Alfabeti tipografici. Lettere, nel regime Nazista

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Selene Cardaci

Lettere nel regime Nazista

lager — kl


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Alfabeti tipografici / 2


Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica Biennio specialistico in Graphic Design Editoria Anno Accademico 2016/2017 Grafica Editoriale Docente Gianni Latino Progetto grafico Selene Cardaci Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni, o con qualsiasi sistema di memorizzazione o recupero senza espressa autorizzazione scritta da parte dell'autore e dell'istituzione accademica. Pubblicazione composta in Fette Fraktur, realizzato da Johann Christian Bauer nel 1850, e in Book Antiqua, realizzato da Monotype. © Copyright 2018 Accademia di Belle Arti di Catania Selene Cardaci Tutti i diritti riservati www.accademiadicatania.com


Selene Cardaci

Lettere

nel regime Nazista



Indice

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Premessa La nascita dell’alfabeto, le lettere come forma di comunicazione

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Parte 1 Il sistema dei lager nazisti

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Parte 2 I luoghi come segno identificativo

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Parte 3 Acronimi ed abbreviazioni

47

Parte 4 Aktion T4

53

Parte 5 Il linguaggio della sopravvivenza

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Note

62

Bibliografia

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Sitografia



Premessa

La nascita dell’alfabeto Le lettere come forma di comunicazione

Prima della scrittura c’era il linguaggio, o per lo meno, una sorta di sistema di comunicazione sviluppato nel corso di milioni di anni. Si può assumere che sin dall’origine esso sia stato formato anche da suoni, ma sicuramente deve essere stato supportato anche da altre forme di espressione non ricollegabili alla sfera dell’udito quanto invece a quella del corpo, o meglio del gesto e quindi del segno. Lo sviluppo della registrazione grafica del pensiero sta in mezzo, tra quello della parola da una parte e quello dei gesti descrittivi dall’altra. Inizialmente le figure divennero una scrittura: un sistema, cioè, che fissa pensiero e parola in maniera tale da permettere la rilettura illimitatamente nel tempo. Questo sistema, chiamato proto-scrittura, si andò affermando nel corso dell’evoluzione storica di molte civiltà, passando dalle scritture pittografiche, pittogrammi degli indiani delle praterie, pittogrammi sumeri, pittogrammi cinesi e geroglifici egizi, fino ad arrivare alla nostra attuale forma di comunicazione, grazie all’alfabeto messo a punto dalla cività greca e fenicia. Insieme ai numeri, le lettere dell’alfabeto, a prescindere dalla lingua usata, sono da sempre state non soltanto la forma di comunicazione più attiva, ma soprattutto un valido sistema di catalogazione. Le singole unità possono andare a comporsi formando parole, sigle, acronimi o essere usate soltanto con un valore simbolico. Da qui nasce il sistema di catalogazione tedesco, bastato sul proprio alfabeto, che ha lo scopo di facilitare e snellire la complessità di gestione delle rete criminale nazista fino al 1945. 9


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Pronuncio davanti ad un Dio questo sacro giuramento, al FĂźhrer, del Reich e del popolo tedesco Adolf Hitler Giuramento pronunciato dalle SS

Giornata onoraria della gioventĂš tedesca svolta a Norimberga, Reichsparteitag, 1938.



Parte 1

Il sistema dei lager nazisti L’inserimento delle lettere per gestire la ‘fabbrica’ del terrore

Come spiegato in precedenza, il sistema dei campi di concentramento consisteva in una rete così fitta e complicata che fu indispensabile sin da subito studiare un metodo dettagliato di organizazzione e catalogazione affichè i gerarchi nazisti, ed i semplici funzionari delle SS, potevano agire al loro interno sempre nel modo più efficiente e celere possibile. Il metodo comprendeva, oltre ai numeri arabi, considerati da sempre la base di qualsiasi catalogazione, e i numeri romani, ormai quasi universalmente conosciuti, anche le lettere dall’alfabeto latino. Quest’ultime non venivano usate soltanto come sistema di scrittura, per il quale erano indispensabili le varianti tedesche, ma anche come sistema di organizzazione dei luoghi e gli individui. Il campo di concentramento di Birkenau, per esempio, estensione della struttura di Auschwitz, dal giorno nel quale era divenuto operativo, il 7 ottobre del 1941, era stato concepito da Himmler come campo dedicato ai prigionieri di guerra russi che erano stati catturati in numero elevato, rispetto agli altri, durante le prime fasi dell’offensiva tedesca. Trovandosi a circa 3 kilometri dal complesso principale, divenne presto selezionato come campo di sterminio grazie alla vicinanza con le linee ferroviarie che da li a poco avrebbero facilitato le operazioni logistiche di trasporto in massa di individui. Sono sicuramente da considerare le immense dimensioni di Birkenau, circa 2,5 per 2 kilometri, nell’operazione di suddivisione e gestione degli spazi. 13


Parte 1

I settori, di seguito elencati, arrivarono a contenere circa 100.000 persone ed erano completamente separati l’uno dall’altro in modo da abolire qualsiasi tipo di comunicazione tra gli internati. Il settore B-I comprendeva a sua volta due sottosettori: ‘a,’ identificato come area femminile, all’interno della quale convivevano donne ebree e non, insieme ai loro figli le quali verranno spostate, nel 1944, nel settore B-II, e le altre abili al lavoro invece nel settore B-II-B; ‘b’ sottosettore che dal 1942 ospitò uomini ebrei e non deportati da diverse nazioni, questi nel 1943 furono trasferiti nel settore B-II-b a causa del fatto che si rese necessario ampliare il settore femminile contiguo, B-I-a. Il Settore B-II aveva invece 7 sottocampi identificati con le lettere che andavano dalla ‘a’ alla ‘g’. Il sottosettore ‘a’ veniva chiamato Quarantänelager, ovvero lager di quarantena, usato durante quella fase nella quale era necessario identificare coloro che potessero essere affetti da malattie contagiose; dal 1944 fu utilizzato però anche come punto di segregamento di malati gravi. Il sottosettore ‘b’ era un Familienlager Theresienstadt, campo per famiglie ebree provenienti dal campo di concentramento di Theresienstadt; tra il 1943 ed il 1944 fu liquidato e allo sterminio fuggirono solo pochi prigionieri che furono trasferiti altrove come forza lavoro. Successivamente il settore fu invece occupato da donne polacche provenienti dal ghetto di Varsavia. Alla fine del 1944 fu poi occupato dalle poche sopravvissute provenienti dal settore B-I-a. Il sottosettore ‘c’ campo di transito o, in lingua 14


Il sistema dei lager nazisti

tedesca Durchgangslager; già dal nome si capisce la sua effimera natura, al suo interno, infatti, tra il 1943 e il 1944 trovano collocazione le donne ebree in attesa di essere spedite a lavorare in altri settori. Infine nell’ottobre del 1944 ospitò le poche donne scampate alle uccisioni del settore B-III, definito anche Mexico. Il sottosettore ‘d’ era invece un Männerlager, campo maschile per ebrei e non, il principale di Birkenau tra il novembre 1943 ed il gennaio 1945. Il sottosettore ‘e’ ospitava le famiglie zingare, Familienzigueunerlager, le quali furono quasi del tutto sterminate a causa delle condizioni ingieniche ed alimentari del tutto inesistenti che provocarono corpose epidemie, i pochi sopravvissuti furono poi inviati alle camere a gas nell’agosto 1944. Il sottosettore ‘f’ era l’ospedale, Häftlingskrankenbau, chimato anche Ka-Be da alcuni deportati tra cui Primo Levi; al suo interno furono anche portati a compimento esperimenti medici su cavie umane da parte delle SS. Infine, il sottosettore ‘g’ costituiva il deposito, Effektenlager, o Kanada, operativo a partire dal 1943, era un punto di stoccaggio destinato ad inviare in Germania i beni di proprietà delle vittime. Infine, il settore B-III, Mexico, ospitava deportate ebree inviate in vari luoghi: altri settori, altri campi o direttamente alle camere a gas. Verosimilmente, seppur con leggeri cambiamenti di tipo pratico, tutti gli altri campi e sottocampi della rete dei lager nazisti, seguivano lo stesso tipo di organizzazione numerale e letterale. 15


