CJOSUL mensile friulano di informazione sportiva
GENNAIO 2018 N.10
APU E LIBERTAS Intervista esclusiva a Raspino e Vicenzotti
FOOTBALL AMERICANO
29ERS, DRAGHI E MULI: STORIE FRA AUSTRIA ED FVG
Quidditch ANCHE TORINO VOLA ALL’EQC IN GERMANIA
UDINESE
Con Oddo Europa alla portata?
CJOSUL Par furlan, cjosul e je chê peraule che si dopre cuant che ti mancjin lis peraulis.
Alberto Zanotto alberto.zanotto@cjosul.it Alessandro Poli alessandro.poli@cjosul.it Cristian Trevisan cristian.trevisan@cjosul.it Enrico Arcolin enrico.arcolin@cjosul.it Marco Michielis marco.michielis@cjosul.it Gianmaria Monticelli gianmaria.monticelli@cjosul.it Marzio Paggiaro marziopaggiaro@gmail.com Mattia Meroi mattia.meroi@cjosul.it Simone Narduzzi simone.narduzzi@cjosul.it Tommaso Montanari tommaso.montanari@cjosul.it Tommaso Nin tommaso.nin@cjosul.it
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Un attrezzo, una pietanza, un pennarello oppure un libro. Cjosul è quel termine che in friulano può assumere diverse connotazioni a seconda della situazione in cui esso viene impiegato. Nel nostro caso, Cjosul è una rivista, una rivista digitale a cadenza mensile che si propone di raccontare lo sport dagli occhi di chi lo vive in prima persona e in tutte le sue sfaccettature: calcio, basket, cinema o fumetti. Ogni aspetto della nostra vita può essere toccato dallo sport che amiamo. Ogni aspetto della nostra vita può diventare Cjosul. La redazione di Cjosul è composta in gran parte da studenti che vogliono avvicinarsi al mondo del giornalismo sportivo e lo vogliono fare all’interno di un ambiente giovane, in cui ogni proposta è accolta con entusiasmo. Rodato o ancora acerbo, ogni aspirante giornalista è il benvenuto in Cjosul. Il nostro obiettivo? Una crescita del gruppo che comporti inevitabilmente la maturazione professionale di ogni singolo partecipante.
SOMMARIO
gennaio 2018 CJOSUL
fischio d’inizio
UNA ZEBRA A POIS 04
UDINESE, GUARDA IN SU
di Mattia Meroi
IL RAMARRO RAMPANTE 08 BILANCI DI FINE ANNO di Alessandro Poli
FOCUS SERIE A 10
TOP 11 SVINCOLATI, QUANTE OCCASIONI!
di Enrico Arcolin
UNO SGUARDO OLTRECONFINE 12 DIREZIONE KIEV
di Tommaso Nin
PRIMAVERA IN GOL 14
AMICI DA SEMPRE, FRATELLI PER SCELTA
18 RASPINO - VICENZOTTI, PROFESSIONE TUTTOFARE di Simone Narduzzi
24 100 YARD PER LA GLORIA SBIRCIAMO IL FOOTBALL FVG di Marzio Paggiaro
28 MAGIC IN THE AIR
EQC QUALIFIER: TORINO E ROMA VERSO PFAFFENHOFEN AN DER ILM
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di Tommaso Montanari
CALCI AL PALLONE, PELLICOLE IN CANTINA LA SCELTA MORALE DI IVAN LOCKE di Marco Michielis
Alberto Zanotto
SOLO COTONE 16
IL DERBY PARLA ANCORA FRIULANO di Gianmaria Monticelli
Il Derby parla ancora friulano
UNA ZEBRA A POIS Mattia Meroi
mattia.meroi@cjosul.it
Udinese, guarda in su CJOSUL | GENNAIO 2018
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UNA ZEBRA A POIS >> SEGUE
Il dicembre che non t’aspetti. Il mese di regali, alberi e presepi vede protagonista una Udinese impensabile fino a un mese fa. I bianconeri sono la dimostrazione di come questo sport sia veramente strano e sempre pronto a serbare sorprese. È bastato poco per cambiare le prospettive. Dalla salvezza all'Europa. Dalla frase: “ci salviamo perché ci sono delle squadre più deboli di noi” siamo passati al nostalgico “torniamo in Uefa”. Quest'ultima, in particolare, è l’espressione più ricorrente in quel di Udine: la si inizia a sentire in giro per la città sussurrata tra un caffè al bar e quattro chiacchiere dal barbiere. L'entusiasmo va bene, ma l'equilibrio deve continuare a farla da padrone nell’ambiente. Le chiavi della svolta friulana, in ogni caso, sono tante e ben visibili. Oddo. È un peccato si sia conclusa così l'avventura sulla panchina dell'Udinese di Gigi Delneri. Il tecnico di Aquileia la scorsa stagione era riuscito a invertire la rotta dopo essere subentrato a Iachini. Era stato bravo a inserire giocatori del calibro di Samir, Fofana e Jankto. Ma all'inizio dell'annata in corso, forse, si è intestardito su alcune scelte tattiche. Lasagna e De Paul defilati sulle fasce erano troppo penalizzati dal sistema di gioco, quel 4-4-2 o derivati (4-4-11 o 4-1-4-1) che non esaltava le caratteristiche dei singoli. La difesa a tre è CJOSUL | GENNAIO 2018
stato uno dei tasselli sui quali Oddo ha costruito questo filotto. Cinque vittorie consecutive, quattordici gol segnati, tre subiti. I numeri parlano chiaro, la sterzata è stata netta. Il nuovo tecnico dà l'impressione di prendere decisioni ponderate sugli undici da schierare in modo che i suoi gli forniscano sempre la prestazione migliore. “I ragazzi si allenano bene e mi mettono in difficoltà nelle scelte – ha dichiarato più volte l'allenatore bianconero – ultimamente sto lasciando in panchina molti calciatori in forma”. Le rotazioni sono riuscite benissimo a Oddo. I giocatori che sono rimasti fuori per una gara, la volta dopo hanno sempre reso alla grande. Maxi Lopez in panchina col Napoli ha reagito segnando quattro gol al Perugia, De Paul fuori col Benevento ha tirato fuori una prestazione stupenda a Milano con l'Inter. Nuytinck ha sempre dato il suo contributo dietro quando è stato chiamato in causa. Larsen sembra essere diventato un ottimo pilastro da centrale di destra, Bizzarri ha risposto presente quando era possibile. Adnan è cresciuto moltissimo a sinistra... Tutti sembrano coinvolti, partecipi al nuovo progetto. Due le pedine, in particolare, che hanno permesso il salto di qualità. Fattori B e L. Antonin Barak e Kevin Lasagna. I loro exploit hanno caratterizzato queste ultime uscite dell'Udinese. Il centrocampista ceco, leader della sua Nazionale, sa fare tutto: imposta, difende, attacca, segna. Al momento è una delle mezzali migliori del campionato italiano. Assist a Crotone, rete contro il Benevento, doppietta con l'Hellas, sigillo a Milano di fronte all'Inter. Anche quando non entra nel tabellino dei marcatori, Barak è una garanzia. L’esempio il match di Bologna, dove in mezzo al campo ha spadroneggiato andando comunque vicino al gol in due circostanze. L'unica preoccupazione può essere quella di non vederlo per troppo tempo all'opera in bianconero. Le sirene del mercato si fanno ingombranti e Gino Pozzo dovrà essere bravo a resistere alla pressione dei grandi club che si attrezzeranno a breve se il calciatore continuerà a offrire prestazioni di questo livello. Nella nuova Udinese targata Oddo, 6
Lasagna è il calciatore che ha più beneficiato del cambio di guida tecnica. Il venticinquenne attaccante è giunto in Friuli in estate, ma il suo acquisto era già stato definito lo scorso gennaio. La società bianconera si era mossa in anticipo sulla concorrenza trovando l'accordo con il Carpi nella scorsa sessione invernale. Il palcoscenico della Serie A lo aveva già assaporato proprio con gli emiliani nella stagione 2015-2016. In quell'annata Lasagna aveva realizzato cinque gol ed è giunto a Udine con un obiettivo ben chiaro: “Voglio superare il mio record personale di reti in serie A” aveva dichiarato durante il ritiro estivo. Con il gol a Bologna, è già arrivato a quota sette, ma non intende fermarsi. Tifosi. Sembrano lontani i tempi dei
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cori della Curva Nord contro la società dopo la gara contro il Cagliari. I sostenitori bianconeri esternavano disappunto per il ruolino di marcia insoddisfacente della squadra. La vittoria di San Siro contro l'Inter è stata una svolta, si è rivista la regina delle provinciali che mette i bastoni tra le ruote alla big. Oggi, dunque, i tifosi son presi dall'entusiasmo, come si è visto nelle ultime trasferte di Bologna e Verona, dove hanno invaso il settore ospiti dello stadio avversario. La festa all'autogrill di Ferrara dopo il successo in terra emiliana contro i rossoblù è un segno di unione tra la squadra e la sua gente. È chiaro che il pubblico non scende in campo e che la differenza la fanno i giocatori, ma il supporto dei tifosi può essere un fattore importante anche per far tornare lo stadio
Friuli il fortino che era un tempo. Prospettive. “Prima ci salviamo, poi vedremo dove potremo arrivare”. Ce la siamo sentiti dire numerosissime volte questa frase a Udine. La recita di questo ritornello e questa mentalità hanno portato risultati importanti in epoca guidoliniana e non solo. Prepariamoci a sentirla ancora. Ognuno ha il suo ruolo. I calciatori devono restare con i piedi ben piantati a terra, ma il tifoso è giusto che sogni. Analizzando la classifica, si nota che il ritmo delle prime cinque è elevato e insostenibile per l'Udinese. Resta, tuttavia, un'altra casella per l'Europa League – parolina magica pronunciata di recente da Samir. La graduatoria offre uno scenario interessante. C'è un fazzoletto di squadre oltre all'Udi7
nese in corsa: Sampdoria, Fiorentina, Atalanta, Torino e Milan. Chi l'avrebbe mai detto che i rossoneri, dopo la faraonica campagna acquisti estiva, avrebbero corso il pericolo di non giocare le coppe il prossimo anno? Quale tifoso avrebbe immaginato al termine del girone d'andata di essere davanti al Diavolo? Pochi, forse nessuno. Ma è il bello di questo sport: le prospettive cambiano in poco tempo. È per questo motivo che l'Udinese deve continuare su questa strada, gestire nel migliore dei modi i momenti di difficoltà che presumibilmente verranno... e guardare in su.
