Cjosul - Luglio

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Tutti gli articoli presenti all’interno di questo magazine sono protetti ai sensi delle normative sul diritto d’autore. Vietata la riproduzione dei testi o di parte di essi. Grafica a cura di Veronica Duriavig www.veronicaduriavig.it

CJOSUL mensile digitale di informazione sportiva

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LUGLIO 2017 N.04

DAL CAMPO AGLI SPALTI

LE EMOZIONI DEL VOLLEY ITALIANO

APU GSA

Il punto sul mercato bianconero Il quidditch in Italia

ALLA SCOPERTA DI UNO SPORT MAGICO

QUI UDINESE

Mandi Feli, al via la nuova stagione


CJOSUL Par furlan, cjosul e je chê peraule che si dopre cuant che ti mancjin lis peraulis.

Enrico Arcolin arcolinenrico@gmail.com Mirco Gazziola mircogazziola@gmail.com Mattia Meroi mattia.meroi32@gmail.com Marco Michielis michielismarco@gmail.com Tommaso Montanari tommaso.montanari@hotmail.it Gianmaria Monticelli ilmiticomonti@libero.it Simone Narduzzi simone.narduzzi91@gmail.com Tommaso Nin tommaso.nin@gmail.com Alessandro Poli alessandropoli97@gmail.com Cristian Trevisan cristian.trevisan.94@gmail.com Graphic design

Un attrezzo, una pietanza, un pennarello oppure un libro. Cjosul è quel termine che in friulano può assumere diverse connotazioni a seconda della situazione in cui esso viene impiegato. Nel nostro caso, Cjosul è una rivista, una rivista digitale a cadenza mensile che si propone di raccontare lo sport dagli occhi di chi lo vive in prima persona e in tutte le sue sfaccettature: calcio, basket, cinema o fumetti. Ogni aspetto della nostra vita può essere toccato dallo sport che amiamo. Ogni aspetto della nostra vita può diventare Cjosul. La redazione di Cjosul è composta in gran parte da studenti che vogliono avvicinarsi al mondo del giornalismo sportivo e lo vogliono fare all’interno di un ambiente giovane, in cui ogni proposta è accolta con entusiasmo. Rodato o ancora acerbo, ogni aspirante giornalista è il benvenuto in Cjosul. Il nostro obiettivo? Una crescita del gruppo che comporti inevitabilmente la maturazione professionale di ogni singolo partecipante.

Veronica Duriavig veronica.duriavig@gmail.com www.veronicaduriavig.it Copyright titolare dei diritti 2017 Per le immagini si ringrazia: www.it.eurosport.com/calcio/gianluigi-donnarumma_prs419222/person.shtml www.mondoudinese.it/altri-sport/basket/ufficiale-colpaccio-gsa-udine-preso-tj-price/ www.facebook.com/campionatocarnico/photos/a.219841768026600.67833.219841684693275/774283419249096/?type=1&theater (logo) www.carnico.it/blog/page/2/ (coppa carnia) www.it.eurosport.com/calcio/europei-under-21/2017/bernardeschi-unico-italiano-nella-top-11-dell-europeo-under-21.-c-e-anche-il-neointerista-skriniar_sto6236910/story.shtml www.lastampa.it/2017/06/30/sport/calcio/euro-under-trionfa-la-germania-battuta-la-spagna-YpwWrTFji4iXdYRetfiZSM/pagina.html http://ildiscorso.it/wp-content/uploads/Ridimensiona-di_DS33395-1.jpg http://tuttomotorsport.com/wp-content/uploads/2017/05/Alonso-McLaren-Honda-IndyCar-Indy-500-Test.jpg http://www.gazzamercato.it/wp-content/uploads/sites/53/2016/10/CristianoRonaldo_utero-in-affitto_figlio_calcio.jpg https://ocquidditch.wordpress.com/ www.brundisium.net/index.php/al-fanuzzi-di-brindisi-la-coppa-italiana-quidditch/ www.facebook.com/aquilaetridentumquidditch/photos/a.1740668206158133.1073741831.1403149153243375/1740699832821637/?type=3&theater http://worldleague.2017.fivb.com/api/images/download/201714380/Italycelebrate http://worldleague.2017.fivb.com/api/images/download/201719295/GiulioSabbifromItalyspikestheball https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t31.0-8/16722538_10208299608832830_154628054153069624_o.jpg?oh=f98958dfabf449e3bb3cdb2e6916c298&oe=59CC459C https://www.linkedin.com/pulse/too-much-personal-development-good-tim-denning http://www.zimbio.com/photos/Felipe+Dal+Bello/Udinese+Calcio+v+Hellas+Verona+FC+Serie/H7q9BkXqdMo


SOMMARIO

luglio 2017 CJOSUL

fischio d’inizio

LA ZEBRA A POIS 04 GAME OF FOOTBALL

di Simone Narduzzi

FOCUS SERIE A 06

UN TEATRINO ORCHESTRATO DA MINO

SPORT FVG 08

GSA ORMAI PRONTA! LA PAROLA PASSA AL CAMPO

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FACCIA A FACCIA 14

“FINO ALLA FINE FORZA PERUGIA!”

di Cristian Trevisan

SPECIALE UNDER 21 20 GIOVANI STELLE

di Mirco Gazziola

CONTRO IL “BOMBERISMO”: PER UN’ESTATE DA ICONE di Marco Michielis

28 MAGIC IN THE AIR

di Gianmaria Monticelli

di Alessandro Poli

LE CORSE PAR IL FRIÛL

26 UN’ESTATE AL MARE

di Mattia Meori

ALLA SCOPERTA DEL CAMPIONATO CARNICO

24 LE DONNE, I CAVALLIER, L’ARME, I MOTORI

IL QUIDDITCH IN ITALIA: UNA REALTÀ GIOVANE MA IN FORTE CRESCITA di Tommaso Montanari

32 UNO SGUARDO OLTRECONFINE CR7, NATO PER VINCERE di Enrico Arcolin

34 A TUTTO VOLLEY

BENE MA NON BENISSIMO di Cristian Trevisan

di Tommaso Nin

Il quidditch in Italia: una realtà giovane ma in forte crescita


CJOSUL

Game of Football Simone Narduzzi

simone.narduzzi91@gmail.com

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CJOSUL | GIUGNO 2017


CJOSUL

UNA

W

idmer is coming. Storpiamo un motto da saga fantasy ormai prossima al lancio della sua settima, imperdibile stagione per coglierne quegli spunti utili ad approfondire i primi assaggi di un’avventura – e sempre di stagione si parla – forse meno equipaggiata di effetti speciali, draghi e complotti rispetto alla serie tv targata Hbo, ma ugualmente indirizzata alla conquista di un Trono: quello di regina del prossimo campionato di A. Silvan Widmer, così come gli altri valenti soldati al servizio della nobile casata Pozzo – quasi tutti, ma a questo ci arriveremo più tardi –, è tra i volti che dallo scorso 6 luglio han preso parte al ritiro dell’Udinese in preparazione della nuova campagna 2017/2018. Lo svizzero per ora c’è, per quanto lo scopriremo nei prossimi roventi giorni di mercato. Annata di calcio giocato che dunque s’è aperta in Friuli per una prima parte di raduno estivo in cui l’Udinese si riunirà giornalmente sotto l’abbraccio del pubblico bianconero al centro sportivo Bruseschi dei Rizzi. Questo fino alla partenza, il prossimo 16 luglio, in direzione Sankt Veit an der Glan, località carinziana dove la squadra di Gigi Delneri sarà attesa da nuovi allenamenti e amichevoli internazionali. La prima, già fissata al 30 luglio – ultimo giorno prima del rientro in patria delle zebrette – verrà giocata alla Jacques Lemans Arena contro i neopromossi in Bundesliga dell’Hannover 96. Calcio d’inizio alle 17 in quella che diverrà la casa dei bianconeri per quasi l’intera durata di questo soggiorno austriaco. Gli altri test – ancora ignoti i nomi degli avversari – si avranno il 19 e 26 luglio e nelle domeniche del 23 e 30, con questi ultimi due appuntamenti presumibilmente disputati proprio in Carinzia per favorire l’aff lusso di tifosi dal Friuli.