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Parte 2

I luoghi come segno identificativo Una lettera per identificare una nazione

Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale la composizione dei detenuti all’interno dei campi di concentramento era piuttosto omogenea: la percentuale di prigionieri non tedeschi, infatti era contenuta. Questo dipendeva essenzialmente dallo scopo iniziale, agli inizi degli anni Trenta, per il quale erano state create queste strutture: esse erano uno strumento di repressione interna destinato agli stessi cittadini, spesso oppositori del regime, di cui faranno parte, ben presto, anche i cittadini austriaci. Nel 1937, durante un discorso tenuto ai leader delle SS, Heinrich Himmler aveva dichiarato la sua volontà di modificare gli spazi dei campi sorti fino a quel momento al fine di renderli più capienti e capaci, quindi, di ospitare più prigionieri. Tra il 1938 ed il 1939, nonostante la costruzione di tre campi nuovi a Flossenbürg, Mauthausen e Ravensbrük, il traguardo prospettato da Himmler, di passare da 8.000 detenuti a 20.000 fu presto raggiunto ed addirittura oltrepassato di molte cifre. In soli sei mesi la ‘popolazione’ dei campi era aumentata del 300%, anche in seguito alle retate su larga scala organizzate dalla polizia, risultato che però non soddisfò i vertici, tanto che si parlò subito di una crescita ulteriore, fino ad arrivare alle 30.000 unità di detenuti.

Prigionieri tedeschi catturati durante la caduta di Aquisgrana marciano attraverso le strade in rovina, ottobre, 1944. 17


Parte 2

Intorno al 1947, durante il periodo di ricostruzione, Rudolf Höss, ufficiale tedesco, membro delle SS e primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz, scrisse che «Lo scoppio della guerra aveva portato con se grandi trasformazioni nella vita del campo.»1 Questi cambiamenti riguardarono in primo luogo, come spiegato precedentemente, il numero di deportati: in poco più di un anno dallo scoppio la popolazione raddoppiò raggiungendo così le 53.000 unità, circa, verso le fine del 1940. All’inizio del 1942 erano rinchiusi circa 80.000 uomini e donne cosa che implicò un ingrandimento anche degli stessi campi i quali dovevano essere riformulati e adibiti nuovamente a luoghi all’interno dei quali stipare molti più individui; va comunque precisato che le condizioni di vita non migliorarono mai. Sotto il punto di vista del terrore, la guerra non migliorò la situazione e non vi fu un’immediata rottura con il passato: le SS restano al comando della folta rete di campi e riuscirono, in breve tempo ad assorbire tutti i cambiamenti introdotti, con estrema velocità, mantenendo sempre fisso l’obiettivo principale: la distruzione di parte della razza umana; elemento che, con il passare del tempo, si sarebbe rivelato un punto di forza all’interno del regime nazista. Di pari passo al numero della ‘popolazione dei campi’ mutò anche la sua composizione: la tipologia di riferimento, il ‘detenuto modello’ era incarnato da tutti i militanti inseriti all’interno dei partiti di sinistra, a prescindere dallo loro provenienza geografica e dalla loro 18


I luoghi come segno identificativo

cittadinanza; questi, paradossalmente, andarono via via diminuendo e vennero sostituiti da altre categorie. Tutta l’organizzazione però, compresi i membri delle SS, arrancò nel tentativo di tenere il passo e di gestire l’introduzione di nuove tipologie di detenuti, primi tra tutti gli emarginati, gli asociali e i malati. Per fare un esempio, a Sachsenhausen all’inizio del 1937 gli internati erano ancora divisi in cinque categorie, numero che crebbe in modo elevato, fino ad arrivare a dodici, all’inizio del 1939. Questi cambiamenti, basati sulla mole di persone da gestire, ne prevedevano altri di tipo pratico: le condizioni di vita peggiorarono ulteriormente; molti blocks non erano costruiti per ospitare numeri così elevati e di conseguenza spesso i prigionieri furono costretti a dividere il loro spazio, già angusto e limitato. Il proliferare degli individui era direttamente proporzionato al proliferare delle malattie e di conseguenza della morte, la quale, non sopraggiungeva soltanto per cause naturali, se così è possibile definirle, ma era anche uno dei motivi principali per i quali i campi venivano riempiti.

«I nazisti, che pure erano impegnati in

una durissima guerra, ormai difensiva,

vi manifestarono una fretta inesplicabile:

i convogli delle vittime da portare al

gas, o da trasferire dai Lager prossimi

al fronte, avevano la precedenza sulle

tradotte militari»2 19


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I luoghi come segno identificativo

Uno degli espendienti, mutato come tutte le altre cose dal sistema carcerario, usato per gestire la mole di indivui, era il cosidetto «sistema a fasi progressive»; era stato praticato in tutti gli istituti di pena tedeschi a partire dalla metà degli anni Venti e comprendeva la divisione dei prigionieri in tre fasce. A queste corrispondevano dei gradi di condotta, incorregibili, indisciplinati o docili, che si traducevano in pene e delle volte anche in ’benefici‘. Questo, insieme ad altre direttive comportamentali tra cui, per esempio, avvicinarsi a meno di due metri dal filo spinato, dormire con la giacca, o senza mutande, o col cappello in testa, era molto spesso più che una misura preventiva ed organizzativa. Non bisogna trascurare l’elemento del lavoro coatto all’interno del quadro che spiega l’incremento delle deportazioni di massa; questo aspetto era al centro di quasi tutti i discorsi ufficiali nazisti nel momento in cui erano tenuti a giustificare l’esistenza dei campi di concentramento agli occhi dell’opinione pubblica; ma, se da un lato si trattava semplicemente di propaganda, dall’altro vi era un non indifferente fondo di verità. L’utilizzo del lavoro asserviva a tre funzioni principali: umiliare psicologicamente i prigionieri, distruggerli fisicamente fino a portarli alla morte ed infine incrementare l’economia tedesca.

Divisa di un prigioniero di Auschwitz I recante numero di matricola, contrassegno e lettera, Raymond Depardon, Magnum. 21


Parte 2

2.1

L’alfabeto dei deportati Infine, è bene tenere presente in questo scenario, al fine di comprenderlo al meglio, un elemento fondamentale che influenzerà la vita all’interno dei campi: i prigionieri arrivati dal 1940 erano tutti di nazionalità straniera, diversa da quella tedesca. Non furono prese misure cautelari al fine di favorire l’adattamento, anche e soprattutto a livello linguistico dei nuovi arrivati; i provvedimenti adottati consistevano semplicemente nell’agevolare il lavoro di registrazione del prigioniero, una volta arrivato al campo, e successivamente quello di gestirlo al meglio: indirizzarlo all’interno di un kommandos, identificarlo, infliggergli punizioni e successivamente, trascrivere la morte, cosa che in realtà non avveniva spesso; le morti, infatti, soprattutto quelle causate da violenze gratuite, non venivano spesso riportate nei documenti ufficiali. Le singole lettere in quasi tutti i campi di concentramento servivano, a parte casi particolari, a riconoscere subito la provenienza di un prigioniero: corrispondevano infatti alla lettera iniziale di una determinata nazione. Essa era inserita all’interno di un altro segno identificativo con valore differente in base al colore e alla posizione, trinagolo o fascia, ed il tutto era cucito successivamente all’altezza del braccio sinistro, del petto o della schiena, posizione variabile anche in relazione al singolo campo di concentramento.

