SLOW ECONOMY 14

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ANNO 4 NUMERO 14 Ottobre/Novembre 2016

Fiera del Levante, tra storia e attualitĂ

Comune di Bari

Progetto realizzato con il contributo della Regione Puglia - Area Politiche per lo Sviluppo Rurale


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86 Slow Economy - Golf in Tour gustando Moda, Agroalimentare e Turismo Anno 4 - Numero 14 - Ottobre/Novembre 2016 - Reg. Tribunale in corso Direttore Responsabile: Stefano Masullo Direttore Editoriale: Saverio Buttiglione - Art Director: Daniele Colzani Segretaria di redazione: Emanuela Cattaneo

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della redazione

Ultim’ora

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Ci ha lasciati anche il grande Dario Fo

n tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta. Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po’ le teste. Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa” da “Il mondo secondo Fo”. E’ stato giullare dalla memoria inarrivabile, satirico e scomodo, dall’ironia graffiante colma d’intelligenza e cultura, è un’altra vecchia Quercia che muore, un’altra “Biblioteca che prende fuoco” secondo la cultura dei giapponesi che lo

piangerebbero tutti insieme al di là dell’appartenenza politica. Indimenticabile il suo recente show “Francesco, un santo giullare” che la RAI ha ritrasmesso venerdì 13 ottobre giorno della sua scomparsa, con una sua bella premessa su Papa Francesco, nonostante la sua laicità ma ha dato atto a Bergoglio della grande opera che sta compiendo, proprio come ha fatto di recente un altro grande intellettuale non

credente, il 90enne fondatore del quotidiano La Repubblica Eugenio Scalfari. La conclusione da trarre è che siamo tutti come 7 miliardi di candele accese su questo pianeta, di varia altezza a seconda dell’età, ed ogni giorno se ne spengono alcune ma, in questa folla di luci, spiccano sparsi qua e là dei ceri alti almeno 2 metri, che somigliano ai grattacieli di una città vista dall’alto, e fanno una tale luce che quando si spengono resta molto buio intorno, così com’è stato mesi fa con la scomparsa di Umberto Eco


Comune di Bari

Regione Puglia

Organizzazione

Media Partner

Con il Patrocinio di

Extra Virgin Olive oil & Wine International Week 2016

“ExtraDiVino” è un programma di marketing territoriale realizzato insieme a Milano Slow Economy e al Comune di Bari con il supporto di Regione Puglia

ASA Comunicazione

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di Stefano Masullo

Editoriale

Rio 2016, la promozione del turismo golfistico Il golfista italiano Matteo Manassero detiene il record di più giovane vincitore dello European Tour. Dal 2013 è, inoltre, il più giovane vincitore del BMW PGA Championship

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Il Golf ha fatto la sua ultima apparizione nel 1904 a St. Louis per poi non essere più considerato una disciplina olimpica: per tanti anni la Federazione internazionale ha cercato di reintrodurlo e finalmente, a Rio 2016 il Golf è tornato protagonista . I giocatori ammessi alla gara sono stati in totale 120, per 30 Nazioni, con una partecipazione uguale sia per gli uomini che per le donne, 60 giocatori maschili e 60 femminili che si sono affrontati nella Reserva Marapendi di Barra da Tijuca, all’ Olympic Golf Course, situato a ovest di Rio, progettato dall’architetto americano Gil

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Hanse, che ha puntato a realizzare un percorso lungo e difficile, sfruttabile anche dopo le Olimpiadi. Inaugurato nel Novembre del 2015, dopo 20 mesi di lavori e più di 25 milioni di dollari spesi, il tracciato olimpico è stato disegnato seguendo gli attuali standard adeguati a un gioco di alto livello, ma anche concedendo possibilità di recupero. Terzo campo da 18 buche della Ciudad Maravillosa e primo campo pubblico del Brasile, l’ Olympic Golf Course, il “Campo de Golfe Olimpico” è un progetto importante e ambizioso per la crescita del Golf nel Paese, dove ancora sono pochi i

giocatori locali e poco sviluppato il turismo legato al Golf. Ispirato agli storici links britannici e irlandesi, grazie anche al fondo sabbioso del Parque Municipal Ecológico de Marapendi sul quale nasce, il percorso è un par 71 di 6.720

Il Direttore Responsabile Prof. Stefano Masullo


metri, caratterizzato da ampi fairway, molteplici battitori, numerosi ed insidiosi bunker e dalla totale assenza di alberi, ma anche da larghi spazi intorno agli enormi green ondulati che offrono molte possibilità di recupero. Un percorso molto tecnico e vario, con fairway di media grandezza, green ondulati e alcuni dei quali piccoli, numerosi e insidiosi bunker e due laghi che pare adeguato agli standard di gioco odierni ai massimi livelli. Alcune delle buche volute da Gil Hanse vengono descritte come da “metà par”: lunghi par 3, par 4 raggiungibili con il primo colpo e un paio di par 5 caratterizzati dalla possibilità di raggiungere il green con un secondo colpo rischio/ ricompensa. Il vento, spesso presente nella zona, fa poi la

differenza. La parte più difficile è nelle quattro buche dalla 11 alla 14, con il denominatore comune di un colpo al green molto complicato. In un tracciato dove gli alberi sono pochissimi, ce n’è uno alla buca 13 che entra in gioco nel tirare alla bandiera. Su tutte e quattro, per la loro posizione, si fa sentire in modo sensibile il vento. Realizzato seguendo i criteri progettuali di ecosostenibilità, visto il clima tropicale della

zona sono stati utilizzati due differenti manti erbosi. Per i green la scelta è caduta sul Paspalum vaginatum, nativo delle coste dell’America centrale e meridionale, molto tollerante alla siccità e all’azione dell’acqua marina, mentre per quanto riguarda i fairway, il rough e le aree di partenza è stata selezionata la Zeon Zoysia, un’essenza avanzatissima che richiede pochi fertilizzanti e garantisce una crescita ad alta intensità, resistente alle situazioni di caldo estremo e che fornisce una superficie di gioco di prim’ordine. Per determinare i partecipanti ovviamente si è fatto riferimento al ranking mondiale aggiornato all’11 luglio 2016, data in cui è stata stilata la classifica definitiva. I primi 15 giocatori della clas-

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sifica mondiale del golf sono stati automaticamente ammessi a partecipare all’Olimpiade senza nessuna restrizione per quel che riguarda la nazionalità. Gli altri 45 ammessi, invece, hanno dovuto sottoporsi ad un processo d’ammissione diverso, questo per far partecipare il numero maggiore di nazioni possibili all’evento olimpico, la Federazione ha pensato ad un meccanismo che preveda la partecipazione alle Olimpiadi di solo 2 atleti per ciascuna nazione, posto che non ci siano più di due golfisti inseriti nella Top 15 per quella stessa Federazione Nazionale. Ad esempio se nella classifica mondiale gli Stati Uniti avessero occupato 8 delle prime 15 posizioni, tutti quelli degli Stati Uniti che si fossero trovati fino al 60esimo posto non avrebbero potuto essere considerati per Rio 2016. Una scelta democratica e

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in linea con lo spirito olimpico, che non ha tuttavia mancato di suscitare qualche malumore nelle Federazioni che vedono numerosi atleti in quella classifica: oltre agli Stati Uniti, anche la Gran Bretagna e la Spagna hanno sempre vantato numerosi atleti nelle prime 60 posizioni. In questo modo il field olimpico è risultato molto variegato avendo visto in gara anche golfisti che, arenati in posizioni di classifica molto arretrate, è raro incontrare nelle maggiori competizioni internazionali. La formula di gara del torneo olimpico di Golf ha rispettato quella classica dello Stroke Play su 72 buche, per entrambe le categorie, in quattro giorni di competizione . Questa particolare formula di gioco, che prevede la conclusione del percorso con il minor numero di colpi eseguiti per ogni buca (stroke play), contempla, in caso di parità, la

disputa di un playoff di tre buche per determinare il vincitore della medaglia . A differenza dei grandi tornei internazionali, non è stato previsto nessun taglio, dal momento che al field, come detto, sono stati ammessi solo 60 golfisti per ciascuna categoria. Il torneo si è giocato durante l’inverno australe e questo ha


destato non poca preoccupazione all’organizzazione e agli sportivi, visti anche i cambiamenti climatici improvvisi verificatisi durante le partite dei mondiali di calcio, quando sono sopraggiunte verificate numerose piogge, anche di forte intensità, che hanno modificato completamente le dinamiche del torneo. L’Italia è stata rappresentata da Matteo Manassero e Nino Bertasio per la squadra maschile e da Giulia Molinaro e Giulia Sergas, per la squadra femminile . M a t t e o Manassero, quattro titoli del circuito continentale nel palmares,

conquistati a suon di record, attualmente in notevole ripresa dopo un anno e mezzo in grigio, a vent’anni era 25° nella classifica mondiale, ha avuto un’ulteriore scossa dalla qualificazione a Rio 2016 (decisivo il forfait di Francesco Molinari). Da appassionato di tutte le discipline, ha vissuto intensamente questa sua partecipazione convinto che “l’Olimpiade sia la massima espressione dello sport”. Il suo obiettivo dichiarato è stato quello di essere presente “per giocarsi una medaglia”, lo ha sempre affermato con assoluta convinzione e non come scontata dichiarazione della vigilia. Nino Bertasio si è guadagnato l’ingresso nell’Olympic Ranking con una serie di prodezze e con una progressione che sembrava impossibile per uno che quando nel 2014 è partito l’Olympic Ranking era nell’Alps Tour. In due anni è ar-

rivato sull’European Tour, salto che pochissimi possono vantare, presentandosi in Brasile in grande condizione di forma, che peraltro l’ha sostenuto per quasi tutto l’anno, e con il morale altissimo. L’Olimpiade di Rio 2016 è stata quindi un grande palcoscenico per promuovere il turismo golfistico a livello planetario. Nel mondo circa 80 milioni di golfisti praticano su oltre 40.000 campi e gli eventi legati al Golf valgono oltre 2 miliardi di dollari l’anno . Il Golf si sta affermando in Cina e in India, dove viene percepito più come uno sport che come una attività ricreativa soprattutto dai più giovani . Il Golf si posiziona al quinto posto tra gli sport commercializzati sui mercati dell’intermediazione internazionale del turismo verso l’Italia (14,4%), dopo ciclismo (36,1%), sci (25,8%), trekking (24,7%) e Calcio

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Sono circa 25 milioni i turisti che ogni anno si muovono nel mondo per giocare a Golf. In Italia, si stimano 1,8 milioni di presenze, ma il dato sale a 3,9 milioni, contando le notti di chi ha soggiornato in Italia anche per altre motivazioni ma ha praticato il golf durante la vacanza. Un campo da Golf genera in media 100 posti di lavoro, con benefici per tutto l’indotto : alberghi ristoranti bar musei e artigianato. Tutto il segmento golfistico in Italia si struttura nel seguente modo: segmento sportivo golfistico (385 Golf Club nazionali) e segmento sportivo golfistico turistico in Italia (104 Golf Club definiti dalla Federazione Italiana Golf FIG “a vocazione turistica”). Le regioni del Nord accolgono il maggior numero di circoli ( la Lombardia con 67 club ed il Piemonte con 57 rappresentano le regioni con il maggior numero di presenze ) . L’88% dei campi considerati è annessa a strutture più ampie (alberghi, residence, resort o semplici foresterie). Solamente il 2% è situato all’interno di veri e propri villaggi o centri vacanze dotati di comfort e servizi. Il 35% di essi ha, invece

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una disponibilità di accoglienza turistica limitata . La primavera è caratterizzata dalla maggiore affluenza. Le principali fonti di ricavo di un circolo di golf sono rappresentate da quote sociali, green fee, servizi resi (a ospiti e soci), gare e sponsorizzazioni. I principali mercati stranieri per il sistema del turismo del golf sono Germania (48,8%), Austria (16,3%), Regno Unito ( 13,4% ) e Francia (9,3%). In Italia le regioni che generano le più alte quote di turisti golfisti sono Lombardia (31,1%), Piemonte (10 6%), Emilia Romagna (8%) e Veneto (8%).

Il turista golfista è high profile e spende al giorno - in media - circa il doppio di un turista tradizionale. Sono affiliati alla IAGTO 550 Tour Operator specializzati nel Golf in 62 paesi del mondo: i Tour Operator IAGTO controllano oggi più dell’85% delle vendite globali di pacchetti vacanza legati al Golf. Le vendite dei Tour Operator affiliati alla IAGTO, nel 2012, sono cresciute in media dell’11 1% in tutto il mondo (in Europa +10,1%). I Tour Operator hanno portato in viaggio oltre 1,6 milioni di golfisti vendendo vacanze golf per una cifra superiore a 2 miliardi di dollari • In Europa i Tour Operator hanno riportato la tendenza all’aumento di soggiorni golfistici più brevi (5 notti al posto di 7 notti) eccetto che per la clientela dei pensionati scandinavi, che richiedono soggiorni più lunghi per far fronte al periodo invernale.


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di Saverio Buttiglione

Punti di vista

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Eco di Memoria e libri a memoria degli intellettuali, l’Umberto di Alessandria di Piemonte

er quanto mi riguarda anche uno spazzino (non uso apposta il termine “operatore ecologico” visto che chi spazza con la ramazza i nostri marciapiedi dalle nostre maleducazioni in italiano è spazzino, così come non è un’offesa definire handicappato piuttosto che “diversamente abile” una persona menomata, oppure omossessuale piuttosto che gay una persona che fa l’amore con un’altra dello stesso sesso) con un grado di istruzione fermo alla terza media è anche lui un intellettuale se coltiva la sua mente studiando sui libri diventando via via “col-

to” ma soprattutto se usa il suo intelletto, perciò ritengo che chiunque possa lasciare un segno della propria esistenza solo se utilizza al meglio quel 2% del genoma che ci differenzia dagli altri primati. Ma Umberto Eco svettava su tutti, ci ha lasciati a febbraio e la mancanza della sua ironia (diceva agli amici al bar che non riusciva a spiegare alla moglie, che lo credeva rimbambito a guardare per ore fuori della finestra, … che stava lavorando !), che condiva di leggerezza la sua immensa erudizione in campi del sapere che andavano dalla filosofia, nella quale si

era laureato all’Università di Torino con tesi su Tommaso d’Aquino, alla semiotica che insegnava a Bologna, alla comunicazione in tutte le sue forme fino a quella dei mass media ultimi fra i quali i social networks di cui era grande esperto, ci fa sentire molto più soli in questa società liquida post/consumistica nella quale non abbiamo ancora una nuova “visione” del futuro comune e ci spaventa molto la mancanza di valori che, consolidati nell’ultimo secolo, si vanno pian piano sgretolando senza esser sostituiti da nuove certezze, ed in questa condizione di generazioni


fra un’Era che muore ed una che nascerà, come ai tempi di Dante Alighieri che soffriva la fine del medioevo, ma non godette del rinascimento, non sappiamo far altro che litigare, anche violentemente, fra di noi. Eco è stato maestro di vita per molti, in tutto il mondo (ha ricevuto 42 lauree honoris causa ed altre 2 ne avrebbe avute quest’anno) e quando la scorsa estate a Milano per EXPO2015 il Ministro Dario Franceschini, davanti a ben 80 ministri della Cultura da tutto il mondo, lo ha inevitabilmente designato quale relatore degno rappresentante della cultura italiana ha fatto benissimo. Per questo ritengo che, se in Giappone piangono la scomparsa di ogni anziano alla stregua dell’incendio irrimediabile di una biblioteca, il professor Eco, saggio giovane di 84 anni, va pianto in tutto il pianeta come se molte biblioteche fossero di colpo scomparse con la sua morte. La scena del suo romanzo “Il nome della Rosa” in cui il mo-

naco Bernardo di Baskerville cerca di salvare gli antichi manoscritti dall’incendio nell’abazia benedettina, a costo della propria vita, interpretata magistralmente nell’omonimo film da Sean Connery, è proprio la nostra immagine, siamo tutti noi il giovane allievo Adso da Melk che accompagna l’ex monaco inquisitore nel romanzo, noi che dovremmo salvare quante più opere possibili di Umberto nel nostro animo, tenendo così vivo il suo pensiero

nella nostra memoria, il che ci sarebbe molto utile a districarci nella complessità della vita che ci attanaglia in questo periodo. Io rileggerò per esempio “il pendolo di Foucault” che ricordo mi impressionò molto quand’ero ragazzo, come un figlio che non ha mai conosciuto suo padre tanto cercato e non ha fatto in tempo a trovarlo e perciò rilegge le sue lettere, eppure proprio io ero ancora speranzoso di incontrarlo perché avevamo in comune un grande amico (per entrambi) a cui mi ero ripromesso di chiedere l’incontro. Il mio amico Cino Tortorella infatti, autore e regista in Rai e Mediaset, diplomato da Giorgio Strelher al “Piccolo Teatro” di Milano come attore e regista, deve a lui la sua fama durata 50 anni. Aveva messo in scena a teatro “Zurlì mago lì per lì” ed una sera un giovane funzionario RAI di nome Umberto Eco andò a vederlo. Gli piacque e fece chiamare il regista Tortorella