ZEBRA A POIS

nazionali quali Scuffet e il neo-bianconero Pezzella a parte - solo non si vede… un centravanti. Dalla partenza di Duvan Zapata, infatti, manca alla corte di Gigi Delneri un cavaliere capace di affondare la lama nella rete delle squadre rivali, un Mastino che con furia protegga il pallone abbattendo le mura avversarie. Tanti i nomi accostati ai friulani nelle scorse settimane e un’esigenza caratterizzante i vari tentativi di rimpiazzo della Montagna colombiana: quella, cioè, che il sostituto del Panteron – sia Babacar oppure Inglese, Alario o Falcinelli – venga scelto al più presto in modo da permettere al nuovo arrivato di inserirsi senza problemi all’interno di un gruppo che – cessioni ed esuberi a parte – ad oggi definiamo pressoché ultimato. Mandi Felipe. Un gruppo in cui purtroppo non rientra il friulano d’adozione Felipe Dal Bello. Non per volere suo, recita il video-messaggio (questo il link: https://youtu.be/yW5vzuT8F3M) con cui il difensore ha salutato i tifosi che da sempre, nel corso della sua permanenza a Udine, non gli hanno mai fatto mancare affetto, sostegno, calore. Arrivato da ragazzo, Felipe lascia da uomo vero per iniziare una nuova avventura con la neo-promossa Spal. Il calcio ha la memoria corta, il pubblico friulano no. Grazie Felipe. Grazie per il gol al Barça. Grazie per tutte le “sgarfate” atte a protegger quella porta che mai più di adesso rappresenta simbolicamente sia l’accesso al calcio dei grandi quando di anni ne avevi soltanto 19, sia l’uscio da cui te ne vai per chiudere la carriera con la maglia di un’altra squadra, lontano – ma non troppo – da casa e dai tuoi tifosi.

Presenti al primo giorno di ritiro anche alcuni tra gli acquisti arrivati fin qui dal mercato di riparazione dello scorso gennaio così come in questo frangente iniziale di trattative portate a termine sotto l’ombrellone: Kevin Lasagna e Antonin Barak, a cui si è poi aggiunto il trentanovenne portiere ex Real Madrid Albano Bizzarri. Non manca più nessuno -

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FOCUS SERIA A Mattia Meroi

mattia.meroi32@gmail.com

Un teatrino orchestrato da Mino

I

l caso-Donnarumma è scoppiato a metà giugno quando Raiola ha comunicato al Milan che il portiere non avrebbe rinnovato il contratto in scadenza nel 2019. Una notizia che era nell’aria da tempo e di cui pochi avevano il coraggio di parlare. Perché già ad aprile l’agente del calciatore si era lasciato andare a dichiarazioni poco edificanti sui nuovi proprietari della società rossonera. In modo molto colorito aveva dichiarato che i cinesi stavano facendo figuracce. Difficile pensare che a queste condizioni il rinnovo sarebbe subito andato a buon fine. Infatti ecco scoppiare il caos il 15 giugno. La conferenza stampa in cui Fassone a Casa Milan dà il grande annuncio. “Donnarumma non rinnova. Volevamo diventasse una nostra bandiera, sarebbe stato il capitano e avrebbe guadagnato 5 milioni all’anno. Ci siamo rimasti male”. Rincara la dose il direttore sportivo Mirabelli: “Chi gioca nel Milan deve rendersi conto del significato di indossare questa maglia”. Sui social parte la caccia a Gigio. Molti i post di disapprovazione da parte di tifosi del Milan e non solo. Tutto questo mentre il calciatore è in Polonia a giocare l’Europeo con l’Under 21. In occasione della gara inaugurale vinta contro la Danimarca ecco spuntare uno striscione, “Dollarumma”, indirizzato all’estremo difensore dell’Italia. Non è finita qui, perché sugli sviluppi di un corner per gli avversari alcuni tifosi hanno lanciato in campo delle false banconote che sono piovute nella porta dello stesso Donnarumma costringendo l’arbitro a interrompere la partita. Una situazione difficile da gestire per chiunque, specialmente per un ragazzo così giovane che, infatti, ne ha risentito. Basti pensare alle incertezze commesse contro la Repubblica Ceca, incertezze di certo non corrispondenti al suo talento. Ecco allora che a Montecarlo il suo agente Raiola decide di interrompere il silenzio e di spiegare il suo punto

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di vista: “Gigi Donnarumma è stato minacciato, non è stato protetto dal Milan. Il mancato rinnovo non è una questione economica”. Poi una frecciata alla nuova proprietà: “Il Milan resta, ma sono cambiati gli uomini e soprattutto lo stile. Non accetto forzature”. Ma il virgolettato più significativo di Mino è: “mi prendo la totale responsabilità di questa scelta”. A scegliere, però, dovrebbe essere il giocatore, non il procuratore. La sensazione è che Donnarumma sia finito in una vicenda molto più grande di lui e che faccia fatica a tenerne il controllo. Al termine della conferenza di Raiola il minimo comune denominatore è l’insoddisfazione. Quella della società Milan, quella dei tifosi rossoneri, quella di gran parte degli appassionati di calcio e dello stesso calciatore, che non è felice della situazione venutasi a creare. Gigio sembra in confusione. Sul suo profilo Twitter il 25 giugno compare un post che recita così: “Donnarumma e Raiola ieri, oggi e domani”, come se avvertisse la necessità di confermare la fiducia nel suo agente. Poi un post su Instagram in cui ribadisce il suo amore per il Milan. Alla fine della giornata parla di hackeraggio del suo profilo, che per questa ragione verrà poi chiuso. Ottima idea chiudere tutto per evitare altri disguidi. Lui cerca di abbassare il volume delle polemiche quando il giorno dopo si presenta davanti ai giornalisti dicendo che è concentrato sulla Nazionale e che il suo futuro si deciderà al termine dell’Europeo. Un Europeo che non ricorderà felicemente, anche complice la prestazione poco brillante nella gara contro la Spagna che segna l’eliminazione degli Azzurri. Perché la mente del diciottenne portiere mentre giocava non era libera e sgombra come lui ha voluto far credere. Ed era inevitabile fosse così. Difficile isolarsi da tutto e da tutti. Anche l’Under 21 di Di Biagio ha subito le pressioni, l’eco mediatica della vicenda Donnarumma. Il lieto fine è arrivato il 3 luglio. Per Donnarumma contratto di 6 milioni a stagione per 5 anni e 1 milione all’anno al fratello che farà il terzo portiere. Una trattativa ben portata avanti da Raiola o una scelta di cuore? Ci si avvicina di più alla verità con la prima soluzione. È stato un teatrino orchestrato da Mino. E la domanda sorge spontanea: è giusto che i procuratori abbiano un potere così preponderante nel calcio moderno?


FOCUS SERIA A

FOCUS SERIE A

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SPORT FVG

M

entre il mercato del basket entra nella sua fase più viva e frenetica, la compagine di coach Lino Lardo ha chiuso, lo scorso 1° Luglio, per quello che era il tassello mancante necessario al completamento del roster bianconero in vista della stagione 2017/18. Si tratta della guardia tiratrice americana TJ Price, giocatore classe 1993, alto 193 cm per 93 kg. Un giocatore forte fisicamente, ottimo tiratore, che ha grande visione di gioco. La guardia arriva direttamente dalla D-League, campionato professionistico americano di ampliamento della Nba. Con il blitz effettuato per assicurarsi le prestazioni della guardia proveniente dagli Erie Bay Hawks la franchigia Udinese ha completato così ogni reparto del proprio parco cestisti. Restano da decidere in massima tranquillità i due giovani che affiancheranno il classe 2000 di formazione italiana Ousmane Diop. Quest’ultimo è stato finalmente confermato dopo una trattativa molto lunga con la società locale della Virtus Feletto, detentrice del cartellino del talento originario del Senegal. È allora probabile che i giovani profili ricercati arrivino proprio dal vivaio della Virtus grazie all’accordo per le giovanili firmato dalla Gsa con il club del presidente Gallai. Feletto che dunque consentirà ai bianconeri di annoverare tra le sue fila ragazzi provenienti dalle formazioni “junior” di otto campionati: tra queste vi sono l’Under 20 e l’Under 18, impegnate sia nel campionato élite che in quello di eccellenza. Una mossa

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SPORT FVG Gianmaria Monticelli

simone.narduzzi91@gmail.com

GSA ORMAI PRONTA!

La parola passa al campo

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SPORT FVG >> SEGUE

questa in linea con la scelta di affidare sin da subito la questione nelle mani del Responsabile tecnico Paolo Montena, impegnato dunque nel dare le linee guida a tutti gli allenatori delle giovanili legate ai bianconeri relazionando coach Lardo sui ragazzi da tenere più in considerazione.

Tommaso Raspino, ala classe 1989 di 197 cm proveniente dall’Assigeco Piacenza, è uno dei migliori interpreti nel suo ruolo in Italia. È un giocatore concreto, dotato di un buon atletismo che ben conosce il campionato di A2. A Piacenza il giocatore ha prodotto 11 punti e 4 rimbalzi di media.

