LA STRADA GIUSTA E’ A SINISTRA. Un contributo per il congresso di SEL.
Dal congresso di SEL debbono venire messaggi chiari al Paese e al popolo della sinistra, e un discorso di verità su noi stessi se vogliamo essere fino in fondo soggetto del cambiamento.
1- Una più chiara, netta, visibile opposizione al governo. Sul piano delle scelte economiche e sociali questo governo esprime una totale continuità con quelle politiche neoliberiste che hanno prodotto prima la crisi e ora un aumento della povertà, della disoccupazione, delle diseguaglianze; sul piano istituzionale uno stravolgimento in senso presidenzialista della costituzione; sul piano politico un progetto che attraverso scomposizioni e ricomposizioni punta a una stabilizzazione moderata e neocentrista, emarginando definitivamente la sinistra. Per questo considerare il governo Letta una parentesi, chiusa la quale si riprende il discorso di prima, è miope e illusorio. Per queste ragioni che riguardano le politiche e la politica è necessario opporsi al governo. Finora ciò non è emerso a sufficienza, per un’incertezza sulla missione di SEL e per una nostra inadeguatezza. Scontiamo il fatto che in questi anni non si è investito sul partito, sulla sua fisionomia, capacità d'iniziativa, radicamento. Si è pensato che questi problemi li avremmo risolti una volta rientrati in Parlamento. Oggi vediamo che non è così. Siamo in Parlamento eppure la nostra presenza non emerge, fatichiamo a far vivere un'altra opposizione rispetto a quella del M5S, in occasioni importanti si notano incertezze e indecisioni che ci penalizzano. Eppure è del tutto evidente che se vogliamo intercettare il malessere nell'elettorato del PD o del M5S o recuperare il non voto è indispensabile rilanciare la nostra opposizione e un profilo autonomo, pena il declino. Un'opposizione che contrasti con più determinazione e decisione le politiche del governo e proponga un'altra agenda per il Paese, pochi punti sui quali mettersi in relazione con ciò che si muove nella società. Non sono le condizioni esterne che mancano, come abbiamo visto con le mobilitazioni e le iniziative di questi mesi, mancano le condizioni interne a SEL. E la prima condizione per superare l'afasia e l'invisibilità in cui ci troviamo è fare fino in fondo il nostro lavoro di forza di opposizione, che contrasta e indica altre soluzioni e altre risposte. Questa è oggi la priorità.
2- Un'innovazione politica a sinistra. Tre anni fa ponemmo al centro del congresso di Firenze il campo largo del centro-sinistra e la candidatura di Vendola prevedendo imminenti primarie.Le cose sono andate diversamente. Per questo oggi al centro del congresso c'è un'altra priorità: come costruire un'innovazione politica a sinistra. Sinistra che è innanzitutto punto di vista critico sull'esistente, quello che appunto manca nel nostro Paese.Le vicende di questi tre anni hanno peraltro mostrato che costruire un partito e riaprire la partita non sono affatto in contrasto, sono anzi complementari: senza un partito forte e autonomo è impossibile riaprire la partita, come si è dimostrato. Siamo consapevoli che SEL non basta a se stessa, ma SEL può e deve essere il motore per costruire una sinistra più larga. Dal congresso deve venire un messaggio e una proposta chiara: serve una sinistra politicamente e culturalmente autonoma. Noi ci mettiamo a disposizione di questa operazione politica che vuole coinvolgere quanti dicono e fanno cose di sinistra, quanti in questi mesi si sono mobilitati per la costituzione o per affermare diritti fondamentali e democrazia. Dobbiamo rivolgerci a personalità riconosciute della sinistra, a figure rappresentative delle tante forme dell'agire politico e sociale
perché si lavori insieme per ridare peso e voce alla sinistra. Una sinistra che vuole tenere insieme volontà di trasformazione e ambizione di governo. Un processo politico aperto e partecipato, non la sommatoria di sigle politiche che rappresentano micro ceti politici autoreferenziali. Un messaggio di fiducia e di generosità nella sinistra e nel suo popolo, questo deve venire dal congresso.