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chiedendogli di fare una trasposizione televisiva in 4 puntate cambiando il nome in “Zurlì mago del giovedì” perchè sarebbe andato in onda il giovedì a partire dal primo giorno in cui la RAI avrebbe trasmesso in tutta Italia. Pochi giorni prima della registrazione si ammalò l’attore protagonista e Cino fece un nuovo casting per sostituirlo ma non era soddisfatto dei partecipanti al provino. Allora tutta la compagnia gli chiese di interpretare lui stesso il Mago Zurlì solo per quell’occasione. Lo fece e quando l’anno dopo regalò ai frati dell’Antoniano di Bologna lo spettacolo dello “Zecchino d’Oro”, che aveva inventato per Fiera di Milano in occasione del Salone per Bambini, questi gli chiesero di presentarlo lui in TV proprio nei panni del Mago televisivo. Umberto Eco era docente di semiotica all’università di Bologna dal 1975, poi professore emerito, era presidente dal 2000 della Scuola superiore di studi umanistici dell’Alma Mater. Mente acutissima soleva dire: “.. la diffusione della

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cultura e della conoscenza reciproca dei patrimoni culturali dei vari Paesi può costituire uno degli elementi di salvezza per un mondo sempre più globalizzato”. Martedì 23 febbaio, nel cortile del castello sforzesco, Eco, in un funerale laico come aveva voluto, essendo divenuto non credente attraverso un cammino che partiva addirittura dall’appartenenza all’Azione Cattolica nell’infanzia, è stato omaggiato con un saluto “sobrio e rapido” dalle 14 alle 16, al suono della musica del settecento che amava. Oltre un migliaio di persone si sono messe in fila, almeno un’ora prima, per assistere alla celebrazione nel cortile della Rocchetta, persino litigando perché non tutti sono riusciti ad entrarci e sulla bara di legno semplicissima senza nessun fronzolo, ricoperta soprattutto da fiori di campo, bian-

chi e gialli, margherite, tulipani, ma anche fresie, anemoni e ranuncoli, che è arrivata dalla casa del professore, proprio di fronte al Castello, sull’altro lato della strada, accolta da un sobrio applauso, gli è stata posta


la toga dell’Alma Mater dell’Università di Bologna, dove Eco era professore da oltre 41 anni. Il Ministro Franceschini ha ricordato il giorno all’Expo, quando i suoi 80 colleghi Ministri della Cultura da tutto il

Mondo, che pur lo conoscevano perché i suoi libri sono stati tradotti nelle loro lingue, dai colori della pelle e dei vestiti così diversi, lo guardavano da vicino a bocca aperta esattamente con lo stupore che si ha davanti alle piramidi di Giza o meglio, entrando nella mitica biblioteca di Alessandria d’Egitto se ancora esistesse. Due suoi amici hanno parlato, quello del liceo classico “Plana” di Alessandria, l’avvocato Gianni Coscia noto fisarmonicista jazz, che ha ricordato quando imparò a suonare la fisarmonica delle ballate delle loro langhe piemontesi per farlo poi nella musica sincopata del jazz, ricevendo critiche da ogni parte. Un giorno la suonò per Eco che ad un certo punto andò via nell’altra stanza e lui temette fosse stato per non ascoltarlo più, invece tornò con un biglietto dicendo: “mi piace, queste sa-

ranno le note di copertina”. Invece l’amico di università Furio Colombo, giornalista ed inviato RAI, ha portato la pagina odierna del New York Time nella quale, oltre agli scontati apprezzamenti da necrologio, ci si chiedeva come aveva fatto un “full professor” a scrivere libri venduti in milioni di copie in tutto il mondo. Sconcerto sincero perché negli USA sono abituati ad accademici che scrivono libri diffusi e contenuti solo nei loro ambiti scientifici oppure a famosi scrittori di professione senza una erudizione così vasta, meraviglia sintomo evidentemente di irritazione da frustrazione sia degli accademici sia dei competitors scrittori. Il ricordo più forte di Furio Colombo è stato quello relativo ad un viaggio sulla “via della seta” fatta insieme ad Eco: a Pechino fu accolto ed omaggiato dalla intellighenzia e dalle autorità, all’arrivo fu accolto da una folla incredibile di giovani nel campus universitario, ma l’immensa sala interna dove fece la sua conferenza era invece colma esclusivamente di

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teste coi capelli bianchi, nemmeno un giovane era riuscito ad entrarvi perché bloccato fuori, a dimostrazione che l’oligarchia comunista dietro la calda accoglienza nascondeva il timore di far ascoltare le parole del celebre professore alle giovani generazioni, esattamente come nel suo romanzo più famoso i monaci nascondevano al mondo, leggendolo però loro in segreto, il libro di Aristotele sul riso e sulla satira. Umberto Eco mentre aveva già vinto il concorso in RAI andò a svolgere il servizio militare di leva che allora era obbligatorio in una caserma vicino la casa

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dei genitori di Furio Colombo, pertanto spesso, in libera uscita, andava a pranzo o cena da loro. Colombo in quelle occasioni gli consigliava di non fare il dotto ed il colto in caserma, di adeguarsi alla mediocrità dei compagni d’armi, altrimenti avrebbe attirato solo antipatie che in quell’ambito sono fastidiose se non pericolose. Ed invece un giorno andò in caserma per salutarlo ma rimase sbalordito perché fu fermato all’ingresso dall’ufficiale di picchetto con queste parole: “è meglio non disturbarlo … il professore sta lavorando!”. Negli anni successivi quando Co-

lombo capitava a Bologna andava a pranzo con Eco alla fine delle sue lezioni universitarie ed era sempre contento come una pasqua, perché anche quel giorno aveva insegnato qualcosa ai giovani. Mario Andreose, suo editore per decenni alla Bompiani, che lo ha seguito in questa sua ultima avventura nella creazione della nuova casa editrice “La nave di Teseo” insieme a Elisabetta Sgarbi, ricordando che voleva esser considerato non il fondatore ma semplicemente uno dei tanti autori in catalogo ha citato l’aneddoto relativo ad Umberto Eco grande nuotatore: “una volta a mare mi preoccupai perché lo vedevo nuotare su un fianco e pensavo non stesse bene, lo chiamai da riva e glielo chiesi, lui mi rispose che era invece concentrato a rielaborare un capitolo, questo era Umberto!”. Gianni Cervetti presidente dell’Albus Club, Associazione Internazionale di Bibliofilia, ha ricordato l’enorme passione di Eco per i libri, quelli della sua biblioteca personale li aveva letti tutti, e quando anni fa, all’avvento di internet e dei book online tutti celebravano la fine del libro stampato, aveva ben previsto che non sarebbe mai successo, com’è stato, perché il profumo della carta come quello dell’antica pergamena, i caratteri e la grafica stampata, l’oggetto stesso del libro consentono un incantesimo di partecipazione al lettore unito ad una concentrazione sul testo che nessun dispositivo digitale, veloce, coinciso e fru-


gale per definizione, può dare. Danco Singer, ingegnere Olivetti quando conobbe Eco, che con lui ha fondato la rivista online “Golem”, ha ricordato quando a San Marino per le lezioni universitarie di semiotica ebbe l’occasione di chiedergli di far parte del comitato scientifico della suo magazine sull’AI. Era contrario ai comitati scientifici ma accettò, se poteva servire, rimarcando che l’Intelligenza Artificiale usa elaborazione di calcolo spaventosa utilizzando sterminati magazines di memoria digitale, ma l’uomo con la sua Intelligenza Biologica esiste ed esisterà perché possiede una memoria collettiva nel proprio DNA, ed ogni nuova generazione aggiunge un tassello inedito perché in fondo la cultura nelle sue forme enciclopediche degne altro non è se non la “memoria”. Roberto Benigni ha sintetizzato così: “quando lo incontravo era una festa, un’allegria … di persone come lui ce n’è più bisogno qui, sulla terra, nell’aldilà ce ne sono così tante di belle persone, qui invece ne rimangono sempre meno”. La degna fine degli interventi nel cortile della Rochetta, dopo il commosso ricorso del nipote che piangeva un nonno inimitabile, è stata del regista Moni Ovadia, che ricorda lo scambio di barzellette che si facevano, ma Umberto ne sapeva di più, anche sull’ebraismo dove lui è nato e cresciuto, anche se ora è divenuto ateo. Memorabile questa: ”In una città ebraica di ultraortodossi arriva dal rabbino cabalista, tutto trafelato e sudato, un congregante

della sinagoga per chiedergli consiglio. Il Rabbino gli chiede se avesse visto per caso il diavolo e lui risponde: “no … peggio! A colazione con pane nero e thè bollente stavo per imburrare una fetta “. Il rabbino: “ma sei scemo, vieni qui tutto preoccupato a parlarmi di queste cose?”. Il congregante: ”Rabbino, il gatto è saltato sul tavolo e mi ha fatto cadere la fetta di pane!” . Il rabbino: “naturalmente dal lato del burro! “. Il congregante: “Nooooo Rabbino, purtroppo dall’altro lato !!!!”. Il rabbino: “allora è grave, devo consultarmi, torna fra una settimana”. Dopo giorni

interi a consultare la cabala, il testo sacro della Torah, il Libro Ebraico della Vita, dopo aver consultato grandi mistici, il rabbino richiama il congregante e gli dà la sospirata soluzione: “amico mio, esiste una ed una sola incofutabile verità, hai imburrato la fetta dal lato sbagliato !”. L’ultimo saluto a nome di tutti certamente di Moni Ovadia ad Umberto Eco è stato questo: “Caro Umberto, da non credente a non credente, spero che Dio ti benedica soprattutto perché sei ateo, perché come sai Dio sopporta i credenti ma predilige decisamente i non credenti”.

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di Francesco Lenoci

Protagonisti

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Le attività a supporto delle realtà aziendali

rancesco Lenoci è il più autorevole testimonial di ExtraDiVino, programma internazionale di marketing territoriale con Città Metropolitana di Bari e Regione Puglia. Ecco il suo racconto, mirabile, sentirlo poi dalla sua voce dal vivo, con la sua carica emotiva è come ascoltare Roberto Benigni che declama la Divina Commedia, noiosa a scuola, gustosa in teatro: “Il rendiconto finanziario illumina Delizia S.p.A. (questo l’intervento di Francesco Lenoci, Docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano a NOCI” ... la parte alta della brochure della giornata contiene 4 elementi chiave: Noci, Lenoci,

Rendiconto Finanziario, Delizia S.p.A., come faccio quindi ad assolvere al mio ruolo di conferenziere? ...creando tra i 4 elementi chiave ben 5 legami: - Lenoci a Noci, Lenoci e il rendiconto finanziario, - Delizia e il rendiconto finanziario, - Lenoci e Delizia, - Delizia e Noci. LENOCI A NOCI, LA CITTA’ DELL’ENOGASTRONOMIA è la seconda volta che parlo in un meraviglioso Chiostro di Noci. La prima volta, indimenticabile perché appunto la prima volta, è stata il 20 dicembre 2012, presso il Chiostro di

San Domenico. Avevo al mio fianco il professorPiero Liuzzi, allora Sindaco di Noci, e il professor Antonio Salvi, all’epoca Docente presso l’Università Commerciale “Luigi Bocconi” di Milano (ed oggi Preside della facoltà di economia all’Università LUM “Jean Monnet”). Parlai di “ripristinare la normale erogazione dei prestiti all’economia” ed alla fine di quella relazione, l’allora mio nuovo libro “Nuova Centrale dei Rischi – come leggerla, rielaborarla e interpretarla”, (Ipsoa, novembre 2012) ricevette dall’avvocato Elio Michele Greco, Presidente della Fondazione Nuove Proposte Culturali, il Premio “Ignazio Ciaia”. Dopo una simile prima


volta, mi chiedo e vi chiedo perché mai ho fatto richiesta e perché mai mi avete fornito una seconda volta a Noci, stavolta presso il meraviglioso Chiostro delle Clarisse? È una domanda difficilissima per tutti i popoli della terra, ma non per noi pugliesi: l’unico popolo al mondo che crede nella straordinaria valenza della seconda volta, al punto tale da farne il ritornello di una celeberrima canzone. Parto io con la prima strofa….. la seconda la fate voi in coro….va bene? “...Quant’è bell lu primm ammore, lu second è

chiù bell ancor ! “ Devo parlarvi seriamente di “Educazione”…. di mancanza d’educazione finanziaria, reale svantaggio competitivo del nostro Paese e porto un esempio per tutti. Il “Sole 24 Ore” dal 23 febbraio 2016 ha pubblicato, per 15 martedì, un “Corso pratico di educazione finanziaria”. Detta cosi, sembra una notizia positiva perchè, visto che siamo un popolo di ignoranti in materia finanziaria, ben venga un corso che colmi tali lacune. Ma le cose non stanno così, il primo fascicolo del corso si intitola “Vincere le paure”.

È un errore, un errore blu….me lo dicono la mia mente, il mio cuore e la mia anima. Me lo dice la Cultura. PAURA ha la stessa radice di pavimento e viene dal latino pavére, che significa battere il terreno per allivellarlo. TERRORE ha la stessa radice di terra, quindi la paura è la conseguenza dell’essere battuto, dell’essere calpestato, dell’essere allivellato, dell’essere appiattito. L’ho detto e lo ripeto che quel titolo è un errore blu. Mai mai e poi mai la parola “educazione” deve essere associata alla parola “paura”, ma purtroppo non è stato toccato il fondo. Il peggio ve lo racconto adesso in sintesi. Le Paure, secondo Il Sole 24 Ore, sono ben quattro, in ordine inverso d’importanza la quarta riguarda gli ..Investimenti, la terza la..Pensione (mi viene da piangere, se penso agli attuali giovani quando diverranno anziani), la seconda è la ..Casa (povera Italia), ma peggiore di tutte, la prima paura, è la ..Banca !!! Mi vengono i brividi, se penso che mi sono laureato proprio in “Scienze Economiche e Bancarie” nella prestigiosa Università di Siena. Perciò questa sera voglio e devo parlare di educazione finanziaria. LENOCI E IL RENDICONTO FINANZIARIO Sapete perché sono autorizzato a parlare proprio io di educazione finanziaria e del rendiconto finanziario che riconcilia banche e imprese? …..La risposta è facile, come ci ha insegnato Padre Pio, per il combinarsi delle combinazioni.

