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a n n o I I - n°11 \ n ovem b re - d i cem b re 2 0 07 - p rez zo d i cope r t i n a 3,0 0 €
I distretti industriali alla prova della globalizzazione
\Storie di successo
Al servizio dell’ambiente Gruppo Marazzato
La cultura dello spazio Contact
La casa su misura Fumagalli
\Comunicazione e Marketing
\Tendenze e nuovi mercati
Low budget, high impact Come è possibile pianificare strategie pubblicitarie con budget, spesso, contenuti?...
Da cellulare a Personal Communication Device L’evoluzione tecnologica e i nuovi stili di consumo stanno trasformando il cellulare...
\Formazione
Prontoseat, un caso di successo: quando il dialogo tra azienda e dipendenti è vincente...
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\Primo Piano
I distretti industriali alla prova della globalizzazione
Il sistema dei distretti ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo dell’economia del nostro Paese. Ma anche per le imprese distrettuali si pone il problema di come colmare il gap di competitività nei confronti delle produzioni dei paesi a più basso costo del lavoro
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Comitato Scientifico Seat Corporate University Prof. Massimo Bergami Docente Organizzazione Aziendale Università degli Studi di Bologna Consigliere Delegato ALMA Graduate School
Dott. Aldo Bonomi Sociologo, Direttore A.Aster
\Comunicazione e Marketing
Low budget, high impact: i media per le piccole e medie imprese Come è possibile pianificare strategie pubblicitarie di successo con budget, spesso, contenuti?
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Dai mass media ai LifeStyle media La televisione è stata per lungo tempo il principale mezzo di massa. Ma oggi, grazie ai nuovi media e alle tecnologie, dovrà trasformarsi per adattarsi ai nuovi stili di consumo degli spettatori
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L’efficacia delle promozioni di prezzo Communication promotion o taglio prezzo? Lavorare sui volumi di vendita o sulla brand equity? Nel Largo Consumo sembra che la soluzione più efficace consista nell’adottare entrambi gli approcci
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Prof. Mario Calderini Docente Strategia e Innovazione Politecnico di Torino
Dott. Pierluigi Celli Direttore Generale LUISS Guido Carli
Ten. Gen. Giuseppe Cucchi Segretario Generale Censis
Dott. Corrado Ruffini
Director McKinsey & Company
Prof. Severino Salvemini Docente Organizzazione Aziendale Università Bocconi di Milano
Prof. Gian Luigi Vaccarino Docente Economia Università di Torino
fax 011.435.2607 e-mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity
\Tendenze e nuovi mercati
Presenza a titolo personale
I manifesti pubblicitari sensoriali Catturano l’attenzione, coinvolgono i consumatori e li stimolano ad interagire: sono le affissioni interattive, cartelloni pubblicitari che “profumano, “parlano” e “inviano messaggi” sul cellulare
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Da cellulare a Personal Communication Device L’evoluzione tecnologica e i nuovi stili di consumo stanno progressivamente trasformando il cellulare da semplice strumento di contatto a strumento di entertainment e di comunicazione multimediale
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\Storie di Successo
La solidità aziendale, l’esperienza, i costanti investimenti in innovazione, l’attenzione nei confronti delle normative di legge, l’adeguata formazione del personale e un’ ampia gamma di servizi garantiscono ai clienti prestazioni di elevata qualità e affidabilità
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La cultura dello spazio Contact è un punto di riferimento nel settore della progettazione e della realizzazione degli arredamenti per ufficio. L’azienda è in grado di soddisfare le esigenze di comfort di chi vive nel luogo di lavoro e di realizzare sistemi integrati e funzionali per le imprese
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La casa su misura Oltre ai sistemi di costruzione edile tradizionali, la Fumagalli Edilizia Industrializzata ha perfezionato sistemi di prefabbricazione che permettono di realizzare capannoni industriali, complessi commerciali e ville residenziali di prestigio chiavi in mano
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Sommario
Al servizio dell’ambiente
I processi digitali di fatturazione e di gestione del ciclo dell’ordine
\Fare impresa
La Direttiva UE 2001/115/CE ha istituito la fatturazione elettronica. I processi digitali, infatti, consentono di realizzare significativi risparmi economici e di ottenere una maggiore efficienza gestionale
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Esportare in Russia L’export italiano in Russia è in costante crescita. Ma la qualità del Made in Italy non è sufficiente: le imprese, per rafforzarsi e crescere, devono anche investire in strategie e strutture distributivo-commerciali e in comunicazione pubblicitaria
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Il team management: costruire la squadra vincente
\Formazione
Per affrontare problemi complessi e vincere sfide difficili è sempre più necessario adottare un approccio multidisciplinare
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Prontoseat, un caso di successo: quando il dialogo tra azienda e dipendenti è vincente Identità e missione aziendale devono essere comunicati a chi lavora in azienda, prima ancora che al mercato e ai potenziali clienti
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ricerca gli articoli di tuo interesse sul sito del magazine all’indirizzo www.convoimagazineseat.it
n°11 \ novembre - dicembre 2007
\ Primo Piano
I distretti industriali alla prova della globalizzazione Il sistema dei distretti ha contribuito in modo decisivo, negli ultimi decenni, allo sviluppo dell’economia del nostro Paese. Ma anche per le imprese distrettuali si pone il problema di come colmare il gap di competitività nei confronti delle produzioni dei paesi a più basso costo del lavoro. È, quindi, attuale il dibattito sulla delocalizzazione
I distretti industriali un modello di successo
194 distretti realizzano il 38% del PIL e assorbono il 40% dell’occupazione manifatturiera del nostro Paese Il territorio come fattore di creazione di valore aggiunto La delocalizzazione e i distretti
\ Primo Piano
I distretti industriali, ieri e oggi Introdotti con la legge 317/1991 -Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese- i distretti industriali sono, secondo la definizione ufficiale “aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese”. Questa definizione è stata poi ulteriormente ampliata dalla legge 140/1999 -Norme in materia di attività produttive- che ha introdotto i Sistemi Produttivi Locali (“Contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna”). Secondo la nuova norma i distretti industriali sono, quindi, “Sistemi
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Evoluzione delle esportazioni dei distretti industriali per macroarea (indici: 1991=100. Dati a prezzi correnti)
Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati ISTAT
Produttivi Locali caratterizzati da un’elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese.” In sintesi, il distretto industriale comprende piccole e medie aziende concentrate in uno spazio geografico ristretto, specializzate in un determinato tipo di prodotto, che proprio in virtù della loro vicinanza territoriale e della condivisione del medesimo ambiente socio-culturale, realizzano reciprocamente una serie di integrazioni, raggiungendo risultati che non potrebbero ottenere separatamente e che, spesso, superano quelli conseguibili da un’unica grande azienda. Il distretto, rappresenta, quindi, un’unità intermedia fra le “micro” dimensioni della piccola azienda e quelle “macro” della grande industria: una sorta di “mercato nel mercato” poiché al suo interno si attuano scambi commerciali, tran-
sazioni economiche e scambi di innovazione e di tecnologia. Nati ben prima che le leggi li ufficializzassero, alcuni distretti italiani hanno origini storiche, riconducibili alla disponibilità di risorse naturali o alla presenza di una grande industria che ha agito da centro di fertilizzazione di un’intera area o di una scuola di formazione sul territorio. In altri casi la formazione dei distretti è avvenuta spontaneamente a seguito di processi nati dal basso -questi distretti, in particolare, sono difficilmente rilevabili dalle statistiche ufficiali, rappresentando un fenomeno non a caso definito “di industrializzazione sommersa”che ha trasformato intere regioni, interessando talvolta anche zone prive di tradizione industriale. Secondo l’ultimo censimento Istat (pubblicato nel 2005) in Italia si contano 194 distretti industriali che realizzano il 38% del Pil del
Foto: © Corbis
Nell’ultimo trentennio l’economia italiana ha puntato su un modello sempre più strutturato di piccola e media impresa. In conseguenza di ciò, il peso della crescita economica del nostro Paese ha “gravato” fortemente sulle spalle degli organismi produttivi di minore dimensione, dando vita ad un fenomeno di successo, quello dei distretti industriali, che grazie alla possibilità di sviluppare economie di scala e di reperire risorse, parcellizzandone l’onere tra i diversi attori della filiera, ha consentito di reggere la competizione sui mercati di fronte a grandi aziende integrate verticalmente. Ma anche il sistema dei distretti è, ora, minacciato dalle produzioni dei paesi a basso costo di manodopera e deve sapersi adeguare alle trasformazioni in atto nella geografia mondiale della produzione e del commercio.
\ Primo Piano
Foto: © Corbis
Paese e danno occupazione al 40% della forza lavoro impiegata nelle produzioni manifatturiere. La maggior parte dei distretti, 119, è collocata nel Nord, segue il Centro con 60 distretti ed il Sud con 15. I principali settori sono il tessile e l’abbigliamento (70 distretti), le pelli, il cuoio e le calzature (28), i prodotti per la casa (37), la meccanica (33) e gli alimentari (17 distretti). A prescindere, quindi, dal giro d’affari realizzato, la fitta rete dei distretti industriali italiani ha rappresentato a lungo il motore dello sviluppo territoriale del Paese. L’aggregazione territoriale delle aziende specializzate e integrate tra loro in filiere produttive ha, infatti, creato occupazione mentre la grande industria ne ha persa costantemente.
Distretti e internazionalizzazione dei mercati La vocazione all’export dei distretti nasce dalla crisi economica degli anni Settanta, anni durante i quali la congiuntura macroeconomica
\ Primo Piano
-l’aumento dei costi delle materie prime, l’inasprimento delle rivendicazioni sindacali, l’aumento dei tassi di interesse e l’incontrollato dilagare dell’inflazione- penalizzò in modo particolare le grandi imprese. Ad essere favorite, in quel contesto, furono le piccole e medie imprese, che presentavano un minore livello di indebitamento verso il settore creditizio e una maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro. Le piccole e medie impre-
se colsero, quindi, l’opportunità di espandersi all’estero superando il ristretto ambito territoriale ove, sino ad allora, realizzavano la gran parte del proprio giro d’affari. I primi segnali di crisi si manifestarono nel 1996 quando, in alcuni comparti di specializzazione, come quello della moda, i costi di produzione non ressero alla competizione dei nuovi produttori che si erano, nel frattempo, affacciati sui mercati internazionali. Per superare questo gap di competitività, le imprese operarono una revisione dei mercati di sbocco, per specializzazione geografica dell’export, e un riposizionamento della produzione verso l’alto, con l’abbandono dei segmenti di produzione a più basso valore aggiunto. In alcuni settori, come il tessile-laniero, il calzaturiero o il mobilio, la concorrenza fu contrastata anche introducendo nuove ed efficienti automazioni nei processi produttivi e puntando sul valore e sulla creatività tipica del Made in Italy. La ripresa, dopo gli anni della riorganizzazione, trova conferma nei dati Censis del 2006, ed interessa, in modo particolare, le aree specializzate nei beni per l’edilizia, nei prodotti per la casa,
Le caratteristiche del distretto industriale • • • • • • •
un’area territoriale precisa e delimitata la presenza nell’area di imprese artigianali di piccole medie dimensioni la presenza di un prodotto specifico l’esistenza di una filiera produttiva la flessibilità elevata che consente una riconversione dell’offerta a seconda delle esigenze della domanda un forte legame di rapporti tra committenti e subfornitori la presenza di istituzioni locali -amministrazioni, banche, associazioni di categoria, centri servizi- che favoriscono la crescita economica
I nuovi strumenti finanziari per i distretti Una diretta conseguenza delle dimensioni ridotte delle imprese che compongono la struttura dei distretti industriali è, molto spesso, la difficoltà di accedere a strumenti finanziari e creditizi che sono, invece, la fonte primaria di risorse per le aziende di grandi dimensioni. Sull’onda della rinnovata attenzione, anche a livello governativo, nei confronti dei distretti industriali come fattore di crescita dell’economia produttiva nazionale, sono state introdotte recentemente misure per rimuovere questo vincolo. In particolare, la Legge 266/2005 -la Legge Finanziaria 2006- al comma 368 prevede la costituzione dei “bond di distretto” e dei fondi di investimento distrettuali. I bond di distretto rappresentano una novità assoluta per il settore e prevedono la possibilità di cartolarizzare i crediti delle aziende distrettuali ponendoli a garanzia di “credit linked notes” destinati ad operatori istituzionali attraverso il collocamento da parte di una società costituita ad hoc che ne assume, anche, il rischio. Questo strumento, potenzialmente in grado di generare risorse in tempi brevi, è stato sino ad ora poco utilizzato perché, a parere degli addetti ai lavori, troppo complesso, in particolare per i distretti minori. I fondi di investimento distrettuali forniscono, invece, la possibilità di costituire, con l’apporto di soggetti pubblici e privati, fondi di investimento in capitale di rischio nelle imprese che fanno parte del distretto. In altre parole è previsto il ricorso a operazioni di private equity, realizzate attraverso fondi partecipati da investitori istituzionali, per dotare le imprese delle risorse finanziarie necessarie al loro sviluppo.
nei prodotti in metallo per l’industria, nella meccanica strumentale, nell’alimentare e nei prodotti finiti del sistema moda, mentre appare ancora poco consolidata la situazione del comparto del tessile-abbigliamento. La delocalizzazione e i distretti In un contesto temporale che abbraccia oltre un trentennio, le piccole e medie imprese italiane hanno, quindi, aperto un nuovo capitolo, internazionalizzandosi, con forti implicazioni sulle reti commerciali e di fornitura, sul riposizionamento della propria offerta di prodotto e, non meno importante, sull’organizzazione della produzione. Processo, quest’ultimo, risultato particolarmente critico per l’emergere del gap di competitività che separa le imprese del nostro Paese da quelle dei paesi emergenti. Molte piccole e medie imprese, anche distrettuali, per difendere, quindi, la propria posizione competitiva, hanno fatto ricorso a processi di deloca-
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lizzazione, trasferendo le attività ad alta intensità di lavoro in paesi contraddistinti da abbondanza di
manodopera a costi limitati. Ma la delocalizzazione per le imprese distrettuali può presentare una
La specializzazione geografica dei distretti industriali
(Composizione percentuale dell’export)
Nota: i Vicini non Ue-15 comprendono l’Islanda, la Norvegia, la Svizzera, il Medio Oriente, l’Europa Centro Orientale, l’Asia Centrale e Transcaucasica, la Turchia, il Marocco, la Tunisia, l’Algeria, l’Egitto, la Libia Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati ISTAT
\ Primo Piano
complessità maggiore rispetto a quelle che operano fuori dai distretti a causa delle implicazioni e delle ricadute che questa scelta comporta per le proprie attività e per il sistema distrettuale nel suo complesso. La piccola e media impresa distrettuale ha, infatti, come caratteristica determinante per la
creazione del proprio valore aggiunto la stretta interrelazione fra processo di produzione e il luogo in cui questa attività si realizza: la fabbrica non è un semplice luogo di produzione, ma grazie al contributo di tutte le aziende della filiera produttiva del distretto, diviene un laboratorio permanente di spe-
rimentazione e apprendimento. Sotto questo profilo, la decisione di trasferire stabilimenti e processi produttivi all’estero potrebbe comportare il rischio della perdita dei luoghi e delle relative opportunità di creazione di valore. L’alterazione, inoltre, nel rapporto “storico” fra impresa e fornitori abituali
Meglio dentro o fuori dai distretti? Uno studio di Intesa Sanpaolo segnala che, rispetto agli ultimi anni, nel corso del primo semestre del 2007 si è evidenziato un trend controcorrente nei tassi di crescita delle imprese distrettuali rispetto a quelle non distrettuali. Dopo il 2006, caratterizzato da una crescita sostanzialmente uguale tra le due tipologie di imprese, i primi mesi del 2007 registrano, a parità di specializzazione, una dinamica sfavorevole ai distretti, in crescita dell’8,1% contro il 10,4% delle imprese non distrettuali. Questo cambio di rotta non marca ancora la fine del cosiddetto “effetto cluster”, ovvero del margine di vantaggio competitivo delle imprese distrettuali rispetto a quelle esterne, che per oltre quindici anni, pur con inevitabili oscillazioni, ha garantito ai distretti industriali dinamiche di crescita più favorevoli sia nella produzione e nell’export, sia nei margini operativi e nel ritorno degli investimenti. È un sintomo, tuttavia, di come non tutti i territori e i comparti dei distretti siano stati in grado di adeguarsi alle trasformazioni dovute alle aperture internazionali dei mercati. Tra territori e comparti, prevale, a questo proposito, il fattore territoriale, come è dimostrato dall’andamento divergente di distretti operanti nello stesso comparto, ma in aree diverse del nostro Paese. Nel comparto della pelletteria, per esempio, mentre il distretto toscano di Santa Croce sull’Arno conserva ottimi livelli concorrenziali, tanto che nel biennio 2005-2006 ha registrato una crescita nell’export, confermata anche nei primi sei mesi del 2007, nell’analogo distretto di Solofra, nell’avellinese, le esportazioni mostrano un trend negativo. Inoltre, paradossalmente, ciò che dovrebbe costituire un altro punto di forza dei distretti, ovvero la prossimità fisica delle imprese, rischia di rivelarsi un impedimento all’innovazione. Un’indagine realizzata da Tedis, il centro studi della Venice International University segnala, infatti, che le tecnologie di rete più evolute, in particolare i sistemi gestionali e i groupware come gli ERP -Enterprise Resources Planning- e i SCM -Supply Chain Management- faticano a far breccia all’interno dei distretti. Eppure queste tecnologie, secondo lo studio, saranno presto indispensabili per conservare i vantaggi competitivi. Secondo l’indagine, le imprese che operano al di fuori degli ambiti distrettuali sostengono maggiori investimenti in queste soluzioni e dispongono mediamente di supporti tecnologici più evoluti. In tutti gli indicatori presi in considerazione il “non distretto” supera il distretto: il divario più elevato si registra, per esempio, nelle applicazioni di Management Customer Relationship, con una presenza del 20,7% nelle aziende non distrettuali che scende al 9,6% in quelle distrettuali. Questo gap è motivato, secondo Tedis, proprio dalla prossimità fisica delle imprese distrettuali: chi opera in un distretto industriale ha fornitori e partner vicini, sfrutta tecnologie comuni ed è, quindi, meno incentivato ad investire in innovazione. Spiegazione logica, che però, nel nuovo scenario, rischia di non far decollare progetti di sviluppo che guardano al di là dei confini delle storiche aree geografiche di riferimento.
\ Primo Piano
L’export dei distretti torna a crescere Puntare sull’alto di gamma, abbandonare gradualmente le produzioni a basso valore aggiunto, sfruttare l’ancora forte appeal del Made in Italy per vincere la concorrenza dei prodotti “no branded, low” proposti dai produttori dei paesi dove la manodopera costa così poco, da essere una commodity. Queste ricette, ripetute tanto spesso negli anni della transizione da diventare dei luoghi comuni, sono realtà. Nel 2006 le esportazioni dei distretti industriali italiani, compresi nell’indice Edison, sono cresciute fino a 66,8 miliardi di euro, superando così il tetto dei 63 miliardi raggiunto nel 2001, anno record prima della fase di crisi. I risultati del 2006 dimostrano che, ancora una volta, il tessuto delle piccole e medie imprese che ha dato vita al sistema dei distretti industriali ha saputo trovare in sé il dinamismo, la flessibilità e le capacità tecnicocommerciali per superare le difficoltà. E senza poter neppure contare sull’aiuto di un cambio favorevole, poiché l’euro si mantiene stabilmente ai suoi massimi nei confronti del dollaro, valuta alla quale sono agganciate tutte quelle dei paesi manifatturieri del Far East, Cina in testa. Che il risultato conseguito nel 2006 non sia un exploit isolato, lo confermano anche le prime indicazioni di inizio 2007, che registrano una crescita sensibile dell’export in comparti chiave come la meccanica, il mobile, la moda e il tessile. Anche sui 66,8 miliardi di export del 2006 i vari comparti hanno inciso in maniera differente: a fronte dell’incremento medio del 6,3% sul 2005 si sono registrati incrementi del +9,6% della meccanica, carta, gomma e plastica e del +8,2% nell’alimentare e vini. In media l’high-tech, con il 6,2%, mentre i tassi di crescita del 4,4% nella moda e del 3,7% nell’arredamento, pur inferiori a quelli del mercato, sono significativi indizi della fine della crisi di questi settori, stretti tra concorrenza globale e delocalizzazione produttiva quasi obbligata. Dal punto di vista territoriale, tuttavia, la situazione è tutt’altro che omogenea: bene i distretti del centro-nord -in particolare il Nord Ovest con un’overperfomance dell’8% grazie al settore meccanico- mentre il Sud sconta con un arretramento dell’export (-10,3%).
