Full Circle (Kostabi torna a Firenze) Sono curiose, a volte, le coincidenze a cui ci capita di assistere. Sembra, infatti, che alcuni avvenimenti accadano in un preciso momento proprio perché allora devono avvenire, indipendentemente dalla nostra volontà, come ispirati da un imperscrutabile e forse magico destino. È questo il caso della mostra personale, intitolata Symbols in Florence, dell'artista americano, e di spessore internazionale, Mark Kostabi, che la Simboli Art Gallery di Firenze ha deciso di proporre in questo inizio di primavera per celebrare il suo primo anno di attività. Gabriele Greco, direttore artistico della giovane galleria fiorentina –
/ Laissent parfois sortir de confuses paroles; / L'homme y passe à travers des forêts de symboles / Qui l'observent avec des regards familiers» (È un tempio la Natura ove viventi / pilastri a volte confuse parole / mandano fuori; la attraversa l'uomo / tra foreste di simboli dagli occhi / familiari). E questa è solo la prima coincidenza. L'occasione concreta di allestire una mostra di Kostabi si è presentata, però, soltanto all'inizio di quest'anno, quando abbiamo avuto modo di conoscere di persona l'artista a Bologna, che si è dimostrato subito entusiasta di tornare con una personale a Firenze, città da lui molto amata, come del resto tutta
Emanuele Greco Critico e Storico dell’Arte
da un ricco universo di figure simboliche, "esseri sociali" o "automi", senza lineamenti fisionomici, senza voce, dal sesso spesso indeterminabile. Figure ibride, tecnologizzate, occupate in un'ampia gamma di attività umane dall'evidente carattere metaforico – mirabilmente classificate nel saggio del critico e pittore Walter Robinson –, e che vanno dall'intimità fisica dei rituali dell'amore, alla rappresentazione in molti casi disumanizzante del mondo del lavoro, alle scene della quotidianità della vita sociale, come quelle che si svolgono in caffè e locali dall'atmosfera spesso malinconica, fino ad arrivare alla raffigurazione di attività più spiri-
1 nonché mio fratello –, ed io pensavamo già dallo scorso anno di organizzare una mostra di Kostabi, artista di cui conoscevamo e stimavamo il lavoro da molto tempo, fin da quando, giovanissimi, rimanevamo affascinati ed incuriositi dalla ricca presenza nelle sue opere di segni e di simboli misteriosi, che cercavamo di interpretare con intuito e fantasia. Non è un caso, quindi, che questa nostra fascinazione per i segni e i simboli criptici ci abbia portato a chiamare la galleria proprio con il temine "Simboli", anche se – se non ricordo male – l'ispirazione per il nome derivò dal noto passo della poesia Correspondances contenuta in Les Fleurs du Mal di Charles Baudelaire, quando il poeta francese scrive: «La Nature est un temple où de vivants piliers
nato e colto citazionismo artistico, alla banale quotidianità della vita moderna, sempre più svuotata dal rapido cambiamento tecnologico. Nato a Los Angeles nel 1960 da genitori estoni, il giovane Mark Kostabi cresce nella città di Whittier in California. Studia disegno e pittura alla California State University di Fullerton, ma già nel 1982 decide di trasferirsi a New York, dove nel giro di pochi anni diventa una figura di riferimento all'interno dell'effervescente e dinamico movimento artistico dell'East Village. In questo periodo l'artista sperimenta un uso provocatorio dei mass media, un'attitudine che conserva anche oggi, di cui l'esempio più significativo è sicu-
2 l'Italia. Dal 1996, infatti, Kostabi ha scelto di vivere e di lavorare proprio nel nostro Paese, e più precisamente a Roma, salvo tornare per qualche breve periodo nel suo studio di New York. Risolti alcuni comprensibili problemi organizzativi dovuti alla repentina, e un po' incosciente, decisione di organizzare una mostra di Kostabi in così poco tempo, siamo stati in grado di allestire questa piccola, ma gustosa personale, in cui si può ammirare una raffinata selezione di circa venticinque opere, risalenti per lo più agli ultimi anni di attività dell'artista, tra cui prevalentemente dipinti su tela, ma anche opere grafiche e una scultura in bronzo. L'esposizione, infatti, ci dà un saggio quasi completo della complessa poetica di Mark Kostabi, composta
tuali, come la solitaria ed assorta contemplazione. Queste indeterminate figure, che assumono spesso le sembianze inquietanti di manichini senza volto, rappresentano l'umanità nella sua essenza e nella sua disperazione, che Kostabi riesce a rendere lucidamente attraverso un magistrale equilibrio di ironia e di critica sociale. In trent'anni di intensa ricerca espressiva, Kostabi è riuscito ad imporsi nel panorama artistico internazionale attraverso un proprio linguaggio originale ed inconfondibile in cui unisce, secondo una matrice tipicamente post-moderna, suggestioni assai diverse (e in alcuni casi antitetiche), che vanno dall'atmosfera onirica di gusto metafisico-surrealista, alla lezione della Pop Art americana, dal raffi-
