Anno 3
N u me r o 2 9 -3 0
S ka n
Gennaio-Febbraio 2015
La rivista multicanale di narrativa fantastica liofilizzata istantanea
Bright Side
AMAZING MAGAZINE
Intervista a Giulio Leoni Magic in the Moonlight Anarchia Recensioni e novitĂ
Diego Cocco Venus Intervention Eretico Eden Annapaola Paparo
A s im o v B r o wn / S im m o n s / Varley / Resnick / Marino / Shaw / R o b in s o n / de Bodard Domenico Martino
Illustrazione di
- 1Do-menico Martino
N o n pe r d e t e i l n u m er o d i M a r z o 足 A pr i l e
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M y F r i en d T h e En d?
Sommario Hanno collaborato
Max Gobbo Diego Cocco Alessandro Manzetti Annapaola Paparo Riccardo Sartori Massimo Luciani Domenico Martino
del
5 - Minuti Contati OLTREMONDO Intervistai 6 - Giulio Leoni Kinetografo 10 - Magic in the Moonlight 11 - Anarchia Recensisce 12 - "I giorni del Quinto Sole" NovitĂ 13 - "La voce della distruzione" 13 - "Il DIO del DOLORE" 14 - "14" Versi Horror 15 - Diego Cocco Caleb Battiago 16 - "Venus Intervention" 17 - "La morte di Venere" 18 - "Eretico Eden" 19 - "Il circo morto"
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Bright Side
Guest Star 20 - "La lunga giornata di una bambina adulta" di Annapaola Paparo Il venditore di Pensieri Usati 25 - Asimov, "Abissi d'acciaio" 27 - Asimov, "Il sole nudo" I libri da rileggere 30 - Brown, "Assurdo Universo" 32 - Simmons, "Hyperion" 34 - Varley, "Demon" 36 - Resnick, "Astronave mercenaria" 38 - Marino, "Daimones" 40 - Shaw, "Sfida al cielo" 42 - Robinson, "Starseed" 44 - De Bodard, "Servant of the Underworld" Comics 46 - D.Martino, "Tabula Rasa" 51 - Dark Side
Sommario
del
Dark Side
Hanno collaborato
Ceranu
(Francesco Nucera)
Bloodfairy
Skannatoio Speciale #4 gennaio 2015
White Pretorian
51 - Le specifiche
(Laura Palmoni)
52 - "La speranza è l'ultima a morire" di Francesco Nucera 55 - "A bocca aperta" di Laura Palmoni 58 - "Essere Dio per un decimo" di White Pretorian
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S ka n AMAZING MAGAZINE
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Minuti Contati
Minuti Contati è una dura ma effica- Buon divertimento! ce Palestra di Scrittura. Qui gli Autori o aspiranti tali si confrontano con i loro pari come veri e propri http://www.minuticontati.com Gladiatori in un’Arena. QUI ci facciamo le ossa. QUI le rompete, le ossa.
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S ka n
Oltremondo
Intervista
Il locale è ombroso, illuminato debolmente da alcune torce infisse alle pareti di pietra che gettano ombre sinistre sui soffitti a vela. Su certi tavolacci sbilenchi siedono diversi uomini d’aspetto trasandato, vestiti da stracci e lerce casacche, che ridono sguaiatamente, bestemmiano e si ubriacano senza ritegno.In mezzo a quei “gentiluomini”, non fatico a riassiso in un canto, avevano preannunciato che un conoscere avvolto in un largo mantello di lana viaggio a bordo della Vundervaffe scura, l’uomo cerco. Indossa un (detta pure campana volante) poteva lucco finementechedecorato con fili essere un’esperienza sgradevole, ma d’oro e una calza braga dalla cui ora che l’ho sperimentato in prima persona posso affermare senza tema di smentita che meglio sarebbe stato essere sparati da un cannone. E dire che pensavo, che il buon direttore di testata quando ha parlato d’una vera e propria arma segreta per questa mia missione lo facesse in modo figurato. Fatto sta che disceso da questo macchinario infernale (che mi dicono costruito dai tedeschi sul finire della guerra)sembro più sbronzo d’un vecchio lupo di mare caduto in una stiva allagata dirhum. Il display della navicella indica la data del 21 marzo 1297, il luogo prescelto è la città di Firenze. Uscito dall’ordigno mi ritrovo in un vicolo dalle parti di Ponte Vecchio. E’ sera e la via è deserta. La taverna in cui il mio ospite m’attende è al termine d’una via laterale che termina in un vicolo scuro. Attraversandone l’uscio incrocio un tizio col volto seminascosto da un largo cappuccio di lana che mi sembra d’aver già visto da qualche parte.
M’
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cintura emerge l’elsa d’un pugnale incrostata di pietre preziose.Sul capo reca un largo cappello nero con una lunga piuma di struzzo.Con un cenno, avendomi riconosciuto a sua volta, mi invita a sedere al suo tavolo. «Messere Leoni?» chiedo a mezza bocca. «Siete nel vero.» risponde con un cenno del capo «Vi attendevo. Fatto buon viaggio?»
«Ah, non chiedetemelo, meglio sarebbe stato giungere in groppa a un diavolo.» «Di grazia quale mezzo avete usato?» mi chiede aggrottando l’ampia fronte. «Conoscete voi la Vundervaffe?» «Me ne giunse notizia, ma conoscendone il principio di funzionamento l’evitai volentieri.» risponde il mio ospite rabbrividendo. «Di norma preferisco la DeLorean di “doc” Brown, assai più comoda e veloce.» Dopo questi convenevoli, con una brocca di vino buono a disposizione, passiamo al motivo di questo incontro. Dunque è così che voi trovate ispirazione per i vostri romanzi; viaggiando a ritroso nel tempo e raccontando ciò che avete veduto da voi stesso?
naggio non previsto. Insomma, in una parola, narrare.
Un amore il vostro per il romanzo storico. Dovendo scegliere tra i precursori: il nostro Manzoni o l’albionico Scott? Manzoni è un monumento, Scott una piacevole scampagnata in un bosco di intrighi. Non sono paragonabili. Con Scott ti diverti, con Manzoni cresci come uomo.
A proposito di romanzo in chiave storica: che ne pensa il sommo poeta del vostro ciclo su Dante? Immagino avrete avuto occasione di parlarne.
una vera e propria magistratura, pure comprendeva la tutela dell’ordine pubblico. Ed è molto improbabile che un uomo dal carattere di Dante, in presenza di un delitto particolarmente misterioso e dai tratti demoniaci che venisse a turbare la “sua” città, se ne sarebbe disinteressato. Al contrario, secondo me l’uomo che poi scriverà il più meraviglioso trattato sui delitti e sulle colpe degli uomini, aveva tutti gli strumenti intellettuali per essere un magnifico investigatore. Naturalmente si parla di strumenti mentali, niente DNA e impronte digitali. Ma invece lo strumento principe del ragionare, quella logica aristotelica di cui Dante era maestro, e poi la sua capacità di intuire da pochi tratti l’animo nascosto degli uomini, e portarlo alla luce del sole senza violenza o coercizione, ma semplicemente con la forza della ragione.
Mentre scrivevo la prima avventura mi interrogavo di continuo su cosa avrebbe detto Dante. Avevo effettivamente qualche timore, ma alla fine mi assolvevo dalle colpe dell’invenzione in ragione del grande amore per il poeta, che credo si avverta nella pagina. Perché Detto tra noi, il detto poeta in veste ognuno dei romanzi è un tentativo di investigativa a chi somiglia di più? rendergli omaggio, soprattutto per Magari fosse possibile! Purtroppo al quelle qualità che mi parevano Nero Wolfe momento l’unica macchina del andassero raccontate. Il coraggio, All’ispettor Maigret tempo funzionante è la fantasia, ali- la determinazione, l’amore per le Al tenente Colombo mentata da un bel mucchio di libro- donne, la curiosità insaziabile, il riAl già citato inquilino del 221B ni, documenti, fotografie e filmati là gore morale ma anche la Baker Street dove si trovano. E ti dirò, forse è comprensione verso la debolezza Sicuramente a Sherlock Holmes, con meglio così. Se davvero fosse possi- umana, proprio per averla speriuna punta di Phili Vance e un tocco bile viaggiare nel tempo, magari ri- mentata anzitutto su se stesso. di Mike Hammer. Perché quando marremmo delusi al vedere come serve, anche Dante sa andare per le fossero nella realtà uomini o episodi Ma insomma, l’Alighieri come spicce! celebri del passato. E poi avremmo Ercule Poirot o Sherlock Holmes! il dovere morale di descriverli Nel futuro qualche solone d’accade- Facciamo un salto nel tempo (tanto esattamente, senza più l’alibi del ve- mico griderà allo scandalo. Ma per restare in tema): nel vostro E lo del tempo. Così invece siamo linell’anno del Signore 1300, che ne trentuno con la morte… inscenate un beri di ritrarceli come meglio ci pensano i dotti fiorentini? giallo nella cornice dell’impresa fiupare, aggiustarli un po’, arricchire mana. Un mad doctor tale Zoser il teatrino di qualche fondale origi- I fiorentini non si sarebbero stupiti (nome che è già un programma), un più di tanto. La carica di Priore cui tocco retrofuturista, l’eccelsa figura nale, introdurre qualche persoDante fu eletto, sebbene non fosse
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nazione. del Vate e sullo sfondo oscuri complotti sotterranei: una miscela d’ingredienti davvero esplosiva. Vo- Se vi dicessi che l’Ariosto col suo paladino fuor di senno, nonché prilete parlarcene un poco? mo intelletto a sbarcare sulla luna (con buona pace del compianto Neil Il dottor Zoser appartiene a quella Armstrong) è in verità pure un aumeravigliosa categoria assolutamente moderna del genio folle, una tore fantasy: mi denunziereste all’Inquisizione? categoria che nasce ai primi dell’800 con Viktor Frankenstein, e che poi si replicherà in un numero infinito di varianti. È una figura che mi affascina, così come il periodo in cui si svolge il romanzo, come altri miei: gli anni tra le due guerre mondiali. È un periodo magico perché vi si verifica una splendida compresenza di antico e di modernissimo come raramente altre volte nella storia. Per intenderci è il momento in cui una società ancora sostanzialmente romantica che viaggia in tram si avvia verso la scoperta della bomba atomica. In cui si riscoprono l’impero romano e gli antichi germani, e intanto si costruiscono aerei moderni e i primi razzi. È una specie di varco temporale aperto sulle epoche più diverse.
No, per niente. Ariosto è il perfetto capostipite del filone fantasy, un genere che poi da noi è abortito per una serie di motivazioni che adesso sarebbe troppo lungo analizzare.
Rimanendo a questioni siderali e dintorni.A Roswell nel 47 accadde che: Una navicella aliena dei grigi a causa d’un’avaria si schiantò al suolo Flash Gordon in fuga dal pianeta Mongo sbagliando una manovra atterrò rovinosamente Il comandante Kirk e il signor Spock inghiottiti coll’Enterprise da un buco nero sono piombati sulla terra del passato Un gruppo di grigi, alleati del perfido inseguiti da Flash A guardare la vostra opera variegata, Gordon,Ming, per non rispettato una sembrerebbe che voi vi siate inca- precedenza astraleaver ha speronato pricciato per il mondo dell’immagi- l’Enterprise in rotta verso la terra. nario: non è così? Poi, son tutti precipitati nel deserto americano per causa della forza di Assolutamente sì, la gran parte del gravità. nostro tempo è occupato da cose
immaginarie e immaginate. Non fosse altro che un terzo della nostra viLa prima che hai detto. È una storia ta è occupato dal sonno. Ma sotroppo bella per non essere vera! prattutto è l’immaginario che ci governa: religioni, ideologie, mode, E siamo alla fantascienza. Spesso si amori, sono in essenza grandi coparla d’una presunta superiorità di struzioni immaginarie. La stessa quella anglosassone rispetto alla noproiezione verso il futuro, che è poi stra: voi cosa ne pensate? la molla che ci sostiene nella vita di ogni giorno, non è altro che immagi- Da sempre in Italia la cultura acca-
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demica guarda ai generi del fantastico colla stessa benevolenza che riservarono a Galileo i suoi giudici: voi vi siete formato un’opinione in proposito? Come dicevo prima, il fantasy è nato in Italia, ma qui è anche morto precocemente. La nostra è una cultura romano-cattolica, e ha mutuato da queste aree la razionalità e il realismo, insieme con l’affidamento alla Chiesa del monopolio del fantastico. È sempre stata un terreno difficile per il racconto fantastico, e anche la fantascienza vi ha sempre trovato un terreno pochissimo fertile.
Libere associazioni in una taverna fiorentina del 1300 nei pressi della
chiesa di Santo Stefano al ponte Se dico “caccia alle streghe” voi pensate a Salem o al Maccartismo?
“Incontri ravvicinati del terzo tipo” è Il mio nome è Giulio, Giulio Leoni. il titolo d’un film oppure l’inquie- E poi? Vorreste provare a tante propaganda d’un locale per raccontarvi? scambisti?
A Salem.
Un locale di scambisti spaziali.
Il termine “guerre stellari” si riferi- Una cosa da fare assolutamente per sce alla politica di riarmo di Reagan scrivere una storia di successo? o alla saga di George Lucas? Lucas, Reagan era solo un imitatore.
“Si può fare!” Motto obamiano o… No, è il grido di Frankenstein Jr. Obama si è ispirato qui a Mel Books, come in molte altre sue iniziative.
Non cercare di scrivere una storia di successo.
Una cosa da non fare assolutamente per scrivere una storia di successo? Cercare di scrivere una storia di successo .
La più bella beffa letteraria d’ogni tempo?
Questo è impossibile, dovrei conoscermi a fondo. Posso però provare a leggere qualcuno dei romanzi che ho scritto, magari mi faccio un’idea più precisa.
Posso chiedervi quali sono i vostri progetti per il futuro? Raccontare. Ho una quindicina di storie che secondo me varrebbe la pena di conoscere. Con un po’ di pazienza, e un po’ di tempo, magari ci riesco .
Grazie messere Leoni per avermi dedicato un po’ del vostro prezioso tempo, anche a nome dei nostri Il Necronomicon. lettori. Emilio Salgari: genio assoluto della Uscito dalla locanda mi sono diretto narrativa d’avventura o solo un au- subito verso il vicolo dove tore popolare? m’aspettava l’orribile macchinario teutonico che m’avrebbe ricondotto Uno scrittore al confine tra le due al secolo ventunesimo. Per la via ho categorie. notato, in un angolo, tre figuri che discorrevano fra loro, tra essi il tizio Se si scoprisse che la teoria della che avevo incontrato sulla porta terra cava avesse basi scientifiche della taverna, e che son certo s’era cosa fareste? intrattenuto col mio ospite. La Organizzereste una spedizione in macchina del tempo ha preso a girare vorticosamente mentre le date stile Viaggio al centro della terra Tentereste di contattare gli abitatori scorrono con velocità incredibile di Agartha per tramite d’una trance sotto i miei occhi increduli. Sarà per la grande accelerazione o per non so alla madame Blavatsky Correreste sulle vette tibetane alla che cos’altro, ma adesso ricordo doricerca del varco segreto conducente ve ho visto quel volto, anzi ne conosco perfino il nome. Peccato, l’avesalla mitica Shambhala si saputo, avrei condotto con me quel tomo polveroso che tengo in Guarda che io ho già scoperto le biblioteca; è un’edizione di poco prove scientifiche della Terra cava, e conto ma con un autografo del geanche la strada di accesso. Dammi nere sopra… solo il tempo di rivelare tutto in uno dei prossimi romanzi e avrai ogni risposta.