-laddove l’impresa ha da sempre rappresentato per il tessuto produttivo locale una fonte significativa di crescita- rischia di mettere a repentaglio la solidità stessa del modello distrettuale. Se, quindi, anche per le imprese distrettuali la delocalizzazione si pone come valida strategia competitiva, è opportuno che esse vi procedano salvaguardando i territori da cui traggono i propri principali vantaggi competitivi e selezionino -in un’ottica che accomuna la propria crescita a quella delle altre imprese distrettuali- le attività che
devono essere strategicamente mantenute a livello locale, da quelle che possono essere trasferite in contesti esterni senza per ciò indebolire il sistema distrettuale di cui sono parte. L’impresa, in sostanza, nella scelta delle attività da delocalizzare, deve, quindi, sapersi proiettare strategicamente sulla propria organizzazione attuale e futura ed essere cosciente che non è conveniente indebolire il solido tessuto su cui essa poggia. Una scelta difensiva che si limiti soltanto a ricercare costi del lavoro più contenuti, rischia, in-
fatti, di far perdere importanza al territorio, mentre un percorso di sviluppo più propositivo ed organico, che non abbandona il territorio, ma riparte proprio da esso e ne valorizza la ricchezza del tessuto economico-sociale, può conciliare vantaggi localizzativi e sviluppo dei mercati locali. In questo senso la delocalizzazione può rappresentare un’opportunità per ripensare il modello distrettuale, dando anche un impulso alla ricerca di maggiori efficienze, innovazioni e all’apertura di nuovi mercati.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [Piccole e Medie Imprese, i motori della ripresa] / [Rapporto Export] / [I finanziamenti agevolati per le PMI]
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Low budget, high impact: i media per le piccole e medie imprese Come è possibile pianificare strategie pubblicitarie di successo con budget, spesso, contenuti? Occorre mirare al proprio target e concentrare gli investimenti nel giusto media mix in base al proprio modello di business, evitando inutili e improduttive dispersioni
\ Comunicazione e Marketing
n°11 \ novembre - dicembre 2007
Esempi di strategia di comunicazione Tipi di azienda
A chi
Cosa
Come
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Televisione nazionale Stampa
Grande marca del largo consumo
Massa di consumatori
Stimolare i bisogni d’acquisto
Azienda di prodotti per le imprese
Altre aziende/ distributori
Specificità dei propri prodotti
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Stimolare i bisogni di acquisto Reperibilità
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Directories Televisione locale Stampa/radio Altri media below the line
Reperibilità Distintività della propria offerta
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Directories locali Volantini Promozioni
Grande concessionaria d’auto
Residenti in una regione/città
Negozio
Residenti in una città/quartiere
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Fiere Cataloghi Directories specializzate
Fonte: SEAT Pagine Gialle
La strategia di comunicazione delle piccole e medie imprese II marketing e la comunicazione delle piccole medie imprese si distinguono nettamente da quello delle grandi aziende, anche se al pari di queste ultime rappresentano una risorsa e una leva competitiva determinanti. Per raggiungere i propri target, costituiti dalle decine di milioni di potenziali consumatori presenti nel mercato, le grandi imprese si avvalgono prevalentemente di mezzi di comunicazione di massa: tra questi dominano la televisione e la stampa che secondo recenti dati di UPA -l’associazione che raggruppa i grandi investitori pubblicitari italiani- assorbono circa l’85% del totale degli investimenti pubblicitari nazionali dell’area dei mezzi “classici”. Le piccole e medie imprese si caratterizzano, al contrario, per la necessità di indirizzare in modo mirato la propria comunicazione: poiché operano in ambiti territoriali circoscritti o mirano a target potenziali specifici, non è utile né conveniente per loro rivolgersi all’intero mercato. Aldilà, quindi, degli investimenti spesso proibitivi, è l’incoerenza stessa con il proprio modello di business a rendere improduttivo il ricorso ai mezzi di massa. Le Tv e la stampa
nazionali parlano, infatti, a milioni di consumatori, la maggior parte dei quali non rientra nei target di queste imprese. Esiste, al contrario, una vasta gamma di altri mezzi nei quali le piccole e medie imprese possono investire i loro budget ciascuna secondo il proprio modello di business. Per sostenere la competizione con le grandi aziende, inoltre, le piccole e medie imprese devono puntare su idee innovative e creative, che rendano ancora più efficaci i loro sforzi. Determinante, in questa competizione, a tutto vantaggio delle piccole e medie imprese, è la vicinanza e la relazione diretta con i clienti e i consumatori, che le pone nella condizione di soddisfare, con immediatezza e qualità, i loro bisogni. Il media mix Elemento chiave nella strategia di marketing e di comunicazione di una piccola e media impresa è l’identificazione del giusto mix di mezzi -ciò che secondo la terminologia di marketing è definita la “comunicazione integrata”- ovvero l’utilizzo di mezzi diversi, ma tra loro complementari, per raggiungere il proprio target con lo stesso messaggio. Clienti e consumatori, infatti, utilizzano sempre più
Foto: © Corbis
Spesso focalizzate più sul prodotto che sul marketing, le piccole e medie imprese italiane, rispetto alla media di altri paesi UE, investono ancora poco in marketing e comunicazione. Alla base di ciò vi è, molto spesso, oltre che una limitata disponibilità di budget, una cultura aziendale ancora non del tutto consapevole delle opportunità e del valore di questi strumenti, che sono valutati più alla stregua di un costo, di un pedaggio da pagare “per farsi conoscere”, che di un investimento dal quale estrarre valore. Ove prevale questa cultura, sono anche presenti carenze nella pianificazione, nella struttura dedicata e nella gestione dei budget: il tutto si traduce in un approccio tattico basato sul day-by-day e privo di una visione strategica, caratterizzato da un’estrema sensibilità ai costi, che ribalta il paradigma sul quale si fonda il marketing: spesso non si investe per ottenere risultati positivi, ma quando i risultati positivi consentono di destinare risorse alla comunicazione. La comunicazione appare, quindi, come un optional, un “lusso” da tagliare appena le contingenze economiche suggeriscono di contenere i costi aziendali. Inoltre, nel nostro Paese, è spesso diffusa la convinzione che la pubblicità sia solo, o soprattutto, televisiva. Così, disincentivate dalle elevate soglie di accesso delle campagne televisive nazionali, spesso alcune piccole e medie imprese rinunciano ad investimenti di dimensione relativamente contenuta in grado di produrre risultati efficaci, se impostati correttamente. Esistono, infatti, molti mezzi alternativi, dalle directory cartacee e on line, ai media locali e ai new media che possono dare vita a campagne pubblicitarie di alto impatto e rendimento.
\ Comunicazione e Marketing
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Con WLW, anche il mercato tedesco è ora a portata di mano dei clienti SEAT Grazie all’acquisizione di WLW -Wer liefert was? GmbH- il Gruppo SEAT Pagine Gialle, presente già con Europages nel segmento delle directory internazionali rivolte al B2B, diviene il primo operatore di directory on line B2B in Europa e si espande anche sul mercato internet tedesco. La Germania è, infatti, il principale mercato B2B europeo, nonché uno dei maggiori paesi esportatori al mondo, con circa 200mila aziende esportatrici e un altissimo livello di penetrazione internet tra gli operatori economici. L’acquisizione consentirà al Gruppo SEAT Pagine Gialle di raddoppiare sostanzialmente i propri utilizzatori, di avere la possibilità di accedere alle numerose piccole e medie imprese che operano in Germania e di far leva sulla forza vendita di WLW per proporre al mercato l’innovativa offerta multicanale della propria controllata tedesca Telegate. Fondata in Germania nel 1932, WLW è il principale motore di ricerca per le piccole e medie imprese tedesche e vanta una presenza importante e in corso di espansione in altri paesi europei come Austria, Svizzera, Repubblica Ceca e Croazia. WLW può contare su una solida base utenti in Germania, con 1,3 milioni di utenti unici B2B mensili e su circa 30 mila inserzionisti.
mezzi per informarsi e decidere, e conseguentemente anche le piccole e medie imprese, se intendono comunicare con i propri target, devono essere presenti su questi mezzi e assicurarsi che i messaggi sui loro prodotti e servizi siano tra di loro chiari e coerenti. Si stima che, nel nostro Paese, gli investimenti delle piccole e medie imprese ammontino complessivamente a circa 4,3 miliardi di euro, suddivisi principalmente tra directories (1,1 miliardi), media locali (650 milioni di euro), cataloghi, depliant e volantini (620 milioni di euro), fiere (400 milioni di euro), internet (400 milioni di euro) e altre attività e mezzi prevalentemente “below the line”. La scelta che le piccole e medie imprese effettuano nei mezzi di comunicazione e il loro mix è funzionale al segmento di business (B2B o B2C), e quindi al target di riferimento in cui operano. Per le imprese B2B il mix ottimale è costituito dalla presenza in directories internazionali, fiere
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\ Comunicazione e Marketing
e materiali di vendita, mentre per le imprese B2C dalla presenza in directories rivolte ai consumatori (PagineGialle e PagineBianche carta, on line e on voice), da media locali classici e below the line, spesso in abbinamento a promozioni e animazioni sui punti vendita. Per entrambi i segmenti sta assumendo importanza crescente la comunicazione on line. Le directories Essere ricercati dai clienti e consumatori, piuttosto che indurre in loro un bisogno, come avviene nella pubblicità classica, presenta considerevoli vantaggi (la misurabilità, l’elevato ritorno degli investimenti, l’elevato tasso dei contratti conclusi positivamente). Non è, quindi, un caso che gli investimenti in pubblicità direttiva rappresentino la prima voce di spesa delle piccole e medie imprese italiane e che anche le piccole e medie imprese dei principali paesi
UE abbiano operato la medesima scelta: una recente ricerca effettuata da EADP, basata su fattori macroeconomici rilevati da Eurostat, evidenzia, infatti, che a fronte del 24% di imprese italiane che utilizzano questo media, la percentuale di imprese che investono in pubblicità direttiva oscilla dal 30% della Francia sino all’11% della Gran Bretagna, con Spagna e Germania che occupano una posizione intermedia rispettivamente con il 24% e il 20%. A conferma di ciò Eurisko rileva che le consultazioni delle PagineGialle carta di SEAT Pagine Gialle sono cresciute del 10% nel quinquennio 20002005, raggiungendo la soglia di 21 milioni di consultatori nel maggio 2005, mentre l’andamento delle ricerche sulle directory on line del Gruppo è incrementato del 24% nel 2005 rispetto al 2004 passando da 218 milioni di ricerche a 270 milioni. In grande sviluppo l’opportunità di abbinare all’inserzione pubblicitaria una nuova forma
Le Fiere La partecipazione alle fiere, insieme alla presenza sulle directory, rappresenta, secondo una recente indagine Eurisko condotta su un campione di imprese tra i 10 e i 500 addetti, il principale strumento di comunicazione e marketing delle piccole e medie imprese che operano nel segmento B2B. Le fiere, infatti, sono il tradizionale momento di incontro del mondo del business e un’importante opportunità per acquisire visibilità, stabilire rapporti e sviluppare nuovi affari. Per facilitare l’incontro tra domanda e offerta e ottimizzare gli investimenti anche a fiera conclusa, esperti di marketing hanno creato una nuova disciplina: il Marketing Fieristico, le cui tecniche mirano a trasformare le fiere da semplice Market Event in Business Event, grazie anche alla possibilità di sfruttare in modo integrato tutti i momenti -pre, in e post- dell’evento fieristico.
bilità e di ricordo del proprio brand; questa soglia è funzione della frequenza dei messaggi e delle “posizioni” nei quali sono collocati. In sintesi poiché “giusta” frequenza e “giuste” posizioni hanno costi elevati, il raggiungimento di questa soglia, in mezzi come la televisione, comporta investimenti di alcuni milioni di euro. La via perseguita da alcune imprese di pianificare campagne acquisendo a prezzi scontati spazi e “posizioni” marginali, come gli off peak time e i last minute, raramente paga: la dispersione elevata dei singoli flight, insita in questa modalità di pianificazione, generalmente non consente di raggiungere, nel complesso, soglie di ricordo e visibilità apprezzabili. La necessità di contenere gli investimenti e di concentrare i messaggi sui target interessanti per l’impresa, tuttavia, fa emergere possibili alterna-
tive. Un’impresa presente in ambiti geograficamente limitati e che si rivolge a un target trasversale di consumatori finali, può ricorrere a televisioni locali che presentano un radicamento storico sul territorio e offrono, quindi, audience numericamente significative. Se, invece, l’offerta dell’azienda è specializzata e indirizzata a gruppi specifici di consumatori ben identificabili, è possibile valutare l’utilizzo di canali tematici, la tv digitale terrestre e satellitare, i cui singoli bacini di utenza sono ridotti, ma molto segmentati, a fronte di costi relativamente contenuti. Un altro mezzo che presenta un’elevata capacità di segmentazione è la radio, che consente di operare sia su base geografica, sia mirando a target specifici di ascoltatori. La radio è, infatti, un mezzo in grado di fornire un soddisfacente livello di segmentazio-
Foto: © Corbis
di advertising: PagineGialle on line offre, infatti, ai propri clienti la possibilità di realizzare un video promo-pubblicitario, della durata di alcuni minuti, sul proprio business, da collocarsi all’interno dell’inserzione on line. In netta crescita anche la piattaforma on voice, che consente di essere ricercati e trovati da clienti e consumatori anche in mobilità.
I mass media locali: TV, radio e stampa locali Costi elevati e dispersione del messaggio sono i due principali ostacoli, fortemente correlati tra loro, all’accesso ai media di massa da parte delle piccole e medie imprese. L’efficacia di questi mezzi dipende, infatti, dal livello di “pressione” necessario per conseguire un’adeguata soglia di visi-
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ne dei target: l’ascoltatore tipo di una radio di flusso, fatta di musica interrotta solo dalle poche parole dei DJ e dalle dediche, è ben diverso da chi segue, ad esempio, una radio “all news”. L’efficacia e la capacità della radio di segmentare il target sono ulteriormente rafforzate dall’elevato grado di fedeltà degli ascoltatori. La recente indagine Audiradio evidenzia, infatti, che a fronte di un ascolto medio giornaliero pro capite di 2,2 emittenti, il 43% degli italiani si sintonizza sempre sulla stessa radio. Basta paragonare questi dati con il fenomeno dello zapping televisivo per apprezzare la differenza tra i due media. Anche sul piano geografico la radio offre un’ottima flessibilità. In quasi tutte le regioni, infatti, esistono emittenti locali che vantano audience compara-
bili, localmente, a quelle delle radio nazionali come, ad esempio, Radio Subasio, ascoltata quotidianamente in Toscana da 410mila utenti contro i 411mila di Rai RadioUno, o Radio Company nel Veneto, con 481mila ascoltatori rispetto ai 479mila di Rai RadioDue. Lo spot radiofonico comporta, inoltre, bassi costi di produzione. Tra i mezzi classici, infine, la stampa locale ha un ruolo significativo: i quotidiani locali, in particolare quelli con maggiore storia come, ad esempio, la Gazzetta di Mantova fondata a metà del 1600, hanno presenze e diffusioni consolidate che garantiscono audience interessanti e fedeli, mentre sono sempre più numerosi i quotidiani nazionali che dispongono di un dorso “locale” che raccoglie notizie e pubblicità legate al territorio.
Gli investimenti in comunicazione delle piccole e medie imprese (in milioni di €)
Fonte: elaborazione di SEAT Pagine Gialle
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Stanno, inoltre, rapidamente crescendo le diffusioni e le readership dei quotidiani gratuiti, le free press distribuite, su base locale, nei luoghi di maggiore transito o consegnate direttamente a domicilio. A fianco della free press, sono presenti anche periodici legati o al territorio, in genere nelle città di media-grande dimensione, come ad esempio il “che fare stasera?”, o ad ambiti e circuiti specifici, come le palestre per gli appassionati di fitness o le scuole e le università per gli studenti, che raggiungendo target group ben profilati, si dimostrano validi veicoli per comunicazioni mirate. Sempre a livello locale sono efficaci iniziative come la sponsorizzazione di realtà sportive o feste, fiere e altri eventi locali.