Tornando a bomba sul mercato, il Gm Davide Micalich ha lavorato alacremente sin dal termine dell’ultima gara contro la Fortitudo Bologna con l’obiettivo di formare una squadra ancor più ambiziosa e pericolosa di quella plasmata in vista del campionato scorso. In rapida successione si sono avute infatti le conferme del play Rain Veideman, l’uomo di ghiaccio che aveva modificato il modo di giocare del team udinese. Con lui in campo una sconfitta a Imola prima del filotto di sei vittorie consecutive con gli scalpi di Fortitudo, Mantova e Treviso. Oltre alla sua conferma, fortemente voluta dalla società e dall’ambiente, la Gsa ha confermato Capitan futuro, l’elettroshock Mauro Pinton e Vittorio Nobile, che da quest’anno diventerà anche lui senior, già di proprietà della Gsa. Non dimentichiamo il Jolly, l’imprescindibile Michele Ferrari, giocatore duttile molto utile alla causa, essenziale e intelligente. Tra le conferme, come detto, anche quella di Diop nello spot di ala-centro dopo una querelle che si stava trasformando in una vera e propria telenovela. Il giocatore, a partire da febbraio 2018, firmerà un contratto biennale con Udine. Un altro giocatore che probabilmente verrà confermato nelle rotazioni bianconere sarà Rafael Chiti.

Lo spot di centro, in un ipotetico quintetto di partenza, dovrebbe essere occupato da Francesco Pellegrino, che arriva a Udine dalla Bondi Ferrara via Banco di Sardegna Sassari. Pellegrino è un centro di stazza fisica e possiede ottimi movimenti sotto le plance. Pellegrino è un centro classico, classe 1991 è alto 210 cm. Nella passata stagione ha prodotto 10 punti e 6 rimbalzi di media.

Nel reparto dei nuovi arrivati, l’Apu ha cercato di formare un nucleo di elementi che lavorino bene e soprattutto più a misura “lardiana”. Coach Lardo, infatti, vuole avere giocatori altruisti, che lavorino uno per l’altro, attrezzati fisicamente per le immediate ripartenze e per le agguerrite difese che fanno parte del credo dell’allenatore ligure. La squadra è stata strutturata anche cercando di ringiovanirla, senza però perdere di vista il fattore esperienza, componente che non può mancare in un campionato equilibrato come quello di A2. A questo fine la squadra si è mossa facendo sue alcune pedine che probabilmente riusciranno a trovar spazio nei diversi starting five proposti da Lardo nel corso del campionato.

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Un altro giocatore che si è dimostrato immediatamente disponibile a vestire la maglia bianconera udinese è stato Andrea Benevelli. Figlio d’arte, classe 1985, è un’ala alta 202 cm che arriva direttamente dalla squadra marchigiana di Jesi. Giocatore esperto della categoria, fa della versatilità la sua dote migliore, essendo tra l’altro dotato di una buonissima mano sia dal perimetro che dalla mediana. Il giocatore può essere utilizzato da 5 tattico. Benevelli con la maglia di Jesi ha portato in dote alla causa marchigiana 12 punti e 6 rimbalzi di media a partita. Arrivato in questa campagna di rafforzamento Gsa anche Christoper “Chris” Mortellaro. Nativo della Florida, ma naturalizzato italiano, Mortellaro è un classe 1982 che ricopre il ruolo di centro classico. È alto 207 cm e l’anno scorso militava nella Proger Chieti. Numeri importanti per lui nella passata stagione: 13 punti e 9 rimbalzi di media, mentre nei play out ha portato in dote 12 punti e 9 rimbalzi. Una delle sue caratteristiche è la difesa forte. È bravo a rollare e a farsi trovare pronto sugli scarichi. In transizione è pericoloso quando fa da rimorchio. Quando gioca in post, usa il fisico per guadagnarsi spazio, cerca sempre di tirare con la mano forte, che sia in gancio o in virata sul fondo; è un ottimo rimbalzista offensivo. Arriviamo quindi alla ciliegina sulla torta del mercato orchestrato dal duo Micalich-Pedone. La guardia Usa T.J. Price. Sarà il secondo straniero a disposizione di coach Lardo. È una guardia di 193 cm, dotato di struttura fisica imponente. Come dicevamo, il giocatore arriva direttamente dalla D-League dal team degli Erie


SPORT CJOSUL FVG

Bay Hawks, squadra strettamente legata agli Atlanta Hawks (Nba). Lo scorso anno il giocatore ha prodotto 14 punti di media, frutto di un 46% da 2, 36% da 3 e 86% ai liberi. Nella sua carriera ha giocato anche nella Western Kentuchy University, avendo ancora all’attivo il record di triple segnate: ben 281 durante l’annata con 1786 punti. Alla fine di questa esperienza si era trasferito al Lille in Francia dove ha prodotto 16 punti di media. Tornato subito in D-League, dopo una stagione, ha accettato la proposta del Gm Davide Micalich. Non un mangia palloni ma uno che sa fare sempre la cosa giusta al momento giusto. Insomma, un giocatore ad immagine e somiglianza del suo allenatore. È un tiratore mortifero, in attacco può punire dalla lunga distanza, sa portare palla, ha grande visione di gioco, tira step back e in

arresto e tiro. Difende molto forte e questo gli consente di rubare molti palloni nel corso del match; sa attaccare molto bene il canestro ed è un giocatore che ama andare al sodo. La dirigenza lo ha preso perché possa scaldare la platea del Carnera con le sue precisissime triple o, all’occorrenza, sfruttando altruisticamente i vantaggi del campo per mettere in ritmo i suoi compagni di squadra. Mentre il mercato è ancora in fermento, allora, la Gsa può già iniziare a programmare la prossima stagione con largo anticipo e in modo concreto. L’Apu è pronta per la stagione 2017/18. E voi?

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CJOSULFVG SPORT Alessandro Poli

alessandropoli97@gmail.com

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iciamoci la verità, a tutti noi tifosi e appassionati di calcio è scesa una lacrimuccia una volta giunta alla fine la scorsa stagione di Serie A, e con essa l’immancabile rito della partita domenicale. Verrà davvero a mancare quell’alibi, sarà venuto da chiedersi, perfetto per procrastinare lo studio, quella priorità della vita per cui vale la pena battersi ogni weekend con la nostra ragazza? La nostra passione calcistica non avrà nulla di cui nutrirsi durante l’estate? La risposta, se siete friulani, non poteva che essere semplice e a portata di mano: esiste ormai da tempo nella nostra regione un espediente per non abbandonare il calcio nemmeno nella stagione più calda; il nostro celeberrimo attaccamento al territorio e la nostra non meno famigerata passione per il gioco del pallone hanno infatti fatto sì che le squadre impossibilitate a competere d’inverno nelle regolari categorie dilettantistiche potessero disputare un campionato estivo ad hoc: il Campionato Carnico. Formatosi nell’ormai lontano 1951 e arricchitosi nel 1978 della Coppa Carnia e, pochi anni, fa della Supercoppa, si divide in tre categorie e consta ogni anno della partecipazione di una quarantina di rappresentanze non limitate alla zona tolmezzina ma provenienti anche dal Gemonese, dall’alto Friuli e addirittura dalla vicina provincia di Belluno. Insignito, ed è forse questo l’elemento più notevole, del riconoscimento ufficiale da parte della Figc e della Lega Nazionale Dilettanti, gode per questo motivo di un regolamento e di una sezione privilegiata di arbitri, e prova a rendersi noto attraverso un sito web (www.carnico.it) che ogni anno cerca di migliorarsi e una telecronaca dei match più significativi in diretta sulla stazione di Radio studio nord, sita proprio in quel di Tolmezzo. E chi non vuole proprio farsi mancare nulla potrà optare anche per una recente formazione di un settore giovanile, attualmente composto dai campionati Giovanissimi e Juniores, frutti delle varie scuole calcio presenti nella zona. Insomma, un Campionato che ha un lungo passato alle spalle ma che soprattutto in questi anni cerca di guardare al futuro, modernizzandosi e tenendo in cantiere non pochi progetti per migliorarsi ancora. Che siate dunque nel vostro paese natale o semplicemente in un abituale luogo di villeggiatura, non mancate di avvicinarvi a questa tradizione, forse più “ignorante”, ma che più ci piace, perché ci ricorda i tempi in cui bastava un campetto e un pallone per essere, noi, i campioni del mondo: in fondo, quello che guardiamo alla televisione, è solo un gioco.