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Quale nazione che possiede la paternità della partita doppia? L’Italia, con fra’ Luca Pacioli. Quale nazione ha la paternità del rendiconto finanziario? Gli Stati Uniti d’America. …con un tal Mauriello. Chi ha introdotto il rendiconto finanziario in Italia? Due ricercatori italiani inviati negli USA dalla Bocconi di Milano e dall’Università di Siena. Il ricercatore di Siena è stato successivamente il mio professore di Economia Aziendale e il mio relatore in sede di laurea. Per il “combinarsi delle combinazioni” quando, nel 1983, sono stato assunto dalla società di revisione “Arthur Andersen”, modestamente ero uno dei pochi assistant capaci di redigere un rendiconto finanziario. Per amor di verità quello individuale, perchè il rendiconto finanziario consolidato mi insegnò a farlo un manager

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dell’Arthur Andersen, un sabato notte a Treviglio, mosso a compassione dalla circostanza che, dopo 11 ore di tentativi, non ero riuscito a farlo quadrare. Com’è noto agli esperti, il rendiconto finanziario è uno di quei prospetti per cui vale il detto “Io speriamo che me la cavo…. a quadrarlo”. A Treviglio certificavo un gruppo fantastico, sia allora che oggi, la SAME Trattori, che predisponeva il rendiconto finanziario di capitale circolante netto, previsto dal principio contabile n. 2 dei CNDCR del gennaio 1977. Predisponeva è un garbato eufemismo che sta per “Pubblicava”, perchè in realtà lo facevo io e così è stato fino al rendiconto finanziario del 1985. Con riguardo all’esercizio del 1986 ho redatto il rendiconto finanziario come quello degli

anni precedenti, ma al partner del job non è piaciuto ...perché il capitale circolante netto soffre di due gravi difetti. Il primo difetto è che alcune sue componenti (crediti e magazzino) esigibili entro 12 mesi, in realtà possono rivelarsi più immobilizzate delle immobilizzazioni. Il secondo difetto è che le sue componenti sono soggette a valutazione, per cui se la valutazione la fa un bravo docente di economia può venir fuori un valore diciamo di 120, se la faccio io il valore magari scende a 100. Ovviamente, in un mondo che richiede sempre più precisione e accuratezza, questi gravi difetti non vengono più tollerati. Quindi nel 1986 al partner il rendiconto finanziario di capitale circolante netto da me predisposto non è piaciuto e lo ha riferito al manager del job che è venuto da me, allora


senior, e mi ha detto: “Fallo secondo un altro modello”. Ne ho allora predisposti 3 di liquidità, secondo i modelli previsti dai principi contabili dei CNDCR e di Assonime. …e per 3 volte il manager mi ha riferito che al partner piacevano di più rispetto al vecchio modello di capitale circolante netto, ma che eravamo ancora lontani dalla model solution. Sull’orlo di una crisi di nervi, ho preso il coraggio a due mani, scavalcando il manager (ovviamente rischiando di ottenere un rating form pessimo) e sono andato a parlare con il partner. Lui era spesso negli Stati Uniti d’America, per cui

sospettavo che si fosse innamorato di qualche rendiconto finanziario visto oltre oceano. Gli ho chiesto “Dottore, lei ha in mente un modello di rendiconto finanziario che le piace particolarmente, vero?....Chi l’ha fatto?” …Non voleva dirmelo …. “Dottore, se non mi dice il nome della società, io non riesco a realizzare quello che lei conosce e io no”. Si è convinto. Si vergognava a dirmi il nome perché quella società era certificata da un’altra società di revisione. Gli ho promesso che fino alla fine del secolo (era lo scorso millennio) non avrei rivelato il nome della società e allora lui

ha tirato fuori da un cassetto il bilancio di quella società. Conteneva, per la prima volta nella storia della contabilità, il rendiconto finanziario di flussi di liquidità. L’ho studiato e ho rifatto il rendiconto finanziario del Gruppo Same Trattori del 1986 secondo il modello dei flussi di liquidità. La società che l’aveva inventato nel 1986 era la General Electric. L’anno dopo, nel mese di novembre 1987, quel modello divenne uno US GAAP, il FASB 95. È incredibile a dirsi, ma io lo avevo già adottato in Italia un anno prima. Tutte queste conoscenze in materia di rendiconto finanziario potevo tenermele per me, oppure diffonderle. Scelsi la seconda strada e nel 1990 pubblicai per Ipsoa il libro “I modelli di rendiconto finanziario”. L’Arthur Andersen taggò tante copertine di quel libro e le inviò a tutti i suoi uffici nel mondo. Era troppo bello sentirsi dire dai colleghi: “Ho visto il tuo libro a Chicago, a Eindhoven….”. Perché vi ho raccontato tutto questo? Perché sul rendiconto finanziario ho pubblicato 4 libri, nel 1990, nel 1997, nel 2001 e nel mese di febbraio 2016 (gli ultimi 3 in collaborazione di Enzo Rocca che ha realizzato il software di calcolo) ed in questi 26 anni, che separano il primo dal quarto libro, mi rendo solo ora conto d’aver insegnato a fare il rendiconto a genitori e figli. Ovviamente questo quarto libro della serie è più ambizioso degli altri e lo si capisce immediatamente dalla dedica.

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Nel primo la dedica è “A mia madre e mio padre”, nel secondo non c’è, nel terzo al figlio di Enzo Rocca di cui sono padrino di battesimo e di cresima, nel quarto la dedica è “Al miglioramento del rapporto Banca-Impresa”. IL RAPPORTO BANCA IMPRESA Il rapporto banca-impresa…. da sempre conflittuale per una serie di motivazioni tecniche (asimmetria informativa, asimmetria negoziale…) di cui non voglio parlare in questo splendido Chiostro delle Clarisse dove voglio che il ragionamento arrivi a voi ed in voi rimanga a lungo. Per farlo devo menzionare la parola che rende il rapporto banca-impresa conflittuale. È una parola lunga, cattiva, infame, brutta…. anzi, come dicono gli Svizzeri, brutta, brutta, brutta. La parola è “INCOMUNICABILITA’ ”.

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Brutta, brutta, brutta cosa l’in- canale ma, soprattutto, dal ricomunicabilità, occorre eva- sultato dell’interpretazione del messaggio da parte del ricedere, occorre comunicare. Comunicare significa con- vente. È a tal fine che risulta di dividere, mettere qualcosa in fondamentale importanza l’Ecomune con gli altri: nel merca- ducazione Finanziaria, tallone to finanziario la comunicazio- d’Achille nel nostro Paese. Nel libro ci sono 5 casi di edune è l’insieme delle strategie e degli strumenti utilizzati per cazione finanziaria: Caseificio rendere fruibili informazioni Delizia, Biscottificio Di Leo, Bidi carattere economico-fi- scottificio Campiello, Panealba, nanziario ad investitori e par- Gruppo Panealba – Campiello. ti terze, tra cui le banche per Ecco un rapidissimo corso di quanto concerne le imprese. educazione finanziaria. Il processo di trasformazione del puro dato numerico in in- DELIZIA E IL RENDICONTO formazione inizia da una fase FINANZIARIO riferimento ai di interpretazione dei risultati Facciamo aziendali che vengono analiz- dati del Caseificio Delizia al 31 dicembre 2014. zati e valutati. Questo processo con- Il Caseificio Delizia quanto ha sente l’efficacia comuni- di capitale investito al 31 dicembre 2014: 15 milioni di euro. cativa dell’informazione. Tuttavia, la presenza del rice- È in equilibrio patrimoniale? No, vente non implica necessaria- perché il patrimonio netto più mente l’assunzione completa il passivo MLT di 6,0 milioni di euro (il 41% del totale finanziadell’informazione. Ciò dipende dall’efficacia del menti) non copre l’attivo im-


mobilizzato (6,9 milioni di euro). Con quel capitale investito e quei finanziamenti, quanto ha fatturato nel 2014? 28 milioni di euro. È in equilibrio reddituale? Certo che si, perché ha una risultato operativo che è l’1,6% del fatturato (ROS) e il 3,1% del capitale investito (ROI). Capiamoci. Cosa significa che è in equilibrio patrimoniale? Pensate a una macchina di formula 1, alla Ferrari. Significa che ha un buon telaio. Cosa significa che è in equilibrio reddituale? Significa che ha un buon motore. Qual è l’obiettivo del telaio e del motore? Far correre il più velocemente possibile la vettura sulle sue quattro gomme. Le quattro gomme sono quindi decisive per il conseguimento dell’obiettivo….debbono andare in temperatura il prima possibile…debbono deteriorarsi il più tardi possibile…diventa

strategicamente importante quando sostituirle…. A cosa possiamo paragonare le gomme?....al più importante degli equilibri aziendali…all’equilibrio finanziario. Qual è il prospetto contabile che mostra la situazione finanziaria dell’impresa? È il rendiconto finanziario. Cosa dice il rendiconto finanziario di Delizia S.p.A. nelle parti basse? Delizia all’inizio dell’anno in oggetto ha Disponibilità liquide pari a 137 mila euro. E a fine anno? Le disponibilità liquide sono diventate 20.000 euro. Passando da 137 mila a 20 mila si è verificato un decremento di 117 mila euro. Sarebbe molto interessante sapere perché c’è stato un decremento di 117 mila euro? Ma come si fa? Semplice, basta risalire dalle parti basse alle parti alte del rendiconto finanziario.

L’attività di finanziamento ha assorbito liquidità per 1,4 milioni di euro. L’attività di investimento ha utilizzato liquidità per 800 mila euro. Se Delizia ha rimborsato i finanziamenti e ha investito abbastanza (2,2 milioni di utilizzi in totale), come ha fatto a diminuire la liquidità di soli 117 mila euro? Semplice, con la gestione reddituale che ha generato liquidità per 2,1 milioni di euro. Concludendo, Delizia gode di scarso equilibrio patrimoniale, buon equilibrio reddituale e finanziario. . . .Volendo continuare il paragone con la formula 1 ha un telaio così così, un motore che gira bene e delle gomme performanti. Questo è il giudizio che ne da’ un professionista, un direttore amministrativo, un direttore finanziario, un dottore commercialista. Vengo alla domanda imbarazzante, anche la banca da’ un giudizio altrettanto buono? Quanti si…. Quanti no….. Riformulo la domanda, dopo aver fornito un chiarimento.

Lenoci, Dileo e Buttiglione

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La Banca, quando dà un giudizio sul bilancio di un’impresa, un giudizio quantitativo, pensa sempre in maniera negativa. Considera la cosiddetta probabilità di default, ossia la probabilità che l’impresa salti, diventi insolvente nel corso di dodici mesi. Lo sappiamo tutti che, mentre la vita media degli esseri umani è aumentata in maniera significativa, la vita media delle imprese e degli artigiani si è drammaticamente accorciata. Ciò porta inevitabilmente la banca a considerare l’impresa come entità a rischio e il rischio è rappresentato dalla circostanza di non riuscire più a recuperare il capitale che le ha prestato e gli interessi che ne sono maturati. Ripeto la domanda. Il rischio relativo a Delizia, una banca lo considera basso o alto? Bas-

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so….. Alto….. La risposta esatta è basso. Evviva, Evviva, Evviva. DELIZIA, NOCI, LENOCI Come è riuscito il caseificio Delizia (dal 2010, prima si chiamava Caseificio D’Ambruoso) a diventare molto di più di un’impresa con tutti gli equilibri a posto, come afferma un dottore commercialista, o con un profilo di rischio basso, come dice un addetto ai fidi? La risposta va ricercata, oltre che nel suo patrimonio tangibile, nel suo “meraviglioso patrimonio intangibile”. Delizia lavora esclusivamente latte crudo pugliese raccolto quotidianamente direttamente con i suoi mezzi, dagli allevamenti della Murgia barese e tarantina, che ha selezionato per qualità della loro produzione e per la ricchezza dei pascoli.

Siamo di fronte al plurimenzionato Km 0, ma in chiave innovativa….Delizia non procede come un’azienda….Delizia si muove e si muoverà sempre di più come Distretto. Delizia prepara le cagliate manualmente. Il connubio fra la tradizione artigianale, grazie all’antico metodo di produzione mediante siero innesto, e l’utilizzo di moderne tecnologie per garantire il rispetto dei protocolli di certificazione, ha consentito a Delizia di conquistare una posizione prestigiosa nella produzione di mozzarelle, fiordilatte, burrate e altri prodotti caseari a marchio “Deliziosa”. Grazie a procedure computerizzate, Delizia è in grado di assicurare ai consumatori un prodotto lavorato e distribuito giornalmente da una moderna e capillare rete distributiva in grado di assicurare un’as-


soluta freschezza. Lo slogan di Delizia è “Dalla terra all’Uomo, dalla tradizione Pugliese alla tavole di tutto il Mondo”. Tutto il mondo….quale città nel 2015 ha avuto il mondo dentro? …Milano, grazie a EXPO 2015. Io, pugliese come voi, non so come sia riuscito a non cadere per terra quando ho letto, sul lato superiore dell’ingresso Cairoli della Metropolitana di Milano “Caciocavallo Deliziosa stagionato in grotta, un piacere tutto pugliese”. Sono sceso al Duomo e c’era la stessa scenografia….era dappertutto, in tutti gli ingressi della metropolitana milanese. Dovevo assolutamente conoscere questo team capeggiato da Giovanni D’Ambruoso che porta avanti Delizia…e così è stato…il 4 maggio 2015 è avvenuto l’incontro a TuttoFood di Milano (ma io ero anche stato al Vinitaly di Verona, come può certificare e testimoniare il qui presente direttore di Slow Economy Saverio Buttiglione). Ebbene, mi ci sono volute 5 settimane per combinare il matrimonio tra il caciocavallo stagionato in grotta di Delizia e il Madrigale del Consorzio Produttori Vini di Manduria Non l’ho solo combinato quel matrimonio….l’ho anche celebrato il 13 giugno a Milano (ed in prima fila, tra gli invitati, c’era Cino Tortorella. autore e regista di decine di trasmissioni RAI e Mediaset ma sopratutto emerito giornalista enogastronomo che ama la Puglia). 16 giorni dopo, il 29 giugno 2015, Delizia è stata capace di qualcosa di incredibile. Nel pomeriggio ha affidato i suoi

prodotti allo chef messicano Mario Espinosa, presso il meraviglioso padiglione del Messico a Milano EXPO2015 e, a cena, alla chef portoghese Elsa Viana ed allo chef stellato piemontese Walter Ferretto presso il Padiglione dell’Angola. Tanto per capirci, la cucina messicana è patrimonio dell’Unesco ...ma siamo noi che abbiamo spiegato a loro che l’origine della parola “formaggio” si deve ai Greci. L’etimologia deriva infatti dal greco formos che indicava il paniere di vimini dove si poneva a riposare la cagliata, che ha poi dato origine al formaggio. Questo termine divenne in latino formaticum e poi formaggio in italiano e fromage in francese. In età romana, però, prima epoca d’oro del formaggio, era indicato come caseus da cui derivano gli italiani casaro e caseificio, oltre che il tedesco kase. Lo stesso termine “cacio” deriva dal caseus latino. Il 18 agosto 2015 ho visitato finalmente il laboratorio e le grotte di Delizia qui a Noci, vedendo di persona tante cose che avevo già intuito. In quella circostanza sono riuscito a convincere Giovanni D’Ambruoso a superare il tabù che attanaglia tante imprese del settore alimentare (sia pugliesi che nazionali, anche im-

portantissime, molte di quelle che possono permettersi di partecipare alle Fiere di settore nel mondo): “la diffusione dei dati di bilancio”. MI AVVIO ALLE CONCLUSIONI Come ne veniamo fuori da un mondo in cui gli antichi valori sono andati giù, in cui il mare ha inghiottito le boe, sicure e galleggianti, cui attraccavamo le nostre imbarcazioni in pericolo? Un mondo che ci appare pieno di paure, come facciamo a non perdere i risparmi di una vita a causa di un investimento sbagliato, non potendo nemmeno ottenere una pensione decente, e perciò come si fa a reperire le risorse per comprare o prendere in affitto una casa, trovare una banca che prenda in seria considerazione un progetto imprenditoriale e lo finanzi?