I vantaggi dell’online Altro strumento in netta crescita nel media mix delle piccole e medie imprese è il web, che con 22 milioni di utenti Secondo le ultime previsioni di Nielsen Media Research gli investimenti internet attivi nel nostro pubblicitari in Italia nel 2007 vedranno un’importante crescita di internet Paese (dato Audiweb (+36,8%) e un rallentamento della tv generalista (-1,2%). Prevista una “home and work”) rebuona crescita della radio (+5,1%) e dei quotidiani (+3,8%), favoriti anche gistra, anno su anno, dai nuovi lanci e dal rinnovo di alcune testate. Brusca, invece, la frenata per crescite percentuali a gli investimenti nel grande schermo (-5%) e nelle affissioni (-3,8%).Tra i doppia cifra negli invesettori merceologici faranno da traino l’abbigliamento (+10,4%), il stimenti pubblicitari. farmaceutici (+7,6%), l’auto (+2,8%) e la finanza (+9,1%). In pesante calo le Anche le piccole e metoiletteries (-6,7%) e le telecomunicazioni (-5,7%) che negli anni passati die imprese hanno, inavevano sostenuto il mercato. In leggera ripresa la grande distribuzione fatti, scoperto che il web (+3,6%) dopo il calo di otto punti percentuali nell’arco di dieci anni, dovuto porta clienti. Non solo in ad un andamento poco incoraggiante dei consumi. La tv generalista settori come turismo, inrimane sempre e comunque il medium che catalizza la maggior parte degli formatica, finanza, nei investimenti pubblicitari, ma il calo tendenziale riflette la maturità del quali l’abitudine degli mezzo e i sempre più frequenti segnali di insoddisfazione degli investitori utenti alla consultaziopubblicitari sul suo rapporto costo/benefici. Al contrario della tv ne on line è elevatissigeneralista sono previste in forte crescita le “tv segmentanti”, satellitari, ma, ma anche nell’edidigitale terrestre e su altre piattaforme e tecnologie. lizia, nell’artigianato e nelle attività professionali. Se, tuttavia, sino al recente passato, le imprese pensavano che i risultati, in saggi pubblicitari di un’azienda di to aziendale che può essere solo termini di business, coincidessesanitari, per esempio, potranno informativo o anche commerciaro con la pubblicazione del sito, apparire nei siti web dedicati a tele. Nelle attività B2B è molto diffuoggi è evidente che il sito azienmi come la ristrutturazione della sa la consultazione dei listini prezdale è solo il primo passo nella cocasa, il settore immobiliare o nei zi e l’effettuazione di ordini online. struzione di una strategia di web portali specializzati di installatoPiù complessa la gestione dell’emarketing e di visibilità incentrari e costruttori. È possibile, inoltre, commerce nel B2C, dove invece ta su diversi strumenti. Il sito rimadirigere la pubblicità ad utenti di il sito è spesso strutturato solo per ne comunque il punto di partenza, aree geografiche specifiche, per svolgere attività di branding, di fil’erogatore di informazioni e il luoesempio in zone dove è presente delizzazione e di customer relago virtuale cui far arrivare i consula rete commerciale dell’azienda tionship. matori interessati e i clienti. Come inserzionista. La comunicazione la pubblicità tradizionale, anche Anche i motori di ricerca sono uno sul punto vendita l’advertising su internet, in partistrumento efficace a condizioIl punto vendita è il luogo ove il concolare attraverso i banner, genera ne che se ne conoscano funziosumatore entra in contatto in morisultati solo selezionando i cananamento e si abbiano attese reado diretto e “fisico” con la marca e li giusti e veicolando messaggi eflistiche. Si possono “acquistare” dove, in mercati evoluti, il consuficaci. Il messaggio va studiato in parole-chiave, il keyword advermatore è alla ricerca anche di senrelazione al target da raggiungere tising, o ottimizzare il proprio sito, sazioni positive e di gratificazione e il contesto nel quale farlo appariil search engine optimization, per personale. La comunicazione sul re. Le concessionarie di pubblicità conseguire un miglior ranking tra punto vendita deve, dunque, porsi online sono in grado di segmentai risultati organici del motore di ril’obiettivo di trasformare il semplire i siti e i target verso cui veicolacerca. Sia i banner, sia i motori di ce atto di acquisto del consumare le inserzioni pubblicitarie: i mesricerca indirizzano l’utente al si-
Pubblicità, in discesa la tv generalista
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A scuola di comunicazione d’impresa con Seat Corporate University Comunicare con efficacia è una necessità per tutte le imprese, soprattutto in presenza di risorse limitate. Il processo di comunicazione è complesso e richiede una solida conoscenza delle tecniche di base e dei media. Con il corso “Il contributo della comunicazione d’impresa al successo di vendita”, Seat Corporate University si propone di formare chi in azienda ha la responsabilità della comunicazione, individuando le azioni utili per sviluppare le vendite aziendali. Per informazioni Fax: 011 435 2607 E- mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity Scuola di Comunicazione d’Impresa di SEAT Pagine Gialle, Seat Corporate University si propone ai clienti SEAT come scuola di eccellenza nella formazione del personale nelle aree delle tecniche di vendita e della consulenza della comunicazione di marketing e pubblicitaria
tore in un’esperienza anche emozionale destinata a ripetersi. Al di là delle tradizionali promozioni classiche, come il taglio prezzo e gli sconti, la raccolta punti e i gift on pack, per attrarre i consumatori e fidelizzarli, è necessario investire in attività di spettacolarizzazione out-store ed in-store, dall’allestimento delle vetrine ai percorsi guidati all’assortimento. Il punto vendita, in sostanza, non è più solo luogo di scambi commerciali, ma anche luogo ove incontrare altre persone e condividere esperienze divertenti, dove la marca è non solo un elemento di riconoscimento tra diverse offerte di prodotto, ma è anche fonte di sensazioni piace-
voli e di intrattenimento. Il formato più tipico adottato per conseguire questi obiettivi è quello del corner shop, che consente di creare uno spazio di marca all’interno di un negozio già esistente, e che, con un investimento e spese di gestione contenuti, propone una shopping experience completa, corredata anche da attività di sampling e di consulenza di prodotto. All’interno di questi spazi, in particolare quando il punto vendita è interamente dedicato a un brand, come nei negozi monomarca, l’offerta commerciale è spesso affiancata da attività di entertainment, dalla musica alle proiezioni di video, da mini eventi, come un aperitivo,
a servizi, come la presenza di materiale di lettura, di baby caring o di un caricabatterie per i cellulari dei clienti. L’estremo limite di questa tendenza è rappresentata dai punti vendita “che nascono” esclusivamente dall’entertainment, come Kwik E-Mart, un supermercato di Los Angeles identico a quello gestito dall’indiano Apu nella serie cartoon dei Simpson, al cui interno si possono trovare anche le marche presenti nel celebre cartone animato, come i cereali di Krusty il clown e le birre Duff.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [Sezione Dossier] / [Il marketing fieristico] / [Motori di ricerca: il Search Engine Marketing]
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Dai mass media ai LifeStyle media La televisione è stata per lungo tempo il principale mezzo di massa per la sua capacità di raggiungere grandi audience. Ma oggi, grazie ai nuovi media e alle tecnologie, si assiste ad una progressiva frammentazione dei target che sono, inoltre, in grado di gestire i contenuti in piena autonomia. Anche la televisione dovrà , quindi, trasformarsi per adattarsi ai nuovi stili di consumo degli spettatori
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Fonte: eMarketer, Novembre 2006
anni ‘90, oggi sono necessari 30 spot trasmessi su 6 canali diversi. Una modalità più complessa, a cui, sia pure con crescenti perplessità, si rivolgono ancora le grandi imprese inserzioniste, come dimostra il fatto che la televisione generalista continua a raccogliere la quota più consistente degli investimenti pubblicitari del nostro Paese. Una nuova filosofia di utilizzo dei media Per delineare i cambiamenti che investiranno la televisione si può far riferimento a due differenti notizie, entrambe sintomatiche di altrettanti aspetti dell’attuale fase di transizione. La prima viene da Cannes, dove a giugno in occasione della presentazione del palinsesto RAI per l’autunno-inverno 2007/08, è stato sottolineato che l’età media degli utenti è rimasta sostanzialmente invariata -si è passati dagli oltre 54 anni del 2005/06 ai 53 anni dei primi sette mesi del 2006/07- dato quest’ultimo che conferma lo scarso appeal della televisione da parte di fasce di età più giovani, cioè dei consumatori di domani. L’altra notizia ar-
riva da oltre oceano, dove il New York Times ha pubblicato una ricerca che evidenzia che il 70% dei possessori di un registratore digitale DVR, di cui il TiVo è il modello più diffuso, elimina la pubblicità durante la visione dei programmi tv. A conferma di ciò, un’altra indagine rivela che i possessori di DVR vedono la metà circa dei programmi in differita, ovvero dopo averli registrati. Si spezza così uno dei paradigmi del broadcast: la simultaneità tra la trasmissione di un programma e la sua fruizione da parte del pubblico. Da sottolineare, inoltre, che la registrazione digitale rende molto facile il trasferimento dei programmi tv su altri strumenti di visione: da un media player portatile a un notebook, da una console per i video game a un palmare, rendendo sempre più labile il legame tra i contenuti trasmessi e il televisore come apparato necessario per poterli vedere. Secondo eMarketer, inoltre, la penetrazione del DVR nelle famiglie USA, oggi al 20%, è destinata a crescere nei prossimi tre anni sino al 35%. Una quota costituita dalle famiglie più interessanti per le aziende e per gli uomini di marke-
Foto: © Corbis
Marketing e comunicazione commerciale sono i motori dello sviluppo economico sin dal diciannovesimo secolo. Comprendere le esigenze dei consumatori, ideare e realizzare prodotti o servizi per soddisfarle, comunicarne l’esistenza e i vantaggi, rappresentano, molto schematicamente, i compiti che marketing e comunicazione hanno svolto e svolgono tuttora. Oggi, tuttavia, si profila un radicale cambiamento in uno degli strumenti-cardine di questo processo: la trasmissione del messaggio commerciale ai suoi destinatari. Il compito di comunicare al pubblico è stato svolto, da sempre, dai mass media, prima la stampa, poi la radio, e infine la televisione, che sino ad oggi, nonostante il gran parlare di new media, è ancora il principale mezzo di massa: la televisione è, infatti, l’unico media in grado di garantire agli inserzionisti copertura e frequenza, ovvero capacità di raggiungere audience quantitativamente molto consistenti per il numero di volte necessario perchè il messaggio pubblicitario sia assimilato e ricordato dagli spettatori. Già una volta, con il successo delle televisioni private, la televisione ha dovuto “reinventarsi” per far fronte alla frantumazione delle audience: con tanti canali a disposizione, non era più possibile attrarre, su un solo programma, un pubblico da 15, 20 o 25 milioni di persone, come accadeva ai tempi del monopolio RAI. La soluzione fu quella di utilizzare più canali contemporaneamente, in modo da raggiungere gli stessi valori numerici sommando le diverse audience-target. Secondo un’analisi di Zenith Optimedia, uno tra i maggiori centri media in Italia, per ottenere i risultati di 10 spot trasmessi su 2 canali televisivi all’inizio degli
Penetrazione dei DVR e del Video On Demand (VOD) nelle famiglie USA 20052010 (in % delle famiglie che posseggono una tv)
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ting: si tratta, infatti, delle famiglie con il reddito più alto, più attente alle innovazioni, che sono fonte dei maggiori consumi. A differenza dei tradizionali spettatori RAI, questi nuovi spettatori della tv si stanno abituando a costruire un proprio palinsesto, selezionando i programmi che desiderano là dove sono trasmessi, grazie anche alle funzioni di ricerca incorporate nei TiVo, per poi vederli senza pubblicità nel momento a loro più comodo e non necessariamente in casa. Incrociando quindi le variabili, di tempo, di contenuti e di luogo, ogni individuo, teoricamente, potrà organizzarsi un proprio palinsesto non replicato da nessun altro. La frammentazione delle audience prende così ulteriore impulso. Un ultimo dato testimonia che anche nel nostro Paese inizia forse a incrinarsi il ruolo della tv come mass media “principe”: nel 2007, per la prima volta da quando sono nate le tv private, la televisione raccoglierà meno della metà degli investimenti pubblicitari complessivi. Da media a stile di vita Anche se tutto ciò non fa presagire la “fine” della televisione, come tanti guru della comunicazione vanno vaticinando, è inevitabile una sua ennesima trasformazione. Quando, infatti, l’utilizzo di un media diventa così indipendente dalla “volontà” degli editori per aderire sempre più ai gusti, alle abitudini e agli stili di vita individuali degli utenti, diventa difficile continuare a parlare di media
di massa. In un lavoro di recente pubblicazione, la società di consulenza Price Waterhouse Coopers ha coniato il termine di “LifeStyle Media” per indicare il futuro nel quale consumatori sempre più sofisticati mediaticamente daranno vita a una combinazione di contenuti personalizzati e di partecipazione attiva, all’interno della cornice socializzante di mezzi come My Space, De.li.cious, Joost o Babelgum. I contenuti e i programmi trasmessi dalle emittenti, in quest’ottica, cesseranno di rappresentare il fine dell’attività televisiva: costituiranno, infatti, una fase intermedia che darà all’utente finale il “potere” di organizzarli e di selezionarli autonomamente, scegliendo tra un’amplissima gamma di proposte. Il LifeStyle Media prevede che a fronte di una disponibilità limitata di tempo del consumatore, si sviluppi una forte concorrenza tra quantità illimitate di contenuti. Si ribalteranno, in altri termini, gli attuali rapporti di forza: in una situazione nella quale ciascuno sarà raggiunto da una molteplicità di contatti -instant messaging, chat vocali, videogiochi di relazione- oltre che dai media classici, gli elementi più scarsi, e quindi più pregiati, saranno proprio il tempo e l’attenzione delle persone. E la competizione per conquistare una quota di questa attenzione si svilupperà non solo tra i canali all’interno dello stesso media, come avviene oggi tra i diversi canali televisivi, ma anche in modo trasversale a tutti i media, ognuno dei quali dovrà comunicare e spingere i propri benefits. Il
modello televisivo attuale, che vede un percorso lineare dall’emittente allo spettatore, sulla base di un programma di trasmissioni prefissato cronologicamente, è destinato a scomparire. I contenuti -trasmissioni informative, eventi sportivi, film, show, ed altro- saranno, di fatto, a disposizione dei consumatori come in un enorme mercato dei media, all’interno del quale ogni spettatore potrà effettuare la sua scelta. Anche la televisione dovrà, quindi, adottare un modello “pull” come internet, al posto di quello “push” usato finora. Per farsi scegliere, secondo Price Waterhouse Coopers, anche le emittenti applicheranno i metodi utilizzati dalla grande distribuzione per i prodotti di largo consumo: collocazione e presentazione dei prodotti, uso dinamico della leva prezzo e attenzione al servizio. Cui si aggiungeranno elementi specifici del mercato, come i sistemi di ricerca -per farsi trovare all’interno della enorme quantità di offerte- e di personalizzazione della fruizione, in modo automatico e con modalità di comunicazione bidirezionale. Le risorse economiche del sistema continueranno a pervenire dall’acquisto dei contenuti pay-perview e dalla pubblicità, che sarà, tuttavia, veicolata in forme diverse dagli attuali spot di 15 o 30 secondi, forme che non si limiteranno solo a renderne più difficile la sua eliminazione, ma che mireranno anche a farla accettare dagli spettatori- utilizzatori come un qualsiasi altro contenuto.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [La nuova televisione: interattiva, mobile, personalizzata] [L’era della convergenza multimediale]
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L’efficacia delle promozioni di prezzo
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Communication promotion o taglio prezzo? Lavorare sui volumi di vendita o sulla brand equity? Difficile dare una risposta netta. Nel Largo Consumo sembra che la soluzione più efficace consista nell’adottare entrambi gli approcci all’interno di un promotion mix che sfrutti al meglio le potenzialità di tutti e due gli strumenti
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Foto: © Corbis
Negli ultimi anni si è discusso a lungo del ruolo strategico delle promozioni nella comunicazione delle imprese di marca, anche alla luce della maggiore importanza che le tecniche di marketing relazionale hanno progressivamente assunto nelle politiche di branding. In realtà sono bastati alcuni periodi di stasi nei consumi per riportare in auge gli strumenti promozionali più “tattici” come il taglio prezzo, lo sconto e il 3x2. Questa tendenza trova, anche, conferma da parte della Consulta Promozione di Assocomunicazione, il gruppo di lavoro sulle promozioni dell’associazione che raggruppa le maggiori agenzie di comunicazione del nostro Paese: all’inizio del 2000, sottolinea la Consulta, le industrie destinavano il 20% dei loro budget di marketing ai tagli prezzo, mentre oggi si arriva al 40% con comparti, come quello del largo consumo, in cui il ricorso alla leva promozionale è una costante. Una recente ricerca realizzata da ACNielsen evidenzia, infatti, che nella GDO un prodotto su cinque
è in promozione, percentuale che sale a uno su tre se si considerano i solo ipermercati. La quota più consistente di queste promozioni è rappresentata da riduzioni di prezzo, che pesano per tre quarti sul totale dell’attività promozionale del canale. A fronte di una pressione (rapporto tra prodotti in promozione e referenze totali) pari al 20,1%, lo sconto rappresenta il 14,8% contro il 5,3% delle no-price promotions. Perché lo sconto vince Se il dato relativo alla dimensione delle promozioni è già di per se stesso significativo, il ruolo delle riduzioni di prezzo viene ulteriormente amplificato dalla crescita quantitativa delle promozioni che fanno uso di “maxi” sconti. Se nel 2000 lo sconto del 30-40% era applicato al 2,5% delle referenze in assortimento (SKU, Stock Keeping Unit) e solo lo 0,6% delle SKU era scontato di oltre il 40%, nel 2006 queste percentuali sono salite rispettivamente al 3,4 e all’1,5 per cento. La spinta verso sconti
più consistenti proviene sia dalla grande distribuzione, sia dai consumatori finali. La grande distribuzione, per fronteggiare gli aumenti nei listini dei prodotti e reagire a potenziali cali nei consumi, “costringe” i propri fornitori, pena la perdita di posizioni vantaggiose, a destinare crescenti risorse in operazioni promozionali di cut price. I consumatori, dal canto loro, tendono ad effettuare i propri acquisti in modo sempre più razionale: rilevazioni di mercato indicano, infatti, che circa il 50% degli acquisti del largo consumo è pianificato a casa in base a informazioni sulla convenienza dei prodotti e dei punti vendita. Lo strumento principe di questa selezione, finalizzata alla ricerca del maggior risparmio, è il classico mini- catalogo promozionale che elenca le riduzioni di prezzo, le percentuali di sconto e le offerte speciali a quantità, che tutte le insegne della GDO distribuiscono con regolarità ogni settimana in previsione della spesa del week- end.
Il Trend del Grocery
FMCG* Super + Iper + Libero servizio. Composizione Leva Promozionale
*Nota: Fast Moving Consumer Goods Fonte: ACNielsen Trade*Mis
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Massimizzare i ritorni sull’investimento Nonostante la loro efficacia, non sempre i tagli di prezzo e le elevate percentuali di sconto rappresentano la soluzione migliore per stimolare il mercato. La ricerca di ACNielsen mette in evidenza i limiti e le controindicazioni di un approccio promozionale meccanico e semplicistico, basato unicamente sull’uso combinato di questi due elementi. Oltre al concreto rischio di svilire la marca - le ripetute riduzioni di prezzo ne possono erodere posizionamento e immagine - vi sono altri tre elementi che entrano in gioco e che occorre attentamente valutare quando si fa uso di tecniche di cut price: la dimensione/ tipologia del punto vendita, l’importanza del mercato (e del brand al suo interno) e la categoria merceologica. La dimensione/ tipologia del punto vendita influenza direttamente l’efficacia della promozione: è stato, infatti, empiricamente rilevato a livello europeo che le promozio-
ni raggiungono la loro massima efficacia nei punti vendita di grandi dimensioni, come i super e gli ipermercati, mentre la loro influenza è minima in quelli di piccole dimensioni. Nei primi i consumatori si recano, infatti, per fare acquisti pianificati mentre nei secondi sono più frequenti gli acquisti di impulso o in risposta a un bisogno immediato. La dimensione del mercato e la quota del brand al suo interno sono variabili che concorrono a rendere sostenibili i costi delle promozioni e a definire il bacino di acquirenti sui quali la promozione agisce per aumentare i volumi di vendita. La categoria merceologica è l’elemento di maggior peso: la ricerca ACNielsen conferma, infatti, che, a parità delle condizioni precedenti, la risposta alla pressione promozionale è strettamente legata alla tipologia dei prodotti. Nelle categorie caratterizzate da consumi rigidi e poco espandibili, come ad esempio l’igiene orale o il
Le promozioni - Totale Grocery Composizione per fascia di prezzo
Fonte: ACNielsen Trade*Mis - Iper+Super
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cibo per animali, le attività promozionali, in particolare quelle legate al prezzo, più che generare vendite aggiuntive determinano un “brand switching”: accade, cioè, che il consumatore abbandona senza problemi la marca abituale per approfittare del risparmio offerto da quella in promozione. In questo modo si conseguono ridottissimi effetti sui volumi di vendita della categoria nel suo complesso -effetto che interessa soprattutto i retailer-, mentre le vendite aggiuntive della marca promozionata hanno generalmente breve durata e spariscono non appena la promozione termina o inizia quella di un competitor. Al contrario, nelle categorie con consumi più elastici e espandibili, come ad esempio il dolciario e i soft drink, le promozioni non sono solo efficaci nell’aumentare le vendite della marca, ma hanno anche ricadute positive sul sellout dell’intera categoria, e presentano un tasso di brand swtching molto ridotto. Fissare il livello di sconto A prima vista, parrebbe ovvio che maggiore è la percentuale di sconto, maggiore è il volume di vendite incrementali (uplift) generato dalla promozione. In realtà i dati di mercato mostrano che non vi è sempre una correlazione diretta tra le due variabili. Al contrario, la ricerca ACNielsen identifica nella fascia di sconto del 30-35% quella che in genere determina le maggiori vendite incrementali. Vi sono, anzi, comparti, come il food, in cui i risultati migliori si raggiungono con percentuali del 20-30%. In questi casi, forzare ulteriormente lo sconto comporta un’erosone dei margini operativi più che proporzionale a quello generato dallo sviluppo delle vendite: mancanza
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politica di crescita della quota di mercato di un marchio o di prodotto, in quanto si tratta di un indicatore di sola performance che non tiene conto dei riflessi economici dell’eventuale promozione extra. Occorre, infatti, tener presente che l’incremento nella percentuale di sconto incide sul margine di tutte le vendite e non solo su quel-
le incrementali: è necessario, quindi, preventivamente calcolare quante vendite incrementali si dovranno realizzare per conseguire, quanto meno, il Break Even Point (il punto di pareggio) con il margine consolidato delle vendite baseline. Da ciò deriva che, in valore assoluto, il margine complessivo dell’azione decrementa
Foto: © Corbis
di spazio per conservare i prodotti in casa e dubbi sulla propria capacità di usarli entro la data di scadenza sono i motivi principali per cui i consumatori pongono un limite ai propri acquisti di alimentari, anche in presenza di offerte speciali. Il solo monitoraggio dell’uplift, inoltre, non è sufficiente per guidare la
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o incrementa rispetto a quello baseline se le vendite incrementali sono inferiori o superiori a quelle calcolate per determinare il BEP. Secondo ACNielsen il livello di taglio prezzo che garantisce il più favorevole rapporto tra uplift e marginalità, e che quindi ottimizza il ROI (Return on investment) della promozione, si colloca per il largo consumo intorno al 20-25%. Poiché -come afferma la Consulta Promozione- quasi il 50% delle promozioni di prezzo propone sconti superiori a quelli strettamente necessari, si deduce che la metà delle operazioni di pricepromotion genera minore efficienza rispetto a quella ottimale, e che quindi una parte consistente delle risorse va inutilmente dispersa. Nel valutare la dimensione delle vendite generate da una promozione è necessaria, infine, una precisa analisi di tutti gli elementi che le compongono: le vendite di baseline, le vendite incrementali, l’accaparramento, ecc. L’uplift complessivo può essere, infatti, “drogato” da fenomeni di anticipazione degli acquisti (accapparramento) che penalizzeranno le vendite future del prodotto o da brand switching temporanei destinati a svanire con la scomparsa del risparmio offerto. Verso un promotion mix La vera sfida per una strategia promozionale vincente è quella di
Definizione della strategia promozionale e degli obiettivi
Fonte: ACNielsen Trade*Mis
riuscire a trasformare una parte importante di uplift in vendite baseline, riuscire, in altre parole, a conservare una quota aggiuntiva di consumatori anche a promozione conclusa. Una sfida tutt’altro che semplice da vincere: il prezzo è un’arma a doppio taglio e le vendite conquistate con lo sconto sono estremamente sensibili agli sconti dei competitor, perciò, terminata la promozione, si torna, spesso e rapidamente al volume di vendite di base. Di qui l’opportunità e la raccoman-
dazione alle imprese -è la conclusione della Consulta Promozionedi evitare feroci guerre facendo leva solo sugli sconti e di riallocare le risorse economiche così risparmiate in altre tipologie di attività promozionali, che sappiano coniugare l’“effetto uplift” con la fidelizzazione dei consumatori.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [Dalla merce al brand] / [Le consumer sales promotion] / [Il merchandising] / [La promozione con oggetti]
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ze Tendenercati im e nuov
I manifesti pubblicitari sensoriali Catturano l’attenzione, coinvolgono i consumatori e li stimolano ad interagire: sono le affissioni interattive, cartelloni pubblicitari che “profumano, “parlano” e “inviano messaggi” sul cellulare 28
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Malgrado siano ancora numerose le imprese che seguono una logica prodotto-centrica, la grande parte delle imprese ha compreso che il successo passa attraverso la scelta di una visione aziendale che pone il cliente al proprio centro. Oggi, infatti, i confini fra impresa e cliente si vanno sempre più dilatando: il cliente è divenuto protagonista e, in quanto tale, vuole essere coinvolto nelle scelte dell’azienda, che non subisce più passivamente, ma sulle quali esprime, attraverso comunità virtuali e blog, opinioni e giudizi. La gestione della comunicazione è, quindi, sempre più complessa, nei suoi contenuti come nei canali e nelle modalità di relazione ed è spesso grazie all’apporto di nuove tecnologie che le imprese riescono a mantenere viva l’attenzione dei propri consumatori. Ne sono un esempio le affissioni interattive, già molto utilizzate all’estero, che iniziano a prendere piede, con effetti sorprendenti, anche nel nostro Paese.