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CJOSUL | APRILE 2017


CJOSUL

SPORT FVG

Alla scoperta del campionato carnico Storia e curiositĂ di un popolo di calciatori

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FACCIA A FACCIA Cristian Trevisan

cristian.trevisan.94@gmail.com

“Fino alla fine forza Perugia!” UNA VOCE DALL’INTERNO CI RACCONTA LA STORIA DELL’AMORE TRA LA SIR SAFETY PERUGIA E IL POPOLO DEI SIRMANIACI. 14

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FACCIA A FACCIA

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FACCIA A FACCIA >> SEGUE

Diversamente da altri top team come Modena o Verona, la storia della Sir Safety Umbria Volley è molto più recente. La società infatti viene fondata nel 2001 da Gino Sirci, eclettico e geniale imprenditore umbro presidente della Sir Safety System. Un uomo veramente appassionato ed esperto di pallavolo, così tanto legato alla disciplina e al suo territorio da imbarcarsi nel sogno di regalare alla sua Umbria un top team. Tutto inizia nella periferia di Perugia, a Bastia Umbra, dove il presidente Sirci investe in una squadra di serie C raccogliendo non solo un team ma anche la passione e la tradizione di un territorio amante della pallavolo. Con i giusti investimenti, le intuizioni corrette e un’enorme quantità di lavoro, in poco più di dieci anni, partendo dalle giovanili, Sirci porta la squadra nella massima serie e, quattro anni più tardi – 2017 – a disputare la finale di Champions League a Roma. Un progetto ambizioso, in cui gli investimenti sono stati di un certo rilievo. Un sogno giunto al suo compimento anche grazie ad un seguito di tifosi fedeli e sempre presenti. Chiamatelo caso, provvidenza, oppure giuste intuizioni, ma il successo di un'idea passa anche attraverso una “serie di fortunati eventi”. Inizialmente, infatti, la Sir ha davvero pochi tifosi, parliamo di poco più di 12/15 persone appartenenti al gruppo del tifo organizzato: un numero misero per una squadra che punta a volare alto! Nel frattempo, qualche chilometro più a nord, a San Giustino, la RPA Perugia si avvia alla chiusura delle proprie attività sportive. Ed è proprio nel momento in cui la Sir viene promossa in Superlega che Sirci decide di incontrare i responsabili del tifo organizzato della RPA con l'intenzione di proporre loro un'unione col team di Perugia. Il sì ottenuto in risposta darà inizio alla storia di una fra le tifoserie più partecipate del volley italiano: i Sirmaniaci.

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FACCIA A FACCIA

A raccontarci la storia d’amore tra il popolo umbro - ma non solo - e la Sir Safety Umbria Volley Gianni Eraclei, per gli amici Jack, uno dei membri del direttivo dei Sirmaniaci. » Jack, cosa vi convinse a lasciare San Giustino per seguire la squadra di Perugia? "Sirci è un profondo conoscitore di pallavolo e non è solo un industriale prestato allo sport. Lui vive di pallavolo. Quando davanti ad una pizza ci propose di seguire la sua squadra a Perugia, ci contagiò con la sua euforia, il suo modo di fare e un senso di grande affidabilità. Inoltre, con l’imminente scomparsa della nostra squadra, dovevamo decidere cosa fare di noi. Quindi prendemmo contatto col tifo di Perugia e ciò che accadde fu davvero straordinario: nel primo anno da San Giustino andammo a Perugia in 118 persone, in pratica colonizzammo i 15 tifosi di Perugia invadendo la curva del PalaEvangelisti! Fin da subito il sogno fu quello di riempire la curva – oltre 500 i posti disponibili - e per raggiungere questo obbiettivo iniziammo un duro lavoro. Grazie all’ospitalità e facendo qualcosa di buono ogni giorno, sempre più persone hanno cominciato a seguirci. In aggiunta al nostro lavoro si sono uniti gli sforzi economici del presidente Sirci che, riuscendo a trovare numerosi sponsor, è riuscito a costruire una squadra con grandi giocatori. Adesso siamo un direttivo di 6 persone, 3 di Perugia e 3 di San Giustino. Prima di tutto amici. E quando c’è l’amicizia tutto quanto viene bene, perché sei onesto e sei tutto ciò che serve ad aggregare le persone! Ad oggi contiamo 500 tesserati e migliaia di seguaci che ci seguono con costanza!" » Sicuramente è significativo il marchio della tifoseria di Perugia: “Sirmaniaci”. Come siete arrivati a questo nome? "All’inizio la tifoseria Sir era composta da “San Giustini Volley supporters” e “Nguasiti Perugia”, ma serviva un nome che accomunasse entrambi. Così decidemmo di evolverci in un gruppo unico. Parlammo di questa esigenza - sempre davanti ad una pizza - col presidente e gli dissi che avremmo dovuto diventare maniaci della Sir, dei Sirmaniaci! Il nome piacque a tutto il direttivo e Sirmaniaci fu!" » Le trasferte: la quantità di Sirmaniaci che segue la squadra in giro per Italia - e addirittura oltre - è davvero impressionante, ineguagliata dalle altre tifoserie.

Pensiamo alle trasferte a Trento in occasione dei play-off scudetto. Non uno ma ben tre viaggi! Quasi 1000km per più di 20 ore di viaggio andata e ritorno. "Noi ci investiamo tanto. Inizialmente chiesi una mano al presidente, per partire. Nel primo e secondo anno ci aiutò nel sostenere i costi delle trasferte, poi da lì cominciammo a camminare da soli ed autofinanziarci, con lotterie e altre attività. Di trasferte vicine abbiamo solo Civitanova Marche, che è comunque a due ore di strada. In alcuni casi ci tocca anche dire di no a delle persone! Esclusa la Russia, dove il costo era proibitivo, abbiamo seguito la squadra ovunque. Alla Final Four di Roma dall’Umbria eravamo 4000, numeri simili a quelli che sposta il calcio da queste parti! Il segreto sta nel saper coinvolgere famiglie, bambini e anziani cercando di creare gruppo attraverso un sano divertimento. Non siamo un gruppo di ultras, siamo una tifoseria organizzata, che è diverso." » Un tuo slogan è #ilmiosportèdifferente. Nella pallavolo qual è la differenza tra ultras e tifoseria organizzata? "A parte il fatto che parliamo, e in altri sport si parla decisamente meno. Noi abbiamo un sistema di accoglienza per le tifoserie avversarie: infatti regaliamo un cesto con dei prodotti tipici. Altre tifoserie preparano il terzo tempo, con un rinfresco dopo la partita. La differenza sta nello stare bene insieme a fine partita. Ognuno si arrabbia, si infervora per la propria squadra ma rimane tutto nel palazzetto. Fuori mangiamo, beviamo, scherziamo e ci mandiamo a quel paese con il sorriso!"

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» Un uomo entusiasta e appassionato di pallavolo. Qual è il rapporto tra il presidente Sirci e i Sirmaniaci? "Il nostro è un rapporto particolare perché Sirci, se potesse, starebbe in mezzo a noi a fare casino, suonerebbe il tamburo! È un presidente tifoso, un profondo conoscitore della pallavolo, sa come allestire una squadra, trovare gli sponsor e saprebbe anche come gestire una tifoseria. Sirci è una persona veramente corretta perché negli anni non ha mai messo becco nelle nostre dinamiche, ci chiede in anteprima cosa faremo ma mai ha imposto cosa avremmo dovuto fare." » Squadra composta da grandi atleti ma anche da grandi allenatori. In questa stagione è arrivato Lorenzo "Lollo" Bernardi,” Mister Secolo”. Qual è il rapporto con i coach? "Avevamo un rapporto di amicizia con Boban Kovač l’allenatore precedente. Abbiamo vissuto grandi emozioni con lui, è una persona strepitosa, siamo amici da anni e poi ci ha portato in finale ovunque senza purtroppo vincere. Poi in questa stagione è successo quello che è successo e giustamente il presidente desiderava vincere, esigenza naturale quando si investono tanti soldi. Così è arrivato Bernardi. Una bella persona, molto alla mano, molto carismatico, sa che il rapporto con la tifoseria deve essere buono. Squadra e tifo devono camminare di pari passo. Noi abbiamo la missione di sostenere sempre e comunque la nostra squadra. Siamo, in fondo, il giocatore in più!" » I “Sirmaniaci d’Italia” – gruppo dei Sirmaniaci non umbri - , un fenomeno speciale che in questa stagione è cresciuto parecchio! "La prossima stagione verrà data ulteriore importanza a questo fenomeno. Ci teniamo tanto. È un'occasione piacevole di conoscere altre persone. E la cosa straordinaria è che provano lo stesso nostro orgoglio, solo che per noi comunque si tratta della nostra terra. Vedere persone che sono legate a questo movimento fa immensamente piacere! Il presidente è veramente entusiasta." » Nella pallavolo assistiamo a un fenomeno direi pressoché unico, con l’invasione di campo a fine partita e l’incontro tra le parti. Cosa ci dici in merito al rapporto con i giocatori? E quando si ha a che fare con fenomeni del calibro di Atanasijevic e Zaytsev? "I giocatori in primo luogo sono delle persone. Il nostro compito è di sostenerli e, quando è il caso, criticarli, ma privatamente, di persona e con molto rispetto. Noi li