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La risposta, come ha indicato un maestro–testimone, vescovo–poeta, profeta–prossimo Santo, don Tonino Bello, è che non basta più enunciare la SPERANZA: occorre ORGANIZZARLA ! La risposta è che occorre far pervenire tanti messaggi di coraggio e operatività ai giovani capaci di dar vita ad attività imprenditoriali, vale a dire alla punta più avanzata di organizzatori della speranza, per sé e per gli altri. Chi sono i giovani? Sono le persone capaci di coltivare degli ideali per i quali valga la spesa battersi, a prescindere dal numero degli anni vissuti. Chi è l’imprenditore? È una persona che – sapendo, e poi sapendo fare ed infine facendo sapere – è capace di creare valore aggiunto, tanto valore aggiunto, vedendo quasi

sempre il bicchiere mezzo pieno anche nei momenti bui. La più bella definizione di attività imprenditoriale. . . . di sempre, l’ha data ….Papa Francesco: “L’attività imprenditoriale è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti. L’attività imprenditoriale può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune”. (Cfr. “Laudato si’ “ 129 di Bergoglio, Papa Francesco). CONCLUSIONE Il prodotto “formaggio” ha conosciuto brutti momenti, quando con il boom economico a fine anni cinquanta veniva

prodotto in tanti casi con latte pastorizzato. In quegli anni, purtroppo, i sapori si sono omologati, i profumi diventati quasi inesistenti, la ristorazione non aveva più nulla a che fare con il formaggio e, come se non bastasse, pure la medicina considerava il formaggio un problema per la salute. Oggi invece le cose sono cambiate: la ristorazione è sempre più alla ricerca di formaggi di qualità, connotati di identità, testimoni del territorio di appartenenza e delle biodiversità C’è un solo modo per esprimere questo concetto al meglio ed è quello di ricorrere ad una poesia, ovviamente nel dialetto di questa terra ricca di masserie e allevamenti di mucche, nel dialetto di NOCI:

Muzzarĕddẹ de Nŏuscẹ (di Giovanni Nardelli) Jẹ’ ca sŏntẹ sciùcaróulẹ vŏgghjẹ dẹscẹrẹ dò paróulẹ, sòp’a mŏzzarĕddẹ dẹ Nóuscẹ ca tanta piacère a mè m’annóuscẹ. “Muzzarĕddẹ bẹrafattẹ, c’agnẹ rịgghjẹ jẹ’ t’accattẹ, bianca bianchẹ bĕdda lucĕntẹ, tŭ mẹ tinẹ u córẹ cuntĕntẹ. Te sẹntẹ mŏrbẹdẹ e succóusẹ m’addẹfrišchẹ tŭttẹ i móusẹ, nu mùzzẹchẹ tẹ stóc’azzĕcchẹ póurẹ u ‘nzẹddẹ tẹ stóc’allĕcchẹ. Bĕdda tŏnnẹ ‘ssẹ’ pẹrfĕttẹ sòpẹ a tawulẹ ‘ssẹ bẹnẹrĕttẹ. Fióurẹ dẹ lattẹ fióurẹ dẹ pannẹ tŭttẹ quantẹ tẹ vònẹ acchiannẹ, sijẹ lẹ jrannẹ ca lẹ pẹccẹnnẹ tŭ accuntintẹ tŭttẹ u mŭnnẹ.

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di Saverio Buttiglione

Eventi

F

Serata Extra Divino per BNL / Telethon

acendo seguito alla 2° edizione del programma internazionale di marketing con Città di Bari e Regione Puglia EXTRA DIVINO nel fortino di Sant’Antonio sull’antica muraglia del mare di Bari, inaugurato dall’Assessore alla Cultura e Marketing Silvio Maselli, che facendo incontrare aziende e buyers arrivati in Puglia per visitare le produzioni di eccellenza ma anche i territori e gli ambienti dove crescono le materie prime trasformate, ha pure svolto l’edizione Galà del “Premio Puglia: Unici e Protagonisti”, si è poi voluta aiutare Telethon/BNL per la raccolta fondi. La serata evento “Extra DiVino” per BNL/Telethon, accettando questa responsabilità dal dirigente BNL Gioacchino Leonetti, si è svolta nella location del Gruppo Radicci. Il padrone di casa dott. Vito Radicci (in foto mentre premia il senatore Piero Liuzzi) è concessionario esclusivo della Ferrari per il SudItalia a Bari e per la dorsale adriatica ad Ancona (in altra foto la 458 che ha venduto a Valentino Rossi targandogliela a sorpresa con le sue iniziali 46VR ). Il project manager di Extra DiVino Saverio Buttiglione fra le due sedi limitrofe del

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Gruppo Radicci, Ferrari/Maserati e Jaguar/Land Rover, ha alla fine scelto la parte inglese perchè il nuovo spot pubblicitario di Jaguar vede come testimonial il grande astrofisico Stephen Hawking colpito dalla SLA, ed infatti è stato trasmesso sugli schermi ad inizio serata. Nel suo discorso di apertura, prima dell’eccezionale intervento del prof. Francesco Lenoci, docente di economia all’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (anch’egli fra i premiati) su “Moda ed Enogastronomia made in Puglia...che vanno

nel mondo”, ha citato persone colpite da queste malattie rare, (e la ricerca per la loro cura viene finanziata proprio da Telethon), il giovanissimo Pasqualino Espo-

sito, il musicista Enzo Bosso che proprio in quei momenti suonava il pianoforte nel vicino teatro Petruzzelli, ed appunto Hawking, tre amici che dimostrano come sia il cervello a fare un uomo, anche a dispetto di un corpo martoriato da terribili malattie come la Sla. Le iniziative private come quella di Telethon supportata da Banca Nazionale del Lavoro, nella ricerca delle cure sostituisce l’impegno pubblico dello Stato che purtroppo è privo di risorse adeguate, visto l’enorme spesa che necessita la sanità pubblica per la cura delle malattie non rare. L’affermazione dello scienziato Hawking a riguardo dello spot che lo vede protagonista per la Jaguar è stata: ”…ho sempre voluto interpretare il ruolo del tipico villain britannico in un film. Ora, grazie a Jaguar, il mio sogno si realizza”. Il video è stato girato sullo stile dei film di James Bond ed il Professor Hawking non ha effettivamente nulla da invidiare ai cattivi più cult del-

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contemporanea, ma non smette mai di dimostrare quanto sia importante non prendersi troppo sul serio. Saverio Buttiglione ha invitato un comune amico, il prof. Paolo Pace che vive e lavora a Cambridge, a fargli i complimenti, una volta prodotto il video della serata gli sarà inviato come sarà fatto ad Enzo Bosso (che ha emozionato tutti gli spettatori nella sua esibizione all’ultimo Festival di Sanremo) al quale era stato dedila saga cinematografica dedicata all’agente 007. “…mi conoscete tutti come il professor Stephen Hawking, il fisico che combatte con i grandi concetti del tempo e dello spazio - ha scritto il teorico dei buchi neri sul social network - ma c’è un altro lato di me che potreste non conoscere: Stephen Hawking l’attore”. Il fisico, malato di SLA e costretto all’immobilità dagli anni ‘80, è una delle più grandi menti della scienza

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cato un articolo pubblicato sul precedente numero del magazine “Slow Economy” La serata è stata allietata dalla presenza della madrina Sharon De Luca, fotografata con abiti di Vela Couture dal fotografo dei Vip e di Moda Enzo Angelini, ed è stata ripresa dalle telecamere di Telenorba per la trasmissione TGPrima di Daniela Mazzacane (premiata nella sezione Giornalismo), che ho voluto fra i premiati nel “PremioPuglia: Unici e Protagonisti” per il settore “Giornalismo”, Altri premi sono stati consegnati dal senatore Piero Liuzzi della Commissione Cultura del Senato. Il buffet finale, coordinato da Domenico Lorusso ha visto la partecipazione delle aziende pugliesi presenti, che esponevano anche in eleganti corners le loro eccellenze, per la pasta “Le Fogge del Re” ed “Antico Pastificio Sbiroli”, per il caseario “Delizia”, “Bioland” per i cereali, gli oleifici “Antica Masseria Brancati” e “Pantaleo”, l’”Antico Panificio La Maggiore” per il Pane DOP di Altamura, il vino delle cantine “Leone De Castris”, “Cardone”, “Albea”, “Tormaresca”, “Coppi”, “Casa Vinicola Rosato”, i liquori “Beltion/Merak” e la pasticceria della “Caffetteria Mezzogiorno”. Molto apprezzata l’esibizione canora di Gabriella Aruanno proveniente dalla trasmissione di Canale5 “Io Canto” condotta da Gerry Scotti.

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di Luigi Scordamaglia. Preseidente Federalimentare

Ritratti

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Il Made in Italy vincente è il Made in Future...

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iscorso rivoluzionario e innovativo tenuto al CIBUS dal Presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia, trasmessoci dall’avvocato Paolo Petrosillo, consulente del Ministero per le Politiche Agricole. Grazie, buongiorno, e benvenuti a tutti. È davvero un grandissimo piacere avervi qui oggi, così numerosi in questa che, come abbiamo detto anche in apertura stamattina, è una giornata assolutamente speciale per l’industria alimentare italiana: il primo, vero grande appuntamento dopo Expo, dopo questo favoloso semestre che molti di quanti sono presenti qui hanno vissuto giorno per giorno e minuto per minuto. C’è un ponte virtuale, lo abbiamo già detto, tra i due eventi. C’è un ponte virtuale simboli-

Luigi Scordamaglia, Presidente Federalimentare

co, una specie di passaggio di testimone che abbiamo anche voluto riprodurre fisicamente: è questo il motivo per il quale abbiamo rimontato qui l’intero padiglione di Cibus Italia, questo nuovo modello espositivo che ha segnato un passo importante in Expo e che oggi costituisce simbolicamente il nuovo

ingresso ovest della fiera, una sorta di simbolo di continuità con l’Esposizione Universale che rimarrà nella storia italiana e, ancora di più, nella storia di questa manifestazione. Dicevamo un periodo fantastico, in cui per sei mesi siamo stati protagonisti su un palcoscenico mondiale; in cui tutti noi abbiamo vissuto, come mai prima d’ora, l’orgoglio e l’entusiasmo di essere l’industria alimentare italiana. Qualcuno si chiedeva – prima di Expo – se avesse ancora senso un’Esposizione Universale, proiettarsi nel futuro, anticipare il futuro, oggi che la conoscenza è così immediata, così a portata di mano. Con cosa si poteva ancora stupire, colpire il mondo intero? Lo abbiamo fatto con la cosa più antica, la più tradizionale: il cibo, l’alimentazione. Ma raccontan-


dola con un linguaggio nuovo, moderno, proiettato nel futuro. Ed è stata questa la ricetta vincente. È evidente che dopo un’Expo così nulla può più essere come prima, e sono state create enormi aspettative a livello globale. Oggi viene il difficile, la fase importante in cui dare una risposta concreta a tutte queste aspettative. Le abbiamo seguite nei mesi dopo quello di ottobre, andando in giro insieme alle delegazioni ufficiali, molto spesso direttamente insieme al Presidente del Con-

siglio, o con i ministri, oggi qui presenti. Abbiamo visitato Iran, Argentina, Kazakistan, Cina, e ancora di nuovo l’Africa. Saremo nuovamente protagonisti assoluti in Russia, nel Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo. Insomma, non c’è area del mondo in cui non vi sia la domanda di questo binomio, un binomio – come continuiamo a ripetere dopo Expo – composto di Made in Italy, di eccellenza italiana, ma anche di Made with Italy, di filiera italiana che

valorizza la produzione agricola mondiale. E che un segno sia stato lasciato lo vediamo dal successo dell’edizione di Cibus, lo vediamo dal numero di espositori, lo vediamo dal numero di buyer internazionali che sono qui presenti, lo vediamo, ancora una volta, dall’entusiasmo e dall’orgoglio con cui tutti noi partecipiamo, lo vediamo dalla partecipazione governativa. Nella scorsa assemblea il Presidente del Consiglio si era impegnato a mettere al centro di questo Paese l’agroalimentare, e bisogna riconoscere che è successo. Ma poi chi porta avanti quotidianamente i dossier, chi lotta per questo Paese sono i ministri qui presenti. Vi ringrazio davvero per la vostra presenza, so che non è stato semplicissimo esserci e che così avete voluto davve-

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ro testimoniare la vicinanza al settore. Mai tanto interesse c’è stato verso questo appuntamento anche da parte della stampa. Ci teniamo molto, e ritornerò sull’importanza della comunicazione: vogliamo riuscire a comunicare i nostri valori, i nostri principi, quello che siamo realmente, e speriamo di farlo bene in questi giorni. Ma ciascuno di noi sa che è proprio quando si ha successo, quando le cose girano, quando si raggiungono gli obiettivi, è proprio allora il momento di osare, di cambiare, di innovare. Certamente senza stravolgere, senza rinnegare, però la forza di questo settore – ce lo siamo detti ma dobbiamo ripeterlo – è proprio fare innovazione senza stravolgere la tradizione, far coincidere passato e futuro, far sì sapienza antica, ma anche innovazione

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di processo e di prodotto. Ed è per questo che abbiamo voluto dare questo titolo alla nostra assemblea, Made in Future: perché la vera sfida adesso è raccontare quello che siamo ma guardando al futuro. Per innovare è chiaro che bisogna essere innanzitutto capaci di cambiare modo di pensare, di rinunciare a pregiudizi ideologici, di pensiero. E purtroppo la vera priorità di questo Paese per molti altri versi assolutamente meraviglioso è quella – lo diceva molto bene Panebianco sul «Corriere della Sera» di qualche settimana fa – la vera priorità è °eradicare questo virus tutto italiano

del sentimento anti-industriale. È del tutto paradossale che la seconda economia manifatturiera d’Europa abbia una così forte e persistente cultura anti-industriale. Dobbiamo riuscire a comunicare quello che siamo, a noi e alle generazioni successive, trasmettere quanto l’industria manifatturiera abbia un ruolo unico nel creare ricchezza, lavoro, crescita e opportunità. Ho partecipato recentemente a varie trasmissioni televisive, e mi sono costantemente trovato nel ruolo di chi è sotto accusa, di chi deve quasi giustificare un sistema, quello industriale, che in realtà è quello che ha fatto crescere, che ha fatto grande il Paese, l’economia, e che il resto del mondo – questo fa ancora più rabbia – ci invidia in termini di genialità, di determinazione, di capacità creativa. Su questo è fondamentale il ruolo della comunicazione, insisto, così come è fondamenta-


le il ruolo della politica, che negli ultimi trent’anni – dobbiamo riconoscerlo – ha preferito cavalcare una visione demagogica, non parlare, non preoccuparsi di chi la ricchezza la crea ma solo di come, più o meno equamente, dividerla. Come se fosse scontato che la ricchezza si crea. Ma così non è. Ovviamente non siamo abituati a muovere critiche senza riconoscere anche le nostre responsabilità: c’è una rivoluzione industriale, una rivoluzione culturale in atto, della quale come imprese, come imprenditori, come manager dobbiamo essere all’altezza. Il nostro sistema produttivo deve cambiare, dobbiamo essere capaci di cambiare: se è vero che non bisogna fare cultura anti-industriale, bisogna però anche fare cultura industriale nuova. Una sfida, quindi, che dovrà portarci a cambiare – rinunciando magari a un po’ di governance personale –, a innovare, a ricercare, a creare, e dunque

superare la mentalità che fa intendere l’impresa in un modo sorpassato. Non avere quindi paura di capitali esterni, non aver paura di crescere, smettere di accontentarsi – come si dice – della fetta grande di una torta piccola, invece che aspirare al suo contrario. E, se noi dobbiamo cambiare, deve cambiare con noi il nostro sistema di rappresentanza, industriale e sindacale. Oggi è qui con noi il Presidente di Confindustria, che per correttezza istituzionale non prenderà la parola in attesa della sua consacrazione formale di fine maggio, ma apprezziamo molto che sia qui, che abbia voluto dedicare a questo settore la sua prima uscita, sottolineando appunto l’importanza che anche Confindustria vuole attribuire a un settore che per troppo tempo – anche al nostro interno – è stato considerato una specie di Cenerentola. Dunque grazie Presidente, grazie soprattutto per aver

accettato questa impegnativa sfida del cambiamento. E più vorrai cambiare più noi saremo con te. Ovviamente sono certo che anche i rappresentanti sindacali del nostro settore qui presenti capiranno che nulla può più essere come prima: abbiamo appena sottoscritto un contratto che è realmente uno dei migliori contratti che sia stato mai sottoscritto per tutte e due le parti. Equilibrato, giusto. Ma abbiamo la percezione che sia l’ultimo nelle modalità attuali. L’Italia è il Paese caratterizzato dal divario più ampio e persistente tra salario e produttività, e così non può più essere: non possiamo affrontare il Made in Future con strumenti, ideologie, liturgie ottocentesche che ancora oggi sopravvivono. Bisogna cambiare lo scenario. E la grandezza del nostro settore e della nostra controparte sindacale consiste proprio nel farlo insieme, come abbiamo sempre fatto, riducendo

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al minimo la conflittualità. Però, parlando più in generale e non del nostro settore, al Segretario generale del sindacato che lo scorso Primo maggio attribuiva agli industriali italiani la responsabilità del fatto che negli ultimi quindici anni la finanza avesse prevalso sul manifatturiero per carenza di coraggio e di investimenti, dico che dovrebbe lui, anzi lei, fare autocritica, e forse chiedersi se la disincentivazione a investire qui in Italia non sia dipesa pure dall’atteggiamento chiuso di un certo tipo di sindacato, fermo su posizioni anti-storiche, e da un mercato del lavoro troppo rigido e dualistico che ha zavorrato il nostro Paese. Anche qui quindi la parola d’ordine è cambiamento, ripeto, lo diceva lo stesso Presidente di Confindustria, la questione della rappresentanza e della contrattazione appartiene alle forza sociali, ma appartiene alle forza sociali nella misura in cui le forze sociali capiranno che un cambiamento non è più posticipabile, altrimenti non

