oltre 4 punti percentuali (rispettivamente +4,4% e +4,0%), le industrie chimiche e delle materie plastiche il +2,9% e il +3,7%, le industrie delle macchine elettriche ed elettroniche il +2,9% e il +2,8%. In

Foto: © Corbis

nazionale di questo importante segmento per il Made in Italy • i produttori di beni intermedi e componenti, dagli accessori per macchinari industriali ai componenti elettrici ed elettronici per gli autoveicoli, dai prefabbricati ai serramenti per l’edilizia fino agli imballaggi in plastica, al cui interno si rileva una forte variabilità in termini di fatturato medio, non necessariamente legata al grado di apertura all’estero.

\ Primo Piano


negativo i risultati conseguiti dalla filiera energetica (-3,2% e -1,7%) e dalle industrie alimentari (-1,0% e -0,1%). Dato positivo anche per gli ordinativi nel primo trimestre 2007, con una crescita tendenziale attestata intorno a un +0,9%, con una buona performance del Nord-Est, che evidenzia un +3,1%, un risultato in linea con la media nazionale (+0,9%) del Nord-Ovest, una dinamica negativa nell’andamento degli ordinativi delle imprese del Centro e soprattutto del Sud (rispettivamente -0,6% e -3,2%). Anche sul fronte delle esportazioni i risultati appaiono soddisfacenti: il totale delle imprese chiude il trimestre gennaio-marzo in positivo con un +3,4% di aumento, risultato dovuto in particolare alla significativa

Andamento demografico delle imprese italiane Anno

Iscrizioni

Cessazioni

Saldo

Tasso di crescita

2003

389.342

317.553

71.789

1,5

2004

425.510

335.145

90.365

1,8

2005

421.291

341.014

80.277

1,6

2006

423.571

350.238

73.333

1,2

* Il tasso di crescita è dato dal rapporto tra il saldo tra iscrizioni e cessazioni rilevate nel periodo e lo stock delle imprese registrate all’inizio del periodo considerato Fonte: Unioncamere-Infocamere, Movimprese (2007)

crescita delle imprese con 50-500 dipendenti (+4,6%) e di un incremento, più contenuto, di quelle di minori dimensioni (+2,2%). NordEst e Centro trainano le esportazioni italiane rispettivamente con il +4,4% e il +3,8%, mentre il NordOvest (+2,7%) e il Mezzogiorno (+1,7%) hanno performance più contenute. Tutti in positivo i settori economici, soprattutto le indu-

strie meccaniche e dei mezzi di trasporto, le industrie tessili, dell’abbigliamento e delle calzature (+4,2% per entrambi). Eccellente anche la performance delle industrie alimentari (+3,9%) e di quelle dei metalli (+3,7%).

La geografia delle nuove imprese La spinta all’imprenditorialità e alla continua nascita di nuove piccole aziende è alla base del “modello d’impresa italiano”, basato sulle piccole e medie imprese. I dati del 2006 confermano che questa spinta è tutt’altro che esaurita. L’indagine Movimprese ha, infatti, evidenziato che nel 2006 la crescita nel numero delle imprese è stata del +1,2% rispetto al 2005. Nel corso del 2006 sono state, infatti, 423.571 le nuove iscrizioni al Registro delle Imprese, a fronte di 350.238 cessazioni. Il saldo netto è stato, quindi, di 73.333 imprese, delle quali più di un terzo di proprietà di extracomunitari; un saldo che, pur positivo, è inferiore rispetto a quello registrato nel 2005, principalmente a causa dell’aumento delle cessazioni (9.224 unità in più rispetto all’anno precedente) non compensato dal maggiore numero di nuove iscrizioni. Il tasso di natalità delle imprese nel 2006 è stato pari al 6,9%, a fronte di un tasso di mortalità del 5,7%. Sotto il profilo territoriale, rispetto al 2005, si rileva una notevole diminuzione del saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni nel Mezzogiorno (22.950 contro 32.015 del 2005), parzialmente compensato nelle macro-aree del Nord-Ovest e del Centro. Il Centro, in particolare, ha contribuito in misura maggiore alla crescita del sistema imprenditoriale con un incremento del 1,7%, a conferma del trend positivo registrato negli ultimi anni: tra 2000 e 2006, infatti, il tasso di crescita delle imprese iscritte nel Centro è stato del 10,2%, superiore a quello registrato nelle altre aree del Paese. Il Mezzogiorno, al contrario, per la prima volta dal 2000, ha segnato un tasso di crescita inferiore alla media nazionale (1,1% contro l’1,2% nazionale), così come il Nord-Est che, tuttavia, sconta gli effetti di una consistente crescita delle attività imprenditoriali nel passato decennio. Lievemente superiore alla media, infine, il tasso di crescita del Nord-Ovest, con un incremento di nuove imprese pari all’1,3 %.

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\ Primo Piano


n째10 \ settembre - ottobre 2007

\ Comunicazione e Marketing

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\ Comunicazione e Marketing

L’e-commerce: un mercato con grandi potenzialità L’e-commerce è la vendita di beni e servizi attraverso internet e le tecnologie web. Rappresenta oggi uno dei settori più promettenti, ma nel nostro Paese, pur mostrando un sensibile sviluppo, fatica a raggiungere i traguardi che già da qualche anno si registrano in altri paesi europei

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\ Comunicazione e Marketing


Il caso Alitalia Il sito italiano di Alitalia, www.alitalia.it, consente di prenotare voli dal gennaio 1997. Nel corso del 2000 è stata, anche, introdotta la possibilità di acquistare biglietti elettronici online. In aggiunta al sito italiano ne sono stati progressivamente realizzati altri 15 dedicati ai principali mercati esteri. Nel giugno del 2006, in fase di restyling, sono state introdotte ulteriori modalità e opportunità di e-commerce. Tra le novità il web check-in con scelta del posto a sedere, la possibilità di acquistare biglietti con i punti MilleMiglia e la prenotazione di pacchetti vacanze, alberghi e autonoleggi. Il trend del fatturato online worldwide di Alitalia è incrementato del 195% passando da 65 milioni di euro del 2004 ai 127 milioni di euro nel 2005.

trano in questa categoria anche il SCM, Supply Chain Management, ovvero la gestione della logistica e del magazzino, e il CRM, Customer Relationship Management. • E-Marketplace Si tratta di mercati virtuali ove operano intermediari che fanno incontrare domanda e offerta. Possono essere dei shopping cart, con tanto di carrello della spesa, aste online o borse elettroniche. Esistono anche i marketplace informativi e collaborativi, portali che si occupano della promozione di gruppi di imprese o di interi settori.

L’e-commerce B2C in Italia

(in milioni di €)

• E-distributor e portali B2B – B2C I primi sono distributori online di alcune categorie di prodotti, mentre i portali B2B e B2C offrono una gamma di servizi molto eterogenea, inclusa la vendita diretta di prodotti o di servizi. L’e-commerce in Italia e nella UE La situazione dell’e-commerce nei diversi paesi europei differisce sia per dimensione del fatturato, sia per incidenza percentuale sul totale delle transazioni commerciali al retail. In generale due sono i driver che hanno contribuito ai maggiori sviluppi dell’e-commerce B2C nei principali paesi della UE: la disponibilità di prodotti e servizi in internet a prezzi competitivi rispetto a quelli del retail tradizionale e la presenza nell’online di grandi catene distributive come Tesco o Ikea, presenza che ha spinto anche gli altri operatori della grande distribuzione ad adottare una analoga strategia di vendita, allargando, quindi, sensibilmente l’offerta dei prodotti acquistabili online. Si stima in circa 135 miliardi di euro il giro d’affari realizzato dall’e-commerce nella UE nel 2007, in crescita del 20% rispetto all’anno pre-

Foto: © Corbis

Le principali tipologie di commercio elettronico sono il Business to consumer (B2C) e il Business to business (B2B). La prima categoria comprende le transazioni commerciali di beni e servizi tra imprese e consumatori finali, mentre la seconda riguarda le transazioni commerciali tra le imprese e i loro partner commerciali (fornitori, Pubblica Amministrazione, clienti, enti territoriali, …). Nell’e-commerce, si possono individuare diverse tipologie applicative: • Extranet-based Piattaforme realizzate dalle imprese per la comunicazione commerciale. Si parla di e-selling e di e-procurement -acquisti e vendite online- come ad esempio le applicazioni web di distributori per comunicare con la propria rete di vendita. Generalmente questi siti mettono a disposizione del cliente un’area riservata, che, tramite password, permette di accedere al database aziendale -magazzino, data base delle caratteristiche tecniche dei prodotti ed altro- e ai servizi post-vendita come l’assistenza e il customer service. Rien-

Fonte: NETCOMM - Osservatori Politecnico di Milano

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L’America si veste online Secondo un’indagine di Forrester Research Study condotta su 170 retailer, gli acquisti online di abbigliamento degli americani hanno superato, per la prima volta nel 2006, quelli dei computer. Abiti e calzature hanno raggiunto i 18,3 miliardi di dollari e si prevede che raggiungeranno i 22,1 miliardi nel 2007. Inoltre, sempre secondo le previsioni, nel 2007 il 10% delle vendite nel settore abbigliamento avverrà online. La crescita del settore è stata possibile soprattutto grazie agli interventi realizzati dai retailer che hanno reso molto fruibili dai consumatori i loro siti, con immagini e funzioni di ottima qualità che consentono ai clienti, prima di acquistare i capi, di vederli in diversi colori, ingrandirli e farli ruotare per osservarne i dettagli.

cedente, con 100 milioni di utenti per una spesa media procapite di 1.350 euro all’anno. Ad oggi domina il turismo che assorbe il 12,6% del fatturato totale del settore, ma secondo le previsioni, nel 2011 circa l’11% dell’intera offerta al dettaglio dei beni passerà all’online. Tra i cinque principali paesi UE, l’Italia si situa al penultimo posto, nonostante i tassi di crescita sempre superiori alla media europea, largamente distanziata da Gran Bretagna, Germania e Francia. Nel settore B2C guida, infatti, la classifica la Gran Bretagna, con circa 50 miliardi di euro di fatturato (+12,5% rispetto al 2006), seguita dalla Germania con 30 miliardi di euro (+20%) e dalla Francia con 16 miliardi, in crescita del 25%. L’Italia, con 5,3 miliardi di euro di vendite online, precede solo la Spagna. Secondo l’Osservatorio dell’e-commerce del Politecnico di Milano, la causa principale del ritardo del nostro Paese non va ricercata, come spesso viene riportato, nel numero dei potenziali utenti internet: il numero dei navigatori internet in Italia -27 milioni nel 2007- è sostanzialmente allineato a quello della Francia (29 milioni), mentre è sensibilmente

minore a quello della Gran Bretagna (36 milioni). Il quadro, tuttavia, cambia radicalmente, quando si guarda a chi, tra i navigatori, fa almeno un acquisto online all’anno: sono 27 milioni in Gran Bretagna e 16 milioni in Francia, mentre in Italia sono 9 milioni. E ben diverso è anche l’importo della spesa media annua: 1.900 euro gli inglesi, 1.100 i francesi e solo 600 euro gli italiani. Le ragioni di questo divario vanno ricercate, quindi, nella struttura dell’offerta online italiana, dove prevalgono i servizi a scapito dei prodotti e in cui si evidenzia una sostanziale assenza delle maggiori insegne della distribuzione moderna, food e non food. Gli alimentari, ad esempio, generano nei citati paesi UE volumi di fattu- Previsione rato che oscil- (fatturato in lano attorno al 10% dell’inteUSA ro comparto, EU mentre in Ita- Gran Bretagna lia raggiungo- Germania no a fatica me- Francia no dell’1%. A - Italia questo deficit

nell’offerta si somma una numerosa serie di altre cause, a partire dalla diffidenza nell’uso della carta di credito per i pagamenti via internet, al tradizionale timore degli italiani nei confronti degli acquisti “a distanza”, sino alle preoccupazioni delle stesse aziende per i potenziali conflitti tra i diversi canali di commercializzazione. Confrontando, infine, il mercato italiano con quello inglese è evidente l’enorme gap nel numero delle aziende attive nel commercio online: in Gran Bretagna sono circa 130 mila, mentre in Italia sono meno di un decimo. Questa situazione è anche confermata dall’analisi sull’uso delle ICT nelle imprese italiane che evidenza come esiste una relazione diretta tra le attività di commercio elettronico e la dimensione delle imprese: in quelle più piccole (10-49 addetti), che rappresentano la grande maggioranza delle aziende italiane, la diffusione del commercio elettronico è marginale, mentre le medie e grandi imprese (250 addetti e oltre) si avvalgono sempre più frequentemente di questa modalità di scambio. In generale, inoltre, le nostre imprese mostrano una maggiore propensione ad utilizzare la rete per effettuare acquisti che per vendere. Effettuano acquisti il 26,1% dalle piccole

I mercati mondiali dell’e-commerce B2C per il 2007

miliardi di €) 2007

var % su 2006

180

+15%

135

+20%

50

+12,5%

30

+20%

16

+25%

5,3

+30%

Fonte: NETCOMM - Osservatori Politecnico di Milano

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La concentrazione nel mercato dell’e-commerce

Fonte: NETCOMM - Osservatori Politecnico di Milano

e medie imprese (10-49 addetti), il 37,6% delle imprese con 50-99 addetti, il 45% di quelle con 100249 addetti e il 48,9% delle grandi (250 addetti e oltre), mentre realizzano vendite online rispettivamente solo il 3,4%, il 4,3%, l’8% e il 16%. L’e-commerce B2C Si stima che nel nostro Paese a fine 2007 il commercio elettronico B2C raggiungerà i 5,3 miliardi di euro con un incremento del 30% rispetto al 2006, in rallentamento rispetto ai sei anni consecutivi di crescita nell’ordine del 40% per anno. Lo rileva un rapporto dell’Osservatorio B2C della School of Management del Politecnico di Milano, da cui si evince anche che l’online rappresenta ancora solo lo 0,6% di tutte le vendite B2C, mentre nel resto d’Europa la sua quota oscilla tra l’1,5% e il 5%. Da questa situazione deriva, nel nostro Paese, la concentrazione del giro d’affari in un numero limitato di categorie merceologiche e di operatori. Il settore princi-

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pe resta il turismo, con una market share del 49% e un giro d’affari di 2,7 miliardi di euro, in incremento del 38% rispetto l’anno precedente. Il rallentamento della crescita del settore (costituiva il 55% del fatturato complessivo dell’online nel 2006) va attribuito al raggiungimento di un elevato tasso di penetrazione sul retail, circa il 9%, non lontano da quello dei principa-

li paesi UE. Al secondo posto si conferma l’informatica, con un fatturato di 488 milioni di euro, la cui quota sul totale scende sotto al 10%, con un tasso di crescita del 19%, inferiore alla media dell’intero comparto ma decisamente superiore a quello del mercato IT nel suo complesso. Al terzo posto le assicurazioni, con circa 440 milioni di euro e un incremento del 14%. Il fatturato di questo settore è generato sostanzialmente dalla offerta di polizze RCA. Il suo rallentamento è dovuto sia alla saturazione del mercato online, dominato da cinque grandi operatori che sviluppano il 97% del giro d’affari, sia alla progressiva erosione del differenziale di prezzo tra le polizze vendute attraverso i canali tradizionali e quelle vendute online. L’abbigliamento, con 156 milioni di euro supera nel 2007 il settore dell’editoria-audiovisivi (131 milioni) e si colloca al quarto posto grazie ad

La UE a fianco delle PMI per l’e-business All’indirizzo http://ec.europa.eu/enterprise/e-bsn/index_en.html ha preso recentemente il via l’European e-Business Support Network, una nuova iniziativa dell’Unione Europea, in collaborazione con le autorità nazionali e locali, volta a supportare le piccole e medie imprese nel loro percorso di adozione delle tecnologie ICT e degli strumenti di e-business. Il nuovo progetto prende le mosse dalla constatazione che, a livello internazionale, l’“economia elettronica” sta diventando, sempre più, un fattore di vantaggio competitivo, ed è quindi indispensabile per il sistema Europa favorirne la diffusione anche in quelle imprese che, per dimensioni, sono spesso carenti di competenze e professionalità specifiche. Il nuovo portale, infatti, sarà un centro di raccolta ove trovare informazioni riguardanti le iniziative collegate al mondo dell’e-business, a partire da dati statistici, casi di studio, news, annunci e articoli relativi alle realizzazioni e ai progetti delle piccole e medie imprese europee in questo ambito.

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L’export dell’e-commerce italiano (in milioni di €)

credito è lo strumento di pagamento preferito nel 70% dei casi, seguita da PayPal, che ha raggiunto una quota del 10%. Il bonifico bancario e il pagamento contrassegno si fermano al 7% ciascuno. Nel restante 6% dei casi, infine, prevalgono il finanziamento -utilizzato soprattutto nell’informatica e nell’elettronica di consumo- e il bollettino postale, tipico dell’editoria.

Fonte: NETCOMM - Osservatori Politecnico di Milano

una crescita del 40%, trainata in spetto ai prodotti. Per tipologia di larga misura dall’export del Mamodello di business, crescono ande in Italy. Il 63% del fatturato onlicora gli operatori “pure player” che ne, infatti, proviene da acquirenti chiudono il 2007 con il 52% del esteri. Del tutto marginale il settomercato grazie agli ottimi risultati re grocery, che raggiunge i 62 midelle principali agenzie turistiche lioni con un incremento del 15% e come e-Dreams, Expedia e Lasi colloca poco al di sopra dell’1% stminute.com, i portali di hotel, codel totale mercato. Da segnalare, me Venere.com, e alcuni leader di tra i settori “Altri”, la considerevole altri settori come Yooks per l’abbicrescita (+80%) delle vendite C2C gliamento. di eBay. Seguono le ricariche teleI pagamenti B2C foniche e poi il ticketing di eventi, il Il rapporto evidenzia che la carta di cui incremento è in linea con il mercato complessivo. Il rapporto rileva, anche, la crescen- (Anno 2007) te concentrazione del mercato nelle mani di venti principali operatori, che detengono una market share del 77%. Tra essi si trovano 12 operatori del turismo, 5 compagnie di assicurazione e 1 operatore telefonico, a conferma della netta predominanza dell’offerta di servizi ri-

L’export B2C online Il fatturato dell’export online ha raggiunto, nel 2007, circa 900 milioni di euro in crescita del 22% rispetto al 2006 arrivando a rappresentare il 17% del mercato complessivo. Settori trainanti sono l’abbigliamento e il turismo. L’export di abbigliamento Made in Italy costituisce, infatti, il 63% del totale delle vendite realizzate dal settore, grazie soprattutto agli ordini provenienti da paesi come il Giappone e gli Stati Uniti. Con un peso pari al 23% del fatturato del proprio comparto, cresce anche il turismo online grazie soprattutto al booking online di alberghi, che risulta essere un servizio particolarmente apprezzato dai turisti

L’e-commerce in Italia per settori

Fonte: NETCOMM - Osservatori Politecnico di Milano

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L’e-commerce B2B In base a quanto emerso dalla ricerca dell’Osservatorio B2B della School of Management del Politecnico di Milano, basata su oltre 300 operatori B2B tra utenti e fornitori di tecnologia, nel 2004 il valore complessivo dell’e-commerce B2B è stato di 94 miliardi di euro, pari a poco più del 5% di tutti gli scambi tra imprese del nostro Paese. Si tratta di un incremento del 13% circa rispetto al 2003 che assume valori e significati diversi a seconda dello specifico ambito applicativo e della tecnologia abilitante considerati. Cresce, ad esempio, di quasi il 30% il valore delle transazioni tramite gli strumenti di e-sourcing, che passa da

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(Valori percentuali sui diversi segmenti delle imprese)

Fonte: NETCOMM - Osservatori Politecnico di Milano

9 a 11,5 miliardi di euro; crescono del 189%, sino a 3 miliardi di euro, i valori intermediati tramite le piattaforme e i servizi messi a disposizione dagli operatori specializzati nell’e-sourcing, come ad esempio 1city.biz e BravoSolution. Questo forte sviluppo, nettamente superiore al resto del mercato, testimo-

nia il ruolo che vanno assumendo questi operatori sul mercato. Raddoppia anche il volume degli acquisti realizzati tramite e-catalog, anche se il valore, in termini assoluti, è ancora poco rilevante (circa un miliardo di euro). La filiera più importante dell’e-commerce B2B è rappresentata dal settore automobilistico con circa 27 miliardi di euro cui fa seguito il settore farmaceutico con 13 miliardi di euro, ma con una percentuale sul transato B2B di quasi il 70%. La filiera alimentare presenta un transato online significativo in valore assoluto (8 miliardi di euro), ma ancora marginale per incidenza sul volume d’affari complessivo del comparto (circa il 4%). Anche il turismo ha un ruolo rilevante benché la parte più consistente del fatturato sia rappresentata dalla vendita di biglietti, servizio a modesto valore aggiunto, mentre per il settore dell’ informatica l’e-commer-

Foto: © Corbis

stranieri. Il rapporto sottolinea come la crescita dell’export sia avvenuta nonostante le criticità legate alle problematiche di gestione del prodotto e delle consegne affrontate dagli operatori di minore dimensione. Per vendere all’estero è necessario, infatti, disporre di specifiche strutture commerciali, marketing e logistiche in grado di elaborare le offerte e di supportare i processi di consegna della merce e di gestione del post vendita.