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Alessandro Poli alessandro.poli@cjosul.it
Bilanci di fine anno UN PORDENONE DA SOGNO IN COPPA ITALIA MA CLAUDICANTE IN CAMPIONATO, LA TRIESTINA E LE SUE CERTEZZE, UNA SERIE D SECONDO LE ASPETTATIVE: IL PUNTO DELLA PRIMA METÀ DELLA STAGIONE. CJOSUL | GENNAIO 2018
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IL RAMARRO RAMPANTE CJOSUL
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nter-Pordenone, 5-4 ai calci di rigore: se la città friulana della sinistra Tagliamento si è quest’anno fatta conoscere a tutta Italia è senz’altro merito di questo evento. Nessuno certo dubiterebbe che sia stato da dieci e lode il cammino in Coppa Italia della banda neroverde, giunta agli ottavi di finale sconfiggendo un club per ogni serie e bloccando per 120 minuti sullo 0-0 la momentanea capolista della Serie A. Non si può tuttavia utilizzare le stesse parole analizzando ciò che finora è stato visto in campionato, dove nel girone d’andata e anche in questo inizio di ritorno la squadra ha fatto notare grosse difficoltà nella lotta per i primi posti, dimostrando, in particolare, una discontinuità di gioco e una crisi di risultati che l’hanno relegata all’attuale nona posizione. Ha senza dubbio contribuito a creare quest’incertezza l’equilibrio fin troppo precario di un girone che ha finora permesso al solo Padova di distaccarsi a fatica da un grosso blocco di quindici squadre chiuse in dodici punti. Innegabile, tuttavia, che un margine di colpa resti attribuibile a mister Colucci – per cui qualche tifoso vorrebbe addirittura l’esonero – e ai suoi ragazzi: la lunga pausa di gennaio, a tal proposito, appare ora provvidenziale per riordinare le idee e recuperare energie fisiche e mentali in vista della ripresa fissata al 20. Un break, quello di inizio anno, che potrebbe inoltre rivelarsi benefico anche in termini di mercato: chissà che il momento opaco vissuto dai ramarri non convinca la dirigenza ad operare nuovi innesti utili alla causa promozione. Rialzarsi è dunque la parola d’ordine in casa Pordenone, soprattutto considerando le ultime due sconfitte contro Renate e Santarcangelo, battute d’arresto che hanno vanificato il riscatto trovato in precedenza con la vittoria contro il Vicenza e il pareggio a San Benedetto del Tronto. Armi in più in tale frangente i tifosi di fede neroverde, vicini alla squadra anche in questo momento non troppo brillante e co-attori dell’impresa sfiorata in quel di San Siro: quattromila i cuori al seguito della formazione in grado di strappare un pareggio contro l’Inter. A
concludere
l’analisi
di
questa
prima parte di stagione – accostato il match contro il Sudtirol rinviato per campo ghiacciato – la toccata e fuga in Coppa Italia di Serie C: un’unica partita dei ramarri, persa per 2-1 in trasferta a Vicenza e valevole per i sedicesimi di finale della competizione. Evidentemente si è scelto di non puntare su un terzo torneo, lasciando spazio alle seconde linee dopo aver considerato il già faticoso lavoro dei titolari per preparare campionato e Coppa Italia maggiore.
LE ALTRE FORMAZIONI FVG Da neopromossa a settima classificata: certamente una prima parte di campionato, seppur con un inizio non tra i più semplici, che porta la Triestina a vedersi formazione consolidata in questa sua prima esperienza di Lega Pro. La squadra di mister Sannino è attualmente a pari punti con i più quotati colleghi del Pordenone e dà l’idea di poter arrivare a uno dei biglietti che, dopo un anno soltanto, la porterebbero a lottare per in salto in serie cadetta. Anche per i giuliani l’anno solare si conclude tuttavia con una sconfitta, 2-0 contro la Reggiana, dopo una serie alternata di pareggi e vittorie che durava da ben otto turni.
invece, è contro il Padova, e sempre ai sedicesimi, che gli alabardati han gettato la spugna, sconfitti per ben 5-0 dopo essere riusciti a primeggiare nel proprio girone. In Serie D tutto procede come da copione, con le due friulane Tamai e Cjarlins Muzane entrambe a quota 20 e appena un punto sopra alla zona playout. È senza dubbio però da sottolineare l’impegno della squadra della bassa – partecipante per la prima volta a questa competizione – la quale nelle ultime tre giornate è riuscita a risalire la china con due vittorie e un pareggio nei tre scontri salvezza che hanno chiuso il girone d’andata.
L’avventura della Triestina in Coppa Italia si è conclusa dopo due turni e con una strenua resistenza sul campo del Pescara, uscito vincente solo ai rigori. Nella medesima competizione dedicata alle compagini di Lega Pro,
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atale e Capodanno andati, le feste sono finite, e tra 5 e 6 gennaio si gioca la prima giornata del 2018, la prima del girone di ritorno. A suscitare l’interesse di tifosi e addetti ai lavori in queste battute iniziali del nuovo anno, però, non solo calcio giocato, ma anche l’apertura del mercato di riparazione. Una sessione, questa, che pone particolari limiti per le italiane impegnate in Champions oppure in Europa League. Se un giocatore infatti ha già preso parte nella prima parte dell’anno calcistico ad una competizione europea e viene trasferito in un altro club coinvolto nello stesso torneo, il giocatore in questione non potrà partecipare alle successive gare in programma. È dunque in questi casi – ma non solo – che può salire l’interesse per gli svincolati, affari low cost per i quali è necessario pagare “solamente” il contratto, considerata l’assenza di una squadra che detenga il cartellino di tali giocatori. Per questa occasione abbiamo perciò deciso di formulare una possibile
top 11 dei calciatori svincolati. Una formazione tipo: il modulo scelto, dato anche il periodo, è il 4-3-2-1 ad “albero di Natale”. Tra i pali troviamo l’ex Milan e Chelsea Marco Amelia, un palmares importante per lui, tra cui il mondiale da vincitore nel 2006. Il portiere romano, ora commentatore Rai, non ha ancora appeso i guanti al chiodo e vuole continuare a dire la sua nel calcio che conta. Linea difensiva presidiata, a destra, dal francese Sagna: non ha particolarmente brillato nelle ultime stagioni, ma vanta un passato in due prestigiosi club inglesi quali Arsenal e Manchester City. Discorso simile per il primo centrale, ovvero Lescott. L’inglese classe ’82 conta molte presenze in Nazionale ed anche lui ha già vestito la maglia dei Citizens; con la sua esperienza potrebbe aiutare diverse difese barcollanti. Il secondo centrale – ora alla Lazio ma in scadenza a giugno, aspetto questo che gli permetterebbe già di firmare un pre-contratto con altri club – è Stefan de Vrij. L’olandese, co-
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lonna biancoceleste, ad oggi non ha ancora firmato il rinnovo. Chissà che gennaio non porti con sé offerte contrattuali allettanti. A sinistra troviamo Patrice Evra, personaggio amato da molti per via della sua intensa attività social, ma fuori per squalifica dopo il calcio rifilato a un tifoso durante una gara di Europa League a novembre. L’ex Juve – e Marsala, squadra con firmò il suo primo contratto da professionista a 17 anni – ha rescisso col Marsiglia e dovrà stare fuori dai campi fino al 30 giugno; al termine di questo periodo imposto dalla Uefa per tutte le competizioni europee, sarà in cerca di una nuova avventura e farebbe comodo a molte squadre – fra queste il Napoli? – per la sua esperienza e indiscussa qualità. Linea di mediana occupata da Flamini, Diarra e Muntari: il primo, un passato in rossonero a Milano, è centrocampista di sostanza, ripiegabile anche in difesa come terzino; offre tanta corsa e grinta nel mezzo del campo e, come se non bastasse, ha pure il vizietto del gol. Lassana Diarra è un incontrista dotato di buoni piedi – ricordiamo il 10 indossato al Real Madrid; è spesso stato al centro di voci di mercato che lo vedevano con la maglia dell’Inter, ma alla fine il trasferimento non è mai avvenuto. Chissà che non torni con prepotenza nei pensieri di qualche squadra italiana. Molti gli ex Milan in questa formazione: il terzo centrocampista è infatti Sulley Muntari. L’ultima esperienza italiana lo ha visto vestire, con pessimi risultati, la maglia del Pescara in A. Non avendo centrato la salvezza ha deciso di rescindere coi delfini ed ora, a 33 anni, è anche lui nella lista degli svincolati illustri. Si passa poi al reparto di lusso di questa formazione, ovvero quello offensivo: un tridente composto da Diamanti e Cassano dietro a Vucinic. L’ex Livorno viene dalla non lieta esperienza a Palermo, terminata a fine stagione con la retrocessione dei rosanero. Accanto al classe ’83 ecco il talento di Bari vecchia, Antonio Cassano. Dopo il tiramolla con l’Hellas Verona ha deciso di non continuare l’esperienza con gli scaligeri: attualmente non ha una squadra ma pensiamo difficilmente voglia già propendere per l’addio al calcio. Tutto lo stivale aspetta altre magie di Fantantonio. Il montenegrino Vucinic, infine, vanta un ottimo curriculum per quanto riguarda le sue esperienze in Italia con le maglie di Roma e Juventus: tre campionati, tre Supercoppe italiane e due Coppe Italia; a 35 anni suonati, col suo fiuto da attaccante che non l’ha ancora abbandonato, potrebbe ancora bucare molte difese. CJOSUL | GENNAIO 2018
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Tommaso Nin
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UNO SGUARDO OLTRECONFINE
L’URNA DI NYON HA EMESSO IL SUO VERDETTO, GLI OTTAVI DI FINALE DI QUESTA EDIZIONE DELLA CHAMPIONS LEAGUE SONO ORAMAI ALLE PORTE: CHI ALZERÀ IL TROFEO IL PROSSIMO MAGGIO A KYEV?