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avremo più alcun alibi per protestare se qualcun altro lo metterà in atto poi per nostro conto. Se la cultura anti-industriale è forte, quella contro l’industria alimentare lo è ancora di più: nell’alimentare provoca danni enormi, confonde il cittadino, diso- Paolo Petrosillo, consulente del Ministero per le Politiche Agricole rienta. Io ho mia madre ultraottantenne che un che non va nell’informazione, giorno sì e uno no mi chiama vuol dire che, una volta creati, per chiedermi cosa può man- i miti alimentari si smantellano giare e cosa no perché «sai, la con enorme difficoltà. tv dice che non si può più esSiamo subissati di diete masere sicuri di niente». nichee, che contrappongono Ci sono i fatti: se una pato- cibi ora salvifici ora malefici. In logia come l’ortoressia, che realtà nessuno si ricorda che è un disturbo alimentare vero la nostra alimentazione non è e proprio caratterizzato dalla mai stata così sana, mai così preoccupazione ossessiva di fitte le maglie dei controlli, ingerire cibi pericolosi, colpisce perché sono proprio i controlli ormai oltre mezzo milione di rigidi che fanno sì che emerga italiani (è il triplo dei celiaci), al- la notizia: è la dimostrazione lora vuol dire che c’è qualcosa che il sistema funziona e che ha messo in evidenza le proprie anomalie. Ed è grazie a questo sistema che gli italiani sono diventati i più longevi al mondo, addirittura superando i giapponesi; ma nessuno lo dice. L’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza alimentare ha accertato che in Italia la salubrità dei cibi è la quarta paura più diffusa, pari quasi alla paura del terrorismo e ad altre paure del momento. Ed è chiaro che si fa audience cavalcando queste paure. Però bisogna ricordare che 54.000 aziende, piccolissime,


piccole, medie e grandi, si fanno in quattro e assumono direttamente su di sé la responsabilità di produrre cibo sano: sono orgogliose di quello che riescono a fare e sono offese dal trattamento di criminalizzazione generalizzata che a volte viene loro riservato. Quindi l’appello ai media è: visitateci, chiedete, insistete, esplorateci. Rilanceremo come Federalimentare l’iniziativa «Porte aperte delle imprese», magari dedicata solo ai giornalisti, ma nel contempo vi chiediamo di fare informazione, formazione, non sensazionalismo. Lo chiediamo ovviamente alla Rai, che è il canale di riferimento per questo tipo di attività, così come a chiunque altro faccia informazione. Ovviamente una corretta informazione non può prescindere da una chiara, trasparente, autorevole valutazione del rischio: non ce la si può prendere troppo con i giornalisti se poi non è chiaro cosa fa male, cosa non fa male; e qui credo che il Ministro Lorenzin si stia davvero impegnando a fondo. Gli chiediamo di continuare, di insistere, non certo di sottovalutare i rischi ma di evitare criminalizzazioni generiche, allarmistiche, e soprattutto prive di fondamento scientifico. Bisogna pretendere serietà e professionalità innanzitutto dagli organismi internazionali di riferimento, che si deve però anche avere la forza e il coraggio di contestare e di contrastare quando sbagliano, o peggio, quando si fanno strumentalmente utilizzare. Il caso dell’OMS è chiarissi-

mo: ha provocato gravi danni a moltissimi settori, dallo zucchero alla carne, ammettendo poi l’inadeguatezza delle basi scientifiche dei loro report. Nelle carni è successo qualcosa di incredibile: errori comunicazionali, poi ammessi, valutazioni su prodotti a base di carne, che adesso dicono non

essere neanche presenti in Europa ma solo in altri Paesi. Questo è un insulto alla nostra intelligenza e speriamo, appunto, che il Ministro faccia lei da punto di riferimento su questo tipo di valutazione del rischio con l’Istituto Superiore di Sanità e tutti gli organismi di cui disponiamo.

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Grazie Ministro Martina, Ministro Lorenzin, per quello che avete fatto sui semafori britannici; in quel frangente è stato fondamentale anche il lavoro di Paolo De Castro, che è riuscito a creare un muro trasversale contro un’etichettatura che in realtà penalizzava le eccellenze. Questo continuo appello ai ministri della Repubblica Italiana c’è perché in molte battaglie di buon senso, semplici, la vera grande assente è l’Europa. E qui non voglio fare del facile populismo, non voglio ricorrere a slogan facili, alla «perfida Bruxelles»: noi siamo e rimaniamo i più convinti europeisti che esistano. Siamo però sostenitori di quello che il Presidente Squinzi invocava inutilmente durante tutto il suo mandato e definiva come gli «Stati Uniti d’Europa». Invece di questa Europa impotente, bloccata a metà del guado, di un’Europa che legifera su cose realmente di scarsa importanza – salvo poi defilarsi il più possibile e lasciare campo aperto agli Stati membri, per-

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ché di volta in volta paralizzata dalla Brexit o da altre emergenze – di quest’Europa francamente non sappiamo cosa farcene. Questa è l’Europa che, dopo aver assistito inerme e latitante alla nascita di muri fisici, adesso sta facendo sì che quegli stessi muri nascano in materia normativa alimentare. Faccio un esempio: sono stati impiegati due anni di lavoro, commissioni, centinaia di migliaia di euro, per stabilire – parlo di una cosa che conosco – quali siano le posizioni naturali o

innaturali di un bovino. E poi sul tema degli OGM, sul tema della qualità dei prodotti, sul tema delle regole di produzione l’Europa latita e si nasconde. Abbiamo discusso molte volte di etichettatura di origine. Tutti vogliono la massima trasparenza, tutti vogliono la massima informazione del consumatore, ma non ci stiamo a provvedimenti la cui legittimità viene stabilita con tweet privati tra un Commissario europeo e un ministro, per esempio, della Repubblica francese. Noi non vogliamo, perché non è utile, un’Europa che prima si defila e poi improvvisamente si sveglia, e ad esempio nei confronti della Russia pretende di esprimersi con una voce sola, salvo poi ricorrere a una doppia lingua a seconda che si parli di Nord o South Stream. Saremmo quindi i più forti sostenitori di una Commissione che si riappropriasse del proprio ruolo, diventasse protagonista; però, nel caso in cui non riuscisse a farlo, preferiremmo avesse la dignità di andare a casa. Sono, forse, toni


abbastanza forti per una federazione come la nostra che ha sempre vissuto di Europa. Ma siamo delusi, siamo indignati da questa continua latitanza pilatesca. E a dirlo è un settore convinto che comunque all’Europa non ci sia alternativa. Un altro punto importante: si è data l’impressione che a Bruxelles l’industria discutesse per una riduzione degli standard qualitativi. Non è così: noi siamo favorevoli a un innalzamento massimo degli standard qualitativi se questi sono uniformi, omogenei a livello comunitario. Noi la concorrenza, la competizione la facciamo sulla qualità, trasformiamo latte e carne in qualcosa che i nostri amici tedeschi non riusciranno mai a creare. La materia prima è sempre la stessa. Però non ci possono convincere – faccio uno dei tantissimi esempi ricorrenti – che, se vietiamo di fare passata di pomodoro in Italia dal concentrato e non lo vietiamo alla Germania, non diventi poi evidente che tutto quello che arriva da lì sarà fatto in una maniera che da noi non è consentita. Non ci possono convincere che, se buona parte della mozzarella delle pizzerie italiane è tedesca, non sia solo perché là utilizzano delle tecniche che da noi è vietato utilizzare. Questo non funziona come non funziona pretendere che solo l’Italia obblighi a un contenuto di succo d’arancia del 20%, salvo poi il fatto che a un chilometro di distanza dal confine ognuno può fare quello che vuole. Io credo che qui, Ministro Martina, hai una grande respon-

sabilità, davvero: quello che ti chiediamo è di non rassegnarti ad accettare scorciatoie che creano due pesi e due misure. Noi come industria siamo i primi a volere che la produzione agricola di questo Paese si rafforzi. Siamo terrorizzati quando chiudono le aziende agricole. Molti di noi non vivono senza agricoltori. L’industria italiana non delocalizza, l’industria italiana sta qui, l’industria italiana investe – con un coraggio da leone, perché non è sempre facile – e trasforma qui creando ricchezza, lavoro, fiscalità e tutto il resto. Non ci interessa difendere chi produce fuori per mandare poi

re competitive, a rimediare ai danni che la PAC ha creato, perché di fatto si è trasformato un sistema legittimo di assistenza alla produzione e alla competizione in un aiuto per curare i giardini di rose e abbandonare invece i campi di produzione. Un rapido cenno all’analisi della situazione attuale, perché si guarda al dopo se si ha chiaro quello che è successo. La crisi che abbiamo attraversato è davvero la più dura di tutto il dopoguerra, perché quella che è stata colpita è la parte più importante, il tessuto manifatturiero del Paese che tra il 2007 e il 2015 ha avuto un calo di valore aggiunto del 17% con

i prodotti in Italia. Non vogliamo però neanche che venga fatta della ideologia pura sull’importazione di materia prima, di cui abbiamo assoluta necessità, che scegliamo, selezioniamo, validiamo e impieghiamo in quella che è la migliore trasformazione del mondo. Quindi questo sì, Ministro Martina: aiutaci a far crescere le aziende agricole per esse-

un taglio di 660.000 occupati. Oggi il primo segnale di ripresa c’è, una ripresa fragile, una ripresa incerta, una ripresa da consolidare trasformandola in possibilità occupazionali per i giovani e, forse, estendendola anche a quelle parti del Paese che invece sono e rimangono in un drammatico stallo È chiaro che anche in questa crisi l’alimentare ha tenuto meglio: rispetto al crollo di pro-

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duzione di 23 punti del manifatturiero generale, la produzione agroalimentare ha ceduto solo – per modo di dire «solo» – di 3,3 punti. E ancora meglio abbiamo fatto in termini di tenuta occupazionale, essendo stato in assoluto il settore che nella crisi ha perso meno posti di lavoro. Deboli i consumi interni, questo è il parametro peggiore: abbiamo perso e continuiamo a perdere; qualche segno decimale positivo c’è ma di fatto abbiamo perso quasi il 15% di capacità d’acquisto e di acquisto in valore. Quindi son tutti dati che devono far capire a questo Governo come l’aumento della pressione fiscale, l’IVA alimentare, le accise sugli alcolici, e in generale tutti gli strumenti fiscali come tassi di scopo e clausole di salvaguardia, che poi vanno di moda solo in Italia, possono provocare conseguenze devastanti sulla timida ripresa in atto. È chiaro che il calo dei consumi va contrastato anche qui, innovando il modo di commer-

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cializzare i prodotti; le vendite on-line crescono in maniera esponenziale soprattutto tra i giovani, l’on-line diventa sempre più uno strumento di informazione, oggi gli smartphone rappresentano strumenti straordinari per fornire con un semplice click le immagini del prodotto, della materia prima. Quindi l’innovazione è già disponibile per chi sappia cercarla. Sentiremo poi a questo proposito gli illustri ospiti che ci aiuteranno a comprendere i nuovi strumenti e le modalità con cui intercettare le esigenze del consumatore. Quindi innovazione nel pensare e fare, informazione trasparente e oggettiva, ma manca un’ultima “i” per la modernizzazione del settore, che è la “i” di Ivan Scalfarotto, cioè la “i” della internazionalizzazione. Se è vero che il mercato interno langue, l’export raggiunge dei risultati crescenti e sempre più importanti. Il 7% nell’anno successivo, cresce in tutte le aree del mondo, lo abbiamo visto, cresce negli Stati Uniti del 20%, ma cresce anche in Cina,

cresce nei Paesi arabi, cresce dappertutto. Non per questo, attenzione, ci facciamo una ragione nel dire che la Russia sia un mercato di cui si può fare a meno. Della Russia non si può fare a meno, con buona pace di quanto invece sostiene l’unico membro italiano della Commissione Europea. L’incidenza dell’export è dunque aumentata, non è mai arrivata a un livello così alto. Certo, non abbiamo ancora raggiunto la Germania e la Francia, ma oggettivamente noifacciamo più qualità che quantità. Ciò che ci manca lo sappiamo, ritorniamo dunque a casa nostra e guardiamo i nostri limiti: prima di chiedere aiuto dobbiamo essere noi a organizzarci, consapevoli dei limiti dimensionali delle nostre imprese, pensando alla copertura distributiva dell’ultimo miglio, che è quanto finora ci ha impedito di essere presenti in tutti gli scaffali e ha lasciato il posto – anche legittimamente, se noi non ci arriviamo – all’Italian Sounding.


Ma anche qui non ci piangiamo addosso, sono stati inventati negli ultimi due o tre anni modelli importanti di piattaforme distributive di diversa natura societaria, il grande che traina il piccolo, la forma consortile o cooperativa, concentrandosi appunto sulla copertura dell’ultimo miglio perché non possiamo vendere solo qualità ma anche servizi e capacità distributiva. Il Ministro Lorenzin e il MinistroMartina oggi citavano il TTIP, quel TTIP che Paolo De Castro – che ha una visione d’insieme migliore di quella di altri – si sta sgolando a spiegare e che rappresenta un’opportunità vera. Continuare a fare inutile demagogia, presentandolo come il tentativo di smantellare gli standard comunitari e di farsi invadere dalla carne agli ormoni o dagli OGM, significa semplicemente sostenere il falso. Anzi, non ci sono alternative: con la cooperazione regolamentare che si vuole avviare le regole si scrivono insieme. O noi scriviamo le regole con

gli Stati Uniti o gli Stati Uniti le scriveranno con l’altra sponda, non dell’Atlantico, ma del Pacifico, e noi le subiremo. Come dicevamo i nostri prodotti non possono essere immutati, facciamo innovazione anche adattando i nostri prodotti, senza stravolgerli, alle nuove esigenze, cerchiamo di rincorrere il salutistico, l’ambientale, l’attenzione agli ingredienti, il contenuto di servizi. C’è una maggiore propensione dei consumatori all’acquisto di nuovi prodotti, la vediamo negli oltre mille prodotti in questa edizione di Cibus, proposti senza che, ovviamente, si stravolgano le eccellenze che già abbiamo. Investiamo l’8% del fatturato, ma lo sapete già, in Ricerca e Sviluppo ogni anno, e se trent’anni fa l’85% della produzione alimentare italiana era composta dal tradizionale classico – pasta conserve e vino – e all’evoluto e ai nuovi prodotti era riservato il restante 15%, oggi le proporzioni sono arrivate al 65% e 35%. Ovviamente accanto alla si-

curezza dei nostri prodotti, e questa è una cosa che riguarda trasversalmente i tre ministeri, si pone la protezione del Made in Italy e la lotta alle frodi e alla contraffazione, battaglie che rimangono per noi delle priorità irrinunciabili e che, chiaramente, vogliamo combattere accanto alle autorità competenti. Lo abbiamo fatto partecipando alla stesura della nuova disciplina dei reati in materia agroalimentare, però vogliamo che le norme si facciano non sotto pressioni emotive, bensì per dare un quadro chiaro di certezza del diritto a prova anche di fantasiose interpretazioni giurisprudenziali. Prima di chiudere voglio richiamare anche un altro aspetto che rappresenta forse la sfida più importante, più determinante per rendere possibile un vero cambio di passo. Il dato negativo è che l’Italia, ormai è evidente, sta agganciando la ripresa molto meno di altri Paesi europei che hanno meno potenzialità di noi. Dobbiamo avere il coraggio