© Gregor Schuster/zefa/Corbis
Il bluetooth marketing La diffusione della tecnologia bluetooth nei cellulari anche di fascia più economica, ha spinto le aziende ad affinare una nuova tecnica di marketing: il “bluetooth marketing”, che consente, infatti, di realizzare azioni di marketing geolocalizzate, veicolando comunicazioni multimediali sui terminali mobili dei consumatori, posti nelle immediate vicinanze di “sorgenti emittenti”. I vantaggi del bluetooth marketing sono evidenti: grazie alla sua capacità di interazione, la comunicazione è diretta e personalizzata, stupisce e cattura l’attenzione dei consumatori, e, infine, poiché la trasmissione del messaggio pubblicitario non passa attraverso i telecom operator non ha i costi di invio degli sms. La pubblicità esterna è quella che per prima, tra le diverse modalità di pubblicità, ne ha colto il maggior potenziale. Così in molti casi i manifesti, le affissioni pubblicitarie non sono più semplici “pezzi di carta”. Si moltiplicano le campagne outdoor “multisensoriali”, che abbinando il supporto cartaceo a messaggi, video, suoni e profumi mirano a coinvolgere il consumatore stimolandone i sensi. Il manifesto pubblicitario non cerca più solo di catturare uno sguardo, ma ora fa vivere un’autentica esperienza sensoriale. Due case history di successo A differenza della Svezia, Finlandia e degli altri Paesi scandinavi dove sono già molto diffuse, solo di recente anche nel nostro Paese sono comparse campagne pubblicitarie con messaggi diffusi sui cellulari via bluetooth. In breve tempo le imprese che vi hanno fatto ricorso sono diventate numerose. Tra le prime ad adottare questa nuova tecnica di marketing vi è sta-
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ta Microsoft che ha realizzato una campagna di bluetooth marketing utilizzando i poster stradali e i cartelloni pubblicitari collocati nei pannelli delle fermate degli autobus per promuovere Vista e per comunicare ai consumatori le sedi o gli eventi ove provarlo ed acquistarlo. Per potenziare l’effetto della campagna, Microsoft ha anche utilizzato contesti particolari come palestre, stazioni ferroviarie e tre impianti di maxi diffusione nel centro di Milano e Roma. In alcuni impianti selezionati come le pensiline poste nel centro di Milano, è stata anche utilizzata la tecnologia interattiva touchscreen. Anche Nike ha di recente attivato un sistema di affissioni interattive in Times Square a New York: agli utenti erano offerte le possibilità di disegnare la propria scarpa con il cellulare, di visualizzarla sulle affissioni e di acquistarla direttamente.
Vetrine touchscreen: la nuova forma di comunicazione interattiva Nella costante ricerca di come sfruttare tutti gli spazi che si hanno a disposizione per comunicare, va assumendo un ruolo sempre più importante, tra le varie forme di comunicazione interattiva, l’applicazione della tecnologia touchscreen alle vetrine dei negozi. Non sempre, infatti, le vetrine sono organizzate in modo ottimale: sono spesso carenti sia per l’esposizione dei prodotti sia per la limitatezza dello spazio. Usando la tecnologia touchscreen è invece possibile riordinare questi spazi e non avere più limiti nell’esposizione dei prodotti. In cosa consiste l’innovazione? La vetrina stessa diventa interattiva, toccando il vetro del negozio dall’esterno si interagisce con un’applicazione creata appositamente per visionare i prodotti o i servizi offerti. È anche possibile collegare più monitor ove uno è interattivo e altri sono semplici desktop comandati dal touchscreen principale. Oltre a catturare l’attenzione dei consumatori, la tecnologia touchscreen è potenzialmente in grado di fornire numerosi servizi: la possibilità di richiedere un appuntamento per una visita personalizzata, quella di lasciare un semplice messaggio o di prenotare un viaggio o un nuovo modello di scarpe che sarà posto in vendita a breve… Grazie a questa tecnologia si possono organizzare applicazioni e servizi pressoché illimitati, a fronte di un investimento scalabile che si adatta tanto alla grande insegna quanto al singolo punto vendita indipendente.
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L’interfaccia non è solo bluetooth La lista delle imprese che hanno ceduto al fascino del manifesto che “parla” è molto lunga. Miss Sixty ha realizzato, con l’aiuto della nota concessionaria IGP Decaux, una campagna di affissioni alle fermate degli autobus: chi sostava sotto la pensilina avvertiva la fragranza del profumo reclamizzato emanata dal manifesto. Sempre IGP Decaux con le demo ideate dall’agenzia Grey WorldWide ha pubblicizzato, nelle pensiline di Milano, la multifunzionali- La campagna di bluetooth marketing di Microsoft per Windows Vista tà e la multimedialità del nuovo Nokia N95. In dieci location del capoluogo lombardo sono andati in onda tre brevi filmati sulle funzioni imaging, gprs/internet browsing e music del nuovo cellulare. Tre tasti posti sotto al monitor inserito in mezzo al manifesto nella pensilina, permettevano di scegliere quale video guardare. L’obiettivo dell’iniziativa di marketing, chiamata “Music gets you talking”, consisteva nell’informare i giovani fra i 14 e i 24 anni della vicinanza di Nokia al mondo della musica. Sono state usate in contemporanea due diverse tecnologie: bluetooth e La campagna pubblicitaria di Nokia nelle pensiline milanesi Sonic. Gli utenti, in attesa del mezzo di trasporto, potevano ascoltare, su loro richieprovarla... Perché? Lo dice il messaggio che arriva via sta, un brano musicale, mentre un altro era veicolato bluetooth con l’immagine gif sul cellulare: a bordo vi è il via bluetooth sui loro cellulari. nuovo sistema multimediale con TV Digitale e DVD ViAnche Saab ha sviluppato un’originale affissione esterdeo, da godere anche con il brutto tempo. na interattiva. La campagna è stata realizzata per la 9.2 Cabrio ed è attualmente attiva nell’area arrivi dell’aeroporto di Linate a Milano. Il visual della cabrio, icona storica del brand ed emblema di solarità e bel tempo, è stato accostato ad un’immagine di tempesta. Un titolo strizza l’occhio al guidatore per suggerirgli che una giornata di brutto tempo è un’occasione perfetta per
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Da cellulare a Personal Communication Device L’evoluzione tecnologica e i nuovi stili di consumo stanno progressivamente trasformando il cellulare da semplice strumento di contatto a strumento di entertainment e di comunicazione multimediale 32
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Foto: © Corbis
Dick Tracy, l’agente di polizia protagonista del celebre fumetto creato da Chester Gould all’inizio degli anni ’30, disponeva di una “two-way wrist radio”, cioè di una radio ricetrasmittente da polso del tutto simile per forma e dimensioni a un orologio, con cui si teneva in contatto con colleghi, amici e familiari. Un oggetto fantascientifico per l’epoca, che nel più recente film interpretato da Warren Beatty e Madonna, è stato sostituito da un minitelevisore da polso. Ma anche questo dispositivo è ben poco sorprendente oggi, quando il possesso di un tivufonino o più in generale di un cellulare abilitato alla ricezione di programmi televisivi è alla portata di tutti. Proprio la mobile TV, infatti, è la caratteristica più evidente di una tendenza che sta trasformando il classico telefonino da semplice strumento di contatto personale a strumento di svago e di comunicazione multimediale, fino a farlo diventare il primo, ma non l’unico, “mass media individuale”. Grazie alle proprie funzionalità interattive e alla costante disponibilità di un canale di ritorno, generalmente la rete GPRS/UMTS, il telefonino consente ora una completa flessibilità di utilizzo: dalla selezione di programmi tv on demand alla navigazione internet, dalla condivisione di contenuti audiovideo al mobile gaming. Ma basta scorrere rapidamente le caratteristiche tecniche dei terminali telefonici più recenti e più evoluti, come l’Apple iPhone, il Nokia N95 o l’LG U960 per citarne solo alcuni, per rendersi conto che non si è ancora affermato uno standard. Per il momento ogni costruttore tende a privilegiare alcune feature rispetto ad altre, ma nel complesso è già possibile identificare le caratteristiche che avrà il futuro Personal Communication Device (PCD). Innanzitutto sarà dotato di tecnologia HSDPA, che permette di scambiare dati fino a 3,6 Mbp/s, garantendo tempi di download simili a quelli di una linea telefonica ADSL di casa. La velocità della connessione dati è necessaria per gestire la TV Digitale Mobile interattiva: attraverso le informazioni lanciate dalle pagine EPG dei programmi, l’utente potrà, infatti, inviare sms o mms per partecipare in diretta a sondaggi di un programma TV o chiamare o videochiamare per intervenire nel corso della trasmissione preferita, o scaricare un file direttamente dal canale TV che sta guardando. Grazie all’adozione ufficiale in Europa dello standard televisivo DVB-H, sono state date certezze ai produttori di cellulari e ai broadcaster, che sono finalmente in grado di investire in ricerca e sviluppo senza rischiare false partenze. Un altro ventaglio di funzioni sarà relativo a quegli applicativi che si è abituati a utilizzare sul proprio computer. Non solo posta elettronica e web
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browsing, ma anche instant messaging, chat, motori di ricerca e directory, contenuti personali come Flickr o You Tube. Sul fronte dell’entertainment puro il PCD dovrà offrire più della sola televisione mobile: sarà una radio digitale, un MP3 player, un riproduttore di video, una macchina fotografica ad alta risoluzione e una videocamera capace di filmati della durata di parecchie decine di minuti, quando non di alcune ore, da riprodurre su un qualsiasi televisore grazie ad un cavo AV tradizionale. Il PCD, infine, funzionerà anche da consolle per i videogames, scaricabili dai siti dedicati e da giocare da soli o con avversari connessi tramite rete telefonica o, se a più corto raggio, via bluetooth.
Non solo cellulari Il telefono cellulare, benché favorito dalla sua straordinaria penetrazione, non è l’unico apparato elettronico in grado di fungere da Personal Communication Device. Un’alternativa è rappresentata dalle console portatili per videogiochi, che già dispongono di elevate capacità di riproduzione video e della possibilità di collegarsi a internet. Se dotate di un’interfaccia Wi-Fi, esse diventano a tutti gli effetti terminali mobili, purché si trovino in un’area coperta dal relativo segnale. Nel nostro Paese, per il momento, la copertura Wi-Fi è ancora poco diffusa. In molti altri paesi, dagli USA alla Lituania, sono invece disponibili reti Wi-Fi ad accesso pubblico gratuito, e il loro numero -e la relativa copertura geografica- è in costante crescita, tanto da fare del Wi-Fi un possibile concorrente delle reti cellulari. In occasione della recente presentazione dell’ultima versione dell’iPod, circolavano voci ufficiose su una versione del player provvista di funzioni Wi-Fi, oltre che di uno schermo a colori adatto per la visione di video e tv. L’iPod Wi-Fi non ha invece visto la luce, secondo alcuni commentatori, per evitare il rischio di cannibalizzare le vendite dell’iPhone, ribassato sensibilmente di prezzo nella stessa occasione. Considerazioni commerciali a parte, anche i riproduttori audio-video portatili, derivati dai tanti MP3 player esistenti, equipaggiati di connettività Wi-Fi e di schermo a colori di buone dimensioni si proporranno presto come ulteriore tipologia di PCD, adatta soprattutto a quegli utenti che privilegiano l’entertainment multimediale rispetto alle funzioni telefoniche e a internet.
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Il mercato attuale del mobile entertainment Una ricerca di Nextplora condotta nel primo semestre di quest’anno su un campione di 2.400 individui rappresentativi della popolazione italiana per genere, età, livello sociale e distribuzione geografica, ha rivelato che, già oggi, il 27% dei possessori di un cellulare utilizza servizi a valore aggiunto. La musica rappresenta il contenuto per il quale si spende con maggior facilità. Nel periodo preso in esame dalla ricerca, infatti, circa 5 milioni di utenti hanno dichiarato di aver speso mediamente 9 euro al mese per acquistare e scaricare brani musicali direttamente sul proprio telefonino. A seguire, con oltre 8 milioni di utenti, la spesa di 5 euro medi mensili per i giochi e 4,2 euro per i videoclip. Circa la metà di questi utenti (13%) sono giovani-adulti e uomini, presenti prevalentemente nel centro Italia, che impiegano il telefonino come strumento di condivisione delle proprie esperienze e che si caratterizzano per un uso esteso e frequente della foto-videocamera del cellulare e il ricorso agli mms. L’altra parte più consistente (12%) degli utenti è rappresentata da giovani e studenti, con una concentrazione nel Sud, che utilizzano il cellulare come un media personale per trascorrere parte dei proprio tempo libero. Fanno uso di contenuti di informazione e di prodotti multimediali. A questi si aggiunge il residuo 2% per il quale il cellulare è un’estensione portabile
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di altri strumenti digitali che impiegano già per comunicare e lavorare, per informarsi e soddisfare le proprie esigenze organizzative. Si tratta in genere di uomini di età giovane-adulta, impiegati, liberi professionisti e imprenditori. Le applicazioni e le funzionalità più fruite dagli utenti di telefonia mobile sono l’invio- ricezione di sms (82%), la realizzazione di foto e video (46%), l’invio di foto e video (28%) e di mms (26%). Ad essi si aggiunge un 4% che ha sfruttato almeno una volta il cellulare per attività di socializzazione come chat e instant messaging. Decisamente più contenuta, invece, la visione della mobile TV. Solo il 3,2% degli italiani dotati di telefonino ha dichiarato di averla utilizzata, per giunta in modo occasionale e mirato a contenuti specifici. La ricerca Nextplora traccia in modo netto il profilo dell’audience della mobile TV. Il servizio è usato soprattutto da individui di sesso maschile residenti nelle regioni meridionali del nostro Paese, dove il cellulare è ancora considerato un oggetto di status sociale, e dove, come evidenziano le indagini Auditel, sopravvive una maggior passione per la Tv in generale. Uomini e donne, poi, fruiscono della mobile TV con finalità e in contesti differenti. Gli uomini tendono a considerarla un’attività “di gruppo” per socializzare, per le donne, invece, è più un’attività da svolgere in solitudine, in vacanza o come passatem-
Foto: © Corbis
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Un foldable display (© Philips)
po in viaggio e nei momenti di ozio. Dopo la fiammata degli ascolti legata ai Mondiali di calcio dell’anno scorso, i prossimi appuntamenti chiave per la diffusione su larga scala della tv su cellulare saranno, nel 2008, gli Europei di calcio e le Olimpiadi cinesi. Il nuovo media ha potenzialità enormi: secondo Viviane Reding, commissario dell’Unione Europea responsabile della Società dell’informazione e dei media, la mobile TV varrà nel 2011 tra i 17 e i 20 miliardi di euro tra pubblicità, canoni di abbonamento e pay-per-view, con 400-500 milioni di utenti al mondo. Il “problema” del display Uno degli ostacoli ancora da superare affinché il PCD possa diventare realmente un entertainment center è la dimensione dello schermo. Per risolvere il problema, al momento si ricorre a soluzioni diverse: dai display
orientabili di alcuni terminali che riproducono il rapporto base/altezza della tv e del cinema, al “tutto schermo” del touch screen dell’iPhone. In prospettiva, però, si profilano soluzioni più innovative. Una prima soluzione è rappresentata dai cosiddetti “foldable display” o schermi ripiegabili, su cui stanno lavorando colossi come LG e Philips. Sottili poco più di un foglio di cartoncino, e di dimensioni variabili da 5 pollici VGA -480x640 pixel- all’A4, questi schermi a basso consumo potranno essere integrati nel terminale, arrotolati e piegati su se stessi, per essere quindi estratti quando serve o utilizzati come accessorio esterno, connesso al terminale con un’interfaccia radio tipo Bluetooth. Una seconda via è l’inserimento di microproiettori all’interno di telefoni cellulari. Motorola, per esempio, ha annunciato un accordo con Microvision allo scopo di integrare nei propri telefonini un proiettore di dimensioni piccolissime, definito “modulo fotonico integrato di proiezione”, il cui prototipo è stato presentato all’ultimo CES -Consumer Electronic Show- di Las Vegas. Nonostante le dimensioni minime, il modulo fotonico è in grado di proiettare su una qualsiasi superficie che funge da schermo, immagini e filmati a una risoluzione WVGA -854 x 480 pixel- fino a raggiungere, in condizioni ottimali, la dimensione di un televisore da 42 pollici. Aspetti critici di questa soluzione sono il consumo, che rischia di far esaurire troppo in fretta la batteria del cellulare, e la luminosità sviluppata, che ne dovrebbe permettere la visione anche in ambienti illuminati, e non solo al buio.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [L’era della convergenza multimediale] / [La nuova televisione: interattiva, mobile, personalizzata]
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Al servizio dell’ambiente La solidità aziendale, l’esperienza ultra cinquantennale, i costanti investimenti in innovazione, la continua attenzione nei confronti delle normative di legge, l’adeguata formazione del personale e una gamma di servizi ampia e aggiornata garantiscono ai clienti privati ed alle imprese prestazioni di elevata qualità e affidabilità L’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle
Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineGialle carta: inserzioni nei volumi delle città di Torino, Novara, Vercelli, Asti, Alessandria, Valle d’Aosta, Milano, Varese e Pavia • SEAT PagineGialle online: presenza nella categoria “Spurgo fognature e pozzi neri” • Stampa: inserzioni pubblicitarie su mezzi locali e riviste nazionali di settore • Fiere: partecipazione ad eventi locali e nazionali come Ecomondo • Sponsorizzazioni sportive: U.S. Pro-Vercelli Calcio • Materiali istituzionali: depliant, brochure, cd informativi, automezzi sponsorizzati • Sito internet: www.marazzatospurgo.com
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Da 55 anni il Gruppo Marazzato si occupa di servizi ecologici. L’offerta del Gruppo si caratterizza per essere molto diversificata e comprende una vasta gamma di servizi: gli spurghi civili e industriali, le bonifiche ambientali, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, l’aspirazione delle polveri, la pulizia delle reti fognarie e il riciclo di acqua, la sanificazione dell’acqua potabile, il risanamento di tubazioni, la manutenzione dei depuratori, la rigenerazione di pozzi, la pulizia stradale, i lavaggi industriali, le videoispezioni, le biotecnologie e, infine, il trasporto di acqua potabile in caso di emergenza
idrica, servizio che si è aggiunto negli ultimi anni e che solo poche imprese del settore sono in grado di fornire. Per giro d’affari, i servizi che rivestono maggiore importanza sono le pulizie industriali, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti e le bonifiche ambientali. Il profilo dei clienti dell’azienda è molto diversificato, quanto lo sono i servizi offerti: si va dal singolo privato agli enti pubblici, dall’ospedale all’azienda municipalizzata, dall’industria alimentare a quella chimica. Il Gruppo Marazzato opera prevalentemente nelle regioni del Nord Ovest: Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia, ma grazie alla presenza di sedi operative è in grado di prestare servizi su buona parte del territorio nazionale. Il Gruppo ha acquisito nel corso degli anni una posizione di primo piano nel suo mercato di riferimento. “Pur essendo una realtà aziendale di media entità ci distinguiamo dai nostri concorrenti. Il mercato nel quale operiamo è composto prevalentemente da imprese di piccola dimensione che non sono in grado di offrire una gamma di servizi vasta come la nostra ” afferma Alberto Marazzato, direttore commerciale dell’azienda” inoltre, la nostra lunga presenza nel mercato è garanzia di know how ed affidabilità per i clienti”. Tra i servizi vi sono anche le bonifiche ambientali, effettuate in concomitanza con la dismissione di siti industriali. Interventi che si caratterizzano per la loro complessità e che comportano la demolizione delle strutture, lo smaltimento dei rifiuti presenti nell’area, la verifica delle condizioni del suolo e del sottosuolo, con l’eventuale asportazione di terreno inquinato ed il trattamento delle acque di falda contaminate. “Le procedure di smaltimento dei rifiuti di-
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Tre generazioni di esperienza Fondata nel 1952 ad Ivrea da Lucillo Marazzato, con la denominazione Marazzato Trasporti, nel 1958 l’azienda era attiva nel campo dei trasporti chimici ed infiammabili. Nel 1975 quando Carlo Marazzato subentrò al padre nella guida dell’azienda, l’attività si ampliò ai trasporti ecologici, alle pulizie tecniche e allo smaltimento dei rifiuti. La vera svolta nell’attività aziendale avvenne nel 1976, quando fu fondata la Spurgo Service per fornire servizi ecologici ad aziende e privati. Da allora il Gruppo è cresciuto anno dopo anno ampliando la propria offerta ed allargando il proprio bacino commerciale. Con la nascita della Spurgo Service, infatti, il campo d’azione dell’azienda si estese dalla Valle d’Aosta e dal Piemonte fino alla Lombardia. Più recentemente, il Gruppo attraverso una propria controllata - Azzurra - è entrata anche nel mercato dello smaltimento dei rifiuti. Grazie anche a questa nuova iniziativa, il Gruppo Marazzato ha raggiunto notevoli dimensioni. Ad oggi il Gruppo impiega un team composto da circa 150 collaboratori, sui quali l’azienda investe costantemente in corsi di formazione e di specializzazione. Nell’arco dei suoi 55 anni di storia, il Gruppo Marazzato ha acquisito e consolidato un know-how tecnologico che la posiziona tra le società più avanzate nella fornitura di servizi completi per la gestione delle problematiche ambientali. Una mission attualmente condivisa dalla terza generazione della famiglia Marazzato, con i tre fratelli Alberto, Luca e Davide, nipoti del fondatore. L’obiettivo dell’azienda nel corso dei suoi decenni di vita è rimasto immutato ed è riassumibile in tre parole chiave: impegno, correttezza ed intuizione. Ed è grazie alla coerenza con cui è stato perseguito questo obiettivo, che l’azienda ha raggiunto il successo nel settore dei servizi ecologici, ove si è conquistata una posizione di assoluto primo piano.