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obbiamo ritornare al 2010, all’Inter di Mourinho e del Principe Milito per evocare l’ultima vittoria italiana in Champions League. Dalla stagione successiva, con l’eccezione delle vittorie di Chelsea e Bayern Monaco nel 201 1 e nel 2012, è sempre stato un club spagnolo a sollevare il più ambito trofeo d’Europa: due volte il Barcellona, ben tre i rivali eterni dei Blaugrana, il Real Madrid. Dopo ben quattro edizioni consecutive in cui la coppa dalle grandi orecchie prende la rotta della Spagna, sarà forse questo l’anno in cui finalmente un altro club trionferà a Kiev nella finale del prossimo maggio? Ai giornalisti che gli hanno domandato quale, secondo lui, sia la favorita per la vittoria finale, Pep Guardiola ha recentemente risposto con un’ulteriore domanda: “In che squadra gioca Messi?”: dobbiamo fidarci del giudizio del Maestro Catalano e puntare le nostre fiche sul Barcellona del fuoriclasse argentino? Questa risposta, una nemmeno troppo celata dichiarazione di smodato affetto – calcistico s’intende – di Guardiola per il suo pupillo argentino, ci suggerisce che anche quest’anno non possiamo affatto escludere dalle pretendenti la squadra di Valverde; il tecnico blaugrana, ex Bilbao, è arrivato da appena sei mesi, ma ha già saputo rivitalizzare e riordinare una squadra che in estate aveva salutato Neymar – in una trattativa che ha fatto non poco scalpore – e che avrebbe potuto lasciare scorie mentali, pericolose per una formazione che doveva ritrovare identità, principi e sicurezze tattiche. Valverde ha rimesso Messi al centro del gioco, ha inserito la fisicità di Paulinho e, grazie a meccanismi difensivi ritrovati, sta dominando la Liga e preoccupando il Chelsea di Conte che affronterà agli ottavi di finale. È proprio la sfida tra catalani e Blues uno dei match più attesi di questo turno. Solo 180’
perfetti potranno regalare la qualificazione a Morata e compagni: sarà interessante osservare la tecnica sublime degli spagnoli confrontarsi con l’organizzazione e la fisicità degli inglesi, la compattezza dei Blaugrana messa alla prova dalla profondità e della velocità offensiva dei Blues. Se un ritrovato Barcellona si candida a seria concorrente per la vittoria, il Manchester City dell’ex Guardiola sta stabilmente occupando il ruolo della più accreditata fra le antagoniste. Il ruolino di marcia impressionante dei Citizens in tutte le competizioni, la superlativa media realizzativa e il gioco collaudato dei suoi interpreti, sembrano al momento non avere eguali in Europa. Se anche la buona sorte saprà sorridere alla squadra degli sceicchi, il tecnico catalano potrà davvero correre il rischio di togliersi grosse soddisfazioni nei mesi decisivi della stagione. La sfida con il Basilea per accedere ai quarti di Champions League non può destare troppe preoccupazioni; nessun avversario va sottovalutato, ma il tasso tecnico degli svizzeri, club che nella competizione ha comunque ben figurato, è troppo inferiore a quello degli inglesi. Che sia allora l’anno delle squadre d’oltremanica? Dopo anni di magre soddisfazioni, sono quest’anno ben cinque i club britannici qualificati agli ottavi di finale: se il Chelsea ha pescato nell’urna il proibitivo Barcellona e il City il Basilea, lo United di Mourinho se la vedrà con il Siviglia del neo-allenatore Montella, un avversario non facile ma nemmeno troppo temibile. Un’accorta partita in Andalusia, giocata in difesa e di contropiede, potrebbe consentire al portoghese di gestire la qualificazione nel fortino di Old Trafford. Il Liverpool di Klopp è invece atteso dalla mite trasferta di Oporto, dove il tecnico tedesco spera di contare sulle riscoperte doti realizzative di Mohamed Salah, cecchino micidiale in Premier, il quale potrebbe condurre i Reds anche in Champions a traguardi importanti. Chissà che la Brexit non abbia finalmente risvegliato l’orgoglio inglese, da troppo tempo sopito nelle notti europee e bramoso di successi sul suolo del continente. Sfida tatticamente interessante sarà invece quella che si giocherà sull’asse Italia-Inghilterra: Pochettino contro Allegri, Tottenham contro Juventus. Sarebbe un errore madornale per i vicecampioni della scorsa edizione sottovalutare la potenza di fuoco degli Spurs, già capaci di mettere in riga nella fase ai gironi il Borussia Dortmund e i campioni del Real Madrid, quest’ultimi usciti con le ossa belle rotte dalla partita di
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Wembley. L’esito del confronto pare incerto, e la Juventus dovrà ritrovare la migliore forma difensiva e offensiva – le reti di Higuain e Dybala – per raggiungere il turno successivo. Impegno sulla carta meno proibitivo è quello che attende la Roma: dopo le sfide con Conte e Simeone, lo Shaktar Donetsk sembrerebbe un avversario abbordabile; attenzione però, gli ucraini hanno eliminato il Napoli di Sarri e sono gli unici ad aver battuto in gare ufficiali, in questa stagione, il Manchester City, sebbene infarcito di riserve. Gli ucraini hanno dimostrato discrete trame di gioco, mentre il sogno di giocare una finale sul terreno di casa può risvegliare forze e motivazioni che Di Francesco dovrà considerare. Un turno potenzialmente complicato è quello che l’urna ha riservato al Bayern Monaco. La trasferta nella calda Turchia, in casa del Besiktas, squadra rivelazione del torneo, sarà una bella prova, certo non impossibile – ma affatto scontata – per il ritrovato panzer tedesco guidato dal generale Jupp Heynckes. Chiude il quadro degli ottavi una sfida stellare, tra due delle formazioni più costose e più talentuose della storia. PSG-Real Madrid sarà la sfida tra attacchi atomici, tra giocatori pagati fior di milioni, tra Ronaldo, penta-vincitore del Pallone d’Oro, e Neymar, predestinato asso brasiliano accasatosi in Francia proprio con l’obiettivo dichiarato di aiutare i parigini a mettere le mani sulla pregiata coppa. Non si tratterà di solo e semplice spettacolo, ma anche di un sottile gioco di strategie, in cui Emery dovrà trovare il modo di esaltare al massimo i suoi talenti e Zidane, dopo questi primi mesi di incertezze tattiche, sarà chiamato a mascherare i difetti strutturali del suo Madrid, sperando nella magia e nella fame insaziabile di vittorie che si impossessa dei Merengues al risuonare delle note della Champions. Sono partite equilibrate quelle ci attendono, sfide che soddisferanno i palati di tutti gli amanti del calcio. Il programma è ricco, ardente l’attesa. Lo scenario è pronto, gli attori stanno curando gli ultimi particolari: che lo spettacolo della Champions League, prossima alla sua fase finale, possa finalmente cominciare. Chi alzerà il trofeo nella notte di Kiev?
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PRIMAVERA IN GOL CJOSUL
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AMICI DA SEMPRE, FRATELLI PER SCELTA CJOSUL | GENNAIO 2018
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ilippo e Alessandro. Melegoni e Bastoni. Due nomi da recitare non solo per la rima ma soprattutto per l'amicizia che li ha sempre legati, fin dal primo giorno con addosso la maglia dell’Atalanta, nove anni fa.
https://www.atalanta.it/mediaObject/atalanta/galleries/PHOTO-gallery/SETTORE-GIOVANILE/Stagione-2016-2017/Primavera/GIOCATORI/Melegoni/740-Melegoni/resolutions/res-l685x10000/740-Melegoni.jpg
La storia di due bravi ragazzi. Due ragazzi la cui vita rimbalza tra la scuola – liceo scientifico per Bastoni, amministrazione finanza marketing per Melegoni – e il centro sportivo di Zingonia, dove si sono conosciuti e dove continuano ad allenarsi. Alessandro è originario di Piadena, a 250 km dal campo della Dea. Questa la distanza che a nove anni il ragazzino doveva coprire col papà ogni settimana per il solo piacere di poter calciare un pallone. Una determinazione, questa, mostrata dal ragazzo anche sul terreno di gioco, dove ha da subito dimostrato quanto la lontananza nulla potesse contro la sua ferma volontà di giocare a calcio. Fermezza, convinzione, aspetti del suo carattere emersi ancor più in seguito alla perdita della sua migliore amica Agnese, poco più di due anni fa. “Da quel giorno tutto quello che faccio, lo faccio per lei”: queste le sue parole in un’intervista rilasciata dal giocatore al sito ufficiale del club bergamasco. Ogni suo gol è dedicato a lei, le mani puntate al cielo.
Melegoni si presenta, per ruolo ricoperto ed abilità fisico-tattiche, come erede dell’ex Gagliardini. Destro fantascientifico, due reti e un assist fin qui, sempre presente nel mezzo del centrocampo di coach Brambilla. Molte ottime squadre paiono aver messo gli occhi su questo talento, Juventus e Inter su tutte. Giuseppe Marotta, in particolare, ha espresso in più circostanze buonissime parole per il regista della Primavera bergamasca, accaparrandosi, forse, il primo posto nelle eventuali trattative col club di Antonio Percassi. L’esordio nel massimo campionato – per di più dal 1’ – è avvenuto per entrambi lo scorso anno contro la Sampdoria all'Atleti Azzurri d'Italia: ottime le prestazioni dei due talenti classe ‘99, possibili protagonisti nella A che verrà, due compagni, due amici, due fratelli dal destino comune.