Imprese che hanno effettuato commercio elettronico per classi di addetti nel 2005

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L’e-commerce B2B e B2C in Europa Occidentale, previsioni al 2010 ce vale circa 5,5 miliardi di euro e incide per il 30%. Seguono poi gli elettrodomestici, il materiale elettrico, le utility, le telecomunicazioni, il tessile-abbigliamento, le banche e assicurazioni, l’edilizia e l’oil & gas. I marketplace Grazie al crescente sviluppo delle tecnologie legate ad internet, infine, le aziende possono accedere ai marketplace. Compito del marketplace è, infatti, facilitare l’incontro tra domanda e offerta in modo equo e imparziale e garantire condizioni di massima sicurezza negli scambi, testimoniando l’identità dei partecipanti. Le aziende che operano in un marketplace possono vendere ed acquistare i prodotti in un mercato virtualmente illimitato, con un notevole risparmio di tempo grazie alla disponibilità di preventivi e di risposte pressoché immediate. L’accesso ai marketplace riduce sensibilmente i costi e aumenta l’efficienza dei processi di acquisto. Forrester Research porta ad esempio General Motors che affidando al B2B online il reperimento del materiale per la sua divisione Illuminazione ha ridotto i tempi di richiesta dei preventivi di 7 volte, diminuendo anche del 30% il costo del lavoro e del 20% quello del materiale. Sempre secondo i rilevamenti di Forrester, l’accesso ai marketplace ha sensibilmente migliorato le prestazioni degli uffici acquisti anche delle piccole e medie aziende statunitensi. Si stima, in particolare, che i costi e i

(in miliardi di €)

Fonte: EITO 2007 in cooperazione con IDC NB: EU 15 più Norvegia e Svizzera

tempi di gestione del processo di acquisto si siano ridotti del 50% e che i costi siano scesi in alcuni casi sino al 25%. I marketplace B2B non operano, infatti, come trading company ma si limitano ad assicurare l’affidabilità degli scambi e ad erogare servizi a clienti e fornitori. Si tratta di una nuova forma produttiva che crea valore attraverso l’ottimizzazione della supply chain, ovvero la riduzione dei costi di coordinamento e degli scambi tra clienti e fornitori con un conseguente incremento del margine di profitto per entrambe le parti. Le previsioni per il futuro Le previsioni sul futuro del commercio elettronico sono più che ottimistiche. L’EITO (European Information Technology Observatory, www.eito.org), che per il 2006 stima i fatturati online dei comparti

B2C e B2B dei paesi UE rispettivamente in 182 (contro i circa 110 valutati da Netcomm) e in 1.269 miliardi di euro, prevede che nel 2010, l’e-commerce B2C e B2B in ambito UE crescerà sino a raggiungere rispettivamente i 578,4 e i 1.269 miliardi di euro. In questo arco di tempo, secondo le stime di Forrester Research, sarà proprio il nostro Paese a mettere a segno la miglior performance nel segmento B2C con una crescita media del 31% l’anno, seguita a ruota dalla Spagna (27%). Decisamente più contenute le previsioni di crescita della Gran Bretagna, attualmente ai vertici europei, ove l’e-commerce B2C si svilupperà ad un tasso del solo 12% l’anno.

UN OCCHIO SUL WEB Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [Venite a trovarci su internet] \ [L’e-commerce] \ [L’innovazione ICT nelle PMI italiane] \ [ In grande crescita il local search]

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L’e-mail marketing: il direct marketing viaggia sulla rete Nell’evoluzione continua che caratterizza il rapporto azienda-cliente sono ora disponibili nuove modalità di relazione grazie a strumenti innovativi applicati a tecniche di marketing in uso da decenni, come il direct marketing

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Foto: © Corbis

Definito dalla Direct Marketing Association americana come il “sistema di marketing interattivo che utilizza uno o più media pubblicitari per produrre una risposta misurabile e-o una transazione”, il direct marketing consente di centrare l’obiettivo fondamentale del marketing relazionale: informare il consumatore e proporgli in modo mirato soluzioni in grado di soddisfare le sue esigenze. Caratteristica dominante di questa tecnica di marketing è l’interattività tra il fornitore del servizio-prodotto e il cliente finale, finalizzata, oltre che a veicolare una comunicazione, a stimolarne una risposta o una “modifica” nel comportamento. Ed è proprio la rilevazione della risposta che, analizzata e archiviata in un data base, contribuisce a delineare ed arricchire il profilo del consumatore. Presupposti del direct marketing sono, infatti: la segmentazione e l’identificazione dei clienti o prospect cui indirizzare i messaggi, la disponibilità di offerte in target, la scelta di appropriati (al target) mezzi di comunicazione, la presenza di un data base costantemente aggiornato e la possibilità di rilevare e misurare le risposte. Indicatore dell’efficacia di un’azione di direct marketing è il rapporto tra il numero di messaggi inviati e le risposte pervenute (redemption) e la conseguente determinazione del CPO (Costo per Ordine), ovvero il rapporto tra il costo totale della campagna e il numero di risposte (ed ordini) pervenute. In uno scenario ove il marketing è sempre più orientato a dialogare con segmenti specifici di clienti, il direct marketing, e più in generale il marketing relazionale, sta conquistando, in tutti i paesi, un peso crescente tanto da sottrarre risorse agli investimenti sui media classici. Anche in Italia,

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come le previsioni di Assocomunicazione rilevano, le risorse pubblicitarie destinate al “below the line” nel suo complesso (direct marketing, promotions, eventi) cresceranno nel 2008 sino al 55% delle risorse totali destinate alla marketing communication, superando per la prima volta quelle dei media classici. Un trend positivo confermato anche da una recente indagine condotta da Astra Ricerche, secondo cui la partecipazione attiva a iniziative di marketing diretto ha visto coinvolti nel 2006 circa 21 milioni di italiani. Inoltre, oggi, nuovi strumenti di relazione diretta, resi possibili da internet, come l’e-mail o l’sms marketing (invio a target segmentati di materiale di comunicazione mirato, per email, newsletter o sms) si affiancano ai tradizionali format del direct marketing. L’ e-mail marketing Internet è un fenomeno in costante crescita grazie alla diffusione

della banda larga, all’arricchimento dei servizi e delle funzioni offerti e all’aumento della durata delle connessioni. La diffusione della posta elettronica in pochi anni ha trasformato radicalmente il modo di comunicare affermandosi per la sua rapidità, facilità d’uso, immediatezza e costi ridotti. Tuttavia nello sfruttare l’alto potenziale di marketing costituito dall’uso delle e-mail occorre non sottovalutarne la complessità gestionale: basandosi interamente sull’interazione mittente-destinatario, un’errata comunicazione può, infatti, danneggiare seriamente l’immagine aziendale. È, quindi, necessario valutare con attenzione quando è possibile affidarsi al “fai da te” o quando è preferibile, invece, fare uso di specifiche competenze professionali. Come reperire gli indirizzi Uno dei primi passi da compiere per realizzare una campagna di email marketing è procurarsi la lista

La tutela dei dati personali Per quanto la privacy sia regolata da norme precise di legge, sono ancora molti gli errori in cui incorrono le aziende. Molte, infatti, sono le situazioni in cui l’utente fornisce il proprio indirizzo e-mail, ma non sottoscrive una clausola liberatoria, con la conseguenza che l’indirizzo risulta ancora protetto dal diritto alla privacy. Un altro caso riguarda la presenza on-line (su una pagina web o su un forum) di un indirizzo e-mail di un utente: questa presenza non ne autorizza l’uso per ragioni diverse da quelle per le quali l’indirizzo è in rete. La normativa del Testo Unico, entrata in vigore nel gennaio 2004, introduce, poi, il concetto della sicurezza informatica dei dati che responsabilizza le aziende sulla protezione dei dati dei propri clienti (il rischio di furto o danneggiamento è sempre molto alto se non sono attivate procedure di sicurezza ed efficaci firewall sui pc connessi a internet). Per questo motivo i server ove risiedono i data base con i dati sensibili non dovrebbero essere connessi ad internet, ma essere usati solo per generare di volta in volta la lista degli indirizzi richiesti da utilizzare per la spedizione delle e-mail.

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degli indirizzi da utilizzare, tenendo presente che è la sua qualità e non la quantità a determinare il successo o l’insuccesso Trasmettere una quantità elevata di messaggi in tempo reale non è della campagna. Come prerogativa esclusiva di internet. L’Sms Marketing sta, infatti, per tutte le altre azioni di emergendo come nuovo strumento di relazione azienda-cliente, direct marketing la segspecie in ambito B2C. L’alto potenziale delle reti cellulari ha già mentazione dei target è attratto l’attenzione di numerose aziende: la penetrazione capillare determinante. Piccole lidei cellulari nel nostro Paese li rende, infatti, allo stesso tempo, un ste molto qualificate alle medium di massa e un medium one-to-one. La possibilità di quali sono inviate comuprogrammare una campagna sms, cioè di usare messaggi di testo, nicazioni in target sono, offre, sulla carta, alcuni vantaggi come la velocità e il controllo infatti, in grado di prodursull’esito della consegna del messaggio. Il cellulare, inoltre, re tassi di redemption, garantisce più di qualsiasi altro mezzo la lettura istantanea del e quindi ritorni degli inmessaggio: una visibilità pari sostanzialmente alla totalità dei vestimenti, molto elevadestinatari e in grado di raggiungere ritorni medi dell’ordine del 10ti. Liste numerose poco 30%. Di contro i costi dell’invio dei messaggi sono decisamente qualificate possono gesuperiori a quelli dell’e-mail. Come in tutte le iniziative relazionali, nerare un numero di oranche nell’Sms Marketing il fattore più critico è il database: la dini superiori, ma a costi normativa obbliga l’azienda a richiedere preventivamente la privacy non remunerativi. Le liste ai titolari delle utenze mobili, e sia le indagini di marketing sia la possono essere reperite pratica quotidiana hanno dimostrato una forte resistenza non solo a direttamente dall’azienconcedere tale autorizzazione, ma anche a comunicare ad un da contattando i propri interlocutore commerciale il proprio numero di cellulare, considerato clienti attuali o potenziali molto più “privato” rispetto alla posta elettronica. Per superare oppure acquistate o affitqueste resistenze l’azienda deve, quindi, offrire in cambio qualche tate da list broker. In quecosa che abbia un “valore” reale (non necessariamente economico) st’ultimo caso è necesper il destinatario e che sia chiaramente espresso: parlare sario verificare una serie genericamente di vantaggiose offerte commerciali, ad esempio, si va di dati e parametri: oltre rilevando sempre meno efficace. alla loro rispondenza al profilo richiesto, è opportuno verificarne la recentezza (gli indirizzi e-mail l’azienda comporti investimenti e di capitalizzare le evidenze posono soggetti a rapido “invecchiarisorse in termini di organizzaziositive e negative necessarie per mento”), la frequenza d’uso (un ne e di personale, il costo medio l’ottimizzazione delle successive uso eccessivo o troppo recente per vendita conseguito dalle aziocampagne. della lista potrebbe comprometni di e-mail marketing “interne” è tere i risultati della campagna), la Impostare la comunicazione fino a cento volte inferiore rispetto fonte attraverso la quale sono stadi una campagna di e-mail a quelle realizzate con liste acquite raccolte (rappresenta un indimarketing state o noleggiate esternamente. catore della “qualità” della lista) e La comunicazione di una campaLa disponibilità di un data base inla disponibilità della privacy (sengna di e-mail marketing richiede terno consente, inoltre, di estraza la quale si può incorrere in separticolare cura nella grafica e nei polare di volta in volta, attraverso rie sanzioni previste dalla legge). contenuti: il messaggio deve catprocessi di segmentazione, sotUna ricerca condotta negli Staturare l’attenzione del prospect e to-cluster sempre più omogenei, ti Uniti da Forrester Research nel stimolarne l’interesse sin dal suo ai quali indirizzare comunicazioni 2006 ha, tuttavia, evidenziato che, titolo. Il fatto che il destinatario abe offerte promozionali ancora più benché la creazione di un data babia accettato di ricevere messaggi customizzate. Consente anche se e di un indirizzario interno al-

Sms Marketing: catturare il cliente con il cellulare

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commerciali, non è, infatti, garanzia né certezza che il messaggio sarà effettivamente letto. Ed è di una manciata di secondi il lasso di tempo durante il quale il destinatario decide se leggere o cestinare la mail. Un messaggio promozionale efficace tiene conto dei seguenti criteri: • incisività del titolo • veste grafica semplice e concisa • contenuti chiari, affidabili, coerenti con il target Diversamente da una campagna pubblicitaria, proprio per il rapporto di dialogo che si instaura tra azienda-consumatore, un titolo o un’headline ad effetto non sempre sono la soluzione più efficace per essere letti. È, infatti, preferibile adottare, in una comunicazione B2C come B2B, un testo che faccia percepire al destinatario che il messaggio è stato creato esclusivamente per lui e che il suo contenuto può realmente interessarlo od essergli di aiuto per la sua attività. Il secondo punto riguarda la veste grafica: poiché difficilmente si conosce la capacità di visualizzazione del computer del destinatario, una comunicazione troppo complessa potrebbe occupare più pagine richiedendo quindi di essere “scrollata”. È quindi opportuno limitarsi ad una grafica semplice con la formattazione dei testi più importanti (neretti, corsivi, ecc), evitando di appesantire il messaggio con lente visualizzazioni di loghi o barre di intestazione. Evitare, inoltre, di inserire allegati (pdf o altri) di eccessivo peso che potrebbero bloccare la posta del destinatario e comunque richiedere un’azione aggiuntiva (più azioni sono richieste al destinatario, minori sono le possibilità di successo). Infine, il contenuto del messag-

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gio commerciale che deve essere strettamente attinente al profilo del destinatario. Evidenziare con chiarezza l’oggetto del messaggio e il valore della propria offerta, indicare la propria identità e offrire al destinatario la possibilità di cancellarsi dalla lista sono altrettanti elementi che rendono sicuro ed affidabile il messaggio agli occhi di chi lo riceve. È, infine, opportuno collocare l’email marketing all’interno della strategia complessiva di marketing dell’azienda: ciò consente di utilizzare una comunicazione coerente a quella abitualmente usata dall’azienda e di sfruttare appieno le potenziali sinergie generate dall’azione di e-mail marketing con quelle previste dal piano di comunicazione generale.

Quando usare l’e-mail marketing Poichè l’invio di messaggi di posta elettronica ha costi molto contenuti ed una estrema facilità nell’uso, si è portati a pensare di farne un utilizzo illimitato. Ma nulla è più sbagliato: inviare insistentemente offerte commerciali è controproducente e rischia di spingere i destinatari a richiedere la cancellazione delle proprie anagrafiche dalla mailing list. Oltre alla perdita dei potenziali prospect, l’azienda rischia seri danni d’immagine. È quindi necessario individuare la giusta frequenza e pianificare gli invii con regolarità. Va tenuto presente che, per i target consumer, il week-end rappresenta spesso il momento dedicato alla lettura della posta elettronica. Mentre per l’invio di messaggi a target B2B,

Le 10 regole per una campagna di e-mail marketing di successo 1. Individua il tuo target e ritaglia i messaggi attorno ad esso 2. Chiedi il permesso e comunica come interrompere gli invii 3. La chiarezza e la sintesi faranno aprire e leggere i tuoi messaggi 4. Sii riconoscibile, eviterai di essere cestinato tra gli spam 5. Non essere invadente: pianifica e rispetta la giusta frequenza degli invii 6. Metti in evidenza il valore della tua offerta 7. Costruisci una comunicazione continua e coerente: è la garanzia di essere letti la volta successiva 8. Costruisci una relazione con il tuo prospect: in questo modo ne conquisterai la fiducia 9. Attento al peso dei formati e degli allegati, il tuo messaggio rischia di essere cancellato 10. Impara dai risultati ottenuti

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non esiste un giorno preferibile all’altro, ma l’efficacia dell’azione dipende dal contatto di riferimento e dal tipo di traffico supportato dall’indirizzo e-mail destinatario (gli uffici acquisti ricevono spesso decine, quando non centinaia, di messaggi al giorno). Il costo e il ritorno sugli investimenti Oltre ai costi contenuti, l’e-mail marketing permette, generalmente, di conseguire redemption più elevate rispetto a quelle dei tradizionali mezzi cartacei del direct marketing o a parità di redemption costi per ordine nettamente inferiori (ciò è possibile grazie alla maggiore interattività del mezzo che non comporta attività “complesse” da parte dei destinatari, come l’aprire la busta, sfogliarne il contenuto, compilare la cartolina di risposta e rispedirla, azioni che incrementano i tassi di abbandono).

La pianificazione di un investimento di un’azione di e-mail marketing deve tener conto di tutte le spese afferenti all’iniziativa: • l’acquisto o l’affitto delle liste (o i costi relativi alla costruzione o gestione in-house delle stesse) • la realizzazione creativa dell’email (testi, grafica, ecc) • la gestione delle risposte (ai fini anche della costruzione di un data base) • le spese dei servizi del provider (in caso di gestione presso terzi) • le attività di gestione del cliente (cancellazioni, evasione delle richieste, ecc.) La misurazione della redemption in rapporto agli investimenti sostenuti consente di calcolare il ROI dell’azione promozionale. Secondo una ricerca della Direct Marketing Association (Power of Direct Economic-Impact) condotta da

Bill Nussey, il ROI delle iniziative di e-mail marketing risulta essere più del doppio di quello di tutte le altre attività di online. Un dato che trova riscontro nei propositi di investimento delle aziende europee nei confronti di questo mezzo. Infatti, secondo una rilevazione di Forrester Research, il mercato italiano dell’e-mail marketing raggiungerà nel 2007 i 45,3 milioni di euro, superiore rispetto ai 36,2 milioni di euro di quello spagnolo, ma pari a quasi un quinto di quello tedesco (258,1 milioni di euro, la Germania è leader in Europa con il 30% del mercato seguita dal Regno Unito con il 25%).

UN OCCHIO SUL WEB Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [L’e-mail marketing] \ [Il marketing corre sul web] \ [Il database marketing]

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Vertical branding: la marca va dal cliente finale Parallelamente al rafforzarsi delle grandi insegne della distribuzione, le marche, in particolare quelle non alimentari, tendono a recuperare il contatto diretto con il consumatore, attraverso punti vendita di proprietĂ o su cui possono esercitare un controllo, come nel caso del franchising

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Foto: © Corbis

La distribuzione commerciale, per l’industria di marca, rappresenta per alcuni aspetti un paradosso concettuale. Da un lato è indispensabile per colmare la distanza -fisica ma anche di relazione e di comunicazione- che la separa dai consumatori finali. Ruolo che, invece, una struttura distributiva forte, ramificata capillarmente sul territorio e che ha nel tempo stabilito un rapporto fiduciario con i client, è in grado di svolgere. D’altro canto, affidarsi a distributori forti, dotati di un’immagine di insegna credibile, comporta per i produttori delegare, almeno in parte, funzioni che sono indispensabili al successo della loro marca come la relazione diretta con il consumatore, la gestione dell’assortimento, il merchandising e la costruzione della brand image sul punto vendita, i cui criteri di arredo e di décor rispondono sempre più alle esigenze dell’insegna. Negli anni, inoltre, si è assistito a un rovesciamento del potere contrattuale, con i buyer della grande distribuzione e delle centrali di acquisto che trattano da posizioni di forza con le aziende fornitrici spesso in concorrenza tra loro per ottenere più spazio o migliori posizioni nella shelf strategy dell’insegna distributiva. A ciò va, infine, aggiunta una divaricazione tra i “tempi”: gli investimenti che le aziende devono sostenere per il lancio di nuovi prodotti e per loro la produzione richiedono mercati stabili e ritorni in tempi di medio-lungo termine, (*) Anche se a stretto rigore di termini, con la definizione di “canale corto” si identifica un processo distributivo composto da produttore, rivenditore e consumatore -comprendendo quindi anche la grande distribuzione nei casi in cui l’azienda manifatturiera ceda il prodotto in commercializzazione a questo canale- per praticità, nel seguito, la locuzione sarà usata per identificare una “corta distanza dal consumatore”, ovvero i canali diretti, come i negozi di proprietà, e quelle tipologie di punto vendita, come il franchising, che consentono all’azienda di mantenere uno stretto controllo sul prodotto e sul mercato.

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mentre grazie alla loro maggiore snellezza, elasticità e flessibilità, le aziende mercantili operano in un’ottica di mercato ravvicinata e, talvolta, speculativa. Anche per questo motivo, nelle imprese industriali cresce il desiderio di stabilire un contatto diretto con il proprio mercato attraverso canali diretti o corti (*). Leve di marketing e grande distribuzione Il marketing tradizionale identifica in quattro le leve su cui operare: il Prodotto, il Prezzo, la Distribuzione e la Comunicazione. Quando un’industria di marca si rivolge ad un forte distributore commerciale, come una catena della grande

distribuzione, è costretta a rinunciare, almeno in parte, alla libertà di agire in autonomia sulla quasi totalità di esse. Con l’eccezione del prodotto -salvo i casi in cui il distributore richieda all’azienda prodotti special make-up da vendere in esclusiva- tutto il resto va più o meno contrattato, a partire dal prezzo. Anche la presenza dei prodotti in strutture distributive concorrenti e la stessa strategia di comunicazione, con il sempre maggior ricorso alla attività di promozione e di in-store marketing, sono oggetto di trattativa. Senza contare che l’intermediazione di partner così forti e articolati dal punto di vista commerciale rende spesso difficile per il produttore,

Il negozio “a tempo” Un’evoluzione particolare del branded retail è il “temporary shop”, una definizione nuova, ricca di termini innovativi come il pop-up store o guerrilla shop, ancora in fase quasi sperimentale data la loro breve esistenza, che sta a indicare un ossimoro commerciale, cioè un punto vendita destinato a scomparire dopo un’esistenza limitata nel tempo, raramente superiore ai 30-60 giorni. Si ribaltano in questo modo i concetti tradizionali sui quali si sono sino ad ora fondate le aperture dei punti vendita come l’avviamento, la fidelizzazione della clientela, il bacino di utenza geografico: il temporary shop ha il suo motivo di richiamo proprio nella vita brevissima, nel suo dover essere “colto al volo” dal consumatore pena la rinuncia a un’esperienza non ripetibile. Il temporary shop è quindi uno spazio che possiede caratteristiche formali e progettuali tipiche degli spazi di vendita, ma in cui la dimensione di “evento”, necessaria per valorizzare il brand, assume un’importanza pari a quella commerciale. Il primo negozio a tempo è sorto a New York, ad opera del pubblicitario Russel Miller che ha allestito il suo negozio temporaneo in un loft abbandonato di 400 metri quadrati, tenendolo aperto un mese, al termine del quale, visto il successo, ha smontato tutto per riaprire in altre città. Oggi i temporary shop sono stati adottati da marchi attivi nei settore più diversi: Illy Caffè ne ha aperto uno nella sua galleria d’arte di New York, Nivea ha dato vita a uno spazio temporaneo a Milano puntando su un servizio di consulenza, mentre Reebok a Los Angeles ha addirittura creato una collezione di calzature firmate dai grandi nomi del rap a stelle e strisce.

