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TRASFORMAZIONE

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Il pane di oggi e quello di domani

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Autrice: Giulia Zampieri

Parlare di pane non è semplice. C’è una stretta correlazione tra il pane e la vita, tra le possibilità e le impossibilità, tra l’economia e la fame. È un terreno fragile, che include molte conflittualità, e la questione quantitativa è più sostanziale di quanto la quotidianità (la nostra) ci induca a credere.

Nel nostro magazine stiamo affrontando il tema dello spreco alimentare, della redistribuzione del cibo, e questa è la doverosa premessa, perché il cibo non c’è per tutti, e il pane è alla base del bisogno di alimentarsi. Per secoli – e, ahìnoi, ancora oggi - è il bene conteso tra classi abbienti, che ne hanno in abbondanza, e popoli affamati. Per chi fa pane oggi - panettieri, ristoratori, pizzaioli - questi grovigli esili ma fondamentali vanno presi in considerazione prima di tutto il resto. Prima delle fermentazioni spontanee, delle bighe, delle farine da grani antichi.

Poi, c’è la questione qualitativa del pane: la scienza ha aiutato a correggere alcuni cliché, a riformulare pratiche di lavorazione, a indirizzare su ingredienti e strumentazioni più adatte per ottenere pani più buoni, più equilibrati, non solo nel gusto e nella forma. Basta scorrere il libro di Laura Lazzaroni, La Formula del Pane, per avere un quadro nitido di quanto il metodo scientifico sia importante, anche per chi il pane non lo fa per lavoro ma per passione.

Nelle due interviste che seguono emerge proprio l’indispensabilità dello studio e della ricerca, per fare sempre meglio e per avere una gestione precisa anche dei

costi di produzione.

Ma pane buono significa anche farine buone, e qui entriamo in un dedalo di narrative davvero complesse (le affronta bene Annalisa Zordan, responsabile della Guida Pane e Panettieri d’Italia del Gambero Rosso, nell’ultima uscita della rivista, con un’analisi accurata sul mondo delle farine). Mi limito, prima di raccontarvi due progetti innovativi ed etici, a dire che il pane buono va cercato, atteso, prenotato, e bisogna essere disposti a pagarlo il giusto. E se il suo destino è la tavola del vostro ristorante o il buffet della prima colazione del vostro hotel, al cliente il valore di quel pane va raccontato. Sarà più facile farlo apprezzare…

Madré, dalla scienza al racconto

Madré è un chiaro riferimento all’utilizzo del lievito madre, la forza propulsiva di tutte le preparazioni di questo nuovo laboratorio-bottega a Castel San Pietro Terme. Un angolo vivace, in un piccolo paese di provincia ma non così lontano da Bologna, gestito da tre giovanissimi: Francesco Bonfiglioli, Gianluca Benesso e Arian-

na Dall’Olio.

È facile stupirsi dopo aver appreso la loro età, ma è banale fermarsi lì: è da mesi che incontriamo ragazzi che si lanciano nell’imprenditoria con la spinta delle idee e con la solidità delle conoscenze. Qui la vera notizia è la storia, l’immagine di Madré, e il fatto che il loro bacino di clienti sia già, a meno di un anno dall’apertura, davvero consistente. Molti sono ristoratori, e molti di Bologna città. Francesco è laureato in Scienze Ambientali; durante gli studi lavorava in gelateria. Nessuna prosa romantica dietro alla passione improvvisa per il pane: “Poco prima dell’inizio della pandemia mi sono imbattuto in un video folgorante sul pane ed è scattato qualcosa” - ci racconta, mentre si muove tre le faccende di laboratorio. “Mi sono applicato, ho studiato su tanti libri e siti web italiani ma soprattutto americani e nord europei. In Italia siamo piuttosto indietro sulla panificazione, per quanto se ne parli c’è ancora la predilezione per il lievito di birra, per le impastatrici, per le farine raffinate. Perché altre strade sono molto più costose e le persone sono disposte a pagare poco il pane. Qui abbiamo scelto una strada diversa: il lievito madre viene accudito ogni giorno e utilizzato davvero, le farine le acquistiamo da molini locali, sono macinate a pietra e stringiamo la mano a chi le produce. Ci teniamo al rapporto personale con il produttore altrimenti il cibo diventa mero scambio di denaro… non relazione! In quanto allo stile, è il nostro: non c’è una forzatura sulla tradizione, c’è l’applicazione di nozioni microbiologiche e scientifiche che ci consentono di lavorare in modo preciso e ottimale. Moltissimi panifici ragionano con approccio conservativo, sostenendo di agire così perché è sempre stato fatto così… ma questo pensiero non è attuale, non può appartenere alle nuove generazioni”. Francesco, alzando lo sguardo per salutare ogni cliente che entra in bottega, ci racconta il lavoro di Madré svelando l’importanza di aver compiuto il suo percorso di studi. “Scienza ambientali mi ha sensibilizzato sull’impronta ecologica. Ogni giorno compiamo azioni che impattano in modo più o meno grave sull’ambiente. Limitare l’uso della plastica è fondamentale, e questo è possibile riciclando quella che si ha. Oppure, ancora meglio, facendo