Autore di un ottima stagione, l'anno scorso Alessandro ha oscillato fra Primavera - cinque le sue reti – e Prima Squadra. Grazie alle sue doti, al termine della passata stagione, molte squadre si sono piombate su di lui: a luglio è dunque passato all'Inter per la “modica” cifra di otto milioni. Quest'anno è rimasto all'Atalanta in prestito per farsi le ossa e migliorare prima del grande salto destinazione Milano. Filippo, di Azzano San Paolo, è stato invece più avvantaggiato rispetto all’amico per quanto riguarda la vicinanza al campo sportivo. La maglia nerazzurra lo accompagna dai sei anni insieme a una voglia mai sazia di tenere il pallone fra i piedi: ai tempi degli Esordienti, quando l'ultimo allenamento della settimana era facoltativo, lui faceva carte false pur di parteciparvi, obbligando la madre a seguirlo in ogni occasione.
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SOLO COTONE Gianmaria Monticelli
gianmaria.monticelli@cjosul.it
IL DERBY PARLA ANCORA FRIULANO
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l 29 dicembre, a pochi giorni dall’ostico match vinto di quattro lunghezze su Montegranaro, la banda di coach Lino Lardo affronta, sempre sul parquet di casa, la sfida dell’anno per tutti i tifosi friulani. È Il match di cartello della penultima giornata del girone di andata di Serie A2: in campo si affrontano Apu Gsa Udine e Alma Trieste. Passi il fatto che un derby già di per se valga più dei canonici due punti; in palio, oltre a un bel paio di mattoncini dal peso specifico enorme, orgoglio, autostima, l’affetto estremo del pubblico amico. Non un semplice derby, ma una lotta fra prima e seconda della classe, forse due fra le
squadre più forti di tutta l’A2, espressione del miglior basket della categoria. Chi da un punto di vista offensivo, Trieste, chi invece per strenua resistenza in difesa, Udine. Quante volte capita di vedere un derby di questo spessore? Non bastasse questo a presentare il match, si pensi alla voglia – specie per Udine – di conquistare un posto per le Final Eight di Coppa Italia che si disputeranno a Jesi a inizio marzo. Un sogno per tifosi e società delle due corazzate regionali. Il Pala Carnera per l’evento si presenta gremito in ogni ordine di posto; da tempo non si vedeva una tale mobilitazione di supporter – anche solo, giorni prima, per
accaparrarsi i ticket di accesso alla gara. L’atmosfera appare, come canta Vasco Rossi in uno dei suoi ritornelli più famosi, “come nelle favole”. Grande, come detta la partecipazione delle tifoserie, le quali tuttavia non portano un eccessivo surplus di lavoro per le forze dell’ordine chiamate in causa. I classici sfottò e poco più, per il resto tutto liscio anche grazie al comportamento super dei giocatori in campo, abili nell’aiutare gli arbitri stemperando situazioni intricate capaci di accendere rapidamente i 3505 dell’impianto udinese. Entrando in cronaca la partita si presenta
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subito maschia, ostica, ma giocata comunque a grande ritmo dalle due formazioni. La squadra di Dalmasson inizialmente fatica nel suo fondamentale migliore, l’attacco. La franchigia di coach Lardo fa capire subito di essere difficilmente perforabile in difesa, lasciando solo qualche occasione dall’arco a Trieste. Kyndall Dykes si dimostra funambolico, Diop fa a sportellate con Cittadini e Da Ros, Pellegrino è chirurgico. Raspino azzera offensivamente l’uomo più forte di Trieste, Javonte Green. Benevelli porta esperienza e precisione. Già dal primo quarto Udine sembra dunque aver la faccia giusta per condurre in porto il match. Mentre il pubblico si sbeffeggia a vicenda, la partita corre in maniera divertente verso il termine dei 10’ di gioco iniziali. Udine, dopo un primo tentativo di fuga di 5 punti, pochi secondi prima della fine del primo quarto perde alcune sanguinose palle in attacco che riportano il match in perfetto equilibrio. Alla prima sirena, dunque, la partita non è ancora decollata. La bilancia non pende da alcuna parte. Il punteggio dice 17-17. Trieste continua a soffrire l’esperienza di Udine anche nella seconda parte di gara, dove i bianconeri dimostrano di avere più fame, spinti da un Carnera mozzafiato che crede nell’impresa. Lo stesso Lardo ci crede. Dimostra molta pacatezza, intelligenza e gestisce al meglio il lungo roster inserendo anche Pinton, al rientro dall’operazione per frattura spiroide del quarto metacarpo della mano sinistra. La squadra gira come un orologio, è aggressiva e produce un allungo che poi si rivelerà decisivo ai fini del risultato finale. I fortissimi giocatori Usa di Trieste Green e Lawrence, da subito carichi di falli, sono fuori dalla partita anche grazie alle strepitose azioni difensive di Dykes e Raspino. Ferrari, quando viene chiamato in causa, non lascia scampo a un giocatore di grande tecnica come Da Ros e gli concede solo tiri spalle a canestro dal quoziente di difficoltà molto elevato. Dalmasson sente il nervosismo del match. I tifosi di Trieste provano a spronare i loro beniamini che però non riescono a far entrare in partita gli uomini chiave. Pinton intanto regala una perla al pubblico di casa con un gioco da 4 punti: tripla con fallo e libero aggiuntivo. Carnera in visibilio. È un catino infuocato. Udine mantiene alti i ritmi del match con tiri puliti che consentono al team bianconero una tremenda impennata nel punteggio. Il tabellone al 20’ indica 42-31 Udine.
e mezzo i ragazzi di Lardo hanno segnato solo 4 punti, ma per loro fortuna, complice una difesa esemplare, anche Trieste non riesce a fare granché meglio e rosicchia a malapena 2 punticini alla Gsa. Dykes serve più volte il piatto forte della casa, folli step-back che contribuiscono al 55-46 Udine quando si giunge all’ultimo break di sospensione. I tifosi ci credono sempre di più, Lardo fa il pompiere stimolando a dovere i suoi giocatori a compiere l’ultimo sforzo. Grande abnegazione, concentrazione e capacità di soffrire sono le qualità principali dell’Apu, doti che spesso, negli incontri precedenti, venivano meno proprio a questo punto della gara. Ma stavolta tutto è diverso. Anche quando le energie vengono a mancare, l’atteggiamento non cambia, la tranquillità si intacca solo in maniera lieve, i friulani soffrono, lottano su ogni pallone e non si scoraggiano di fronte ad errori e ingenuità più o meno gravi. L’Apu gestisce le proprie energie e riesce a non perdere le mani dal manubrio. Veideman seppure a tratti in ombra, riesce a gestire al meglio cronometro e falli avversari. Ad oltre quattro minuti dal termine escono di scena per cinque falli sia Green che Lawrence. Benevelli è lucidissimo, la palla per lui non scotta ed è anche grazie a lui – suoi i liberi che scrivono la parola fine sul match – che la Gsa riesce a gestire il vantaggio portando quindi a casa il risultato. Udine 73, Trieste 69. Secondo derby vinto nel 2017. Trieste paga il non aver saputo armare le sue bocche da fuoco più importanti, Udine è stata bravissima nello sfidare i rivali sul
loro terreno di gioco, il ritmo. Alla fine della partita momenti di apprensione per Dykes, a terra per qualche minuto a causa di un forte dolore al ginocchio provocato da una lotta per conquistare il pallone. Gli applausi attendono che “Dykes in the skies” si rialzi per far esplodere la festa sugli spalti a suon di “tutti a casa alé”. Sterile la risposta del tifo triestino, che lascia il Carnera scandendo, tra i fischi, l’ancora attuale “salutate la capolista”. Trieste infatti rimane prima del girone seppur con quattro punti di vantaggio su Fortitudo, Udine e Montegranaro. L’Apu, dopo la vittoria sui giuliani, è chiamata ora a compiere un ulteriore passo per accedere automaticamente alle Final Eight. L’ideale sarebbe battere Imola il 7 gennaio – palla a due ore 18 – per continuare la striscia positiva rimanendo al contempo sulla scia di Trieste. Per la qualificazione a Jesi, facendo gli scongiuri del caso, potrebbe in ogni caso non essere strettamente necessario vincere. Udine si qualifica in 14 casi su 16 possibili soluzioni. Ovvio che battere Imola metterebbe le cose in chiaro e permetterebbe ai bianconeri di iniziare il nuovo anno con una vittoria. E si sa, vincere aiuta a vincere.