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I luoghi come segno identificativo

Lettera

— A

La lettera ‘a’ nel campo di Auschwitz fa riferimento ad una serie di numeri di matricola dei prigionieri. Nel camp di concentramento di Bolzano è l’abbreviazione della parola Arbeiter, lavoratore, ed è inserita in un rettangolo bianco. Nello specifico è l’abbreviazione della parola Amerikaner, Americano, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. La partecipazione degli Stati Uniti alla Seconda Guerra Mondiale inizia il 7 dicembre 1941 con l’attacco da parte dei giapponesi alla base di Pearl Harbor; da quel momento l’esercito statunitense sarà impegnato contro l’impero nazista, fascista e Giapponese. Il numero dei prigionieri americani internati nei lager tedeschi rimase irrisorio. In questo contesto, le autorità americane non cominciarono alcuna seria azione in soccorso dei profughi fino al 1944, ovvero quando Roosevelt creò il Comitato per i Rifugiati. 23


Parte 2

Lettera

— B

La lettera ‘b’ nel campo di Auschwitz fa riferimento ad una serie di numeri di matricola dei prigionieri. Nello specifico è l’abbreviazione della parola Belgier, Belga, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. Successivamente alla Prima Guerra Mondiale, dopo un periodo di alleanza con la Francia, il Belgio torna, negli anni Trenta, alla neutralità rispetto agli schieramenti politici e militari. Il 10 maggio 1940 inizia l’invazione del Belgio da parte della Germania nazista; quando il governo andò in esilio appoggiò le cause degli Alleati, che liberarono il paese negli ultimi mesi del 1944. Esso vide sorgere diversi campi di concentramento nel suo territorio, tra cui quello di Fort Breendonk, operativo dal 1940 al 1944, e solo tra il 1942 ed il 1944 vennero deportati più di 25.000 ebrei provenienti dal Belgio verso il campo di Auschwitz-Birkenau.

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I luoghi come segno identificativo

Lettera

— E

La lettera ‘e’ è l’abbreviazione della parola Erziehungshäftling, prigioniero da rieducare, detenuto che era momentaneamente rinchiuso in una parte determinata del campo per motivi punitivi; essa era tracciata sul vestito accanto al numero di matricola. Nello specifico è l’abbreviazione della parola Engländer, Inglese, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. Il Regno Unito durante il Secondo Conflitto Mondiale si schiera con Stati Uniti e Francia, ed i loro paesi alleati, andando a comporre le potenze alleate. Per quanto riguarda il contesto dei lager nazisti, sono poche le informazioni circa gli internati inglesi, ebrei o prigionieri di guerra, che comunque non superarono mai il numero di detenuti di altre nazionalità; inoltre, l’unica struttura da ricordare, Lager Sylt (Alderney), sorta nelle vicinanze, era situata presso le isole del canale inglese.

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Parte 2

Lettera

— F

La lettera ‘f’ è l’abbreviazione della parola Franzose, Francese, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. La reazione della Francia al Secondo Conflitto Mondiale fu causata, così come quella della Gran Bretagna, dall’invasione tedesca della Polonia avvenuta il 1 settembre 1939. Il 24 giugno 1940 le forze francesi si arresero a quelle tedesche, le quali occuparono circa tre quinti del terriorio lasciandone il resto, collocato a sud-est, alla Francia di Vichy: uno stato fantoccio collaborazionista con la Germania creato il 10 luglio 1940 con a capo Philippe Pétain, soldato ed eroe della Prima Guerra Mondiale. In questo contesto sorsero diversi campi, tra cui Gurs e Drancy, campi di internamento e di transito, Le Vernet e Natzweiler all’interno dei quali furono deportati, dalla Francia, circa 75.000 ebrei senza contare i numerosi prigionieri di guerra e i dissertori politici.

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I luoghi come segno identificativo

Lettera

— I

La lettera ‘i’ è l’abbreviazione della parola Italianer, Italiano, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. L’Italia, nonostante il patto d’acciaio si era dichiarata «potenza non belligerante» in riferimento al Secondo Conflitto Mondiale. Benito Mussolini rimase colpito però dai successi ottenuti dalle potenze tedesche tra aprile e maggio del 1940 e decise così, tramite un discorso tenuto in Piazza Venezia, a Roma, la consegna che annunciava la dichiarazione di guerra dell’Italia nei confronti di Gran Bretagna e Francia. All’interno del territorio italiano sorsero campi di concentramento a Bolzano, Fossoli, Trieste e in tantissimi altri paesi. Dopo il crollo de regime fascista, nel 1943, l’Italia firmò l’armistizio di Cassibile con gli alleati ed i tedeschi cominciarono ad occupare l’italia deportando nei loro lager italiani ebrei e prigionieri di guerra.

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Parte 2

Lettera

— J

La lettera ‘j’ è l’abbreviazione della parola Jugoslawe, Jugoslavo, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. Durante la Seconda Guerra Mondiale la situazione politica ed economica della Jugoslavia era incerta: la politica di Hiterl nei balcani aveva lo scopo di izzare le diverse nazioni contro di loro, facendo leva sulle loro rivendicazioni territoriali, in modo da evitare qualsiasi coalizzazione con gli alleati. Nel 1941 dopo pesanti pressioni il gioverno aderì al Patto Tripartito ma un gruppo di ufficiali serbi antinazisti organizzarono un colpo di stato: Hitler così si mise subito all’opera per preparare l’invasione. Con la fine delle ostilità il paese slavo venne suddiviso tra le forze italiane, tedesche, ungheresi e, in seguito, bulgare. Il numero approssimativo di ebrei deportati dalla Jugoslavia risale a 320.000, 350.000 serbi e 20.000, 25.000 sloveni, senza contare le altre categorie.

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I luoghi come segno identificativo

Lettera

— N

La lettera ‘n’ nello specifico è l’abbreviazione della parola Niederländer, Olandese, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. Come spiegato precedentemente, durante lo scoppio del Primo Conflitto Mondiale i paesi bassi si dichiararono neutrali, ma la loro conquista faceva parte di un piano più ampio messo in atto da Hitler che, una volta conclusa la battaglia contro la Polonia avrebbe portato alla sottomissione della Francia. Ciò che non aveva previsto, però, era la forte resistenza da parte delle forze e della popolazione olandese che nel 1944, tramite il suo controspionaggio e il sabotaggio delle reti di comunicazione, fornì un supporto alle potenze alleate. Degli ebrei dei Passi Bassi, circa 140.000, 107.000 furono deportati verso i campi di concentramento, e soltanto 5000 di loro sono sopravvissuti ad essi.