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Max Gobbo
S ka n L’ultimo sortilegio di Woody Allen
Quando il celebre illusionista Stanley Crawford alias Wiei Ling Soo viene incaricato di smascherare una giovane e affascinante sensitiva americana Sophie Baker, da razionalista convinto e scettico incallito, non può immaginare che ogni sua certezza vacillerà di fronte alle doti sensazionali della ragazza. Ma dopo un periodo trascorso a contatto con la medium, scopre che questa non è altro che una truffatrice. Però la vera magia ha oramai sortito il suo effetto, e l’amore tra i due è destinato a travolgere ogni rancore e disincanto. Sin dai tempi di Stardust Memories (1980) , New York Stories (1989) e la Maledizione dello scorpione di giada (2001), Woody Allen ha mostrato interesse per la magia e per l’elemento soprannaturale. Ora con questa nuova pellicola inscena il vibrante contrasto tra razionalità e fenomeni soprannaturali. Lo fa attraverso la storia d’amore tra un illusionista imbevuto di positivismo e una sedicente medium. L’ambientazione, suggestiva e dal gusto retrò, è quella della Costa Azzurra della fine degli anni venti. Luogo, temporale e filmico, ideale per un cineasta amante del passato come Allen che, con mano abile, mette in scena una commedia sentimentale dai contorni da giallo (ma senza delitto) in cui, fra l’altro, gio-
Oltremondo
Kinetografo
ca collo spettatore in un modo un po’ sleale non fornendo veri indizi. Ma a questo virtuoso della macchina da presa e della sceneggiatura (Allen ha scritto e diretto il film) si può perdonare quasi tutto, anche la genialità. I personaggi sono un quadro fedele della sua cinematografia: icastici, raffinati, pieni di contraddizioni, affascinanti: alleniani. Stanley, altezzoso artista rigonfio di scetticismo, è impersonato magnificamente da Colin Firth. In contraltare, la misterica e intrigante Stephy che ha le sembianze semidivine di Eva Stone. Ottima, infine, la prova di Eileen Atkins nei panni di zia Vanessa una donna di grande personalità, ed emblema dell’equilibrio ideale tra ragione e sentimento. L’elemento freudiano, sempre caro al regista americano, prende forma col personaggio dello psicanalista amico di famiglia (Simon MacBurney), e della sorprendente zia. Dal punto di vista squisitamente registico il film appare ottimamente curato. La fotografia come la scenografia, che rammentano dei quadri impressionisti, rasentano la perfezione e sono talmente ricercate da sembrar finte. Le pennellate di colore e le pregevoli inquadrature,
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ancorché sapienti e suggestive, appaiono un po’ affettate e conferiscono al tutto un tono baroccheggiante. Il risultato? Woody Allen ha confezionato un film delizioso, curatissimo, garbato, irriverente e colorato di quell’ironia che è il suo vero marchio di fabbrica. Un lungometraggio che racconta con leggerezza ed efficacia il mondo rilucente ed effimero della ricca borghesia europea di quegli anni, il dibattito acceso tra positivisti e spiritualisti e il crescente successo che andavano guadagnandosi le teorie di Sigmund Freud. Difetti? Si, qualcuno, che però il grande Allen dissimula con l’abilità consumata con cui Wiei Ling Soo fa svanire il suo elefante.
del 1 965, girato con maestria da Elio Petri e tratto dal romanzo (The Seventh Victim) di Robert Sheckley. Quello si un film distopico, condotto con sapiente ironia e spirito critico, capace di generare la visione d’un mondo altro e futuribile. Ecco perché ci pare distante anni luce il modesto Anarchia la Notte del giudizio, dal lungometraggio interpretato da uno straordinario Marcello Mastroianni nelle vesti biondo giocatore impegnato Un concetto antico, quindi, quello del un torneo mortale dato in riproposto in modo spettacolare, in Quello si un film usando un meccanismo narrativo mondovisione. da vedere e rivedere in totale allucinato e frenetico, da James anarchia! De Monaco. Il film ricorda, nei suoi movimenti di macchina e Max Gobbo nella dinamicità delle scene, i video amatoriali girati da testimoni terrorizzati in occasione di disordini e violenze che con gusto degenerato impazzano sul web. Tra richiami alla nuova generazione dei lungometraggi horror, e vaghe e profane reminiscenze de I Guerrieri della Notte e Arancia Meccanica, il film del regista americano, anche a causa d’una sceneggiatura incerta e piena di iperbole inutili e grottesche, tenta senza riuscirci appieno, di ricreare una società distopica di alienati in cerca d’una redenzione truculenta. Ci chiediamo allora se sia valsa la pena di girare una pellicola del genere, quando nel 1 993 Joel Schumacher scioccò gli spettatori col suo geniale Un Giorno d’ordinaria follia. Ma, più di tutti gli altri illustri predecessori del genere, c’è caro ricordare lo splendido La decima vittima
sto macabro. Eppure, la funzione da valvola di sfogo delle tensioni sociali e dell’aggressività, compresse dalle regole e dalle convenzioni, è piuttosto antica. Il poeta latino Giovenale usò la famosa formula “panem et circenses”, per alludere ai cruenti spettacoli gladiatori che andavano in scena nelle arene romane, e in cui il popolo dava sfogo alla propria brutalità.
Negli USA dell’anno 2022 il governo, per limitare la criminalità ed esorcizzare la violenza, ha istituito una sorta di giorno dell’assassinio, un periodo di dodici ore in cui ogni crimine (incluso l’omicidio) è consentito. Al grido “si salvi chi può”, si scatena una lotta feroce in cui la città di New York si trasforma in un autentico campo di battaglia. In questo inferno di fuoco e fiamme, un gruppo di persone, guidate da un uomo in cerca di vendetta, sospinte da varie motivazioni e dall’istinto di sopravvivenza, cercheranno di sfuggire alla morte. L’idea su cui è basata questa pellicola americana appare abbastanza originale, anche se aberrante. L’immagine d’una società ordinata e senza crimini, è tanto auspicabile quanto utopistica. Uno sfogo regolamentato, ancorché selvaggio e criminogeno, della violenza a scopo catartico, sembrerebbe, di primo acchito, il prodotto balzano e un po’ folle della mente di qualche sceneggiatore dal gu-
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S ka n I GIORNI DEL
Quinto Sole MARINA ALBERGHINI
Conoscevamo già Marina Alberghi ni come valente saggista ed esperta francesista, nonché grande gattofila; ora però, esce per Solfanelli un suo nuovo libro, stavolta un romanzo dal sapore fantascientifico. E si, perché il suo I Giorni del Quinto Sole si colloca di diritto nel genere della SF, seppur con delle declinazioni verso altri ambiti narrativi. Ma vediamo un po’ più da vicino la trama di questa sua ultima fatica letteraria. Un archeologo in odore d’eterodossia, Carlo Celli è vessato dalla professoressa Atanasia Ferrante direttrice del dipartimento bolognese di Egittologia presso cui lavora. Ad alimentare l’astio della donna sono le teorie anticonvenzionali dello studioso. Celli, infatti, ritiene che sia esistita nell’antichità una civiltà avanzatissima, poi scomparsa, cui si dovrebbe la fondazione di quella dei faraoni. Inoltre secondo l’archeologo, i Maya e le altre culture precolombiane avrebbero risentito fortemente dell’influenza di antichi visitatori extraterrestri. In seguito, mentre effettua degli scavi in Egitto, Carlo s’imbatte in un gatto misterioso dalle caratteristiche straordinarie. Nulla per lui sarà come prima… Come si vede ve n’è per tutti i gusti, a condizione d’amare questo genere narrativo. Insomma Marina Alberghini affronta tutta una serie di temi cari a coloro che amano il fantastico e l’aura di mistero che lo circonfonde. Così nelle pagine del suo libro si incontrano: l’Atlantide
Oltremondo
Recensisce
di Platone, la grandezza e lo splendore dell’Egitto dei faraoni e le vetuste rovine della civiltà Maya. L’insieme delle notizie riportate (accuratamente documentate), e le affascinanti teorie sugli inizi della civiltà umana prendono buona parte della narrazione, rendendo il romanzo una vera chicca per i palati esigenti degli estimatori della paleoarcheologia, e delle leggende che vorrebbero l’edificazione dei ciclopici complessi monumentali di Tikal e le piramidi di Giza opere di antichi astronauti alieni. Ma le tesi contenute ne I Giorni del Quinto Sole si spingono ancor più oltre sconfinando perfino nella teologia, tentando di fornire delle risposte, magari un po’ velleitarie, a interrogativi esistenziali vecchi quanto il tempo. Un obiettivo troppo ambizioso? Può darsi. Allo stesso modo, le teorie su cui è basato il libro appartengono, il più delle volte, al mondo variegato e controverso d’una certa archeologia che di rado incontra il favore dell’ortodossia accademica. E con ciò? Si tratta pur sempre d’un romanzo di genere fantastico e non d’un trattato sulle civiltà antiche. E pertanto ben vengano, con buona pace dei soloni rigonfi di scetticismo: le apocalissi Maya, le astronavi con tanto di E.T., svolazzanti sulle rive del Nilo e il caro Quetzalcoatl ai comandi d’un razzo fiammeggiante. Si tratta indubbiamente, di teorie ricche di fascino che intrigano e pongono domande assai stimolanti. E poi, l’Alberghini ha il pregio di inserirle in una storia interessante dai tanti risvolti, e in cui non manca neppure una bella storia d’amore tra il pro-
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fessor Celli e una fascinosa animalista. La sua prosa è scorrevole, e il romanzo si lascia leggere con facilità senza stancare mai. In sostanza, si tratta d’un buon libro scritto da una mano capace e con un ottimo intuito narrativo. Da segnalare, infine, la riuscita copertina ad opera dell’ottimo Vincenzo Bosica. Ma accanto a tanti pregi c’è pure qualche difetto? Forse uno, che poi paradossalmente, rappresenta anche uno degli aspetti di maggior interesse dell’opera: ossia la presenza di troppi elementi cui si vogliono dare spiegazioni di tenore escatologico, quando, forse, è proprio nel perdurare del mistero che l’uomo può incontrare se stesso e la sua ragione ultima d’esistere. (Max Gobbo)
S ka n
Oltremondo
Novità Esiste un dio creatore di tutte le storie, di tutti gli altri dei e anche del giovane Ashioka, Dio del Dolore e della Morte, da sempre tormentato sulla natura del proprio ruolo nell’Universo. Nel cosmo che Ashioka ha il compito di sorvegliare affinché l’equilibrio resti inalterato, esiste un pianeta rosso, Amhambara, desertico e inospitale, dove il sole sembra essersi addormentato, lasciando i suoi abitanti perennemente avvolti nell’oscurità. Questo fatto è all’origine di una guerra decennale tra le due etnie che ci vivono: i pacifici Zaffiri, coltivatori e artigiani, amanti della natura, e i rozzi Sassosi, popolo di negromanti e minatori. Le loro continue battaglie giovano al Dio della Guerra, che ha dato il proprio nome al pianeta e che dai Sassosi viene adorato e rispettato insieme ai propri figli: Violenza, Distruzione, Crudeltà e Disperazione. Starà ad Ashioka capire perché il sole sia sparito e dove stia dormendo, ma anche cessare gli scontri e riportare la pace, ricomponendo un quadro antico e ancora valido, quello in cui la vita è un continuo susseguirsi di cicli e dove la morte non è la fine ma un nuovo inizio.
“Noi andiamo dove nessuno ha il coraggio di andare. Noi facciamo quello che nessuno ha il coraggio di fare. Noi apparteniamo alla Pattuglia Stellare.” Mettere in gioco la nostra vita e talvolta perderla rientra nel ruolo che ricopriamo, a patto di non pregiudicare il benessere degli altri. Con noi c’erano i delegati e la loro salvaguardia rappresentava un vincolo morale, un impegno al quale non ci saremmo mai sottratti, anche se loro stessi non parevano averlo a cuore quanto noi. Valori importanti e regole inderogabili supportano e definiscono una missione breve ma intensa, dove la preparazione e la strategia valgono tanto quanto il buon senso. La squadra della Pattuglia Stellare attraversa lo spazio, solo per constatare tristemente che la tolleranza non è quasi mai retaggio scontato né prerogativa di forme avanzate di società. Copertina di Vincenzo Bosica
Copertina di Vincenzo Bosica
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pientemente raccontate”. –The Guilded Earlobe “Prende un concetto ben pensato e lo “Se vi piacciono le caratterizzaespande creativamente per dare ai lettori zioni forti e i vortici di misteri in un ottimo mix tra Ai confini della realtà, un mix tra generi diversi, probaLost & H.P. Lovecraft… “ –Fantasy bilmente adorerete l’inferno di Book Critic 14”. –SFFaudio Autore: Peter Clines “Un romanzo che dovrebbe Editore: Edizioni rendere Peter Clines un punto di Collana: Multiplayer.it Porte chiuse con il lucchetto. Apocalittici non solo tra i fan Strani lampadari. Scarafaggi mu- riferimento Genere: Giallo dell’horror, ma anche tra gli tanti. Formato: Hard cover appassionati di belle storie, saC’è qualcosa di strano nel nuovo appartamento di Nate. Certo, lui ha altre cose per la testa. Odia il suo lavoro, e il suo conto in banca è in rosso. Non ha nessuna ragazza, né piani per il futuro. La sua nuova casa potrà quindi non essere perfetta, ma è comunque vivibile; l’affitto è basso, i proprietari amichevoli, e quegli strani piccoli misteri non lo infastidiscono più di tanto. Almeno, non fino a quando non incontra Mandy, la sua vicina di pianerottolo, e nota qualcosa di insolito nel suo appartamento. E nell’appartamento di Xela. E in quello di Tim. E di Veek. Perché ogni stanza in questa vecchia Los Angeles nasconde dei misteri, misteri più vecchi di cent’anni. Alcuni fanno bella mostra di sé, altri restano nascosti dietro porte ben chiuse. Ma tutti insieme potrebbero segnare la fine di Nate e dei suoi amici. O la fine di tutto… “Un mistero apocalittico avvincente in puro stile LOST”. –Craig DiLouie, autore di THE INFECTION
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S ka n Il pacco
Versi Horror
Hai ricevuto un regalo inatteso dal commesso del negozio in cui sei entrato per la prima volta. Una scatola di una decina di centimetri, nera con fiocco nero.
D i e g o Co c c o
La soppesi in salotto e non sai se aprirla oppure no. Ti assale un disagio improvviso, una pena che non conoscevi, un'ombra sul cuore di piombo.
Yannafeh Yannafeh il divoratore di occhi mi ha trascinato nella tana, un cucchiaio per celebrare e dipingere la mia agonia.
Tagli il nastro e qualcosa invade il tuo spazio, un odore di morte e privazione, un alito impregnato di lacrime e sofferenza. Piangi, c'è un peso che non puoi sopportare, c'è l'indifferenza di chi non ha ricevuto il tuo stesso dono. Se solo potessi ricomporre il fiocco affinché tutto torni com'era, potresti rendere il fardello che scarnifica il pensiero.
Ora imbratta la tela di olio e sangue, disegna orbite vuote e dolore.
Ma il nastro oramai è tagliato, indietro non si torna. La scatola trasuda liquido scuro, ti bagni le mani in ginocchio.
Yannafeh degusta il mio sguardo, quadro di morte e malattia. Yannafeh il divoratore vomita lacrime rosse che non gli appartengono.
Quanto vorresti abbandonare una vita sbagliata e pretendere un regalo migliore. Apri il tuo dono e respiri follia. Gli occhi bruciano del fuoco della miseria.
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S ka n Alessandro Manzetti. Autore di narrativa horror, SF, pulp e weird, poesia dark, editor e traduttore. Ha pubblicato, in Italiano e Inglese, col proprio nome e con lo pseudonimo di Caleb Battiago, romanzi, racconti, collection, raccolte di poesie dark, in formato ebook e paperback, sia tramite editori tradizionali che in forma indipendente su Amazon. Diversi suoi racconti e poesie dark sono stati pubblicati su magazines e antologie in Italia, Stati Uniti e Inghilterra. Ha ricevuto una nomination per il Bram Stoker Awards 2014 per il Rhysling Award 2015 e per l'Elgin Award 2015. www.alessandromanzetti.net
Caleb Battiago
NovitĂ
Venus Intervention
Prima opera Italiana finalista ai Bram Stoker Awards 2014 al Rhysling Award 2015 e all'Elgin Award 2015 Link: http://www.alessandromanzetti.net/venus-intervention
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Morte di Venere (Death of Venus)
(Kipple Officina Libraria, 2014)
Nomination al Bram Stoker Awards 2014 Nomination al Rhysling Award 2015 Nomination all'Elgin Award 2015
Il grassone suda. Estate, cerchi di zanzare, finestre chiuse, gambe aperte. “Sei così bella.” Il grassone sorride, sbava brancola tra giovani pianeti, tra tette appena nate. La piccola donna guarda altrove il fantasma giallo di suo padre appare ancora vicino alla porta, più vicino. Stringe in mano venti dollari macchiati di sangue di zanzare schiacciate. “Hai un buon odore, puttana.” Estate, lattine di birra vuote sputi, lividi sulle gambe le ginocchia puntate verso l’invisibile Stella Polare.