Nel terzo quarto difese arcigne sia per Udine che per Trieste. I friulani, in particolare, sembrano aver perso momentaneamente confidenza col canestro. Dopo sei minuti
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RASPINO-VICENZOTTI, PROFESSIONE TUTTOFARE CJOSUL | GENNAIO 2018
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SOLO COTONE Simone Narduzzi simone.narduzzi@cjosul.it
LE DUE ALI CLASSE ’89 SI RACCONTANO FRA RICORDI, SOGNI E PICCOLE CURIOSITÀ 19
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L’esperienza maturata negli anni sopra il parquet, le prospettive di una carriera in piena fase di affermazione. Un numero in comune, non di casacca ma d’anni compiuti, ed un talento dai mille risvolti al servizio del basket made in Friuli. Da un lato il neo acquisto ex Piacenza, scuola Biella, dall’altro il capitano ormai udinese d’adozione. Questo mese Cjosul vi presenta Tommaso Raspino e Debora Vicenzotti: tuttofare della palla a spicchi classe 1989 le cui prestazioni stan contribuendo a portare Apu Gsa e Libertas Basket School verso i traguardi prefissati all’inizio di questa stagione. Se l’approdo di Tommaso in bianconero risale al principio della scorsa estate, per Debora la militanza nel panorama cestistico udinese affonda le sue radici nel “lontano” 2004: è infatti allora che la giocatrice di Tamai di Brugnera si trasferisce sportivamente nel capoluogo friulano. Da quella scelta deriveranno successi, cadute, affetti da conservare: elementi insomma alla base di una persona che oggi è simbolo della principale realtà femminile per la pallacanestro in regione. Debora, possiamo dirlo, prodotto del vivaio locale, un vivaio che per Tommaso ha invece sede nella città di Cossato. È nel comune piemontese che un giovane, giovanissimo Raspino muove i suoi primi passi all’interno di quel gioco ora diventato mestiere. Il passaggio poi a Biella – formazione di cui diverrà capitano vincendo la Coppa Italia Legadue nel 2014 – e le parentesi fra Pesaro, Ferentino e non solo, condurranno dunque l’atleta a vestire la maglia dell’ambiziosa compagine costruita dal presidente Pedone. Tommaso e Debora: due ali complete, dotate di un bagaglio punti importante unito a forza e attenzione in difesa. Grazie CJOSUL | GENNAIO 2018
ai centimetri che portano in dote, questi ragazzi sanno rivelarsi ossi duri anche per avversari di più grossa taglia, garantendo dunque a coach Lardo e Pomilio la possibilità di giostrarli nelle scelte del proprio quintetto. Difficile crescano ancora in altezza, lo stesso non si può dire per le loro già ottime capacità in campo. L’età è quella giusta per continuare a migliorare, perfezionando tecniche, tiro ed atteggiamento, trovando quindi pienezza nello sviluppo del loro talento. Ventotto anni, di cui molti spesi sul parquet. Potremmo dire che stai affrontando questa stagione nel pieno della tua maturità sportiva. Tommaso: “Negli anni fortunatamente si tende a maturare, a migliorare sia dal punto di vista fisico sia a livello di carattere e personalità. Questa stagione la vedo come una boa da girare per guardare al futuro con più maturità. Senza dubbio in campo mi sento bene, coinvolto, sento che questa potrebbe essere una buona stagione”. Debora: “Decisamente. Dicono che la maturità sportiva arrivi attorno ai 27/28 anni ed effettivamente mi rendo conto che è così. Ti senti più sicuro grazie all’esperienza maturata, e questo ti porta ad affrontare le partite in maniera diversa. Poi quest’anno sono anche la più ‘vecchia’, ed essendo il capitano, oltre a rappresentare la squadra, devi anche aiutare le tue compagne a crescere. Probabilmente questi fattori mi hanno dato la forza di non buttarmi giù nei momenti peggiori, in modo da poter essere sempre un sostegno per le mie compagne. Aiutarle a crescere è una delle cose più belle, è uno stimolo, una motivazione continua. Anche se è la tua giornata no devi comunque lottare fino alla fine perché loro imparano da te”. Dall’attualità facciamo quindi un salto indietro nel tempo. Quali persone, ricordi, momenti porti nel cuore del periodo in cui hai iniziato a praticare questo sport? Tommaso: “Per mia fortuna ho avuto tante persone che mi hanno aiutato in questo percorso. D’altronde, al giorno d’oggi, se non hai una famiglia che ti supporta è molto difficile riuscire in questo sport. Non basta il talento ma ci vogliono dedizione e tanto sacrificio sin
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da piccoli: se sei bravo e ti impegni poi la vita ti premia in qualche modo. Oltre alla mia famiglia, che è la cosa più importante, mi porto dentro tutte le persone che ho incontrato in questo cammino, in particolare penso agli allenatori che mi hanno cambiato la carriera, che mi hanno cresciuto quando ero piccolino, dagli anni del minibasket fino agli anni in cui sono ‘esploso’. Uno di questi maestri Luciano D’Agostino, è quello che mi ha preso quando avevo 4 anni e mi ha cresciuto fino ai 14, insegnandomi i valori che ci sono dietro alla pallacanestro e allo sport in generale. Negli anni ha sempre continuato a far avvicinare i bambini a questo sport, a cercare di salvarli dalla strada, di insegnargli dei valori che si portassero nella vita al di là di quello che la vita gli avrebbe dato. Per me lui è veramente un maestro, di conseguenza non ho esitato nel momento in cui mi ha chiesto di collaborare con lui come testimonial della Minibasket School di Cossato (le porte della Tommaso Raspino Minibasket School si sono aperte lo scorso settembre, ndr). Anzi, per me è un onore perché lo sport può salvare tante vite”. Debora: “Io ho iniziato relativamente tardi, quando avevo 9/10 anni, a Porcia. Lì ho conosciuto le mie prime compagne d’avventura. Una si è trasferita qui quando son venuta a Udine, Martina Pianezzola. Poi ho avuto amiche che mi son portata dietro nella vita, come Elisa Nicoli. Loro han smesso di giocare, però son state lo zoccolo duro, quelle che mi han fatto venir voglia di continuare.
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Andando avanti con gli anni son venuta a Udine e ho conosciuto gente che ancora fa parte della mia vita, come Patrizia De Gianni, che ha giocato con me per dieci anni, Sara de Biasio, che adesso ci fa da fisioterapista. Il basket mi ha aiutato tanto, anche al di fuori del campo, a trovare persone a cui tuttora sono legata. Come allenatori, i miei primi allenatori son quelli che poi mi hanno aiutato a venire fino a Udine: Ambretta Modonutti e Nello Scognamiglio”. Procedendo poi lungo la tua carriera di cestista è possibile risalire a periodi in cui hai incontrato degli ostacoli e altri, invece, di maggiore esaltazione. Tommaso: “I momenti più difficili della mia carriera sono stati quelli in cui ho giocato poco. Ero giovane, scalpitavo e guardare gli altri giocare dalla panchina non è bello per chi ama questo sport. Quando lo pratichi è la cosa più bella del mondo, ti dà delle sensazioni che non sono esprimibili a parole e quindi vedere gli altri provarle o soffrire per questo è brutto, vorresti sempre dare una mano, vorresti sempre avere una tua parte. Ci son stati degli anni in cui son stato parecchio male, in cui non vedevo più in questo lavoro la mia vocazione. Ho però avuto la fortuna di avere anche anni in cui sono stato ripagato di tutti i sacrifici fatti. Il mio anno migliore è stato a Biella, quando abbiamo vinto la Coppa Italia e io ero capitano: son sentimentalmente legato a quella squadra, a quella società, perché ci son cresciuto, perché ci lavorano
e ci giocano tanti amici veri. Aver portato in alto il nome della squadra e della città è per me motivo di grande orgoglio”. Debora: “Le due rotture del crociato: sinistro nel 2005, destro nel 2009. Con la prima mi son giocata la possibilità di andare all’Europeo Under 16. Sono stata male, però ero giovane e son tornata nel pieno delle forze senza alcuna paura. Anzi, questo infortunio mi ha aiutato tantissimo e se non mi fossi fatta male non sarei la persona che sono oggi. Quando ti fai male sei da solo, se vuoi tornare a giocare come prima, se non più forte, devi avere delle motivazioni interiori grandissime, le stesse che sono riuscita e che tuttora riesco a tirar fuori. Quando è capitato il secondo infortunio, invece, anche quello prima di un Europeo di categoria, è stato un dramma. Volevo smettere di giocare. Non capivo perché fosse ricapitato a me. Alistair Castagnoli, il mio preparatore atletico, è quello che mi ha aiutato più di tutti assieme al presidente Leonardo de Biase: mi hanno convinto a tornare, perché io non ce la facevo, non mi sentivo pronta ad affrontare tutto da capo. Invece con loro ce l’ho fatta, ed è stato questo un altro passo che mi ha fatto la scorza dura. Sono stati momenti brutti ma di cui conservo comunque un ricordo positivo. Di bello ho avuto tantissime cose, il primo gruppo qui a Udine, in cui sono stata accolta davvero bene. Insieme abbiamo giocato cinque finali nazionali, due volte son riuscita a entrare nel miglior quintetto. Poi c’è stata la chiamata con la Nazionale A. Ho fatto solo un raduno,
però è stato motivo di orgoglio per me e per la società. Quando la segretaria me l’ha detto al telefono ho cominciato a piangere, lei era emozionatissima, ed io più di lei. La capitana prima di me era Mita Giacomelli: anche di lei ho un bellissimo ricordo. Diciamo che i ricordi belli sono molti di più di quelli brutti”. Veniamo allora all’atleta dei giorni nostri. In campo segni tanto e riesci a fornire anche buone prestazioni difensive: potremmo definirti giocatore/giocatrice completo/a. C’è però un particolare aspetto del tuo gioco che ti piacerebbe correggere? Tommaso: “Devo trovare continuità a livello mentale, da un punto di vista di approccio alla gara. Penso che il resto poi venga tutto in modo naturale perché alla fine ognuno di noi, chi più chi meno, è nato per giocare a pallacanestro. È una cosa che abbiamo dentro, di conseguenza occorre solo trovare il giusto modo per tirarla fuori. In campo cerco di dare tutto quello che posso per vincere la partita, e sembra scontato però alla fine se ti concentri su quello ti viene spontaneo fare determinate cose per ottenerlo. Uno scatto in più, un particolare fatto meglio: sai che alla lunga questo ti può portare alla vittoria, e nel momento in cui lo realizzi ti viene molto più facile sacrificarti per la squadra o rinunciare a qualcosa di tuo. È lì che riesci ad essere talmente libero mentalmente che poi ti viene anche tutto il resto. È un meccanismo strano, ma prima lo impari, prima ne trai beneficio”. Debora: “Ci tengo tanto a migliorare i miei limiti, quindi ogni anno cerco di migliorare un particolare aspetto del mio gioco. Quest’anno sto cercando di migliorare il mio uno contro uno. Con il coach ci alleniamo molto spesso su questo aspetto, mi fa sempre marcare da Vanessa Sturma, che fisicamente è uguale a me. A Vanessa dico sempre di menarmi senza problemi, così poi io miglioro (sorride, ndr). Vorrei sviluppare l’uno contro uno con delle soluzioni alternative, quindi non solo terzo tempo, ma anche arresto e tiro in velocità, finte, ecc. L’anno scorso ho lavorato sul tiro da tre e l’allenamento ha dato i suoi frutti. Quando vedo che ho un limite che mi dà ‘fastidio’, che non mi permette di fare quello che vorrei, allora cerco di superarlo”.