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I canali di vendita

Fonte: Università degli Studi di Milano

a causa delle numerose variabili che sono poste fuori dal suo controllo, rilevare esattamente il feeling dei consumatori e del mercato nei confronti dei suoi prodotti. Le alternative a disposizione La decisione di entrare -direttamente o indirettamente- nella distribuzione rappresenta per un’impresa manifatturiera una scelta impegnativa. Nella catena logistica, infatti, si possono eliminare gli intermediari, ma non le funzioni da loro svolte, che devono, quindi, essere prese in carico dall’azienda. In generale, quindi, l’accorciamento del canale comporta per l’impresa produttrice un aumento dei costi fissi anche a causa dell’ampliamento delle sue competenze in quanto dovrà acquisire know-how e gestire strutture distributive. Se si escludono le vendite per corrispondenza e l’e-commerce, che rappresentano

ancora una frazione trascurabile dei consumi di beni fisici, l’azienda che intende mantenere il totale controllo sulla distribuzione dei propri prodotti e della gestio-

Evoluzione dei pesi dei canali di vendita (% Quote di mercato)

Fonte: Federdistribuzione 2007

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ne del proprio brand ha di fronte a sé sostanzialmente due strade. La prima è di fare ricorso a negozi di proprietà, gestiti direttamente, la seconda è adottare forme di franchising, in cui, pur essendo i singoli punti vendita, i franchisee, indipendenti, la gestione dell’immagine, degli arredi, delle strategie di comunicazione e di prodotto è condizionata fortemente dall’azienda. Un caso particolare di negozio di proprietà è rappresentato dai “flagship store”, a metà strada tra l’attività commerciale e un media di comunicazione della marca. Questi punti vendita si distinguono, infatti, per la spettacolarizzazione dei valori del brand, oltre che per l’offerta di un’ampia gamma di prodotti. Di dimensioni variabili -dalle grandi superfici, come i Nike Town o lo store Gucci a Tokio, ai punti vendita


di minor dimensione rispetto alle più tradizionali boutique monomarca- i flagship store sono generalmente ubicati nelle vie più prestigiose dello shopping, in gradi città o in esclusive località turistiche. L’acquisto, trasformato in intrattenimento, dà vita ad una shopping experience che vincola il consumatore al brand, trasformato in icona.

I fattori che inducono le imprese ad integrarsi a valle Comunicare il valore della marca

19,29%

Servire nuovi segmenti di clientela

14,03%

Avere una relazione diretta col consumatore

12,63%

Emozionare i clienti nei punti vendita diretti o in franchising

9,12%

Superare l’arretratezza della distribuzione indipendente

9,12%

Utilizzare i punti vendita come laboratori di marketing

7,70%

Ridurre i costi di distribuzione

7,36%

Internazionalizzarsi

6,67%

Aumentare il valore della marca tramite negozi in vie di prestigio

4,56%

Difendere il valore della marca dalla contraffazione 3,85% I perché di una scelta Negozi propri, flagship shop, Raccogliere informazioni sulla clientela 3,50% franchising monomarca soPerdita d’efficacia della comunicazione tradizionale 1,05% no tre aspetti diversi legati alAltro 3,85% la necessità di sviluppare la Fonte: Università di Parma su dati Confimprese distribuzione all’interno della propria strategia di comunicazione della marca industriale. I la marca, dando corpo a un conpunti vendita, intervento realizzabrand, infatti, comunicano in modi cetto altrimenti astratto. Questa bile con la massima efficacia sosempre più complessi e articolati. I evoluzione delle modalità di colo adottando modalità distributipunti di contatto con i consumatori municazione delle marche ha dave sotto il suo diretto controllo. Di non sono circoscritti al packaging to vita al “retail branding”, ossia qui la definizione di “vertical brano all’advertising, ma si allargano alla disciplina strategico-creativa ding”, che sottolinea l’integrazioa strumenti e spazi diversi: in parche si occupa di far vivere la marne “verticale” dei diversi soggetti ticolare, l’immersione del consuca all’interno degli spazi di vendella catena del valore. La conmatore in un ambiente fortemente dita. Ovviamente, per sviluppare centrazione e l’aumento del pocaratterizzato dalla brand image strategie coerenti e omogenee di tere della distribuzione comporè sempre più rilevante, in quanto retail branding, un’azienda deve tano, al contrario, il rischio di una consente di “toccare” fisicamente essere in grado di intervenire sui crescente distonia tra i contenuti della comunicazione pubblicitaria del produttore e quelli del distributore nel punto vendita. L’integrazione a valle, quindi, è guidata dalla ricerca di nuove sinergie tra la comunicaDopo il 2005, in crescita a dispetto della fase di generale zione della marca a livelrallentamento dell’economia e di sostanziale stasi dei consumi nel lo industriale e la comunostro Paese, anche i dati relativi al 2006 confermano la tendenza nicazione attuata dalla positiva del comparto del franchising in Italia. Le rilevazioni distribuzione da e nei punAssofranchising/Quadrante registrano, infatti, sia un aumento del ti vendita, in una nuova logiro d’affari del 8,3% sino a 19.687 milioni di euro, sia un incremento gica di co-marketing vertinumerico delle insegne (franchisor) affilianti, arrivate nel 2006 a cale. A tali motivazioni se contare 766 marchi (+4,22% rispetto all’anno precedente). ne affiancano altre più leCrescono anche i punti vendita in franchising, che sfiorano la soglia gate alle strategie di prodei 18.500 (+ 4,5% nell’anno). dotto, quali la possibilità di modulare ampiezza e profondità di gamma nel-

Il franchising continua a correre

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Il franchising in Italia

(2006 e variazione sul 2005)

Foto: © Corbis

le diverse tipologie di branded retail disponibili, o di mettere in opera attività di marketing distributivo su base geografica. Aspetti critici del vertical branding Il ricorso all’integrazione a valle, con l’apertura diretta di punti vendita monomarca di proprietà, comporta una serie di implicazioni sull’organizzazione delle funzioni e delle risorse aziendali da non sottovalutare. Il ricorso a processi di vertical branding, infatti, impone alle imprese di relazionarsi con professionalità eterogenee: architetti, designer d’interni, visual mer-

valori

incremento

Giro d’affari (in miliardi di euro)

19,6

+ 8,30%

Insegne (Franchisor) (numero)

766

+ 4,22%

Affiliati (Franchisee) (numero)

48.422

+ 4,50%

Personale occupato (numero)

173.593

n.d.

Fonte: Assofranchising

chandiser, retail manager, store manager. A meno di voler delegare l’intera operazione a strutture specializzate esterne, l’azienda deve sviluppare approcci interdisciplinari al canale, orientati alla decodifica e alla esaltazione dei valori della marca indispensabili per definirne la visual identity nella forma e nei contenuti, attraverso la realizzazione di punti vendita che utilizzino soluzioni tratte dal mondo della comunicazione e dello spettacolo. In altri termi-

ni, l’azienda manifatturiera si trova a dover gestire un sostanziale cambiamento organizzativo, per trovare soluzione a “nuovi” problemi gestionali e di sviluppo, tipici delle organizzazioni distributive e di servizi. Il successo nel vertical branding, quindi, è strettamente correlato alle capacità dimostrate dall’impresa nell’integrazione sinergica di problematiche e soluzioni multidisciplinari.

UN OCCHIO SUL WEB Vedi anche sul sito

www.convoimagazineseat.it l’articolo: Franchising: istruzioni per l’uso

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Impronte radio Addio codice a barre. Le etichette a radio frequenza Rfid stanno diventando lo strumento base per la logistica e la distribuzione, per “marcare� i prodotti, ma anche gli animali e le persone 32

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Foto: © Corbis

L’esigenza di identificare con esattezza grandi quantità di prodotti da movimentare è presente in un ampio ventaglio di settori industriali: dal trasporto merci alla grande distribuzione, dalla gestione bagagli negli aeroporti alla tracciabilità dei medicinali negli ospedali. L’utilizzo dei sistemi con codice a barre e lettore ottico, interfacciati a database e software gestionali specifici, ha consentito in passato di velocizzare la registrazione dei dati dei flussi dei prodotti e di ridurre le percentuali di errore umano. I limiti principali del codice a barre sono, tuttavia, la sua necessità di essere “letto”, circostanza che impone il contatto visivo tra lo scanner e l’etichetta -contatto non sempre facile a causa, spesso, delle dimensioni e della forma dell’imballo del prodotto- nonché il rapporto “uno-a-uno” tra etichetta e scanner, che è in grado di registrare solo un codice alla volta. Per superare queste limitazioni e per velocizzare l’operatività dei processi, sono stati sono introdotti sistemi in cui il “codice” del prodotto è trasmesso via radio a ricevitori più o meno remoti. Questi sistemi hanno assunto il nome di Rfid, cioè di Radio Frequency Identification. Una rivoluzione che viene da lontano Benché la loro introduzione in ambito industriale sia relativamente recente, i primi dispositivi Rfid risalgono a oltre sessant’anni fa. Furono, infatti, sviluppati durante la Seconda Guerra mondiale per distinguere i propri mezzi, soprattutto gli aerei, da quelli dei nemici. Con l’aumentare del potenziale distruttivo delle armi, in grado di colpire oltre l’orizzonte visivo o di notte, l’identificazione ottica del bersaglio diventava non di rado impossibile e aumentava quindi il rischio di “fuoco amico”. Per risolvere il problema si installarono a bordo dei velivoli i cosiddetti trasponder IFF -Identification Friend or Foe- identificazione di amico o nemico, che interrogati dai radar o da altri apparati radio, permettevano di riconoscere a distanza se chi si stava avvicinando costituiva o meno una minaccia. Come spesso accade, queste tecnologie sono con il tempo migrate in campo civile: è degli anni ‘60 la commercializzazione dei primi sistemi EAS -Electronic Article Surveillance- per il controllo dei furti nei supermercati. All’epoca, le etichette radio consentivano l’invio soltanto di un singolo bit che contrassegnava “la presenza o l’assenza” di un prodotto ed erano ingombranti e costose. L’inizio delle applicazioni su scala di massa risale agli anni ‘90 e un esempio ben noto e molto diffuso è il Telepass autostradale. Tuttavia è solo negli ultimi anni, grazie alla miniaturizzazione delle etichette Rfid e al drastico calo dei costi, che la tecnologia Rfid è stata applicata in numerosi e molteplici ambiti. Grazie alle loro dimensioni di poche decine di millimetri, al peso di qualche grammo, e al costo di po-

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chi centesimi di euro, le etichette Rfid si prestano ora ad essere utilizzate praticamente in qualsiasi tipo di prodotto o processo. L’architettura di un sistema Rfid I due elementi base di un sistema Rfid sono il reader (o lettore) e il transponder (detto anche etichetta o tag). Il reader è il componente elettronico che è in grado di interrogare il trasponder, di recuperare e decifrare i dati contenuti nel suo interno, di interfacciarsi con il si-

Rfid: il Grande Fratello? La diffusione della tecnologia Rfid per il controllo e l’identificazione delle persone determina la nascita di problematiche di nuovo genere. Risalgono ormai a più di un anno fa i primi contenziosi di carattere sindacale al riguardo. Vi era, infatti, il timore che, nelle aziende dove al posto dei classici badge con chip a lettura elettromagnetica erano stati adottati badge Rfid, si potesse controllare non solo l’accesso e l’uscita dei dipendenti, ma anche i loro spostamenti interni, tra un ufficio o un reparto e l’altro, e monitorare il numero e la durata delle pause. In prospettiva, tuttavia, vi sono aspetti potenzialmente ancora più rilevanti, che investono la privacy dell’individuo in ogni momento della sua vita. È noto, infatti, che chip Rfid sono usati per identificare gli animali domestici, in quanto facilmente inseribili sottocute in modo quasi indolore e con elevatissimi livelli di tollerabilità da parte dell’organismo. La stessa cosa è possibile con gli esseri umani. In ambito sanitario: ad esempio, è in corso di sperimentazione l’inoculazione sottocute di micro-tag Rfid a pazienti particolarmente a rischio, come i diabetici o epilettici, o a malati incapaci di fornire informazioni su se stessi, come gli affetti da morbo di Alzheimer o da altre malattie neurodegenerative e psichiatriche. Nei casi citati le finalità sono quelle di fornire, in caso di necessità, un soccorso immediato, tuttavia già si disegnano ipotesi in base alle quali, una volta comprovatane la fattibilità tecnica, ciascuno sarebbe dotato di proprio tag sottocutaneo, come elemento identificativo in sostituzione di documenti di identità, carte di credito e bancomat. Una scenario quanto meno inquietante, che renderebbe ogni individuo identificabile e tracciabile a sua insaputa, in ogni istante della sua vita, dalla nascita alla morte. E che ha sollevato un dibattito vivace sull’intrusione delle nuove tecnologie nella sfera inviolabile della privacy della persona.

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Il valore del mercato Rfid in Italia (in milioni di €)

stema informativo -computer o controller industriale- e di risolvere la collisione tra i messaggi di risposta, che si verifica quando molte etichette rispondono in maniera simultanea alla stessa interrogazione. Il trasponder si compone di un’unità di controllo -che è costituita da un vero e proprio computer dedicato all’elaborazione dei dati- e da una o più antenne, che rappresentano le interfacce fisiche tra l’unità di controllo e le etichette. Le etichette possono essere a “tecnologia attiva” o a “tecnologia passiva”. Le prime sono dotate di batteria, e quindi in grado di trasmettere un segnale in modo autonomo, mentre le seconde utilizzano trasponder privi di batteria, alimentati dal campo elettromagnetico esterno generato dal reader. Vi è poi una terza tipologia intermedia, denominata “semiattiva”, nella quale è alimentato solo il sensore, mentre l’interrogazione e la risposta rimangono passive.

La ripartizione dei progetti Rfid 2006 tra le soluzioni (in milioni di €)

Fonte: Osservatori del Politecnico di Milano

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Fonte: Osservatori del Politecnico di Milano

Le etichette attive e passive Trasponder attivi e passivi presentano vantaggi e svantaggi specifici: i trasponder attivi hanno un raggio di azione superiore rispetto a quelli passivi e sono in grado di essere interrogati simultaneamente in numero elevato (oltre 100 per volta), mentre i passivi sono meno costosi e hanno dimensioni più ridotte, a fronte, tuttavia, di un minor raggio di azione e di una più limitata capacità di risposta simultanea (30-40 al massimo). Le due tecnologie hanno ambiti applicativi differenti e non sono sostitutive. Le etichette (tag) passive sono utilizzate prevalentemente nell’ambito dei processi industriali: resistenti alle sollecitazioni e alle variazioni di temperatura (-40C, +85C), i tag passivi possono essere applicati a molteplici oggetti, dal capo d’abbigliamento al pallet, dal container al badge individuale per monitorare, ad esempio, gli accessi dei lavoratori in azienda. I tag passivi hanno al loro interno, generalmente, un chip che contiene le informazioni relative al prodotto e (talvolta) alla sua movimentazione. È prevista, però, nei prossimi anni, un’importante crescita nell’utilizzo di tag senza chip, che presentano caratteristiche di maggiore econo-


La ripartizione del mercato Rfid (progetti 2006) tra i settori (in milioni di €) micità e robustezza. Uno studio condotto da Research and Markets evidenzia, infatti, che nei prossimi dieci anni le label senza chip potrebbero diventare protagoniste del mercato: su quasi 2,5 miliardi di tag venduti nel mondo nel 2006, solo 100 milioni erano senza chip, ma si stima che nel 2016, la quota di mercato dei tag senza chip si aggirerà intorno al 45%. Il mercato del Rfid in Italia Il rapporto presentato a giugno dalla School of Management del Politecnico di Milano regista una dinamica positiva delle applicazioni Rfid nel nostro Paese, ma non ancora l’atteso “decollo” del mercato. Pur rilevando, infatti, una crescita del 100% nel numero dei progetti implementati o in fase avanzata di studio, passati dai 420 del 2005 agli oltre 830 del 2006, il rapporto stima in soli 110 milioni euro (+ 47% rispetto ai 75 milioni di euro del 2005) il valore del mercato complessivo (hardware, software e servizi erogati). Il rapporto eviFonte: Osservatori del Politecnico di Milano denzia, infatti, che le aziende destinano a questa tecnologia investimenti di piccole o piccolissime dimensioni: il 70% dei progetti, non suquesta tecnologia non sia ancora in grado di generare pera i 50mila euro di spesa e nel corso del 2006 sono reale valore per il business. Il rapporto della School of stati avviate solo pochissime iniziative di dimensione Management del Politecnico di Milano dimostra, invesignificativa, concentrate soprattutto nel trasporto perce, come in molti casi concreti si siano ottenuti interessone e nella Pubblica Amministrazione. Prendendo insanti ritorni di efficienza ed efficacia in ambiti applicativi vece in considerazione le applicazioni dei sistemi Rfid, diversificati: dalla composizione dei convogli ferroviari oltre i due terzi sono concentrate in tre ambiti: trasporalla manifattura di beni di alto valore, dalle biblioteche to persone (30%), pubblica amministrazione (24%), alla filiera del largo consumo, dalla gestione delle attivieducation (14%). Guardando alla funzione d’uso, le tà portuali all’archiviazione dei reperti nei musei. applicazioni più frequenti sono il ticketing (pagamenUn secondo preconcetto era legato alla scarsa affiti) con il 30% e l’identificazione/autenticazione (27%). dabilità delle tecnologie Rfid, che invece -sostiene il Il rapporto dell’Osservatorio del Politecnico di Milano rapporto- stanno dimostrando sul campo un costante indaga infine, sulle ragioni di questo ritardo, arrivando progresso tecnico che produce, in parallelo con la proa concludere che è da ricercarsi nell’ancora immatura gressiva riduzione dei costi, un continuo miglioramenconoscenza della tecnologia e dei suoi vantaggi, nelto delle prestazioni di lettura dei tag, anche in contesti l’incapacità diffusa di applicarla ai processi organizzadifficili. tivi e soprattutto nella difficoltà di ridisegnare i processi Un ultimo ostacolo, infine, è stato rimosso nei megestionali. si scorsi con la disponibilità delle frequenze Uhf. Il 25 maggio 2007, infatti, a sei mesi dalla pubblicazione sulI vantaggi dell’adozione della tecnologia Rfid la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea della direttiI risultati conseguiti dai progetti realizzati con tecnolova che definisce l’impiego delle frequenze Uhf, anche gia Rfid hanno sfatato alcuni preconcetti ancora diffusi, l’Italia ha recepito la normativa: senza eccezioni per le che hanno rappresentato, negli anni scorsi, altrettanti applicazioni indoor, mentre ha richiesto una deroga di ostacoli al suo sviluppo. In primo luogo l’opinione che 24 mesi per le applicazioni outdoor.