La piccola donna chiude gli occhi capelli rossi calze rosse pensieri rossi. “Così mi piace.” Il grassone le spinge dentro i suoi ricordi marci roba dimenticata, scarti. Il cielo si abbassa come un torchio deciso a schiacciare tutto: una frittata di bellezza e di saliva. La piccola donna guarda altrove stringe i denti ancora pochi secondi, pochi fiotti e potrà pagare l’affitto per suo padre il fantasma disoccupato. Estate.
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S ka n
Caleb Battiago
NovitĂ
Eretico Eden
Antologia di 34 poesie dark, racconti in versi e flash fiction di genere dark, horror e weird. Eretico Eden è un viaggio psichedelico tra paradisi artificiali e psicotici, che passa attraverso i labirinti della prostituzione, della violenza, della guerra, della follia e delle ossessioni. Contiene le raccolte "Il Circo Morto" (inedito) e le nuove edizioni ampliate delle raccolte "Scimmie Elettriche e Ballate Dark" e "Uterus - La Morte di Venere". L'antologia comprende anche: l'edizione italiana della sezione "Evening" della raccolta in lingua inglese "Venus Intervention", opera selezionata per il Preliminary Ballot del Bram Stoker Awards 2014 (superior achievement in poetry collection) e finalista all'Elgin Award 2015, la versione italiana di "The Man Who Saw the World", che ha ricevuto una nomination per il Rhysling Award 2015 (long poem) e "Interiora", vincitrice del Sinister Poetry Award 2014. La raccolta contiene sette illustrazioni originali tematiche realizzate da Paolo Di Orazio. www.alessandromanzetti.net
Sul sito anche lo slideshow con tutte le illustrazioni realizzate da
Paolo Di Orazio
Link: http://www.alessandromanzetti.net/eretico-eden
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Il circo morto (Amazon, 2015)
Intorno al circo la terra è nera non c'è vita per chilometri. La tigre senza coda, senza denti ringhia alle ombre che le leccano il muso; ha un lucchetto al collo e un fantasma come padrone. La donna cannone è esplosa due anni fa mangiando suo marito insieme alle squame di bronzo e ai rombi del suo pitone di scena quella pelle verde, radioattiva verde come il fango dell'Apocalisse che si è fottuta la città.
Il nano, l'eq uilibrista quello che non ha mai avuto paura di niente ha sposato una giovane scrofa e ora va ogni mattina al mattatoio con i suoi figli ancora vivi al guinzaglio. Il padrone del circo, il grande Hector il mago che poteva far scomparire la faccia degli spettatori e i loro portafogli adesso continua a scavare per ritrovare pezzi di sua figlia sotterrata dalle zampe dell'elefante sotto il cerchio della pista. La donna barbuta è incatenata sul suo trono di spine; ai suoi piedi c'è una lunga fila di amanti pietrificati scolpiti dalla maledizione di Medusa dalla pioggia acida dell'Apocalisse che frigge tutto. Il lanciatore di coltelli, Modì indossa ancora il suo cilindro rosso e la maschera della morte. Lui è l'unico a portare avanti lo spettacolo; i fantasmi applaudono sulle gradinate mentre lancia le sue lame verso la ruota di legno che gira vuota, senza un bersaglio di carne viva. Quel cigolio è l'unico rumore di quel circo morto di quello spettacolo per il quale hai comprato il biglietto quando sei nato.
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S ka n La lunga giornata di una bambina adulta
Guest Star
A n n a p a o l a Pa p a r o
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S ka n
IL venditore dI pensieri usati A cura di http://pensieriusati.wordpress.com/ Cari lettori, ma soprattutto cari amici di Skan Magazine ben trovati! Avrete sicuramente già letto qualcuna delle mie recensioni, alcuni di voi magari direttamente dal blog, e spero di esservi finora piaciuto e soprattutto di avervi incuriositi riguardo ciò che ho letto. Ecco, volevo solo dirvi che a partire da questo mese vi guiderò lungo il futuro dell’umanità immaginato da Asimov. Voglio farvi conoscere i tre cicli più conosciuti di questo autore geniale dai cui racconti sono nate saghe come “Star Trek” o “Star Wars”, per citare le le più note, ovvero “il ciclo dei robot”, composto da quattro volumi, “il ciclo dell’Impero”, composto da tre volumi e “il ciclo delle fondazioni”, composto di sette volumi, tre dei quali raccolti in un’unica opera dal titolo “trilogia della Fondazione”. Devo dire che io non li ho letti nel giusto ordine. Non leggo mai una saga nel giusto ordine. Sapete perché? Perché io sono distratto, quindi prendo magari un titolo che mi attrae e lo leggo, poi se mi piace vado a vedere cos’altro ha scritto quell’autore e scopro che, appunto, ho letto qualcosa che appartiene a un ciclo. Nella fattispecie, ho iniziato leggendo “trilogia della Fondazione”, che mi era piaciuto ma che mi era stato un po’ pesante verso la metà, quindi ho pensato di leggere l’ultimo, “Fondazione e Terra” per concludere qualcosa che non sapevo se avrei mai ripreso a leggere… ma il destino è beffardo, e dopo aver letto l’ultimo volume sono
rimasto folgorato, e da lì ho deciso che avrei letto tutto quello che mi rimaneva da leggere per completare quel ciclo, e che successivamente avrei letto la storia partendo dall’inizio, cioè dai robot. E quindi bando alle ciance, vi invito a conoscere il primo e il secondo libro del ciclo dei robot. Buona lettura. Buona scoperta a chi ancora non conosce Asimov, e buon ripasso a chi ha già avuto modo di apprezzarlo. Abissi d'Acciaio di Isaac Asimov
Quello di cui sto per parlarvi è il primo volume del ciclo dei Robot. E’ il primo di tre cicli che ci accompagneranno lungo ventimila anni di storia futura, da quando l’umanità aveva conquistato appena cinquanta mondi, all’impero galattico che di mondi ne aveva radunati venticinque milioni, fino ad arrivare alla fine del ciclo delle fondazioni, quando la Terra sarà diventata poco più che una leggenda. Ma abbiamo tempo, per tutto questo. Ora concentriamoci sul romanzo presente.
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Per prima cosa vi dico che non sono riuscito a collocarlo precisamente nel futuro: prima ci viene detto che sono passati mille anni dal “secolo del carbone”. Facendo due conti, se pensiamo alla rivoluzione industriale di fine ‘800 si può presumere che si sia nel 2800 o giù di lì, però poi ci danno altri riferimenti, parlano di millenni trascorsi e altre cose che ora non ricordo, ma che fanno supporre di essere attorno al 5000. Mi dispiace di non riuscire a essere più preciso, ma non so fare una valutazione migliore di questa. In ogni caso, andiamo avanti. Questo libro si presenta né più né meno come un giallo, infatti la prima cosa che ci viene detta, a parte il fatto che i robot sono molto mal visti sulla Terra, è che è stato ucciso uno Spaziale. Definiamo: gli spaziali sono gli snob che hanno abbandonato la Terra e vivono su altri pianeti, hanno sconfitto le malattie e guardano con disprezzo il pianeta dove la vita ha avuto origine.
zia, ma questa è un’altra storia.) Ve lo dico subito, così per le prossime recensioni lo sapete già: la lettera R. davanti al nome sta per Robot. In questo modo è semplice identificare la macchina e l’uomo. Comunque, tornando al romanzo, per Lije la faccenda diventa ancora più insopportabile quando scopre che il robot dovrà vivere a casa sua. La moglie non sarà quel che si dice entusiasta, e il figlio… boh, per ora non lo sa. Lo scoprirà, ma non è importante saperlo. Durante le indagini, il nostro eroe accuserà il “collega” Daneel prima di essere un uomo e aver commesso lui l’omicidio facendosi poi credere un robot, ma riuscirà solo a coprirsi di ridicolo, poi di essere un robot programmato senza la prima delle Tre Leggi, quella per cui un robot non può in nessun modo danneggiare un essere umano, ma verrà di nuovo smentito.
C’è poi da dire che la Terra è sovrappopolata, conta otto miliardi di persone, e per sopravvivere la parola d’ordine è efficienza. Per avere sistemi efficienti, le città sono state ridotte a ottocento, in tutto il mondo, chiuse dentro a cupole che impediscono il contatto con l’esterno e sviluppate fin sotto terra. Da qui il titolo.
Sarà poi il turno di Daneel, che accuserà la moglie di Lije seguendo un ragionamento logico che, quando l’ho letto, ho chiuso un attimo il libro, basito, e mi sono chiesto come avessi potuto non arrivarci da solo! Lije non vorrà crederci, nonostante la cosa sia lampante, e mentre ancora è sotto shock dalla rivelazione ecco che la moglie compare davanti a Gli spaziali non sopportano gli sporchi terrestri, lui e Daneel, in centrale, per costituirsi. portatori di malattie, e i terrestri non sopportano Non è stata lei a compiere l’omicidio, ma fa coné gli spaziali né i robot. Punto. Nonostante ciò, munque parte della particolare setta che era già esiste una colonia di spaziali sulla Terra, e lì è indiziata come possibile colpevole, e fornirà un avvenuto l’omicidio. nome. In questo contesto, il terrestre Lije Baley dovrà sopportare il duro compito di portare avanti le indagini assieme a R. Daneel Olivaw, un robot costruito dagli spaziali e programmato per essere una specie di tutore dell’ordine. Lije non ama i robot, come tutti. (Poi alla fine faranno amici-
Bene, direi che qui siamo arrivati quasi alla fine, quindi eviterò di darvi altri indizi, dato che le indagini prenderanno una piega imprevista, e comunque ci sono altri personaggi che ruotano attorno a Elija, non li ho nominati tutti. Per questo, nonostante i numerosi indizi che vi ho dato,
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quando lo leggerete non riuscirete a farvi un’idea di chi possa essere l’assassino a partire dai miei appunti confusi. Vi dirò invece che qui si gettano le basi per la ripresa dei viaggi nello spazio, quindi mi aspetto grandi cose dai romanzi successivi. Staremo a vedere! IL Sole Nudo di Isaac Asimov
Ecco, mi sono preso un po’ tardi e sono già arrivato a metà romanzo, quindi spero mi perdonerete se ci sarà qualche lacuna nel racconto. Ma tanto alla fine non importa, perché qualcosa ve l’ho sempre tenuta nascosta. Inizio col dire che Asimov era certamente un visionario, o uno che ha viaggiato nel tempo, dal futuro, ed è arrivato a noi per rivelarci cose che all’epoca erano impensabili. Per esempio, nel romanzo precedente ci dice che R. Daneel Olivaw ha una “subeterica” indipendente, con la quale può ricevere e inviare telefonate; accedere a un sacco di dati; scaricare i filmati delle videocamere di sorveglianza; mostrare un’immagine tridimensionale di una persona come una specie di videochiamata, ma ad ologrammi… Ebbene, questa “subeterica” non vi ricorda il nostro internet Wi-Fi? In questo romanzo, invece, ci svela un’altra cosa, ma ve la rivelerò fra un momento.
Torniamo a incontrate lije Baley, che viene convocato a Washington per una missione segretissima. Per andare da New York a Washington dovrà prendere l’aereo, e fin qui nulla di strano, ma Asimov ci descrive il velivolo come un aereo connesso alla subeterica, senza finestrini e, udite udite, comandato a distanza. Un aereo telecomandato. Forse un moderno drone a uso civile? E pensare che siamo solo all’inizio, coi droni! Ecco, quando Lije arriva a Washington scopre che deve affrontare una missione interplanetaria: dovrà recarsi su Solaria, un pianeta dove ci sono più robot che uomini, a risolvere un caso di omicidio. Deve partire subito, senza poter salutare la moglie e il figlio. Triste separazione.
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Arriva su Solaria viaggiando su una nave spaziale guidata da robot, dovendo rimanere rinchiuso per giorni in una singola stanza. Si sentirà perduto e solo, e una volta arrivato sul pianeta la situazione sarà resa più pesante dall’assenza di muri. Perché Lije è abituato alla vita “dentro” la città, e gli spazi aperti di Solaria gli danno una forte sensazione di agorafobia. Inaspettatamente trova ad accoglierlo un volto amico: R. Daneel Olivaw, il suo collega robotico. Era stato proprio lui a voler Lije come assistente! Daneel lo accompagna in una casa gigantesca costruita apposta per lui, e che verrà distrutta quando andrà via. Qui si perdono in un sacco di dettagli inutili, fino a quando non parlerà con una persona che gli spiegherà la situazione. Saprà così di non avere appoggi, dato che quel pianeta conta solo ventimila abitanti, distanti centinaia di chilometri uno dall’altro, e che quindi non esiste polizia perché la criminalità è zero. Però c’è stato un omicidio. Lije parlerà in primo luogo con la moglie, che gli si presenterà nuda al comunicatore tridimensionale. C’è uno strano concetto di “visione”, cioè che essa non implica contatto fisico perché è solo un’immagine, quindi per loro è normale”vedersi” anche nudi. Comunque si coprirà un pochetto, e le spiegherà il suo punto di vista. Conosceremo un po’ di più gli usi dei solariani, cioè che anche marito e moglie non si vedono mai se non per l’atto sessuale in sé. Non è detto in modo esplicito, ma lo fanno capire chiaramente.
Non vedendosi mai, la moglie non è tanto scossa per aver perduto il marito (cosa trascurabile), quanto per averne visto il cadavere riverso a terra pieno di sangue col cranio fracassato. Lije e Daneel riprenderanno poi la conversazione col capo della sicurezza, che però verrà avvelenato sotto i loro occhi. Impotenti, dato che sono al “telefono”, vedranno un robot portargli un bicchiere d’acqua, lui berrà e stramazzerà al suolo. Interrogheranno il robot e il medico, che sembra un incompetente. La moglie della prima vittima ci spiegherà poi che il dottore li “visiona” solo, i cadaveri, “figuriamoci se li vede davvero di persona!” Perché, ripeto, i solariani sono praticamente asociali. Non del tutto, perché si chiamano, si visionano, stanno insieme in sale comuni stando comodamente a casa. Si vedono di persona solo moglie e marito in orari prestabiliti, assegnati per legge. Comunque, il medico serve a poco, visto che non ci sono malattie su Solaria, e questo lo rende una presenza pressoché inutile. Ma andiamo avanti e vediamo che la donna, durante la conversazione a una cena virtuale, interrompe bruscamente il contatto ritenendosi offesa, dato che Lije le stava parlando con una certa foga, pur non ritenendola colpevole. La visione successiva riguarderà il nuovo capo della sicurezza, che vorrebbe rispedire Lije e Daneel sui rispettivi pianeti, ma Lije, con abile mossa, riu-
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scirà non solo ad avere il permesso di continuare le indagini, ma anche il permesso di poter vedere di persona chiunque riterrà opportuno vedere. A questo punto l’unico problema è Daneel, che, essendo un robot, non vuole che Lije venga danneggiato. In pratica, teme che prima o poi venga in contatto diretto con l’assassino e a sua volta avvelenato, quindi non vorrebbe lasciarlo uscire di casa. Lije userà la logica a suo vantaggio, cosrtingendo il robot a una situazione di stallo in cui il male minore è lasciare che Lije si rechi a casa di chi vuole interrogare.
sostituta nella “fattoria” dove vengono allevati i bambini. Ai bambini, per inciso, viene soppresso l’istinto di vedere altre persone facendoli abituare poco a poco all’isolamento totale. Comunque, la bella moglie del defunto acconsentirà a farsi vedere, e si farà avvicinare tanto da poter quasi toccare Lije. Questo fa tornare a supporre che potesse essere stata lei, ad ammazzare il marito, e il mistero diventa complicato.