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>> SEGUE era un boccone parecchio amaro, ci mettevo giorni ad assimilare una sconfitta. Adesso un po’ crescendo, un po’ a forza di sconfitte (sorride, ndr), diciamo che ci fai il callo. Io sostengo che nel momento in cui uno esce dal campo sapendo di aver dato il 100%, anche nelle sconfitte può trovar serenità. Gli errori ci stanno, fanno parte del gioco. L’importante è fare gli errori giusti, ovvero non errori di atteggiamento, quelli che il coach chiama errori di grinta. C’è chi è più o meno forte, chi ha più o meno talento, però l’essere grintoso è una cosa che si sceglie. Di conseguenza puoi scegliere di dare il massimo e, se fai sempre questa scelta, una volta uscito dal campo puoi esser contento di quello che hai fatto”. Debora: “A fine partita è un boccone amaro da digerire. Di base sono molto agonistica, anche al campetto mi piace vincere. Quindi all’inizio ho l’amaro in bocca perché penso a quel che avrei potuto fare per aiutare la squadra a vincere. Nella settimana questo sentimento si trasforma in voglia di vincere la gara successiva, lavorando insieme alla squadra. È quindi una sensazione che voglio trasmettere al gruppo in modo che tutte si allenino meglio arrivando al giorno della partita cariche al punto giusto, senza che questo sfoci in tensione”. Hai qualche rito pre-partita? Com’è il rapporto con il coach? Tommaso: “Lino è un ottimo allenatore, ma prima di tutto è una brava persona. Con lui si vive bene la pallacanestro, il campo, la squadra e lo spogliatoio. Sono piccole cose che servono per far passare un anno leggero a chi è lontano da casa e ti aiutano a fare meglio il tuo lavoro. Perché alla fine si tratta di un gioco: col tempo è normale che cambino certi meccanismi, però se ritrovi un po’ la voglia e la spensieratezza di quando hai iniziato tutto viene con più serenità. Qualche sconfitta amara la si supera con un sorriso, e magari a quella seguono tre belle vittorie. Al contrario, in situazioni in cui ci si deprime o si è sempre tesi, si rischia di fare di una sconfitta un caso da cui nascono fantasmi poi difficili da scrollarsi di dosso. L’ambiente in questo aiuta, ed è il bello di giocare qui a Udine. Dall’esterno non arriva troppa pressione. La gente, ovviamente, ci tiene a vincere, ma quando l’incitamento è più forte della CJOSUL | GENNAIO 2018
pressione poi la squadra lo sente, sente l’affetto del pubblico, e in campo ti viene più spontaneo dare qualcosa in più perché ti identifichi in quello che stai facendo”. Debora: “È bello, è la prima allenatrice donna che abbia mai avuto. All’inizio non sapevo cosa avrebbe potuto succedere, perché io ho il mio carattere abbastanza forte, lei pure. Però avevamo già avuto una collaborazione assieme in precedenza visto che l’avevo aiutata nel settore giovanile con le Under 13. In campo avrebbe potuto essere tutto diverso, ma invece abbiamo continuato a mantenere questo legame. Con lei mi trovo molto bene, riusciamo a parlare di tutto. Poi con lei gli allenamenti sono tosti, e questo mi aiuta a cercare di superare i miei limiti”. Come vivi una sconfitta? Stimolo per la gara successiva o boccone difficile da digerire? Tommaso: “All’inizio della mia carriera
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Tommaso: “Mi piace fare le cose con calma. Prendermi il mio tempo, cambiarmi, preparare la divisa. Mettere in ordine è per me un modo di dare ordine anche alle idee, di concentrarmi. Credo che l’ordine in questi aspetti si rifletta poi nella vita quotidiana: quindi cerco di essere il più ordinato ed equilibrato possibile più o meno in tutto”. Debora: “Sono una giocatrice anomala, non sono scaramantica. Mangio quello che mi va, metto il top che ho quel giorno, ogni tanto ascolto musica, leggo, a volte dormo: non ho un rito. L’importante è sentirsi cariche al punto giusto. Se poi sei abituato a fare sempre la stessa cosa e quel giorno non riesci a farla? Vai in crisi: non voglio dipendere da queste cose”. Idoli a cui ti ispiri? Tommaso: “Il primo idolo a cui mi sono ispirato è stato Kobe Bryant, il mio numero è preso dal suo. Quando sei piccolo guardi agli idoli dell’Nba. Poi crescendo il mio
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secondo idolo è stato Nicola Minessi, un ‘bomber’ che ha militato in tante squadre tra cui Biella, giocava col numero 5. Ho avuto anche la fortuna di diventare suo amico. In quegli anni era il giocatore osannato da tutto il palazzetto, quindi per noi lui era un idolo”. Debora: “A me piace molto il basket di una volta, fatto di tanta tecnica e molta volontà. Adesso è bello, però è molto più fisico. Mi piace moltissimo Larry Bird. Lui era ‘sfigato’ fisicamente, però con la sua volontà è diventato uno dei migliori giocatori dell’Nba. La sua morale, oltre alla sua tecnica spettacolare, mi ha sempre colpito molto. Poi c’è Manu Ginobili: in generale mi è sempre piaciuta questa tipologia di giocatori. Mi piaceva anche Magic Johnson, che sorrideva sempre e sapeva fare più ruoli nonostante il suo fisico: anche a me è sempre piaciuto saper giocare sia fuori sia sotto in modo da poter essere polivalente. Poi vabbè, Michael Jordan, lui è l’idolo di tutti”. Propositi per l’anno nuovo? Tommaso: “Essere una persona migliore, cercare di guardare al passato
come a un insegnamento. Migliorare giorno dopo giorno sia come persona che come giocatore, perché se lo vuoi non smetti mai di imparare. Bisogna però volerlo con forza”. Debora: “Io voglio puntare ai playoff, spero di arrivare almeno fra le prime otto. Se fossimo state fra le prime quattro avremmo potuto giocarci la Coppa Italia, non so se è fattibile, ma mi piacerebbe giocare i playoff. Lì puoi vincere anche contro la prima. Siccome l’anno scorso abbiamo avuto un calo fisico proprio in quel momento, quest’anno vorrei andasse diversamente”. Quali passioni ti caratterizzano oltre all’amore per la palla a spicchi? Tommaso: “Fondamentalmente sono una persona molto curiosa. Ho una passione che purtroppo non concilia molto con la pallacanestro che è il kitesurf. Ho imparato in Sardegna, con grande sacrificio, grazie ad Alfredo Moruzzi, che ha giocato a Trieste e fa il maestro di kitesurf. Pian piano sto cercando di coltivare altre passioni, di
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cercare altri interessi. La pallacanestro è una cosa che ti impegna a tutto tondo, e in questo periodo della mia vita sto cercando di avere anche nuovi stimoli, di cercare qualcosa che mi dia serenità nei momenti più difficili. Questo perché quando dedichi tutta la tua vita a una cosa, nel momento in cui va male, rischi di trovarti fuori equilibrio e di non avere un appiglio a cui aggrapparti”. Debora: “Adoro viaggiare e scoprire nuove culture, colgo la positività che c’è in ognuna e cerco di farla mia: sono stata in Sudamerica, in Africa, ho girato l’Europa. Il prossimo anno vorrei andare nel Sud-est asiatico. Poi amo leggere, principalmente romanzi. Adesso sto leggendo l’ultimo libro di Isabel Allende, Oltre l’inverno. Faccio fatica a trovare il tempo, ma quando posso leggo volentieri, soprattutto quando viaggiamo per una trasferta”.