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L’era della convergenza multimediale Grazie alla rivoluzione digitale, la convergenza dei mezzi è ormai compiuta: il paper diventa e-paper, il telefonino tivufonino, l’iPod scarica non solo musica, ma anche immagini e video, e tutto si può comodamente connettere al wifi di casa 3

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Foto: © Krista Kennell/ZUMA/Corbis

La convergenza dei media è, spesso, definita come il processo che i diversi mezzi di comunicazione -tv, radio, telefonia fissa e mobile, computer- compiono l’uno verso l’altro con il comune obiettivo di fornire informazioni disponibili attraverso molteplici accessi. L’evoluzione tecnologica che ha caratterizzato gli ultimi anni ha, infatti, modificato profondamente le modalità di trasmissione dei messaggi. Oggi informazioni di tipo e fonte diversa possono essere tradotte in uno stesso codice di base. L’universo della comunicazione è riportato in numeri, in bit. Dalla convergenza di codifica alla convergenza tecnologica il salto è breve. Nel momento in cui i computer sono in grado di gestire grandi quantità di informazioni in formato digitale, tutti i media possono abbandonare le tecnologie che li distinguono per confluire verso un unico punto. Ecco, allora, che a fianco di strumenti basati su diverse tecnologie -radio, televisione, telefono, macchina da presa e così via- compaiono altri strumenti, differenti per funzione e interfaccia, ma dotati di uno stesso fulcro: il microchip. Internet motore della convergenza La convergenza dei sistemi di lettura dei messaggi ha portato mercati tradizionalmente diversi come l’editoria, il cinema, la televisione e la telefonia ad integrarsi. Oggi si può affermare che la convergenza dei media si è finalmente compiuta. La digitalizzazione delle reti e dei suoi contenuti consente di far convergere i singoli media sulla stessa piattaforma (convergenza digitale), e di portare uno stesso contenuto su piattaforme o media differenti (convergenza multimediale). È quindi possibile vedere un telegiornale sul telefonino, cercare una strada sul palmare, o usare il computer per telefonare. Ma è internet il vero motore della “rimediazione”, di quel processo cioè che porta un medium a veicolarne un altro. Internet assomma e riunisce tutti i media preesistenti: quotidiani, tv, telefoni, radio, e lo fa attraverso i computer e il protocollo IP/TCP. Ma internet non viaggia più solo sullo schermo del computer di casa o dell’ufficio. Ogni terminale si è trasformato in computer, con chip e software di nuova generazione o con l’aiuto di un set top box che funziona da decoder del segnale digitale. Va, tuttavia, osservato che le vecchie piattaforme, lungi dall’estinguersi, si evolvono: la tv diventa digitale, ad alta definizione, interattiva, i telefoni di terza generazione, always on, veicolano servizi prima impensabili, e le reti a banda larga portano dentro casa film, concerti, servizi sempre nuovi. Muta profondamente il rapporto delle persone con i media tradizionali e si sviluppano nuove forme di fruizione, indipendenti

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dai limiti spazio-temporali del passato. La convergenza consente di integrare informazioni e servizi, di farlo a maggiore velocità, in maniera bi-direzionale e interattiva. E ancora, la convergenza genera nuove forme di comunicazione: in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo, da ogni terminale purché digitale e connesso. Il limite della banda larga Questo nuovo modo di fruizione dei contenuti rispecchia a sua volta un cambiamento generale intervenuto nella società, anche se il limite della convergenza risiede nelle infrastrutture di rete. Oggi la convergenza digitale e multimediale si gioca fortemente sull’ultima frontiera, ovvero sulla connettività domestica -27 milioni di connessioni in Italia, tra narrow e broadband- oltre che sugli standard e sui formati, per i quali le imprese e i consumatori hanno la necessità di definire regole condivise. La banda larga è ancora oggi il punto debole del nostro Paese che occupa, nell’ultimo rapporto OCSE, solo il 20esimo posto per penetrazione rispetto agli altri paesi industrializzati. Portare la banda larga ovunque non è solo una necessità per combattere il digital divide -offrendo ai cittadini l’opportunità di usare i servizi di e-government evoluti e accedere a nuove forme di intrattenimento o di formazione come l’e-learning, o di assistenza e di commercio come l’e-health e l’e-commerce- ma è una necessità industriale. Serve a far decollare “il sistema paese” che oggi è chiamato a competere sui servizi ad alto valore aggiunto. Dall’iPod all’e-paper Simboli della convergenza digitale sono l’iPod e l’epaper. Mentre il primo iPod della Apple del 2001 era in grado di scaricare solo brani musicali, le versioni più recenti consentono di abbinare alle canzoni anche la vi-

Tutti pazzi per l’iPod Secondo una ricerca di NPD Group, l’iPod ha raggiunto, negli Stati Uniti, il 92% della quota di mercato dei lettori musicali basati su hard disk. Nel solo 2004 Apple aveva dichiarato 8.2 milioni di iPod venduti. Nel 2005 con l’iPod shuffle, Apple aveva raggiunto il 50% del mercato dei lettori digitali basati su memorie flash. L’iPod detiene, inoltre, il primato nel settore dei lettori di musica digitale, rappresentando il 75% del mercato. È il lettore MP3 più venduto e famoso al mondo e il 9 marzo 2007 Apple ha annunciato di averne venduti oltre 100 milioni di unità.

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Foto: © Corbis

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sualizzazione di foto e la riproduzione di video. Oggi da iTunes è, infatti, possibile scaricare non soltanto musica, ma anche podcast video e gli episodi di molte fiction americane. Quanto all’e-paper, l’annuncio è arrivato da Hearst, uno dei più grandi e storici editori americani: entro i prossimi due anni lancerà una versione di prova del quotidiano Seattle Post Intelligencer in formato elettronico. L’e-paper consiste in uno schermo portabile a cristalli liquidi, sempre collegato al web, che aggiorna continuamente le pagine del quotidiano. Può essere sfogliato semplicemente sfiorando un pulsante posto ai margini della pagina. Lo schermo dell’e-paper, è in formato A3, dello spessore di una carta di credito e può anche essere arrotolato su se stesso, in modo da essere comodamente riposto in borsa come un comune quotidiano. La tecnologia che permette al giornale elettronico di aggiornare costantemente le notizie è stata messa a punto da E Ink, un’azienda fondata da alcuni studenti del Massachussets Institute of Technology. In Italia è stato il Gruppo Espresso a fare i primi esperimenti di giornale elettronico. Nell’aprile del 2006 aveva, infatti, raggiunto un accordo con iRex Technologies per realizzare il primo giornale mobile basato su inchiostro elettronico. L’intesa riguardava Repubblica. Si sarebbe effettuato, nei mesi successivi, un test coinvolgendo un primo campione di 300 lettori che avrebbero ricevuto il giornale e una serie di successivi aggiornamenti su uno speciale dispositivo chiamato “electronic reader”, iLiad. Alla base del dispositivo wireless fornito da iRex vi era un’innovativa soluzione

I vantaggi della convergenza multimediale

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Maggiore velocità nei tempi di informazione.

Maggiore rapidità nel reperire e diffondere contenuti.

Riduzione dei costi di produzione e diffusione dell’informazione.

Possibilità di usufruire di informazioni più complete, fatte di immagini in movimento, testi, supporti sonori.

Possibilità, per l’utente, di essere raggiunto in qualsiasi momento dall’informazione

\ Tendenze e nuovi mercati

di carta elettronica visualizzabile su uno schermo attraverso semplici comandi manuali o al tocco di uno stilo. Il cliente diventa provider Il presente e il futuro dell’informazione sono, quindi, caratterizzati da strumenti di comunicazione in continuo sviluppo. Strumenti che non comunicano solo all’esterno, ma anche all’interno, incrociando le informazioni già memorizzate con quelle nuove in arrivo. Mezzi multimediali, che si tengono in costante contatto per fornire una comunicazione tempestiva, aggiornata e multimediale -testi, immagini, filmati e supporti sonori- ma anche la possibilità per gli utenti di interagire, diventando essi stessi provider, creatori di contenuti, attraverso blog, forum, chat, newsgroup, e-mail, e soprattutto i grandi contenitori “open” di filmati e fotografie, come YouTube e Flickr. Il passo successivo, in parte già in atto, è l’integrazione delle informazioni fornite dai grandi fornitori di contenuti multimediali con quelle messe in rete dal singolo utilizzatore. Ciò è reso possibile dai “widgets”, cioè da applicativi software posti a disposizione gratuitamente che facilitano l’integrazione, mettendola alla portata di tutti. Ecco, allora, che, ad esempio, il diario fotografico di viaggio di un qualunque turista si arricchisce delle funzionalità di Google Maps. Oppure i filmati in tempo reale di una rete all-news scorrono nel riquadro di una newsletter, al posto di una statica fotografia.


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\ Tendenze e nuovi mercati

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C’è mozzarella e mozzarella…

\ Storie di Successo

Un primato conseguito grazie a due punti di forza: la qualità del prodotto e la celerità delle vendite al consumatore. È questo il biglietto da visita di un’azienda che affonda le proprie radici nella tradizione regionale italiana

L’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle

Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineBianche carta: inserzioni nei volumi delle zone ove sono ubicati i punti vendita • SEAT PagineBianche e PagineGialle online: presenza nei motori di ricerca • SEAT Pronto PagineGialle: reperibilità nelle principali aree • Attività ed eventi sul territorio: tra cui un pullman per assaggi e vendita del prodotto • Partecipazione a fiere di settore: Fiera del Levante ed altre manifestazioni • Gadgettistica: ai clienti in occasione del Natale ed altre festività • Media classici: quotidiani e radio locali a supporto dell’apertura dei nuovi punti vendita • Punti vendita: contribuiscono alla brand awarness del marchio aziendale

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\ Storie di Successo

La mozzarella di bufala campana è un prodotto a denominazione d’origine protetta ed il Caseificio La Contadina è uno dei circa 140 caseifici iscritti al consorzio di tutela e, pertanto, soggetti ad una rigida normativa europea. “Per capire le specificità della nostra attività è indispensabile una premessa per illustrare cosa si intende per mozzarella di bufala campana” spiega Sergio Carrozza, direttore marketing dell’azienda. “Questa mozzarella, infatti, può essere prodotta con soli due diversi procedimenti. Il primo è quello “a latte crudo”, nel quale il latte è riscaldato fino a 42 gradi. Il secondo prevede che il latte sia pastorizzato ad una temperatura di 70 gradi”. Per le vendite alla grande distribuzione organizzata, è necessario optare per il secondo metodo, in quanto il prodotto può essere conservato per diversi giorni in frigorifero. La mozzarella di bufala campana prodotta a latte crudo, al contrario, dura al massimo sei giorni e, per esaltarne le caratteristiche organolettiche, deve essere conservata in un luogo fresco, ad una temperatura di circa 20 gradi. Il Caseificio La Contadina segue scrupolosamente la lavorazione a latte crudo. Il successo dell’azienda è dovuto, in gran parte, alle capacità gestionali di Alessandro Di Masi, figlio unico del fondatore ed attuale Amministratore Delegato, che gestisce l’azienda con criteri di eccellenza, in particolare per quanto riguarda la qualità del prodotto, che deve essere frutto di proce-


dure artigianali, e la celerità delle vendite al consumatore finale. “La difficoltà maggiore è quella di mantenere una qualità costante, in quanto la materia prima è soggetta a potenziali variazioni. Oggi riceviamo il latte da 27 allevamenti, di cui uno di nostra proprietà, tutti ubicati nella piana del Sele. Affinché il prodotto possa essere contraddistinto con il marchio di denominazione d’origine protetta devono essere rispettate tre condizioni: gli allevamenti devono risiedere nella zona Dop -costituita dalle province di Salerno e Caserta e da alcuni comuni delle province di Frosinone, Latina, Roma e Foggia- il latte deve essere trasformato entro 15 ore della mungitura e la lavorazione deve avere luogo in caseifici ubicati nella zona Dop. Selezioniamo anche gli allevamenti che praticano la cosiddetta destagionalizzazione dei parti. Le bufale, infatti, sono animali senza ghiandole sudoripare e partoriscono durante l’inverno, periodo durante il quale la domanda di mozzarella è minore. Grazie al costante intervento di un veterinario con la destagionalizzazione è possibile disporre di una maggiore quantità di latte nei mesi caldi dell’anno, quando è superiore la richiesta di mozzarella. Ma non solo, gli animali sono nutriti con diete bilanciate, tali da garantire la migliore qualità del latte”. Altro elemento basilare è la bravura del casaro, che custodisce gelosamente le proprie conoscenze ed è responsabile di tutto il processo di trasformazione. Il latte è riscaldato in recipienti da 4 quintali, mentre i grandi caseifici industriali utilizzano contenitori da 70-80 quintali. Raggiunti i 27 gradi, è aggiunto il siero innesto e a 42 gradi il caglio. La cagliata viene poi “rotta” con lo “spino”: mentre la parte

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Dal produttore al consumatore Il Caseificio La Contadina nasce 25 anni fa quando il proprietario ed attuale Presidente Alfonso Di Masi, allevatore di bufale, si trovò ad affrontare un momento particolarmente difficile a causa della contrazione nella domanda di latte e della riduzione di 100 lire sul prezzo del prodotto. In questa situazione, Alfonso Di Masi decise di iniziare a trasformare direttamente il latte che ricavava dalle proprie bufale. Costituì una società la cui prima produzione fu pari a 32 chili di mozzarella. Oggi l’azienda è in grado di raggiungere anche picchi di 7 mila chilogrammi di prodotto al giorno. E nonostante ciò, il prodotto segue ancora un iter artigianale che costituisce la vera forza dell’azienda. Inizialmente la distribuzione delle mozzarelle avveniva a domicilio e, solo in un secondo momento, anche presso i negozi della zona. La seconda grande intuizione di Alfonso Di Masi, tredici anni fa, fu quella di aprire un punto vendita a marchio proprio. Oggi il fatturato dei punti vendita dell’azienda è costituito per il 70% da mozzarella e il restante 30% da altri formaggi, oltre al burro e alla ricotta di bufala. L’azienda attualmente vanta una rete di 34 punti vendita di cui 15 di proprietà e 19 in franchising. L’esistenza dei punti vendita è anche garanzia di freschezza e qualità del prodotto. Tutti i negozi, infatti, sono riforniti costantemente ed il prodotto invenduto è ceduto alle pizzerie. La presenza sul territorio nazionale è a macchia di leopardo: due punti vendita a Milano ed altri due in apertura, uno in provincia di Genova, due a Verona, uno a Rubiera in provincia di Reggio Emilia ed un altro in apertura nel capoluogo, tre a Roma, cinque in Puglia, a cui se ne aggiungeranno due a Taranto e Brindisi. I rimanenti negozi sono in Campania: uno ad Avellino, dieci a Salerno e dintorni, due in provincia di Napoli. L’obiettivo è di arrivare a 40 punti vendita entro fine anno. “Un discorso a parte meritano i negozi di Rubiera e di Reggio Emilia, le cui sedi sono rispettivamente presso un cinema multisala e all’interno di un centro commerciale. Questi punti vendita sono integrati con delle “mozzarellerie”, un neologismo che abbiamo coniato per indicare una sorta di mini ristorante dove sono serviti piatti a base di mozzarella. L’idea è nata lo scorso anno grazie alla posizione strategica di questi negozi. Abbiamo anche realizzato un questionario per chiedere ai nostri clienti quali cibi avrebbero gradito in accompagnamento alla mozzarella: i risultati ci hanno indicato il prosciutto crudo e il pane cotto a legna”. In aggiunta alla rete di vendita diretta, circa il 40% di prodotto è distribuito tramite grossisti che lo rivendono a ristoranti o a supermercati, soprattutto in Campania, in Puglia e a Roma. Caseificio La Contadina Via Falagato, 2 84023 Carillia di Altavilla Silentina (Sa) tel: 0828 987178 fax. 0828 987398 email: info@lacontadina.it www.contadina.it

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I punti di forza liquida è aspirata per essere poi cotta nuovamente e trasformata in ricotta, la parte solida che si depone sul fondo del recipiente è sminuzzata e filata con acqua bollente per mezzo di un bastone ed un coccio. Infine la pasta, quando ha raggiunto l’elasticità necessaria, è inserita nell’unica macchina usata durante l’intero procedimento: la pezzatrice che la taglia in pezzi della medesima dimensione. È dal processo della “mozzatura”, che è tradizionalmente eseguito a mano da due persone, che trae origine il nome del prodotto: la mozzarella. Il prodotto è prima immerso in acqua fredda per poi essere imbustato con il liquido di governo, quest’ultimo ottenuto dall’acqua usata per la filatura alla quale è aggiunto del sale e dell’altra acqua bollita. Infine, i sacchetti contenenti i prodotti sono annodati e contrassegnati con il piombo che ne certifica la garanzia. “Per garantire la celerità delle vendite, è stata strategica l’apertura di punti di vendita a marchio, nei quali il consumatore ha la certezza di acquistare un prodotto sempre freschissimo. Poiché il latte è munto due volte al giorno, noi effettuiamo due turni di lavorazione. Le consegne ai negozi delle regioni del Sud avvengono alle 8 e alle 12, mentre nel Nord Italia il prodotto è recapitato quotidianamente, anche nel caso in cui il trasporto

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I punti di forza dell’azienda sono la qualità del prodotto e la sua distribuzione. Il prodotto è realizzato con procedure artigianali e materie prime selezionate, mentre la distribuzione è supportata dalla presenza di numerosi punti di vendita a marchio, che sono quotidianamente riforniti e che offrono al consumatore fi nale l’assoluta garanzia di freschezza del prodotto non è a pieno carico”. La breve vita del prodotto non ne permette la distribuzione all’estero dove sarebbe eccessivamente penalizzato per il prezzo, essendo indispensabile, per conservarne la freschezza, trasportarlo per via aerea. Diverso è, invece, il mercato americano. “Abbiamo un importatore a New York che vende la nostra mozzarella nei migliori ristoranti, come Cipriani ed Harris. Per il momento, però, siamo più interessati a crescere nel mercato nazionale, attraverso l’apertura di punti vendita a marchio, di proprietà ed affiliati”. Il target a cui l’azienda si rivolge è costituito da persone che riconoscono ed apprezzano la qualità. Negli anni, infatti, il mercato è cresciuto ed è diventato più competitivo. “Non subiamo la concorrenza del prodotto che raggiunge il consumatore attraverso la grande distribuzione, perché ci rivolgiamo a target differenti. Diverso, invece, il caso delle aziende che producono mozzarella di bufala campana a latte crudo: alcune hanno seguito il nostro esempio ed hanno a loro volta aperto punti vendita. Ma noi siamo gli unici ad avere una presenza così rilevante sul territorio ed a contare su tanti negozi a marchio”. Forte della qualità del prodotto, il Caseificio La Contadina pubblicizza il proprio marchio con diverse attivi-

tà promozionali e con la presenza a manifestazioni che raccolgono un elevato flusso di persone. È il caso della Fiera del Levante a Bari, dove, in dieci giorni sono stati effettuati oltre ventimila assaggi gratuiti. “Questo è il modo migliore per farci apprezzare. In passato abbiamo investito anche in pubblicità, pianificando uno spot sulle reti Rai e su Canale 5, ma recentemente abbiamo scelto di sviluppare iniziative sul territorio, più adatte per comunicare un marchio, come il nostro, la cui distribuzione non è uniforme”. I media usati sono i quotidiani e le radio locali, in particolare in occasione dell’apertura di nuovi punti di vendita. “Siamo, invece, da sempre presenti su SEAT PagineBianche carta e on-line, dove pianifichiamo spazi con grande visibilità sui volumi relativi alle città in cui sono ubicati i nostri negozi. Inoltre, in alcune occasioni come il Natale, distribuiamo alla clientela gadget simpatici oltre che utili, come il ricettario che abbiamo realizzato con la De Agostini. Per potenziare le attività sul territorio, stiamo allestendo, su progetto di un nostro architetto, un pullman dotato di due banchi per la distribuzione di assaggi e per la vendita, personalizzato con il nostro marchio”. A tutto ciò si aggiungono i punti vendita, progettati con estrema cura da un punto di vista estetico e gestiti da personale formato per comunicare la qualità superiore del marchio, oltre a trasmettere la percezione di igiene, professionalità e cordialità.


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Non temiamo le altezze

\ Storie di Successo

Servizi efficienti, soluzioni tecniche innovative, assistenza tempestiva, consulenza professionale e formazione: tutto ciò è sintetizzato dal motto “Work becomes easy”. È questa la filosofia che anima CTE, leader nella produzione e commercializzazione di macchine per il sollevamento di materiali e di persone

Inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle

Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineGialle Lavoro e SEAT PagineBianche: presenza nelle aree nelle quali sono ubicate le sedi • SEAT PagineGialle on line: presenza nella categoria “Piattaforme e scale aeree” • Europages: presenza nella categoria “Piattaforme elevatrici” • Eventi, meeting ed attività sul territorio: in particolare in occasione del lancio di nuovi prodotti • Partecipazione a fiere del settore: tra cui il Bauma di Monaco e il SAIE di Bologna • Direct marketing: invio di folder e di un magazine aziendale ad una mailing list di clienti • Stampa: annunci su mezzi di settore • Sito internet: per comunicare le informazioni sui prodotti e le loro applicazioni

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CTE è uno dei più grandi gruppi europei nel campo del sollevamento e della movimentazione dei materiali e delle persone, con una presenza commerciale che dallo scorso anno abbraccia tutti i cinque continenti. Tra i marchi che sono prodotti e distribuiti dall’azienda compaiono Effer, gru articolate da camion, e Bizzochi, piattaforme di lavoro aereo telescopiche - due marchi di livello internazionale che vantano una storia lunga oltre 40 anni- a cui si aggiunge Sequani, piattaforme aeree articolate. Inoltre, grazie ad un accordo con il produttore statunitense, CTE distribuisce in esclusiva in Italia e nei paesi della ex Jugoslavia, le piattaforme aeree semoventi Genie. “La nostra azienda svolge attività di vendita e di locazione a medio e lungo termine, prevalentemente per i noleggiatori” afferma Lorenzo Cipriani, Presidente di CTE. “Tra le altre diverse tipologie di clienti annoveriamo le grandi imprese, i piccoli imprenditori, i lattonieri, i pittori, le aziende elettriche, e molte altre. Non ci rivolgiamo, invece, agli utilizzatori finali delle nostre attrez-


zature. I prodotti con maggior valore strategico per l’azienda e che rappresentano la parte più consistente del nostro giro d’affari sono le piattaforme di lavoro aeree, sia in versione autocarrata sia semovente”. La gamma di prodotti di CTE è molto ampia e le soluzioni offerte sono diversificate per altezza, dimensioni e capacità di carico. Vi sono macchinari adatti ad utilizzi in spazi stretti ed altri per ampi cantieri, piattaforme che si elevano di pochi metri ed altre che arrivano a toccare i 60 metri. La diversità dei modelli permette a CTE di fornire ai clienti un servizio molto personalizzato. “Siamo in grado di offrire ai clienti che hanno necessità particolari tutte le soluzioni tecniche e commerciali che consentono di decidere se acquistare o restituire la macchina”. Una parte importante dell’attività dell’azienda è legata alle attività di service. “L’attenzione al post vendita è un aspetto molto importante per la nostra organizzazione, in particolare per la manutenzione delle nostre macchine la cui vita è molto lunga”. Il primo aspetto in cui si concretizza la qualità dei servizi di CTE è la formazione dei clienti. L’azienda dispone, infatti, di un proprio centro di formazione ove i clienti possono apprendere come usare al meglio i macchinari e sono fornite le direttive utili per lavorare in sicurezza. Gli interventi in quota, infatti, pur non essendo rischiosi come in passato, restano comunque potenzialmente pericolosi e necessitano di grande attenzione. In aggiunta, l’azienda organizza