Ma accade qualcosa, all’esterno, per cui Lije rischierà la vita, capirà tutto e si esibirà quindi in un detective show di tutto rispetto, portando alla luce il Il primo ad essere interrogato sarà un colpevole. Ci accorgeremo che ci si posociologo, dal quale conosceremo un teva arrivare facilmente, dato che gli pezzo della storia dei solariani, sapremo indizi c’erano tutti. Certo, un ultimo il perché sono così eremiti, pur non indizio dà una spinta in più verso la comprendendolo appieno, e ci stupire- persona che ha ucciso, ma non è così mo ancora del pressapochismo di chi importante. Ripeto: gli indizi sono pratica un mestiere qualunque in quel sparsi per tutto il romanzo, basta solo pianeta. estrarre le chiavi dalla cultura dei SolaIl sociologo, poi, farà saltare sulla se- riani e dalla logica ferrea dei robot. dia quelli che già hanno letto il ciclo delle fondazioni, perché parla di appli- Tutto il resto sono solo parole, quando care la matematica alla sociologia… Lije ritorna sulla Terra, parole per dare Gli altri, invece, se ne ricorderanno a una spinta verso lo spazio all’umanità tempo debito. intera. In ogni caso le visite vanno avanti. Lije visionerà un robottista, dato che questi non vorrà in alcun modo farsi vedere, e qui verrà messa in discussione la prima legge della robotica, introducendo il dubbio che possa davvero essere stato un robot a commettere l’omicidio. La chiamata si concluderà in maniera un po’ brusca, e Lije tornerà a visionare la moglie della prima vittima; non prima, però, di essere andata a trovarne la
Bene, cari lettori, anche per stavolta ho terminato. Spero come sempre di avervi incuriositi, magari pure divertiti, e vi auguro buona lettura. E buona notte, vista l’ora tarda in cui sto scrivendo queste ultime righe. A presto!
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CLASSICI da rileggere Assurdo Universo di Fredric Brown
scienza”, nel n. 86 di “Oscar Fantascienza”, all’interno del “Millemondi inverno 1999″, nel n. 16 di “Urania collezione” e da Meridiano Zero nella collana “Fantascienza” nella traduzione di Adria Mandrini. Keith Winton è il direttore di una rivista di fantascienza. Mentre è ospite della villa del suo editore, un razzo sperimentale che non funziona come previsto rilascia una scarica elettrica molto potente che lo colpisce. In apparenza, Keith sopravvive senza conseguenze ma ben presto si accorge che qualcosa non va quando le sue monete vengono guardate come qualcosa di completamente fuori dal normale e si imbatte in un alieno. Ben presto, Keith diviene un fuggitivo perché viene scambiato per una spia al soldo di nemici alieni. Riesce a tornare a New York ma lì la situazione sembra Assurdo Universo ancora peggiore perché la città è tra i di Fredric Brown bersagli in una guerra interplanetaria. Di notte ci sono le tenebre più complete e Keith corre pericoli di vari tipi mentre cerca di capire cosa gli sia successo. Fredric Brown aveva già pubblicato molti Il romanzo “Assurdo universo” (“What Mad Universe”) di Fredric Brown è stato racconti di fantascienza ma solo romanzi pubblicato per la prima volta nel 1949. In di altri generi, in particolare gialli. Italia è stato pubblicato da Mondadori nel Mettendo assieme le sue esperienze, l’aun. 25 di “Urania”, all’interno dell’Omni- tore scrisse “Assurdo universo”, un romanzo che è pieno di umorismo ed è per bus “Universo a sette incognite”, all’interno del “Millemondinverno 1973″, molti versi una satira della fantascienza nel n. 61 dei “Classici Urania”, all’interno dell’epoca delle riviste pulp. del n. 19 de “I Massimi della Fanta-
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Il protagonista Keith Winton rimane coinvolto in un incidente che lo trasporta in un universo parallelo in cui gli elementi tipici delle riviste pulp esistono realmente. Ci sono ragazze che vestono abiti molto succinti o trasparenti, alieni insettoidi, eroi senza macchia e senza paura e altri stereotipi di quel genere. La parte iniziale di “Assurdo universo” non mostra apertamente gli elementi satirici e anzi si concentra sullo shock subito da Keith Winton quando deve affrontare un mondo che improvvisamente non è più il suo. Il protagonista viene scambiato per una spia degli alieni arturiani e deve scappare perché alle spie bisogna sparare a vista. Riesce ad arrivare a New York ma la notte è assolutamente buia perché viene usata la totalnebbia artificiale per ottenere un coprifuoco totale. La tensione è molto forte e il ritmo molto elevato in questa parte del romanzo perché Keith Winton rischia continuamente la vita e deve muoversi molto rapidamente in un mondo che non riconosce. Quando finalmente comincia a farsi un’idea di cosa gli sia successo e delle caratteristiche del mondo in cui è finito, l’elemento satirico della storia diventa preponderante. L’assurdo universo delle riviste pulp risulta essere esistente e tra gli infiniti universi paralleli esistenti Keith Winton è stato trasportato in quello. Fredric Brown è straordinario nel modo in cui gioca con i cliché della fantascienza di quell’epoca. Il protagonista, che li conosce perfettamente proprio perché dirige una rivista pulp, pian piano capisce come sfruttarli per migliorare la sua situazione. “Assurdo universo” è un romanzo breve rispetto agli standard moderni perché seguiva quelli degli anni ’40. Per questo mo-
tivo il ritmo è elevato, soprattutto nella prima parte, con continui colpi di scena. La gestione dei personaggi è inevitabilmente peculiare, nel senso che la storia è ambientata quasi completamente in un universo parallelo in cui i personaggi delle riviste pulp sono reali. La conseguenza è che i personaggi seguono volutamente certi cliché e per questo motivo ciò è positivo. Fredric Brown gioca con i cliché della fantascienza pulp ma lo fa in maniera sofisticata perciò alla fine “Assurdo universo” è un romanzo umoristico e serio allo stesso tempo. È giustamente diventato un classico della fantascienza e nonostante l’età rimane un’eccellente lettura. Secondo me non può mancare nella collezione di un appassionato di fantascienza.
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S ka n
I Libri da rileggere Hyperion di Dan Simmons
267/268 dei “Classici Urania”, dalle “Edizioni il Capitello” nel n. 7 de “La Mia Biblioteca” e da Fanucci in “Fanucci Narrativa” nella traduzione di Gaetano L. Staffilano. Sul pianeta Hyperion le Tombe del Tempo stanno per aprirsi e nessuno sa cosa potrebbe fare lo Shrike, una creatura che vive vicino ad esse e uccide i pellegrini che vi si recano. La Chiesa Shrike ha deciso di inviare sul pianeta altri sette pellegrini selezionati in collaborazione con l’Egemonia. Nel corso del viaggio interstellare, i pellegrini raccontano le loro storie. Esse rivelano le motivazioni che hanno spinto ognuno di loro a rischiare la vita per andare su Hyperion. Rivelano anche i collegamenti di vario tipo che hanno con il pianeta Hyperion, le Tombe del Tempo e in qualche caso anche con gli Ouster, i discendenti di coloni che hanno sviluppato una loro civiltà separata da quella dell’Egemonia. Hyperion di Dan Simmons “Hyperion” è ambientato nel XXVIII secolo ma ha l’impostazione de “I racconti di Canterbury” di Geoffrey Chaucer, scritto nel XIV secolo. I personaggi raccontano le loro storie mentre vanno in pellegrinaggio, nel romanzo di Dan Simmons verso il pianeta Hyperion. Lì ci sono le Tombe del Il romanzo “Hyperion” (“Hyperion”) di Dan Simmons è stato pubblicato per la prima volta nel Tempo, circondate da un campo antientropico che le fa viaggiare indietro nel tempo. 1989. È il primo libro dei Canti di Hyperion. Ha vinto i premi Hugo e Locus come miglior romanzo di fantascienza dell’anno. In Italia è stato pubbli- Vicino alle Tombe del Tempo si aggira lo Shrike, una misteriosa creatura e potenzialmente letale per i cato da Interno Giallo nella collana “IperFICTION”, dal Club degli Editori, da Monda- pellegrini. Non si limita a ucciderle ma le impala su dori nel n. 350 di “Oscar Bestseller”, all’interno del un gigantesco albero di spine. È anche oggetto di culto da parte della chiesa della Redenzione Finale. n. 36 de “I Massimi della Fantascienza” e nel n.
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L’equilibrio nell’Egemonia viene spezzato quando le Tombe del Tempo stanno per aprirsi e allo stesso tempo gli Ouster stanno per cercare di invadere Hyperion. La Chiesa Shrike organizza un pellegrinaggio speciale inviando sette persone sul pianeta. Sei di esse moriranno ma il sopravvissuto avrà i suoi desideri esauditi. “Hyperion” è composto principalmente dalle varie storie raccontate dai pellegrini. Si tratta non solo di racconti bellissimi in maniere diverse perché Dan Simmons li usa anche per descrivere varie parti di quest’universo narrativo. Sono storie autonome eppure ci sono sottili interconnessioni che ci fanno anche capire perché i protagonisti fanno parte di quel gruppo di pellegrini. Il racconto del prete: l’uomo che si lamentò di Dio. Padre Lenar Hoyt è un sacerdote cattolico che accompagna padre Paul Durè in un viaggio sul pianeta Hyperion, dove andrà in esilio. Lì padre Durè entra in contatto con i Bikura, una civiltà primitiva, e ne studia la particolare forma di immortalità. Questo racconto ci fornisce le prime informazioni su Hyperion, sullo Shrike e anche sullo strano parassita chiamato il crucimorfo. Il racconto del soldato: Gli amanti di guerra. Il colonnello Fedmahn Kassad è un un palestinese della diaspora spaziale diventato ufficiale della FORCE. Durante un’esercitazione simulata gli succede qualcosa di strano. Incontra una donna che in qualche modo si è inserita in quella realtà virtuale e nel tempo la troverà ancora in altre simulazioni. Questo racconto ci fornisce maggiori informazioni sullo Shrike e soprattutto ci permette di conoscere gli Ouster. Il racconto del poeta: Canti di Hyperion. Martin Sileno è un poeta nato sulla vecchia Terra. Ha cominciato a scrivere i Canti di Hyperion, nati come una parodia dell’opera del poeta John Keats per poi continuare in maniera ben diversa e imprevedibile all’inizio per lo stesso Sileno. Un altro riferimento riguarda “La Terra morente” di Jack Vance. Per alcuni versi Sileno è un alter ego di Dan Simmons e non solo per il meta-riferimento ai Canti. I problemi del poeta con un editore nel racconto mi fanno pensare troppo a quelli dell’autore quando scrisse “Danza macabra“. Questo racconto ci fornisce maggiori informazioni sullo Shrike e sulle Tombe del Tempo. Il racconto dello studioso: Il fiume Lete sa d’amaro. Sol Weintraub è un filosofo che vive su un mondo periferico assieme alla moglie. La loro figlia Rachel diventa archeologa e parte per il pianeta Hyperion per una ricerca ma lì le succede
qualcosa di molto strano. È il racconto emotivamente più intenso in un romanzo in cui le emozioni sono molto forti. Questo racconto ci fornisce altre informazioni sullo Shrike e sulle Tombe del Tempo e ci permette di conoscere la Chiesa Shrike. Il racconto dell’investigatrice: Il lungo addio. Brawne Lamia è un’investigatrice privata che un giorno comincia a lavorare per un cliente davvero particolare. Si tratta di un cìbrido, un’intelligenza artificiale del Tecnonucleo che utilizza un corpo fisico umanoide che in questo caso riproduce il poeta John Keats. Qualcuno ha cercato di ucciderlo e per aiutarlo Lamia si trova invischiata in una storia ben più grande di quanto pensasse. Lo stile di questo racconto è ispirato ai gialli hard-boiled con uno scambio di ruoli nel senso che c’è una donna come investigatore e il cliente ha l’apparenza di un uomo che nasconde vari segreti e ha bisogno di aiuto. Questo racconto ci fornisce maggiori informazioni sulla Chiesa Shrike e ci permette di conoscere il Tecnonucleo e le intelligenze artificiali. Il racconto del console: Ricordando Siri. Il console rappresentava l’Egemonia su Hyperion. Suo nonno aveva guidato una rivolta sul pianeta Patto-Maui contro l’ingresso nella rete dei mondi che era stata soffocata. Il console era stato scelto per trattare in segreto con gli Ouster e ora è al centro di vari piani della FORCE e degli Ouster su Hyperion. È una versione leggermente modificata di un racconto del 1983 che successivamente ha ispirato i Canti di Hyperion. Questo racconto fornisce altre informazioni sugli Ouster, sull’Egemonia e sulla sua politica interna ed estera. I racconti di “Hyperion” sono intensi e lo sviluppo dei personaggi è notevole. È ambientato in un futuro in cui la tecnologia ha avuto enormi sviluppi ma Dan Simmons non è interessato a questo lato della storia perciò gli elementi tecnologici hanno spiegazioni vaghe. L’autore è decisamente concentrato sul lato umano della storia anche se questo termine va inteso in senso ampio. Ci sono gli abitanti dell’Egemonia e ci sono gli Ouster ma ci sono anche intelligenze artificiali. Attraverso persone e ambientazioni molto diverse tra di loro, Dan Simmons ci offre uno straordinario ritratto di quest’universo narrativo. “Hyperion” termina in maniera improvvisa, senza un vero finale. Ciò perché è la prima parte di un romanzo diviso in due libri ed è necessario leggere anche il suo seguito. Secondo me vale assolutamente la pena di leggere entrambi perché questo romanzo è un capolavoro che ha iniziato la serie di fantascienza che ha segnato gli anni ’90.
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Uscite U R A N I A D e m on di John Varley
è di Roldano Romanelli. Negli anni trascorsi dopo aver abbandonato il servizio di Gea, Cirocco Jones ha cominciato a organizzare una resistenza contro la dominatrice dell’habitat artificiale. Alcune delle specie che lo abitano si sono alleate con Cirocco ma devono affrontare anche nuove creature perché Gea, che nel frattempo si è creata un nuovo avatar che riproduce Marilyn Monroe, ha i suoi piani. Sulla Terra è cominciata la V Guerra Mondiale, una guerra nucleare che ha rapidamente causato la morte di miliardi di persone. Anche quegli eventi hanno il loro peso nello scontro tra Cirocco Jones e Gea. La resa dei conti si sta avvicinando e Robin torna nell’habitat per riunirsi a Cirocco. Con lei porta due figli: Nova, che ormai ha 19 anni, e il neonato Adam, un bambino davvero particolare e un maDemon schio, non accettato nella comunita di di John Varley femministe estremiste di Robin. Tra i nuovi alleati di Cirocco c’è anche Conal, un discendente di uno dei membri dell’equipaggio dell’astronave di Cirocco. Il romanzo “Demon” (“Demon”) di John “Demon” comincia un decennio Varley è stato pubblicato per la prima volta abbondante dopo “Nel segno di Titano”. nel 1984. È il terzo romanzo della trilogia Cirocco Jones ha abbandonato il suo ruolo di Gea ed è il seguito di “Nel segno di Ti- di Maga ed è diventata la principale antagonista di Gea. Rovesciare il suo dominio tano“. In Italia è stato pubblicato da Mondadori nel n. 1128/1129 di “Urania”. sull’habitat spaziale è tutt’altro che semplice e richiede una pianificazione a La prima parte è stata pubblicata nel n. 144 di “Urania Collezione”. La traduzione lungo termine.