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Parte 2

Lettera

— P

La lettera ‘p’ nello specifico è l’abbreviazione della parola Pole, Polacco, tracciata in bianco, all’altezza della schiena o del petto, sugli abiti dei lavoratori civili; più in generale, per gli altri tipi di prigionieri polacchi, essa era inserita all’interno di un triangolo di colore rosso. La guerra che Hitler intraprese conro la Polonia non aveva soltanto un fine pratico e territoriale, ma soprattutto razziale, dal momento che considerava questa popolazione come un nemico: «slavi subumani da ridurre in schiavitù». Dopo la sua invasione furono presi di mira cittadini appartenenti a qualsiasi classe sociale: sacerdoti, civili, emarginati, soldati ed ebrei. In Polonia sorsero i campi di sterminio più grandi di sempre: Auschwitz, Chełmno, Gross-Rosen, Majdanek, Plaszów e Sobibór, senza contare i ghetti delle città. Gli ebrei polacchi, costituiscono il 24% della stima totale delle vittime del genocidio tedesco.Tra Polacchi, Ucraini e Bielorussi si contano circa 3.5, 4 milioni di vittime di ogni tipo. 30


I luoghi come segno identificativo

Lettera

— N

La lettera ‘r’ nello specifico è l’abbreviazione della parola Russe, Russo, inserita il più delle volte in un triangolo di colore rosso. Nel momento in cui la Russia si inserì nel panorama del secondo conflitto mondiale, firmando il patto di non aggressione MolotovRibbentrop con la Germania, proveniva già da un periodo di dissidi interni che avevano portato il rafforzamento di un tipo di economia capitalistica pronta ad affrontare un’imminente conflitto. Nel 1940 Hitler decide di invadere l’Unione Sovietica sotto la spinta di antichi rancori che vedevano contrapposte le forze naziste a quelle comuniste, è per questo motivo che una parte cospiqua di prigionieri internati nei campi era formata di comunisti e prigionieri di guerra sovietici: 3 milioni di vittime, circa il 20% della stima totale, escluse le vittime causate durante gli scontri e le retate e quelle non registrate.

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Parte 2

Lettera

— T

La lettera ‘t’ è l’abbreviazione della parola Tscheche, Ceco, inserita il più delle volte all’interno di un triangolo di colore rosso. Nel settembre 1938, Germania, Gran Bretagna, Francia ed Italia firmarono il Patto di Monaco dando ad Hitler il diritto di invadere e reclamare la zona di confine cecoslovacca, nonostante la Francia avesse precedentemente stipulato un trattato con la Cecoslovacchia promettendo aiuto in caso di aggressione militare. Nel marzo 1939 la Germania invase il resto del territorio ceco esso venne ribattezzato Protettorato di Boemia e Moravia ; in questa occasione la polizia ebbe via libera per deportare altre vittime all’interno dei lager, muovendosi però con estrema cautela a causa della condanna internazionale espressa nei confronti dell’aggressione nazista. Vennero deportati gli ebrei più anziani all’interno del ghetto di Theresienstadt, il quale fu anche utilizzato come campo di transito prima della deportazione verso est. 32


I luoghi come segno identificativo

Lettera

— U

La lettera ‘u’ nello specifico è l’abbreviazione della parola Ungar, Unngherese, inserita il più delle volte all’interno di un triangolo di colore rosso. Nel 1940 il Regno di Ungheria aderì all’Asse ricevendo l’appoggio di Hilter contro la Romania ed ottenne così parte della Transilvania. L’antisemitismo era già ben radicato nella destra ungherese; il governo ungherese, infatti, aiutò attivamente la Germania nazista nella deportazione di centinaia di migliaia di ebrei nei campi di concentramento a partire dal 1944. Nello stesso anno però, a causa delle forze sovietiche in rapido avanzamento da est, l’Ungheria tentò di prendere contatti con gli americani e gli inglesi per passare dalla parte degli alleati. Il 19 marzo 1944 i tedeschi risposero a queste avvisaglie invadendo l’Ungheria. I prigionieri esportati nei campi provenivano tutti dal fronte di guerra ed erano per lo più prigionieri politici.

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Parte 2

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Parte 3

Acronimi ed abbreviazioni Espedienti usati per velocizzare i processi di comunicazione

Il termine acronimo, o inizialismo, deriva dall’unione di due parole greche, estremità e nome, ed è una parola formata da lettere o sillabe iniziali e/o finali; le lettere che lo compongono posso derivare da un’unico nome e possono essere le iniziali di una frase; in ogni caso, a prescindere dalla conformazione, il suo scopo principale è quello di abbreviare una o più parole al fine di velocizzare la comunicazione. Esso può presentarsi in due forme fondamentali: sotto la forma di acronimo vero e proprio, che unisce le lettere iniziali, e non solo, di una singola parola, o sotto la forma di sigla, pronunciabile come unica parola. In ogni caso, a prescindere dalla sua formazione, esso fu largamente usato nel sistema organizzativo del Terzo Reich; data la complessità e la vastità del territorio interessato dal progetto nazista, e dato il concetto di base che prevedeva un’espansione sul piano non solo Europeo, ma anche mondiale, fu opportuno apportare una netta divisione all’interno dei ranghi e delle strutture gestite. Per far questo, ben presto si rese necessaria la creazione di istituzioni nuove, corpi armati, cariche politiche, luoghi circoscritti e classificazioni sociali; Ogni ambito prevedeva, spesso, un lungo nome tedesco, composto da più parole di difficile comprensione soprattutto per coloro che non parlavano la lingua.

Una manifestazione tenutasi dai membri delle SS fiamminghe nelle Fiandre, in Belgio. 35


Parte 3

3.1

BlÄ, Blockältester Specificatamente nel campo di Carpi e Bolzano, la parola BlÄ è l’acronimo, inserito in una fascia di colore bianco da indossare sul braccio, di Blockälteser, anziano del blocco. Questa figura corrispondeva a quella di un internato, quasi mai di orgine ebrea, responsabile della disciplina, dell’ordine, della pulizia e soprattutto dell’effettiva presenza di tutti i prigionieri del proprio blocco. Era legittimato quasi sempre, come per esempio durante l’appello di controllo, Zählappell, per allineare i prigionieri, ad usare la violenza. Egli decideva l’assegnazione dei vari luoghi e delle varie mansioni dei prigionieri e di conseguenza stabiliva, per quanto possibile, i giorni di riposo; presiedeva alla distribuzione del rancio e si impegnava a fare in modo che la sera, all’interno del blocco, venissero distribuite le punizioni a coloro che avevano commesso infrazioni nel corso della giornata. Inoltre, insieme con il segretario del blocco, annotava i numeri di matricola dei prigionieri sottoposti a selezione; in ogni caso il suo comportamento rispondeva alle regole e alle direttive del Blockführer, comandante del blocco. Alcuni avevano anche il diritto di fare la doccia ad altri prigionieri, cosa che è stata trasmessa anche all’interno del campo di concentramento femminile. Spesso esso veniva etichettato anche come un ‘prigioniero fidato’, in quanto collaborava attivamente con le SS, e per questo motivo era bersaglio da parte di altri prigionieri.