Spurgo Service srl - Marazzato via Boschetto, 21 13012 Borgo Vercelli (VC) tel: 0161.320311 fax: 0161.32816 email: info@marazzatospurgo.com www.marazzatospurgo.com
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I punti di forza La diversificazione delle competenze, l’ampiezza dei servizi offerti, gli investimenti in formazione del personale e in tecnologie innovative, uniti alla lunga tradizione aziendale, pongono il Gruppo Marazzato in una posizione di primo piano nel mercato dei servizi ecologici pendono da una serie di variabili: variano a seconda che si tratti di materiale solido o liquido, urbano o industriale, più o meno pericoloso. Noi ci avvaliamo anche di un impianto intermedio di stoccaggio rifiuti di nostra proprietà e poi operiamo con una serie di impianti finali, ubicati in tutta Italia ed anche all’estero”. L’azienda dispone, anche, di un servizio di pronto intervento che entra in funzione in caso di disastri ecologici e garantisce un servizio tempestivo, con mezzi e personale molto qualificati, come è accaduto in occasione dell’alluvione del 2000, e, più recentemente, in Liguria durante l’emergenza maltempo dello scorso anno. Un altro intervento di particolare rilevanza è stata l’attività svolta dal Gruppo nella costruzione del nuovo polo fieristico di Pero, alle porte di Milano. “In questo caso ci siamo fatti carico di una serie di servizi all’interno del cantiere, il più grande d’Europa: la pulizia delle strade e il controllo della polvere, l’eliminazione dell’acqua in fase di costruzione delle fondamenta, lo smalti-
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mento dei rifiuti prodotti nel corso della costruzione, il lavaggio delle vele di copertura degli spazi fieristici”. L’azienda, che ha iniziato ad operare in campo ecologico negli anni ‘70, ha costantemente investito in strumenti, attrezzature e mezzi di trasporto, e formazione del personale per mantenersi al passo con i cambiamenti nei temi e nelle problematiche di rispetto e difesa dell’ambiente. “Nel corso degli anni il nostro lavoro è cambiato e noi ci siamo costantemente adeguati alle esigenze del mercato. E, infatti, anche grazie anche agli investimenti che abbiamo realizzato, in innovazione tecnologica come in formazione, che, in linea con le nuove politiche ambientali e con le disposizioni legislative conseguenti, abbiamo ottenuto le certificazioni di qualità UNI EN ISO 9001-2000 e UNI EN ISO 14001: 2004”. La complessità dei servizi e la diversità dei target, comporta per l’azienda importanti investimenti anche in comunicazione. “Raggiungiamo il privato cittadino attraverso inserzioni su giornali locali, presenza nelle fiere di primavera e sponsorizzazioni, come quella della U.S. Pro-Vercelli Calcio. Inoltre, i nostri stessi automezzi, circolando, pubblicizzano il marchio. Per comunicare a target specifici, invece,
facciamo uso di azioni promozionali dirette, visitiamo i potenziali clienti e manteniamo attivi i rapporti con quelli già acquisiti. Il tutto è supportato dal nostro sito internet che consente un’interazione immediata con gli interessati. Non mancano, anche, i classici strumenti di presentazione dell’azienda, come depliant e cd che distribuiamo attraverso la nostra rete commerciale e in occasione delle ferie di settore locali e nazionali, come Ecomondo a Rimini, cui siamo presenti. Investiamo molto anche nei mezzi di SEAT Pagine Gialle: nei volumi cartacei, molto consultati dai singoli cittadini, e nell’online, sempre più utilizzato da aziende ed enti”. La comunicazione fa perno sull’ampiezza e la qualità dei servizi offerti dal Gruppo. “Il nome “Spurgo Service”, se da un lato comunica con immediatezza ai privati la tipologia dei nostri servizi, è riduttivo per il target delle imprese. La comunicazione deve, quindi, illustrare la gamma della nostra offerta, e l’affidabilità e la professionalità con cui sono realizzati gli interventi. Va comunque detto che il nostro marchio, grazie alla sua lunga tradizione, è riconosciuto come sinonimo di garanzia ed ha ormai raggiunto una notorietà molto elevata. Allo stesso modo, il nostro logo supporta in maniera inconfondibile la nostra identità”. Si tratta dell’elefante con le gomme che richiama le grandi autobotti dotate di tubi di aspirazione, e comunica al tempo stresso potenza e simpatia.
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La cultura dello spazio
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Contact è un punto di riferimento nel settore della progettazione e della realizzazione degli arredamenti per ufficio. Grazie alla sua trentennale esperienza, l’azienda è in grado di soddisfare le esigenze di comfort di chi vive nel luogo di lavoro e di realizzare sistemi integrati e funzionali per le imprese
Inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle
Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineGialle carta: inserzioni nei volumi relativi a Roma e provincia • SEAT PagineGialle online: presenza nella categoria merceologica “Mobili per ufficio” • Stampa: annunci su quotidiani locali • Affissioni: cartellonistica stradale • Materiali istituzionali: depliant e cataloghi, show room • Fiere: partecipazione a fiere specializzate di settore in Italia e all’estero • Sito internet: www.contact-office.it
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Progettare, produrre e commercializzare mobili per ufficio: questo è il core business di Contact, società che opera nel mercato romano e laziale e che si caratterizza per un servizio flessibile e personalizzato, che comprende, oltre a prodotti standard da catalogo, anche lavorazioni speciali e interventi su misura. “Nel mercato locale nel quale operiamo sono poche le aziende che si occupano direttamente della produzione” afferma Andrea Muratore, titolare dell’azienda assieme al fratello Carlo. “Noi, invece,
disponiamo di un congruo stock di magazzino, in modo da essere sempre efficienti e veloci nelle consegne, anche quando, in corso d’opera, ci sono richiesti materiali aggiuntivi. Abbiamo anche un laboratorio per le lavorazioni su misura, grazie al quale possiamo personalizzare i nostri arredamenti in funzione degli spazi e delle esigenze dei clienti. Siamo, inoltre, in grado di fare fronte velocemente a richieste di grosse forniture. In questi casi ci avvaliamo di terzisti collaudati, che evadono ordini, anche di grande entità, in tempi brevi”. Contact è presente a Roma con due ampi punti vendita diretti: uno all’Eur, che si estende su una superficie di circa mille metri quadrati, e l’altro nei pressi di Piazzale Flaminio. L’azienda prevede di aprirne a breve un terzo in un’altra zona centrale della Capitale. Contact si distingue dai concorrenti non solo per la qualità del servizio, ma anche per il design innovativo che caratterizza la vasta gamma dei suoi prodotti, volti a soddisfare ogni tipo di esigenza dei clienti. “Il nostro studio tecnico si incarica di realizzare gratuitamente per i clienti tutti gli interventi preliminari alla progettazione di un arredo, dalla rilevazione iniziale fino alla stesura dei preventivi sino alla realizzazione dei progetti in 3D, con Autocad”. I prodotti sono studiati sulla base dei trend in atto sia nelle linee sia nei materiali e finiture. Contact, infatti, monitorizza costantemente le tendenze attraverso la partecipazione diretta a fiere specializzate di settore in Italia e all’estero. “Produciamo molte linee di prodotto sia in ambito direzionale, realizzate in rovere chiaro e scuro, wengé o noce nazionale, sia di tipo operativo, in laminato
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Dalla vendita alla produzione Contact inizia la propria attività nel dicembre 1980 a Roma, ad opera di Andrea e Carlo Muratori. Inizialmente l’attività si limita alla commercializzazione di arredamenti per ufficio. Ma quando, nel 1993, la sede è trasferita all’Eur, Contact avvia la produzione in proprio di mobili per ufficio. La decisione di allargare il business dell’azienda dalla sola vendita alla produzione è dettata dal desiderio di arricchire l’offerta, ed è resa possibile anche dalla disponibilità di competenze e professionalità nel campo della progettazione e realizzazione di mobili. Lo stesso Carlo Muratori, architetto, è responsabile della creazione delle linee di prodotti destinate ad utilizzi direzionali ed operativi. Sono così realizzate e commercializzate le linee Basic, Work e Master, cui presto si aggiunge la gamma di pareti attrezzate Area System. Nel 1997 è aperto il punto vendita di Via Pisanelli, in una zona centrale di Roma. Nel frattempo l’azienda prosegue la propria evoluzione e lancia altre linee di prodotto, come Cohiba, Wind e Metra. Oggi Contact si posiziona sul mercato come un punto di riferimento per il settore e ha esteso la sua area commerciale da Roma e dal Lazio alle grandi aziende presenti sull’intero territorio nazionale. “Un esempio per tutti: abbiamo provveduto all’arredamento degli uffici nel grattacielo della Erg a Genova” spiega Andrea Muratori, che si occupa della parte amministrativa e sovrintende all’area produttiva dell’azienda. Grazie all’esperienza ormai trentennale, l’azienda è in grado di soddisfare richieste di ogni genere, sviluppando idee “su misura” e producendo linee sempre più innovative. É questo l’obiettivo verso cui tende tutto lo staff di Contact, che oggi conta 20 persone, tra architetti, addetti all’ufficio tecnico e alle vendite, e montatori. L’obiettivo che oggi si pone l’azienda è quello di proseguire sulla via già tracciata: consolidare la propria presenza, grazie all’apertura di nuovi punti vendita, ed allargare il proprio bacino commerciale uscendo dai confini regionali. Per il momento è già in programma l’inaugurazione di un nuovo negozio, anch’esso sito nel centro della Capitale.
Contact srl Via Pisanelli, 1 00196 Roma tel: 06 36005413 fax: 06 3231939 email: info@contact-office.it www.contact-office.it
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ciliegio, acero o grigio. Gli arredamenti che attualmente incontrano maggiore successo sono, tra i prodotti direzionali, la linea Cohiba e tra quelli operativi, la linea Metra. Stiamo anche registrando una domanda crescente di pareti divisorie attrezzate”. Uno tra i punti di forza dell’offerta di Contact è, proprio, l’ampiezza della gamma, completa di ogni tipo di prodotto per l’ufficio. Sono comprese anche le sedute, che non sono realizzate direttamente, ma commercializzate in esclusiva per conto della Sit Matic con garanzia di otto anni. Contact, infatti, per fornire un servizio completo e porsi nei confronti dei clienti come un one-step-shop per eccellenza, commercializza anche altri marchi prestigiosi di aziende leader nel design di mobili e complementi di arredo. La domanda da parte del mercato si orienta sia verso le linee classiche sia le moderne. La preferenza ricade su prodotti dal design accattivante ma soprattutto funzionale. “I nostri sistemi di arredo si pongono sempre come obiettivo l’ottimizzazione degli aspetti organizzativi, per migliorare la fruizione dell’ambiente di lavoro”. Contact dispone di tutte le competenze necessarie per allestire uno studio o un ufficio “chiavi in mano”, a partire, anche, dai lavori di ristrutturazione dell’ufficio. “In passato accadeva spesso di doverci
occupare anche di questo aspetto strutturale, che oggi offriamo solo su richiesta.” Contact pone grande attenzione anche ai temi della sicurezza: i prodotti sono, infatti, conformi alla normativa 626, ed i materiali usati hanno un basso contenuto di formaldeide. Non a caso, l’azienda è certificata ISO 9001. Tra i motivi della leadership di Contact spicca l’elevata notorietà del brand conseguita in 27 anni di attività, durante i quali l’azienda, oltre a fidelizzare la base di clienti storici, ha saputo distinguersi per affidabilità e innovatività. Alla costruzione della brand awarness ha contribuito in modo determinante la comunicazione. “Investiamo in annunci stampa su quotidiani locali e in cartellonistica stradale. Ma anche i media di SEAT Pagine Gialle hanno un ruolo centrale nel
I punti di forza Contact unisce alla qualità dei prodotti e dei servizi, un’elevata notorietà del brand e la rapidità e flessibilità nell’evasione delle richieste dei clienti. L’attento monitoraggio delle tendenze, la progettazione gratuita degli ambienti, la presenza di punti vendita e di show room e, infine, il laboratorio interno per la produzione di arredamenti personalizzati sulle esigenze del cliente, sono altrettanti elementi distintivi dell’offerta di Contact nel proprio mercato di riferimento
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nostro piano di comunicazione: utilizziamo le PagineGialle carta dal 1980, pianificando ben sei pagine con spazi di grande visibilità all’interno della nostra categorie merceologica. Ai volumi in carta, che sono ancora oggi insostituibili, abbiamo affiancato la nostra presenza su Pagine Gialle online che sta divenendo un mezzo sempre più usato dai clienti e dai prospect ”. Altri strumenti chiave della comunicazione sono le fiere, che consentono a Contact di farsi conoscere e di stabilire relazioni con i potenziali clienti, il sito internet aziendale, il catalogo dei prodotti, gli show room nei quali sono esposti i vari modelli e la propria rete commerciale che copre il territorio nazionale. Contact ha anche, utilizzato, in passato, la televisione che, tuttavia, si è rivelata un mezzo troppo dispersivo e quindi scarsamente efficace per raggiungere i target mirati dell’azienda. Il messaggio che Contact si propone di trasmettere al pubblico attraverso la sua attività di comunicazione è incentrato sui vantaggi garantiti dalla produzione diretta dei mobili: flessibilità, velocità di consegna, qualità.
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La casa su misura
\ Storie di Successo
Oltre ai sistemi di costruzione edile tradizionali, la Fumagalli Edilizia Industrializzata ha perfezionato sistemi di prefabbricazione che permettono di realizzare capannoni industriali, complessi commerciali e ville residenziali di prestigio chiavi in mano. Con vantaggi di carattere strutturale, progettuale, logistico ed economico
Gli strumenti della comunicazione • SEAT PagineGialle e PagineBianche carta: inserzioni in diverse categorie attinenti l’attività aziendale sui volumi della Lombardia, Marche, Abruzzo, Molise • SEAT PagineGialle online: presenza nella categoria “Imprese edili” • Pubblicità su stampa quotidiana e periodica: locale per i quotidiani, a diffusione nazionale per i periodici • Pubblicazioni tecniche: testate di settore di carattere tecnico e professionale • Fiere settoriali: tra cui la fiera di Varese, la Mostra mercato dell’arredamento e dell’edilizia in Umbria, il Build Up Expo di Milano • Convegni: organizzati con la finalità di entrare in contatto con professionisti del settore • Altri mezzi below the line: mailing ed altre iniziative • Sito internet: www.fumagalli.com
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\ Storie di Successo
La Fumagalli Edilizia Industrializzata opera da oltre 50 anni nel settore delle costruzioni edili, realizzando l’intero processo produttivo, dall’escavazione di sabbia e ghiaia alla produzione del calcestruzzo, dai cantieri per edifici civili tradizionali ai capannoni industriali, fino all’edilizia prefabbricata industriale e residenziale. Con 230 dipendenti ed un fatturato di circa 50 milioni di euro, è uno dei pochi gruppi in Lombardia a vantare un’attività così completa nel settore. La sede principale dell’azienda è a Bulciago, in provincia di Lecco. A questa si affiancano quattro unità produttive: la prima a Bulciago, adibita alla produzione di edifici industriali prefabbricati, con annessa centrale di betonaggio e una prima casa campione; la seconda a Treviolo (BG), per la produzione di ville prefabbricate e una seconda casa campione; la terza unità a Pontirolo Nuovo (BG), per la produzione di lastre tralicciate ed altri elementi prefabbricati in cemento armato e, infine, la quarta ad Ortona in provincia di Chieti per la produzione di edifici industriali prefabbricati e ville prefabbricate, con una terza casa campione. A questi stabilimenti si aggiunge la cava di Pontirolo Nuovo per l’estrazione e la trasformazione degli inerti. L’innovativo sistema di costruzione collaudato da Fumagalli Edi-
Dall’estrazione della materia prima alla consegna chiavi in mano L’azienda, che inizialmente operava nel settore delle costruzioni edili tradizionali, fu fondata nel 1956 a Bulciago, nella Brianza lecchese, dai quattro fratelli Francesco, Adriano, Carlo e Camillo FumagalL’inserzione nei volumi di SEAT PagineGialle
li. Nel corso degli ultimi dieci anni, ai fondatori si sono affiancati i figli, che oggi lavorano presso l’azienda ciascuno con la responsabilità
lizia Industrializzata, denominato Housing System, permette di realizzare abitazioni ad uno o più piani, ma anche progetti più complessi come condomini e ville a schiera, garantendo una serie di vantaggi, sia tecnici sia progettuali ed economici. “La costruzione delle case prefabbricate ha inizio con la produzione in stabilimento di pannelli in cemento armato che vengono successivamente trasportati in cantiere e messi in opera,” spiega Giovanni Fumagalli, responsabile marketing del Gruppo oltre che del settore edile tradizionale. “Su terreno di proprietà il cliente predispone lo scavo quindi noi procediamo all’esecuzione del getto di fondazione in cemento armato, come se si trattasse di una costruzione tradizionale; la fase successiva è la messa in opera dei pannelli prefabbricati per la costruzione del fabbricato. Infine si procede con le fasi di finitura: impianto elettrico, di riscaldamento, e idrico sanitario, pavimenti e rivestimenti, porte e serramenti, ecc… Consegnamo ai clienti la casa chiavi in mano, pronta per essere arredata.” I vantaggi di questo sistema di costruzione sono molteplici: in primo luogo l’edificio risponde perfettamente al progetto, perché il pannello prodotto in stabilimento è più preciso rispetto al lavoro realizzato in cantiere. In secondo luogo la
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in uno specifico ambito, secondo un modello di impresa familiare in cui proprietà e management si fondono. L’azienda ebbe un considerevole sviluppo negli anni ’60-‘70, durante il boom economico. Nel 1966 fu presa la decisione di avviare una nuova attività: la produzione di calcestruzzi preconfezionati. La Fumagalli, che oggi possiede tre impianti per calcestruzzo, è stata una delle prime aziende in Brianza e in Lombardia ad operare in questo campo. “Per esigenze di mercato e in seguito all’aumento dei costi della materia prima” spiega Giovanni Fumagalli “siamo stati costretti ad acquistare anche una cava da cui estrarre la sabbia e la ghiaia, elementi base per la produzione di calcestruzzo”. É stata così acquisita la cava denominata Cave d’Adda, ubicata nel comune di Pontirolo Nuovo, in provincia di Bergamo. Dal ‘75 ad oggi l’estrazione di inerti ha avuto un consistente sviluppo: attualmente la proprietà è pari a 550 mila metri quadrati e l’impianto di escavazione rifornisce, oltre agli stabilimenti e ai cantieri Fumagalli, anche imprese terze. Negli anni ‘74-‘75 l’azienda ha avviato l’attività di prefabbricazione di case residenziali. “Il sistema, sviluppato su brevetto tedesco, è stato italianizzato in quanto i progetti iniziali non si adattavano alle esigenze del mercato nazionale: il cliente italiano è molto esigente e desidera una casa personalizzata, in cui possa riconoscersi”. Con il 1986 l’attività si è estesa anche alla prefabbricazione industriale, che comprende la realizzazione di capannoni, supermercati, palestre, ed altre numerose strutture. Nel 1991 l’azienda ha avuto un ulteriore sviluppo, con l’apertura di un’altra struttura di prefabbricazione residenziale e industriale in Centro Italia, ad Ortona, in provincia di Chieti, e la creazione di una seconda società nel Gruppo, la Tecnedil srl. La Fumagalli Edilizia Industrializzata è, infine, attiva anche nel settore immobiliare, con la progettazione, realizzazione e vendita diretta al cliente delle proprie costruzioni.