3- Per una nuova coalizione. Ricostruire la coalizione dopo quello che in questi mesi è avvenuto non è un dato scontato ma un obiettivo da conquistare.. Non servono atteggiamenti politicisti come il tifo o il sostegno ai candidati del PD alle primarie, tipica manifestazione di subalternità.Ricostruire la coalizione di centro-sinistra oggi passa per la costruzione di un soggetto politico della sinistra e per una sfida culturale, politica e programmatica col PD. Dar vita ad una forza politica della sinistra capace di andare oltre SEL è la condizione per spingere il Pd a riprendere un ragionamento comune, non avverrà se a sinistra continuerà ad esserci una debolezza di rappresentanza politica, così saremo ininfluenti. Le dinamiche interne al PD non lo portano a guardare a sinistra, ciò può avvenire se incalzato o obbligato e quindi se a sinistra cresce una forza politica capace di fare rappresentare un’opzione credibile.. E passa per una sfida aperta e trasparente al PD, Nella crisi di " Italia Bene Comune" c'è il fatto che la coalizione alla fine si è ridotta ad un accordo di vertice tra PD e SEL poco espansivo, come ha dimostrato il voto. E' mancato un confronto esplicito in cui misurare in maniera leggibile e trasparente le diverse opinioni e quindi le mediazioni e le sintesi, questo avrebbe rafforzato l'alleanza e reso partecipi forze e soggetti diversi che invece sono rimasti estranei. In quel passaggio si è smarrito il ruolo e la funzione di SEL: portare dentro la coalizione quelle culture ed esperienze in grado di allargare i confini e imprimere una più netta fisionomia di cambiamento all'alleanza. Queste debolezze e insufficienze si sono manifestate già in campagna elettorale dove la coalizione non è mai esistita, per poi esplodere definitivamente dopo il voto. Oggi in un contesto in cui le distanze tra noi e il PD sono aumentate e le dinamiche interne a quel partito sono più negative rispetto ad un anno fa, non servono per ricostruire una prospettiva comune né le prediche sul campo largo del centro-sinistra, né la diplomazia di vertice. Serve una nostra agenda di pochi punti su cui sfidare il PD, coinvolgere forze sociali e su cui sviluppare in Parlamento e nella società l' iniziativa. Una sfida sui contenuti che deve, in una logica di coalizione, passare attraverso le primarie di programma perché non è accettabile affidarsi alle sole primarie sulla leadership in cui chi vince decide. Se vogliamo ricostruire su basi nuove un'alleanza di governo serve un bagno di partecipazione e di democrazia a partire dai contenuti.
4- Elezioni europee e Socialismo europeo. Le prossime elezioni europee sono un passaggio fondamentale per rimettere in discussione le politiche di austerità. Di fronte alla crisi mondiale, sotto l'egemonia e il peso della Germania, l'Europa ha scelto la strada dell'austerità, del fiscal compact, del pareggio di bilancio aggravando la crisi economica e le sue conseguenze sociali. Non solo la presidenza Obama ma anche il FMI,, che finora le aveva propugnate e sostenute, chiedono altre politiche economiche. L'affermarsi di partiti populisti di destra e nazionalisti è il frutto avvelenato di queste politiche e dell'incapacità della sinistra europea di offrire una risposta alle oligarchie e alle tecnocrazie. In Italia queste
politiche hanno trovato piena attuazione prima con il governo Berlusconi, poi con Monti, ora con Letta. Il Pd, al di là di qualche flebile distinguo, le ha fatte proprie. Risulta perciò sbagliata e incomprensibile l'idea, che pure si è affacciata al nostro interno, di dar vita ad una lista " Europa Bene Comune" formata da PD, SEL e Socialisti. Sarebbe un'operazione politicista senza alcun riferimento alle posizioni e al merito delle scelte. Altra deve essere l'ambizione di SEL per le elezioni europee: dare voce a chi si batte contro il governo delle larghe intese e le nefaste politiche di austerità in nome di un'altra Europa. Non mancano idee e proposte per un altra Europa, dalla campagna " Sbilanciamoci" a quelle di personalità come Gallino. Quello che manca, e che deve essere il compito di SEL , è di coagulare e raccogliere attorno ad una lista queste elaborazioni e proposte, soggettività ed esperienze, culture e pratiche. In questo quadro la richiesta di adesione al Partito del Socialismo Europeo non va intesa come l'approdo ad un'identità chiusa e definita. In quel partito, che è ancora una somma di partiti nazionali più che un soggetto unitario, vivono orientamenti diversi. La nostra scommessa è di portare dentro la principale famiglia della sinistra europea la nostra ricerca politica e culturale, le nostre posizioni per rispondere alle sfide della crisi. Lavorando a costruire relazioni e intese con chi a sinistra cerca nuove strade per l'Europa, dai Verdi al GUE. Una visione dinamica, non ideologica, con la consapevolezza dei limiti e degli errori che le stesse forze del socialismo europeo hanno commesso, ma altrettanto consapevoli che per superare questa situazione di difficoltà serve un respiro europeo e che la collocazione nel campo del socialismo rappresenta ancora il luogo potenzialmente alternativo al polo conservatore in grado di invertire la tendenza.