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Acronimi ed abbreviazioni

3.2

FKL, Frauenkonzentrationslager La traduzione letterale, dal tedesco, è quella di campo di concentramento femminile. Ancora intorno al 1936 in molti campi di concentramento all’interno dei quali erano presenti detenute donne, soprattutto in quelli che erano ancora sotto il controllo delle autorità locali e non della vasta rete dei campi di concentramento, esse indossavano i lori abiti, non le divise a righe, e svolgevano manzioni piuttosto semplici e poco impegnative come per esempio lavorare a maglia o riparare abiti per meno di otto ore al giorno. Non c’erano violenze fisiche, la situazione corrispondeva spesso a quella delle prigioni, fatta eccezione per le carenti condizioni di igiene pesonale e gli orari rigidi rispetto alle ore d’aria e alla socializzazione. Le condizioni cambiarono rapidamente con il crescere del numero delle recluse e con l’avvicinarsi del Secondo Conflitto Mondiale: venne istituito Lichtenburg, il primo campo di concentramento per donne nel 1937. Questo però divenne presto un campo anomalo, a partire dall’aspetto, in quanto si eregeva in un vecchio castello, e per questo lontano del modello ideale dei campi di concentramento nazisti. In ogni caso le donne, soprattutto ebree, non vennero risparmiate dalle uccisioni di massa condotte dai nazisti e dai loro collaboratori: esse, anzi, spesso, per le loro condizioni fisiche e per avere sempre al seguito bambini, divennero presto molto vulnerabili.

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Parte 2

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Acronimi ed abbreviazioni

3.3

KB, Kommandanturbefehle Parola che tradotta significa «ordini del comandante», era usata in diverse situazioni, soprattutto militari e politiche, ed era spesso anche affiancata dalle parole des Konzentrationslagers: «ordini del comandante del campo di concentramento», seguita dal nome della struttura. Gli ordini in questione adavano dalle situazioni più ‘futili’, come per esempio il fatto di stabilire gli orari di lavoro e di riposo all’interno dei campi, alle questioni più importanti; in ogni caso, il più delle volte, riguardavano le norme di comportamento all’interno dei lager di concentramento della rete.

«È stato ripetutamente sottolineato che,

su richiesta del comandante generale,

il Consiglio degli anziani degli ebrei fu

informato che gli ebrei non dovevano

più salutare gli uomini delle SS.

È indegno di un uomo delle SS essere accolto da uno di questi stracci.»3

Altri ordini riguardavano la legittimazione dell’uso della violenza, la ripartizione delle provviste e dei materiali utili al lavoro, la divisione nei kommandos e ordini interni inerenti alla registrazione dell’arrivo e del decesso.

Hitler e Rudolf Hess, in quel periodo Hess stava perdendo influenza nella brutale guerra interna attorno a Hitler, 1937. 39


Parte 3

3.4

KL, Konzentrationslager La sigla indicava, in modo generale, tutti i campi di concentramento della rete nazista; nello specifico poi poteva assumere forme differenti, come per esempio KLB, Konzentrationslager Buchenwald, campo di concentramnto di Buchenwald, oppure KLM, Konzentrationslager Mauthausen, campo di concentramento di Mauthausen. Le due lettere che indicavano un campo di concentramento specifico erano poste sulla divisa a precedere il numero di matricola del prigioniero. Spesso, come sostituta, in alcune strutture compariva anche la sigla KM, Konzentrationszentrum, campo di concentramento, tracciata all’altezza della schiena di alcuni prigionieri che indossavano, però, abiti civili; la sigla più usata, anche all’interno dei documenti ufficiali, resta quella composta dalle due lettere KL. La loro fisionomia e la loro organizzazione deriva da colui che era preposto alla loro guida, Heinrich Himmler, il quale insieme a Hermann Göring rispecchiava il più alto grado che una carica politica e militare può ricoprire all’interno del sistema nazista. Nonostante però la ‘fabbrica’ del terrore da lui ideata funzionasse alla perfezione e lui stesso fosse un convinto promotore del regime nazista, nel 1945 cercò di trattare, come Göring, con gli alleati.

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Acronimi ed abbreviazioni

3.5

KPD, Kommunistische Partei Deutschlands Acronimo che indica il Partito Comunista Tedesco, cambiato poi in Deutsche kommunistische Partei, DKP Partito Politico Tedesco, a causa di una scissione di sinistra avvenuta nel 1920. Esso, i cui leader furono Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht ed Ernst Thälmann, che propugnavano l’avvento del potere sovietico in Germania con una prospettiva circa la caduta del Reich tedesco, fu fondato alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1919, e si basava sul principio del centralinismo democratico: ovvero nella libertà dei membri del partito di discutere e dibattere su politica e direzione, ma una volta che la decisione del partito è scelta dal voto della maggioranza, tutti i membri si impegnano a sostenere quella decisione. Dal momento della sua nascita, il partito fu immediatamente perseguitato dal regime nazista, che vedeva in esso una concreta minaccia, il motivo del decadimento della società tedesca; per questo motivo, dopo l’assassinio in carcere del suo segretario generale, Ernst Thälmann, seguito da un bagno di sangue, la KPD mantenne un’organizzazione clandestina, rinascendo nella Germania post-bellica. I prigionieri comunisti furono tra i bersagli preferiti delle SS naziste, i primi a riempire la nuova rete dei campi di concentramento.

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Parte 2

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Acronimi ed abbreviazioni

3.6

OT, Organisation Todt All’interno del Terzo Reich era un organismo, in stretta sinergia con gli alti comandi militari durante tutta la Seconda Guerra Mondiale, che si occupava dell’impiego in termini di lavoro coatto di 1.500.000 uomini, e più, e ragazzi tra prigionieri di guerra, lavoratori civili e prigionieri dei campi di concentramento. Essa fu creata da Fritz Todt, Reichsminister für Rüstung- und Kriegsproduktion, Ministro degli Armamenti e degli Approvvigionamenti, ed aveva diverse sedi sparse in vari paesi: in Italia, per esempio, era enormemente efficiente la struttura di Cremona. La loro produzione principale consisteva in strade, ponti ed altre opere di comunicazione vitali per le armate tedesche e per le linee di approvvigionamento; essa era, inoltre, specializzata nella costruzione di opere difensive: vengono ricordate la Linea Sigfrido, il Vallo Atlantico e, in Italia, la Linea Gustav e la Linea Gotica. A fronte di un esiguo numero di ingegneri e tecnici specializzati, gran parte del ‘lavoro pesante’ era realizzato da un’enorme massa di operai, più di 1.500.000, appunto. Nel 1942, dopo la morte di Todt in un incidente aereo, avvenuta l’8 febbraio, al gruppo fu tolto il controllo militare e venne sottoposto al controllo del governo centrale, sotto il comando di Albert Speer.

Prigionieri sull’attenti, disposti in file organizzate, durante l’appello quotidiano, Dachau. 43


Parte 3

3.7

SV, Sicherungverwahrter Inserita all’interno di un triangolo verde con il vertice rivolto verso l’alto, indica una condizione ‘particolare’ nella quale vertono alcuni prigionieri: la «detenzione preventiva»; da questa espressione deriva la parola Schwerverbrecher, grande criminale. Intorno al 1933 iniziarono le prime ondate di detenzione di massa: quasi tutte le vittime erano di nazionalità tedesca, per lo più comunisti, soprattutto nei primi mesi del regime nazista; vennero presi di mira perfino i membri di associazioni sportive e gruppi corali affiliati al partito. In questa fase di retate il numero di donne era trascurabile rispetto a quello degli uomini, o meglio, se esse erano coinvolte si trattava semplicemente di eminenti attiviste del partito comunista o di mogli, sorelle, di funzionari di alto livello. La detenzione preventiva era ancora imprevedibile e disorganizzata, e proprio per questo motivo sfuggì al controllo dell’organizzazione centrale e fece molte più vittime di quante ne fossero state previste: ognuno poteva essere trattenuto, anche per i motivi più futili, con la scusa delle detenzione prevenitva. I prigionieri vennero trattati come criminali comuni dal sistema giudiziario che svolse un ruolo repressivo. All’inizio, fino circa al 1939, vi era una parvenza di possibilità di uscirne vivi, rispetto alla piega che avrebbe preso negli anni successivi la situazione.