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100 YARD PER LA GLORIA
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Marzio Paggiaro marziopaggiaro@gmail.com
Sbirciamo il football FVG Natale è passato, ma anche in questo mese di gennaio la redazione di Cjosul ha deciso di farvi un bel regalo con la presentazione – dopo il quadro fornito su Leoni Basiliano e Sentinels Isonzo – delle altre tre squadre orbitanti nel panorama regionale: Alto Livenza 29ers, Draghi Udine e Muli Trieste. Alto Livenza 29ers Fondati il 29 aprile del 2014, gli Alto Livenza 29ers nascono dalla forte passione in comune fra un gruppo di amici, un amore per il football americano che li portava spesso a trovarsi in un campo di grano a giocare senza attrezzature, equipaggiati soltanto del loro pallone. Una volta raccolti ulteriori “proseliti”, si è venuta così a formare la nuova realtà sportiva del pordenonese, società con a capo il presidente Eddi Santin, coadiuvato da un team
dirigenziale composto da Alessio Pizzol, Alessio Bresotto, Axel Ortolan, Davide Bianco Momesso e Davide Petrucelli. Il primo allenamento dei 29ers si è tenuto in un campetto di Polcenigo – paesino situato lungo la strada provinciale 29 – e ha visto la partecipazione di una decina o poco più di ragazzi. Ora il numero supera la trentina. I giocatori vengono seguiti da un esperto coaching staff, dove Marco Valentino è l'head coach mentre Davide Petrucelli e Kennet McNeely curano la parte difensiva. Richard Dalastorm segue la parte offensiva e infine Martin C. Vasquez prepara i ricevitori per l'attacco e i cornerback per la difesa. Nel primo anno di attività i 29ers si sono concentrati sull'allenamento e qualche amichevole con Sentinels Isonzo e Draghi Udine; con la stagione 2016, invece, è iniziata la loro avventura nel campionato di football a nove, torneo dove hanno collezionato cinque sconfitte e due vittorie. L'ultima stagione si è conclusa con cinque sconfitte e una sola vittoria. Nonostante ad oggi il team sia composto da un buon numero di giocatori, non son stati pochi i problemi relativi al reclutamento di nuove leve. Solo nell’ultimo anno, infatti, la squadra è
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riuscita a integrare dieci nuovi elementi raggiungendo così un numero consono per potersi riuscire ad allenare in modo appropriato. Da questa estate è partito il progetto di flag football Under 11 al fine di avvicinare i bambini e le loro famiglie al mondo della palla ovale, a uno sport capace di creare un incredibile senso di appartenenza alla squadra così come un affiatamento, forse, senza eguali. Gli Alto Livenza 29ers American Football Team sono presenti su Facebook con la pagina ufficiale del club. Per ogni informazione è possibile inoltre contattare Alessio Pizzol al 334-2518946. Draghi Udine Formazione principe del capoluogo friulano, i Draghi Udine nascono nel 1993 sulla scia delle precedenti esperienze di football nel territorio: Zebre a Udine, Leoni a Palmanova e Barbarians, nati dalla fusione tra le due squadre. La storia dei Draghi affonda quindi le sue radici ben al di là del 1993, ovvero fra 1984 e 1985. La nuova squadra comincia dalla gavetta, con la partecipazione al campionato IFL – una lega amatoriale che riunisce tutte le piccole realtà del Nord Italia – praticando una versione ridotta del football a otto CJOSUL | GENNAIO 2018
100 YARD PER LA GLORIA >> SEGUE giocatori. Nel 1998, i Draghi raggiungono la finale di questo campionato, ma i progetti portano il club ad affacciarsi su nuovi orizzonti: in tempi di piena crisi del football in Italia, i Draghi tornano al football a undici giocatori e si iscrivono alla seconda divisione del campionato austriaco, disputato con alterne fortune sino al 2003. Fra il 1999 ed il 2003, la storia dei Draghi è la storia di una società in crescita, dove vengono definiti programmi e reclutati nuovi giocatori, con una particolare attenzione ai giovani. Nell'inverno del 2003 i tempi son maturi per un nuovo salto di qualità: i Draghi salutano l’Austria e rientrano nella Federazione italiana, iscrivendosi al campionato nazionale di Serie B 2004/05. in quella stagione e in quella successiva, però, i risultati non sono dei migliori e portano in dote ai friulani una vittoria e sette sconfitte in entrambe le annate. Nell'autunno del 2005 debuttano nella Junior League, il campionato nazionale Under 21, i Fires, frutto della collaborazione con i Muli di Trieste. La squadra si comporta bene e manca di un soffio l'accesso ai playoff, giocandosi tutto in una sfida molto tirata contro i Warriors Bologna, vittoriosi al termine della gara
per 6-0. Il risultato migliore del settore giovanile arriverà nel 2010, quando nel Christmas Bowl del 18 dicembre la giovanile – questa volta esclusivamente formata dai Draghi – si classificherà vicecampione d'Italia. Nel 2006 il club friulano comincia a raccogliere i frutti di tutto il lavoro svolto: i neroarancio partecipano alla Serie A2 rivelandosi la seconda forza di un girone composto da Hogs Reggio Emilia – passati proprio in quell'anno dal campionato A1 a quello di A2 – Aquile Ferrara e Bengals Brescia. Quattro le vittorie raccolte a fronte di tre sconfitte, due delle quali maturate contro il team emiliano, risultato poi vincitore del torneo. I Draghi timbrano inoltre il primo biglietto per i playoff della loro storia, ma l'avventura si concluderà al primo turno di fronte ai Falcons Milano. Negli anni successivi i Draghi continuano a qualificarsi alla tranche finale del campionato, salvo poi vivere una flessione in termini di risultati sportivi e una perdita nel numero di iscritti alla società. Il progetto giovanile viene accostato in più occasioni e ripreso nella stagione 2016 con l'Under 16. Il settore giovanile della squadra udinese continua ad apportare risorse importanti alla prima squadra ma, come si è osservato anche nelle altre realtà in regione, il calo
nell’arruolamento di nuovi giocatori appare inevitabile. Ecco dunque che, per questo motivo, lo scorso campionato il club ha dovuto lasciare la Serie A2 per iscriversi al campionato di terza divisone di football a nove, competizione in cui è poi stato raccolto un amaro bottino fatto di zero vittorie e cinque sconfitte. Chissà se l’esperta e storica società udinese riuscirà a ritrovare i vecchi sfarzi di un’epoca in cui era riconosciuta in tutta Italia quale squadra vincente, un team dove i giochi di corsa affidati ai loro running back la facevano da padrone anche grazie ad una linea di attacco in grado di far guadagnare molte yard ad ogni portata. Formazione rocciosa, con un mix in difesa tra giovani talenti e uomini di esperienza. La società si appresta a spegnere le sue prime 25 candeline: per supportarli, oltre che per fargli i doverosi auguri, la pagina Facebook ufficiale è Draghi Football Udine A.S.D. Muli Trieste Ultimi, ma non certo per importanza, né tantomeno per longevità, i Muli Trieste, società più vecchia in regione nata nel lontano 1982. Con le loro divise prima giallo-nere e poi bianco-verdi, i Muli Trieste partecipano dal 1984 al 1990 a sette campionati consecutivi di Serie A, raggiungendo i playoff in ben tre occasioni. Nel 1990 difficoltà economiche ne determinano il fallimento. La Muli Dino Conti Trieste nasce quindi alla fine del 1991 sulle ceneri della squadra dei Muli Trieste. In questa prima fase la società utilizza il nickname “Stars”. Nel 1992 e nel 1993 la società partecipa soltanto ai campionati giovanili. Nel 1994 riparte dalla Serie A2: vi resta per quattro stagioni sino al 1997, anno in cui la società torna a riutilizzare il più distintivo “Muli”. Quando la FIAF decide di eliminare il campionato di Serie A2 a undici giocatori la squadra passa nel campionato austriaco, dove sorprendentemente raggiunge la semifinale nel 1998. Nel 1999 la mancherà di un soffio e sarà l'unica squadra
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a costringere ad un pareggio i fortissimi Cowboys Klagenfurt. Nel 2000 una perfect season viene stoppata in semifinale con una bruciante sconfitta per 7 a 6. L’appuntamento con la vittoria, però, è solo rimandato. Nel 2001 i Muli vengono inseriti nella nuova lega internazionale Alpeadria, nata sotto il patrocinio della AFBO e dell'AIFL. Il 2001 è l'anno della perfect season compiuta, con ben nove vittorie consecutive in altrettanti incontri. Protagonista assoluta della stagione regolare (6-0) la squadra, guidata dal giocatore-manager Todd Ferguson e dal runner statunitense Joel “Jojo” Jones, vince nell'ordine: finale di conference (l'Italian Bowl), partita celebrativa contro gli Invaders (AIFL Bowl) e finale del campionato Alpeadria nella finalissima a Vienna (AlpeAdria Bowl). Nel 2002 e 2003 i Muli Trieste di Ferguson prima, e Brandon Doherty poi, raggiungono ancora una volta la finale di Conference prima di essere sconfitti dai Grifoni Belluno. All'inizio del 2004 un gruppo di dirigenti e giocatori dei Muli lascia la squadra per creare i Mustangs Trieste. Nonostante tale scissione, la squadra guidata da coach Petri e coach Bressan giunge nuovamente in finale di conference – i triestini qui si arrenderanno di fronte a Belluno. Nel 2005 i Muli terminano la stagione regolare all'ultimo posto dietro ai cugini Mustangs, battuti nel primo derby della stagione. Nel 2006 i Muli scelgono di rientrare in Italia aderendo a NFLI, tuttavia non partecipano ai relativi campionati. Nel 2007 la società si iscrive quindi al campionato nazionale di A2 e viene inserita nel girone Nord-Est con Brescia, Ferrara, Udine e Mustangs Trieste. Con un nucleo di giocatori giovani e disciplinati, seppur poco esperti, la squadra chiude con un record di 1-7. Nel 2009, con lo scioglimento di NFL Italia, la squadra si iscrive alla Serie A2 organizzata dalla LENAF. Nel 2012 i Muli partecipano al campionato di Serie A2 LENAF al fianco dei cugini Mustangs sotto la bandiera di un'unica squadra triestina. L'anno successivo i Muli si qualificano ai playoff, dove vengono eliminati ai quarti di finale dai Guelfi Firenze 41-7. Il 2013 sarà un anno di svolta per la compagine giuliana, unica squadra da lì al 2016 a centrare l'obiettivo playoff per tre anni di fila in A2. L'ultimo campionato
disputato dai Muli è quello di terza categoria di football a nove. Con la perdita di giocatori anche la formazione giuliana è infatti costretta a scendere di categoria, disputando comunque una buona stagione e arrivando terza nel proprio girone. L’avventura playoff per i Muli si conclude alla prima gara vista la sconfitta subita per mano dei Rams Milano.
per affrontare la nuova stagione. È possibile reperire le ultime notizie sulla loro attività al sito mulitrieste.it e sulla loro pagina Facebook Muli Trieste.
Attualmente i Muli si stanno preparando
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Tommaso Montanari
EQC Qualifier: Torino e Roma verso Pfaffenhofen an der Ilm
Fonti foto: foto concesse da Carlo Pellegrini e Giada Mandaglio.
tommaso.montanari@cjosul.it
A MILANO I GREEN TAUROS CONQUISTANO IL LORO POSTO PER LA EUROPEAN QUIDDITCH CUP 2018 IN GERMANIA.