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trattiamo con i guanti bianchi. Sicuramente girano ingaggi importanti - anche se il volley è considerato ancora sport dilettantistico -, il giocatore è stimolato a fermarsi, fa piacere sentirsi acclamato, gli dà visibilità. Sono giocatori che si vincolano uno, due o massimo tre anni e che quindi devono vendere il loro prodotto. Instaurando un rapporto di persona è piacevole per entrambi: per noi acclamarli e per loro abbracciarci a fine partita, soprattutto in trasferte difficili e lontane dove sentono comunque un caloroso supporto che li segue ovunque! Dopo la finale di Champions Aleksandar Atanasijevic detto “Bata” si è unito a noi per cantare a squarciagola. “Bata” è una persona unica al mondo, è quello che vedi, un pazzo scatenato, oltre che un ottimo giocatore è una grandissima persona, perché quello che fa, lo fa con il cuore! Gli piace proprio stare in mezzo a noi, fare casino! Ma in palestra lavora duro e cerca sempre di migliorarsi! Ivan invece gode di una visibilità immensa, è un ambasciatore della pallavolo a livello mondiale. È un ragazzo che però ha una grande timidezza, difficilmente verrà sotto la curva con noi. Ma abbiamo comunque un ottimo rapporto. Detto questo, è un giocatore che se vuole e sta bene non sbaglia niente. Nella prossima stagione se lui gira bene non ce ne sarà per nessuno." » Parliamo un po’ di mercato! Sirci a fine campionato aveva fatto capire che si sarebbe dovuto sistemare soltanto il reparto liberi. E invece ha cambiato metà del roster! "Partendo dall’acquisto di Colaci – il libero della nazionale italiana – abbiamo sistemato sicuramente uno dei punti deboli della scorsa stagione. Poi il cambio dei centrali italiani ci ha portato Ricci e Anzani, due ragazzi giovani e molto promettenti. Anzani è un giocatore che mi piace molto, mai andati d’accordo come tifoseria, però è un ragazzo d’oro! Ricci in nazionale ha dimostrato che è anche lui un bel giocatore, e a muro le manine le sa usare." » Com’è salutare i giocatori, magari storici, che se ne vanno? "I giocatori per noi sono degli idoli, tutti quanti: sia il primo campione o l’ultimo in panchina. Per questo ci piacerebbe che, prima di un addio, ognuno ci saluti nel modo giusto. Ce lo meritiamo, perché li difendiamo dagli attacchi pubblici e li stimiamo sempre e comunque."


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» Programmi per la prossima annata? "Rinforzeremo le cose che abbiamo già fatto, grazie all’esperienza dell’anno precedente. Abbiamo avuto un incremento pazzesco, da 280 siamo arrivati a oltre 600! In curva non ci stiamo più! Lavoreremo tanto perché non basta battere le mani e cantare, bisogna mettere le persone nelle condizioni di poterlo fare. Teniamo attività di aggregazione anche d’estate per mantenere sempre sulla corda le persone, pronte e cariche per il prossimo anno!"

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SPECIALE UNDER 21 Tommaso Nin

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COSA CI HANNO LASCIATO GLI EUROPEI UNDER 21, TRA I TALENTI AZZURRI, LE STELLE SPAGNOLE

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SPECIALE UNDER 21

E L’INFINITA PRAGMATICITÀ TEDESCA.

L’obiettivo minimo? La semifinale”. Questo il succo delle dichiarazioni del Presidente federale Tavecchio e dell’allenatore Gigi di Biagio alla vigilia della partenza della nostra spedizione Under 21 per gli ultimi Europei di categoria in Polonia. La nostra formazione volava in terra polacca carica di un grande fardello di aspettative, dovute alla convocazione, di comune accordo tra ct e federazione, dei cosiddetti big, quei giocatori ancora in età e perciò arruolabili, ma fuori da un po’ di tempo dal giro delle convocazioni perché chiamati anzitempo dalla nazionale maggiore di Ventura. Insomma, se all’inizio del torneo le dichiarazioni ufficiali chiedevano all’Italia almeno la semifinale, non è tanto difficile supporre che le speranze dei tifosi, ma anche dei dirigenti del nostro calcio, fossero ben più alte e coincidessero con una vittoria nella finale di Cracovia; un eventuale trionfo avrebbe suggellato la superiorità del nostro calcio Under 21 e regalato al palmarès azzurro il sesto titolo di categoria, permettendoci di staccare nettamente la Spagna, che si sarebbe fermata a quattro vittorie. Vincere un torneo internazionale non è mai facile: con il senno di poi un po’ più di prudenza avrebbe fatto bene a dei giocatori in fondo ancora giovani, che potrebbero aver sofferto l’eccessiva pressione di un’opinione pubblica che li aveva battezzati la miglior Under 21 della storia. Un profilo basso avrebbe mitigato la delusione per il mancato approdo in finale, che lascia alle analisi degli esperti luci e ombre sull’esperienza polacca e le prestazioni della formazione agli ordini di Di Biagio.

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Già la nuova formula della competizione, inaugurata con questa edizione del torneo, rendeva sin da subito la concorrenza per la qualificazione estremamente combattuta e azzerava le possibilità di passaggio a vuoto delle partecipanti. Tre gironi da quattro squadre, a differenza dei soliti due, e l’ingresso alle semifinali riservato alle prime di ogni girone e alla miglior seconda. L’Italia, data dai bookamakers come favorita della vigilia assieme alla Spagna, era stata sorteggiata assieme a Germania, Danimarca e Repubblica Ceca, squadre dotate di talento, ma sulla carta inferiori per esperienza alla nostra nazionale. L’esordio degli Azzurri è una vittoria in chiaroscuro per 2-0 contro la Danimarca: nel primo tempo la prestazione è decisamente sottotono e non all’altezza, con ritmi piuttosto compassati e una circolazione di palla molto lenta, che rende la manovra prevedibile e incapace di sorprendere l’ordinato schieramento danese. I nostri giocatori sembrano peccare di presunzione e avere la testa rivolta altrove, alle stanze dove i loro procuratori hanno in mano il loro futuro milionario. Abbiamo bisogno di una magia di Pellegrini, nuovo arrivo in casa Roma, per dare la svolta decisiva alla partita e sbloccare un risultato che sarà Petagna ad arrotondare definitivamente. La conferma che la squadra non ha trovato un equilibrio arriva nella partita successiva, già decisiva per la qualificazione. L’Italia fa la partita, ma non segna quando è il momento giusto per colpire una Repubblica Ceca in gran forma fisica; uno scivolone di Rugani su una palla buttata in avanti dalla difesa ceca apre la strada al vantaggio avversario. Da quel momento la partita è una rincorsa continua: gli Azzurrini sprecano, trovano il pareggio con Berardi, ma subiscono di nuovo lo svantaggio con troppa facilità. Il passivo alla fine sarà 3-1 per i cechi, una sconfitta che oltre a rendere estremamente complicata la permanenza nel torneo, mette in luce i difetti della squadra: prevedibilità, assenza di un vero regista, Bernardeschi impalpabile sulla sinistra, Petagna parso non in forma e un generale disequilibrio tra i reparti. Le sorti dell’undici di Di Biagio si decidono nell’ultima partita del girone, contro la temibile Germania, già qualificata. L’Italia deve assolutamente vincere e sperare in un risultato favorevole della Danimarca contro i cechi. L’approccio stavolta è quello giusto e i ragazzi mandati in campo rispondono con una prestazione attenta e di carattere:

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Donnarumma non risulta mai davvero impegnato, mentre davanti è Bernardeschi a segnare il gol della vittoria su una situazione di recupero palla in pressione alta sulla difesa avversaria. In contemporanea lo schianto ceco sull’iceberg danese – finirà 4-2 per la squadra scandinava – decreta la qualificazione della nazionale azzurra come prima nel girone e la conseguente semifinale con la temibile Spagna. Le Under 21 di Italia e Spagna avevano già avuto modo di studiarsi in un’amichevole di qualche mese fa all’Olimpico di Roma, ma i due undici schierati in Polonia sono decisamente diversi, soprattutto quello azzurro, dove gli innesti di Rugani, Caldara, Gagliardini e Bernardeschi su tutti avrebbero dovuto fare la differenza. Asensio e compagni, da parte loro, hanno raggiunto la semifinale in carrozza; primi nel girone, punteggio pieno e vittorie ottenute con reale facilità, frutto di giocatori di esperienza, estremamente tecnici e abituati a giocare partite importanti. Nel primo tempo domina l’equilibrio: qualche conclusione da entrambe le parti, grande intensità e studio a metà campo, mentre l’attacco spagnolo è mantenuto a distanza di sicurezza dal nostro estremo difensore. Nel secondo invece la Spagna è la prima a passare grazie alla precisa conclusione di Saul. Neanche il tempo di progettare una reazione e la sfida per gli Azzurri è compromessa dall’ingenua espulsione di Gagliardini. Il pareggio fortunoso di Bernardeschi è un fuoco di paglia spento in pochi minuti da altri due goal dello stesso Saul, entrambi esempi di una tecnica purissima. Si chiude così, a un passo dalla finale, la spedizione polacca della nostra Under 21, eliminata da una Spagna che per l’ennesima volta va riconosciuta superiore. Già nel 2013 ci dovemmo arrendere in finale all’undici iberico, che poteva contare su una schiera di giocatori che oggi militano tutti nei massimi club europei. Anche quest’anno la quantità di talento a disposizione del ct spagnolo lascia a bocca aperta: accanto alle stelle Saul, miglior giocatore in assoluto della competizione, e Asensio, trequartista di classe cristallina, figurano nomi quali Deuloefeu, Bellerin, Ceballos, e l’elenco potrebbe continuare. Tutti i titolari contavano un numero di presenze pluriennale nei massimi campionati nazionali in cui militano; alcuni, come Saul e Asensio, ma anche Bellerin, possono già vantare un numero importante di presenze in Champions League. Sono questi dati che devono aver fatto la differenza contro i nostri giovani giocatori, promesse sì dal futuro assicurato, ma abituate a palcoscenici e a un tipo di calcio, quello della Serie A, che ha ancora molto da