Fumagalli Edilizia Industrializzata spa via Roma, 23 23892 Bulciago (LC) tel: 031 860093 - 031 860111 fax: 031 874359 www.fumagalli.com
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casa possiede anche un elevato grado di isolamento termico ed acustico, grazie anche alle nuove normative che prevedono un ulteriore aumento dello spessore del pannello e dell’isolamento. Un altro vantaggio per il cliente è avere un unico interlocutore che si occupa di ogni aspetto; dalla consulenza progettuale alla fase di costruzione in cantiere. Infine, i vantaggi logistici ed economici. “Siamo in grado di edificare una casa in cento giorni, dall’inizio dei lavori alla consegna delle chiavi, con costi inferiori almeno del 15% rispetto ad una costruzione tradizionale. Inoltre la nostra consulenza comprende anche i calcoli dei cementi armati e le varie attestazioni di Legge che comprovano la rispondenza di tutti gli impianti alle normative vigenti”. Ad oggi sono state costruite oltre 1500 ville Fumagalli, per una media di circa 60 l’anno. Questa attività si affianca a quella tradizionale. “Dopo il boom degli anni ‘60-‘70, ci siamo concentrati sullo sviluppo del sistema Housing System; negli ultimi anni, con l’ingresso della seconda generazione della famiglia in azienda, che ha portato con sé nuovi stimoli, abbiamo incrementato l’attività edilizia con diverse operazioni immobiliari e con interventi di rilievo. Stiamo, ad esempio, lavorando alla costruzione della nuova sede dell’Associazione dei Costruttori Edili della provincia di Lecco, su progetto del nostro architetto Mario Botta e stiamo edificando la nuova con-
cessionaria Toyota a Seregno (MI)”. Le commesse per i prodotti industriali dell’azienda nascono principalmente dai rapporti ormai consolidati con i vari professionisti che operano nel settore. La comunicazione a supporto del prodotto industriale è pianificata, su testate a carattere tecnico e professionale. Le commesse per la produzione dell’edilizia residenziale sono frutto della trentennale esperienza nel settore e dalla soddisfazione testimoniata dalla clientela, che con il “passa parola” è il migliore veicolo pubblicitario. Oltre a ciò è indispensabile l’apporto della comunicazione pubblicitaria. L’attività della rete commerciale su quotidiani locali e periodici a diffusione nazionale, si rivolge ad una fascia di pubblico di target medio alto e permette di raggiungere i potenziali clienti nelle varie province del Nord e Centro Italia: Panorama, Casaviva, Casa Facile, Focus, Ville e Case Prefabbricate, Style, oltre a testate di arredamento e femminili. Per ultimo, ma non meno importante, la possibilità di visitare le case campione in esposizione, distribuite sul territorio nazionale. “Altro mezzo di comunicazione utilizzato in passato è la televisione. Oggi la nostra scelta è rivolta ai mezzi di comunicazione cartacei di SEAT Pagine Gialle e soprattutto online, sull’attività di mailing e sull’organizzazione di convegni attraverso i quali entriamo in contatto
I punti di forza L’azienda è presente sul mercato con un’ampia offerta sia nel settore industriale sia in quello dell’edilizia residenziale, realizzando l’intero processo produttivo. Ciò le consente di soddisfare le esigenze del cliente proponendo soluzioni chiavi in mano, a prezzi competitivi
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con progettisti, architetti, ingegneri e geometri.” Un altro importante media è rappresentato dalle manifestazioni fieristiche come quella di Varese, la Expo Casa in Umbria, la Edilexpo di Civitanova Marche e il Build Up Expo di Milano dove lo scorso anno l’azienda ha esposto una villa prefabbricata. “Un ulteriore strumento di contatto con il mercato è la nostra presenza sul web, dove il nostro interlocutore ha la possibilità di conoscere la nostra azienda nella sua totale completezza: dalle proposte tecniche alle iniziative commerciali e pubblicitarie.” Gli obiettivi dell’azienda sono il costante miglioramento della qualità, la crescita della notorietà del marchio e lo sviluppo del giro d’affari. Un ulteriore obiettivo, dopo avere preso parte in passato a diverse iniziative in paesi dell’Unione Europea e in Svizzera, è di entrare nei Paesi dell’Europa dell’Est. “Questo nuovo progetto verso l’estero è una nuova tappa dell’evoluzione della Fumagalli Edilizia Industrializzata: dalla nascita ad oggi, infatti, ogni dieci anni ci siamo sempre posti come obiettivo il raggiungimento di nuovi traguardi. Forti della nostra dimensione di impresa familiare, che esprime la volontà di perseguire traguardi condivisi, portando l’azienda verso sempre nuovi successi”
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I processi digitali di fatturazione e di gestione del ciclo dell’ordine La Direttiva UE 2001/115/CE, successivamente recepita nella normativa del nostro Paese, ha istituito la fatturazione elettronica. I processi digitali, infatti, dalla sola fatturazione elettronica sino a quelli più complessi di gestione dell’intero ciclo dell’ordine, consentono di realizzare significativi risparmi economici e di ottenere una maggiore efficienza gestionale. Malgrado ciò, la loro diffusione stenta ancora a decollare
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L’ambito della integrazione e della dematerializzazione del ciclo dell’ordine
L’ambito della fatturazione elettronica in senso stretto
ciclo d’ordine, nonostante gli evidenti e tangibili vantaggi che possono derivare dalla loro adozione. Dalla fatturazione elettronica alla gestione elettronica del ciclo dell’ordine Con fatturazione elettronica, si intende il solo processo che va dalla formazione della fattura da parte del fornitore, all’invio al cliente ed alla sua archiviazione a norma di legge. Secondo due studi, effettuati da Arthur D. Little e dallo Studio BVA, il costo di gestione di una fattura cartacea, dalla produzione all’invio, varia per le imprese europee mediamente tra i 23 e i 27 euro, con punte dell’ordine anche di 50-60 euro. L’introduzione di processi digitali di fatturazione elettronica consente di realizzare risparmi dell’ordine del 60-80%.
Foto: © Corbis
Il rapporto Assinform 2007 evidenzia che nel corso degli ultimi tre anni gli investimenti, a valore, in Information Technology delle imprese del nostro Paese sono cresciuti complessivamente del 5%. Nel 2006, in particolare, gli investimenti da parte delle grandi e medie imprese sono incrementati del 1,8%, mentre quelli delle piccole imprese dello 0,8%. Pur in presenza di valori che pongono ancora il nostro PaeFonte: Politecnico di Milano se, per investimenti in IT, ai margini nella e periferiche non è di per sé sufficlassifica UE, questo incremenciente a garantire l’ottimizzazione to è comunque la conferma che dei processi aziendali, siano essi gli strumenti informatici si stanno di natura produttiva o commerciasempre più affermando come suple o di gestione amministrativa. Ne porto all’operatività delle imprese, è un esempio la limitata diffusioindipendentemente dalla loro dine dei sistemi di fatturazione eletmensione, dal comparto merceotronica e la ancor minor diffusione logico o dal tipo di attività svolto. Ma di sistemi di gestione integrata del la semplice presenza di computer
Fonte: Politecnico di Milano
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L’utilizzo dei documenti elettronici nel Largo Consumo
Fonte: Politecnico di Milano
Questi vantaggi economici diventano, poi, ancora più consistenti se la fatturazione elettronica diviene l’elemento centrale di un processo di gestione più ampio che include ordini, lavorazioni e consegne. Il passo successivo alla fatturazione elettronica consiste, infatti, nella gestione interamente digitale dell’intero “ciclo dell’ordine”, ove la fattura rappresenta il momento di passaggio dalla fase logistico-commerciale (ordini, bolle di accompagnamento, fat- (Base: ture) a quella contabile-finanziaria (fatture, ordini di incasso e di pagamento, contabili, bilanci). La totale dematerializzazione dei processi, oltre a maggiori risparmi, moltiplica l’efficacia e l’efficienza gestionale dei processi coinvolti: la maggiore rapidità dei processi contabili determina un’accelerazione dei flussi finanziari in entrata, il numero degli addetti a ciascuna fase del proces-
so può essere ottimizzato, il lavoro di back e front office, grazie alla nuova strumentazione digitale, è semplificato ed alleggerito. La limitata diffusione dei sistemi Una ricerca effettuata nel corso di quest’anno dall’Osservatorio del Politecnico di Milano conferma che nel nostro Paese l’adozione di questi sistemi è ancora decisamente limitata. In media, infatti, meno del 5% -a valore- del fatturato delle imprese italiane è gestito per via digitale. Vi sono ambiti in cui questo processo mostra una maggiore penetrazione: nel Largo Consumo, per esempio, oltre il 25% della fatturazione è elettronica. Ma anche nei settori più avanzati il passaggio a sistemi di gestione più integrati stenta a decollare: così, per restare nell’ambito del
Largo Consumo, solo il 10% degli ordini è gestito elettronicamente, in un rapporto 1:2,5 con le fatture emesse, a conferma del gap ancora esistente fra i due approcci alla digitalizzazione dei processi. Tra le barriere all’adozione non si possono annoverare impedimenti burocratici: le norme di legge fanno riferimento al solo processo di fatturazione elettronica e, quindi, la scelta di procedere ad ulteriori dematerializzazioni non si scontra con difficoltà aggiuntive di carattere normativo. Dalla ricerca emerge, invece, che tra i principali ostacoli percepiti dalle aziende vi sono la complessità del progetto di adozione e l’incertezza che deriva dall’assenza di uno standard unico, anche se ormai i fornitori di servizi e i system integrator, negli ultimi anni, hanno sviluppato interfacce funzionali in grado di far dialogare tra loro anche sistemi differenti. Un’altra difficoltà è rappresentata dall’investimento economico iniziale di cui non è sempre esattamente facile quantificare, in sede di previsione, il ritorno. Questo ri-
Il grado di adozione delle soluzioni di fatturazione elettronica campione imprese utenti)
Fonte: Politecnico di Milano
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I benefici riscontrati
(Base: campione imprese utenti)
Foto: © Corbis
Fonte: Politecnico di Milano
svolto spiega il frequente approccio graduale -“step by step”- alla digitalizzazione che dà vita a sistemi misti in cui carta e digitale convivono e che offrono vantaggi proporzionalmente inferiori agli
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investimenti sostenuti: attraverso la digitalizzazione di due fasi di processo su quattro, per esempio, si conseguono risparmi nettamente inferiori al 50% di quelli teoricamente possibili con la digitalizza-
zione totale. Gli interventi parziali, anche se meno impegnativi finanziariamente, rischiano, quindi, di essere meno produttivi in termini di ritorno economico e di efficienza aziendale.
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Non solo vantaggi economici Elemento centrale per la valutazione dei risparmi conseguibili con la digitalizzazione integrale del “ciclo dell’ordine”, non è il valore del fatturato dell’impresa, ma bensì il numero delle fatture e degli ordini gestiti. A parità di ricavi, infatti, i vantaggi sono maggiori per un’impresa che deve gestire numerosi ordini di importo unitario ridotto, rispetto a chi opera per grandi commesse ed emette, quindi, poche fatture di importo elevato. L’Osservatorio del Politecnico di Milano evidenzia, inoltre, che il risparmio varia in modo significativo in funzione dei comparti esaminati: si va dai 25 euro del settore farmaceutico, ai 45 dell’elettrico, fino ai 60 euro in media del largo consumo. Analizzando le esperienze delle aziende che hanno adottato questi sistemi, infine, appare evidente che i vantaggi vanno al di là del puro risparmio economico. Frequente è, infatti, il riscontro di un miglioramento dell’efficacia dei processi, in termini di miglioramento del servizio e della qualità prestati al cliente, grazie anche alla riduzione nel numero di errori commessi.
Gli aspetti normativi della fatturazione elettronica Con il termine di “fattura elettronica” si indica una fattispecie documentale diversa dal comune invio di fatture allegate ad un’email, procedura di trasmissione già largamente utilizzata dalle imprese e da tempo consentita dall’Agenzia delle Entrate, a condizione che all’invio telematico della fattura segua la sua stampa cartacea e la sua tradizionale archiviazione. La fatturazione elettronica vera e propria, ovvero la possibilità da parte delle imprese di “dematerializzare” l’intero ciclo di vita di una fattura dalla sua emissione sino alla sua conservazione digitale, trova origine nella Direttiva UE 2001/115/CE, recepita nel nostro Paese con il decreto legislativo del 20 febbraio 2004 n. 52. Tra i requisiti essenziali previsti dal decreto vi è il preventivo accordo tra l’azienda emettitrice e quella ricevente la fattura. Altre norme prevedono che il documento digitale inviato come fattura sia immodificabile, contenga i riferimenti temporali e sia convalidato dalla firma elettronica qualificata dell’emittente. La firma elettronica qualificata è, infatti, un sistema di riconoscimento elettronico che ha valore legale e che identifica con certezza l’identità dell’azienda che ha redatto e inviato la fattura (la firma è fornita da un ente certificatore, come il CNIPA, previa verifica dell’identità del richiedente, sotto forma di un codice univoco e non falsificabile). Ne consegue che un documento nei formati più diffusi, come Word, Excel o PDF, non può essere valido come fattura elettronica, in quanto questi formati non sono in grado di garantire l’inalterabilità dei dati in essi contenuti. In sostituzione della firma certificata per la trasmissione documentale il decreto consente l’utilizzo di sistemi EDI Electronic Data Interchange- purché idonei ad attestare la data, l’autenticità e l’integrità delle fatture trasmesse.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [L’innovazione ICT nelle PMI] / [Aumentare la produttività utilizzando meglio il computer]
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Esportare in Russia L’export italiano in Russia è in costante crescita. Ma la qualità del Made in Italy non è sufficiente a consolidare la presenza delle imprese italiane, in un Paese che si è aperto solo da poco ad un’economia di mercato: le imprese, per rafforzarsi e crescere devono anche investire in strategie e strutture distributivocommerciali e in comunicazione pubblicitaria 54
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© Atlantide Phototravel/Corbis
A partire dal 1991, anno in cui si dissolve l’Unione Sovietica e nasce la Russia, l’economia pianificata e controllata dalle autorità comuniste centrali si avvia a divenire un’economia di mercato. La transizione politica non è indolore e causa, inizialmente, una forte crisi economica. Al tracollo dell’antiquata struttura industriale del Paese si sommano, infatti, la riduzione nella produzione degli armamenti, per lunghi anni spina dorsale dell’economia sovietica, e l’import di prodotti competitivi nei confronti delle produzioni del Paese. Ma già a partire dal 2000, anche grazie al progressivo stabilizzarsi della situazione politica interna, l’economia russa registra i tassi di crescita più alti degli ultimi 35 anni. Il quadro macroeconomico del Paese è in costante sviluppo da diversi anni e la Russia presenta oggi grandi opportunità per le imprese. Un Paese in costante, anche se discontinua, crescita Stando alle previsioni del governo, dopo due anni di crescita al tasso del 7% per anno, il prodotto interno lordo si attesterà, nel 2007, attorno al 6% per rimanere sostanzialmente stabile (5,8%) anche nel 2008. La decelerazione nel tasso di crescita del Pil sarà, peraltro, accompagnata da un più sensibile raffreddamento dell’inflazione che dal 9,8% del 2006 scenderà nel 2007 al 7,5-8%, per ridursi al 4,56% nel 2008. Diversi economisti ritengono che una flessione nel tasso di crescita del Pil del Paese sia naturale e che sia spiegabile con le ampie riforme strutturali che se, da un lato, hanno favorito il rapido sviluppo di alcuni settori e dell’industria manifatturiera, hanno,
La Russia in cifre
dall’altro, provocato la contrazione Forma istituzionale Repubblica Federale nella produzione di beni in numero733,6 miliardi di dollari Pil (anno 2006) si comparti erediTasso d’inflazione 7,5-8% (previsione 2007) tati dall’inefficiente economia sovietiIndice produzione industriale +5,5% (previsione 2007) ca. Gli economisti Moneta Rublo stimano, comunCambi que, che la produ1 dollaro USA=25,2 rubli 1 euro=35,1 rubli zione industriale, Interscambio commerciale 288,5 miliardi di $ USA (2005) il cui andamento è verso paesi non CSI stato molto altalePopolazione 143.420.000 abitanti nante negli ultimi Capitale MOSCA (8.546.000 abitanti) anni (*), incrementerà nel 2007 pasSuperficie 17.075.400 kmq sando dal +4,4% Densità popolazione 8,52 abitanti per kmq del 2006 al +5,5%. Nonostante la diLingua Russo scontinuità che ha Religione Cristiana ortodossa 60% caratterizzato il Musulmana 15% altre 25% quadro macroeconomico negli ultimi sette anni, la Russia, grazie alsi è accompagnata una crescita la ininterrotta crescita nel prezzo del reddito e del potere di acquisto delle materie prime energetiche, della popolazione. Uno studio del ha potuto accumulare notevoli riCentro Studi D&E, Diritto & Ecoserve valutarie ed aumentare gli nomia in Russia e nella CSI, ha reaccantonamenti al fondo di stacentemente evidenziato il formarsi bilizzazione, creato nel 2004 per di una consistente classe mediacontrastare le brusche oscillaziostimata nel 35% circa della poponi nei prezzi del petrolio. Nel 2006 lazione per 50 milioni di personeil governo russo ha così saldato in che ha a disposizione un reddito anticipo la parte restante del debimedio mensile compreso tra i 2mito contratto con il gruppo dei paela e i 12mila dollari, e di una classe si creditori del Club di Parigi e per sociale medio-bassa, valutata in la prima volta, sono stati assegna56-57 milioni di persone, in grado ti, con la partecipazione di capitale di accedere ad una quota, seppur privato, fondi speciali allo sviluppo più modesta, di beni di consumo. di progetti di primaria importanza. Questo diffuso benessere ha stiQuesti fondi, secondo il Ministero molato la crescita nei consumi che Russo dell’Economia hanno suhanno raggiunto nel 2006 i 420 miperato nel 2007 l’ammontare di liardi di dollari (+11,3% rispetto al 110,6 miliardi di rubli, valore equi2005). Tra le aree più ricche del valente a 4,4 miliardi di dollari. Paese vi sono le regioni di Mosca e San Pietroburgo ove è concenIl mercato dei consumi trato il 60% delle risorse finanziain Russia rie e si realizza circa il 30% degli Al considerevole aumento del Pil scambi commerciali. Altre regioni
(*) In crescita di oltre l’11% annuo nel 1999 e nel 2000, la produzione industriale è scesa nel 2001 e nel 2002 al 4,9% e al 3,1% per risalire nel 2003 e nel 2004 al 7,3%, e al 6,1% e contrarsi nuovamente al 4% nel 2005
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Import della Russia dai maggiori partner europei 2004-2006 (in milioni di $ USA) Anno
2004
2005
2006
10.556
13.272
18.436
Francia
3.071
3.673
Italia
3.199
Finlandia
2004
2005
2006
Olanda
15.272
24.614
35.862
5.852
Italia
12.086
19.053
25.111
4.416
5.719
Germania
13.302
19.736
24.493
2.336
3.100
3.998
Svizzera
7.707
10.774
12.068
Regno Unito
2.067
2.776
3.671
Polonia
5.700
8.623
11.479
Polonia
2.310
2.747
3.400
Regno Unito
5.640
8.280
10.362
Olanda
1.375
1.941
2.680
Finlandia
5.828
7.651
9.201
Belgio
1.176
1.476
2.196
Francia
4.424
6.111
7.602
Svezia
1.612
1.861
2.141
Ungheria
3.254
5.004
6.229
879
1.227
1.950
Repubblica Ceca
2.280
3.817
4.665
Germania
Spagna
Fonte: Federal State Statistic Service - Russia
emergenti sono le aree di Rostov sul Don e di Krasnodar nella Russia meridionale. Con l’affermarsi dei nuovi stili di consumo, anche la struttura commerciale e distributiva è rapidamente mutata: al declino delle forme più tradizionali, come il commercio al minuto e i mercati, le uniche consentite ai privati durante il regime comunista, e la cui quota è passata dal 29% del 2000 al 21% del 2005, fanno da contraltare la crescita di nuove imprese commerciali e di negozi specializzati (dal 32-33% nel 2000-2001 al 42,7% stimato a fine 2005) e lo sviluppo della grande e media distribuzione (dal 15,7% nel 2002 al 20,9% a fine 2005). I punti vendita specializzati, in particolare, attraverso i quali transita circa il 5560% dei beni di consumo durevoli, si stanno rivelando il canale di acquisto preferito dai consumatori che li considerano affidabili per il servizio prestato e per la garanzia del post vendita. Il ruolo dei chioschi e dei mercati di strada resta significativo solo per gli alimenta-
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Export della Russia verso i maggiori partner europei 2004-2006 (in milioni di $ USA)
\ Fare Impresa
Anno
Fonte: Federal State Statistic Service - Russia
ri, mentre si stanno sviluppando i “retail park”, che sono sostanzialmente centri di vendita al minuto a prezzi economici. L’interscambio commerciale con i Paesi esteri La Russia, che si avvia ad essere il principale paese esportatore di gas ed il secondo di greggio al mondo, si sta anche gradualmente aprendo al commercio internazionale ed agli investimenti esteri: permangono, tuttavia, ancora ostacoli di natura tariffaria, amministrativa e legislativa, che peraltro il governo si è impegnato a rimuovere in tempi brevi, che non sempre rendono agevole l’ingresso di beni e servizi o incentivano gli investimenti stranieri. Secondo i dati del WTO le importazioni e le esportazioni della Russia sono pari, rispettivamente, all’1,5% ed allo 0,7% dell’interscambio mondiale, con una presenza del tutto trascurabile nel commercio dei servizi. Nel 2005 l’interscambio con i Paesi non-CSI ha raggiunto i 288,5 miliardi di dollari, di cui
208,75 di export e 79,75 di import. L’export contribuisce per circa il 25% alla formazione del prodotto interno lordo (nell’ex-Unione Sovietica non superava il 10%). La Russia esporta principalmente materie prime, gas e petrolio; marginale è l’export di macchinari ed attrezzature che secondo il Rosstat, il Servizio statistico russo, rappresenta, nel 2005 solo il 5,6% del totale. Le importazioni sono invece costituite, per circa il 50%, da beni di consumo ed alimentari. Gli investimenti esteri realizzati in Russia da gennaio a giugno 2006 ammontano a 23,4 miliardi di dollari, con un incremento del 41,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Gli investimenti esteri totali accumulati hanno raggiunto alla fine di giugno 2006 i 128 miliardi di dollari e sono rappresentati per il 50% da strumenti finanziari riscattabili (prestiti e finanziamenti) e per il 48% da investimenti diretti. Tra questi primeggia ancora il settore del petrolio e del gas, che ha attratto nel solo 2006 investimenti per 9,1 mi-
liardi di dollari, mentre altre quote rilevanti sono presenti nell’industria manifatturiera (32%), nei settori del commercio (21,1%), inclusi anche i servizi alberghieri e la ristorazione, e nell’industria estrattiva (21,9%). Seguono i settori dei trasporti e delle comunicazioni (17% degli investimenti del 2006), e, in crescita, l’industria alimentare, particolarmente attrattiva per gli investitori esteri grazie alla stabilità nei consumi che caratterizza il mercato russo.