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Dal noleggio alla vendita Le origini di CTE risalgono al 1981 quando, in seguito ad un incontro tra il titolare Lorenzo Cipriani ed alcuni dipendenti della CGT Caterpillar, dealer di una ditta americana di piattaforme aeree, nacque l’idea di fondare una società di noleggio di piattaforme aeree e di elevatori per i traslochi e l’edilizia. A quei tempi le piattaforme aeree erano pressoché sconosciute in Italia, e quindi CTE svolse un ruolo di pioniere nell’introduzione di questo nuovo prodotto sul mercato nazionale. Dopo pochi anni, al noleggio si affiancò anche l’attività di vendita del prodotto. “L’evoluzione dell’azienda è stata segnata da alcuni momenti salienti” ricorda Lorenzo Cipriani: “Nel 1984, grazie all’intesa con la tedesca Paus, abbiamo introdotto in Italia un prodotto rivoluzionario, le scale per traslochi. Nel 1986 è stata la volta delle scale componibili Geda, leader mondiale del settore. A metà degli anni ‘80 abbiamo anche stretto un accordo esclusivo per la distribuzione sul territorio italiano delle piattaforme di lavoro aereo semoventi (su ruote), prodotte dall’americana Genie Industries, leader mondiale in questo segmento. Sempre nello stesso periodo abbiamo avviato la costruzione nei nostri stabilimenti di scale per il trasporto aereo e di montacarichi esterni, ad uso dei traslocatori e di quanti hanno la necessità di trasferire materiali in quota. All’inizio degli anni ‘90 siamo entrati anche nel mondo delle piattaforme autocarrate, cioè installate su camion: abbiamo siglato un accordo di partnership con un piccolo produttore di cui poi abbiamo acquisito la maggioranza del pacchetto azionario, divenendo a nostra volta costruttori. Oggi, il nostro stabilimento produce circa 500 macchine all’anno. Nel 1992, l’acquisizione del brevetto Pianoplan ha perfezionato l’offerta di mezzi di movimentazione di carichi pesanti su scale e pianerottoli mentre, nel 1993, è nata Genex: la prima azienda al mondo a produrre scale e ponteggi in fibra di vetro. Oltre che nel mercato italiano, CTE è presente anche su quelli esteri, in particolare in Francia, dove nel 1994 è stata aperta CTE France, e in Spagna, Germania e Gran Bretagna dove sono nate CTE Iberica nel 2001 e CTE Deutschland e CTE UK. Con l’acquisizione del Gruppo Effer Holding, tre anni fa abbiamo ulteriormente allargato la gamma dei nostri prodotti aggiungendo alle piattaforme aeree e alle scale montacarichi anche le gru da camion con lo storico marchio Effer, leader a livello mondiale in questo settore di mercato”. Attualmente l’azienda dispone di 5 stabilimenti: a Rovereto, dove è ubicata la sede principale, sono prodotte le scale montacarichi per traslocatori e lattonieri, lo stabilimento di Rivoli Veronese, dove sono prodotte le piattaforme di lavoro aereo articolate, gli stabilimenti di Bologna e di Taranto ove si producono le gru articolate Effer e, infine, lo stabilimento di Bertinoro, in provincia di Forlì, dove sono prodotte le piattaforme autocarrate telescopiche. “Tra questi 5 stabilimenti e le filiali, ormai contiamo oltre 500 persone che lavorano con noi. Siamo cresciuti molto con l’acquisizione di Effer Holding ed oggi il Gruppo supera i 100 milioni di euro di fatturato a livello di consolidato e i 140 a livello di aggregato”. CTE SpA Viale Caproni, 7 38068 Rovereto (Trento) Tel: 0464 485050 fax. 0464 485099 email. info@ctelift.com www.ctelift.com

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corsi specialistici per il service, insegnando ai meccanici dei clienti come effettuare la manutenzione delle macchine ed è presente con propri meccanici e officine sul territorio nazionale ed internazionale per supportare i clienti in ogni circostanza. Un’altra caratteristica importante che contraddistingue CTE è la continua ricerca di innovazione: il Gruppo, che dispone di un proprio ufficio tecnico, investe circa il 3% del fatturato per sviluppare nuove applicazioni per i propri macchinari in modo da essere preparata a soddisfare tutte le esigenze dei clienti. CTE opera sia in Italia sia in ambito internazionale: il fatturato delle piattaforme aeree è sviluppato per circa il 65% in Italia e per il 35% all’estero, in particolare in Spagna, Francia Inghilterra e Germania, a cui si aggiungono Asia, Cina ed altri paesi emergenti. Nel giro d’affari delle gru da camion prevale nettamente l’estero: il 75% del fatturato è realizzato, infatti, in Nord America, Asia, Australia e nel Nord Europa. Il mercato in cui l’azienda opera è estremamente competitivo: “l’Italia è il primo produttore al mondo di piattaforme aeree autocarrate ed i nostri principali concorrenti sono quasi esclusivamente italiani, ad eccezione di alcune società tedesche e del Nord Europa. Le realtà che operano in questo mercato sono tutte piccole o medio piccole e producono non più di 500 - 1000 macchine all’anno. D’altra parte si tratta di un prodotto molto mira-

to. La specializzazione in questo comparto si deve allo sviluppo nel nostro Paese del mercato delle gru da camion che, pur essendo nato nel Nord Europa, vi ha trovato ampio spazio, tanto che oggi i maggiori produttori del settore sono italiani, per lo più nati tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi degli anni ’60. La stessa Effer, da noi acquisita, è nata in quel periodo ed è divenuta subito leader mondiale. Successivamente è iniziata la pratica di applicare alle gru un cestello per il trasporto in quota anche di una persona. Infine, per una maggiore funzionalità, è stata studiata una macchina ad hoc per il trasporto dell’uomo, la piattaforma aerea”. Per la commercializzazione dei prodotti, CTE si è dotata di una rete di vendita diretta molto capillare, in un’ottica fortemente marketing oriented. A supporto dei propri marchi, l’azienda realizza open day, attività sul territorio e meeting in Italia e all’estero, in particolare in occasione della presentazione di nuovi prodotti. “Partecipiamo a tutte le maggiori fiere del settore sia nazionali sia internazionali, come il Bauma di Monaco di Baviera, la più grande fiera al mondo, e il SAIE di Bologna, dove abbiamo ottenuto un considerevole successo. Pianifichiamo annunci pubblicitari sulle testate di settore ed investiamo sui mezzi di SEAT: PagineGialle Lavoro, PagineBianche, PagineGialle on-line ed Europages. Siamo presenti, in particolare, sui

I punti di forza L’eccellenza dell’azienda è il risultato di molti fattori: l’elevata qualità dei prodotti, l’ampia gamma dell’offerta, l’organizzazione molto articolata ed orientata al cliente, la presenza capillare sul territorio, l’attenzione al post vendita, la professionalità degli operatori ed il costante lavoro di formazione dei clienti

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volumi relativi alle aree ove sono ubicate le nostre sedi. Da quest’anno abbiamo anche iniziato ad investire nell’online”. Completano il piano di comunicazione aziendale le attività di direct marketing, che prevedono l’invio di folder a mailing list di clienti e la spedizione, a dipendenti e clienti, di una rivista interna dedicata alle iniziative del Gruppo e ai suoi prodotti. “Anche il nostro sito sta acquisendo un’importanza crescente: attraverso esso possiamo comunicare al mercato e il nostro cliente può interagire con noi. Per questo motivo è costantemente aggiornato e offre informazioni sui prodotti e le loro applicazioni, i ricambi, i servizi, e le nuove iniziative aziendali”. La comunicazione dell’azienda prende forma dalla sua mission, sintetizzata nello slogan “Work becomes easy”, che rappresenta il motto di CTE sin dalla sua nascita. “Il nostro obiettivo è quello di rendere più sicuro e facile il lavoro di chi opera in altezza. Questa filosofia è fortemente condivisa al nostro interno. Ciò accresce la coesione del nostro team e l’affiatamento tra le persone, a vantaggio dell’azienda e del lavoro di tutti”.


IL PIACERE di sfogliare un volume fresco di stampa, sentirne l’inconfondibile profumo e la consistenza al tatto.

LA RICERCA costante della qualità e la cura dei particolari, volontà e determinazione nel raccogliere sempre nuove sfide.

LA PASSIONE nel nostro lavoro per la vostra soddisfazione.

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Scende il prezzo, sale il servizio

\ Storie di Successo

Gamma di prodotto, convenienza, assistenza, servizio, attenzione delle risorse: è attraverso questi elementi che si concretizza la filosofia di Asta del Mobile, che non si ferma alla vendita di pezzi di arredamento, ma costruisce ambienti di vita. Con un forte orientamento al consumatore

Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineGialle e SEAT PagineBianche carta: inserzioni nei volumi delle aree ove sono ubicati i negozi e cellophanatura di cataloghi nei volumi SEAT • SEAT PagineGialle on line: nella categoria “cucine componibili” • Pronto PagineGialle: per migliorare la reperibilità dei punti vendita • Comunicazione dinamica su bus, tram e metropolitane: per generare traffico sui punti vendita • Affissioni 3x2: nelle vicinanze dei punti vendita e nei bacini circostanti • Emittenti televisive e radio locali: pubblicità e promozione delle offerte e brand awarness, spot televisivi di 15 e 30 secondi • Stampa quotidiana e periodica: promozione delle offerte • Depliantistica: 3 milioni di copie di depliant nelle aree di Genova, Torino, la Riviera di Ponente ed il cuneese • Fiere: presenza alle principali fiere del settore • Sito internet: attrezzato con informazioni sulle offerte, i prodotti, i negozi, i virtual tour e l’azienda

L’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle

Asta del Mobile propone un’ampia gamma di prodotti, molto curati esteticamente ed accattivanti, sempre attuali, a prezzi estremamente concorrenziali. “Generalmente i negozi di mobili che puntano sulla convenienza hanno

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format che prevedono che il consumatore si destreggi da solo” spiega Yvan Mutta, responsabile commerciale dell’azienda, “noi invece forniamo ai clienti una vendita assistita, corredata da una serie di servizi che comprendono la con-

sulenza, la rilevazione delle misure dei locali da arredare, la consegna a domicilio ed il montaggio, le attività di assistenza post vendita. D’altra parte gli italiani preferiscono questo tipo di approccio ai cash and carry”. I clienti apparten-


gono a tutti i target, da coloro che cercano l’offerta più economica a quelli che apprezzano la qualità, fino a coloro che necessitano di un prodotto su misura. “Abbiamo una forte specializzazione sul prodotto artigianale e sulla verniciatura a campione: se un cliente vuole aggiungere un nuovo elemento ad un proprio mobile componibile, può fornirci un esempio e noi siamo in grado di riprodurlo con le stesse caratteristiche”. Per creare una diversificazione tra le linee più economiche e le altre, un anno fa è nata Asta Mercato, un cash and carry che è presente in un’area dedicata all’interno dei punti vendita di Asta del Mobile e che si caratterizza per la veloce rotazione delle offerte che sono promozionate con modalità e canali diversi rispetto a quelli di Asta del Mobile. L’offerta di Asta del Mobile è molto ampia: è possibile acquistare cucine classiche o moderne, dalle più costose prodotte a mano a quelle offerte a condizioni estremamente vantaggiose ma realizzate con componenti e misure standard. Anche gli elettrodomestici sono offerti a condizioni molto vantaggiose scegliendo i marchi standard, proposti dalle case produttrici in funzione della disponibilità del momento. “Un aspetto importante è che nei nostri punti vendita i clienti possono verificare i prezzi dei mobili in quanto è persino indicato il prezzo a metro”. I mobili per la zona giorno presentano un’ampia offerta: le linee moderne oggi rappresentano l’80% delle vendite rispetto al 20% dei mobili di gusto più tradizionale. “Siamo alla costante ricerca di partner industriali in grado di fornirci imbottiti in pelle e in tessuto di qualità e a prezzi contenuti. Dopo aver realizzato ricerche di mercato per individuare la composizione ideale del salotto

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La passione per l’arredamento Asta del Mobile nasce nel 1993 a Cavallermaggiore, in provincia di Cuneo, da una felice intuizione di Yvan Mutta. Inizialmente i mobili erano acquistati dai fallimenti di produttori e di rivenditori, da cui il nome Asta. I valori che guidano le strategie commerciali dell’azienda sin dalla sua origine sono la professionalità, la trasparenza, la disponibilità, l’onestà e la convenienza. Ai suoi inizi Asta del Mobile era specializzata in produzioni in legno di alta qualità e a prezzi contenuti. Nel 1995 fu studiato il logo dell’azienda, ridisegnato nella forma attuale due anni più tardi: il genio della lampada, a sottolineare l’immagine di un’azienda in grado di soddisfare i desideri dei clienti. Nel 1997 con l’ampliamento della sede storica di Cavallermaggiore, l’azienda iniziò ad acquisire una maggiore versatilità, orientandosi verso un’offerta multiprodotto in grado di soddisfare più segmenti di clienti. Contemporaneamente fu inaugurato un nuovo grande magazzino, sede del centro servizi e del controllo qualità. Nello stesso anno sorse anche il punto vendita di Finale Ligure in provincia di Savona, divenuto presto un punto di riferimento per l’intera Liguria. L’esigenza di aumentare la propria presenza commerciale sulla Riviera di Ponente e di espandersi nella vicinissima Costa Azzurra ha portato, nell’estate del 2002, alla nascita del punto vendita di Arma di Taggia, presso Imperia, che si estende su 4mila metri quadri ed è dotato di un amplissimo parcheggio. Nell’ottobre del 2003 il Gruppo decise di entrare nel mercato torinese. Un ritorno, in realtà, se si considerano le origini professionali dei manager storici dell’azienda. La struttura prescelta per questa operazione fu uno storico mobilificio di Vinovo, considerato uno dei punti vendita più prestigiosi durante gli anni ’70, ed ora completamente ristrutturato secondo i canoni dei punti vendita del Gruppo. Dopo un breve periodo, per rafforzare ulteriormente la presenza commerciale nel torinese e per offrire un servizio commerciale più completo alla zona compresa tra il canavese e la Valle d’Aosta, fu aperto un nuovo negozio a Torino. Oggi il gruppo consta di cinque negozi Asta del Mobile e di uno a marchio Asta Mercato ad Arma di Taggia, nato lo scorso anno. Sono inoltre in apertura due nuovi punti vendita a Busalla, vicino a Genova, e ad Asti. L’organico di ogni negozio è composto da un responsabile, una quindicina di addetti alle vendite, due persone alla reception ed un paio di addetti per il cash and carry. A questi si aggiungono una trentina di operatori nel centro servizi, per un totale di oltre 300 addetti.

Asta del Mobile Corso Piemonte, 16 Cavallermaggiore (Cn) tel: 0172 382760 fax: 0172 382754 email: info@astadelmobile.it www.astadelmobile.it

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I punti di forza

preferito dagli italiani, contattiamo i produttori che riteniamo in grado di fornirci I maggiori punti di forza dell’azienda sono il servizio e il prodotto con le specifiche l’assortimento dell’offerta. La capacità di comprendere i bisogni di differenti target, la consulenza, il montaggio, l’assistenza post da noi richieste. In ogni cavendita e le garanzie offerte, unite ad un prodotto di qualità e so, i prezzi vantaggiosi non ad un prezzo vantaggioso, fi delizzano nel tempo la clientela vanno mai a scapito della qualità. Preferiamo, piuttosto, ridurre la scelta in termini di colori, tipologie di tessuti e to intervento in caso di eventuali mo avere un’offerta più ristretta varietà di pellami”. Un’area in creproblemi dopo l’acquisto, come ad ma di prodotti “giusti” piuttosto che scita dell’azienda è quella dei proesempio, il diritto ad avere un divaun’ampia gamma di prodotti poco dotti etnici, sempre più richiesti dai no in prestito in caso di ritardo nella attrattivi”. Per mantenersi in singiovani e, più in generale, scelti consegna di quello ordinato. Asta tonia con i gusti e le esigenze dei come complemento di arredo per del Mobile prevede inoltre che, per consumatori, due persone dell’ufuna casa non convenzionale o per ogni due o tre punti vendita, sorga ficio acquisti sono addette al moun albergo. L’offerta di camerette nella stessa zona un centro servizi nitoraggio delle riviste di settore per i bambini punta sulla funzionadove i dipendenti si occupano deled il titolare dell’azienda è presenlità e sul colore, anche se i consul’assistenza ai clienti e forniscono te di persona in tutte le maggiori matori tendono a contenere le speil supporto tecnico nel post vendifiere di settore. Gli stessi consuse per un arredamento destinato a ta. L’attenzione al cliente prevede matori, infine, che visitano i puncambiare con la crescita dei figli. anche la possibilità di concordare ti vendita forniscono informazioÈ posta grande attenzione ai moagevolazioni nei pagamenti, poni preziose sulle loro aspettative. bili e ai complementi di arredo per sticipi e finanziamenti. Alla cresci“Ponendo al centro della nostra le camere da letto. In ogni punto ta dell’azienda ha contribuito anstrategia il consumatore, diamo vendita è presente una “zona notche la comunicazione: spot di 15 e grande importanza al servizio, te” in cui è possibile trovare ogni ti30 secondi sulle tv private, comua partire dalla qualità del nostro po di materasso, dal tradizionale nicazione dinamica su bus, tram personale. In generale il suppora quello di lattice, cuscini normali e metropolitana, affissioni 3x2 to fornito dal personale o è molto ed anticervicale, reti e doghe clasnelle vicinanze dei punti vendita tecnico, soprattutto all’interno dei siche e motorizzate. Non mancae nei bacini circostanti, radio, anpiccoli negozi, o spersonalizzano, infine, i mobili per ufficio. “Un nunci pubblicitari su grandi quotito come nelle grandi strutture. Nel aspetto importante è che tutti i nodiani come la Stampa e il Secolo nostro caso, oltre a fornire un serstri prodotti sono scelti in funzione XIX, e su giornali locali. A questo vizio professionale, miriamo andelle necessità, economiche ed si aggiunge la distribuzione di cirche a stabilire un rapporto persoestetiche, dei consumatori. Per ca 3 milioni di copie di depliant nelnale con i clienti per fidelizzarli. É questo motivo operiamo un’attenle aree di Genova, Torino, Riviera per questo motivo che preferiamo ta selezione dei fornitori. Preferiadi Ponente ed il cuneese. Imporassumere giovani: provvediamo tante la presenza su SEAT Pagidirettamente alla neGialle carta e on line e su SEAT loro formazione in PagineBianche, sia con inserzioni modo da sviluppadi vario tipo, sia con la cellophanare in loro la capatura di depliant. Il sito internet, inficità di relazionarne, produce risultati in crescita del si con il pubblico”. 20%, con una media di 1000 conUn altro elemento tatti al mese. “Il 90% dei clienti di del servizio offerto, Asta del Mobile risiede in Piemonoltre ai due anni di te e Liguria, ma il restante 10% è garanzia, è il Cercomposto da persone che proventificato di Acquisto gono da tutte le regioni d’Italia”. Protetto che garantisce un pron-

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\ Storie di Successo


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L’energia a portata di mano \ Storie di Successo

Puntualità nelle consegne, professionalità, capacità di prevenire i bisogni e di rispondere alle richieste dei clienti con tempestività. Con questo approccio fortemente orientato al servizio, Publigas si confronta con successo in un mercato dominato dalla competizione sui prezzi dei prodotti

L’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle

Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineGialle carta: nei volumi delle zone dove l’azienda sviluppa il suo maggior giro d’affari • SEAT PagineGialle on line: presente nella categoria “Gas compressi e liquefatti - produzione e ingrosso” • Gadget: calendario aziendale stampato in 40mila copie • Sponsorizzazioni: feste di campagna e sagre e di una squadra giovanile di pallavolo • Passaparola: tra i clienti fidelizzati dal servizio

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\ Storie di Successo

Publigas ha una duplice missione: dopo essersi approvvigionata di gas butano e propano, svolge un’attività di carattere industriale, che consiste nello stockaggio e nella miscelatura dei gas in base alle diverse necessità, e un’attività commerciale, che prevede la distribuzione di Gpl in bombole, tramite camion, o sfuso, per mezzo di autobotti. “Il gas è acquistato prevalentemente all’estero” spiega Giorgio Bisotto, amministratore delegato. “Il propano è importato al 99% dall’Algeria e, in minima parte, dall’Arabia Saudita. Arriva nei depositi italiani dal porto di Marsiglia dove andiamo a ritirarlo con autobotti di grandi dimensioni. Il butano, invece, è acquistato sul mercato interno, dalle raffinerie presenti nel nostro Paese”. L’azienda si avvale, per la commercializzazione dei prodotti, di una rete di ispettori che li cedono ai rivenditori di gas presenti nei paesi e nelle campagne del Nord Est. L’azienda è, infatti, presente in modo capillare nelle zone del Triveneto. Le leve commerciali sono sostanzialmente due: il


prezzo ed il servizio. Per Publigas il servizio costituisce un importante vantaggio competitivo. Non si tratta solo di trasportare il prodotto dallo stabilimento al consumatore: è necessario rispettare i tempi di consegna, essere professionali nel prevenire i bisogni e puntuali nel rispondere alle richieste dei clienti. Ed anche grazie alla capacità di fornire un servizio di qualità che Publigas può competere con successo in un mercato dominato dalla aggressività sui prezzi dei prodotti. Inoltre il servizio fidelizza la clientela. “Fatto cento l’utilizzo di gas negli impianti fissi, i nostri acquirenti sono per il 90% famiglie che usano il Gpl in estate per cucinare e in inverno per riscaldare le proprie abitazioni. Il rimanente 10% del prodotto è venduto ad industrie, allevamenti ed altre attività. Il gas può essere usato anche per far funzionare macchinari ed automobili: circa il 15% del nostro prodotto è, infatti, destinato a questi utilizzi”. Molti consumatori hanno sostituito il tradizionale carburante con i prodotti di Publigas per ragioni di economia ma anche per non incappare nelle restrizioni imposte alla circolazione automobilistica durante le domeniche ecologiche. “Ritengo comunque che per le auto sarebbe più conveniente l’etanolo. Prodotto dalla canna da zucchero e dalla barbabietola, costituisce una fonte di energia non inquinante e rinnovabile. In Italia, però, le sperimentazioni su questo fronte sono ancora piuttosto arretrate. Inoltre la riconversione della produzione all’etanolo richiede investimenti colossali ed anche la sua importazione dal Brasile, che ne è il maggior produttore a livello mondiale, si scontra con un numero esiguo dei distributori presenti sul territorio nazionale”.