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invidiare in termini di velocità e tecnica al football di altri paesi europei. Se poi si pensa al rendimento individuale di giocatori valutati un numero esorbitante di milioni di euro – Bernardeschi, Conti, Berardi e Donnarumma per fare degli esempi – l’impressione è che non siano le buone prestazioni in squadre di provincia o una sola stagione a discreto livello a rendere un giocatore maturo. Al contrario, Ceballos, mezzala spagnola in forze al Betis Siviglia e giocatore già al centro di molte attenzioni di mercato, prima dell’Europeo era valutato “solo” 15 milioni di euro, mentre ora è finito seriamente al centro di un clásico di mercato tra Barcellona e Real Madrid. L’Italia ha quindi abbandonato anzitempo il torneo, ma la maggior sorpresa è arrivata in finale, dove si sono fronteggiate la stessa Spagna e la Germania, che nell’altra semifinale ha superato ai rigori la sempre seconda Inghilterra. Complice un enigmatico approccio alla partita da parte della Roja, a trionfare con il minimo scarto sono stati i tedeschi, grazie allo spettacolare colpo di testa di Weiser. Stupisce l’incredibile capacità dei teutonici di ottenere risultati costanti, esprimendo un calcio intelligente, apprezzabile e mettendo in vetrina giocatori giovani e talentuosi: e pensare che più di qualche titolare dell’Under 21 non era stato aggregato al gruppo perché convocato in Russia per la Confederations Cup, peraltro vinta proprio dai

tedeschi, costringendo lo staff tecnico alla chiamata delle “secondo linee”… e che seconde linee! Arnold, il capitano, Meyer, Gnabry sono alcuni dei nomi che spiccano nell’undici della Die Mannschaft: già da qualche anno giocano in pianta stabile in Bundesliga, e tra qualche tempo rappresenteranno dei ricambi più che validi per la nazionale maggiore. Il mezzo flop degli Azzurrini, la conferma della Spagna, la vittoria inattesa della Germania sembrano suggerire alcune conclusioni sul vento che tira nel football europeo: Spagna e Germania paiono destinate a essere protagoniste per molto tempo; non solo per i risultati, ma per un movimento calcistico che da anni produce in modo sistematico tecnici aggiornati e giocatori talentuosi, oltre che un gioco sempre all’avanguardia per tecnica e velocità. In Italia, si sa, siamo in leggero ritardo e manca un movimento nazionale che lavori in modo coordinato e unitario, sebbene più di qualcosa si stia facendo. Il piazzamento sorprendente dell’under 20 all’ultimo mondiale in Corea, le qualificazioni della nostra Under 21 alle ultime tre edizioni dell’Europeo, oltre allo stesso undici che Di Biagio ha potuto schierare in quest’ultima competizione, rappresentano dei segnali incoraggianti per il futuro del nostro calcio, anche se, guardando a Spagna e Germania, la strada da fare pare ancora molta.

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LE DONNE, I CAVALLIER, L’ARME, I MOTORI

Le Corse par il Friûl

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LE DONNE, I CAVALLIER, L’ARME, I MOTORI Mirco Gazziola

mircogazziola@gmail.com

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ernando Alonso partecipa alla 500 miglia di Indianapolis, leggera scossa di terremoto a Lusevera il 24 Maggio di quest’anno; Il collegamento non è così diretto ma per coloro che hanno vissuto, o almeno hanno letto, del fenomeno crescente della Formula 1 degli anni ‘70 è Triple Crown. Alonso, durante un’intervista riguardante la scelta di disputare la 500 miglia di Indianapolis con la McLaren-HondaAndretti, ha parlato del desiderio di voler vincere la Triple Crown, un titolo non ufficiale, e solamente statistico, che viene assegnato al pilota che riesce a vincere durante la sua carriera le tre gare più prestigiose del mondo automobilistico: il Gran Premio di Monaco nel campionato mondiale di Formula 1, la 500 miglia di Indianapolis e la 24 ore di Le Mans. Per vincere questo premio sono richiesti coraggio e spirito di adattamento, doti che Fernando Alonso ha. Il problema è la fortuna perché, come ben sappiamo, ultimamente non è mai dalla parte del pilota spagnolo. Tant’è che durante gli ultimi giri della gara a Indianapolis, mentre era comunque in lotta per le prime posizioni, il motore della McLaren numero 29 si è rotto. Alonso, scendendo dalla sua Indycar, è tornato ai box accompagnato dalla standing ovation di tutto l’autodromo, tributo all’ottima gara disputata fino a quel punto. Graham Hill, pilota inglese di Formula 1 che ha vinto il mondiale piloti nel 1962 e nel 1968, è l’unico ad essersi aggiudicato la Triple Crown nel corso della sua lunga carriera arrivando primo sotto la bandiera a scacchi nel 1966 alla 500 miglia di Indianapolis, nel 1972 alla 24 ore di Le Mans e vincendo ben 5 volte il Gran Premio di Monaco. Il 2 Giugno 1976, quasi un’mese dopo il terremoto in Friuli, tutta la Formula 1 si ritrovò all’autodromo di Varano dei Melegari per la “Corsa per il Friuli”, una corsa organizzata da Marcello Sabbatini, all’epoca direttore di Autosprint, sotto forte richiesta del costruttore Gian Paolo Dallara. A quella competizione molti piloti arrivarono

all’autodromo a loro spese, presenti anche molti top driver degli anni 70: Niki Lauda, Jody Scheckter, Emerson Fittipaldi, Clay Regazzoni. Corsero anche Giacomo Agostini e Johnny Ceccotto in sella alle loro moto. Alfa Romeo mise a disposizione le sue Alfasud e la Fiat partecipò con le 131. Finiti i turni di prova, prima di iniziare la corsa, tutti i ventimila spettatori presenti all’autodromo si zittirono per ascoltare la preghiera del parroco rivolta ai terremotati. Poi iniziò la gara e con essa sportellate, testacoda, bagarre: nessuno si risparmiò per dare spettacolo e raccogliere più fondi possibili; anche Enzo Ferrari, Team McLaren, Castrol e Pirelli fecero donazioni. Emerson Fittipaldi, facendo da portavoce per tutti i piloti, chiese che la scuola materna che sarebbe stata realizzata a Lusevera con le ottanta milioni di lire raccolte, fosse dedicata a Graham Hill, morto un paio di mesi prima in un incidente aereo. “Scuola materna Graham Hill, Corsa per il Friuli, Varano dei Melegari 2 Giugno 1976”: una struttura dedicata all’unico Triple Crown della storia, un pilota “signore” della Formula 1 per la sua intelligenza e la sua correttezza. Il 19 Febbraio del 1977 l’edificio venne inaugurato alla presenza non solo di molti piloti ma anche di Bette Hill, moglie di Graham, e del piccolo Damon. Proprio lui Damon Hill. Forse i passaggi per collegare Alonso a una scuola materna dedicata a un grande sono un po’ azzardati per le differenti epoche, ma è bello pensare che il Friuli abbia avuto un aiuto dal mondo delle corse automobilistiche. Un aiuto negli anni in cui non vi erano i social a dare visibilità; i piloti quel giorno misero da parte tutti i rancori e le divergenze per unirsi insieme agli spettatori nel segno della passione per le corse, aiutando chi da poco tempo non aveva più un tetto sotto cui dormire. Il Friuli ringrazia e non dimentica la Formula 1.

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UN’ESTATE AL MARE

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UN’ESTATE AL MARE Marco Michielis

michielismarco@gmail.com

Contro il

“BOMBERISMO”: per un’estate da icone

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empo d’estate e dunque tempo di lontananza dagli stadi e dal calcio giocato per tutti noi football dipendenti. In tv e per radio impazzano le notizie di mercato, pagine e pagine di giornali vengono riempite d’inchiostro per commentare, o anche solo ipotizzare, il passaggio di un giocatore da una squadra all’altra. Figure discutibili come quelle di procuratori arricchiti si guadagnano le luci dei riflettori. Mentre, dall’altro lato, i social vengono invasi da immagini e video di giocatori in vacanza nelle località marittime più in voga e costose del pianeta, spesso e volentieri impegnati - si fa per dire - in party a base di bottiglie di marca, musica da discoteca e bellissime ragazze. Ecco che allora fioccano i Bobo Vieri, i Borriello, i cosiddetti “bomber”: modelli inimitabili di “savoir vivre” per le nuove generazioni, conquistate dalla loro innata capacità - forse che i soldi c’entrino qualcosa? - di organizzare festini da sballo in giro per il mondo. Intendiamoci, c’è anche chi, come chi scrive, sa sorridere e nulla più guardando a queste esibizioni di opulenza che ci circondano. Nei giorni in cui scriviamo rischiamo di assistere a un ulteriore caso d’inopportuna mitizzazione di un giocatore giovane, forse troppo giovane, come Gianluigi Donnarumma, inconsciamente, ma non solo, ammirato da una fetta di appassionati calcistici per il suo menefreghismo nei confronti degli esami di maturità. Il concetto che si rischia di tramettere è quello secondo il quale la scuola sia una perdita di tempo, mentre una vacanza a

Ibiza, quella sì che non si può assolutamente mancare. A evitare ciò, soprattutto per quanto concerne le giovani generazioni, basterebbe il buon esempio dato dal nostro Simone Scuffet.