rispetto al 2005), mentre le importazioni hanno toccato i 25,1 miliardi di dollari (+31,7%). Il nostro Paese esporta principalmente macchine e apparecchi meccanici, mezzi di trasporto, prodotti trasformati e manufatti, prodotti tessili e abbigliamento, cuoio e prodotti in cuoio, mobili, metal-
li e prodotti in metallo, mentre importa, per il circa l’80%, combustibili, minerali ed energia. I dati Istat relativi al primo trimestre del 2007 evidenziano che la regione con il maggiore export verso la Russia è la Lombardia con 555 milioni di euro, in crescita del 35,8% rispetto al primo trimestre 2006. Seguono il
Andamento dell’import-export dell’Italia verso la Russia 2000-2006 (in milioni di $ USA)
Gli interscambi commerciali con l’Italia Negli ultimi anni, le relazioni politiche tra Italia e Russia hanno raggiunto un livello di eccellenza, al punto di meritare la qualifica di “relazioni privilegiate”. Il convinto sostegno dell’Italia al percorso di avvicinamento russo alla “comunità occidentale” ha consentito al nostro Paese di giocare un ruolo di “ponte” fra l’Occidente e la Russia, e ha favorito, nel contempo, le esportazioni dei nostri prodotti nel Paese. Secondo i dati Istat relativi al periodo gennaio-luglio 2007, la Russia è, infatti, il Paese dove le esportazioni italiane stanno registrando il più significativo tasso di crescita (+33,5% nel periodo gennaio-luglio 2007). La Russia pare, quindi, destinata a diventare per il nostro Paese un partner commerciale sempre più importante, anche se attualmente essa rappresenta solo il 5% delle esportazioni e il 9% delle importazioni verso i paesi extraUE. Nel 2006 Il valore delle esportazioni Italiane in Russia ha raggiunto i 5,7 miliardi di dollari (in crescita del 29,5% Fonte: Servizio Federale di Statistica
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\ Fare Impresa
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Veneto e l’Emilia Romagna rispettivamente con 328 e 356 milioni di euro. Forti crescite nell’export si registrano anche per Friuli Venezia Giulia (+103%), Basilicata (+203%) e Liguria (+264%). La Lombardia detiene, anche, il primato assoluto in termini di interscambio (il 42,4% dell’intercambio totale nel primo trimestre del 2007), seguita dalla Sicilia (17,4% del totale nazionale), dal Vene-
to e dall’Emilia Romagna rispettivamente con quote del 7,8% e del 7,4%. Il Made in Italy: opportunità e criticità Da quando è caduta la cortina di ferro delle importazioni, la Russia si è trasformata in un formidabile cliente del Made in Italy. I tassi di crescita dell’export confermano che i prodotti italiani sono am-
bitissimi, in particolare dalle classi sociali emergenti che li associano al lusso e all’eleganza, che caratterizzano i loro nuovi stili di vita e di consumo. Ciò nonostante, uno studio condotto dal Centro Studi D&E evidenzia che l’export delle imprese italiane è a rischio non solo di paesi come la Corea (+75,6% da gennaio a maggio 2006) e la Cina (+69,5%) caratterizzati da aggressività commer-
Import ed export italiano dalla Russia per comparto Gennaio - Luglio 2007 (in migliaia di €) Import Comparto
valore
Variazione % rispetto 2006
valore
Variazione % rispetto 2006
39.083
-32,4
54.064
22,3
5.610.629
-8,0
2.793
41,4
5.574.601
-7,9
1
ns
36.028
-27,2
2.792
41,4
2.511.498
17,8
5.119.030
33,8
Prodotti alimentari, bevande e tabacco
63.344
59,8
155.084
31,7
Prodotti dell’industria tessile e dell’abbigliamento
15.795
-17,4
782.220
24,5
Cuoio e prodotti in cuoio
83.000
-1,8
360.706
29,8
Legno e prodotti in legno (esclusi i mobili)
63.711
7,1
42.928
29,0
Carta e prodotti di carta, stampa ed editoria
30.579
-13,9
75.466
26,2
Prodotti petroliferi raffinati
668.062
57,0
1.846
119,3
Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali
164.820
14,2
277.962
10,1
4.469
-23,4
118.927
28,6
Prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
780
48,6
163.684
21,8
Metalli e prodotti in metallo
Prodotti dell’agricoltura e della pesca Prodotti delle miniere e delle cave Minerali energetici Minerali non energetici Prodotti trasformati e manufatti
Articoli in gomma e in materie plastiche
1.369.725
7,4
402.834
32,9
Macchine ed apparecchi meccanici
20.657
67,1
1.665.332
48,4
Apparecchi elettrici e di precisione
11.959
-9,6
386.440
38,2
Mezzi di trasporto
6.752
-13,6
207.836
44,5
Altri prodotti dell’industria manifatturiera (compresi i mobili)
7.845
-6,6
477.766
25,2
Mobili
7.484
2,6
378.939
21,8
Altri prodotti
1.877
219,8
1.625
-58,7
8.163.088
-1,5
5.177.512
33,5
Totale Fonte: Istat, Statistiche del commercio estero
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Export
\ Fare Impresa
ciale e prezzi bassi, ma anche di paesi europei come l’Ungheria (+71,8%) e l’Olanda (+51,9%). Punti critici per le imprese italiane sul mercato russo sono, infatti, le strategie di distribuzione-commercializzazione dei prodotti e la dimensione ridotta degli investimenti pubblicitari. Ad oggi, infatti, solo i grandi marchi, come ad esempio Benetton, dispongono di canali distribuitivi sui quali sono in grado di esercitare un controllo diretto (Benetton è da tempo presente in Russia con circa 150 punti vendita). Molte altre imprese, in particolare di piccola e media dimensione, si affidano, per la distribuzione, alle grandi catene commerciali di altri paesi, come la Metro tedesca, l’Auchan francese, la Ramstore turca, la Stockmann finlandese, l’Ikea svedese, che le penalizzano sia commercialmente sia in termini di visibilità. Anche la distribuzione al dettaglio è carente. I prodotti delle imprese italiane non sono, in generale, adeguatamente e capillarmente distribuiti nel Paese: con qualche eccezione, come, per esempio, Armani, non esistono catene di negozi monomarca, né centri commerciali, anche di piccola o media dimensione, o gruppi di negozi in cui sia raggruppata e coordinata l’offerta del Made in Italy. La presenza dei prodotti italiani è scarsa anche nei moderni mini-market di quartiere, che stanno sostituendo i negozi tradizionali. Altro aspetto critico è la dimensione contenuta degli investimenti pubblicitari. Sempre il Centro Studi D&E sottolinea come un recente rapporto della Rbc, la Rosbusiness Consulting moscovita, sul mercato pubblicitario in Russia citi appena una dozzina di società italiane, tra le quali Benetton, Berloni, De Longhi, Indesit, Pirel-
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I sette errori da evitare per fare affari in Russia Un’analisi compiuta dal Centro Studi di Mosca ha evidenziato i principali errori che le aziende italiane dovrebbero evitare di commettere per realizzare affari in Russia. 1. Non considerare la Russia come un mercato di approccio tattico, nel quale operare solo per compensare la stagnazione dei mercati europei e americano, ma considerarlo un mercato strategico dove sviluppare una presenza commerciale o produttiva permanente 2. Non considerare la Russia un mercato di “secondo livello”, dove proporre beni di seconda scelta, poiché si tratta già di un mercato molto sofisticato, soprattutto nelle grandi città 3. Non sottovalutare l’entità degli investimenti da effettuare per l’ingresso nel mercato e per stabilirvi una presenza stabile. In particolare, pubblicità e informazione sui prodotti hanno un’importanza maggiore che in altri mercati 4. Non valutare gli interlocutori russi poco affidabili. Potrebbe senz’altro accadere, ma non va dimenticato che per un imprenditore russo anche un operatore italiano è spesso considerato meno affidabile di uno tedesco o scandinavo 5. Non essere troppo lenti e “burocratici”: la Russia è un mercato dinamico, competitivo e pronto ad accogliere tutte le novità 6. Non dimostrare eccessiva incertezza nell’affrontare rischi imprenditoriali, mostrando una tendenza all’assistenzialismo di impresa 7. Non limitarsi ad un approccio prevalentemente commerciale, in un mercato in cui la presenza di investimenti produttivi stranieri, soprattutto in taluni settori, come l’alimentare, l’automobile, l’abbigliamento, i mobili, i materiali da costruzione, è sempre più determinante
li, Scavolini, Zanussi, su oltre 520 principali società straniere presenti nel Paese. In sintesi solo il 2% di tutte le imprese, mentre le vendite a valore delle imprese italiane rappresentano circa il 5-6% delle importazioni russe. In altri termini, vi è una larga parte del Made in Italy che si trova a competere sul mercato russo senza il sup-
porto di attività di comunicazione pubblicitaria. Situazione che ha risvolti particolarmente critici in un mercato che si caratterizza per essere ancora “giovane”, popolato da consumatori per i quali la pubblicità, introdotta solo di recente, rappresenta ancora una novità e sui quali esercita, di conseguenza, un “potere” maggiore rispet-
\ Fare Impresa
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Gli indirizzi Utili Ambasciata della Federazione Russa Via Gaeta 5 00185 Roma Telefono: 06/4941680 - 06/4941681 06/4941649 Fax: 06/491031 E-mail: info@ambrussia.it www.ambrussia.it
Camera di Commercio Italo-Russa in Russia M. Znamenskij per.8 building 121002 Mosca Telefono: ++7 095 9165560 Fax: ++7 095 9165561 E-mail: ccir@mosca.ru
Ufficio Consolare di Roma Via Nomentana 116 00161 Roma Telefono: 06/44235625 - 06/44234149 Fax: 06/44234031 E-mail: consolato@ambrussia.it www.ambrussia.it/idxconsrom.html
Ambasciata d’Italia a Mosca Denezhny Pereulok 5 121002 Mosca Telefono: ++7 (095) 796-96-91/241-15-33 Fax: ++7 (095) 253-92-89 E-mail: embitaly@ambmosca.ru www.ambmosca.ru
Consolato Generale di Milano Via Sant’Aquilino 3 20148 Milano Telefono: 02/40092113 - 02/48706041 Fax: 02/40090741 E-mail: consolato.russo.mi@iol.it http://users.iol.it/consolato.russo.mi
Consolato d’Italia a S. Pietroburgo Teatranaya Ploschad 10 190068 San Pietroburgo Telefono: ++ 7 812 3123106/ 312 3217 Fax: ++7 812 571 5150 E-mail: conspie@consitaly.ru www.consitaly.ru
Camera di Commercio Italo-Russa in Italia Via Silvio Pellico 8 20121 Milano Telefono: 02 86995240 Fax: 02 85910363 E-mail: info.ccir@fondazione-italiarussia.it www.fondazione-italiarussia.it
to a quello esercitato sugli acquirenti occidentali. Un prodotto non pubblicizzato, è opinione comune, non merita di essere preso in considerazione, mentre al contrario la pubblicità in sé è vista come la “certificazione” della qualità del
prodotto. Una convinzione diffusa, che ha fatto registrare, in casi estremi, il successo di prodotti fittizi, come il fondo immobiliare della società MMM, al centro di un recente clamoroso scandalo, che riuscì a raccogliere fondi da oltre
cinque milioni di sottoscrittori proprio grazie a martellanti campagne pubblicitarie.
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [Scegliere e gestire i mercati internazionali] / [Esportare in Giappone] / [Esportare in India]
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\ Fare Impresa
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\ Fare Impresa
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\ Formazione
Il team management: costruire la squadra vincente Per affrontare problemi complessi e vincere sfide difficili è sempre più necessario adottare un approccio multidisciplinare. Ma per costruire un teamwork di successo non è sufficiente disporre delle sole competenze tecniche. Occorre gestire le dinamiche interne al gruppo sapendo valorizzare i diversi apporti individuali. Il valore di un autentico teamwork è, infatti, superiore alla somma dei valori dei singoli componenti
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\ Formazione Seat Corporate University
Foto: © Corbis
Se è vero, come si sostiene da tempo, che le economie occidentali sono ormai entrate nella Knowledge Age, dove il valore dell’impresa è più nel capitale umano che nelle risorse materiali, è altrettanto vero che è tramontata l’epoca del singolo “onnisciente”, colui, cioè, che era in grado di sviluppare un progetto in splendida solitudine, dall’alto delle sue esperienze o grazie alle sue personali e spesso misteriose conoscenze. La vastità delle specializzazioni e la necessità di affrontare problemi e sfide complesse impongono, al contrario, un approccio multidisciplinare che, per sua stessa natura, non può che essere il frutto del lavoro collettivo di una squadra nella quale ogni partecipante apporta una professionalità o una competenza specifica. Il primo passo verso la costruzione di un team di successo consiste, infatti, nell’identificare le competenze necessarie in funzione dell’obiettivo finale, e selezionare, di conseguenza, i partecipanti in base alle loro professionalità. Passo essenziale, ma non sufficiente. Riunire un gruppo di persone, per
quanto preparate tecnicamente, e assegnare loro il compito di lavorare a un progetto non significa aver creato un team di lavoro. Perché ciò avvenga è necessario definire non solo i processi operativi necessari per integrare le diverse competenze, ma anche costruire la cornice entro la quale si sviluppano e sono gestiti i rapporti interpersonali dei partecipanti. Creare una squadra significa, in sostanza, creare un unicum del quale ciascuno si sente davvero parte, e, ove successi e difficoltà sono vissuti collettivamente. Un traguardo difficile da raggiungere se si pensa, in particolare, alla competizione spesso presente nelle organizzazioni aziendali. La responsabilità di questo compito ricade sulle spalle del team leader, ma affinchè si formi il team, deve essere condivisa da tutti, poiché solo attraverso uno sforzo comune è possibile gestire le dinamiche interne al gruppo e conseguire gli obiettivi assegnati. L’uomo-squadra ideale Sino dalla preistoria, l’uomo è un animale sociale. È paradossale,
quindi, che ancora oggi ci si ponga il problema della convivenza degli individui all’interno di un gruppo. Oltretutto di un gruppo, come dovrebbe essere un workteam, i cui componenti sono già parte della medesima organizzazione, sono preparati culturalmente e avvicinati da interessi comuni. In realtà è vero il contrario: il lavoro di squadra, se è non gestito correttamente, è fonte di dispersioni, di inefficienze e di competizioni interne che portano a risultati conseguiti con fatica e non sempre in linea con gli obiettivi iniziali. Non per nulla è sempre attuale la vecchia battuta “il cammello è un cavallo progettato da un gruppo di lavoro”. Prima ancora, quindi, di avviare il lavoro di gruppo, è necessario verificare se i singoli individui sono caratterialmente e psicologicamente predisposti a lavorare in team. Per fare ciò, vi sono alcuni passaggi fondamentali. Innanzitutto la capacità di ascolto attivo. La modalità di comunicazione tipica della nostra società, dai talk show televisivi sino alle comuni conversazioni tra le persone, sembra essere invece quel-
Le sei regole per il team leader 1. Coinvolgere tutti i componenti del team non solo sul piano professionale, ma anche su quello personale ed emotivo, facendo loro percepire il valore di ogni singolo apporto
2. Definire gli obbiettivi in maniera realistica: il raggiungimento dei traguardi infonde fiducia e motivazione a tutto il team
3. Non eccedere nel numero e nella durata delle riunioni. Ogni riunione deve essere percepita da tutti utile, necessaria ed efficace. Non lasciare problemi in sospeso e assicurasi che tutti i partecipanti abbiano compreso le conclusioni a cui si è giunti 4. Delegare e farlo in ogni circostanza in cui è possibile 5. Gestire l’iniziativa individuale dei singoli membri in modo coerente, ponendo dei limiti elastici, senza perdere di vista il lavoro collettivo e senza demonizzare gli errori 6. Intervenire in caso di dissidi interni e di incomprensioni, evitando che il deterioramento dei rapporti personali si consolidi nel tempo
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\ Formazione
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quest’ultimo che si rivela negativo sia per il singolo, che si vede richiedere o assegnare compiti non propri, sia per il gruppo, che sarà deresponsabilizzato nei confronti di impegni extra che, tanto, saranno “dirottati” sul singolo. Non solo, ma la presenza di un membro del gruppo portatore di questo atteggiamento crea una dinamica perversa: alle prime iniziali richieste ne seguiranno altre successive, il che condurrà, alla fine, al sorgere di un inevitabile conflitto tra l’individuo e il gruppo.
Il decalogo del lavoro di squadra 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
Avere obiettivi condivisi Definire processi di lavoro interni efficienti Adottare un approccio etico al lavoro di gruppo Mantenersi focalizzati sui propri compiti Alimentare la propria e altrui motivazione Disporre di tutte le competenze necessarie all’interno del team Essere sempre propositivi, non solo reattivi Accettare di mettersi in discussione Essere flessibili Rispettare tutti gli altri componenti della squadra
la opposta. Il desiderio di intervenire prevale sulla disponibilità ad ascoltare. Per ascolto attivo si intende, al contrario, la capacità di dimostrare interesse per le parole dell’interlocutore, a partire dall’atteggiamento della propria postura sino alla formulazione di domande e di richieste di approfondimento. L’ascolto attivo è la base di partenza per i passi successivi necessari alla creazione del gruppo: la comprensione, il rispetto e l’interesse reciproci. Comprendersi davvero, sul piano umano prima ancora che su quello professionale, è il modo migliore per prevenire conflitti che recherebbero danno all’intera squadra. “Mettersi nei panni dell’altro” significa, anche, giungere a considerare giustificabili o legittimi reazioni e comportamenti che in prima battuta potrebbero apparire inutilmente aggressivi o inaccettabili. Dimostrare autentico interesse per l’interlocutore permette di entrare in sintonia con lui, contribuire a fargli accettare anche eventuali critiche, che saranno percepite come costruttive. Ugualmente importante, per mantenere buone le relazioni all’interno del gruppo, è la capacità di scusarsi per le proprie
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\ Formazione Seat Corporate University
intemperanze o i propri errori di relazione, senza accampare banali scuse o, peggio, senza sfoderare atteggiamenti aggressivi per mascherare le proprie manchevolezze. Un altro passaggio importante da realizzare è mantenersi coerenti, ovvero riuscire a mettere in pratica quanto si è enunciato verbalmente. La coerenza non deve, però, essere interpretata come rigidità: se cambia il contesto o mutano i presupposti non ha senso attenersi a quanto deciso inizialmente. L’apporto individuale In un workteam ci si attende che ogni partecipante oltre a svolgere il compito assegnato, fornisca al gruppo anche il proprio contributo proattivo, fatto di riflessioni, di proposte, di aiuto a chi si trova ad affrontare difficoltà impreviste. In altre parole, un buon team member deve mostrarsi disponibile in tutti i casi nei quali è richiesto il suo intervento. Spesso, tuttavia, la disponibilità conduce ad eccessi. Una cosa è essere disponibile, quando questo contribuisce a migliorare l’efficienza del team, altra cosa è, invece, essere “a disposizione” degli altri, comportamento
Il team leader Ma al di là delle caratteristiche personali e dei ruoli operativi dei singoli, è il team nel suo complesso che deve “crescere” e svilupparsi nel corso del tempo. Il compito di stimolare e gestire questa crescita spetta al team leader, che ha tra i suoi obiettivi quello di costruire una squadra il cui valore sia superiore alla somma dei valori dei singoli componenti. Un autentico teamwork, capitalizzando e alimentando la capacità di ogni membro di offrire il proprio contributo per la crescita degli altri, si trasforma in un “moltiplicatore di forze”. Un team può, tuttavia, crescere solo se lasciato libero di svilupparsi, se, cioè, non è gestito rigidamente e gerarchicamente. Al suo interno sono, infatti, indispensabili spazi crescenti di autonomia decisionale, in modo da permettere alle capacità di ciascun membro di trovare stimoli per esplicitarsi. Spetta al team leader mantenere il team sul punto di equilibrio,
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crescita professionale individuale e della squadra nel suo insieme. Essenziale è anche la capacità del team leader di sviluppare una comunicazione efficiente, trasparente e pluridirezionale: comunicare in modo scarso e poco chiaro dà origine a fraintendimenti, eccessive aspettative, difficoltà o imbarazzo sui ruoli e obiettivi. Il team leader deve quindi verificare non solo che il flusso di comunicazioni esista, ma che sia anche correttamente utilizzato e compreso. Un test classico per verificare il grado di comprensione della comunicazione interna è quello di far scrivere a tutti i partecipanti, al termine di una riunione, una sintesi delle decisioni prese. Mettendo a confronto i testi, si scoprono, infatti spesso, interpretazioni diverse, addirittura contrastanti. In questi casi vi è solo l’apparenza di una
comunicazione interna, e la situazione richiede interventi immediati da parte del team leader. Allineamento e motivazione, infine, sono due facce della stessa medaglia. Tutti i team member devono essere “allineati”: non basta aver compreso gli obiettivi del progetto, ma è anche necessario che essi siano condivisi. Una forte condivisione degli obiettivi e della mission del team genera e consolida la motivazione, che il team leader dovrà rafforzare instillando fiducia nelle capacità individuali e della squadra di superare le inevitabili crisi e difficoltà.