5- SEL e la buona politica. Il degrado etico e civile in cui versa l’Italia ha una delle sue ragioni principali nel collasso delle forze politiche. Per questo ricostruire in forme nuove partiti politici, che non sono semplicemente e banalmente strumenti ma comunità di donne e uomini tenuti insieme da una visione di società e da valori e interessi condivisi, è una delle risposte per cambiare il Paese e rinnovare la democrazia, altrimenti prevarranno spinte populiste e tecnocratiche. In questi anni però è prevalsa dentro SEL un'idea che tendeva a liquidare questi temi come residui novecenteschi e quindi è mancato quel lavoro di cura, di innovazione, di ricerca e siamo stati fatalmente percepiti come tutti gli altri. Dobbiamo perciò fare i conti seriamente con quello che siamo stati se vogliamo aprire una pagina nuova, non possiamo permetterci una scissione tra le parole che usiamo e i comportamenti che teniamo, tra le forme e i contenuti.Qui a Roma abbiamo assistito a tesseramenti anomali, a circoli sulla carta o meri comitati elettorali; ad una vita interna asfittica e vissuta secondo logiche correntizie. In ogni soggetto politico va riconosciuto e garantito il pluralismo politico, ma appunto politico non personale con tutto ciò che questo di negativo comporta: fedeltà, conformismo, fastidio al dibattito, incapacità all'ascolto. La debolezza nell'elaborazione e nell'iniziativa politica è figlia di una vita interna così irreggimentata e povera. Questi problemi non si risolvono con il partito degli eletti, tutto chiuso in una logica istituzionale e tra ceti politici, con il partito liquido o informale, spesso refrattari alla democrazia, o con la rete. Né si risolve con la retorica del nuovo, che non produce nulla in termini di qualità e contenuti. Una politica democratica ha bisogno di un partito in cui siano chiare, definite, esigibili regole e procedure, di luoghi in cui esercitare il protagonismo di donne e uomini. Noi non siamo questo. Serve uno scatto di fantasia e immaginazione. Sperimentando forme nuove e originali di organizzazione in grado di ricostruire spazi di socialità, forme di mutuo soccorso, luoghi di
promozione culturale. Dobbiamo distinguere i ruoli politici da quelli istituzionali e costruire organismi dirigenti che rispettino la parità di genere, valorizzino le competenze, diano la priorità a tessere relazioni con ciò che si muove fuori di noi e non ripiegati in una logica amministrativa. A tre anni dal precedente congresso occorre una verifica sul nostro assetto organizzativo centrale. Alla prova dei fatti la federazione di area metropolitana, Roma e Provincia insieme, si è dimostrata una scelta sbagliata. L'errore è nell'aver confuso l'obiettivo politico condiviso da tutti dell'istituzione della città metropolitana, che non esiste ed è di là da venire, con l'organizzazione del partito. Il risultato è che a Roma è mancata sia la tempestività nell'iniziativa e nella presenza politica, che sedi non episodiche di discussione; la Provincia è stata lasciata sola e senza riferimenti efficaci. Quei temi comuni di area vasta che furono posti alla base dell'attuale organizzazione metropolitana, dai rifiuti ai trasporti, hanno in realtà una dimensione regionale non più metropolitana . Non ci possiamo permettere che le cose continuino così. Tanto più dopo la vittoria al comune di Roma e in tutti i municipi che ha suscitato grandi aspettative ma ha anche prodotto, non solo tra i poteri forti ma all'interno dello stesso PD, una forte fibrillazione che punta a sminuire la portata del cambiamento o direttamente a far saltare questa esperienza. Abbiamo bisogno che SEL stia in campo quotidianamente, che prenda posizione sui tanti temi di una città complicata e complessa, che produca idee e proposte e un protagonismo politico, sociale e culturale all'altezza della sfida, che faccia squadra tra chi ha responsabilità istituzionali o di governo nei municipi e i nostri circoli territoriali. Per far tutto questo la nostra struttura organizzativa centrale è inadeguata e va decisamente rivista, costituendo la federazione romana di SEL e un’altra della provincia. Un modo per fare di SEL un soggetto più dinamico e partecipato.