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di chiederci perché. La risposta è sostanzialmente riconducibile a due fattori: primo, il nostro sistema pubblico è oggettivamente più inefficiente e inutilmente dispendioso degli altri; secondo, la nostra produttività media – nostra, quindi guardiamo anche a casa nostra – rimane eccessivamente bassa. Non parlo di eccellenze, né pubbliche né private, che ci sono, ma della media, della norma del Paese. Io credo che sia su questo che dobbiamo concentrare seriamente tutti i nostri sforzi, noi come settore industriale, nello specifico alimentare, Confindustria e il Governo. Non penso che sia una cosa sbagliata, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno di noi, dire che questo Governo, oggettivamente più di qualsiasi altro che l’ha preceduto, ha mutato il contesto politico di questo Paese, l’ha un po’ svecchiato, e ha riportato al centro l’importanza della produzione industriale senza vergognarsene. Io credo che alcune delle recenti riforme fatte vadano riconosciute oggettivamente per il loro valore, e parlo del Jobs Act e delle varie misure che vanno dai superammortamenti all’eliminazione di quella cosa assurda che era l’IMU sugli immobili alla riforma della conferenza dei servizi (che è quanto di peggio ciascuno di noi può immaginare di affrontare nella vita), ma penso anche a cose più strutturate come la riforma del Titolo V della Costituzione, perché in qualità di aziende che molto spesso hanno impianti nelle varie regioni non possia-

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mo che essere favorevoli ai cambiamenti che intendono riportare al centro gli standard igienico-sanitari, il commercio estero, l’energia. Il difficile però viene ora. Ora la vera sfida che credo aspetti il Governo, ma non solo, è quella di dare a tutto ciò un’attuazione quanto più possibile concreta. Le scelte politiche ci sono, adesso vanno attuate, cosa che si potrà fare solo, a nostro modo di vedere, vincendo la madre di tutte le battaglie, e cioè la lotta alla burocrazia attraverso la riforma completa della pubblica

snaturano le leggi, abbiamo visto autorità locali che le interpretano in maniera difforme e abbiamo visto sedi giudiziali in cui dovrebbe essere garantita la certezza del diritto che invece propendono spesso per interpretazioni difformi, nella maggior parte dei casi ideologicamente anti-industriali. Io credo che si debba essere consapevoli del fatto che solo quando tutto questo sarà realmente superato il Paese potrà realizzare appieno quelle enormi opportunità del nostro settore che, ripeto, il resto del mondo ci riconosce.

amministrazione. Perché il vero pericolo che si corre anche a fronte di quei provvedimenti politici positivi che ricordavo, un pericolo che credo sia chiaro al Governo ancora prima che a noi, è che una burocrazia asfissiante, autoreferenziale, conservativa, blocchi e mortifichi la stessa azione politica. È già successo, ed è questo che deve cambiare. Abbiamo visto regolamenti attuativi che

Chiudo quindi ribadendo che su tutto quanto sinora detto l’industria alimentare, con la determinazione e il coraggio degli imprenditori che l’hanno creata e che continuano a non mollare neanche un attimo, è pronta a fare la propria parte in modo che si compia quel salto ormai improrogabile che consentirà di trasformare l’attuale meraviglioso Made in Italy in Made in Future. Grazie.


“Il buon vino è ogni volta una sinfonia di quattro movimenti, eseguita al ritmo delle stagioni. Il sole, il terreno, il clima e i vitigni modulano l’opera, mentre il vignaiolo, come solista, imprime la sua cadenza” (Philippe Margot)

Sede Produttiva: Strada Comunale Scarafone, km 3,4 – Cerignola (FG) Per ordini, visite & degustazioni: info@tenutaripaalta.it - www.tenutaripaalta.it 47


di Saverio Buttiglione

Aziende

Delizia di nome e... di fatto

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tavo scegliendo tra le delizie di Deliziosa, mentre uno dei furgoni stava partendo per le consegne, ma poi visto l’imbarazzo della scelta mi sono portato a casa tutto il furgone …. Scherzo naturalmente ma vale la pena di parlare di questa bella realtà della Murgia del Sud Est barese. Dietro ogni azienda, grande o piccola che essa sia, c’è

la storia di un uomo, delle sue esperienze, delle sue passioni e dei suoi valori. Dietro a quella di DELIZIA SPA, c’è la storia di Giovanni D’Ambruoso, nato da una famiglia di allevatori vissuti nella campagna della Puglia delle Murge, nel territorio tra Noci e Mottola, dove la natura è caratterizzata dal paesaggio dei campi, i cui colori variano con le stagioni, delineati dai muretti a secco e intervallati da stradine e tratturi all’ombra di antiche querce secolari. E’ in questo ambiente che matura presto l’intuizione di voler

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trasformare quel latte nei genuini e deliziosi prodotti, che è solito mangiare in casa. Ma per farlo è necessario conoscere il mercato. Parte, così, nel 1982 la sua esperienza da grossista che acquista da aziende della zona per rivendere i prodotti alla sua rete vendita sempre più vasta. Dopo 10 anni in giro tra la gente giunge il momento di mettere su campo tutta

produzione di mozzarelle, burrate e prodotti caseari, sempre più apprezzati dal mercato per la loro ottima qualità, tanto da dettare l’esigenza di spazi sempre più ampi. Nel 2010 il Caseificio D’Ambruoso diventa così Delizia spa con un nuovo stabilimento altamente tecnologico e moderno che si estende su una superficie di 6.500mq. l’esperienza e la conoscenAlla base della filosofia azienza acquisite, nasce così nel dale c’è prima di tutto la qualità 1992 il Caseificio D’Ambruoso. della materia prima, viene laL’azienda conquista presto vorato esclusivamente latte una posizione prestigiosa nella crudo pugliese raccolto ogni


giorno, direttamente coi mezzi aziendali, dagli allevamenti della Murgia barese e tarantina, i fornitori vengono selezionati sulla base della qualità della loro produzione e della ricchezza dei pascoli che utilizzano. Il connubio, inoltre, fra la tradizione artigianale, grazie all’antico metodo di produzione mediante siero innesto, e l’utilizzo di moderne tecnologie, che è garanzia di controlli giornalieri per mantenere elevati standard di qualità, ha consentito la conquista di una posizione prestigiosa nella produzione di mozzarelle, fiordilatte, burrate e altri prodotti caseari a marchio Deliziosa. I prodotti Delizia sono stati protagonisti nei sei mesi di EXPO2015 a Milano facendosi apprezzare dai visitatori di tutto il mondo, l’azienda Delizia è una delle case history citate dal prof. Francesco Lenoci, docente di economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel suo libro “Il Rendiconto finanziario”.

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di Saverio Buttiglione

Eventi

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EVO sbarca all’Università

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al balcone dell’Università di Bari con Presidente chefs di Puglia Michele D’Agostino, professoressa Maria Lisa Clodoveo direttrice Short Master EVO, Presidente Frantoiani di Puglia Stefano Caroli, nel salone degli affreschi dell’ateneo con Presidente Chefs dei Trulli e delle Grotte Pasquale Fatalino. EVO (Extra Vergine d’Oliva) sbarca finalmente allUniversità di Bari, il prof. Carlo Franchini, di ritorno da Mad Mood durante la settimana di Milano Moda Donna, incontrando il docente di economia Francesco Lenoci, è stato rimproverato per tutti i ristoratori pugliesi che non espongono ai commensali turisti l’OLIO etichettato ben in vista sui tavoli, proprio perciò lui indice questo 1°

Short Master per gli chef della Puglia in Ateneo, lodevole iniziativa. D’Agostino ha detto che l’Unione Cuochi di Puglia conta ben 1.500 associati (in Italia sono 18.000) e farà di tutto affinchè tutti si adeguino. Caroli ha sottolineato come questo master sia necessario ed urgente affinchè ogni frantoio abbia un “Mastro Oleario” in produzione esattamente come ogni cantina ha il suo enologo. Franchini, delegato

dall’Università “Aldo Moro” ai Master, Corsi di perfezionamento e Alta Formazione, ha innanzitutto ringraziato il Rettore Antonio Felice Uricchio che l’ha fortemente voluto perchè se la 1a missione dell’Università è la Ricerca e la 2a la Didattica, assolutamente nel terzo millennio è necessaria la 3a missione che ponga Attenzione ed Integrazione coi Territori di appartenenza, accompagnando i giovani nel postLaurea.


Ha però, per la prima volta, voluto far accedere all’alta formazione accademica anche i diplomati e non solo. Infine ha sottolineato come con i docenti impegnati su questo Master EVO tutta la filiera dell’Olio viene coperta, dalla produzione (lui è un chimico / farmaceutico) al marketing. Mi ha fatto ricordare l’importante incontro che ho avuto col suo collega dell’Università del Salento prof. Francesco Paolo Fanizzi, che col suo staff è stato più volte interpellato da aziende americane perchè utilizza un innovativo metodo di tracciabilità dell’Olio utilizzando la RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) ed è perciò che ho voluto un suo esclusivo dossier sull’Olio Extravergine d’Oliva che va da pagina 46 a pagina 54 sul numero 9 di SLOW ECONOMY di novembre/dicembre 2014 (sfogliabile anche online cliccando su Google issuu.com/ sloweconomy). Ma la mia storia d’incontro con EVO nasce da quando ho raccolto il testimone dal

milanese (per stima nei miei confronti ma forse semplicemente perchè sono pugliese)

Cino Tortorella (attore, autore e regista RAI e Mediaset ma sopratutto giornalista enogastronomo già direttore del magazine “Gran Gourmet”, iniziato all’amore per il gusto in tavola dall’attore Aldo Fabrizi in via Veneto a Roma, che gli insegnò a saper scegliere a tavola, fondamentale per la salute degli attori che son costretti a vivere viaggiando) il quale a sua volta aveva ricevuto questo testimone in una ipotetica staffetta dal grande Luigi Veronelli. Ancor giovane Cino fu portato da Veronelli in Puglia a bloccare nel porto di Monopoli

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una nave con Olio taroccato e convocò la stampa e le TV facendo distribuire a tutti “vero olio extravergine d’oliva” su fette di Pane di Altamura dall’Antico Forno Panificio La Maggiore di Giuseppe Barile. Non ne scrisse nessuno tranne il New York Times e di conseguenza il nostro quotidiano La Repubblica. Tortorella una volta in un ristorante pugliese con me si è alzato ed è voluto andare via perchè l’Olio in tavola era in un’anonima brocca di vetro, ricordandomi che sul Lago di Garda ogni ristorante espone orgogliosamente eleganti bottigliette di EVO del Garda, e si è poi dilungato sulla nostra incapacità di fare marketing e sull’impossibilità di trovare ancora olio spacciato per EVO e venduto a 3 euro a litro. Tortorella viene spesso in Puglia a stimolare i produttori di olio, io perciò sono anda-

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to a Bruxelles ad incontrare l’amico prof. Paolo De Castro, già Ministro alle Politiche Agricole e poi Presidente della analoga Commissione Europea, per intervistarlo televisivamente sull’ottima notizia dell’obbligatorietà in etichetta della zona di raccolta delle olive oltre a quella di molitura. Più recentemente ho voluto all’Evento Extra DiVino il prof. Francesco Schittulli, oncologo e Presidente della Lega

Italiana per la Lotta ai Tumori, a relazionare sui benefici antiossidanti ed anche antitumorali che derivano da questo ottimo ed antichissimo prodotto della natura. Con estremo piacere ho visitato la Masseria Brancati dove Corrado Rodio e Giulia Rodio custodiscono antichi Ulivi, ancora viventi e produttori, nati prima di Gesù Cristo, come hanno stabilito i tecnici dell’Università analizzando le radici col carbonio14, con delicatezza ho abbracciato questi Grandi Vecchi


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di Ugo Patroni Griffi

Realtà

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La Fiera del Levante, Farnesina della Puglia

are il presidente della Fiera del Levante e traghettarla verso l’ingresso dei privati nella compagine sociale è stato per me. Un onore ed una esperienza di vita che mi ha arricchito. Ma, nello stesso tempo, per un presidente “per caso” come me, un impegno a tutto tondo che ho retto caparbiamente nel tentativo di contribuire a risanarne le casse ed a ridarle lo smalto che –dobbiamo dircelo – negli ultimi anni aveva perso. C’è di fatto, che nella Fiera del Levante ci ho sempre creduto; nella sua funzione di volano dell’economia meridionale, nel ruolo che poteva rivestire a favore dell’internazionalizzazione delle imprese pugliesi. “La Fiera del Levante deve diventare la Farnesina di Puglia”. Una considerazione ripetuta da più parti, un assunto nel quale credo fermamente. Del resto, non sarebbe una novità perché, già dalla sua

fondazione, l’Ente era questo e molto di più: un esempio di raffinata diplomazia; una oasi internazionale di pace. Proviamo a sintetizzare i punti più salienti della sua storia. La sfera d’influenza della Fiera si estendeva, già prima Ugo Patroni Griffi, Past President Fiera del Levante dell’avventura italiana in Africa, a tutto il Negli anni Cinquanta fu proMediterraneo. In quegli anni, prio da Bari e dalla sua Fiera avevano preso parte alla ras- che, in piena guerra fredda, segna di settembre: la Spa- si riaprirono gradatamente gna, la Francia meridionale, le i rapporti con l’altra sponda Isole di Malta e di Rodi, il Ma- adriatica e durante la Camrocco, la Tripolitania, l’Egitto, pionaria fu organizzato il prila Palestina con Giaffa, Caifa, mo b. to b. tra operatori italiaGerusalemme e Tel Aviv, Ci- ni e greci. pro, la Grecia, la Turchia con La Fiera del Levante è semle influenze commerciali di pre stata un mondo che uniBeirut, Damasco, Aleppo e sce come è accaduto, per con la Transgiordania. Inol- esempio, nel caso delle guertre, prima della guerra, Bari re mediorientali. era capolinea dei Durante quella per il canale traffici con l’Alba- di Suez tra arabi e israeliani, nia, la Macedonia, alla Campionaria di settemil Montenegro ed il bre presero parte delegazioni Levante mediter- ufficiali provenienti tanto dal raneo. Cairo, quanto da Tel Aviv. E La politica este- lavorarono insieme, fianco a ra messa in cam- fianco nello stesso box della po dall’Ente dava i Borsa degli Affari. suoi frutti a beneMentre, negli anni Sessanta, ficio non solo del quando cominciava il disgeMezzogiorno, ma lo con la Jugoslavia, fu prodell’Italia intera. prio in Fiera che, al termine


di un incontro, gli operatori di entrambi i Paesi decisero di istituire un consolato a Bari. Negli anni Settanta nacque pure Levant-Co, una società mista (51% Italia, 49% Jugoslavia) per la promozione degli scambi con sede nel quartiere fieristico. L’Ente, dunque, ha sempre puntato a relazioni internazionali importanti. Già alla fine degli anni Sessanta, tra gli stranieri in Fiera c’erano presenze provenienti da tutti gli emisferi. Il Messico scelse Bari come sede della sua prima partecipazione ad una Fiera europea; il Canada allestì una mostra del governo dell’Ontario ed il Primo Ministro soggiornò a Bari e visitò la città con un gruppo di operatori economici. Nella Galleria delle Nazioni svettavano bandiere policrome di tutti i Paesi, spesso dissidenti sul piano politico: Israele e Libia, Israele e Paesi Arabi. Nella Borsa degli Affari

non era difficile vedere trattare insieme affari operatori libici e israeliani. Sapori e saperi, odori e culture in Fiera si sono sempre incontrati e contaminati. Per molti anni l’Ente ha continuato a svolgere il suo ruolo di cerniera tra il Mediterraneo, l’Africa e l’Oriente con il Nord Europa e per questo ha stretto accordi, stipulato protocolli d’intesa e partnership importanti anche con strutture fieristiche dell’Est Europa e del Nord Africa, collaborazioni in Romania, Albania, Montenegro, Algeria, Siria, Tunisia, Egitto. E’ stata anche sede del Segretariato tecnico del Corridoio 8, uno strumento importante, se non si fosse arenato, nel processo di integrazione dell’Europa del Sud Est. Un ruolo strategico, al quale propedeutico

fu il memorandum d’intesa sottoscritto in Fiera dai Ministri dei Trasporti dei sei Paesi interessati: Italia, Albania, Macedonia, Bulgaria, Grecia e Turchia. Sul fronte interno, invece, è in Fiera che si svilupparono tesi e dibattiti meridionalisti. Anche attraverso la nascita di iniziative editoriali, come le riviste Civiltà degli Scambi e Almanacco del Mezzogiorno. Perché l’eco delle cose dette durante le manifestazioni fieristiche non si perdesse, ma restasse una traccia duratura “ad onore di chi in quegli anni aveva operato e di monito verso chi aveva promesso e non mantenuto”, per ripete le parole dell’allora presidente Stefano Romanazzi, in uno dei suoi tanti editoriali. La Fiera del Levante, in realtà, per sua natura, ancora oggi, alimenta il dialogo e stimola i dibattiti e lo fa in connessione con i suoi compiti istituzionali, che continuano ad essere di promozione economica e commerciale.