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Gea ha vissuto molto a lungo ma il suo stato mentale è sempre più alterato. Si è costruita un nuovo avatar con le sembianze di Marilyn Monroe ed è sempre più ossessionata dai film. È tutt’altro che infallibile ma continua ad avere in atto piani a lungo termine. Tuttavia, anche Cirocco Jones ha imparato qualcosa sull’argomento. La prima parte di “Demon” è piuttosto lenta e serve a spiegare cos’è successo negli ultimi anni tra la V Guerra Mondiale, il ritorno di Robin con i suoi figli e altri eventi. Oltre a riprendere la storia dei personaggi già apparsi nei romanzi precedenti, serve a introdurre quelli nuovi: Nova e Adam, i figli di Robin, ma anche Conal, un discendente di Eugene Springfield, uno dei membri dell’equipaggio dell’astronave di Cirocco Jones. Secondo me questa parte iniziale è il problema principale del romanzo. Ci sono molti eventi che vengono raccontati in un modo che li fa sembrare riassunti di racconti precedenti, quasi che ci sia un altro romanzo prima di “Demon”. Ci sono tanti personaggi vecchi e nuovi di cui aggiornare la storia o da presentare e ciò rende questa parte anche frammentata. La conseguenza è che le prime cento pagine circa del romanzo sono piuttosto pesanti. Un altro problema è che non solo i rapporti tra i vecchi personaggi si evolvono ma ci sono anche nuovi rapporti con i nuovi personaggi a complicare ulteriormente la storia. “Demon” è decisamente il romanzo più lungo della trilogia di Gea eppure almeno parte di questi rapporti finiscono per essere raccontati solo superficialmente. Anche lo sviluppo dei
nuovi personaggi rimane limitato: ad esempio Conal viene presentato come un ragazzo un po’ fessacchiotto ma nel resto del romanzo è già molto più sveglio e sappiamo poco del suo percorso di maturazione. Il romanzo migliora dopo la prima parte. Come nei romanzi precedenti, c’è un lungo viaggio all’interno dell’habitat ma è molto più di una semplice quest visto che l’obiettivo di Cirocco Jones e dei suoi alleati è quello di rovesciare il dominio di Gea. John Varley è stato spesso paragonato a Robert A. Heinlein e soprattutto nella parte di “Demon” ambientata a Bellinzona si vedono riflessioni politiche, sociali e religiose che richiamano il grande maestro. Il ritmo del romanzo accelera a partire da quello che viene chiamato “Secondo spettacolo”. C’è sempre più azione man mano che ci si avvicina alla resa dei conti finale tra Cirocco Jones e Gea. John Varley sembra aver avuto in mente il cinema non solo riguardo alle ossessioni di Gea ma anche nel raccontare con la sua consueta fantasia la guerra che diventa aperta tra le due fazioni. Se ne potrebbe fare un film di successo se anche in “Demon” non ci fosse tanto sesso. Alla fine “Demon” è un romanzo che secondo me è troppo lungo con vari pregi ma anche difetti strutturali. Complessivamente l’ho trovato abbastanza buono e dà una conclusione alla trilogia ma mi è parso inferiore ai due precedenti. Leggetelo se volete sapere come fa a finire la storia.
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USCITE U R A N I A Astronave mercenaria di Mike Resnick
Dopo essersi ribellato, l’equipaggio dell’ex astronave della Repubblica Theodore Roosevelt ha trascorso un periodo in cui si è dato alla pirateria ma non era la scelta giusta. Ora il capitano Wilson Cole ha cominciato a offrire i servizi dell’astronave e dell’equipaggio come mercenari selezionando i lavori per mantenere certi valori etici e morali. Wilson Cole è assistito dall’alieno che si fa chiamare David Copperfield nella ricerca di lavori a pagamento ma quelli trovati tendono a essere davvero pericolosi. Cole decide di raggiungere una stazione spaziale che costituisce un importante centro di svago ma anche di contatti nella frontiera. Lì lui e il suo equipaggio troveranno nuove opportunità ma anche nuovi pericoli. In “Astronave mercenaria” continuano le avventure dell’equipaggio dell’astronave Astronave mercenaria Theodore Roosevelt, o Teddy R. per di Mike Resnick semplicità, inserite nella storia futura raccontata da Mike Resnick nella maggior parte delle sue storie. La serie “Starship” è una space opera in vecchio stile, molto avventurosa o comunque in cui gli eventi sono l’elemento più importante. Il romanzo “Astronave mercenaria” (“Starship: Mercenary”) di Mike Resnick è Nel corso di questa serie, l’equipaggio stato pubblicato per la prima volta nel della Teddy R. passa attraverso vari 2007. È il terzo romanzo della serie cambiamenti dopo essersi ammutinato nel “Starship” e segue “I pirati e l’astronave“. primo romanzo. Wilson Cole ha preso il In Italia è stato pubblicato da Mondadori comando dell’astronave, che guida nelle nel n. 1614 del febbraio 2013 della collana sue nuove avventure nella frontiera. Sono “Urania” nella traduzione di Fabio Femi- ribelli ma intendono mantenere un certo nò. livello etico e morale e ciò limita le loro
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possibilità. Ne “I pirati e l’astronave”, Wilson Cole e il suo equipaggio avevano provato a fare i pirati ma si sono resi conto che è quasi impossibile fare quel tipo di lavoro senza essere spietati. Per questo motivo, hanno deciso di provare a fare i mercenari, anche sfruttando i contatti dell’alieno che si fa chiamare David Copperfield. Sempre nel corso del precedente romanzo, la regina pirata che ora si fa chiamare Val si è unita a Wilson Cole e al suo equipaggio e in “Astronave mercenaria” è una protagonista della storia. La serie “Starship” è più orientata alle trame che ai personaggi, che non sono particolarmente sviluppati, ma Mike Resnick è uno scrittore molto esperto e sfrutta la presenza di Val per dare un po’ di profondità almeno ai protagonisti. In “Astronave mercenaria” i contrasti tra Val e Wilson Cole sul modo di interpretare il lavoro di mercenari sono importanti anche per lo sviluppo della trama. Questo non è certo un romanzo filosofico ma le discussioni tra questi due personaggi sono utili per affrontare alcuni problemi etici e morali e a dare un po’ più di profondità a qualche personaggio. “Astronave mercenaria” è comunque soprattutto un romanzo di space opera militare in cui ci sono parecchi dialoghi tra vari personaggi ma alla fine c’è soprattutto azione. La Teddy R. viene coinvolta in varie battaglie più o meno dure in cui Wilson Cole deve a volte usare tutta la sua abilità strategica per salvare se stesso e il suo equipaggio.
La Teddy R. è una vecchia astronave ma era pur sempre una nave da guerra della Repubblica perciò la sua potenza di fuoco è superiore a quella di altre astronavi che può dover combattere nella frontiera. D’altra parte, i potenziali nemici possono avere a loro disposizione intere flotte perciò una delle basi della trama di “Astronave mercenaria” riguarda il tentativo di trovare altre astronavi da affiancare alla Teddy R. Il primo romanzo della serie “Starship” era davvero breve per gli standard moderni. I successivi sono un po’ più lunghi e secondo me migliori. Nonostante i dialoghi e le parti di “Astronave mercenaria” ambientati su una stazione spaziale, il ritmo rimane per lo più rapido. Inizialmente i personaggi erano piuttosto monodimensionali e da questo punto di vista c’è stato un miglioramento che rafforza i seguiti. Alla fine, se avete letto i precedenti romanzi della serie “Starship” sapete cosa aspettarvi. Mike Resnick ha cercato di mantenere una certa autonomia tra i vari romanzi ma i collegamenti rimangono stretti perciò è meglio leggere la serie completa. Come i precedenti, “Astronave mercenaria” è un romanzo complessivamente godibile buono per passare qualche ora di svago senza tanti pensieri.
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IL Romanzo in italiano D a i m on e s di Massimo Marino
suo licenziamento. A causa del tempo libero che ha improvvisamente, presta qualche attenzione alle ultime notizie, tra le quali ci sono morti di massa di animali. Quando va a portare sua figlia Annah a scuola, si imbatte in quello che a prima vista sembra un incidente stradale che ha coinvolto vari veicoli ma c’è molto di più. Ben presto, Dan si rende conto che tutte le persone sulla strada sono morte, anche se non si tratta delle conseguenze di quello che sembrava un incidente. Un controllo dell’area mostra che solo lui, sua moglie Mary e la loro figlia sembrano essere ancora vivi. I tentativi di contattare qualcuno via telefono e via Internet risultano vani. Dan e la sua famiglia non sanno cosa possa aver ucciso quasi tutta la popolazione mondiale e continuano a tentare di contattare altri sopravvissuti. Allo stesso tempo devono cercare di sopravvivere in una situazione completaDaimones mente nuova. di Massimo Marino “Daimones” inizia come un tipico romanzo apocalittico in cui qualcosa uccide la maggioranza degli esseri umani lasciando solo pochi sopravvissuti. In questo Il romanzo “Daimones” di Massimo Mari- caso, inizialmente il protagonista Dan no è stato pubblicato per la prima volta nel Amenta, che racconta la storia in prima 2012. È il primo volume della trilogia Dai- persona, e la sua famiglia sembrano essere gli unici ancora vivi mostrando che la mones. catastrofe è stata davvero devastante. Dan Amenta capisce che è uno di quei Nella prima parte di “Daimones” ci sono giorni quando arriva al lavoro e viene elementi che possiamo considerare subito chiamato a un meeting in cui emergono vari problemi e il risultato è il standard per questo tipo di romanzo con
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Dan e la sua famiglia che cercano di attrezzarsi per affrontare la nuova situazione. Ciò è inevitabile perché in caso di apocalisse i sopravvissuti devono per forza fare cose come procurarsi il cibo e verificare se ci sia ancora qualcun altro vivo. Oltre ai problemi da risolvere a breve termine, nel corso del romanzo i protagonisti devono affrontarne altri a lungo termine. Dan e Mary hanno una figlia che nel momento dell’apocalisse ha 12 anni, che futuro può avere? La completa sparizione della società ha varie conseguenze e alcune sono impreviste. Per i sopravvissuti adattarsi è indispensabile. Massimo Marino è secondo me bravo a mantenere un buon livello di tensione nel corso del romanzo perciò anche alcune parti tutto sommato ovvie risultano non noiose. Inizialmente i protagonisti non conoscono le cause della quasi estinzione dell’umanità e quando Dan esplora l’area tra la Francia e la Svizzera attorno a casa sua non sa cosa aspettarsi. Il risultato è un senso di paranoia per Dan, che si procura alcune armi per difendere se stesso e la sua famiglia. Non sa quanto gli saranno utili proprio perché non sa cos’abbia colpito l’umanità né il motivo per cui lui e la sua famiglia sono ancora vivi perciò non sa cosa possa colpirli. Spera di potersi difendere da eventuali altri esseri umani sopravvissuti che hanno cattive intenzioni ma nel corso delle sue esplorazioni è molto prudente. Il romanzo affronta uno dei possibili problemi che seguirebbero un’apocalisse: per quanto funzionerebbero i vari servizi, compreso Internet? Le storie di questo genere esistono praticamente da sempre ma è oggi nella nostra società che diamo per
scontati servizi come l’acqua corrente, l’elettricità e anche Internet. In “Daimones”, Dan Amenta cerca di usare Facebook per contattare altri possibili sopravvissuti che vivono in altre parti del mondo. È una versione aggiornata del messaggio nella bottiglia gettato nell’oceano. Mi sembra un’idea interessante ma ovviamente spero che non mi serva mai. ;-) In molte storie apocalittiche la causa delle morti di massa è conosciuta fin dall’inizio ma è solo una scusa per raccontare le reazioni dei sopravvissuti. Da questo punto di vista, “Daimones” è quasi l’opposto nel senso che all’inizio non si conosce la causa dell’apocalisse ma i protagonisti la scoprono nella parte finale e ciò è fondamentale nella storia. Questo è un altro elemento che rende il romanzo superiore alla storia apocalittica media. “Daimones” è un romanzo piuttosto breve per gli standard odierni perciò il ritmo della storia rimane sempre piuttosto elevato. I protagonisti sono pochissimi perciò Massimo Marino riesce a svilupparli tutti anche se la narrazione è in prima persona per cui Dan è quello più sviluppato. Massimo Marino ha ottenuto vari riconoscimenti tra gli scrittori indipendenti e secondo me meritatamente perché in “Daimones” riesce a sfruttare un tema molto classico come quello apocalittico in maniera tutt’altro che banale. Alla fine del romanzo la prospettiva dei sopravvissuti cambia completamente andando ben oltre il tema di fondo. Il romanzo ha una sua fine che getta le basi per il seguito. Ne consiglio la lettura e non solo ai fan di storie apocalittiche.
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Libri da ristamPare S f i d a a l ci e lo di Bob Shaw
Sfida al cielo di Bob Shaw
Il romanzo “Daimones” di Massimo Marino è stato pubblicato per la prima volta nel 2012. È il primo volume della trilogia Daimones. Il romanzo “Sfida al cielo”, conosciuto anche come “L’invasione dei Ptertha”, (“The Ragged Astronauts”) di Bob Shaw è stato pubblicato per la prima volta nel
1986. È il primo libro della trilogia di Mondo e Sopramondo. Ha vinto il BSFA Award come miglior romanzo di fantascienza dell’anno. In Italia è stato pubblicato da Mondadori nel n. 1053 di “Urania” con il titolo “Sfida al cielo” e dall’Editrice Nord nel n. 177 di “Cosmo Oro” con il titolo “L’invasione dei Ptertha”. Entrambe le edizioni sono nella traduzione di Anna Maria Cossiga. Su Mondo la situazione è rimasta stabile per molto tempo ma improvvisamente gli ptertha, creature potenzialmente letali a causa di un veleno, diventano una minaccia ancora più grave. Il loro veleno sembra essere diventato ancor più mortale e hanno cominciato ad attaccare attivamente la gente. Tra le caste della società feudale di uno dei regni di Mondo, sono i filosofi a studiare gli ptertha per cercare una soluzione al problema. Il loro anziano leader ha un’idea rivoluzionaria: migrare su Sopramondo, il pianeta gemello di Mondo diviso da esso da poche migliaia di chilometri. Un’aeronave può effettuare il viaggio ma solo quando la situazione comincia a essere disperata il re decide di attuarla. Nel corso della sua carriera, Bob Shaw ha generalmente scritto storie di esseri umani e la presenza di alieni era l’eccezione. Nella trilogia aperta da “Sfida al cielo” non solo i personaggi sono alieni ma è ambientata in un altro universo, con leggi
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fisiche un po’ diverse rispetto al nostro universo. Per questo motivo, è una creazione unica tra le opere di quest’autore. “Sfida al cielo” è ambientato su Mondo, un pianeta che ha un gemello chiamato Sopramondo. I due pianeti sono separati da poche migliaia di chilometri, tanto che le loro atmosfere si mescolano. Nonostante l’ambientazione aliena, gli abitanti di Mondo sono molto simili agli esseri umani e ciò aiuta a comprendere i loro desideri e le loro motivazioni. La storia comincia in uno dei regni di Mondo, dove il livello tecnologico è più o meno quello dell’inizio della rivoluzione industriale terrestre. Il romanzo racconta la crisi che scoppia quando gli ptertha diventano più letali che mai. Il Lord Filosofo aveva previsto una catastrofe ma è ormai anziano e senile perciò non era stato preso sul serio finché non è stato troppo tardi. Spetta ai suoi successori salvare il regno con una migrazione su Sopramondo. Alla fine, a dirigere la costruzione di aeronavi di legno che affronteranno il viaggio tra Mondo e Sopramondo è Toller Maraquine. È il protagonista del romanzo, anche se occasionalmente la storia segue qualche altro personaggio. Toller appartiene alla casta dei filosofi ma è diverso dagli altri, tanto che si chiede se in realtà non sia figlio di un guerriero. Le capacità di Toller risultano fondamentali nella costruzione e nei test delle aeronavi. D’altra parte, il suo temperamento lo porta a farsi nemici pericolosi, soprattutto il crudele principe Leddravohr. La storia va avanti per diversi anni, con vari salti in avanti nel tempo, ed è anche un viaggio interiore per Toller.