Francesco Bonfiglioli

Arianna Dall’Olio

una scelta precisa al momento dell’acquisto. Rifornirsi dai contadini per gli ortaggi e da altri piccoli produttori ci consente di ridurla notevolmente, così come impiegare delle ceste per le consegne. A proposito di queste: nel prossimo futuro ci auguriamo di poter acquistare un mezzo elettrico per portare i nostri pani ai clienti senza emissioni”. Sono tanti, dicevamo, che acquistano da Madré il pane per il proprio locale. La consegna è solitamente bisettimanale. Gli ordini - e chi conosce il lievito madre ne comprende il motivo - devono arrivare almeno 48 ore prima. Affacciandosi al banco ogni settimana si trovano pani diversi, a parte il Country che è sempre presente, venduti al pezzo e non al chilo per una gestione più fluida. “Un grosso problema nella vendita del pane sta proprio nel peso. Qui riusciamo a calcolare esattamente il peso di ciascuna pagnotta grazie anche al controllo dell’umidità; vendendo al pezzo evitiamo importi assurdi che complicano l’atto di vendita. Sono secondi, poi minuti, poi mezzore, preziose quando ci sono tante pratiche da sbrigare…” ci spiega mostrandoci i prodotti del giorno… Madré è un laboratorio che fa tutto con approccio artigianale; le preparazioni sono tante, e non c’è solo pane: ci sono anche le focacce, le viennoiserie. “I nostri prodotti sono quasi tutti vegetariani o vegani - continua Francesco. La sorpresa è stata anche incontrare i gusti di tantissimi compaesani. La fascia d’età della clientela è ampissima, si va dai giovani agli ultra ottantenni, e avere un’offerta così ampia aiuta. Ma anche raccontarla: se non avessimo spiegato come origina il nostro pane, quali ingredienti abbiamo utilizzato, qual’é la sua digeribilità, quanto e come può conservarsi… beh, non tornerebbero”.

la focaccia di Madré

Tòcio

Non sono pochi gli elementi in con comune tra Madré e Tòcio, sebbene il secondo nasca dalle mani di una sola persona e abbia una formula sensibilmente diversa, senza una bottega fisica. Tòcio - che, onestamente, da veneta, faccio fatica a tradurvi, se non con ‘intingolo’ - è un’idea di Giulia Busato, di origini noalesi e con una grande passione per il cibo e i vini naturali. Giulia non ha seguito percorsi prestabiliti, non eredita la passione da lunghe tradizioni familiari nella ristorazione o nella panificazione, non ha nel cassetto aneddoti sentimentali da narrare. Si è appassionata e ama ciò che fa dandone un forte significato culturale. “Non ho un curriculum chilometrico che possa parlare per me” - ci racconta mentre sta consegnando i suoi pani in uno dei punti di ritiro, poi vi spieghiamo. “Ho iniziato da autodidatta mettendomi sui libri, cimentandomi in prove su prove, anche di notte, e attingendo dalla rete. Ho frequentato un corso con Renato Bosco e quello ha acceso sicuramente una miccia, ma il resto è stata tanta applicazione. Ho partecipato a Masterchef e a differenza di quanto si possa pensare ho tratto molto da quell’esperienza. Ho raccolto il meglio, il meglio che potevo pren-

dere. Un paio di giorni prima della pandemia mi sono licenziata. Sono laureata in Giurisprudenza e lavoravo in un patronato della CIGL a tempo indeterminato. Non è stata una mossa azzardata. O meglio, agli occhi di alcuni sì, ma sentivo che potevo dare molto di più in un altro ambiente. Per esempio la cucina”. E quell’ambiente a quanto pare era pronto ad accoglierla. Dopo la primavera si sono innescate varie collaborazioni con cuochi, fermentatori, quindi pop up, eventi, l’avvio della sua attività come chef di bordo fino a… “Tòcio, nato nel 2022. Il nome è legato al valore della mano nella preparazione del pane artigianale. La mano tocca, giudica, sistema, comprende. La mano regola, aggiusta. Le mie mani lavorano tutti i giorni a contatto con il lievito madre, toccano farine che scelgo dalla mia regione (ma non solo, dipende dalla tipologia del pane) e si relazionano ai lieviti selvaggi, ingrediente determinante per il pane. Siamo tutti felicemente accolti nella mia IAD - impresa alimentare domestica. Al momento è questo lo spazio che posso permettermi di gestire; qui faccio fermentare, impasto, inforno. Quando il pane è pronto lo consegno ai ristoranti o in alcuni punti vendita nel trevigiano e a Mestre. A tal proposito aggiungo che oggi ci si dà una mano tra attività affini, non ci si ruba niente”. Ci spiega a questo punto come il rapporto con i clienti. “Mi trovano con il passaparola o tramite i social. Accetto ordini solo su prenotazione e questa deve avvenire due giorni prima altrimenti mi è impossibile rispettare i tempi di produzione. Chi ordina l’ha capito. Il pane, in sostanza, viene consegnato il giorno in cui è uscito dal forno. Però sono davvero affezionata ai miei pani e non li lascio soli: dentro alle bag ci sono le informazioni sulle materie prime, sul mio approccio alla panificazione e tutte le istruzioni per conservarlo al meglio. Scherzi a parte, oltre al legame affettivo che si instaura con questo cibo - che ricordo, è vivo - ritengo sia giusto valorizzare tutta la filiera che vi sta dietro. Contadino e mugnaio meritano di essere raccontati, non utilizzati per sole questioni commerciali. E il grano che ci forniscono merita rispetto. E poi, santo cielo, il pane è più buono quando nasce da una filiera sana, vera, che ha a cuore l’ambiente!”. Come volevasi dimostrare non sono pochi gli argomenti in cui si sfocia quando si parla di pane, compresa l’assuefazione da prodotti commerciali, l’ineguaglianza sociale… e così via. “Il pane mi ha aiutata a fortificare un pensiero” - conclude Giulia. “Il cambiamento parte dalle piccole cose. Da un punto di vista politico, economico e sociale, scegliere quale pane mangiare ha un peso specifico importante ed è questo che va spiegato”. Meno pane, soprattutto meno pane sprecato, più relazioni, più equità, più qualità, prezzi giusti. È un percorso in salita ma alcuni lo stanno già percorrendo.

Giulia Busato

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