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Acronimi ed abbreviazioni

3.8

WVHA, Wirtschafts-Verwaltungshauptamt Acronimo che sta per all’Ufficio Centrale Economico e Amministrativo delle SS e fa riferimento ad uno degli otto uffici principali che sovraintendevano alle attività delle forze delle SS nazionalsocialiste. Il WVHA si occupava della gestione delle finanze, degli approvvigionamenti e degli equipaggiamenti delle SS oltre a gestire una serie di industrie ed attività artigianali che facevano direttamente capo a loro. Per coordinare lo sfruttamento della manodopera coatta rinchiusa all’interno dei campi di concentramento, il WVHA ebbe in carico anche la supervisione dell’intero sistema concentrazionario tedesco. Fu diretto, dal momento della fondazione il 1º febbraio 1942 fino al termine del conflitto, da Oswald Pohl, funzionario tedesco iscritto al partito nazista e membro attivo delle SS. Esso nacque dalla fusione di tre preesistenti uffici, che ricoprivano funzioni simili e si sviluppò fino a comprendere cinque dipartimenti separati tra loro, Amtsgruppe, a loro volta suddivisi in uffici, Ämter, e settori: A - Finanza, diritto e amministrazione, B Rifornimenti, alloggi ed equipaggiamento, C - Opere e costruzioni, D - Campi di concentramento, dal 1942, ed infine W - Imprese economiche.

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Parte 3

3.9

Altri acronimi e sigle utilizzate all’interno dei lager BV -

Sigla dell’espressione Berufsverbrecher, delinquente abituale, o dell’espressione Befristete Vorbeugungshaft, custodia cautelare temporanea, significato rintracciabile anche nella sigla SV, entrambre iscritte all’interno di un triangolo verde con il vertice rivolto verso il basso.

K -

Abbreviazione della parola Kriegsverbrecher, criminale di guerra, iscritta in un triangolo verde.

KG -

Sigla dell’espressione Kriegsgefangener, prigioniero di guerra, tracciata all’altezza della schiena della divisa dei prigionieri; chi la portava veniva internato in un campo principale o in un campo per ufficiali.

L-

Presumibilmente è l’abbreviazione di Leiche, cadavere, tracciata a matita sulla mano di alcuni prigionieri malati dei quali era stata decisa già l’eliminazione.

LÄ -

Sigla di Lagerältester, con la quale i prigionieri denominavano l’anziano del campo; nella struttura di Buchenwald era seguita dai numeri 1, 2 e 3 che indicavano il numero del campo. In ogni caso era inserita all’interno di una fascia di colore nero.

NN - Nel campo di Natzweiler era la sigla della parola Nachtund Nebel Erlas, decreto notte e nebbia,

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Acronimi ed abbreviazioni

tracciata all’altezza della schiena con del colore rosso sulla divisa. Questo decreto faceva riferimento alla deportazione dei resistenti di Francia, Belgio, Norvegia, affinchè fossero arrestati e deportati in modo clandestino, appunto nella notte e nella nebbia, in segreto, senza sapere in quale luogo.

OM - Sigla dell’espressione Offiziermädchen, ragazze per ufficiali; usata soprattutto nel campo di Ravensbrück per classificare delle prostitute. OST - Abbreviazione della parola Ostarbeiter, lavoratore dell’est, tracciata con colore bianco su una fascia azzurra indossata al braccio dei lavoratori civili. S-

Abbreviazione della parola Sicherungsverwahrter, detenzione preventiva, inserita all’interno di un triangolo verde rivolto verso l’alto. Essa era anche l’abbreviazione della parola Spanier, Spagnolo iscritta in un triangolo rosso.

SB -

Sigla dell’espressione Sonderbehandlung, trattamento speciale, formula riportata dai membri delle SS sui documenti ufficiali per occultare la morte di alcuni prigionieri che sono stati uccisi in circostanze non legali.

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Parte 4

Aktion T4 Il programma di eutanasia realizzato dal governo Nazista

Aktion T4 è il nome con il quale viene indicato il programma di eutanasia messo in atto dal regime nazista di Adolf Hilter e adottato prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il progetto, i cui responsabili erano il medico personale di Hitler, il dottor Karl Brandt, e il capo della cancelleria del Führer, Philipp Bounhler, prevedeva l’uccisione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali. Quest’ultimo che credeva di migliorare, attraverso l’uccisione in massa, la propria nazione, affidò la gestione quotidiana dell’operazione al suo braccio destro Viktor Brack, criminale di guerra tedesco successivamente addetto agli esperimenti di sterilizzazione di massa per l’‘igiene razziale’ tedesca. Il nome del programma deriva dal quartier generale della Gemeinnützige Stiftung für Heil-und Anstaltspflege, l’ente pubblico per la salute e l’assistenza sociale, una villa al numero 4 di Tiegartenstrasse, numero che fu poi combinato alla parola Aktion, azione. La designazione Aktion T4 non è nei documenti del tempo, ma i nazisti usavano il nome in codice EUAKtion o E-Aktion, dove ‘E’‘U’ stavano per eutanasia. Programma di eutanasia fu il nome utilizzato nel processo di Norimberga, sia dai giudici sia dai procuratori.

Autobus con autista del centro di uccisione nazista di Hartheim appartenente al progetto Aktion T4, 1940. 49


Parte 4

Di questi individui chiamati «vite indegne di essere vissute» furono uccisi un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000, circa. I funzionari del progetto chiedevano dapprima ad ogni ospedale psichiatrico di invare loro moduli con una descrizione dettagliata delle condizioni fisiche e soprattutto mentali dei malati; queste documentazioni venivano inizialmente esaminate da medici assunti proprio per assolvere a questo compito, che ne davano una prima valutazione e prendevano una prima decisione sul destino dei pazienti, e successivamente i loro appunti passavano sotto la consulenza di un medico anziano come per esempio il professore Heyde. Il requisito primario sul quale molti medici addetti alle selezioni prendevo le decisioni era l’abilità o inabilità al lavoro e quindi, sostanzialmente, il loro grado di produttività all’interno del sistema economico tedesco. Inoltre, Il programma mirava a diminuire le spese statali derivanti dalle cure e dal mantenimento nelle strutture ospedaliere dei pazienti affetti da disabilità, in un momento in cui le priorità economiche erano rivolte al riarmo dell’esercito tedesco. Questo progetto, il quale rientra nell’ambito dell’eugenetica e dell’‘igiene razziale’, basa il proprio operato sul concetto di eutanasia nel lavoro di Adolf Jost, psicologo austriaco, che nel 1895 aveva pubblicato Das Recht auf den Tod, Il diritto alla morte. Secondo quest’ultimo il controllo sulla morte dell’individuo deve spettare in definitiva allo Stato; questo concetto è direttamente inverso al principio 50