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Ecco perché l’Ente, insieme alle mostre ed agli appuntamenti economici, promosse e sottolineò il suo disegno meridionalista esortando politici, tecnici, amministratori, uomini di cultura, imprenditori, sindacalisti ad affrontare in termini concreti, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, il discorso sulle reali prospettive di crescita del Sud. Dalla Fiera, solo per fare un esempio, hanno preso il via le grandi battaglie ideologiche per la migliore definizione dell’intervento straordinario; in Fiera sono state puntualizzate indicazioni e direzioni di marcia da imboccare; in Fiera si torna, ancora oggi, grazie alla tradizionale presenza del presidente del Consiglio dei Ministri che inaugura la Campionaria di settembre, a fare il punto sugli indirizzi della politica italiana, ma anche a fare diagnosi e programmi. Una leadership che non possiamo e non vogliamo perdere. Francamente, ho considerato la mia una presidenza di

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servizio: credo fermamente nel rilancio della Fiera del Levante, ma sono altrettanto certo che questo non può che passare attraverso nuove relazioni economiche e globalizzate. In Fiera sono cominciate le stagioni di pace per molti Paesi in guerra. Un esempio di diplomazia internazionale che

non ha uguali nel mondo. Noi non possiamo dimenticarlo e dobbiamo ricominciare a pensare in grande. Negli anni della mia presidenza, scarsi tre, abbiamo messo in atto una politica di risanamento attraverso alcuni imperativi categorici: rimuovere il superfluo, ridurre all’osso i costi fissi, aumentare il nu-


mero delle manifestazioni coinvolgendo anche altri enti fieristici, implementare nel quartiere nuove economie e valorizzare il patrimonio immobiliare. Questo ci ha permesso di recuperare fatturato, con un risparmio, nel solo 2015 di oltre 2,4 milioni di euro, di incrementare, tra Campionaria e fiere specialistiche, il numero di espositori e visitatori, oltre che di eventi e rassegne specializzate. Quanto allo stato di salute, la Fiera che registrava perdite croniche intorno ai 4,5 milioni l’anno, è ritornata, dopo molto tempo, ad un margine operativo lordo positivo. Subito dopo questa 80° Campionaria l’attività fieristica sarà privatizzata. La gestione di alcune aree del quartiere - 90mila metri quadri dei 33 ettari su cui si stende il patrimonio dell’ente andrà

per i prossimi 60 anni ad una newco tra la Camera di Commercio di Bari, Fiere di Bologna – Ferrara e Sogecos spa. I tempi cambiano e la competitività del nostro territorio e della Fiera del Levante si misurerà anche dalla capacità di sapersi adeguare ai mutamenti. Nel corso della mia presidenza ed insieme al consiglio di amministrazione e generale, abbiamo provato a ripensare un nuovo modello di Fiera del Levante. L’abbiamo immaginata come una start up che, con i capitali necessari a realizzarla, da una idea

originale faccia nascere un micro-sistema economico virtuoso. Alla Puglia idee originali non sono mai mancate. Oggi serve, però, una spinta. Un motus in avanti per dare garanzie di crescita alle piccole e medie imprese, tessuto connettivo del territorio meridionale. La Fiera può esserne il motore: mi auguro che i semi piantati in questi anni consentiranno alla Caravella di veleggiare verso altri ambiti traguardi, portando con sé, all’insegna dello sviluppo e della crescita economica e culturale, l’intero Mezzogiorno.

A dx. Leonardo DiGioia assessore Regione Puglia alle Risorse Agroalimentari

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di Saverio Buttiglione

Iniziative

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O

La nuova legge di riforma del cinema

ttobre ha visto il varo da parte dell’Aula del Senato della legge di riforma del cinema. “Quel ramo del Parlamento che la pasticciata riforma costituzionale vorrebbe cancellare per sostituirlo con un <Senaticchio>, quasi un <dopolavoro> per consiglieri regionali, ha preso a cuore le sorti del comparto Cinema licenziando un discreto provvedimento che gli operatori e tutto il mondo dell’audiovisivo attendevano da anni”. È una fiera affermazione del sen. Piero Liuzzi. Il parlamentare pugliese sull’argomento complesso ha svolto un intenso lavoro in commissione cultura di Palazzo Madama ed ha pronunciato la dichiarazione di voto da parte del suo gruppo di appartenenza, i Conservatori e Riformisti (CoR). Abbiamo rivolto alcune do-

mande al parlamentare che e capogruppo CoR nella commissione iscrizione, ricerca scientifica e beni culturali del Senato. “Stralciando la parte che riguarda gli spettacoli dal vivo - spiega Liuzzi - il ddl ha così dopo 50 anni riconosciuto, promosso e sostenuto il cinema e l’audiovisivo quali fondamentali mezzi di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale. Il provvedimento ora è passato al vaglio della Camera dei deputati e contiene al suo interno alcuni principali snodi fra cui anche un punto da me suggerito”.

Il senatore Piero Liuzzi

Così continua Liuzzi: “Si è pensato innanzitutto a far nascere il Fondo per lo Sviluppo degli Investimenti nel Cinema e nell’Audiovisivo che non potrà avere una dotazione inferiore a 400 milioni di euro annui (a fronte degli attuali circa 200 milioni allocati su diversi fondi). Il complessivo livello di finanziamento dovrà essere


quindi commisurato annualmente all’11% delle entrate Ires e Iva del settore. In caso di crescita del mercato è previsto un aumento dei parametri di riferimento per ridefinire coerentemente le risorse nella manovra annuale di bilancio. Il ddl inoltre prevede CONTRIBUTI SELETTIVI A PROGETTO, una quota di contributi cioè, garantita a partire dal 15% fino al 18% del fondo, pari a 70 milioni di euro circa, per progetti diretti innanzitutto ai giovani, alle opere prime e seconde, ai film d’essai, ai contenuti di qualità”. Il sen. Liuzzi è prodigo di particolari.: “Per l’accesso ai contributi riconosciuti per opere già realizzate e condizionati al reinvestimento nel settore, il ddl permetterà l’applicazione di nuovi parametri e terrà conto anche della qualità, della partecipazione a festival internazionali, dei premi conseguiti e non soltanto degli incassi al botteghino. Il ddl introduce anche il credito di imposta (TAX-CREDIT CON PERCENTUALI DAL 15% AL 40%) per le imprese di produzione;

per le imprese di distribuzione; per le imprese dell’esercizio cinematografico, per le industrie tecniche e di post produzione - per adeguamento strutturale e tecnologico; per la promozione di opere italiane ed europee nelle sale; per l’attrazione in Italia di investimenti (produzione esecutiva e post-produzione di film stranieri); per imprese non appartenenti al settore del cinema e dell’audiovisivo che investono per la produzione e distribuzione di opere cinematografiche e audiovisive. Si prevede un fondo di garanzia di 5 milioni di euro

l’anno, che costituisca una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, per garantire operazioni di finanziamento per la realizzazione di prodotti audiovisivi e cinematografici. Centoventi milioni di euro di contributi a fondo perduto, per cinque anni, è lo stanziamento previsto per favorire la diffusione omogenea delle sale sul territorio nazionale con particolari agevolazioni per i centri storici e per i Comuni con meno di 15.000 abitanti”. “Un emendamento che prevedeva agevolazioni anche per le sale dei Comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti - precisa il parlamentare di Noci - è stato approvato dall’assemblea di Palazzo Madama col parere favorevole del Governo”. “Ritengo infatti fondamentale - sottolinea - che anche nei Comuni medi si recuperi la dimensione sociale del cinematografo come luogo di aggregazione e di approfondimento culturale”. “I contributi - commenta il parlamentare che fa capo al movimento di Raffaele Fitto

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- sono destinati a soggetti pubblici e privati per la ristrutturazione di sale dismesse, per l’apertura di nuove sale o per l’adeguamento strutturale e tecnologico di sale esistenti. Dieci milioni di euro per tre anni a fondo perduto o per finanziamenti agevolati sono previsti per interventi di digitalizzazione delle opere audiovisive e cinematografiche da parte di imprese italiane. Non meno di 12 milioni di euro l’anno sono riservati all’educazione all’immagine, alla formazione degli insegnanti e all’istituzione o sviluppo di corsi orientati alle professioni e ai mestieri del cinema all’interno delle Scuole di alta formazione artistica e musicale in raccordo con il Miur. Nascerà infine il Registro cinematografico che raccoglie anche tutte le informazioni relative all’assegnazione di contributi pubblici statali, regionali e dell’Unione europea, rendendole pubbliche su Internet”. “Non tagliate i titoli di coda”: e’ lo slogan che ha informato la campagna di sensibilizzazione intrapresa dal sen. Liuzzi

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presso i colleghi del Senato in favore di tutti i lavoratori del cinema. “Nel corso della discussione - afferma - il Senato ha anche approvato un nuovo punto all’ordine del giorno da me proposto proposto. Ho chiesto all’esecutivo di vincolare le emittenti pubbliche e private a non tagliare i titoli di coda dell’opera filmica durante le trasmissioni nel rispetto di tutte le maestranze impegnate. I titoli di coda di opere audiovisive e film sono parte integrante dell’opera cinematografica. Il loro taglio parziale

o totale, adottato da alcune emittenti, nella maggior parte dei casi per permettere l’invio di spot pubblicitari, è un atto irrispettoso nei confronti degli operatori cinematografici, delle componenti professionali, volontarie, logistiche e degli enti che hanno contribuito sul piano intellettuale, creativo e materiale alla realizzazione dell’opera cinematografica. Sono perciò soddisfatto per l’approvazione del mio ordine del giorno che impegna il governo a vincolare le emittenti pubbliche e private ad attenersi al rispetto del principio di integrità dell’opera filmica, con la citazione del lavoro dei tecnici, dei creativi, delle maestranze, degli artigiani e dei luoghi utilizzati. E’ un gesto di rispetto verso tanti professionisti, è un atto d’amore per il cinema”.


Comune di Bari

Regione Puglia

Organizzazione

Media Partner

Con il Patrocinio di

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“ExtraDiVino” è un programma di marketing territoriale realizzato insieme a Milano Slow Economy e al Comune di Bari con il supporto di Regione Puglia

ASA Comunicazione

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di Saverio Buttiglione

Vertici

Incontro a tre per l’Europa

L

a nostra portaerei Garibaldi ha ospitato il vertice Renzi, Merkel e Hollande al largo dell’isola di Ventotene, dopo reso omaggio alla tomba di Altiero Spinelli che sull’isola scrisse il Manifesto per l’Europa Unita, il summit sulla nave da guerra è una formula che ha precedenti storici importanti, il 14 agosto del 1941 il presidente degli USA Franklin D. Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill si incontrarono a bordo della “Prince of Wales” ancorata nella Baia di Terranova. Altiero Spinelli fece inserire nel II° capitolo del Manifesto di Ventotene: “...Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi

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accordi e legami tra i movimenti simili che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre fin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far sorgere il nuovo organismo, che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da

secoli in Europa; per costituire un largo stato federale (e non confederale com’è adesso che non serve a nulla, come dice quasi ogni domenica Eugenio Scalfari nel suo editoriale di La Repubblica, ndr), il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali


(sulla portaerei Garibaldi i 3 leaders hanno almeno trovato l’accordo per un’unica guardia costiera europea, ndr), spazzi decisamente le autarchie economiche (per fortuna ci sono state persone come Prodi che hanno fatto di tutto per far nascere una moneta unica, altrimenti noi italiani per primi saremmo stati stremati in questi 16 anni a causa del nostro enorme debito pubblico, creato già dalle dissolutezze degli anni ‘80, ora servirebbe quindi un unico Ministro Europeo delle Finanze come auspica il Presidente della BCE Mario Draghi, ndr), spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti (un tribunale europeo per intenderci, ndr) per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur

lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli, liberi di circolare tra gli Stati (Shenghen per capirci, ndr)”. I nomi a volte diventano simbolo della memoria e spero anche fautori di fatti concreti, su questa portaerei italiana che porta un altro nome simbolico, Garibaldi, Angela Merkel e Francois Hollande ospiti al largo dell’isola di Ventotene di Matteo Renzi, nel ricordo di Altiero Spinelli, dovrebbero trovare un accordo per arrivare agli Stati Uniti d’Europa cominciando dal Ministro Europeo delle Finanze con imposte uguali per tutti i popoli e proseguendo con quelli della Difesa e degli Esteri. Renzi per la prima volta ha voluto telefonare prima del

summit ad Eugenio Scalfari (come ha già fatto il Papa nonostante il direttore sia ateo) per uno scambio di opinioni, spero sia stato utile e che lo ascolti anche perché cominciano a pubblicare in rete vignette satiriche di tutti i tipi molto pungenti, sintomo che l’entusiasmo suscitato dai primi mesi del suo governo, con l’enorme successo ottenuto dal suo partito alle elezioni europee, si sta affievolendo. Farsi promotore della Federazione Europea lo consegnerebbe alla storia alla stregua di un vero statista proprio come furono Schuman, Adenauer e De Gasperi che accolsero il Manifesto di Ventotene. Dalla portaerei Garibaldi i tre leaders hanno intanto deciso di rafforzare il programma europeo Erasmus di scambio fra le Università degli studenti comunitari e Matteo Renzi ha di conseguenza deciso di trasformare il carcere di Santo Stefano sull’isola di Ventotene in college universitario. Molto bene.

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di Saverio Buttiglione

Aziende & C.

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I taralli di Putignano fra tradizione e innovazione

L

aureata in economia con tesi in “marketing agroalimentare”, signora dei “tarallini putignanesi “ DOLCE BONTA’, esportati in tutto il mondo ed in tutti gli Autogrill autostradali d’Italia, Carmela Curci (foto a lato) è la amministratore delegato dell’azienda di famiglia, fondata dai genitori Antonio e Marisa Curci. Realtà artigianale all’inizio, la Dolce Bontà oggi si è evoluta fino a diventare un’efficiente e moderna realtà industriale, attenta a garantire il rispetto delle norme igienico/sanitarie e della sicurezza alimentare. Il connubio fra la tradizione e la modernità è perciò alla

base di ogni scelta strategica di questa azienda che produce i famosi tarallini seguendo l’antica ricetta di Putignano in Puglia, dedicando molte energie e risorse in ricerca e sviluppo avendo sempre come obiettivo primario il raggiungimento continuo di ulteriore valore aggiunto sia gastronomico, sia di cortesia e ottime public relations con la vasta clientela, sia di immagine ormai insostituibile nel mercato globale, consentendole di conquistare la fiducia di nuovi consumatori e di conservarla nel tempo. Ormai da trent’anni la famiglia Curci pone grande attenzione alla qualità dei prodotti offerti , gli impianti di produzione sono stati cre-

ati specificatamente per la produzione dei taralli, gli ingredienti naturali usati sono scelti con la massima cura e grande attenzione viene dedicata alla fase di cottura per rendere i tarallini piacevolmente friabili. Lo stabilimento è stato costruito ponendo anche attenzione all’ambiente perciò l’energia utilizzata viene prodotta da un moderno impianto fotovoltaico.


/quorestore www.mafrat.com

I negozi “Quore” sono dei veri e propri “Factory Stores” in cui sono presenti i brand che Mafrat produce e distribuisce.

Il filo diretto tra l’azienda e il consumatore finale assicura maggiore convenienza e garantisce la qualità che da sempre caratterizza i prodotti Mafrat.