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Le Tre Venezie: il bacino di Publigas Publigas nasce 54 anni fa a Trieste. A quell’epoca la raffineria dove era raffinato il petrolio era “in condominio” tra il governo italiano e quello jugoslavo. Il gas che si sprigionava durante la lavorazione, non essendo utilizzato, era bruciato. Prese forma, allora, l’idea di raccoglierlo in bombole. “La nostra attività è iniziata così e progressivamente si è estesa fino a coprire tutte le Tre Venezie” afferma Giorgio Bisotto, “Dopo il primo stabilimento di Trieste, ne abbiamo aperto un secondo a Martellago, in provincia di Venezia. L’attività di imbottigliamento e di vendita delle bombole di gas liquido, con il passare degli anni, si è diversificata con la commercializzazione di serbatoi, collocabili presso villette ed abitazioni che dispongono dello spazio necessario per l’installazione”. In questo caso, i rifornimenti avvengono mediante piccole autobotti dotate di un contatore, che portano il gas agli utilizzatori. La società ha vissuto un ulteriore momento di sviluppo negli anni ‘50, quando le spiagge dell’Adriatico hanno iniziato a popolarsi di turisti, soprattutto tedeschi. In quegli anni si sono affermate località come Jesolo, Bibbione, Caorle e Lignano, ed in parallelo il consumo di Gpl è aumentato, in quanto era usato nelle case affittate ai turisti. Ma anche la particolarità del territorio veneto, dove esistono molte case sparse non raggiunte dal metano, ha fatto crescere il consumo di questa fonte energetica. Inoltre, tra gli utilizzatori di gas liquido vi sono individui che, pur utilizzando il metano, ricorrono alle bombole per cuocere cibi all’aperto o in locali diversi dalla cucina di casa. “Ad oggi, i nostri clienti sono circa 4mila, tra rivenditori e privati. La percentuale di penetrazione delle bombole e dei serbatoi è rispettivamente del 50%, anche se recentemente si è osservata una ripresa della richiesta di bombole dovuta al momento economicamente sfavorevole per le famiglie: i consumatori, infatti, preferiscono frazionare gli acquisti, piuttosto che spendere per l’approvvigionamento di tutto l’anno. Attualmente vendiamo 4500 tonnellate di prodotto all’anno, con un fatturato di circa 8 milioni di euro ed una ventina di impiegati”.

Publigas srl Sede e stabilimento via Castellana, 124 30030 Martellago ( Ve) tel: 041 5400790 fax: 041 5400790 email: publigassrl@inwind.it

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La distribuzione carente è un problema che penalizza anche gli utilizzatori di Gpl: le aree di servizio che desiderano aggiungere ai propri distributori il Gpl, devono, infatti, affrontare lunghi e scoraggianti iter burocratici. “Diversa è la situazione in Francia, dove è sufficiente installare un serbatoio ed una pompa di erogazione. Ad oggi la nostra azienda rifornisce solo pochissimi distributori, quattro o cinque tutti nelle Tre Venezie”. Il mercato in cui opera Publigas è molto competitivo e i concorrenti sono molto agguerriti come, ad esempio, Agip o Liquigas, per citare solo due tra i più noti. Inoltre, gli andamenti risentono fortemente delle condizioni metereologiche. Lo scorso inverno, ad esempio, temperature più alte rispetto alla media stagionale hanno prodotto una consistente riduzione delle vendite. Per questo motivo molte aziende del settore, durante la primavera, lanciano campagne promozionali per ampliare la propria base di clienti. “Noi siamo molto più flessibili delle aziende di grosse dimensioni, soffriamo in misura minore dei problemi organizzativi e logistici ed abbiamo un’agilità che ci consente di rispondere con maggiore rapidità alle esigenze dei clienti”. Il Gpl è molto concorrenziale durante gli inverni rigidi, perché il propano ha un coefficiente calorifico quasi doppio rispetto a quello del metano. Ma purtroppo il gas è una risorsa energetica destinata ad esaurirsi. Inoltre

i giacimenti sono ubicati in aree del mondo particolarmente problematiche. “Abbiamo più volte riscontrato difficoltà di approvvigionamento perché, durante le crisi politiche o militari, le grandi potenze, come la Cina o gli USA tendono ad accaparrarsi tutte le scorte”. Inoltre, oggi, sono allo studio fonti energetiche alternative e rinnovabili, come l’energia eolica e quella di origine vegetale. “Si parla molto di energia ecocompatibile, sebbene spesso alle parole non facciano ancora seguito i fatti. Ad esempio, i pannelli solari, nonostante gli incentivi di Stato, hanno un costo ancora decisamente superiore rispetto al gas e producono una bassa quantità di energia. Per questo motivo il loro utilizzo è ancora molto contenuto. L’unica energia che ad oggi sembra essere una valida alternativa al petrolio è quella eolica. In Germania, ad esempio, è stata adottata in molte zone. In Italia, però,

I punti di forza Rispetto alle aziende di grosse dimensioni, Publigas vanta una maggiore fl essibilità, non soffre di problemi organizzativi e logistici e mantiene un’agilità che le consente di rispondere in modo più rapido e puntuale alle esigenze dei clienti. Un valore strategico differenziale rispetto alla concorrenza è la qualità del servizio prestato ai clienti

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esistono vincoli per la salvaguardia del paesaggio e quindi il ricorso alle centrali eoliche avviene in misura ancora molto limitata. Per il momento, quindi, il nostro settore non avverte la concorrenza delle nuove forme alternative di energia”. Una delle iniziative di comunicazione più rilevanti realizzate da Publigas è la pubblicazione di un calendario stampato in 40mila copie e distribuito a tutte le famiglie che sono in contatto con l’azienda. “Tra i media più importanti vi sono le PagineGialle carta di SEAT. Siamo, infatti, presenti sui volumi delle aree dove realizziamo il nostro maggior giro d’affari. Sono, invece, ancora poco strategici per il nostro settore i mezzi on line, per i quali dovremo aspettare sino a quando i giovani di oggi si troveranno a gestire i propri contesti familiari. In passato abbiamo investito anche sulla stampa locale. Attualmente sponsorizziamo alcune feste di campagna e sagre, oltre ad una squadra giovanile di pallavolo. Una leva da non sottovalutare è, infine, il passaparola. Il nostro principale obiettivo è quello di consolidare le posizioni acquisite, anche perché, allo stato attuale, una presenza più diffusa sul territorio ci creerebbe problemi di tipo logistico ed organizzativo”.


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\ Fare Impresa

Logistica: da comprimaria a protagonista Da attività ausiliaria della produzione per la movimentazione delle merci, oggi la logistica è una funzione strategica per la competitività delle imprese, che si gioca sempre più anche sulla qualità del servizio, la minimizzazione dei costi e la tempestività dell’informazione 5

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Una funzione di coordinamento Il ruolo della logistica si è enormemente ampliato. Fino a dieci/quindici anni fa, infatti, la logistica era

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intesa soprattutto come funzione dedicata alla movimentazione fisica delle merci. Le stesse grandi aziende multinazionali non avevano nei propri organigrammi una funzione logistica, piuttosto un responsabile dei trasporti che aveva il compito di far arrivare pallet e cartoni ai vari clienti. Anche da un punto di vista organizzativo la logistica rispondeva spesso alla fun-

zione commerciale. A partire dagli inizi degli anni ‘90, a seguito dell’accentuarsi della competizione tra le imprese e delle integrazioni nei processi produttivi e distributivi tra fornitori e clienti, la logistica iniziò ad assumere un’importanza crescente. Da allora la funzione si è progressivamente automatizzata, inglobando nel tempo compiti diversi tra loro. A questo proposi-

Foto: © Corbis

Aumentare la qualità del prodotto e del servizio offerti al cliente ottimizzando i costi: questo l’imperativo per ogni azienda che intenda accrescere il proprio livello competitivo, contrastando efficacemente la concorrenza. Un obiettivo non sempre facile, che coinvolge diversi comparti aziendali, tra cui ovviamente la logistica, anello centrale tra la produzione e la distribuzione, e quindi il consumatore. La necessità di ottimizzare i costi relativi allo stoccaggio dei prodotti impone alle aziende un’adeguata organizzazione della catena logistica, che deve garantire costi sostenibili ma anche la disponibilità di tutti i materiali e componenti nel momento giusto, anche per evitare costosi blocchi produttivi. Uguali livelli di performance sono richiesti anche per la consegna del prodotto al committente o al cliente finale, ove la tempestività è ormai un requisito tanto importante quanto la qualità del prodotto stesso. Al successo di un’impresa o di un tessuto economico-produttivo di un’area contribuiscono, oggi, infatti, non più e soltanto le strategie produttive e di marketing, ma anche la capacità di creare “valore per il cliente”. E tra i fattori che vi contribuiscono vi è anche la customer care, nel cui ambito gioca un ruolo centrale il sistema logistico. Ma l’organizzazione di un sistema logistico efficiente ed efficace richiede un radicale cambiamento culturale, in quanto la gestione dei flussi fisici ed informativi va realizzata “trasversalmente” rispetto alle tradizionali funzioni aziendali.

Gli fattori chiave della catena logistica Per catena logistica si intende il processo di implementazione e di controllo del flusso di beni o servizi e le informazioni correlate, dal luogo di origine al luogo di utilizzo, in base alle necessità del cliente. Ecco gli 8 elementi chiave che facilitano e ottimizzano il flusso.

Previsione della domanda Consente di pianificare le quantità di prodotto da ordinare o movimentare

Gestione dell’inventario Equilibra le scorte per garantire più elevati standard di servizio al cliente e una più veloce rotazione delle giacenze

Tecnologie della comunicazione Consentono la gestione delle informazioni relative a fornitori e clienti così da facilitare la gestione della produzione e delle consegne “just in time”

Gestione fisica dei prodotti Ottimizza, riducendoli al minimo, i trasporti di materie prime, semilavorati e dei prodotti finiti

Gestione degli ordini L’utilizzo di informatica diffusa facilita lo scambio di informazioni all’interno dell’azienda e nei confronti dei committenti

Acquisti Seleziona i fornitori in grado di rispettare gli standard qualitativi richiesti dalla logistica

Trasporto Studia la migliore combinazione dei mezzi disponibili sotto i profili di costo/efficienza e di costo/velocità

Customer Service Risolve i problemi di post- vendita

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to Domenico Netti, Presidente Ailog, l’Associazione Italiana Logistica -www.ailog.it- sottolinea: “È stato affermato che, per un’azienda, la logistica non è una funzione nascosta, bensì trasparente. In pratica, la logistica è refrattaria a qualsiasi forma di protagonismo, opera in silenzio per mediare e coordinare esigenze e traguardi di numerosi settori aziendali ma, parimenti, agisce a “muso duro”, quando è necessario far convergere politiche settoriali per perseguire recuperi di efficienza e vantaggi competitivi del sistema azienda. Questa peculiarità è essenziale per la logistica moderna, che, negli ultimi anni, si è trasformata da funzione ausiliaria della produzione e della successiva

I 4 stadi della logistica

Fonte: Ailog

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distribuzione dei prodotti finiti, in componente portante dell’intera struttura organizzativa aziendale”. E ancora Netti cita esempi concreti sul ruolo cruciale assunto dalla logistica: “Pensiamo al just in time, ossia a quella filosofia produttiva concepita in Giappone e ormai condivisa da tutte le aziende più importanti del mondo. L’azienda si organizza in modo tale da anticipare al sistema produttivo la domanda del mercato, riducendo, in questo modo, il magazzino e i costi dello stock. È compito della logistica coniugare soluzioni di efficacia con modelli di efficienza, per trasmettere velocemente alla produzione le richieste del mercato e soddisfare le aspettative dei consumatori vincendo la sfida del-

la concorrenza internazionale. Altre applicazioni di logistica avanzata si osservano nelle aziende che delocalizzano la produzione oppure nelle grandi corporation internazionali. Prendiamo il caso di un telefonino, le cui componenti prodotte in molteplici e differenti paesi siano successivamente assemblate in un altro sito industriale spesso localizzato in un’altra diversa area geografica. Anche in questo caso, una logistica efficace ed efficiente è fondamentale per la realizzazione del prodotto finito e per il funzionamento dell’intera filiera che consente di realizzare ogni singolo apparecchio senza ritardi e accumuli di scorte delle parti costitutive”. Il Presidente di Ailog accenna, anche, al


La catena logistica in sintesi

Fonte: Ailog

ruolo della logistica nella grande distribuzione: “Si guardi all’organizzazione efficiente della grande distribuzione moderna, che copre tutti i comparti produttivi, ivi compreso quello dei prodotti freschi: grandi magazzini e grandi centri commerciali non potrebbero competere senza la struttura logistica integrata tra tutti gli attori della filiera produttiva e distributiva”. Come potenziare il sistema logistico Le maggiori aziende italiane hanno investito importanti risorse nel potenziamento e nell’automazione della gestione delle scorte e del magazzino. È grazie a questi investimenti che si è arrivati, in molti casi, ad una logistica concepita ed organizzata in modo moderno e che fa uso delle più avanzate tecnologie. L’evoluzione tecnologica e informatica ha consentito di aumentare l’efficienza del flusso fisico e informativo del ciclo logistico: l’informatizzazione, la radiofrequenza in magazzino e le molteplici forme di tecnologia delle comunicazioni che prevedono il trattamento automatizzato dei flussi informativi e documentali producono uno snellimento nei processi e una maggiore velocità di scambio delle informazioni. Ma come può un’azienda trasformare la propria catena logistica adattandola alle esigenze di una mag-

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giore efficienza? Il primo passo è realizzare un’architettura web flessibile, che sia in grado di controllare e gestire i flussi operativi, includere strumenti di collaborazione e dispositivi mobili, codici a barre, sistemi GPS (Global Positioning Systems) e Rfid che consentono di conoscere con precisione, e in qualsiasi momento, la posizione occupata dalle merci all’interno della catena logistica. Gli strumenti mobili e wireless consentono di automatizzare il monitoraggio dei processi, riducendo i tempi che intercorrono dal momento della ricezione dell’ordine alla sua evasione. Per soddisfare le esigenze del mercato l’azienda deve, quindi, poter contare su sofisticati processi di gestione della catena logistica (Supply Chain Management) che ne consentono l’ottimizzazione nei costi e tempi e la fornitura dei prodotti e servizi richiesti nel momento e nel luogo desiderati. Molte medie aziende non dispongono ancora di sistemi logistici evoluti perché in passato questi erano troppo costosi e complessi da sviluppare. Ma oggi le nuove tecnologie, dagli strumenti di analisi ai sofisticati strumenti di pianificazione, sino ai software per l’integrazione a internet, hanno contribuito alla nascita di soluzioni flessibili e convenienti. Prima, tuttavia, di procedere alla informatizzazione del sistema,

è necessario condurre una preliminare e approfondita valutazione della catena logistica esistente, individuando le opportunità per ottimizzare i cicli, creare processi più flessibili e aumentare la collaborazione con i partner interni aziendali. È inoltre importante coinvolgere i clienti. Ad esempio, quanti di questi desiderano un’integrazione con la loro linea di produzione? Una volta comprese le loro priorità, si potranno individuare carenze e opportunità di miglioramento. La pianificazione deve essere, quindi, improntata ad una visione olistica della gestione della supply chain. Le regole fondamentali del cambiamento Non è detto che si debbano affrontare tutti i processi della catena logistica allo stesso tempo. Durante la valutazione delle tecnologie disponibili per realizzare gli interventi programmati, occorre tenere sempre presenti alcune regole fondamentali. In primo luogo il miglioramento della visibilità. I sistemi che integrano informazioni provenienti dall’intera catena logistica e connettono le persone all’interno e all’esterno dell’azienda contribuiscono a creare una visione più chiara della domanda e dell’offerta. Questa visibilità favorisce a sua volta la gestione del magazzino e la tem-

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pestività delle risposte alle richieste dei clienti. In secondo luogo la flessibilità, che è considerata generalmente uno dei punti di forza delle piccole e medie aziende. Per conseguire flessibilità sono sicuramente preferibili le applicazioni facilmente riconfigurabili da parte del personale e già opportunamente predisposte, evitando quindi di sviluppare soluzioni interne proprietarie. Le applicazioni di Supply Chain Management in commercio comprendono, infatti, funzionalità immediatamente utilizzabili per la maggior parte dei processi e al tempo stesso sono sufficientemente personalizzabili per soddisfare le esigenze specifiche delle aziende. Infine, le aziende dovrebbero seriamente valuta-

re l’adozione di strumenti di analisi e di business intelligence che consentano loro di gestire le prestazioni della catena logistica per rilevare eventuali problemi, come, ad esempio, ritardi di consegna abituali. Un altro vantaggio importante è dato dalla possibilità di disporre di reporting che permettono di elaborare i dati e le informazioni richiesti dai clienti, in materia di sicurezza dei prodotti e delle spedizioni. Outsourcing: pro e contro Per snellire il processo aziendale, renderlo più semplice e focalizzarsi sul proprio core business, oggi, molte aziende valutano le opportunità offerte dall’outsourcing. E tra le attività che più si ten-

UN OCCHIO SUL WEB Vedi anche sul sito

www.convoimagazineseat.it l’articolo: Efficienza e risparmio con il Supply Chain Management

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Foto: © Corbis

de a delegare a terzi occupa proprio un posto centrale la logistica, in particolare nei casi in cui la sua razionalizzazione non sia ritenuta sempre conseguibile con successo all’interno della azienda. L’ Ela, l’European Logistic Association www.elalog.org- stima, infatti, che considerando i trasporti, il magazzinaggio, le attività amministrative collegate e gli oneri finanziari sullo stock, mediamente la logistica ha un costo pari a circa il 10% del fatturato. Su questo tema Netti, però ricorda: “L’analisi dei pro e dei contro, a volte tra loro simmetrici, a volte no, dell’adozione di una filosofia di outsourcing o di insourcing dei servizi logistici si è arricchita nel corso degli anni di autorevoli contributi, che hanno reso la tematica complessa e articolata. Non esiste un’unica verità, ma è necessario valutare le caratteristiche proprie dell’azienda, quelle del comparto al quale appartiene e, infine, quelle dell’ambiente esterno in cui si trova a operare. In linea generale, l’outsourcing consente una maggiore flessibilità, mentre l’insourcing permette un migliore controllo del servizio. Sotto il profilo dei costi, quelli dell’outsourcing sono mediamente inferiori, per contro, il controllo del servizio all’interno dell’azienda deve confrontarsi con la rigidità dei costi stessi. Ciò premesso, la scelta attenta di reali professionisti dell’outsourcing può rendere possibile conciliare l’alta qualità dei servizi con la riduzione dei costi”.


Il successo di una squadra è tutto nella formazione.

Investire nella formazione è importante. Tutto quello che un leader di mercato come SEAT Pagine Gialle ha impiegato nel formare le proprie persone è oggi disponibile anche per voi. Seat Corporate University: la scuola di SEAT Pagine Gialle che mette 80 anni di esperienza e competenza al servizio della Piccola e Media Impresa. n°10 \ settembre - ottobre 2007

Seat Corporate University 61 \ Fare Impresa


Organizzare una rete di vendita

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Ponte tra l’azienda e il cliente è la rete di vendita. Vantaggi e svantaggi delle diverse forme di organizzazione

“I venditori sono le persone più importanti nel mondo del business. Nulla, infatti, accade fintanto che qualcuno non vende qualcosa” Jeffrey Gitomer

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Un modello interpretativo del Sales Management

Foto: © Corbis

Fonte: Vendite e Trade Marketing, a cura di Salvio Vicari, Università Bocconi Editore, Repubblica, Il Sole 24 Ore. Per gentile concessione dell’Autore e dell’Editore

La garanzia di stabilità o di crescita di un’azienda nel tempo oltre che sulla qualità dei prodotti o servizi, che sono soggetti alla competizione e alle dinamiche del mercato, poggia sempre più spesso sulla capacità di disporre di un’efficace e solida organizzazione di vendita. Figura chiave della struttura di vendita è il responsabile commerciale che deve, quindi, disporre degli opportuni strumenti organizzativi e metodologici per gestire e coordinare l’attività dei venditori, eliminare le inefficienze e creare motivazione. Le attività di Sales Management studiano

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gli interventi e le soluzioni, dal piano di vendita alla gestione del contatto con il cliente, che consentono all’azienda di raggiungere gli obiettivi commerciali prefissati, e prendono, quindi, in esame le strategie di distribuzione in rapporto al piano di marketing, le diverse modalità di organizzazione delle reti di vendita, la scelta della copertura del territorio o della clientela, le diverse opportunità offerte dai canali di vendita, l’ottimizzazione del tempo e delle performance dei venditori.