La storia di Toller è in vari modi sia la forza che la debolezza di “Sfida al cielo”. È soprattutto attraverso di lui che Bob Shaw racconta la storia avvincente di un viaggio tra due mondi davvero unico. D’altra parte, alcuni suoi problemi familiari mi sono sembrati un po’ banali e tolgono spazio ad altri eventi. Ad esempio, secondo me sarebbe stato più interessante se l’autore avesse raccontato qualcosa di più della guerra combattuta per avere le risorse necessarie alla migrazione. È chiaro che a Bob Shaw interessava raccontare la storia della costruzione delle aeronavi e della migrazione, tutto il resto era marginale. Toller è un personaggio complesso ed è quello meglio sviluppato nel romanzo. Degli altri, alcuni sono abbastanza sviluppati, altri sono alquanto monodimensionali, a cominciare dal principe Leddravohr, che sembra avere solo lo scopo di essere il cattivo della storia. “Sfida al cielo” ha alcuni difetti ma secondo me vengono compensati dai suoi pregi. Il romanzo ha un’ambientazione interessante sviluppata da Bob Shaw con la sua grande fantasia, come la storia, che regala tanti momenti di tensione nel racconto dei viaggi tra Mondo e Sopramondo. È per questi motivi che penso che sia complessivamente un buon inizio per questa trilogia e ne raccomando la lettura.
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I libri da Tradurre Starseed di Spider e Jeanne Robinson
gno perciò rinunciarvi è stato terribile. L’unica speranza per lei è rivolgersi alla Fondazione Starseed per partecipare alla Danza delle Stelle ed entrare in simbiosi con un’altra forma di vita. Per ricatturare il suo sogno, Rain McLeod entra nel programma della Fondazione Starseed e, assieme a un gruppo di altri candidati, viaggia fino ad una stazione spaziale. Lì deve imparare nuovamente a danzare, stavolta in assenza di gravità, e anche a prepararsi mentalmente per arrivare al momento in cui dovrà decidere se arrivare fino in fondo al programma con la simbiosi. Sulla Terra però c’è anche chi vuole fermare la Fondazione Starseed a tutti i costi, anche con la violenza. “Starseed” è stato scritto parecchi anni dopo “Stardance” e anche nella storia è passato del tempo dalla fine del primo romanzo. Il contatto con gli alieni, le Starseed rivelazioni fatte da essi e soprattutto di Spider e Jeanne Robinson l’offerta della possibilità per gli esseri umani di diventare creature dello spazio ha cambiato molte cose. Entrare in simbiosi con un’altra forma di Il romanzo “Starseed” di Spider e Jeanne vita costituisce una sorta di metamorfosi Robinson è stato pubblicato per la prima per un essere umano. È un po’ come un volta nel 1991. È il seguito di “Stardance“. bruco che diventa una farfalla, con la differenza che dopo la simbiosi un umano È al momento inedito in Italia. può vivere solo nello spazio e non può più Rain “Morgan” McLeod è stata per molti tornare sulla Terra. È un cambiamento anni una ballerina, finché il suo corpo non molto forte che necessita di un’adeguata preparazione e per questo motivo è stata ha cominciato ad avere problemi tali da costringerla ad abbandonare la danza. Per creata la Fondazione Starseed. lei non era solo un lavoro bensì il suo so-
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La preparazione alla simbiosi è un percorso interiore, un cammino spirituale ma non religioso. Questa è una parte fondamentale in “Starseed”, in cui la storia è molto filosofica. Non viene però dimenticata la componente della Danza delle Stelle, tanto che ancora una volta la protagonista è una ballerina. Per Rain McLeod, che a un certo punto si fa chiamare Morgan, la danza è stata una ragione di vita e quando i problemi fisici l’hanno costretta a smettere per lei è stato terribile. Andare nello spazio, nella base della Fondazione Starseed, è per lei innanzitutto un modo per essere di nuovo una ballerina. L’impressione potrebbe essere che “Starseed” sia simile a “Stardance”, in realtà è sviluppato per certi versi in maniera opposta. Il primo romanzo cominciava con un’intensità incredibile che raccontava la storia di Shara Drummond e solo successivamente diventava più cerebrale, con un rallentamento del ritmo. Questo seguito comincia con un ritmo più lento ed è dedicato soprattutto al cammino interiore di Rain McLeod e degli altri candidati alla simbiosi. Nella parte finale il ritmo accelera e il percorso interiore della protagonista lascia spazio a molta più azione e intensità. Il contatto con gli alieni e la possibilità di arrivare alla simbiosi hanno cambiato molte cose nel mondo eppure gli esseri umani sono ancora fondamentalmente gli stessi perciò anche i vecchi problemi sono rimasti. Ora gli umani hanno la possibilità di trascendere e diventare parte di una comunità spaziale eppure molti di loro continuano a rimanere attaccati a vecchie meschinità.
La conseguenza è che c’è chi vuole fermare la Fondazione Starseed, anche con la violenza. Il romanzo mostra chiaramente che la scelta è tra andare oltre i vecchi schemi e modi di pensare per trascendere o rimanere gli stessi umani di sempre e rischiare l’autodistruzione. Il messaggio è che gli esseri umani hanno un grande potenziale ma devono sforzarsi, principalmente lavorando su se stessi, per realizzarlo. Alla fine, si tratta di un potenziale perfino più grande di quanto sembri all’inizio o almeno quella è l’unica spiegazione per il finale del romanzo. Con lo sviluppo di questi temi, in “Starseed” Spider e Jeanne Robinson espandono le basi gettate in “Stardance”. Anche questo secondo romanzo è narrato in prima persona, stavolta dal punto di vista di Rain McLeod. Gli autori sono bravi a riuscire comunque a sviluppare anche altri personaggi, di cui scopriamo personalità ma anche desideri e motivazioni nel corso della storia. “Starseed” non raggiunge certe vette di intensità che si possono vedere soprattutto nel romanzo breve originale che ha iniziato la saga ma secondo me si tratta di un buon romanzo perciò se vi è piaciuto “Stardance” vi consiglio anche questo seguito.
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I Libri da Tradurre Servant of the Underworld di Aliette de Bodard
dell’impero, lo convoca per comunicargli che una sacerdotessa è scomparsa e gli indizi fanno pensare che sia stata uccisa. Ci sono tracce dell’uso di un tipo di magia connessa all’oltretomba di cui Acatl è esperto perciò lui viene incaricato di indagare. Il primo sospettato è Neutemoc, il fratello di Acatl, un guerriero salito nei ranghi dell’esercito azteco dimostrando il suo valore in battaglia. Ciò rende l’indagine ancor più delicata e complicata. Il giovane guerriero Teomitl gli viene assegnato come aiuto ma neppure lui potrà aiutarlo più di tanto quando dovrà avere a che fare direttamente con alcune divinità non necessariamente amichevoli. Nel 2007, Aliette de Bodard pubblicò il Servant of The Underworld racconto lungo “Obsidian Shards“, un giallo fantasy con Acatl come protagonista di Aliette de Bodard e in cui appare anche Ceyaxochitl. La lettura di un paio di romanzi che mescolavano giallo e fantasy con ambientazioni esotiche convinse l’autrice a scrivere un romanzo di quel tipo. Nel frattempo, nel Il romanzo “Servant OfThe Underworld” 2009, pubblicò i racconti sequel del primo di Aliette de Bodard è stato pubblicato per “Beneath the Mask” e “Safe, Child, Safe“. la prima volta nel 2010. È il primo della In “Servant OfThe Underworld”, Acatl è serie “Obsidian And Blood”. È al moil Gran Sacerdote dei Morti ma quella non mento inedito in Italia. è mai stata la sua ambizione. È stata CeyaAcatl è il Gran Sacerdote dei Morti a Te- xochitl a farlo elevare a quella carica nochtitlan, la capitale dell’impero azteco. perché lo riteneva utile per lei e quando ha Ceyaxochitl, una delle donne più potenti bisogno dei suoi servigi non esita a convo-
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carlo. Ciò succede quando una sacerdotessa scompare e probabilmente è stata uccisa per incaricarlo delle indagini. Molto rapidamente, Aliette de Bodard immerge il lettore nell’ambientazione azteca e in particolare nella sua religione. I sacrifici umani erano comuni all’epoca e l’autrice non fa finta che non esistessero, anche se non si concentra specificamente su di essi. Il sangue era un elemento fondamentale nei riti aztechi ma in “Servant OfThe Underworld” scopriamo ben presto che tutto ciò non veniva fatto per superstizione bensì perché l’elemento magico e gli dei esistevano davvero. Nel romanzo, tracce di magia legata all’oltretomba vengono trovate nella scena della scomparsa della sacerdotessa. Acatl è un esperto in quel tipo di magia e nel passato ha già partecipato a indagini su crimini legati alla magia perciò viene incaricato da Ceyaxochitl di scoprire cosa sia successo alla vittima e di trovare il colpevole. Per Acatl l’indagine diventa subito più complicata perché il principale sospettato è suo fratello Neutemoc, col quale ha un rapporto contrastato. In molti casi una storia contiene problemi familiari per aggiungere elementi drammatici ma sinceramente nella maggior parte dei casi li trovo fastidiosi. Spesso li trovo gratuiti perché sono banali e sembrano inseriti per dare l’impressione di avere un certo sviluppo dei personaggi. In “Servant OfThe Underworld” i contrasti all’interno della famiglia di Acatl mi sembrano affrontati in maniera migliore del solito. Aliette de Bodard dà un senso a questi problemi nel fatto che Neutemoc è salito nei ranghi dell’esercito azteco grazie al coraggio dimostrato in guerra. Per questo motivo, è il figlio preferito mentre Acatl è stato considerato quello che ha scelto la vita sicura e tranquilla del sacerdozio. In effetti, Acatl desidera una vita tranquilla. Il suo comportamento è diverso da quello normale dei
Gran Sacerdoti, che generalmente delegano ai loro assistenti i riti ordinari e partecipano alla vita della corte imperiale di Tenochtitlan mentre Acatl fa l’esatto opposto. Acatl è distaccato da suo fratello ma per certi versi è distaccato anche dal resto del mondo e ciò è un problema per la sua indagine, soprattutto quando deve avere a che fare con persone importanti e non sa realmente come comportarsi. Le cose sono ancora più complesse perché in un mondo intriso di magia in cui operano varie divinità un’indagine può portare alla scoperta di motivazioni e debolezze molto umane. Aliette de Bodard ha studiato la storia degli aztechi per scrivere “Servant OfThe Underworld” e i suoi seguiti ma essi non hanno la pretesa di essere romanzi storici. L’ambientazione è comunque una base fondamentale per costruire questo mix di giallo e fantasy in cui questi due generi sono strettamente interconnessi nella trama. “Servant OfThe Underworld” non è un romanzo in cui trovare elementi nuovissimi perché alla fine quelli in esso contenuti non sono particolarmente sorprendenti. La bravura di Aliette de Bodard consiste nel mettere assieme elementi così diversi in una storia omogenea e ben sviluppata. La storia è ben raccontata con un buon ritmo, con continui dettagli inseriti qua e là per immergere il lettore nel magico mondo degli aztechi. Essa è raccontata in prima persona dal punto di vista di Acatl, nonostante ciò anche altri personaggi sono ben sviluppati. È per questi motivi che secondo me “Servant Of The Underworld” è un romanzo molto buono. Anche se è il primo di una serie la storia ha una sua conclusione perciò potete comprare solo questo libro per capire se corrisponde ai vostri gusti. Se vi piace il fantasy ve lo consiglio.
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COMICS
Domenico Martino
Cronache di guerra Tabula Rasa http://lnx.logus.it/tabula-rasa/
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bula rasa, primo volume della saga a fumetti Cronache di Guerra, scritta e disegnata da Domenico Martino, edita in formato ePub da Logus Mondi Interattivi e disponibile nei maggiori store digitali (tra cui Amazon, Apple Store, Google Play). Alle cinque storie brevi fa da sfondo un conflitto mondiale in cui i protagonisti, umani e non, giocano un ruolo chiave pur vivendolo dall'esterno. Le storie si suddividono in due filoni ben distinti, anche graficamente, a cui Questa è la sinossi ufficiale di Ta- fa da spartiacque l'esplosione di Cinque storie, cinque frammenti di un futuro buio, in cui le vite dei vari personaggi, umani e non, si collegano fino a creare una sottile trama indissolubile, muovendosi in un mondo alle soglie di un conflitto globale. Cronache di guerra: Tabula rasa è uno spaccato su un futuro distopico che nasce dallo sguardo critico di un presente incerto e senza prospettive, l'inizio della fine dell'umanità e del mondo per come lo conosciamo.
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una bomba atomica che dà il via alla guerra, e che cambierà la vita di molti, forse di tutto il genere umano. La trama principale (narrata in Storia di F., Limbo e Alfa) vede come protagonista una giovane ragazza, di nome F., che vive isolata dal mondo esterno ormai da anni. Uno strano essere però bussa alla sua porta, chiedendole di seguirla. Come lei, anche un altro ragazzo viene “reclutato” da uno di questi esseri; pur non conoscendo la meta precisa, i due intraprenderanno un viaggio
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verso una meta sconosciuta. L'altro filone (raccontato invece nelle storie Big Bang e Gabbia) narra, invece, delle conseguenze dell'esplosione atomica e di ciò che da quell'esplosione nascerà. Giovani soldati si ritrovano ad essere trasformati in esseri mostruosi, pronti a difendere il loro territorio ed il loro diritto di stare al mondo; nati contro la loro volontà, tutto ciò che ora vogliono è vivere in pace con la desolazione che li circonda. Pur essendo ambientato in un mondo futuro, il fattore fantascientifico è solo marginale, un pretesto per parlare del presente, del senso di inquietudine che ci
attanaglia, dell'ansia che l'assenza di un futuro ci procura. La peculiarità dell'opera sta infatti nell'inserire, oltre ad elementi classici sci-fi e horror, anche una buona dose di surrealismo, tanto nella trama quanto nei disegni. A livello grafico, come già detto, abbiamo stili differenti a rappresentare ognuno dei due filoni narrativi. L'autore sceglie infatti di evidenziare la differenza di tematiche, di ambientazioni e di narrazione vera e propria anche nell'impatto visivo. La prima fase, che narra appunto il prima dell'esplosione, vede un tratto più fine, quasi a simboleggiare che il destino dei personaggi è appeso
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ad un filo sottile, e una colorazione più tenue; ambienti più sani anche se sempre desolati, ma comunque naturali. Grosse pennellate, neri pieni e colorazioni più acide riguardano invece il secondo filone narrativo, ossia quello che racconta cosa accade dopo l'esplosione. Tabula rasa è però da considerarsi una sorta di Numero 0 della saga Cronache di Guerra. Infatti vengono solo dati dei primi input a ciò che verrà sviluppato nei due volumi successivi, che saranno più consistenti a livello di pagine e molto più serrati e meno dispersivi nei contenuti.
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AMAZING MAGAZINE S k a n n a to i o S p e c i a le # 4 G e nna i o 2 0 1 5
Molto spesso noto come la gente (sia scrittori che lettori) distinguano nettamente tra realtà e fantasia, etichettando e catalogando tutto in modo cieco. Ho sempre trovato questa cosa molto molto triste, realtà e fantasia sono due facce della stessa medaglia e a volte c'è molta più fantasia nella realtà e/o molta più realtà nella fantasia che viceversa. 1) Più di due giorni per scrivere il proprio racconto; 2) 9 giorni per leggere, commentare e inserire in classifica i racconti altrui che non infrangeranno i limiti di lunghezza specificati. LE SPECIFICHE Lunghezza (globale). Minima: 4000 caratteri. Massima: 10.000 caratteri (spazi inclusi, escluso il titolo). Genere: QUALSIASI (i partecipanti dovranno tenere conto nelle proprie classifiche dell'attinenza dei racconti ai generi elencati).
Particolarità: a) Dovete scrivere un racconto realistico in cui succeda almeno un avvenimento davvero fuori dall'ordinario, ma che sia comunque verosimile e plausibile. Per esempio, un soldato che da solo ammazza 500 nemici nel giro di 3 giorni, armato solo di un cucchiaino e un elastico, va bene anche se sembra una cosa davvero fuori dagli schemi, il vostro compito sarà quello di renderla non dico credibile ma almeno verosimile. Quindi se volete inserire elementi fantastici mi sta bene, ma ricordate che devono risultare verosimili e credibili in un racconto realistico. Non è semplice, ma ho fiducia nelle vostre capacità. b) All'interno del racconto dovrà apparire anche del dentifricio. Non mi importa che sia proprio proprio centrale per la storia, ma ovviamente se lo sarà avrete gestito meglio le specifiche. Basta che non sia semplicemente un elemento inserito a cavolo in una descrizione e che poi non serva a niente.
