SILVIA VALESANI - PORTFOLIO
Tendenzialmente scrivo, fotografo e mangio carboidrati. Alimentazione a parte, posso dire di sentirmi naturalmente incline alla comunicazione: la home del mio iPhone ospita per la maggior parte app di social networking, editing fotografico e storytelling. Scrivo pi첫 di quanto leggo, fotografo (nettamente) pi첫 di quanto mi faccia fotografare. Sogno di lavorare come press officer / fashion editor / web content curator. Nel frattempo, lotto per diventare pubblicista.
Vogliamo la pace nel mondo, quindi partiamo da un assunto universalmente condiviso: #acolazionenonsiparla
Logo per il blog A colazione non si parla www.acolazionenonsiparla.com
“Candy minimal stands for candy-colored minimalist photography� -Matt Crump Photoshop editing - Lavoro personale Fotografie: Stoccolma, Settembre 2014
Il Panino Tondo Fotografia e grafica per digital communication Firenze, 2015
Doppia moodboard inspirata al Fashion Color Report di Pantone per la Primavera 2015 Lavoro personale
Sviluppo dell’immagine coordinata per il marchio What’s inside you - Lavoro didattico
Sviluppo dell’immagine coordinata per il marchio What’s inside you - Lavoro didattico
Impaginazione rivista di trend forecasting ispirata al design scandinavo - Lavoro didattico
white is the new black
Estratti di articoli dal blog A colazione non si parla
Un articolo a 4 mani, 2 menti, 2 computer e diversi social network a cura di Silvia Valesani e Luisa Covini. Una piccola introduzione: in origine fu un post che ebbe un sacco di successo. Complice la condivisibilità di ciò che avevamo scritto. Da parte di altri studenti di moda, ovviamente. Insomma, ci teniamo molto. Ci siamo affezionate soprattutto per l’apprezzamento ricevuto dai nostri colleghi. Quindi, se inizialmente è stato pubblicato (ed è ancora online!) su un altro blog, oggi ve lo riproponiamo qua, simile, sul nostro personale progetto che è A colazione non si parla. È così che incontri qualcuno di nuovo, ti presenti. Scattano le classiche domande di rito: “Tu cosa studi?” “Io studio xxx della moda.” (Là dove xxx sta per Design, Marketing & Comunicazione, Puffologia o quello che vi pare. Non importa. Il termine incriminato è “moda”. Da questo momento esatto, per la creatura mediamente ottusa che avete di fronte, avrete già perso parte della vostra credibilità). Solitamente le uscite più infelici di rimando si alternano fra queste dieci, legittimamente raccolte e catalogate perché anche le prossime generazioni di studenti di moda sappiano bene a quale tipo di mentalità vanno incontro.
Evasioni non troppo innocenti quelle di John Richmond per la donna del prossimo semestre di freddo. Le fughe esotiche si vestono di stampe zebrate e kimono reinterpretati. Le pellicce in tinta rosso dragone e le porcellane cinesi ricamate sui corpi delle modelle ci ricordano che l’Oriente non è in fin dei conti poi così lontano. [...] La palette si scalda di toni burgundy, calibrati dall’onnipresente nero degli accenni bondage e dal turchese dei ricami e dei pattern geometrici. In passerella sfilano forzieri di paillettes, frange disobbedienti, del tutto lontane dagli anni Venti, e bordi in pelliccia infiammati. La pelle è la costante che serve a rimarcare la femminilità aggressiva di una donna fin troppo conscia del proprio lato oscuro. E mentre il ritmo della colonna sonora (che potete ascoltare grazie al player di Spotify qua sopra) si fa sempre più incalzante, gli abiti si accorciano e le forme si svelano. Il coinvolgimento sensoriale prende evidentemente il sopravvento e, nel momento di massimo climax, si affaccia in passerella uno splendido abito da sera nero, sdoppiato tra un corpetto cut-out che si snoda lungo le linee di un rosone gotico e una lunga gonna in seta che scivola morbida sui fianchi.
Anne Deniau era l’unica fotografa ammessa nel backstage dello stilista scomparso nel Febbraio 2010 e ha raccolto in questa meravigliosa opera il migliore omaggio che potesse dedicargli. I tredici anni passati al suo fianco sono tutti lì e si raccontano fotografia dopo fotografia. Dalle pagine di “Love looks not with the eyes”, McQueen appare esattamente così come amava definirsi: l’“Edgar Allan Poe” della moda, un riferimento illuminante. La sua estetica virtuosa l’ha condotto a esplorare gli inviolati terrori del grottesco, del sadomaso, della misoginia riuscendo a sublimarli in un fraseggio di rimandi depistanti senza soluzione di continuità. Forte di un’intensità creativa al limite della sensibilità umana, McQueen ha collezionato un corpus struggente di dualismi che lo costringevano a oscillare nel limbo tra la vita e la morte, tra la serenità e la malinconia, tra la luce e le tenebre. Una poetica indubbiamente dominata da forze opposte la sua, al tempo stesso languida e aggressiva, l’ha elevato al titolo di “genio sublime”, sebbene l’arte di McQueen resista senza dubbio a ogni genere di definizione.
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