Aktion T4

angloamericano dell’eutanasia, in base al quale il diritto della propria morte spetta all’individuo, e rappresenta una rivendicazione umana suprema. Inizialmente si pensò alle iniezioni letali, come metodo di uccisione, successivamente, invece, tra il 1939 ed il 1940 le SS organizzarono le prime gasazioni in un ex carcere appena fuori Berlino. Le eliminazioni di massa con il gas crebbero in tutta la Germania fino a quando nel 1941 Hitler si accorse del giudizio dell’opinione pubblica rispetto a questo progetto che non era mai stato tenuto elevatamente nascosto. Nello stesso anno il programma di eutanasia si estese ai campi, a causa di una visita che Himmler effettuò al campo di concentramento di Dechau, ritenuta fino a quel momento una delle strutture modello. Durante il suo viaggio il comandante nazista rimase stupito negativamente dall’elevato numero di prigionieri infermi, malati sia fisicamente che mentalmente, concentrati li dentro. Soltanto tra il 28 agosto ed il 16 settembre, infatti, erano giunti al campo 4 grandi trasporti per condurvi prigionieri invalidi in cambio di altri sani da spedire altrove. In questo modo Dechau era diventato una sorta di ‘infiermeria’, traboccante anche di prigionieri definiti musulmani: detenuti, ischeletriti a causa della denutrizione, debilitati, spossati e malati; il termine ricorre nel campo di concentramento di Auschwitz e successivamente, a causa dei trasferimenti di gruppi di persone, si diffonde anche altrove. Le origini del termine sembrano derivare dall’andatura insicura, i movimenti 51


Parte 4

delle mani, il dondolare avanti e indietro, posizione tipica di coloro che praticano la religione islamica; inoltre, il prigioniero che si appresta ad entrare in infermieria è spogliato, tranne che della cintura e la camicia, e si avvolge un asciugamano in testa come turbante. Himmler aveva una visione basata sull’ordine e sulla pulizia, all’interno della quale non trovavano posto invalidi e disabili, che prosciugavano risorse, ed erano un rischio per la salute altrui.A questo punto lui stesso si affidò a coloro che avevano preso parte al programma T4, stringendo un accordo che permise nell’aprile del 1941 di inviare i medici addetti a Sachsenhausen. Questi potevano spostarsi liberamente all’interno dei campi di concentramento chiedendo di avere un numero a loro piacimento di prigionieri. Durante l’esame medico venivano rivolte al paziente , raramente, delle domande circa la sua condizione; il più delle volte questi venivano soltanto esaminati vivisamente. Le selezioni erano rapide: all’inizio del programma i medici impiegavano all’incirca 8 minuti, tempo che poi scese rapidamente a tre. Il destino dei prigionieri dipendeva da un segno tracciato con la penna su di un foglio: + corrispondeva alla morte, mentre - alla vita. Questi moduli erano poi riesaminati dai medici al quartier generale di Berlino che approvavano l’elenco definitivo della vittime; questo veniva poi inviato ad uno dei tre centri addetti all’eutanasia, Hartheim, Bernburg e Sonnenstein, che si mettevano in contatto con i campi per organizzare il trasporto dei prigionieri.

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Aktion T4

4.1

L’estensione del progetto: nasce l’Aktion 14f13 Quando il progetto era ormai ben avviato e a pieno regime fu deciso di visitare il campo di concentramento di Dechau, il luogo di maggior rifornimento. All’interno della struttura i medici, per ingannare i prigionieri, si dimostrarono particolarmente gentili ed educati, in contrasto con i dirigenti e i membri delle SS, impersonando l’immagine degli uomini di scienza che il regime nazista aveva creato, come cloni. Essi promisero ai detenuti che sarebbero stati trasferiti in un altro campo dove il lavoro era più leggero e le condizioni migliori, parole che rientravano a pieno nell’obiettivo del programma di eutanasia che prevedeva che le vittime restassero all’oscuro del progetto fino al momento della loro morte. Dal momento che l’operazione, questa volta, doveva restare segreta, i medici ed i funzionari usarono il nome in codice di Aktion 14f13, in quanto nei carteggi delle SS il prefisso 14f indicava sempre la morte dei prigionieri.

«Sebbene la minaccia dell’Aktion 14f13 incombesse su tutti i prigionieri debilitati, alcuni avevano maggiori probabilità di

essere uccisi. Venivano presi particolarmente

di mira gli «asociali» e i «criminali» deboli

e malati.»4

Con l’inaspirmento del conflitto i medici decisero non solo per queste categoria, ma anche per i prigionieri ebrei.

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Parte 5

Il linguaggio della sopravvivenza Un glossario dei termini più usati all’interno dei lager nazisti

Verso la fine degli anni 90, dato che nessun italiano aveva ancora ‘apertamente’ testimoniato circa gli orrori vissuti personalmente, o indirettamente, nei campi di concentramento, non era stato possibile svolgere uno studio dettagliato di un glossario comune ai campi ed analizzarlo con quello di altre lingue parlate; cosa che di contro era avvenuta in Francia grazie alle numerose testimonianze apparse nel primo dopoguerra sulla rivista Le français moderne. La preziosità e l’importanza delle testimonianze deriva dal fatto che ai detenuti iternati non era permesso scrivere, anche le poche lettere che nei primi anni potevano ricevere ed inviare erano spesso sabotate e controllate, per questo motivo tutti i racconti avvenuti a posteriori hanno da sempre costituito un repertorio dal valore inestimabile; in ogni caso sono state registrate situazioni nelle quali qualche detenuto aveva conservato un diario, un pezzo di stoffa o di carta sul quale aveva annotato i prorpi pensieri o quanto visto. A partire dagli anni Ottanta sono state diffuse pubblicazioni testuali ed audiovisive, di interviste, che pur essendo importanti sotto il punto di vista dei fatti e degli avvenimenti avvenuti lo sono di meno sotto il punto di vista linguistico in quanto nel corso della propria testimonianza l’intervistato pronuncia, spesso, termini

Prigionieri dopo la liberazione, Bergen-belsen , Aprile 1945, No 5 Army Film & Photographic Unit. 55


Parte 5

in lingue straniere sentiti dire nel corso della propria permanenza, e per questo motivo non precise sotto il punto di vista della pronuncia e di conseguenza anche imprecise nel loro significato. Il deportato ha sempre difficoltà nel pronunciare parole provenienti, in particolar modo dal russo, dal tedesco, o dal polacco; ciò ha condotto a deformazioni, perdita di senso e spesso varianti semantiche. La grafia, inoltre, appariva spesso poco chiara ed imprecisa, anche probabilmente a causa della velocità con la quale venivano scritte le parole; di conseguenza è stato solo tramite il racconto generale del deportato, se ancora in vita, che è stato possibile individuare il significato di alcuni termini. Appena giunti in un campo i prigionieri devono superare l’ostacolo della lingua; è chiaro che ogni campo ha avuto la sua storia e i suoi linguaggi, essendo unico il ceppo degli aggressori è pure vero che esistono molti tratti comuni. La lingua ufficiale di ogni lager è il tedesco e di conseguenza in primo luogo è fondamentale apprendere questo; esso è parlato da tutti i membri delle SS e dai prigionieri funzionari addetti all’amministrazione e alla sorveglianza dei deportati. In realtà, questa ‘parte’ di linguaggio è costituita da poche frasi, ripetute, composte appunto da parole ricorrenti ed espressioni in codice che rimandano, il più delle volte, ad espressioni del gergo militare. In secondo luogo, è necessario saper padroneggiare la lingua franca, parlata da tutti i deportati, nella quale confluiscono anche 56