Ma, tralasciando i singoli casi, il manifestarsi di questa esigenza di far nascere dal nulla un fenomeno mediatico come quello dei “bomber” è indice di un progressivo decadimento della mitologia del mondo calcistico, una volta imperniata attorno a figure di ben altro spessore e clamore e spesso popolata da vere e proprie icone. Troppe volte, ahimè, si è affermato che una figura tanto geniale e carismatica quanto dannata come quella di George Best possa essere considerata antenata degli odierni “bomber”. Nulla di più falso e, al tempo stesso, sconsolante. Best è stato prima di tutto un uomo che ha fatto del proprio talento sportivo e del successo ottenuto da esso un capolavoro di vizi ed eccessi perennemente accompagnato da una squisita irriverenza che spesso e volentieri è sfociata in dichiarazioni ancor oggi celebri. Lui, come il Gazza Gascoigne, per citarne un altro - anche lui tutto genio e sregolatezza -, hanno sperimentato divertimenti tali da far impallidire qualsiasi Bobo Vieri o Borriello odierni. Ma quello che veramente li distingue dai fantocci mediatici dei nostri tempi è l’indissolubile e maledetto legame tra eccessi e vita che li rende profondamente umani e quindi comprensibilmente deboli agli occhi di chi ripercorre le loro imprese, calcistiche e non: “Non morite come me”, dirà Best prima di esalare il suo ultimo respiro. A voi la scelta, dunque: preferite un’estate da bomber o un’estate da icone? Per quanto ci riguarda, non abbiamo dubbi: continueremo a non vedere il mare fin quando, sulla strada per andarci, ci sarà un baretto.

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MAGIC IN THE AIR Tommaso Montanari

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MAGIC IN THE AIR

Il quidditch in Italia una realtà giovane ma in forte crescita

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Dalla famosa saga fantasy arriva uno sport che riscuote grande successo, tra “nerd” e non solo

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a qualche anno sta dilagando in tutto il mondo il fenomeno del quidditch babbano, uno sport che trae ispirazione dalla fortunata saga fantasy di Harry Potter, scritta da J.K. Rowling. Ma come è stato possibile estrapolare da un romanzo uno sport nel quale i giocatori sono a cavallo di scope volanti e giocano con palle dotate di vita propria? L’idea è nata in America nel 2005 ed è stata affinata negli anni a seguire fino a diventare quello che è oggi: uno sport che unisce in sé aspetti provenienti dal rugby, dal basket e dal dodgeball, che è regolamentato da un gran numero di associazioni internazionali e locali, tra le quali ricordiamo la IQA – International Quidditch Association –, nata nel 2007. Ogni squadra manda in campo sei giocatori con dei ruoli definiti da delle fasce colorate che ciascuno è tenuto a portar sulla testa. Ci sono un portiere (fascia verde) e tre cacciatori (fascia bianca), i quali interagiscono con una palla, detta pluffa, che viene utilizzata per fare gol attraverso tre anelli; ogni gol vale 10 punti. A supporto dei giocatori di pluffa ci sono due battitori (fascia nera) che hanno il compito di ostacolare l’offesa avversaria colpendo i giocatori dell’altra squadra con i bolidi, che hanno l’effetto di mettere momentaneamente ko il bersaglio del lancio. Dopo il 18° minuto, ogni squadra si arricchisce di un settimo elemento, il cercatore (fascia gialla), che ha il compito di acciuffare il boccino per

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porre fine alla partita e guadagnare 30 punti per la propria squadra. Il boccino altro non è che una palla da tennis infilata in un calzetto portato da una persona esterna ad entrambe le squadre – chiamata boccinatore – a mo’ di scalpo nei propri pantaloni. Il regolamento ammette tutta una serie di placcaggi e contatti per poter avere il possesso della pluffa – e dei bolidi – e riconosce delle immunità ad alcuni giocatori in determinate fasi del gioco. Tutti i giocatori giocano a cavallo di un bastone in pvc e le squadre sono miste: secondo la cosiddetta gender rule, ogni formazione può avere un massimo di 4 giocatori – 5 incluso il cercatore – che si identificano nello stesso sesso. Questo perché le associazioni di quidditch hanno da sempre accettato tutti i giocatori che non si identificano nel proprio sesso biologico. Il quidditch sbarca in Italia grazie a Michele Clabassi, oggi giocatore dei Milano Meneghins, nel 2011. Dalla sua attività di promozione dello sport nascono diverse squadre in diverse parti della penisola: ad oggi, le squadre ufficiali sono 18 e afferiscono alla AIQ – Associazione Italiana Quidditch. Nel Triveneto, il panorama del quidditch mostra tre squadre non ancora ufficiali: una a Trento – Aquilae Tridentum Quidditch –, una a Verona – Hydras Verona Quidditch – e una a Udine – Fenicis Furlanis Quidditch. La squadra udinese nasce per iniziativa di Mara Colautti, che ne diventa il capitano, agli inizi del 2017 in seguito a un appello lanciato su Facebook per raccogliere giocatori interessati. Le squadre del Triveneto sono ancora in una fase di crescita in quanto non contano al momento un numero di giocatori sufficiente all’iscrizione all’AIQ e alla partecipazione nei vari tornei nazionali. In Italia vi sono due tornei principali: il primo è la Coppa Italiana, che viene disputata nel periodo di maggio, e il secondo è la Lega Quidditch. Questo torneo si articola in tre gironi: il Girone Verde per le squadre nel Nord Italia, il Girone Bianco per quelle del Centro e il Girone Rosso per quelle del Sud. La Lega Quidditch rappresenta uno strumento per selezionare i club eleggibili a partecipare all’EQC – European Quidditch Cup –, un torneo europeo che interessa numerose squadre del Vecchio continente. All’edizione di marzo 2017, svoltasi a Mechelen (Belgio), hanno partecipato, senza però raggiungere il podio, le italiane Green Tauros Quidditch Torino, Virtute Romana Quidditch e Milano Meneghins. I ranking ufficiali non sono stati ancora calcolati, ma indicativamente abbiamo Roma e Torino tra la 9° e la 16° posizione e Milano tra la


MAGIC IN THE AIR

29° e la 32°. L’ultima Coppa Italiana si è svolta a Brindisi e ha visto i Virtute Romana Quidditch campioni d’Italia per il secondo anno consecutivo. Al secondo posto si è piazzata la squadra ospitante, i Lunatica Quidditch Club di Brindisi, seguiti dai Green Tauros Quidditch Torino. La presenza della squadra udinese è stata impossibile, ma un membro delle Fenicis, Nicolas Hanot, ha partecipato al torneo indossando l’uniforme gialla del boccinatore. Ma non finisce qui: l’Italia ha anche la propria nazionale. Le selezioni europee possono competere agli IQA European Games e alla World Cup. Trattasi in entrambi i casi di tornei biennali nati di recente: i primi IQA European Games si sono svolti nel 2015 a Sarteano, in provincia di Siena, e vi hanno partecipato 12 rappresentative nazionali. In questo torneo gli azzurri hanno ottenuto il quinto posto, mentre il podio è stato occupato da Francia, Regno Unito e Norvegia. L’Italia sarà impegnata il prossimo luglio per il secondo IQA European Game, che si svolgerà a Oslo. La prima World Cup si è disputata nel 2012, ma la nazionale italiana ha partecipato solo alla terza, nel 2016, nella quale si è piazzata tredicesima. A vincere

il torneo mondiale è stata l’Australia, che non si era mai allontanata dal podio nelle precedenti edizioni; a seguire gli Stati Uniti – che hanno ceduto per la prima volta il primato agli australiani – e il Regno Unito. L’ultima World Cup ha visto un’impennata nel numero di squadre partecipanti, in quanto si è passati dalle 7 nazionali del torneo 2014 alle 21 del 2016 . Accanto ai tornei ufficiali si organizzano numerosi Quidditch Days per giocare delle amichevoli o come evento dimostrativo per avvicinare al quidditch i più curiosi. Le Fenicis Furlanis hanno fatto il loro debutto al Quidditch Day di Verona insieme ai Milano Meneghins, alle Aquilae Tridentum e agli Hinkypunks Bologna. In seguito, Udine stessa ha ospitato un Quidditch Day di respiro internazionale lo scorso aprile al quale hanno partecipato Trento, i Bombarda Brixia di Brescia e gli Aemona Argonauts di Lubiana. Udine ha infine presenziato al Quidditch Day di Trento in maggio, assieme a Verona, e alle Facoltiadi 2017 dell’Università degli Studi di Trento, organizzando con le Aquilae Tridentum e un membro della squadra veronese un evento dimostrativo per i numerosi universitari accorsi.