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S ka n La speranza è l'ultima a morire
Seduta sulla poltrona, Chiara osservava la luce del mattino illuminare i tetti delle case vicine. Poco alla volta il buio della stanza lasciava posto al sole. Quando la luce carezzò il volto di Ivan, la madre si alzò. “Si comincia!” pensò. «Buongiorno amore!» disse Chiara poggiando le labbra sulla fronte del figlio. «Come vedi è una bellissima giornata.» Afferrò il lembo del lenzuolo e scoprì completamente il ragazzo. «Oggi è giovedì.» Batté le mani e le sfregò. «Giorno di fisioterapia.» Attese qualche istante come se dovesse arrivare una risposta, ma gli occhi di Ivan, fissi sul soffitto, non si mossero. Chiara sospirò, tutte le mattine era la stessa storia, sperava di vederlo alzarsi da quel letto per salutarla. Immaginava che le sorridesse e le chiedesse cosa aveva preparato per colazione. Così non fu. Afferrò la sacca marrone sul comodino, la agganciò alla piantana da cui ne pendevano altre due trasparenti, e la collegò a un tubicino che si andava a infilare nelle narici del figlio.
«Spero che almeno abbia un sapore questa roba.» Inumidì un asciugamano in una bacinella e, delicatamente, cominciò a frizionarlo. «Quanto mi piaceva farti il bagnetto. Certo, eri proprio una peste, potevo scordarmelo di vederti così immobile. Correvi da una parte all'altra della casa. Papà e io impazzivamo cercando di acciuffarti.» Sorrise. «Quanto ridevi, era così bello sentirti. Da solo riempivi la casa.» Indugiò all'altezza del ginocchio, sulla prima delle svariate cicatrici che deturpavano il suo ragazzo. «Sei sempre stato un amore. Se ci fosse papà racconterebbe delle tue prime pedalate. È così orgoglioso. Pensa d'essere stato lui a insegnarti ad andare in bici, ma noi lo sappiamo da chi hai imparato.» Chiara fece l'occhiolino al figlio. Per un attimo l'osservò. Gli occhi le si riempirono di lacrime, il petto di dolore. Si trattenne, non piangeva davanti a lui, perché suo figlio era ancora vivo dentro quel corpo immobile. «Oppure ci direbbe dei sacrifici che ha fatto per seguirti quando giocavi a calcio. Tutte le domeniche era con te, attaccato alla rete dietro la porta degli avversari. Quante volte hai rischiato di prendere le botte perché non riusciva a stare zitto. Per tuo padre eri
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un piccolo campione. Continuava a ripetere: “Vedrai che un giorno qualcuno lo vedrà e ce lo porterà via. Andrà a giocare in Serie A.”» Cambiò asciugamano e riprese a frizionare dal collo. «Oggi, quando lo vado a trovare, gli dico che stai bene. Che anche se non giochi in Serie A non te la passi male. Potrei anche dirgli che ci giochi, tanto non farebbe in tempo a chiedere conferma.» Si sollevò e portò indietro la testa. Serrò gli occhi cercando quelle energie che venivano sempre meno. Si morse il labbro ed espirò tutta la tristezza che aveva in corpo. Andò al comò, poggiò l'asciugamano e aprì un cassetto. Frugò sotto i pannoloni, estrasse lo spazzolino e due tubetti di dentifricio. Il primo rosso con un castoro che sorrideva, il secondo bianco che raffigurava Winnie The Pooh. «Fragola o banana?» Li soppesò, guardò il figlio e si rispose: «Fragola, so che lo preferisci.» Con lo spazzolino in mano tornò a chinarsi su Ivan. Le faceva male la schiena, tutti quegli anni avevano messo a dura prova il suo corpo non più giovane, ma per fortuna aveva la mano ancora ferma. Con la sinistra sollevò leggermente il labbro del figlio e con la destra iniziò a spazzolare,
facendo ben attenzione a non toccare il tubo di plastica. «Anche questo dev'essere un nostro piccolo segreto. Se lo scopre l'infermiera mi uccide.» Spostò lo sguardo severo verso il figlio e corrucciò la fronte. «Non fare come la volta del motorino. Tuo padre ti aveva chiesto di non parlarne con nessuno e invece sei andato a raccontarlo alla zia Sabrina. Lei è corsa subito da me. Non ti dico quanto ho gridato contro quello stupido. Sapevate entrambi che non ti avrei mai fatto guidare una moto, sai quanto mi fanno paura.» Distolse lo sguardo dal figlio e si perse fuori dalla finestra. Quante preoccupazioni inutili c'erano state nella sua vita. Non far questo, non far quello. Tanti divieti e alla fine? Per qualche minuto rimase in silenzio. Nella stanza si sentivano solo le setole contro i denti sempre più neri e quell’insistente rumore; il pallone si gonfiava e sgonfiava allo stesso ritmo da più di un anno. Era un metronomo pronto a scandire il tempo che passava inesorabile, allontanando la speranza di vederlo sveglio. Ma lei era una madre e nulla l'avrebbe convinta a smettere di pregare. Dalla base del letto Chiara afferrò il piede sinistro del figlio, lo sollevò piano e lo portò all'altezza
del seno. «Ti farà un po' male, ma lo sai che lo faccio per te. Così quando ti sveglierai faticherai meno a metterti in piedi.» Portò delicatamente il peso in avanti e, aiutandosi con la mano destra, gli piegò il ginocchio. «Solo venti volte per parte, poi facciamo le braccia e per oggi abbiamo finito» disse sorridendo. Arrivati quasi a metà, il telefono di casa iniziò a squillare. Chiara sbuffò. «Scusami, torno subito.» Adagiò piano l'arto del figlio e corse a rispondere. «Pronto.» Dall'altra parte del ricevitore si sentiva un gran baccano. «Parlo con la signora Vanti?» «Sì, sono io.» «La chiamo dall'RSA Garofani. Dovrebbe venire subito qui.» Un presentimento pessimo aggredì Chiara, che si mise a sedere a terra. «Ora non posso, sono con mio figlio. È successo qualcosa?» Sapeva che era così. Ogni chiamata di quel posto corrispondeva a un mese d'ospedale per Francesco. «Signora Vanti, non riesce proprio a venire?» «Come tutti i giorni verrò nel pomeriggio, quando mi sostituisce qui un'infermiera» rispose scocciata. «I medici del reparto lo sanno. Mi faccia parlare con loro.» Ci furono alcuni istanti di silenzio, poi partì
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la Primavera di Vivaldi. «Signora Chiara, mi scusi per l'attesa.» Chiara trasalì, non si aspettava che rispondesse veramente il medico. Le volte precedenti la segretaria si era limitata a riferire cos'era successo e dove lo stavano portando. «Dottor Coni, cosa sta succedendo?» La voce di Chiara tremò. «Purtroppo suo marito ha avuto un attacco cardiaco. Mi dispiace. Non siamo riusciti a salvarlo.» Il mondo, che fino a pochi attimi prima si reggeva su pilastri immaginari, crollò sulle fragili spalle di Chiara. «Mi faccia una cortesia. Nel suo armadio c'è un vestito nero, gli faccia mettere quello. Io verrò appena possibile.» La voce della donna era stranamente composta, tanto da spiazzare il medico. «Sì, sarà fatto. Non vuole sapere nient'altro?» «È morto?» «Sì.» «Mi basta sapere questo. A dopo.» Chiara chiuse la comunicazione, piegò le ginocchia fino a sfiorarsi il mento e scoppiò a piangere. Seduta sulla poltrona completamente illuminata, Chiara osservava il volto del figlio. Non aveva ancora avuto il coraggio di dargli la notizia. Guardò l'orologio e si fece coraggio. Meno di un'ora do-
po sarebbe arrivata l'infermiera. Si alzò di scatto. “Probabilmente non sentirà nemmeno”. Per la prima volta pensò al figlio come a qualcosa di inanimato. Il dolore aumentò ancora. Il marito era ricoverato da più di sei mesi, eppure le aveva dato la forza di andare avanti. Poggiò il palmo della mano sulla fronte di Ivan e lo accarezzò. «Dobbiamo tagliare i capelli» disse tirando su col naso. “Cosa ti succederà quando non ci sarò più io?” Si guardò le dita raggrinzite, gli anni erano passati inesorabili. Dieci dall'incidente in auto. Fece un paio di passi verso il comodino, aprì un cassetto ed estrasse un blister pieno di farmaci. “Lo faccio per noi.” Guardò il piccolo monitor del respiratore e scoppiò a piangere per l'ennesima volta in quel maledetto giorno. «Magari se ti avessi fatto comprare la moto avresti evitato quel palo.» Spense il macchinario, si chinò sul volto di Ivan e iniziò a sfilare il tubo che gli permetteva di vivere. «Perdonami, sono stata egoista. Avrei dovuto farlo prima.» Poggiò le labbra su quelle libere del figlio. «Ti voglio bene bambino mio.» Con lo sguardo fisso sul petto di lui liberò le pillole dalla loro prigione argentata. Portò la mano
alla bocca e le ingoiò una alla volta. Alla fine ne contò dodici. Diede un ultimo sguardo a Ivan e sorrise. «Tra poco correremo insieme da papà.» La stanza girò improvvisamente, gli occhi si fecero pesanti. Arrancò fino alla poltrona e ci si abbandonò. Quante notti lo aveva fatto, ma quella sarebbe stata l'ultima volta. La vista si appannò, tanto da farle credere di vedere un movimento provenire dal letto. Le palpebre si chiusero, la testa divenne troppo pesante per poterla sostenere. L'inerzia la spinse contro il poggiatesta. La stanza era finalmente silenziosa. Il fastidioso rumore del respiratore non c'era più. Chiara sentiva la vita allontanarsi. Il clacson di un’auto che passava sotto casa, le fece capire che non era ancora in paradiso, ma poco ci mancava. Sentì un sospiro profondo, come se qualcuno stesse prendendo fiato dopo una lunga apnea. Pensò che probabilmente fosse il suo ultimo respiro e attese felice. Il buio era quasi totale. «Mamma!» disse una voce disarticolata che arrivava da lontano. “Arrivo Ivan” pensò. «Mamma, mamma! Aiuto, non riesco a muovermi.» “Arrivo.” Buio.
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S ka n A bocca aperta
Flavio si sentiva a suo agio, anche il dolore pareva essersi attenuato. La notte non lo lasciava dormire, di giorno gli spaccava in due il cervello, caldo e freddo erano ormai solo delle variabili inutili. Il trattamento sperimentale del dottor Bradley era l'unico rimedio che funzionava e dopo di lui ne aveva visti di medici! Per un male che nessuno riusciva spiegare, solo quell'uomo sapeva dargli sollievo, anche se per pochi mesi. «Mi scusi, è libero?» Flavio si riscosse. Un donnone robusto pressato in un ridicolo abito rosso, indicava il posto sul divano dove lui aveva appoggiato la giacca. L'afferrò e se la mise sulle gambe, abbozzando un sorriso. «Sì» rispose. Lei si lasciò cadere pesantemente sul sofà, Flavio si tenne al bracciolo per non affondare. «Allora, com'è questo dentista?» chiese la signora con voce lamentosa. «Dicono che sia veramente bravo.» «Direi di sì» rispose il ragazzo, sperando in cuor suo che la tipa non iniziasse a scaricargli addosso tutta l'apprensione della sua prima volta. La donna era sudaticcia, ansiosa e, per suo disappunto, aveva una gran voglia di parlare.
«Ho i denti sensibili, sa» diceva «sono una vera persecuzione. Qualsiasi cosa io mangi o beva, tutto non fa che causarmi dolore.» Flavio si guardò intorno, abbozzando un sorriso distratto. «Sono stata da dentisti molto bravi, ma non ho trovato soluzione. Una mia amica mi ha parlato di questo medico. Mi ha accennato anche ad un trattamento particolare.» «Sì... usa un macchinario per la misurazione della sensibilità dentaria.» «Ed è doloroso?» chiese con voce impaurita la signora. «No, è praticamente indolore» disse il ragazzo, sperando di non dover fornire una completa descrizione dell'intero procedimento. Si maledì per non essere abbastanza stronzo da dire a quell'oca starnazzante di lasciarlo tranquillo, o quantomeno da spaventarla e farle passare la voglia di fare domande. «E' una specie di protesi collegata ad un computer, con questa stabilisce una diagnosi e la cura. Ma è anche una sorta di massaggio, è difficile da spiegare... Da' un incredibile sollievo.» «E la carie?» «La carie cosa?» chiese Flavio, sbuffando «Usa i metodi tradizionali, ovvio... Ma la macchina è un ottimo rimedio al dolore, non stressa il paziente e lo mette in condizioni di essere curato nel migliore dei modi.» «Sì ma... fa l'anestesia con
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l'iniezione?» «Certo, se occorre...» «E allora cos'ha di diverso?» sbottò la signora con aria offesa e delusa. Flavio fu sul punto di perdere la pazienza. Solo una che non aveva mai avuto le cure attente del dottor Bradley poteva parlar male del dottor Bradley... Avrebbe potuto star zitto, ma sentì suo dovere difendere l'uomo che tanto magistralmente sapeva alleviargli il dolore. «Questo dentista ha le mani d'oro, la farà rimanere a bocca aperta, mi creda.» La signora alzò le spalle, prese distrattamente una rivista e iniziò a sfogliarla. Risentito per quell'improvviso disinteresse per la questione, s'inalberò: «E poi c'è il dentifricio, la sua amica non gliene ha parlato?» La donna alzò gli occhi dalla figura slanciata e succinta che occupava la copertina del settimanale. «Quale dentifricio?» chiese, scettica. «Quello per i suoi pazienti. Lo applichi dove hai il dolore e questo sparisce. Non puoi farne meno. E' un prodotto promozionale, non si trova in commercio, ce l'ha solo lui.» «E costa molto?» «Lo regala.» «Il signor Mauri?» La voce della segretaria richiamò Flavio che si alzò dal divano, il volto sollevato. L'attesa era finita. «Eccomi» annunciò. Un breve saluto alla signora e sparì oltre la porta. Sentì su di sé
gli sguardi invidiosi degli altri pazienti, per i quali non era ancora giunta l'ora. «Allora, signor Mauri, come andiamo?» «Abbastanza male, grazie» ironizzò. «Il dolore si è ripresentato?» «Praticamente ogni notte da un mese e quando ha dei picchi altissimi non riesco a dormire.» «Ho visto che è venuto da me tre mesi fa.» Flavio annuì. «Ho notato anch'io che l'intervallo tra una visita e l'altra è sempre più breve.» «Mi ha detto che le lastre non rivelano nulla di anormale.» «Solo una progressiva perdita di dentina, ma questo non giustifica un dolore così forte. Avevo pensato al suo dentifricio... Lo uso spesso quando sento male, non vorrei...» «La pasta è assolutamente naturale» lo interruppe il dottore «Diamo un'occhiata.» Flavio respirò a pieni polmoni l'aria fresca dello studio medico. Si sentiva a suo agio, disteso sul comodo lettino, inondato dalla luce del sole che filtrava attraverso le tendine bianche, circondato da tele dipinte in colori caldi e brillanti. Da piccolo era spaventato dagli attrezzi e dai macchinari del dentista di famiglia, ma il dottor Bradley aveva delle mani uniche, delicatissime, un tocco leggero che avrebbe infuso sicurezza anche nel più ansioso dei bambini. Se un giorno avrò dei figli li porterò da quest'uomo, pensò. Mentre gli applicava il 'Dento-
metro', ( un giorno aveva sentito il medico chiamarlo così ) gli parlava per metterlo a suo agio. Il macchinario misurava i suoi denti, il sibilo leggero si confondeva con la musica che usciva dalla radio accesa. Un fievole formicolio gli solleticava le gengive ma Flavio non ne era disturbato, anzi, era immediato il sollievo che la pressione del marchingegno gli procurava nel cavo orale. L'applicazione durò qualche minuto, quindi Flavio sciacquò la bocca e del dolore non c'era più traccia. E con un po' di fortuna sarebbe durata un po' più di tre mesi, stavolta... «Ecco il dentifricio miracoloso» il medico gli sorrise, porgendogli il prezioso tubetto rosso. Flavio lo prese con un'innaturale smania. «Grazie dottore.» «Mi raccomando, non ne abusi. Lo applichi una volta al giorno, preferibilmente la sera prima di andare a letto.» Flavio assentì. Si sentiva rinato. Passò dalla segretaria e pagò i 40 euro della visita con la stessa gioia che se li avesse intascati lui. Quando uscì nella sala d'attesa, incrociò gli occhi vacui della donna vestita di rosso e le sorrise. «Come si sente?» chiese quella, con fare dubbioso. «Da Dio!» rispose Flavio, strizzandole l'occhio. La signora parve rinfrancata. L'ultimo cliente uscì dallo studio con l'aria più gaia che mai, ciò indicò all'uomo con la valigia che era giunto il suo turno.