Il linguaggio della sopravvivenza

termini tedeschi, termini di lingua mista nati dall’incontro tra le due e altri termini ricorrenti di varie nazionalità, anche per riuscire a comunicare con gli altri deportati. Il deportato deve necessariamente imparare il numero di matricola con il quale viene registrato una volta arrivato al campo, dato che sarà chiamato, e si annuncerà di conseguenza, esclusivamente con quello. Successivamente, al fine della sopravvivenza è estremamente funzionale che ogni prigioniero impari i termini inerenti alla propria mansione e al proprio kommando, durante le ore lavorative; tra di questi, più di ogni cosa rientrano gli insulti, i comandi, al fine di evitare punizioni, e le incitazioni. Il fatto di capire la lingua degli altri internati è spesso non soltanto garanzia di sopravvivenza, in quanto permette di contrabbandare viveri, essere avvisati dell’arrivo delle SS e di conseguenza cercare di lavorare il meno possibile, ma permette soprattuto di captare informazioni circa l’avanzamento della guerra, circa la condizioni di altri familiari o amici internati o di udire di nascoto i discorsi tra i membri delle SS. È chiaro, quindi, che lo studio di tali termini, espressioni e modi di dire, è un mezzo fondamentale per approfondire la conoscenza rispetto alla tragedia della deportazione, un tentativo di confrontare testimonianze, prendere consapevolezza della condizioni di vita, anche dei nostri avi prigionieri, di comprendere le difficoltà nelle quali volgeva l’Europa, il mondo intero nel periodo che vide il trionfo del regime Nazista.

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Parte 5

Bett — ted.

Absteing — ted.

Letto, Ciaciglio di legno.

Scendere! ordine impar- tito ai deportati di uscire dai vagoni appena giunti al campo.

Brot — ted. Pane, Parte del rancio dei prigionieri.

Abtreten — ted. Ritirarsi! Ordine di rientrare nei blocchi.

Bunker — ted. Prigione, Prigione de campi di concentramento.

Acciughe — Posizione dei detenuti in quarantena.

Cantina —

Antreten! —

Spaccio, Mercato clandestino.

Radunarsi! Ordine di disporsi in schiera davanti i blocchi.

Dinnerzimmer — ted. Refrettorio, Luogo dove consumare il rancio.

Arbeiten! — Lavorare! Incitazione pronunciata dal kapo.

Drecksack! — ted. Sacco di merda! Insulto rivolto spesso ai prigionieri.

Artz! — ted. Medico! È un prigioniero.

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Il linguaggio della sopravvivenza

Einsteigen! — ted.

Häftlingnummer! — ted.

Salire! Ordine di salire sui vagoni merce.

Numero di prigioniero, Assegnato al detenuto alla registrazione.

Essen! — ted.

Hier! — ted.

Rancio! Vitto giornaliero dei prigionieri dei campi.

Presente! Risposta del prigioniero durante l’appello.

Faschist! — ted.

Jude — ted. Ebreo! Denominazione dei prigionieri ebrei.

Fascista! Insulto rivolto ai prigionieri italiani.

kaBe — ted.

Fliegeralarm! — ted.

Infiermeria! Luogo dove riunire i malati del campo.

Allarme aereo! Implica un allarme e lo spegnimento delle luci.

kapo — ted.

Gaskammer! — ted.

Responsabile! Prigioniero che dirige una squadra di lavoro.

Camera a gas! Luogo di uccisione.

Häftling! — ted. Krank — ted.

Detenuto, Nome usato per chiamare un prigioniero.

Ammalato, Prigioniero da ricoverare 59


Parte 5

Lagerführer — ted.

Mütze— ted.

Comandate del campo, Dirige la struttura.

Berretto, Parte della divisa dei prigionieri.

Lagerplatz — ted. Oberaufseherin— ted.

Piazza del campo, Luogo di incontro

Sorvegliante SS capo, Una delle cariche più alte.

Licht aus!— ted. Papirosa— russ.

Spegnete le luci. Oridine impartito dentro la camerata.

Sigaretta, Usata spesso come merce di scambio.

Löffel — ted. Partisan— ted.

Cucchiaio, Usato per la zuppa.

Partigiano, Categoria particolare di prigionieri.

Mittagsruhe— ted. Riposo pomeridiano, Solo ai prigionieri che si trovano in infermieria.

Quarantäne— ted. Quarantena, Sezione isolata del campo.

Muselmann— ted. Schlafen!— ted.

Musulmano, Categoria di prigioniero all’interno dei campi di concentramento.

Dormire! Ordine impartito all’interno dei blocchi.

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Il linguaggio della sopravvivenza

Schreibstube— ted.

Verstehen— ted.

Fureria, Ufficio più importante dove si conservano i registri dei prigionieri.

Capire, Espressione tra prigionieri stranieri che cercano di comunicare.

Selektion— ted.

Wagen— ted.

Selezione, Operazione di decisione dei detenuti da uccidere.

Carro, Usato per trasportare i cadaveri.

Strafe— ted.

Zählappell— ted.

Punizione, Situazione di violenza.

Appello di controllo, Serve a controllare dei prigionieri ogni giorno.

Strube— ted. Zebra—

Camerata, Locali nei quali è articolato ogni blocco.

Divisa, Chiamata così a causa delle strisce.

Tauglich— ted. Zugang— ted.

Abile, Idoneo al lavoro.

Nuovo arrivo,v Prigioniero appena giunto al campo.

Triangolo— ted. Contrassegno di ogni prigioniero.

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Note 1 . Nikolaus Wachsmann, KL, Storia dei cmapi di concentramento nazisti, Mondadori, Oscar storia, Trento 2017. 2. Cit. dell’appendice Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 1997. 3. Institut fušr Zeitgeschichte, Standort- Und Kommandanturbefehle Des Konzentrationslagers Auschwitz 1940-1945, De Gruyter, 2000. 4. Nikolaus Wachsmann, Op. Cit.

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Bibliografia Christian Bernadac, I giorni senza fine, Ferni, 1977 Piero Caleffi e Albe Steiner, Pensaci, uomo!, Feltrinelli, Milano 1960 Lucy S. Dawidowicz, The War Against the Jews: 1933-1945, Bantam Dell Pub Group, 1991 Anna Frank, Diario, Et scrittori, Einaudi, Torino 2015 Adolf Hitler, Mein Kampf, Edizioni Clandestine, Trento 2016 Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 1997 Rocco Marzulli, La lingua dei lager, Parole e memoria dei deportati italiani, Donzelli Editore, Roma 2017 Mßnchner Neuesten Nachrichten, Monaco di Baviera 1933 Vittorio Vidotto, Hitler e il nazismo, tratto da i volti del potere, Editori Laterza, Bari 2003 Nikolaus Wachsmann, KL, Storia dei cmapi di concentramento nazisti, Mondadori, Oscar storia, Trento 2017 Georges Bensoussan, Atlante della Shoah (1939-1945), Libreria Editrice Goriziana, Orizzonti, 2018

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Sitografia ANED, Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, http: www.deportati.it. Giornalettismo, testata su esseri umani, http://www.giornalettismo.com. La stampa, http://www.lastampa.it. Likniesta weekend, http://www.linkiesta.it/it/. Shoah-Nakba.it, per una memoria che guarda al presente, http://www.shoah-nakba.it. United States Holocaust Memorial Museum, https://www.ushmm.org. Wikipedia, l’enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org. Wikipedia, The Free Encyclopedia, https://en.wikipedia.org/wiki.

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Finito di stampare nel mese di maggio 2018 presso Arti Grafiche Leonardi, Catania


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