ramente il programma televisivo Name That Painting: un quiz con premi in denaro – ma è chiaramente una dissacrante parodia –, che Kostabi ha ideato per stimolare alcuni critici appositamente invitati a gareggiare tra loro per assegnare ai suoi nuovi quadri i titoli più appropriati ed originali. Nel 1987 Kostabi è già diventato un artista internazionale e questo gli permette di fondare, l'anno successivo sempre a New York, il "Kostabi World": una grande struttura che è allo stesso tempo uno studio, una galleria e un ufficio, e in cui lavorano un gruppo nutrito di assistenti che producono per lui circa mille quadri all'anno. Così il critico Gary Indiana ha descritto il "Kostabi World": «È una fabbrica, anche se ben diversa dallo schema della
catena di montaggio taylorista, adottato da Henry Ford. [...] nessuno sembra eccessivamente sotto pressione o scontento di ciò che sta facendo; è una fabbrica dove la gente fa ciò che sinceramente le piace fare, ed è pagata molto bene per farlo. L'atmosfera è aperta e congeniale». Questo uso "sfacciato" degli assistenti, che Kostabi non ha mai nascosto, al contrario di molti suoi colleghi artisti, ma che anzi ha sempre dichiarato apertamente, facendolo diventare un segno distintivo della sua poetica, creò, soprattutto alla fine degli anni Ottanta, un grande scandalo nel mondo ufficiale dell'arte, soprattutto americano,
rinascimentali, in cui i maestri erano soliti definire il concetto generale dell'opera che poi veniva realizzata con l'aiuto dei vari assistenti ed allievi, che era spesso specializzanti in diverse e specifiche mansioni. In questo modo, Kostabi minava l'inganno e il falso mito della trascendenza del fare arte, mostrandoci, al contrario, l'intrinseco legame tra l'opera d'arte e il mercato dell'arte. A questo proposito alcuni critici hanno parlato di "Financial Art", arrivando addirittura ad affermare che l'opera d'arte non esiste, nel mondo, a meno che non diventi un bene, un investimento, un oggetto dell'universo finanziario. A mio avviso, però, ogni opera d'arte con-
mente di voler essere presente in questa primavera fiorentina? È forse solo una coincidenza, ma fa certo pensare a qualcosa di prodigioso il fatto che Mark Kostabi torni a Firenze con una personale – ce ne sono state solo due in precedenza: la prima nel 1993 alla Galleria Santo Ficara, seguita dalla seconda, nel 2006, alla Galleria di Palazzo Coveri – proprio nell'anno in cui il capoluogo toscano festeggia il suo illustre concittadino, il navigatore Amerigo Vespucci – che fu tra i primi e i più importanti esploratori del Nuovo Mondo, tanto da lasciare il suo nome al continente: l'America, appunto – con eventi e mostre dedicate alla cultura e all'arte ameri-
stato scelto Symbols in Florence. Tra questi titoli molti alludevano a strani e misteriosi "simboli alchemici", a "simboli" e "segni" portati dalla California alla Toscana, o come dice Kostabi: from Whittier to New York to Rome to Florence. Due titoli, però, mi avevano incuriosito più degli altri. Essi si riferivano ad un enigmatico "full circle", un cerchio completo, un cerchio che si chiude: un'immagine che stimolava la mia fantasia, tanto da volerlo usare come titolo riassuntivo di questa mia breve introduzione alla mostra. Infine, ripensando a tutti i fatti fin qui narrati, una domanda mi viene da porre: ma è stato davvero Ko-
3 che era portato ad associare al ruolo dell'artista quelle figure solitarie e intimamente combattute, divenute nel frattempo quasi mitiche, che avevano caratterizzato l'eroica stagione dell'Espressionismo Astratto. Per questo motivo, infatti, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, il mondo ufficiale dell'arte guardò con sospetto il lavoro del giovane e spregiudicato artista californiano. L'idea di Kostabi, infatti, recuperava da una parte le modalità della produzione serigrafica di Andy Warhol – ma a differenza del maestro della Pop Art le opere di Kostabi sono realizzate con una tecnica tradizionale, ovvero prevalentemente con una pittura ad olio – e dall'altra riprendeva le antiche modalità di lavoro delle botteghe medievali e
4 serva nel proprio profondo un respiro di spiritualità. Ma ritornando all'inizio del nostro discorso, qualcuno si potrebbe domandare cosa ci sia di magico e misterioso nei fatti che hanno preceduto la realizzazione di questa mostra di Kostabi. Si potrebbe pensare che sia soltanto una coincidenza fortuita di eventi. Può darsi, ma io non ne sono molto sicuro. Io credo, infatti, che ci sia qualcos'altro. E se fossero i simboli alchemici, i segni misteriosi ed onirici, le figure indeterminate ("esseri sociali" o "automi" che siano), prive di segni fisionomici, ricorrenti spesso nelle opere dell'artista americano ad aver influenzato le nostre decisioni? E se, quindi, fosse stato tutto questo universo surreale così ricco di magia di Kostabi ad aver deciso autonoma-
cana. Una coincidenza? O è forse "un cerchio che si chiude", un "full circle" appunto? Devo svelare a questo punto tutte le carte di questo mistero. Bisogna sapere, infatti, che è stato lo stesso Kostabi a fornire al direttore artistico della galleria una lista di titoli per la mostra, tra i quali è
stabi ad indicare questi titoli della mostra o sono state le figure indeterminate e le presenze enigmatiche dei suoi dipinti ad averglieli suggeriti? Il cerchio misterioso si è chiuso, e si è chiuso con quel sottile velo di ironia che molto spesso accompagna tutta l'opera di Kostabi.