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abato 16 dicembre 2017, Milano. A partire dalle ore 8 del mattino, diverse squadre di quidditch da tutta Italia si sono recate al Centro Sportivo Crespi Sport Village, in zona Lambrate, per disputare il torneo più importante della Lega Quidditch: l’Italian European Quidditch Cup Qualifier (IEQCQ).
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In questo torneo, le migliori compagini che hanno calcato i campi dei vari gironi della Lega si sono trovate faccia a faccia per contendersi l’ultimo posto rimasto vacante per i club italiani alla European Quidditch Cup (EQC), che si giocherà il prossimo aprile a Pfaffenhofen an der Ilm. E l’altro posto? Spetta di diritto ai Virtute Romana Quidditch, campioni d’Italia della scorsa stagione. La lista dei club partecipanti includeva Green Tauros Quidditch Torino e Milano Meneghins Quidditch dal Girone Verde, Hinkypunks Bologna Quidditch, Manticores Modena, Perugia Gryphons Quidditch e Siena Ghibellins Quidditch Club dal Girone Bianco e infine Lunatica Quidditch Club dal Girone Rosso. Sette squadre in tutto, dopo che altri team si sono visti costretti a ritirarsi per mancanza di giocatori – come nel caso dei nostri Midgard Vikings – o di requisiti arbitrali – come è successo ai Bombarda Brixia di Brescia, secondi classificati al Girone Verde –,
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fondamentali per la buona riuscita di ogni competizione ufficiale. Il torneo è stato organizzato con un gameplay a doppia eliminazione. Due gironi: uno dei “vincenti” e uno dei “perdenti” per selezionare il team migliore di ogni girone, il quale sarebbe arrivato in finale per provare ad aggiudicarsi il torneo e, quindi, il proprio posto all’EQC 2018. L’algido clima lombardo e un lieve ritardo tecnico non hanno minimamente intaccato la grinta dei giocatori e dei volontari accorsi in gran numero: non appena i due campi da gioco sono stati allestiti, le partite hanno iniziato ad infiammare gli animi e a scaldare l’ambiente. Perugia e Siena hanno aperto le danze con un match infuocato, dove la superiore prestanza fisica della squadra umbra, forte di ben tre giocatori con un florido background nel mondo del rugby, si è scontrata con lo spirito guerriero dei senesi. Il risultato è stato incerto fino all’ultimo, quando la presa del boccino
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da parte dei Gryphons ha dichiarato la fine del match per 140 a 110. Mentre i perugini intascavano la prima vittoria, accanto a loro si consumava l’acceso scontro tra Lunatica e Meneghins, due delle squadre più longeve d’Italia, conclusosi con la vittoria dei brindisini per 180 a 70. A seguire, i giovanissimi Manticores Modena se la son vista con Bologna e i suoi giocatori più esperti in un derby interessante portato a casa dagli bolognesi per 120 a 20. Avendo vinto il primo match del torneo, i Gryphons sono quindi scesi in campo contro i Green Tauros, ma in questo caso la potenza e la tecnica dei perugini non sono state sufficienti per far propria la gara: il team torinese, infatti, si è aggiudicato la vittoria per 200 a 80. Nel frattempo, ecco il riscatto dei senesi, vittoriosi di fronte ai Meneghins padroni di casa grazie alla presa del boccino e a un punteggio totale di 160 punti contro i 110 collezionati da Milano. Le partite si sono quindi susseguite a raffica: mentre in un campo Siena sconfiggeva Milano, nell’altro Brindisi strappava all’ultimo una vittoria contro i bolognesi Hinkypunks in un match estremamente combattuto e conclusosi per 70 a 60 con cattura brindisina del boccino. Per Bologna la lotta è continuata poi nel girone dei perdenti, dove ha incontrato Milano: la conseguente vittoria dei bolognesi per 240 a 80 ha segnato dunque l’uscita dei Meneghins dal torneo. Un destino simile è toccato ai Manticores, battuti sia da Perugia che da Siena, pur accaparrandosi un boccino nella gara contro i toscani. In contemporanea al 150 a 30 con cui Torino si è sbarazzato di Brindisi, nel secondo girone si è assistito all’uscita definitiva di Perugia dopo un’accesa battaglia contro Bologna. Agli Hinkypunks è toccato così affrontare i Ghibellins. Anche in questo caso, le due compagini sono riuscite a dar vita a una partita combattuta fino all’ultimo e conclusasi con uno scarto di soli 20 punti a favore di Siena. La squadra toscana è quindi subito scesa in campo contro i Lunatica per un match dalla posta in gioco piuttosto alta: la formazione vincente avrebbe infatti affrontato in finale i Green Tauros. Il
verdetto di questo incontro ha favorito Siena grazie a una differenza di soli 10 punti, 100 a 110 il risultato finale. Entusiasmante la finale Torino-Siena: la notte è già calata su Milano, e con essa anche le temperature. Ciò tuttavia non ha avuto alcun impatto sulla partita, andata in scena senza esclusione di colpi fino al 280-90 finale di marca i Green Tauros: il tanto agognato spot per l’EQC è loro. Tirando le somme di questo torneo possiamo dunque affermare come nulla sia da dare per scontato nel quidditch italiano, in quanto le squadre continuano a crescere e a migliorarsi sempre di più: basti pensare all’ottimo risultato raggiunto dai Manticores, che a pochi mesi dalla loro formazione sono già stati capaci di tenere testa a club più vecchi e con molta più esperienza di loro. Ottimo anche il piazzamento di Siena, che dopo una prima sconfitta ha scalato inesorabilmente il girone dei perdenti fino ad arrivare in finale. Non possiamo tuttavia affermare che sia stata questa un’ascesa facile, visto che Bologna e Brindisi, altre due squadre tecnicamente molto avanzate, hanno dato del filo da torcere ai Ghibellins.
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Il torneo purtroppo ha anche mietuto più qualche vittima durante i diversi incontri, ma ogni danno è stato facilmente arginato dalla prontezza d’intervento del team medico chiamato a presidiare lo stadio milanese. Noi di Cjosul ci uniamo alle squadre nell’augurare una pronta guarigione ai giocatori infortunati, con la speranza di vederli presto cavalcare nuovamente una scopa. I prossimi appuntamenti ufficiali sono quindi l’EQC ad aprile, in Germania, con Green Tauros e Virtute Romana a rappresentare l’Italia. A seguire la Coppa Italiana Quidditch di maggio e, per concludere in bellezza, la IQA World Cup a Firenze in giugno.
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CALCI AL PALLONE, PELLICOLE IN CANTINA
La scelta morale di Ivan Locke
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CALCI AL PALLONE, PELLICOLE IN CANTINA Marco Michielis
marco.michielis@cjosul.it
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n questa rubrica si è sempre cercato d'evidenziare come lo sport venga raccontato e s'intrecci con le varie forme dell'arte, in particolar modo con il cinema. In questa puntata tenteremo di discutere brevemente di un gran bel film uscito, pressoché in sordina, nel 2013 e di come il calcio, seppur per una breve durata di tempo, ci faccia capolino e costituisca un elemento importante nella quotidianità del protagonista. Il film in questione è “Locke”, scritto e diretto da Steven Knight e interpretato da un eccezionale Tom Hardy. Protagonista è, per l'appunto, Ivan Locke, capocantiere a Birmingham che, proprio la notte prima della colata di calcestruzzo più grossa e importante della sua carriera, decide di mettersi in viaggio in auto verso Londra. Il motivo di una simile scelta si rivela man mano che il film, ambientato unicamente dentro e attorno alla Bmw sulla quale Ivan viaggia, procede: l'uomo, sette mesi prima, ha messo incinta una donna dopo una sola notte trascorsa assieme, e ora questa sta partorendo prematuramente nella capitale inglese. Ivan non vuole lasciarla sola, dato che ella non ha amici o parenti che le stiano accanto. Pur non conoscendola, di fatto, decide di mettersi in viaggio per stare accanto a lei e al figlio che sta per nascere, soprattutto al fine di non commettere lo stesso erro-
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re che commise suo padre con lui anni prima, quando scomparve fino a quando lui non ebbe ventitré anni. Lungo questo tragitto, ripreso in tempo reale, Ivan, mediante il telefono di bordo, verrà lasciato dalla moglie e perderà il lavoro. Nonostante questo, riuscirà a fare in modo che la colata vada per il meglio anche in sua assenza e al suo arrivo troverà un nuovo figlio e, forse, un nuovo inizio. Durante alcune drammatiche telefonate a casa, dove lo aspettano la moglie e i due figli, Ivan, mentre confessa il tradimento di una notte alla consorte, viene più volte interrotto dai ragazzi che, ignari di ciò che sta avvenendo, attendono trepidanti il suo ritorno per guardare assieme una partita di calcio. Molto probabilmente è il Birmingham City a giocare – si sente nominare Caldwell, che all'epoca militava in quella squadra – ma Ivan non tornerà in tempo per assistere alla sua inaspettata vittoria, che gli verrà raccontata per filo e per segno dai figli. Il rito del “football” vissuto in famiglia fa parte di una quotidianità e intimità che Ivan si vedrà costretto ad abbandonare per aver compiuto quella che si può tranquillamente definire una scelta morale. Nell'ultima, intensa, chiamata da casa, Eddie, il figlio più piccolo, racconterà a Ivan i gol della sua squadra del cuore, lontano dallo sguardo della madre furente e sotto le coperte del proprio letto, a rinnovare, nella sua innocenza di bambino, quel rapporto padre-figlio che da quella notte non sarà più lo stesso. Perché anche una partita, assieme a tutto ciò che attiene alla sfera familiare, può attendere quando un uomo giusto decide di porre rimedio a un suo errore e di assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
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