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quello che consente la massima libertà creativa e propositiva senza cadere nell’ingestibilità e nella frammentazione. Questo punto di equilibrio è dinamico e si sposta man mano che il team, lavorando proficuamente, struttura le proprie funzioni operative interne. Il grado di controllo necessario nella fase iniziale del lavoro di squadra si trasforma, quindi, in un freno quando il team è ormai consolidato. Altri elementi sui quali il team leader deve lavorare costantemente sono l’organizzazione, la comunicazione, l’allineamento e la motivazione. Per organizzare in modo ottimale il workteam è necessario che ciascun componente comprenda esattamente quali sono le sue funzioni e suoi obiettivi. Funzioni e obiettivi dovranno essere periodicamente riparametrati in base alla
\ Formazione
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\ Formazione
Prontoseat, un caso di successo: quando il dialogo tra azienda e dipendenti è vincente Identità e missione aziendale devono essere comunicati a chi lavora in azienda, prima ancora che al mercato e ai potenziali clienti. Solo così si può ottenere una reale coerenza tra gli obiettivi d’impresa, le modalità organizzative e la motivazione dei dipendenti
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La comunicazione interna è uno strumento relativamente recente nelle teorie di marketing. Parallelamente a ciò che va sotto il nome di employer branding, ovvero gli strumenti e le tecniche per attrarre in azienda talenti e trattenerli, la comunicazione interna mira a sviluppare e rinsaldare il rapporto con i dipendenti. Due sono i fronti principali su cui impatta una comunicazione interna efficiente. Il primo, sul quale lavora sinergicamente con l’employer branding, è lo sviluppo della relazione tra i singoli lavoratori e l’azienda, affinché sia garantito in ogni fase, dal recruiting ai diversi momenti di crescita professionale, un dialogo aperto, propedeutico alla prevenzione di micro-conflittualità e incomprensioni reciproche, nonché allo sviluppo dell’apporto professionale del lavoratore, in senso propositivo e proattivo. L’altro fronte, non meno importante, è rappresentato dall’influenza positiva esercitata da una corretta comunicazione interna sull’efficienza dei processi di lavoro e sulla qualità dei risultati ottenibili. Ogni dipendente che sia ben informato su obiettivi e andamenti aziendali, su iniziative in corso e progetti futuri, sviluppa un tangibile senso di appartenenza e uno spirito di squadra che lo fanno sentire coinvolto in prima persona nell’impresa. In questo modo si ottengono miglioramenti tanto dell’attività produttiva quanto dell’immagine che l’azienda offre all’esterno, in quanto i dipendenti ne diventano i primi e i più attivi promotori. Sviluppare un’efficace comunicazione aziendale è tuttavia un compito da pianificare attentamente, come dimostra anche la storia di successo di Prontoseat. Non si tratta solo di realizzare e distribui-
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re qualche circolare interna o di affiggere manifestini e avvisi in tristi bacheche appese nei corridoi. Anche la comunicazione interna deve, infatti, essere affrontata nel quadro di un progetto integrato, più o meno complesso in funzione delle dimensioni dell’impresa e della tipologia di attività, che deve sempre fondarsi su una veicolazione bidirezionale dei messaggi, delle informazioni e dei commenti. L’azienda, cioè, non può solo parlare, rischiando di produrre inascoltati monologhi; deve anche saper ascoltare, con altrettanta attenzione, ciò che i suoi dipendenti vogliono dirle. A seconda dei casi, quindi, i flussi informativi si originano in alto nella gerarchia aziendale (manager, dirigenti, quadri) e viaggiano verso la “base” dell’organizzazione (topdown), oppure seguono il percorso contrario (bottom-up). Queste dinamiche sono tipiche di organizzazioni del lavoro verticali, in imprese di dimensioni medio-grandi e grandi. In quelle più piccole è più frequente invece una diffusione “a rete” della comunicazione: prevalentemente orizzontale, meno strutturata e più informale. Gli strumenti della comunicazione Nonostante l’indubbia efficacia dei cosiddetti “coffee break meeting”, cioè di quegli incontri più o meno casuali che facilitano uno scambio di idee in libertà senza condizionamenti formali, appare evidente che una buona comunicazione interna non può nascere spontaneamente. Serve innanzitutto un progetto-base che identifichi interlocutori, percorsi di comunicazione, argomenti da affrontare e informazioni da diffondere. Vanno, quindi, assegnati ruoli e funzioni e decisi i mezzi di
comunicazione da attivare. Molti degli strumenti necessari allo scopo sono già presenti in azienda e vanno semplicemente adeguati al nuovo utilizzo: documenti scritti (lettere, circolari, questionari, house organ, ecc) comunicazioni verbali (incontri, riunioni, interviste) e strumenti visivi (cartelloni e bacheche). Uno spazio sempre più ampio è occupato dalle applicazioni tecnologiche: dal telefono alla posta elettronica, dalle newsletter ai portali aziendali, alla intranet. I media hi-tech, infatti, sono più duttili e rendono immediato sia l’invio di feedback, sia l’instaurarsi di una vera “conversazione” tra i vertici aziendali e i dipendenti, nonché tra i dipendenti stessi.
Un caso di successo Un caso di successo di comunicazione bidirezionale tra impresa e dipendenti è rappresentato dall’iniziativa che ha coinvolto il personale del call center di Prontoseat in un progetto editoriale: il volume “Senti che storia”. “Senti che storia” raccoglie quattordici racconti scritti dagli operatori del call center di Prontoseat, la società che gestisce le attività outbound ed inbound del Gruppo SEAT Pagine Gialle, tra le quali l’89.24.24 Pronto PagineGialle, la directory on voice specializzata nei servizi ad alto valore aggiunto, che insieme al 12.40 Pronto PagineBianche fanno del Gruppo SEAT il leader assoluto nel mercato italiano dei servizi di assistenza telefonica. L’iniziativa di realizzare il volume, che ha come filo conduttore il call center, nasce dalla consapevolezza di avere a disposizione un potenziale umano e professionale di grande valore, grazie al quale
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Senti che storia - edizione Iniziative Editoriali - è disponibile nelle migliori librerie al prezzo di 10 €. I lettori di SEAT Con Voi possono richiedere gratuitamente una copia del volume inviando una mail all’indirizzo: sentichestoria@prontoseat.it Parte del ricavato del libro sarà destinato da Prontoseat a CasaOz -www. casaoz.org- associazione senza fini di lucro per il bambino malato e per la sua famiglia.
sono stati conseguiti rilevanti risultati sia nello sviluppo dell’area di business sia nella qualità del servizio prestato (un concreto esempio è la numerosa crescita dei soci di “Prontissimo”, il top club che riserva ai migliori clienti di 89.24.24 vantaggi e servizi esclusivi). Il vo-
lume si colloca all’interno di un più ampio progetto di comunicazione interna tesa a valorizzare le risorse professionali di Prontoseat e a favorire lo spirito di collaborazione tra azienda e collaboratori, la cui motivazione è, nel contesto operativo dell’azienda, fattore chia-
ve di successo del business. Se, da un lato, infatti, l’azienda contribuisce allo sviluppo del business attraverso innovazioni di marketing, capacità di gestione e formazione professionale, dall’altro lato le qualità umane delle risorse della linea operativa incidono, in modo determinante, sui livelli di soddisfazione degli utenti finali. La scelta di dar vita ad un progetto di carattere editoriale non è stata casuale, poiché, infatti, la maggior parte degli operatori di Prontoseat è costituita da studenti universitari o neolaureati in facoltà di tipo umanistico che avevano già dimostrato interesse nei confronti di altre proposte di carattere culturale di Prontoseat, come la creazione di una biblioteca/mediateca aziendale o l’ideazione, per gioco, di uno spot per l’89.24.24. In collaborazione con la Scuola Holden di Torino sono stati organizzati, quindi, quattro incontri con altrettanti scrittori (Luca Masali, Giampiero Rigosi, Luca Bianchini, Sara Marconi) che hanno fornito “lezioni” di scrittura sul genere fantasy, giallo e noir, rosa, racconto per ragazzi. Successivamente è iniziata la raccolta dei racconti la cui selezione è stata affidata a docenti della Scuola stessa. I racconti valutati più meritevoli, uno spaccato divertente ma anche impegnato del mondo del call center visto sia dall’interno sia “nei panni” degli utenti, sono stati quindi pubblicati nel volume edito da Iniziative Editoriali
Un occhio sul web Vedi anche sul sito www.convoimagazineseat.it gli articoli: [La comunicazione interna: informare, convincere, motivare] / [Creare un team di successo con la formazione]
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\ Formazione Seat Corporate University
Il successo di una squadra è tutto nella formazione.
Investire nella formazione è importante. Tutto quello che un leader di mercato come SEAT Pagine Gialle ha impiegato nel formare le proprie persone è oggi disponibile anche per voi. Seat Corporate University: la scuola di SEAT Pagine Gialle che mette 80 anni di esperienza e competenza al servizio della Piccola e Media Impresa. n°11 \ novembre - dicembre 2007
Seat Corporate University 69 \ Formazione
I corsi di formazione di Seat Corporate University per i Clienti SEAT Seat Corporate University, scuola di eccellenza nella formazione del personale, è opportunamente strutturata per offrire ai clienti SEAT un vasto catalogo di corsi di formazione in particolare per quanto riguarda le tecniche di vendita e la consulenza per la comunicazione di marketing e pubblicitaria.
Internet, Web 2.0 e i mondi virtuali
Questo corso è dedicato a coloro che sono interessati a scoprire le potenzialità del Web 2.0 nell’ambito della generazione e mantenimento dei network di utenti/clienti/fornitori. Attraverso una fruizione interattiva, si approfondiscono i meccanismi di funzionamento dei motori di ricerca e le novità introdotte dalle moderne tecnologie in termini di interazione utente-utente oltre a vagliare i potenziali benefici che un’azienda può trarre dalla gestione della propria comunicazione in ottica collaborativa. Il corso termina con uno sguardo verso le frontiere più innovative di comunicazione e un approfondimento sui mondi virtuali. Codice Corso: WEBSL
Da supporto ad assistente: un nuovo ruolo per le risorse della segreteria
Il corso, attraverso un’analisi dei modelli di comportamento efficaci in rapporto al ruolo, intende sviluppare un atteggiamento positivo di calma e di empatia in funzione antistress e antifrustrazione, che consenta di mantenere elevata l’immagine di se stessi e dell’azienda anche nei momenti di difficoltà. Instaurare una comunicazione efficace e assertiva migliorando i rapporti fra pubblico-colleghi-superiori e riconoscere i fattori condizionanti e gli ostacoli del processo comunicativo verbale e non verbale. Codice Corso: SCU–03
Formazione Venditori per le piccole medie imprese
Il corso si propone di fornire alle figure commerciali, le core competence necessarie per avviare una relazione commerciale, individuare efficacemente i bisogni del cliente, proporre le soluzioni più adatte e gestire, in fase di proposta, le sue possibili obiezioni. Oltre a momenti di lezione frontale, il corso prevede numerose riflessioni ed esercitazioni, che permettono ai partecipanti di sperimentarsi, in una situazione guidata, e di superare le difficoltà connaturate al ruolo professionale che stanno svolgendo o al quale si stanno avvicinando. Codice corso: SCU-08 Seat Corporate University è in grado di organizzare corsi di formazione secondo le esigenze specifiche di ciascun Cliente SEAT. Per richiedere la visita di un account di Seat Corporate University o per informazioni inviare una e mail o telefonare al Numero Verde riportati in calce.
Per informazioni sull’iscrizione ai corsi contattare: fax: 011 435.2607 e-mail: corporate.university@seat.it www.seat.it/seatcorporateuniversity
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Scheda d’iscrizione ai corsi di Seat Corporate University per i Clienti SEAT Titolo del corso:…...........…………………………………………………….………………………………………………….. Data Edizione: .....…………….… Sede: ............…………………………………………………..…….…….….…….……. N. di Iscrizioni: ...…...........………..........………Costo Complessivo: ..........…………………….…….…….…............ Nome e Cognome del/dei Partecipante/i:…………...............................................……………………………………… ………..…………………………………………………………………………………………………………………................. .......………………………………………………...........................…………………………………………………..………… ………………………......................…………………………………......................…………………………………............. Funzione aziendale:…………………............………………………………………………………………………………….. Fatturare a:…...........…....…………………………………………………………………………………………………........... Ragione Sociale:.......…........…………………………………………………………………………………………......……... Indirizzo:…….......….……………………………………………………………………………………………………………. Città:…….....……………......……………………………………………….........CAP: .....…....… Prov: ….………………….. P. IVA o codice fiscale: ..........….......…………………………………………………………………………………………. Per informazioni:…....….......…………………………………………………………………………………………………… Tel:…………………………............…………………………….......Fax: ..……………………………………………………… E-mail:……....…….......………………………………………………………………………………………………………. Data e Firma …….........……………………………………………………………
inviare la scheda al seguente indirizzo: Seat Corporate University - Via Saffi, 18 - 10138 - Torino o via fax al numero 011 435 2607
Modalità di iscrizione L’iscrizione si intende perfezionata al momento del ricevimento della presente scheda di iscrizione regolarmente compilata e sottoscritta in ogni sua parte, che dovrà pervenire almeno 30 giorni prima della data del corso. Inviare a: Seat Corporate University, via Aurelio Saffi 18, 10138 Torino, o anche via fax allo 011.435.2607 Condizioni di pagamento I pagamenti dovranno pervenire entro 15 giorni dalla data di inizio del corso in un’unica soluzione tramite bonifico bancario, a favore del seguente c/c intestato a SEAT Pagine Gialle S.p.A: Beneficiario: SEAT Pagine Gialle S.p.A Banca di Roma - Capitalia Via Alfieri, 8/10 10121 - Torino ABI: 03002 - CAB: 01015 - C/C: 65505657 - CIN: L Nella causale del bonifico che perverrà, è indispensabile che risulti ben visibile che si tratta di un versamento a favore di Seat Corporate University. Disdette Le iscrizioni possono essere annullate fino a 10 giorni prima della data di inizio del corso. In caso di mancata o tardiva disdetta la Seat Corporate University fatturerà l’intera quota. Annullamento del corso Seat Corporate University si riserva la possibilità di annullare o rinviare il corso nel caso in cui non si sia raggiunto il numero minimo di partecipanti stabilito in 5 unità entro 7 giorni dalla data di inizio del corso. Ogni variazione sarà tempestivamente segnalata alle aziende partecipanti e le eventuali quote già versate saranno rimborsate. Informativa Privacy Ai sensi dell’art. 13 del D.lgs 196/203, Vi informiamo che i dati sopraindicati, conferiti volontariamente nel comporre la presente iscrizione, verranno trattati in forma elettronica e nel rispetto della normativa citata dal titolare del trattamento Seat Corporate University s.c.a.r.l., per le finalità sotto indicate. I dati acquisiti tramite il presente modulo sono raccolti per le finalità connesse allo svolgimento del corso e trattati da persone incaricate del trattamento. I suddetti dati potranno essere utilizzati anche per informarVi dei nostri futuri eventi se esprimerete il Vostro consenso barrando l’apposita casella. Vi informiamo, inoltre che potete esercitare i diritti di cui agli art. 7 e seguenti del Codice in materia di protezione dei dati personali. Per esercitare tali diritti potrete rivolgerVi mediante comunicazione scritta a Seat Corporate University via Saffi 18 10138 Torino. Diamo il nostro consenso al trattamento dei dati conferiti per finalità informative sui Vostri futuri eventi Sì
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N°11\ novembre-dicembre 2007
PagineGialle Professional lancia “Profili d’impresa” In occasione del 40° anniversario di PagineGialle, PagineGialle Professional, che ne rappresenta la versione dedicata ai responsabili acquisti delle piccole e medie imprese, lancia l’iniziativa “Profili d’impresa”, l’osservatorio fotografico e documentale sull’evoluzione e l’innovazione delle imprese italiane. Profili d’impresa si propone di essere una vetrina permanente per valorizzare la storia economia del nostro Paese attraverso le immagini delle attività economiche delle imprese. Le immagini fotografiche e documentali riguardanti la storia della propria attività economica (macchinari, ambienti di lavoro, maestranze, prodotti…) inviate dalle imprese saranno inserite nel sito dell’osservatorio www.pgprofili.it. Le foto più rappresentative saranno pubblicate su PagineGialle Professional e in un libro realizzato per l’occasione. Le imprese che aderiranno all’iniziativa potranno anche partecipare ad un sondaggio sull’innovazione. Il regolamento dell’iniziativa è disponibile sul sito www.pgprofili.it. Per ulteriori informazioni è possibile inviare una mail a b2b@seat.it. Risponda al questionario allegato al magazine!
PagineBianche d’Autore®: New York chiama Artissima Anche quest’anno PagineBianche d’Autore ha partecipato ad Artissima, la mostra internazionale d’arte contemporanea a Torino dedicata al tema “Featuring the future: the international fair of contemporary art of Turin” . Accanto alla sezione generale sono state organizzate due sezioni speciali dedicate all’arte emergente, Present Future e new entries, con 15 artisti internazionali selezionati e 17 giovani gallerie d’avanguardia. In questo contesto di respiro internazionale si è svolta la premiazione dei giovani vincitori del concorso di PagineBianche d’Autore Piemonte, che, grazie alla borsa di studio Iscp di sei mesi a New York, promossa dalla Darc in collaborazione con il Gai, ha superato i confini del nostro Paese. E proprio da New York il giovane artista Domenico Mangano ha raccontato dell’opening organizzato a novembre dove gli artisti selezionati da tutto il mondo hanno potuto presentare nel cuore di Manhattan le loro opere. Approfondimenti: www.paginebianchedautore.it 72
Pubblicato a Torino nel mese di ottobre 2007 Periodico bimestrale edito da SEAT Pagine Gialle Sede legale Milano, via Grosio 10/8 Sede secondaria Torino,via Aurelio Saffi18 infomagazine@seatconvoi.it www.convoimagazineseat.it www.seatconvoi.it Registrazione presso il Tribunale di Torino in data 27 febbraio 2006, numero 5946 Direttore Responsabile Roberto Franchini Responsabile Progetti Editoriali di SEAT Pagine Gialle Radames Trotta Coordinamento Editoriale Giancarlo Beck Giovanna Coggiola Giuseppe Fernicola Paolo Giuri Piero Sassi Realizzazione Editoriale QB Creative Solutions Milano, via Bronzino 41 Progetto Grafico WebScience s.r.l. Milano, via Bernina 41 Fotografie Corbis Italia s.r.l. Milano, via Lombardini 13 Stampa Stamperia Artistica Nazionale Torino, Corso Siracusa 37 Pubblicità su SEAT ConVoi e copie arretrate Inviare una mail a infomagazine@seatconvoi.it consultare i siti www.convoimagazineseat.it www.seatconvoi.it o telefonare allo 011 4352140
SEAT ConVoi è una testata di proprietà di Seat Corporate University, Scuola di Comunicazione d’Impresa di SEAT Pagine Gialle
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*Fonte: Eurisko Sinottica (individui 14-74 anni) ediz. 2005/1 vs. 2003/1