Marketing e Vendite All’interno di ogni azienda esiste uno stretto rapporto tra due funzioni che hanno spesso un’uguale posizione gerarchica: Marketing e Vendite. I ruoli di queste funzioni sono distinti, ma esiste un terreno comune ove il potenziale di interscambio assume un ruolo determinante sul posizionamento dell’azienda stessa nel suo mercato di riferimento. Una ricerca condotta dall’Area Manager della SDA Bocconi su un campione di 396 manager italiani, evidenzia che se il ruolo del Marketing è prevalentemente quello di definire le cam-

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pagne pubblicitarie e di sviluppare nuovi prodotti, quello delle Vendite è incentrato sulla gestione delle strategie distributive. Questa apparente dicotomia lascia, al contrario, spazio a scelte che le due funzioni devono condividere: l’opportunità di entrare in nuovi mercati o canali, la definizione del pricing dei prodotti, le modalità e le tecniche delle promozioni, i servizi di supporto ai clienti e di customer satisfaction. Entrambe le funzioni sono influenzate in modo determinante, nelle loro rispettive attività, da queste scelte. In relazione, infatti, al posizionamento dei prodotti, ai supporti di marketing-promozionali, a come anche attraverso di essi l’azienda si “colloca” all’interno del proprio mercato e nei confronti dei concorrenti, saranno operate le scelte di natura commerciale: la necessità o meno di disporre di infrastrutture logistiche e distributive a presidio del territorio, la dimensione delle risorse destinate alla struttura commerciale, i sistemi informativi a supporto, la strategia di vendita nei confronti della clientela o di difesa/aggressione verso la concorrenza. L’insieme di queste scelte concorre quindi a determinare il modello organizzativo commerciale dell’azienda sul quale saranno poi innestate le politiche di gestione delle relative risorse. Ottimizzare le dimensioni della rete La rete di vendita, oltre che nei suoi obiettivi, deve essere correttamente definita anche nelle sue dimensioni. La numerosità degli addetti della forza di vendita dovrebbe essere, infatti, proporzionale al rapporto ottimale tra i costi e i benefici. Un alto numero di agenti avrà un forte impatto sul mercato, ma comporterà an-

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che un notevole costo per l’azienda, un numero ristretto di agenti, anche se incentivati da una remunerazione stimolante, potrebbe non essere sufficiente per servire i clienti in modo adeguato. Stabilire la dimensione ottimale della propria struttura di vendita si scontra spesso con la volatilità e gli imprevisti mutamenti dei mercati, che vanificano le ipotesi e i piani di vendita. Esistono, tuttavia, alcuni indicatori, semplici ma efficaci, in grado di fornire un contributo per stimarne il dimensionamento:

• il carico di lavoro definita la numerosità di clienti che si intende raggiungere è necessario calcolare il tempo medio destinato alla gestione di ogni singolo cliente in base alla frequenza delle visite, alla loro durata media e ai tempi di spostamento, tenendo presente anche il segmento di appartenenza del cliente (ciascun segmento di clientela potrà richiedere un investimento di tempo differente dagli altri segmenti). Calcolando il tempo medio che ciascun venditore potrà dedicare al “pacchetto” dei clienti assegnati, si otterrà una stima della quantità di personale necessario. In questo processo, tra l’altro, si definiranno le politiche di gestione dei diversi segmenti di clientela e gli approcci dei venditori a ciascun segmento. A consuntivo sarà possibile verificare la coerenza tra gli obiettivi prefissati, anche qualitativi, e le risorse messe in campo.

La vendita complessa Nella vendita di prodotti e servizi sono spesso utilizzati metodi simili, con il risultato che frequentemente il cliente non è in grado di percepire il vero valore di ciò che gli è proposto. Il cliente, infatti, spesso seleziona un prodotto o un servizio solo in base alle sue conoscenze, ignorando il vero potenziale di valore di ciò che ha acquistato. Questa situazione è alla fonte di una doppia criticità: per il cliente, che non sarà posto nella condizione di ottimizzare il suo investimento o non avrà piena consapevolezza dei ritorni conseguiti, e per la rete di vendita, che negli approcci successivi si scontrerà con i dubbi e le perplessità del cliente a rinnovare o incrementare l’acquisto. Per trasferire consapevolezza e valore al cliente, è, quindi, necessario un radicale cambiamento nella modalità di vendita: va operato il passaggio dalla tradizionale vendita incentrata sulle caratteristiche fisiche del prodotto o del servizio ad una modalità di vendita consulenziale, che pone al centro del rapporto con il cliente la capacità di individuarne le esigenze e di proporre il prodotto o servizio che è in grado di soddisfarle pienamente. Solo attraverso l’adozione dei metodi della “vendita complessa” è, infatti, possibile raggiungere la piena soddisfazione di tutti gli attori che sono parte del processo di vendita:


il cliente per i risultati che otterrà grazie ad un uso appropriato e consapevole di ciò che ha acquistato, l’agente per il suo compenso e la gratificazione per aver concluso con successo la vendita, l’azienda per il giro d’affari realizzato. È evidente che questo percorso di riposizionamento e di riqualificazione delle modalità e dell’azione di vendita non può essere intrapreso dal singolo agente, anche se dotato di particolari skill e intuizione, ma deve essere costruito e supportato dall’azienda in ogni sua fase: dalla costruzione della strumentazione necessaria alla diagnostica, all’insegnamento delle modalità di pianificazione e di ottimizzazione del tempo, a quelle tecniche di conoscenza dei prodotti o servizi, di argomentazione delle offerte e di risposta alle obiezioni dei clienti, sino alla fase di valutazione dei risultati conseguiti, fase che assume per la rete e per l’azienda un particolare valore in quanto le evidenze positive e negative, diffuse e condivise, sono altrettanti case utili per rafforzare le competenze. Seat Corporate University ha effettuato rilevanti interventi formativi sui temi della vendita complessa. Massimo Barbato, Responsabile Am della DAT SEAT di Torino, ce ne fornisce una testimonianza diretta. Ritiene che il corso di Seat Corporate University su “La gestione delle vendite com-

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plesse” al quale ha partecipato abbia contribuito ad accrescere le conoscenze utili al suo ruolo? Certamente si. Il corso mi ha permesso di riprendere ed approfondire alcuni temi già conosciuti e di affrontarne di nuovi. Il mix dei due aspetti facilita ed aiuta a sostenere le sfide e gli impegni che il ruolo richiede, nel modo più rispondente alle esigenze dei clienti. Quali sono i concetti chiave che ha maggiormente utilizzato dopo aver partecipato al corso? La vendita complessa si basa su una strategia ben chiara e definita che prevede di comprendere le esigenze del cliente prima di comunicare le caratteristiche dei prodotti. In sostanza l’attenzione si sposta da “me venditore” a “lui cliente”. Inoltre la gestione delle vendite deve essere affrontata come una diagnosi (individuazione delle cause per capire meglio) e non come una semplice analisi (foto statica di ciò che è successo). Ha già avuto modo di verificare e di utilizzare gli argomenti affrontati? Nel mio gruppo ho organizzato

alcuni laboratori intitolati “alchimia della vendita” incentrati sulla capacità del singolo agente di allenarsi a “scoprire” i problemi dei clienti attraverso la costruzione di una vera e propria strategia da adottare. Con l’ausilio di riprese video abbiamo, poi, rivisto passo per passo cosa era realmente successo e come si sarebbe potuto meglio interagire con il cliente per ottenere informazioni più complete. Inutile dire che gli agenti si sono detti entusiasti della partecipazione “al gioco”. Quali sono a suo parere i tre principali punti di forza del corso? Prima di tutto la capacità del docente di valorizzare i contenuti del corso. Poi l’interattività, che comporta il superamento della classica modalità d’aula frontale, per concludere i testimonial, attraverso lo studio di casi di successo. Vuole darci una valutazione complessiva del corso organizzato da Seat Corporate University? La valutazione è ottima, tanto che ne ho immediatamente applicato gli insegnamenti.

Scuola di Comunicazione d’Impresa di SEAT Pagine Gialle, Seat Corporate University si propone ai clienti SEAT come scuola di eccellenza nella formazione del personale nelle aree delle tecniche di vendita e della consulenza della comunicazione di marketing e pubblicitaria Per informazioni Fax: 011 435 2607 E- mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity

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cavi / il fatturato atteso definito un valore medio di produzione per agente, si determinerà in modo empirico la dimensione della rete o il suo incremento per una determinata campagna. Il metodo funziona molto bene per aziende con un team commerciale affiatato, risultati consolidati da cui attingere dati storici affidabili, con prodotti e clienti “standard” distribuiti in modo ottimale sul territorio. Definire il modello organizzativo Sia nel mercato B2C, come in quello B2B, le aziende possono strutturarsi con una rete diretta, costituita da personale commerciale dipendente, o indiretta, ovvero formata da intermediari o agenti di vendita remunerati su base variabile, o con un mix di entrambe. La ricerca condotta dall’Area Marketing della SDA Bocconi ha evidenziato che il 32% delle

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aziende ricorre ad una rete diretta, il 12% indiretta e il 56% a soluzioni miste in proporzione variabile. La scelta fra le diverse modalità avviene di norma in base alla complessità del prodotto o servizio offerto, variabile che incide sul livello di competenze richieste al personale di vendita e sul tipo di rapporto che l’azienda intende instaurare con i propri clienti. Entrambe le scelte, a prescindere dal mercato in cui opera l’azienda, presentano vantaggi e svantaggi. Per effettuare una valutazione è necessario comparare i costi relativi alle diverse possibilità e determinare il livello di fatturato in corrispondenza del quale i costi si equivalgono, o il fatturato di ciascuna soluzione, e i relativi costi, necessario per realizzare il margine economico atteso. Nella stima dei costi è necessario prendere in considerazione tutti i costi afferenti alla gestione della rete e non solo quelli diretti, come i costi relativi al suo

addestramento, alla gestione del turnover, alla struttura centrale … così come nella stima dei fatturati andranno considerati la tipologia dei clienti, la loro numerosità, i valori relativi all’ordine medio, i loro tassi di rinnovo, le politiche di fidelizzazione che l’azienda intenderà o meno mettere in atto. La rete diretta presenta apparentemente maggiori costi fissi, essendo le retribuzioni svincolate dall’effettivo risultato, a fronte della rete indiretta che ha un costo variabile in funzione dei risultati. Tuttavia la rete indiretta presenta generalmente un maggior turnover che determina maggiori costi di reclutamento ed addestramento e in generale una minore conoscenza dei prodotti che può incidere negativamente sulla efficacia della azione di vendita. Le reti dirette sono generalmente convenienti in presenza di clienti con alti livelli di fatturato per i quali è necessario porre in atto azioni di fidelizzazione e consolidare la relazione nel tempo. Maggiore è la convenienza delle reti indirette per le “vendite porta a porta” o “per le tentate vendite” o nei casi di prodotti di basso prezzo o target numerosi poco segmentabili. Esistono tuttavia casi in cui, anche in presenza di clienti di alto valore unitario, le reti indirette, se opportunamente addestrate e fidelizzate, conseguono risultati paragonabili, se non migliori, a quelle dirette. Se tuttavia una rete indiretta è strutturata all’estero, vanno tenute presenti le particolarità normative dei diversi Paesi. In Germania, ad

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• la stima della variazione dei ri-


esempio, è previsto un compenso fisso per gli agenti monomandatari, che sono, quindi, quasi assimilati ai dipendenti. All’interno delle diverse opzioni vi sono poi molteplici “sfumature”, in funzione del territorio presidiato o delle segmentazioni effettuate dall’azienda sul proprio parco clienti: il ricorso ad una doppia rete, come, ad esempio, quella composta da responsabili commerciali di area dipendenti che coordinano reti di agenti indipendenti, o una rete diretta dedicata ai grandi clienti e una indiretta per quelli di minore dimensione, oppure una rete diretta per i prodotti o servizi di importanza strategica e indiretta per prodotti o servizi standard. Altre modalità di organizzazione della rete di vendita sono il territorio e la specializzazione. Particolarmente funzionale la prima, ove i venditori, che trattano tutti i prodotti o servizi dell’impresa si rivolgono a tutti i clienti e operano in un ambito territoriale limitato che consente loro di conoscere a fondo la clientela e di soddisfarne rapidamente le esigenze. L’organizzazione per specializzazione è generalmente adottata dalle aziende che dispongono di una vasta gamma di offerta, e prevede che a ciascun venditore sia affidata la vendita di una serie limitata di prodotti. In queste circostanze un cliente, acquirente di più prodotti dell’azienda, potrebbe essere contattato da più venditori della stessa azienda: in tal caso i maggiori costi di gestione per l’azienda sono bilanciati dal mi-

glior servizio reso al cliente, proprio in virtù della specializzazione dei venditori. Un’ulteriore modalità di organizzazione della rete per specializzazione si basa sulla segmentazione della clientela, come, ad esempio, tra clientela privata ed enti pubblici, organizzazione che consente di elaborare politiche mirate ai singoli segmenti di clienti. La rete, infine, può essere suddivisa per compiti, tra, ad esempio, venditori incaricati di seguire clienti già in portafoglio e altri con la funzione di acquisirne di nuovi. Motivare il personale commerciale Il tassello più rilevante per l’efficacia dell’azione di vendita di una rete, è la sua motivazione. Sentirsi parte attiva dell’azienda spinge la rete di vendita a dirigere i propri sforzi verso il successo dell’impresa, che sarà identificato come il proprio. In ambito commerciale la motivazione assume un ruolo chiave: situazioni di stress e di insuccesso anche a fronte di un buon lavoro possono compromettere l’autostima dei venditori. Inoltre, i venditori operano al di fuori dell’azienda e hanno quindi la necessità costante di trovare in se stessi la motivazione ad agire. Compito del responsabile commerciale è, quindi, quello di indirizzare e rafforzare nel venditore le giuste aspettative, quelle funzionali al raggiungimento dell’obiettivo, e stimolare la consapevolezza e la certezza che a fronte di maggiori risultati corrisponderanno mi-

glioramenti della ricompensa. A prescindere, comunque, dal modello organizzativo scelto, vi sono fattori comuni che costituiscono i presupposti per una corretta motivazione, validi per ciascuna azienda, e di cui, quindi, i responsabili commerciali dovrebbero tener conto: • assegnare equamente le zone al personale di vendita con imparzialità e correttezza, non dimenticando, nella definizione degli obiettivi, della disparità delle aree in termini di potenziale di fatturato e pressione competitiva • creare regole chiare e note a tutto il personale commerciale in modo da evitare incomprensioni che possano inficiarne l’efficienza • coinvolgere i venditori nella definizione degli obiettivi, in modo da creare condivisione su di essi. Questi fattori contribuiscono a rafforzare l’equazione motivazione= successo e debbono essere costantemente misurati e verificati. I venditori, infatti, hanno spesso motivazioni eterogenee e in continua metamorfosi, sulle quali il responsabile commerciale deve intervenire in modo mirato anche con incentivazioni, che possono riguardare non solo o necessariamente aumenti nei corrispettivi o possibilità di crescita professionale, ma anche riconoscimenti formali dei successi ottenuti.

UN OCCHIO SUL WEB Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [La vendita a valore] \ [Vendere è un’arte, ma l’arte non è tutto]

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Le 39,5 regole di un venditore di successo Ciascuno è responsabile dei propri successi ed insuccessi e ciò vale anche per chi opera nella vendita di prodotti o servizi. Per avere successo è, tuttavia, necessario avere un approccio proattivo e vincente, prevenire le possibilità di una sconfitta e preparare accuratamente la propria vittoria. Il successo nasce, infatti, dalla combinazione delle proprie capacità personali con quella di pianificare e gestire accuratamente il rapporto con il cliente. Occorrono un’attitudine mentale positiva, ottimismo e capacità di agire. In sostanza “la voglia di vincere non basta se non esiste la voglia di prepararsi a vincere”. E ciò a prescindere dagli strumenti e dalla preparazione che le aziende mettono a disposizione delle proprie reti di vendita. Secondo Jeffrey Gitomer, l’insuccesso, molto spesso, non deriva da insicurezza o da mancanza di doti personali, ma da errori commessi nel modo con cui si è gestita la vendita e la relazione con il cliente. Ecco, quindi, le 39,5 regole, prevalentemente ispirate al buon senso e al tipico pragmatismo americano, che di certo possono contribuire al successo. 1. Stabilisci e mantieni un atteggiamento positivo È la prima regola: ti consente di stabilire una relazione con l’interlocutore 2. Credi in te stesso Se non ci credi tu, chi altro potrebbe farlo?

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3. Fissati degli obiettivi e realizzali Sono la tua road map al successo 4. Impara le basi fondamentali delle vendite Mai smettere di imparare a vendere: combinare esperienza pratica ad insegnamenti aiuta a migliorare le proprie capacità 5. Comprendi il cliente e soddisfa le sue esigenze Ascolta i bisogni del cliente senza sommergerlo di argomentazioni che potrebbero suonare inutili e tediose rispetto alle sue esigenze 6. Vendi aiuto Comprendi le esigenze del cliente e fornisci le soluzioni giuste 7. Costruisci rapporti di lunga durata Mirare solo a concludere la prima vendita può precludere la possibilità di vendere nel futuro allo stesso cliente 8. Credi nella tua azienda e nel tuo prodotto Credere nel proprio prodotto e nella propria azienda è il miglior modo per convincere il cliente ad acquistare 9. Sii preparato Non è possibile realizzare una vendita improvvisando. Sono necessari preparazione, materiali adeguati, argomentazioni solide 10. Sii sincero Raccontare frottole non conviene, alla consegna del prodotto le frottole saranno smentite 11. Impara a conoscere il tuo interlocutore È inutile perdere tempo con chi

non è in grado di prendere una decisione 12. Sii puntuale agli appuntamenti Essere in ritardo spesso può essere interpretato dal cliente come segno di disattenzione o addirittura di disprezzo per il suo tempo 13. Cura il tuo aspetto professionale Il tuo aspetto riflette anche quello del prodotto e dell’azienda che rappresenti 14. Stabilisci un rapporto di confidenza Stabilisci un rapporto di empatia con il cliente, prima di iniziare a vendere il prodotto 15. Usa lo humor Nessun cliente acquisterà da un venditore che ha un approccio pessimista e negativo 16. Acquisisci una conoscenza totale del tuo prodotto Conoscere bene il prodotto consente di individuare quali sono le caratteristiche che meglio rispondono alle esigenze del cliente 17. Vendi benefits, non parole Il cliente non è interessato solo a conoscere come funziona il prodotto, ma a ciò che il prodotto può fare per lui e per la sua azienda 18. Dì la verità I clienti hanno la memoria lunga e si ricordano delle promesse non mantenute 19. Se fai una promessa, mantienila


Un abile venditore programma, pianifica e organizza il proprio lavoro senza lasciare nulla al caso. Jeffrey Gitomer, guru americano del marketing e delle vendite, nel suo libro “The Sales Bible”, riassume così le 3 ,5 regole per avere successo La fiducia è il miglior modo per trasformare un’azione di vendita in una relazione di lunga durata 20. Non parlare male della concorrenza Concentrarsi sulle qualità del proprio prodotto e della propria azienda è la strategia vincente 21. Utilizza le testimonianze Gli altri clienti soddisfatti sono la miglior prova della qualità dei tuoi prodotti 22. Ascolta per acquisire segnali Ascoltare è importante tanto quanto parlare: è necessario percepire come si evolve la trattativa per poterla pilotare 23. Anticipa le obiezioni Anticipa con argomentazioni solide e convincenti le obiezioni più frequenti dei clienti 24. Rispondi alle obiezioni reali Può capitare talvolta che il cliente nasconda i dubbi che ha sul prodotto. È necessario, quindi, individuare le sue reali obiezioni per poterle affrontare e risolvere 25. Supera le obiezioni Il modo migliore è quello di individuare le soluzioni che il prodotto fornisce alle esigenze del cliente 26. Chiedi al tuo cliente di acquistare da te È una domanda semplice, ma se si è conquistata la fiducia del cliente, funziona 27. Quando fai una domanda aspetta la risposta È scontato, ma spesso si tende a strafare e ad “aggredire” il cliente con troppe domande

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28. Se non vendi, prendi subito un nuovo appuntamento Se non accade alla fine della visita, avere un nuovo appuntamento potrebbe comportare tempi lunghi 29. Insegui il tuo cliente Talvolta per realizzare una vendita è necessario incontrare il cliente più volte. L’importante è non demordere 30. Non ti arrendere di fronte ad un rifiuto Se hai agito con professionalità e il cliente non ha acquistato il prodotto è perché non rispondeva alle sue esigenze. Non è una tua sconfitta. Con il prossimo prodotto potrà quindi andare meglio 31. Sii creativo nella trattativa Il successo di una trattativa è anche nel modo con cui si conduce: le proposte, le controproposte e le tattiche 32. Segui le regole Essere rispettoso delle regole dell’azienda garantisce sia il cliente sia il tuo rapporto di collaborazione 33. Fai team Vendere al cliente è solo una parte del processo di vendita. Collaborare con gli altri colleghi è indispensabile 34. Ricordati che un lavoro duro fa la tua fortuna La fortuna certamente aiuta, ma è l’impegno a garantire la certezza del successo 35. Non incolpare gli altri quando il difetto o

la responsabilità è tua Farsi carico delle proprie responsabilità aiuta a superare ogni difficoltà. Farlo denota trasparenza e coraggio che non potranno non essere apprezzati 36. Sii tenace Considera i “no” come una sfida per migliorare le tue performance 37. Pianifica, organizzati e preparati Calcolare quante telefonate, visite, presentazioni sono necessarie per realizzare una vendita ti permette di pianificare al meglio la tua attività 38. Fallo con passione Senza passione non è possibile agire con convinzione e al meglio di se stessi 39. Fatti ricordare Farsi ricordare positivamente dal cliente è il modo migliore per poterlo incontrare nuovamente con facilità 39.5. Divertiti Per avere successo è necessario svolgere anche un lavoro che ti diverta e ti gratifichi

Tratto dal volume “The Sales Bible”, Jeffrey Gitomer, edizioni Wiley 2003

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\ Formazione

La comunicazione interna: informare, convincere, motivare

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Il sistema di comunicazione interna contribuisce a creare nelle risorse professionali dell’azienda un senso di appartenenza e di attenzione che si traducono in una maggiore efficienza ed efficacia dell’organizzazione nel suo complesso