In copertina: Love letters, 2011. Olio su tela, cm 30x25 1 - Life is a box of chocolates, 2011. Olio su tela, cm 25x30 2 - Naked desire, 2011. Olio su tela, cm 25x30 [opera eseguita a quattro mani con l'artista Angel Ortiz (New York, 1967), detto anche Little Angel o LA2]
3 - So near but yet so far, 2011. Olio su tela, cm 25x30 4 - Stores re-open at three, 2011. Olio su tela, cm 25x30
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5 - Tickling the ivory, 2010. Olio su tela, cm 25x30 6 - Playing what you got, 2011. Olio su tela, cm 50x60 7 - The strangers of comfort, 2011. Olio su tela, cm 25x40 8 - Saving face, 2010. Olio su tela, cm 30x25 9 - Occupy me, 2011. Olio su tela, cm 30x25 10 - Embarassment of riches, 2011. Olio su tela, cm 40x30 11 - To spool for school, 2011. Olio su tela, cm 30x25 12 - Let's get metaphysical, 2011. Olio su tela, cm 30x25 13 - Under construction, 2011. Olio su tela, cm 30x25 14 - My secret influence, 2011. Olio su tela, cm 30x25 15 - The book of love, 2011. Olio su tela, cm 60x50 16 - The thunder of passion, 2012. Olio su tela, cm 25x30
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21 17 - The transparent cafĂŠ, 2010. Olio su tela, cm 45x90 18 - La giostra, 2000. Lito-serigrafia originale a colori su carta, cm 57x80 19 - L'atelier del pittore, 2000. Litografia originale a colori su carta, cm 35,5x50 20 - La musica della foresta, 2000. Lito-serigrafia originale a colori su carta, cm 80x57 21 - The gift of power, 2010. Olio su tela, cm 50x100
In quarta di copertina: Service, 2000. Scultura multipla in bronzo, cm 42x24
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Biografia MARK KOSTABI,
pittore, pianista e compositore statunitense, nasce a Los Angeles il 27 novembre 1960 da una famiglia proveniente dall'Estonia. Cresciuto nella località di Whittier, in California, compie i suoi studi di disegno e di pittura alla California State University di Fullerton. Nel 1982 si trasferisce a New York e dal 1984 diventa un'importante figura di riferimento all'interno del movimento artistico dell'East Village. Durante questi anni, si diverte nell'uso provocatorio dei mass media. Dopo
MUSEI CHE RACCOLGONO LE SUE OPERE: • The Museum of Modern Art, New York, U.S.A. • The Metropolitan Museum of Art, New York, U.S.A. • Solomom R. Guggenheim Museum of Art, New York, U.S.A. • Brooklyn Museum of Art, New York, U.S.A. • National Gallery of Art, Washington D.C., U.S.A. • The Corcoran Gallery of Art, Washington D.C., U.S.A. • Museum of Contemporary Art, Los Angeles, U.S.A. • Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, New York, U.S.A. • Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma, Italia • Art Museum of Estonia, Tallinn, Estonia • Memphis Brooks Museum of Art, Memphis, Tennessee, U.S.A.