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UNO SGUARDO OLTRECONFINE Enrico Arcolin

arcolinenrico@gmail.com

nato per vincere

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UNO SGUARDO OLTRECONFINE

C

ristiano Ronaldo ha segnato 399 gol in 391 presenze con il Real Madrid: basta questo dato per far capire come CR7 sia l’uomo dei sogni ed ogni parola per descriverlo risulti pressoché inutile.

Cristiano Ronaldo comincia la sua carriera da calciatore professionista nello Sporting di Lisbona, che se ne prende cura sino al primo passo importante della sua carriera. Il 13 agosto 2003 passa al Manchester, sponda United, per la modica cifra di 12,23 milioni di sterline, diventando così il primo giocatore portoghese a vestire la maglia dei Red Devils. Ronaldo raggiunge l’apice allo United quando il 19 marzo 2008, andando a segno due volte nella gara contro il Bolton, supera il record non infranto da oltre 40 anni di George Best, il quale era riuscito prima di lui a mettere a segno 33 gol tra coppa e campionato. Sempre nello stesso anno Ronaldo vince la Champions League contro il Chelsea. Conclude la stagione ricevendo il premio capocannoniere della Premier con 31 gol e della Champions League con 8 gol.

Il grande passo Il vero salto di qualità Cristiano Ronaldo lo compie nel giugno 2009 quando passa al Real Madrid; lo United comunica di aver accettato una cifra pari a 80 milioni di sterline, il trasferimento più costoso di tutti, all’epoca. L’anno dove Ronaldo esprime al massimo il suo potenziale è il 2015/2016, durante il quale infrange un importante record prima appartenente a Raúl: diventa infatti il miglior marcatore nella storia del Real Madrid superando la quota 229 reti toccata dallo spagnolo. Nel maggio 2016 realizza l’ultimo rigore che consente al Real Madrid di vincere l’undicesima Champions League contro l’altra formazione di Madrid, l’Atletico: per il portoghese si tratta del terzo successo nella competizione, il secondo in tre anni con i Blancos. Nell’ estate 2016 vince l’europeo da capitano col Portogallo e nel dicembre 2016 gli viene consegnato il suo quarto pallone d’oro. Nel 2017 ha conquistato la seconda Champions League in due anni infrangendo nuovamente un record: nessuno infatti era mai riuscito ad aggiudicarsene due consecutivamente.

Vita privata Doveroso menzionare gli impegni che CR7 si prende a livello sociale: il portoghese, al contrario di molti altri, non ha tatuaggi ed infatti mensilmente va a donare il sangue. Nel 2012 ha venduto all’asta la Scarpa d’oro ottenuta l’anno precedente, destinando il ricavato – un milione e mezzo di euro – al finanziamento di scuole per i bambini di una scuola palestinese. Nel febbraio 2013 ha consegnato un assegno di 100000 euro ricevuto dalla UEFA al Comitato Internazionale della Croce Rossa, mentre nel marzo 2014 ha donato a una famiglia spagnola 70000 euro per finanziare completamente le cure di un bambino affetto da una malattia al cervello. Queste solo alcune delle ammirevoli azioni di cui Ronaldo si è reso protagonista anche fuori dal campo, a testimonianza di come nel calcio di oggi esistano ancora calciatori che sono anche, e soprattutto, uomini.

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A TUTTO VOLLEY Cristian Trevisan

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A TUTTO VOLLEY

Bene ma non benissimo Che brutta figura! Il primo appuntamento dopo l’argento ai giochi di Rio porta alla peggior classificazione della nazionale maggiore maschile in World League.

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A TUTTO VOLLEY >> SEGUE

La World League viene organizzata dalla Fivb – Fédération Internationale de Volleyball – ed è giunta ormai alla sua 28esima edizione. È l’appuntamento annuale dove le nazionali di pallavolo maschile si incontrano in un torneo il cui scopo, in fondo, è da considerarsi prettamente economico - in palio per la vincitrice ben 1 milione di dollari, 500mila per la seconda e 300mila per la terza – dato che non contribuisce al ranking per l’accesso ai giochi olimpici. Oltre a permettere di “batter cassa”, tuttavia, la WL è anche l’occasione di creare, provare, sperimentare ed osare in vista delle gare di qualificazione.

Quest’anno vincere non era l’obbiettivo principale, com’è stato possibile intuire sin dalle prime battute della competizione. Dopo Rio 2016 Blengini e colleghi hanno utilizzano la WL come cuscinetto per permettere di far riposare i vari pezzi da novanta come Zaytsev, Rossini e Birarelli. Questo piano ha permesso l’innesto di alcune novità e di diversi giovani di primo pelo in azzurro. Una lungimiranza atta a creare da subito una squadra che guardi al prossimo quadriennio olimpico, svezzando sin da subito i novizi e creando affiatamento per arrivare in perfetta forma a Tokyo 2020. Di fatto alcuni degli atleti convocati hanno passato la stagione di Superlega in panchina, e poter fare esperienza calcando un campo come quello della WL sarebbe stato un allenamento di resistenza, di gestione dello stress e delle emozioni che si provano in gare così importanti. Tutto molto interessante, tuttavia qualcosa è andato storto, e le rosee aspettative di “utilizzare” la WL come palestra per gli Europei di fine agosto sono naufragate nella peggiore prestazione mai registrata per la nostra nazionale in questa competizione. A salvarci dalla retrocessione nel secondo gruppo soltanto il cambio di regolamento previsto per la prossima edizione, il quale ha eliminato la divisione per categorie. Tre i weekend di qualificazione alla Filal six in Brasile giocati a Pesaro, Pou (Francia) e Anversa (Belgio). Inizio col botto in casa: un secco 3-0 rifilato al non troppo brillante Iran. Segue poi la sfida con la Polonia del tecnico italiano Fefè De Giorgi, che vuole mettersi in mostra dato che ospiterà gli europei ad Agosto, una squadra solida che, dopo il primo set per l’Italia, riesce a mettere in luce tutto il disordine e la mancanza di unione tra le fila azzurre: 1-3. Segue poi la rievocazione della finale olimpica contro il Brasile (1-3), una prestazione altalenante che alterna belle giocate a momenti di vero e proprio smarrimento. Il weekend francese tutto da dimenticare, a cominciare dalla pessima notizia di non avere a completa disposizione Pippo Lanza, che a causa di un risentimento muscolare è costretto a giocare da libero. Equilibri tutti sfasati e l’Italia si porta a casa tre sconfitte contro Usa (0-3), Francia (1-3) e Russia (2-3), mostrando un gruppo che non riesce a esser quadra – forse per la mancanza della leadership di “Superpippo” – e che non è in grado di saltar fuori da una discontinuità generale e dalla mancanza di lucidità nei finali di set. Il weekend Belga sembra riaccendere le speranze di qualificazione alla Final six grazie alla vittoria contro una Francia molto sperimentale (3-2). Il sogno, tuttavia, naufraga definitivamente nelle sconfitte contro Belgio (1-3) e Canada (3-1): i due risultati negativi relegano l’Italia al 12° e ultimo posto nel gruppo 1 autenticandone la peggior prestazione mai espressa in questa competizione. Il bilancio di questa quindi WL è decisamente negativo a patire dalle scelte del Ct Blengini, che troppo spesso ha tardato a sostituire i giocatori quando era evidente come non fossero né in partita né tantomeno in giornata. Oltre ad aver insistito con Giannelli in regia in tutte le partite senza garantire spazio ad altri palleggiatori che avrebbero potuto, in alcuni casi, rovesciare

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A TUTTO VOLLEY

l’esito della gara con un gioco diverso, non ha concesso alle riserve l’opportunità di fare la giusta esperienza anche quando ormai si era fuori dai giochi. Ai giocatori, soprattutto ai più anziani, si può recriminare un atteggiamento non determinato, a tratti mollo, disorientato e privo di carattere. Non si può sicuramente puntare il dito contro nessuno in particolare, questo gruppo ha vinto e fallito insieme. Insomma, quella che abbiamo visto giocare in questo primo appuntamento nazionale della pallavolo maschile

è una squadra che per il momento manca di amalgama, lucidità e continuità, un team che è venuto meno nel progetto di creare terreno fertile per l’innesto di Zatysev e compagnia e che, in ultima analisi, ha ancora tanto, tanto da lavorare. L’auspicio è di vedere sui campi dell’europeo in Polonia – dal 20 agosto al 20 settembre – una squadra nuova: non nelle persone ma nel carattere, nella grinta e nella determinazione di portare a casa un oro fondamentale anche in vista qualificazioni a Tokyo 2020.

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