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Dopo un breve cenno di saluto, questi entrò nello studio, rivolgendo appena uno sguardo alla segretaria in procinto di vestirsi ed andarsene. «Buonasera signore... Buonasera sera dottor Bradley, a domani!» «A domani, signorina de Carli!» le rispose il dottore. L'uomo col cappello entrò e chiuse la porta alle sue spalle. Quando sentì il pesante portone d'ingresso chiudersi, il dottore si rilassò e andò incontro all'uomo. Questi ignorò la mano che il medico le tese: «Come sono andati i prelievi oggi?» Il medico tossicchiò. «Bene direi» e indicò il computer. L'uomo si accostò, aprì uno sportellino laterale del macchinario ed estrasse un contenitore pieno di un denso liquido giallo. Lo sigillò in un altro contenitore e lo mise in una grande borsa termica. «Ho bisogno di dentifricio» continuò il dottore, cercando di assumere un tono disinvolto. L'uomo in nero lo scrutò con aria severa. «Mi sembra che finisca troppo rapidamente. Credo che debba stare attento all'uso che ne fa.» «Le richieste sono sempre più numerose. I clienti sono triplicati nel giro di sei mesi. D'altra parte è proprio l'effetto del dentifricio che li riporta da me, senza quello non potrei procurarvi ciò che vi serve.» Ci fu un attimo di silenzio, giusto per lasciargli il tempo di chiedersi se sarebbe vissuto un altro giorno o se magari quello
l'avrebbe fatto fuori all'istante. «Domani o dopodomani al massimo avrà una buona scorta.» Bradley rilassò i muscoli contratti. «Ah, quasi dimenticavo... Lo studio dei componenti come va? C'è un paziente che sta sviluppando una forte allergia, i dolori stanno aumentando e ha bisogno di dosi massicce. Non reggerà per molto.» «I nostri scienziati ci stanno lavorando» replicò l'uomo. «Mi serve nome e indirizzo dell'uomo.» Il dottore deglutì. «Che gli farete?» «Non credo che la cosa la riguardi, dottore.» Ma Bradley era curioso. «Lo ucciderete?» «Non prima di aver compiuto i nostri studi. Soddisfatto adesso?» Non proprio, rifletté Bradley. Alla fine, però, non è che dovesse preoccuparsi di tutti i suoi pazienti! Il suo passato da odontoiatra era piuttosto insignificante, ma ora la sua notorietà era su larga scala, contava almeno trenta pazienti al giorno e le entrate erano sufficienti a farlo vivere nel lusso per tutta la vita. I suoi sogni si stavano avverando. Era tentato di chiedere a quell'individuo cosa ne facessero della dentina estratta ai suoi pazienti, ma temeva che a far troppe domande avesse tutto da perdere e nulla da guadagnare. Quando gli avevano offerto soldi e notorietà in cambio di
quel lavoro sporco, Bradley era stato sul punto di scoppiargli a ridere in faccia, ma quando si era trovato faccia a faccia con quei mostri, aveva capito di avere due scelte: o impazziva e finiva in manicomio o accettava la proposta. La seconda opzione gli era parsa più divertente e conveniente della prima. Senza contare che non sapeva cosa potesse capitargli se avesse rifiutato... L'uomo si aggiustò il cappello, mise tracolla la borsa termica e riprese la sua valigia. Gettò al medico un'occhiata, Bradley non capì bene se fosse più disgustato o impietosito. «Buonanotte, signor Bradley.» «Buonanotte, signor...» il saluto rimase a metà. In più di un anno, da nessuno di loro aveva sentito pronunciare dei nomi. Del resto, l'individuo si dileguò abbastanza in fretta da non permettere ulteriori curiosità. Pazienza. «Sopravviverò» Per un attimo pensò al povero signor Mauri. Immaginò la sua faccia e quella dei suoi clienti se avessero saputo la verità. Da lasciarli a bocca aperta. Sorrise. Infilò il cappotto, spense le luci e si avviò a piedi verso casa. Alzò gli occhi al cielo stellato, pensando che da qualche parte un grosso quantitativo di dentina terrestre viaggiava nello spazio. Non si sapeva con quale scopo, ma a che serviva preoccuparsi? Alla fine non era mica la sua!
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S ka n
ho dato fondo al meglio. E ufficio. Essere Dio cosa c’è di meglio di due cac’è? p e r u n d e c i m o mion ripieni di esplosivo? Se -- Che Paolo, cosa diavolo è que-
Duke Zed fece il suo ingresso nella breccia, scortato da venti dei suoi più massicci combattenti. A sbarrargli il passo era rimasto solo Max, indebolito dalle ferite e dalla lunga lotta. Iron Golem, Hyena e gli altri Riders erano morti e lui era l’ultima difesa che si frapponeva tra i banditi e gli inermi abitanti di New Heaven. Il predone lo squadrò con aria ironica, poi cominciò ad applaudire. - Sai, non pensavo che avreste resistito così tanto. – disse, togliendo il sigaro dalla bocca e sbuffando una lunga nuvola di fumo. - Si, sapevo che eravate cazzuti, ma, porca miseria, noi eravamo migliaia! Insomma, mi sono detto “Mandiamogli contro quella feccia Scravengers, che tanto ce n’è fin troppa.”. Mi aspettavo una cosa veloce, e invece… La sua mano indicò la massa di cadaveri che si intravedeva attraverso la breccia. - Poi mi sono detto: “Saranno stanchi: basterà attaccare con una sporta di gente e la battaglia sarà vinta.” Così vi ho mandato contro i Cobra, i Red Shields e i Direction: cazzo, messi assieme erano più di novecento! Gli spalti ingombri di corpi parlarono al posto suo. - Così ho perso la pazienza e
poi sono seguiti da duecento veterani Blitzkrieg e Sardaukar, teoricamente nulla dovrebbe restare in piedi… o quasi. Rise, poi applaudì di nuovo. - Complimenti: avete distrutto più di due terzi delle Bande del Deserto, ma ora è finita. E, per dirla tutta, forse è meglio così: in questo modo, noi Uruk Knight non dovremo spartire il bottino con nessuno! Ma Mel Max non indietreggiò di un passo. - Non mi fai paura, Duke: feccia come voi posso massacrarla anche da solo. Gettò via la spada spezzata e mise le mani nelle tasche per cercare altri coltelli. Ma l’unica cosa che trovò fu il dentifricio che Hyena gli aveva dato per lavarsi i denti quella mattina. - Mi và bene anche questo! – urlò, impugnando il tubetto – Voi siete già morti! Sconvolto dalla citazione casuale nel finale, chiudo di scatto gli occhi, sperando che ciò che ho appena letto sia stato solo il frutto di un’allucinazione o di embolo celebrale. Quando li riapro però, il libro è ancora al suo posto. - Paolo! Paolo, vieni qui! Devo sbraitare per qualche minuto prima che il faccione di Paolo si decida a fare capolino dalla porta del mio
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sto? Il mio collega segue la linea del mio dito e individua il libro maledetto. - È il numero di “Postapocalyptic Max” dello scorso bimestre: cosa c’è di strano? - C’è che non mi trovo con la trama. Non dovevamo cominciare la saga delle Torri Nere? Avevamo preparato le bozze prima che partissi per Cuba. Paolo assume un’aria imbarazzata, agitando la testa come se fosse un pupazzo a molla. - Il Capo ha deciso di dare spazio a Leonardo. Non te ne avevo parlato al telefono mentre eri in vacanza? Da Cuba ho portato tanti ricordi, ma ho del tutto rimosso le telefonate inopportune di Paolo. Per sicurezza, faccio comunque un timido segno di assenso. - É solo un riempitivo. Tu prepara una conclusione decente e partiamo subito con le Torri Nere. - Un riempitivo? – esclamo, furibondo. – Due terzi dei personaggi principali morti; l’Harley di Max distrutta; New Heaven messa a sacco dai predoni… Questo non è un riempitivo: è la fine della serie! Il porpora sulle sue guance si fa più marcato. - Al Capo dispiaceva interrompere il lavoro creativo di Leonardo. Sembrava
così entusiasta… Detto questo, si affretta ad allontanarsi. Rassegnato, prendo le bozze e provo a vedere in che modo il genio che mi ha preceduto avrebbe voluto che terminasse la sua storia. Tutto si riduce a una sola riga in calce. “ Max prende il tubetto di dentifricio e fa il culo a tutti.” Stupendo! Magnifico! King e Martin non avrebbero saputo inventare un finale più denso di significato e di pathos! - Maledetto raccomandato ignorante… Sbotto, accendendo il computer e immergendomi nel desolante vuoto della pagina Word intonsa. Una chiara rappresentazione di ciò che adesso c’è nella mia testa. Rileggo il finale del libro precedente, sperando che salti fuori qualche idea, ma l’unica cosa che ottengo e di restare intrappolato nella frustrazione. Scrivere, prima ancora che un lavoro, è la mia più grande passione. Che si tratti di un libro impegnato o di un racconto per adolescenti brufolosi, l’ispirazione creativa è sempre stata una fonte di puro piacere. Quando mi siedo davanti al computer, creo universi infiniti e vivo le stesse emozioni che trasmetto ai miei personaggi.
È come essere Dio, anzi, forse è anche meglio, perché nessuna delle mie creature potrà mai sognarsi di discutere il destino che le ho imposto. Purtroppo, a meno di chiudere i propri racconti in un cassetto, chi scrive deve sempre farlo con la consapevolezza di dover presentare il proprio racconto a un pubblico e deve adattare la propria creazione alle opinioni dei lettori. Quindi, è come essere Dio solo a metà, ma a me è sempre andato bene. In questo caso, ciò che è stato scritto nel numero precedente mi pone così tanti paletti che posso considerarmi Dio per un terzo, anzi, per un decimo. La mia inventiva può andare a farsi benedire. A furia di stimolarlo, però, il mio cervello sembra funzionare e salta fuori un’idea. Anche se non ne sono molto convinto, provo a buttar giù qualcosa: Il tubetto di dentifricio si spaccò sotto il fendente di Duke. La lama gli mozzò le dita e Max cadde a terra. “È finita.” Pensò. Abbassò il capo e si preparò a ricevere il colpo mortale. Ma non sentì nulla. Confuso, aprì gli occhi, scoprendo di trovarsi ancora nella sua stanza. Hyena, sdraiata nuda accanto a lui, si era addormentata sulla
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sua mano, che ora aveva perso qualunque sensibilità. Aveva quindi sognato tutto? Leggo un paio di volte l’abbozzo, poi lo cestino, senza darmi nemmeno l’incombenza di provare a migliorarlo. A essere sbagliata è proprio l’idea del sogno, forse il cliché più abusato della storia della letteratura. Non che non abbia il suo fascino, ma buttarlo giù così, giusto per rendere totalmente inutile tutto ciò che è stato letto prima, è il modo migliore per farsi mandare a quel paese da svariate migliaia di lettori affezionati. Scartata questa ipotesi, ritorno al punto di partenza. Stavolta provo un approcciò diverso. Mi rilasso, chiudo gli occhi e lascio libero sfogo alla creatività più sfrenata. - Questo non è un comune tubetto di dentifricio! – urlò Max, alzando il pugno al cielo. – Questo è il Potere dello Sciame! Svitò il tappino e si schizzò il liquido biancastro sul petto. I predoni risero, ma quando videro le nanomacchine ricoprire il corpo del loro avversario, furono costretti a ricredersi. Quando fu rivestito dalla sua sfolgorante armatura, Max ne provò la potenza, generando, con il semplice incrocio dei pugni, un’onda
d’urto che quasi mando a terra i suoi nemici. - Allora – fece, mettendosi in guardia, - chi è il primo che vuole morire? Apro gli occhi e rileggo quello che ho appena scritto. Dopo averlo fatto un paio di volte, scoppio a ridere di gusto. È un pezzo carino, di quelli che fanno godere quasi sessualmente il lettore più desideroso di intrattenimento, ma sono costretto a cancellarlo. Purtroppo, non posso fare altrimenti: per quanto bella, l’idea di un’arma simile cozza totalmente contro il livello tecnologia che abbiamo stabilito per questa serie. Certo, si potrebbe sempre inventare un ritrovamento fortunoso in qualche laboratorio militare, ma aprirebbe una quantità industriale di buchi nella trama della storia, il banchetto ideale per quella di gente che sembra comprare i libri solo per poterli criticare. Lettori simili, stanano un’incongruenza con lo stesso fiuto infallibile con cui i maiali scovano i tartufi… Abbandonato anche questo approccio, vengo inghiottito dalla pagina vuota. La mia mente è un turbinio di idee impraticabili che cozzano tra loro e si confondono l’un l’altra. Alla fine, sono talmente tra-
volto da questa situazione che non mi accorgo di essere in compagnia fino a quando non sento una mano che si appoggia sulla mia spalla. È Lui. Il Capo. - Mi avevano detto che stavi lavorando sul finale della storia di Leonardo, ma qui vedo solo una pagina bianca. C’è qualche problema? - Non so come continuare. – dico, imbarazzato – Il precedente numero è terminato in modo così… pittoresco. Il Capo ignora l’accento particolare che metto su quel “pittoresco” e si fa passare il libro. Dopo aver riletto un paio di volte il finale e la famigerata bozza del dentifricio, scoppia a ridere. - Tutto qui? Ma è facilissimo! So perfettamente come deve finire. Stupito da una simile intraprendenza , lascio il posto al Capo, che subito comincia a scrivere: Proprio quando sembrava tutto perduto, una luce infuocata squarciò il cielo, accecando tutti per qualche istante. Prima che Max potesse rendersi conto di cosa stava succedendo, ci fu una tremenda esplosione, che lo scaraventò a diversi metri di distanza. Quando si rialzò, Duke Zed e i suoi tirapiedi non erano altro che
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cenere, macchie confuse sul fondo di un cratere fumante. Lo squarcio di un meteorite. - Un… meteorite? – faccio io, stupito come non mai – I cattivi vengono uccisi tutti da un meteorite? - Oh, ma certo che no: solo il capo dell’orda e la sua scorta. Gli altri si limiteranno a darsi alla fuga terrorizzati. Il Capo lo dice candidamente, ma io non sono convinto. - C’è una possibilità su sei miliardi di morire in modo così assurdo! Perché dovrebbe finire così? - Perché si. – mi risponde lui, mettendomi nuovamente una mano sulla spalla. – E se non ti sembra una ragione sufficiente, prova a riflettere sul senso della vita. Ti renderai conto che persino a Nostro Signore, di tanto in tanto, piace rispondere in questo modo. Annichilito dalle sue parole, cado sulla sedia. Prima che abbandoni la stanza, riesco a formulare un ultimo dubbio. - E il dentifricio? - Max lo userà per lavarsi i denti. Dopo tutto quello che ha passato, vuoi forse negargli il diritto di avere una corretta igiene orale?
N o n pe r d e t e i l n u m er o d i M a r z o 足 A pr i l e
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M y F r i en d T h e En d?
S ka n
Gennaio-Febbraio 2015
AMAZING MAGAZINE
Anno 3
N u me r o 2 9 -3 0
La rivista multicanale di narrativa fantastica liofilizzata istantanea
Dark Side
gennaio 2015
La speranza è l' u ltim a a m o r ir e
di Franc e s c o N uc e ra
A bocca aperta
d i L a u r a P a lmo n i
Essere Dio per un decimo
di White Pretorian
Illustrazione di
George Cotronis