aver studiato la pittura europea, a cui la sua poetica fa continuo riferimento, Kostabi riprende e rielabora il concetto delle botteghe del Rinascimento, in cui gli artisti, insieme agli assistenti e agli allievi, collaborano alla realizzazione di opere d'arte. Dal 1987 è riconosciuto come artista internazionale: le sue opere vengono richieste da gallerie di Giappone, Stati Uniti, Australia e Germania. Nel 1988 fonda a New York il "Kostabi World": uno studio ispirato alla bottega rinascimentale che è al tempo stesso la sua galleria e il suo ufficio. Durante la sua ormai trentennale attività artistica, Kostabi ha realizzato immagini per la pubblicità, design di oggetti e anche alcune copertine per i dischi di importanti gruppi rock come i Guns n' Roses e i Ramones. Dal 1996 divide la sua vita tra New York e Roma, dove diventa un modello di riferimento per molti artisti italiani. Ha collaborato pittoricamente con Enzo Cucchi, Arman, Howard Finster, Enrico Baj (nel 1992) e Tadanori Yokoo (nel 1993). È apparso su testate quali: il New York Times, People, Vogue, The Face, Playboy, Forbes, New York Magazine, Domus, Art Forum, Art in America, Art news, Flash Art. Dall'inizio degli anni Ottanta ad oggi, Mark Kostabi ha allestito centinaia di mostre, fra personali e collettive, nelle più importanti gallerie internazionali e le sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti dei più famosi musei del mondo.
• Trevi Flash Art Museum of International Contemporary Art, Trevi, Italia • Museion - Museo d'Arte Moderna, Bolzano, Italia • Duke University Museum of Art, Durham, North Carolina, U.S.A. • Boise Art Museum, Boise, Idaho, U.S.A. • University Museum at Southern Illinois University Carbondale, Illinois, U.S.A. • Groninger Museum, Groninga, Olanda • Memorial Art Gallery of the University of Rochester, Rochester, New York, U.S.A. • The John and Mable Ringling Museum of Art, Sarasota, Florida, U.S.A. • Museo di Tirana, Tirana, Albania • The Jane Voorhees Zimmerli Art Museum, Rutgers, The State University of New Jersey, New Brunswick, U.S.A. • Neuberger Museum at Suny Purchase, Purchase, New York, U.S.A. • Wright Museum of Art, Beloit College, Beloit, Wisconsin, U.S.A. • Birmingham Museum of Art, Alabama, U.S.A. • University of Alaska Museum of North, Fairbanks, Alaska, U.S.A.
• Phoenix Art Museum, Arizona, U.S.A. • The Arkansas Arts Center, Little Rock, Arkansas, U.S.A. • Colorado Springs Fine Arts Center, Colorado, U.S.A. • Yale University Art Gallery, New Haven, Connecticut, U.S.A. • Miami Art Museum, Florida, U.S.A. • Honolulu Academy of Arts, Hawaii, U.S.A. • Cedar Rapids Museum of Art, Iowa, U.S.A. • Spencer Museum of Art, The University of Kansas, Lawrence, Kansas, U.S.A. • New Orleans Museum of Art, Louisiana, U.S.A. • Portland Museum of Art, Maine, U.S.A. • Academy Art Museum, Easton, Maryland, U.S.A. • The University of Michigan Museum of Art, Ann Arbor, Michigan, U.S.A. • The Frederick R. Weismn Art Museum, University of Minnesota, Minneapolis, Minnesota, U.S.A. • Mississippi Museum of Art, Jackson, Mississippi, U.S.A. • Saint Louis Art Museum, Missouri, U.S.A. • Yellowstone Art Museum, Billings, Montana, U.S.A. • Joslyn Art Museum, Omaha, Nebraska, U.S.A. • Las Vegas Art Museum, Nevada, U.S.A. • Hood Museum of Art, Dartmouth College, Hanover, New Hampshire, U.S.A. • New Mexico Museum of Art, Museum of New Mexico, Santa Fe, New Mexico, U.S.A. • Plains Art Museum, Fargo, North Dakota, U.S.A. • Akron Art Museum, Ohio, U.S.A. • Oklahoma City Museum of Art, Oklahoma, U.S.A. • Portland Art Museum, Oregon, U.S.A. • Pennsylvania Academy of the Fine Arts, Pennsylvania, U.S.A. • Milwaukee Art Museum, Wisconsin, U.S.A. • University of Wyoming Art Museum, Laramie, Wyoming, U.S.A.
Per la realizzazione della mostra si ringraziano: Michele Greco - Greco Arte, Fucecchio (Fi) e Guastalla Centro Arte, Livorno
SIMBOLI ART GALLERY Via di San Giuseppe, 6/R - 50122 - Firenze (Italia) Tel. +39 055 0502418 +39 349 1438941 info@simboliartgallery.com - www.simboliartgallery.com Orario galleria: lunedì 16-20 e martedì-domenica 10-13 / 15-20