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Benché non si possa definire una nuova frontiera della marketing communication aziendale, la comunicazione interna Trasmettere a tutti i dipendenti e collaboratori gli obiettivi generali e i progetti strategici dell’impresa, al fine di sviluppare spirito di coesione, rafforè stata fino a un recenzare coinvolgimento e motivazione, consentire a tutto il personale di idente passato promossa tificarsi nell’azienda. La comunicazione interna va in due direzioni: solo in alcune imprese particolarmente sensi• Top-down Servirsi di cartelli, intranet ed e-mail, bili alla gestione delle riInformazioni dall’alto (maorganizzare riunioni ed eventi che sorse umane. Una discinager, dirigenti, quadri) rendano possibile l’incontro diretto verso il basso (impiegati, tra manager e collaboratori. Lo scoplina comparsa intorno dipendenti, collaboratori) po è quello di diffondere le informaalla fine 2000, piuttosto zioni e di condividere gli obiettivi tra giovane quindi, ma con tutti i soggetti che agiscono all’interno dell’azienda regole e strategie ben codificate, e che, a giu• Bottom-up Formulare questionari, sollecitadicare dal numero creComunicazione dal basso re colloqui individuali per ascoltare scente di aziende che la verso l’alto (feedback). eventuali richieste. Non solo inforstanno adottando, dimomare, ma anche ascoltare per ottenere un coinvolgimento personale di stra tutta la sua efficacia. tutti L’assunto di base è che l’identità e la vision aziendale devono essere percepite, prima ancora che dai clienti, dal primo pubtanto dell’attività produttiva quanblico di riferimento: i propri dipenzionamento, fusioni e acquisizioto dell’immagine che l’azienda ofdenti e collaboratori. L’informazioni, o nei momenti di crisi, è consifre all’esterno, in quanto gli stessi ne e la condivisione della mission derato, spesso, un vero e proprio dipendenti diverranno, per primi, e degli obiettivi aziendali, aumenerrore. i promotori della sua immagine, tano, infatti, il senso di apparteaspetto questo spesso completaIl valore aggiunto della nenza dei dipendenti all’azienda, mente trascurato. comunicazione interna la loro consapevolezza nell’agire Comunicazione e organizzazioe si traducono in una maggiore efLa cultura aziendale condivisa ne sono due concetti sempre più ficienza ed efficacia dell’organizLe tecniche di comunicazione inlegati fra loro, il che fa intuire il vazazione. Questa possibilità è stata terna sono fondamentali nel conlore che un buon livello di comuenormemente ampliata dalla natesto organizzativo dell’impresa nicazione interna può conferire ai scita e dal diffondersi di internet e anche come premessa per conprocessi operativi aziendali. Se il dal conseguente sviluppo di porseguire la “qualità totale”. Ma sviclima interno tiene in debito conto i tali aziendali riservati ai dipendenluppare un’efficace comunicaziofattori “sociali” esistenti, come i vati. Esperti del settore considerano ne aziendale non è facile come lori, la cultura e anche i sentimenti il ruolo della comunicazione interpotrebbe, a prima vista, apparidei dipendenti, si instaura un conna non più solo come un’opzione re. Occorre, infatti, prevedere una testo di “benessere organizzatifacoltativa, tra le tante disponibipossibile resistenza “fisiologica” vo”. Coinvolgere le persone, farli per un possibile miglioramenalle novità che non va sottovalule sentire parte di qualcosa di cui to dell’organizzazione aziendale, tata pena il fallimento dell’iniziaticonoscono le finalità, gli obiettibensì come un “passo obbligato” va. La condivisione è necessaria vi e gli strumenti a disposizione nell’evoluzione dell’impresa. Ed anche per la comunicazione con per raggiungerli, è un dispositiecco perché ricorrere alla comunil’esterno: da ciò consegue che i divo di organizzazione più efficace cazione interna solo nei momenti pendenti dovrebbero essere infordi qualsiasi piattaforma sindacadi cambiamento, come nei casi di mati tempestivamente di ciò che le. Ne conseguono miglioramenti ristrutturazione aziendale, riposi-

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Come migliorare la comunicazione interna

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Le 5 regole di A.LEA Action Learning per un piano di comunicazione efficace • • • • •

utilizzare gli strumenti e le risorse all’interno di una cornice unitaria di riferimento dotarsi di competenze specialistiche sfruttare tutte le potenzialità delle tecnologie la direzione aziendale ha un ruolo chiave per il successo dell’iniziativa curare il rapporto tra comunicazione interna ed esterna

avviene nel loro ambiente di lavoro ed essere aggiornati sulle attività condotte dall’azienda, come le campagne promozionali o le altre iniziative, e non apprenderle, ad esempio, dai giornali. I dipendenti che poi operano nel settore commerciale, oltre ad essere adeguatamente informati, devono essere convinti della qualità dei prodotti o servizi offerti dall’azienda (i risultati di vendita sono, spesso, direttamente proporzionali al grado di motivazione dei venditori). I flussi delle informazioni possono essere originati dall’alto (manager, dirigenti, quadri) e rivolti agli altri strati dell’organizzazione (top-down), oppure seguire il percorso contrario, partire dalla base dell’organizzazione per raggiungere gli altri livelli (bottom-up). Queste direttrici sono molto diffuse nelle strutture di tipo tradizionale, ma sono poco adatte per organizzazioni meno gerarchizzate. Nelle piccole e medie imprese la comunicazione è, infatti, più diretta e avviene in senso circolare (‘‘a rete’’). Tuttavia, anche se in una piccola azienda ci si può relazionare con i dipendenti efficacemente in modo informale e senza ricorrere a strumenti particolarmente sofisticati, non viene meno l’importanza di disporre di un piano di comunicazione interna. Le tecniche e gli strumenti Per avviare e implementare una buona rete di comunicazione in-

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terna occorre, quindi, utilizzare tecniche giuste, strumenti e risorse professionali adeguate. Per ottenere la massima partecipazione è necessario condividere fin dall’inizio con il personale la finalità del progetto, facendone comprendere, in particolare, le sue opportunità. Per evitare lo scatenarsi di potenziali conflittualità è importante che il progetto sia legittimato o dai vertici dell’organizzazione oppure direttamente “sul campo”. Ulteriori passaggi prevedono di riconvertire o adeguare al nuovo uso gli strumenti che, molto spesso, già esistono all’interno dell’azienda e di segmentare i target in modo da poterli raggiungere, oltre che con la comunicazione “generale” rivolta a tutti i dipendenti, anche con messaggi specifici attinenti alle loro caratteristiche e ruoli. Possono essere utilizzati strumenti scritti, come lettere, circolari, questionari, house organ, vademecum, incontri interpersonali ed eventi, interviste, strumenti visivi, come cartelloni e bacheche, tecnologici come telefono, posta elettronica, intranet o newsletter. Le aziende più grandi possono anche dotarsi di una tv aziendale e creare vere e proprie community via intranet. Sono proprio gli strumenti tecnologici, come le e-mail e il portale intranet, la vera svolta nella efficacia e nella distribuzione della comunicazione interna. Attraverso la creazione di community in intranet è possibile coin-

volgere in prima persona dipendenti e collaboratori e spingerli a pubblicare informazioni di propria competenza e pubblica utilità. Le e-mail e l’intranet hanno, inoltre, costi relativamente contenuti, non hanno limiti di spazio fisico e facilitano la selezione delle diverse informazioni da trasmettere ai vari target. Il ruolo crescente della comunicazione interna comporta, nelle strutture medio-grandi, la nascita di una nuova figura professionale: il comunicatore interno. Questo manager della comunicazione deve conoscere a fondo il sistema, le dinamiche e i valori aziendali, e lavorare fianco a fianco con la direzione in modo da essere costantemente aggiornato sulle novità. Ha la responsabilità di convogliare il flusso di notizie nella rete di canali fruibili all’interno dell’azienda. Svolge, in pratica, un ruolo complementare a quello di chi comunica all’esterno dell’azienda. Tratti caratteristici di questa nuova figura aziendale sono la conoscenza degli strumenti informatici, la capacità di curare le relazioni e di veicolare le informazioni con il giusto linguaggio, l’esperienza nella gestione delle risorse umane e un’attitudine al problem solving, il tutto per saper approcciare i dipendenti nei modi e nei tempi giusti evitando che le varie notizie siano mal interpretate o distorte.


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po di lavoro dedicato, all’interno del quale è necessario individuare la persona o l’ufficio che si occuperà materialmente della gestione del servizio, nonché la rete di collaboratori in grado di favorire il passaggio delle informazioni in modo attendibile e tempestivo. Infine, è necessario attivare i canali. Una volta che il processo è avviato, diviene fondamentale definire i dettagli e gli step del piano di comunicazione e gli strumenti per il suo coordinamento con le altre attività di comunicazione aziendali. Il piano di comunicazione interna Per mettere in atto un solido piano di comunicazione è necessario considerare una serie di fattori. Si parte dall’individuazione del target, ovvero dai destinatari dei messaggi, compito particolarmente delicato se, ad esempio, i dipendenti sono dislocati in punti diversi del territorio, o in nazioni diverse, ove entrano in gioco questioni legate alla privacy e alla ri-

servatezza. Occorre poi definire in modo puntuale, al di là degli obiettivi generali, i risultati che si intendono conseguire e in quale arco di tempo: comunicazioni di servizio, supporto ai processi organizzativi, formazione per i neo-arrivati, diffusione della politica aziendale, divulgazione dei cambiamenti di immagine come loghi o nuovi messaggi chiave da tenere presenti, senza trascurare gli aspetti anche “ludici”, necessari per evitare un flusso informativo eccessivamente formale. La tempistica è fondamentale ai fini dell’efficacia dell’azione di comunicazione: ogni azione deve avere una previsione nei tempi di realizzazione e di diffusione e l’individuazione della scadenza per il suo rilascio. C’è poi la scelta e l’integrazione degli strumenti e dei canali e la necessità di istruire quei dipendenti e collaboratori che hanno meno familiarità con le nuove tecnologie. Anche nel caso di una comunicazione digitale è bene calcolare un budget di spesa che tenga conto del tempo impiegato dalle risorse per creare e trasmettere i contenuti. Vanno presidiati l’andamento e i risultati dell’attività attraverso un monitoraggio che rilevi l’efficacia delle informazioni fornite, quanti le hanno ricevute e lette, sondaggi, commenti, cosa dei valori e degli obiettivi dell’azienda è stato effettivamente percepito e, ove opportuno e funzionale, divulgare alcuni di questi risultati al personale stesso. Infine, ma non ultimo, va definito il linguaggio della comunicazione, generalmente “il gergo” in uso all’interno dell’azienda che deve essere valutato nei toni formali o informali e nella scelta dei contenuti, a seconda dei gruppi dei destinatari.

Foto: © Corbis

La pianificazione delle attività di comunicazione interna Secondo uno studio condotto da A.LEA Action Learning per conto del Formez, Centro di formazione e studi, affinché un progetto di comunicazione interna abbia successo, deve presentare cinque requisiti essenziali: • gli strumenti e le risorse vanno utilizzati all’interno di una cornice unitaria di riferimento • è necessario dotarsi di competenze specialistiche, ma anche costruire competenze diffuse all’interno dell’organizzazione • le potenzialità tecnologiche di informazione e comunicazione vanno sfruttate al meglio delle loro possibilità • la direzione aziendale deve essere parte attiva e snodo critico per la diffusione della cultura della comunicazione e dell’ascolto • va curato il rapporto tra comunicazione interna ed esterna Lo sviluppo del progetto avviene generalmente attraverso un grup-

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I corsi di formazione di Seat Corporate University per i Clienti SEAT Seat Corporate University, scuola di eccellenza nella formazione del personale, è opportunamente strutturata per offrire ai clienti SEAT un vasto catalogo di corsi di formazione in particolare per quanto riguarda le tecniche di vendita e la consulenza per la comunicazione di marketing e pubblicitaria.

Internet, Web 2.0 e i mondi virtuali

Questo corso è dedicato a coloro che sono interessati a scoprire le potenzialità del Web 2.0 nell’ambito della generazione e mantenimento dei network di utenti/clienti/fornitori. Attraverso una fruizione interattiva, si approfondiscono i meccanismi di funzionamento dei motori di ricerca e le novità introdotte dalle moderne tecnologie in termini di interazione utente-utente oltre a vagliare i potenziali benefici che un’azienda può trarre dalla gestione della propria comunicazione in ottica collaborativa. Il corso termina con uno sguardo verso le frontiere più innovative di comunicazione e un approfondimento sui mondi virtuali. Codice Corso: WEBSL

Da supporto ad assistente: un nuovo ruolo per le risorse della segreteria

Il corso, attraverso un’analisi dei modelli di comportamento efficaci in rapporto al ruolo, intende sviluppare un atteggiamento positivo di calma e di empatia in funzione antistress e antifrustrazione, che consenta di mantenere elevata l’immagine di se stessi e dell’azienda anche nei momenti di difficoltà. Instaurare una comunicazione efficace e assertiva migliorando i rapporti fra pubblico-colleghi-superiori e riconoscere i fattori condizionanti e gli ostacoli del processo comunicativo verbale e non verbale. Codice Corso: SCU–03

Formazione Venditori per le piccole medie imprese

Il corso si propone di fornire alle figure commerciali, le core competence necessarie per avviare una relazione commerciale, individuare efficacemente i bisogni del cliente, proporre le soluzioni più adatte e gestire, in fase di proposta, le sue possibili obiezioni. Oltre a momenti di lezione frontale, il corso prevede numerose riflessioni ed esercitazioni, che permettono ai partecipanti di sperimentarsi, in una situazione guidata, e di superare le difficoltà connaturate al ruolo professionale che stanno svolgendo o al quale si stanno avvicinando. Codice corso: SCU-08 Seat Corporate University è in grado di organizzare corsi di formazione secondo le esigenze specifiche di ciascun Cliente SEAT. Per richiedere la visita di un account di Seat Corporate University o per informazioni inviare una e mail o telefonare al Numero Verde riportati in calce.

Per informazioni sull’iscrizione ai corsi contattare: fax: 011 435.2607 e-mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity

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Scheda d’iscrizione ai corsi di Seat Corporate University per i Clienti SEAT Titolo del corso:…...........…………………………………………………….………………………………………………….. Data Edizione: .....…………….… Sede: ............…………………………………………………..…….…….….…….……. N. di Iscrizioni: ...…...........………..........………Costo Complessivo: ..........…………………….…….…….…............ Nome e Cognome del/dei Partecipante/i:…………...............................................……………………………………… ………..…………………………………………………………………………………………………………………................. .......………………………………………………...........................…………………………………………………..………… ………………………......................…………………………………......................…………………………………............. Funzione aziendale:…………………............………………………………………………………………………………….. Fatturare a:…...........…....…………………………………………………………………………………………………........... Ragione Sociale:.......…........…………………………………………………………………………………………......……... Indirizzo:…….......….……………………………………………………………………………………………………………. Città:…….....……………......……………………………………………….........CAP: .....…....… Prov: ….………………….. P. IVA o codice fiscale: ..........….......…………………………………………………………………………………………. Per informazioni:…....….......…………………………………………………………………………………………………… Tel:…………………………............…………………………….......Fax: ..……………………………………………………… E-mail:……....…….......………………………………………………………………………………………………………. Data e Firma …….........……………………………………………………………

inviare la scheda al seguente indirizzo: Seat Corporate University - Via Saffi, 18 - 10138 - Torino o via fax al numero 011 435 2607

Modalità di iscrizione L’iscrizione si intende perfezionata al momento del ricevimento della presente scheda di iscrizione regolarmente compilata e sottoscritta in ogni sua parte, che dovrà pervenire almeno 30 giorni prima della data del corso. Inviare a: Seat Corporate University, via Aurelio Saffi 18, 10138 Torino, o anche via fax allo 011.435.2607 Condizioni di pagamento I pagamenti dovranno pervenire entro 15 giorni dalla data di inizio del corso in un’unica soluzione tramite bonifico bancario, a favore del seguente c/c intestato a SEAT Pagine Gialle S.p.A: Beneficiario: SEAT Pagine Gialle S.p.A Banca di Roma - Capitalia Via Alfieri, 8/10 10121 - Torino ABI: 03002 - CAB: 01015 - C/C: 65505657 - CIN: L Nella causale del bonifico che perverrà, è indispensabile che risulti ben visibile che si tratta di un versamento a favore di Seat Corporate University. Disdette Le iscrizioni possono essere annullate fino a 10 giorni prima della data di inizio del corso. In caso di mancata o tardiva disdetta la Seat Corporate University fatturerà l’intera quota. Annullamento del corso Seat Corporate University si riserva la possibilità di annullare o rinviare il corso nel caso in cui non si sia raggiunto il numero minimo di partecipanti stabilito in 5 unità entro 7 giorni dalla data di inizio del corso. Ogni variazione sarà tempestivamente segnalata alle aziende partecipanti e le eventuali quote già versate saranno rimborsate. Informativa Privacy Ai sensi dell’art. 13 del D.lgs 196/203, Vi informiamo che i dati sopraindicati, conferiti volontariamente nel comporre la presente iscrizione, verranno trattati in forma elettronica e nel rispetto della normativa citata dal titolare del trattamento Seat Corporate University s.c.a.r.l., per le finalità sotto indicate. I dati acquisiti tramite il presente modulo sono raccolti per le finalità connesse allo svolgimento del corso e trattati da persone incaricate del trattamento. I suddetti dati potranno essere utilizzati anche per informarVi dei nostri futuri eventi se esprimerete il Vostro consenso barrando l’apposita casella. Vi informiamo, inoltre che potete esercitare i diritti di cui agli art. 7 e seguenti del Codice in materia di protezione dei dati personali. Per esercitare tali diritti potrete rivolgerVi mediante comunicazione scritta a Seat Corporate University via Saffi 18 10138 Torino. Diamo il nostro consenso al trattamento dei dati conferiti per finalità informative sui Vostri futuri eventi Sì

No

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n°10 \ settembre - ottobre 2007

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SEAT ConVoi

N°10\ settembre-ottobre 2007

Domenico Mangano vince la terza edizione del concorso PagineBianche d’Autore® con l’opera “Storie con le maschere” e si aggiudica la prestigiosa borsa di studio di mesi a New York presso l’ISCP SEAT Pagine Gialle in collaborazione e con il sostegno della Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee, Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (DARC) e l’Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani (GAI), premia Domenico Mangano, vincitore della terza edizione del concorso PagineBianche d’Autore, con la borsa di studio di 6 mesi a New York presso Iscp. La premiazione avverrà nell’ambito dell’iniziativa “Cantieri Creativi. Giovani idee cambiano l’Italia”, organizzata e promossa dal Ministero per le Politiche giovanili e le Attività Sportive. Sono circa mille i candidati che hanno partecipato alla terza edizione del concorso su tutto il territorio nazionale. Numeri che evidenziano il successo di un’iniziativa, giunta alla terza edizione, che vuole promuovere la creatività e il dinamismo dell’arte giovane in tutte le case e le aziende grazie alla straordinaria diffusione del sistema PagineBianche di SEAT.

“Cantieri creativi: giovani idee cambiano l’Italia” SEAT Pagine Gialle sostiene e partecipa alla due giorni promossa dal Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive sul tema della giovane creatività SEAT Pagine Gialle partecipa alla due giorni dal titolo “Cantieri creativi: giovani idee cambiano l’Italia” organizzata dal Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive (POGAS) in collaborazione con la Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (DARC) e la rete Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani (GAI). SEAT Pagine Gialle conferma così il suo impegno e il suo sostegno ai giovani talenti italiani su molteplici fronti, dall’arte al design alla didattica, alla ricerca scientifica, posizionandosi come motore di creatività per cittadini, imprese e istituzioni. Il sostegno al Design italiano è il nuovo progetto di SEAT a supporto dell’innovazione e della creatività: a partire dall’edizione torinese, sulle copertine dei volumi PagineGialle, saranno pubblicati alcuni oggetti della Collezione Storica del Premio Compasso d’Oro ADI. Questo progetto realizzato in partnership con la Fondazione ADI (Associazione per il Disegno Industriale) e le principali Istituzioni Organizzatrici della manifestazione, si inserisce nell’ambito delle iniziative di “Torino 2008 World Design Capital” e coinvolge tutti gli italiani in un concorso letterario. Per partecipare basta inviare racconti e fotografie che illustrino/raccontino uno spaccato della propria vita quotidiana in cui l’oggetto di Design sia co-protagonista di un ricordo, di un’esperienza. I migliori saranno raccolti in una pubblicazione realizzata con l’ADI, che sarà presentata alla Fiera Internazionale del Libro di Torino nel 2008.

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Pubblicato a Torino nel mese di agosto 2007 Periodico bimestrale edito da SEAT Pagine Gialle Sede legale Milano, via Grosio 10/8 Sede secondaria Torino,via Aurelio Saffi18 infomagazine@seatconvoi.it www.convoimagazineseat.it www.seatconvoi.it Registrazione presso il Tribunale di Torino in data 27 febbraio 2006, numero 5946 Direttore Responsabile Roberto Franchini Responsabile Progetti Editoriali di SEAT Pagine Gialle Radames Trotta Coordinamento Editoriale Giancarlo Beck Giovanna Coggiola Giuseppe Fernicola Paolo Giuri Piero Sassi Realizzazione Editoriale QB Creative Solutions Milano, via Bronzino 41 Progetto Grafico WebScience s.r.l. Milano, via Bernina 41 Fotografie Corbis Italia s.r.l. Milano, via Lombardini 13 Stampa Stamperia Artistica Nazionale Torino, Corso Siracusa 37 Pubblicità su SEAT ConVoi e copie arretrate Inviare una mail a infomagazine@seatconvoi.it consultare i siti www.convoimagazineseat.it www.seatconvoi.it o telefonare allo 011 4352140

SEAT ConVoi è una testata di proprietà di Seat Corporate University, Scuola di Comunicazione d’Impresa di SEAT Pagine Gialle


3,9 MILIONI DI CONSULTATORI IN PIÙ DA QUANDO È NATA FRANCESCA*

*Fonte: Eurisko Sinottica (individui 14-74 anni) ediz. 2005/1 vs. 2003/1



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