Putignano - Altamura - Avellino - Barberino - Barletta - Brindisi - Campobasso - Casamassima Civitanova - Como - Copertino - Fidenza - Foggia - Francavilla - Galatina - Grosseto - Lecce - Lucera Manduria - Manfredonia - Matera - Mesagne - Messina - Monopoli - Milano - Nardò - Paterno’ 65 Pescara - Potenza - Riccione - Rossano - Rovereto - San Benedetto - San Severo - Taranto Termoli - Trani - Valmontone. Prossime Aperture: Gallarate - Gallipoli - Vibo Valentia


di Francesco Sgherza – Presidente Confartigianato Puglia

Realtà

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D

Confartigianato sbarca in Fiera del Levante

iscorso del presidente Confartigianato Puglia Francesco Sgherza all’inaugurazione del nuovo padiglione in Fiera del Levante di Bari. è con grande piacere che, a nome di CONFARTIGIANATO PUGLIA vi do il benvenuto alla giornata dell’Artigianato a Bari in Fiera del Levante, ringrazio in modo particolare il Presidente Nazionale Giorgio Merletti ed il Segretario Nazionale Cesare Fumagalli. Da quest’anno ed in pianta stabile siamo in un edificio all’interno del quartiere fieristico concepito e realizzato non certo per essere una statica vetrina ormai inutile in

tempi di vetrine virtuali sul web ma per divenire in progress una fucina dove sviluppare, proprio con lo spirito dell’artigiano, idee, progetti e visioni degli imprenditori pugliesi, qui tutti loro si sentiranno a casa loro, siamo stati i primi, nella nuova Fiera del Levante, a credere in un progetto di questa portata e ne siamo orgogliosi. A giugno abbiamo celebrato nella nostra assemblea nazionale i 70 di vita della nostra Confederazione e anche

Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Puglia

la Confartigianato Puglia può vantare una storia lunga 62 anni che qui oggi festeggia gli 80 anni di questa vecchia signora che è la Fiera del Le-


vante, cerniera di commerci e scambi di culture tra l’Occidente e l’Oriente, per tradizione e per ubicazione geografica. Il Presidente Merletti ricordò a giugno al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’opera fatta da Confartigianato 70 anni fa nella ricostruzione di un Paese allo stremo dopo anni di guerra, supportando gli imprenditori nel segno dei valori che sono la cifra genetica della Costituzione Italiana. Il LAVORO, la FAMIGLIA, la COESIONE SOCIALE, la VALORIZZAZIONE del CAPITALE UMANO sono, e saranno, la spina dorsale di un modello imprenditoriale che, evolvendosi ed accettando tutte le sfide della competizione globale, non ha mai ceduto alla tentazione di mettere al centro della sua missione il

denaro come unico traguardo, il profitto fine a se stesso, riuscendo invece ad interpretare il benessere economico nella sua più alta chiave di lettura che ha come obiettivo finale il BENESSERE SOCIALE. Come settant’anni fa e come sempre il mondo continua ad essere in fiblrillazione ma ora stiamo vivendo, con un’espressione di Papa Francesco, una guerra mondiale a

pezzetti, con conflitti in Africa e Medio Oriente, stragi inusitate in Siria, rinnovati attriti tra le superpotenze e, come se non bastasse, incredibili attacchi frontali di un nuovo terrorismo estremista e conseguente dramma di migranti che fuggono dalle loro terre per fame o per pericolo di vita. Questo quadro fosco sembra aver chiuso in un angolo una Europa inerte ed incapace di articolare soluzioni all’altezza dei problemi che la affliggono in un mondo globalizzato dove ogni grave problema ha inevitabili conseguenze su tutto il Pianeta. La crisi economica cominciata nel 2007 e mai finita anch’essa non ha ricevuto efficaci contromisure con invece una deriva burocratica e rigorista delle principali Istituzioni Europee che pertanto si mostrano incapaci di guidare i

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Paesi dell’Unione in modo coeso, sfibrando anzi il tessuto connettivo che lega Bruxelles agli Stati membri, minando alle fondamenta come un terremoto il senso stesso di Comunità e la BREXIT ne è stata la più eclatante conseguenza. La tensione sociale ha raggiunto livelli elevatissimi ed il dilagare dei populismi ne è il risultato politico con l’affermarsi di Partiti politici con forte componente nazionalistica. In questo equilibrio precario il nostro Paese diventa specie sul fronte economico preda di grandi difficoltà, anche se nel 2015 il nostro PIL è tornato in positivo dopo 3 anni di recessione. Tuttavia l’Istat ad agosto ha pubblicato dati impietosi che suonano come segnale di allarme, rimarcando come

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nel trimestre appena trascorso si sia registrata una nuova battuta di arresto e, nonostante le statistiche mostrino lievi miglioramenti congiunturali per Agricoltura e Servizi, i consumi interni restano stagnanti e gli investimenti di nuovo in calo. Questo avvalora la tesi che ci sia una “ripresa senza sviluppo”, se non addirittura una grave stagnazione, con la certezza che il rischio di una spirale deflattiva, tanto temuta dal Presidente della BCE Mario Draghi che per questo continua ad immettere liquidità nel sistema, è solo in minima parte compensato da una stentata diminuzione del debito pubblico. In questo quadro l’azione dell’attuale compagine governativa, che era apparsa


energica ed efficace in origine, sembra aver perso vigore ed autorevolezza col trascorrere del tempo, probabilmente distratta da dibattiti a volte sterili e fini a se stessi, per cui complessivamente si è raccolto molto meno di quanto s’era sperato, anche perché gli interventi strutturali messi in campo non sempre hanno tenuto conto della morfologia dell’Italia. A nostro avviso bisogna avere l’onestà intellettuale di acquisire senza ipocrisie il dato principale: Le MICRO e PICCOLE imprese sono la realtà imprenditoriale del nostro Paese, in Italia come in Puglia sono loro la stragrande maggioranza del tessuto produttivo. In Italia le microimprese fino a 10 addetti rappresentano il 95,3% del

totale ed occupano il 46,6% degli addetti che lavorano in aziende. Queste percentuali salgono rispettivamente al 98,3% ed al 56,9% se si considerano le microimprese fino a 20 addetti ed in Puglia quelle fino a 20 dipendenti sono addirittura il 98,9% del totale occupando il 73,5% dei lavoratori. Mi sembra chiaro come qualunque politica, nazionale o locale, qualsiasi intervento e qualunque provvedimento legislativo che non venga adottato con la precisa consapevolezza di questa realtà di fatto sia destinato a mancare il bersaglio che si pone come obiettivo, la “soluzione della crisi economica”. Emancipandosi dalla ossessione dei parametri e delle percentuali occorre invece pensare

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e progettare Piani di Lungo Periodo che rispondano alle richieste del Paese reale. La soluzione per far ripartire un’auto ferma dipende, ovviamente, dal tipo di avaria. Se il problema è solo la batteria scarica, una spinta può essere sufficiente a consentirle di riprendere la marcia. Se però il problema è più complesso, con numerose spie che lampeggiano sul cruscotto, quella stessa spinta non servirà a nulla se non a percorrere qualche altro metro prima che l’auto si fermi di nuovo. Analogamente le spie che quotidianamente lampeggiano sul quadro comandi delle nostre Piccole Imprese si chiamano PRESSIONE FISCALE, STUDI DI SETTORE, ACCESSO AL CREDITO, BUROCRAZIA, TEMPI DI PAGAMENTO. Sono pesantissime zavorre sulle ali del nostro tessuto produttivo e per rimuoverle occorre uno “Sforzo di Sistema”. Occorrono scelte strutturali, coraggiose, politiche di prospettiva, a partire dal

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livello locale per arrivare a quello nazionale ed infine europeo. E non basta perché, prima ancora, occorre un grande supporto ai soggetti in grado di interpretare necessità e bisogni dei gruppi sociali per analizzarli, elaborarli, farne sisntesi ed organizzarli in progetti e programmi, con la conseguente Comunicazione che spieghi ed accompagni l’azione politica nella sua fase attuativa. Quei Soggetti sono definiti Corpi Intermedi, come

appunto si onora di essere Confartigianato. Quello che invece assistiamo in questo periodo, la scelta di percorrere fino alle estreme conseguenze le strade della cosidetta “democrazia diretta”, ossia di saltare tutti i livelli di rappresentanza, cercando il fugace rapporto dell’uno col ciascuno, altri esiti non potrà ottenere se non l’esaltazione degli individualismi, che mai nulla ottengono perché ogni umano progresso dimostra che i percorsi vanno conseguiti in gioco di squadra, ma pure un ulteriore scadimento del dibattito nella Politica, unica scienza sociale di civiltà che prevede il compromesso fra tesi opposte, con la conclusione di dissolvimento d’identità dei gruppi nella società con la definitiva perdita di coesione, propedeutica al caos generalizzato. Grazie ai CORPI INTERMEDI invece la sommatoria degli interessi dei singoli diventa sintesi di interesse collettivo. Rivendicano, mediano, agi-


scono, presidiano, attivano i canali di partecipazione diffusa, dando linfa vitale al pluralismo di opinioni e di scelte che è l’essenziale connotazione di una moderna democrazia del terzo millennio. La nostra Organizzazione Confartigianato, dalla sua nascita, ha infatti sempre cercato in ogni modo possibile di rappresentare, per il bene degli Associati, un Partner affidabile in termini di servizi in loro favore ed un punto di riferimento certo per lo sviluppo e la crescita delle loro Attività. Ma soprattutto ha cercato di esercitare quella responsabilità sociale, e sottolineo la parola “responsabilità” termine ormai molto poco frequentato nella nostra contemporaneità, che è imprescindibile se si vuole assicurare coesione alle nostre comunità, se si desidera ottenere la governabilità di queste attuali società complesse, il tutto ottenuto mettendo al centro della propria azione il Valore delle Persone. Per fare un esempio l’impegno dei nostri CONFIDI per garantire l’accesso al credito dei piccoli imprenditori ne è prova evidente ed anzi è necessario supportare da parte di tutti gli attori coinvolti con ancor maggiore convinzione questo strumento nato dal territorio per il territorio, senza il quale migliaia di titolari d’azienda non avrebbero avuto alcuna possibilità di investire nella propria attività. Altri esempi virtuosi sono gli sforzi fatti per supportare

e rinforzare gli Organismi Bilaterali e costruire un “unico sistema di relazioni sindacali” nel nostro Paese, come anche i buoni risultati ottenuti in materia di sostegno al welfare da parte di Confartigianato, sempre prodiga alla valorizzazione e protezione di quel “mondo nel quale l’imprenditore si SPORCA LE MANI lavorando fianco a fianco dei propri collaboratori”.

te degli Organi Istituzionali di decisione delle Politiche. Alla inaugurazione di questa 80a Fiera del Levante il Premier Matteo Renzi ha firmato il tanto atteso “Patto per la Puglia” inserito nel Master Plan per il SudItalia. Concordiamo col Governatore Michele Emiliano che non si tratta di un “regalo” ma di risorse che spettano di diritto al Mezzogiorno d’Italia ed alla nostra

Si tratta di un approccio di lavoro che naturalmente intendiamo mantenere ben saldo per ogni futuro possibile, ben consci della forza che, nel caso della Puglia, ci viene da un sistema che rappresenta 20.000 imprese associate, mi sembra scontato che questi numeri meritano maggior ascolto ed attenzione da par-

Regione. Allo stesso modo diamo atto al Premier dell’attenzione dimostrata perché non dimentichiamo il perverso uso di queste risorse fatto negli ultimi anni, sistematicamente dirottate dai Governi centrali per fronteggiare altri “interessi nazionali”. Anche questo Patto in parte prosegue questa pratica

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lesiva dei nostri diritti, perché taglia in modo consistente la nostra dotazione di Fondi PAC 2007/2013 per l’Agricoltura suonando come una beffa se si ricordano gli altisonanti annunci dello scorso anno sul Master Plan. Sia come sia, sull’utilizzo di queste risorse così come di quelle stanziate nell’ambito del Patto per la Città Metropolitana di Bari, che comprende tutti i 50 Comuni che facevano parte della relativa Provincia, Confartigianato Puglia vigilerà con attenzione ma supporterà la Regione Puglia all’interno del Partenariato Economico e Sociale purchè essa continui a riconoscere la genuina volontà di metterle in circolo il più rapidamente possibile, così da consenirci di accompagnare gli Artigiani a le Piccole Imprese Pugliesi a cogliere con successo le importanti sfide del futuro prossimo. Le nostre imprese dell’Artigianato Digitale stanno già dimostrando al mondo intero come artigianalità e tecnologia non sono affatto una contraddizione in termini. Al contrario queste 2 competenze unite insieme diventano una formidabile risposta

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a quella domanda di unicità, personalizzazione e cura del dettaglio che proprio oggi emerge prorompente in tutto il mercato globale. L’ARTIGIANATO 4.0 è una sfida, al pari di Industria 4.0 annunciata da Renzi, che dobbiamo accettare subito sia in Italia che in Puglia, consapevoli però che gli imprenditori, così come i nostri giovani, devono esser messi nelle condizioni di afferrarla perché è una grande opportunità. Sotto questo aspetto la completa attuazione della Legge Regionale sull’Artigianato diventa un passaggio fondamentale. Infatti se prima di tutto non realizziamo speditamente tutto quello che è stato sancito in tea di Bottega/Scuola, se in Puglia l’apprendistato continua ad essere disallineato rispetto ai canoni nazionali, se l’alternanza Scuola/ Lavoro continua a risolversi nell’ennesimo labirinto burocratico, non riusciremo mai a contaminare il nostro tessuto produttivo con la Forza e la Freschezza delle IDEE INNOVATIVE delle

quali i giovani più di tutti sono entusiasti portatori. Non vogliamo continuare ad assistere alla perenne migrazione di chi si sente figlio di questa Terra ma è costretto ad abbandonarla, non solo per motivi sentimentali ed affettivi, ma soprattutto per il bene del Paese Intero com’è ovvio. Se invece guardiamo ai nostri giovani supportandoli ad esprimersi dove sono nati e cresciuti, dimostreremo l’intelligenza di aver capito che oggi più che mai il loro futuro ed il nostro futuro è un FUTURO ARTIGIANO.


Panificio La Maggiore - Via Matera, 184 - 70022 Altamura (BA) Tel. 080/3112357 - Fax 080/3104686 - info@panificiolamaggiore.it - www.panificiolamaggiore.it 73


di Saverio Buttiglione

Eventi

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Pane & Sorrisi

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nico pane italiano che può fregiarsi della denominazione DOC (disciplinare italiano ed europeo per “Denominazione d’Origine Ccontrollata”) il Pane DOC di Altamura deve questo riconoscimento a Giuseppe Barile. Lo conobbi anni fa quando nello stand ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in Fiere di Parma CIBUS e Nuova Fiera di Milano TUTTOFOOD erano esposti, ai visitatori, ai buyers da tutto il mondo (ed alle telecamere della mia troupe televisiva) solo 3 prodotti in rappresentanza del variegato paniere di eccellenze made in Italy: il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano ed il “Pane doc di Altamura”. Sono rimasto sbalordito quando Peppino mi ha invitato ad assistere ad una delle lezioni che periodicamente viene chiamato a fare da prestigiosi Enti di formazione professionale: alla esperienza decennale ha unito la teoria fatta di spie-

gazioni fisico/chimiche degne di un docente universitario, perciò alla inaugurazione, della sede innovativa da lui tanto voluta dell’”Antico Panificio La Maggiore” in via Gravina ad Altamura, che segue a quelle già operative con successo portate avanti dalla moglie e dai figli, non ho potuto mancare. Barile è sempre stato presente sia con un prestigioso corner espositivo che con pane e focaccia offerti agli invitati nei buffet finali degli eventi “Extra DiVino. In questo 4° negozio (con laboratorio di pasticceria), al quale seguirà quello di Padova e di Putignano, la novità è stata l’arricchimento dei prodotti offerti ospitando anche la deliziosa pasta “Le fogge del Re”, trafilata in bronzo con grano Senatore Cappelli biologico prodotto tra Altamura e Matera e gli inimitabili vini delle Cantine che producono nelle

Tenute della Masseria salentina del noto cantante Albano Carrisi, che per l’occasione ha voluto partecipare alla festa di inaugurazione, facendo arrivare nella cittadina troupes televisive e folle a dir poco oceaniche. Il 3 settembre Peppino Barile ha ricambiato il favore portando il suo celebre pane (come già aveva fatto nei giorni precedenti al Duna Club Beach, sulla spiaggia di Apani


affianco all’oasi di Torre Guaceto, dove gli invitati, la RAI al completo con personaggi del calibro di Pippo Baudo e Bruno Vespa e tante altre celebrità americane, prendevano il sole, in attesa della festa serale), la focaccia ed i tarallini di Altamura alla cena per il matrimonio della figlia di Albano e Romina Power, Cristel Carrisi. Il centro storico di Lecce per l’occasione si è tinto di bianco per questo matrimonio vip di fine estate tra Cristel Carrisi ed il milionario di origine cileno-croata Davor Luksic, nella chiesa barocca di San Matteo, per celebrare quattro anni di amore.

Gli ospiti invitati al matrimonio sono stati 500, fra i quali Mara Venier con il marito Nicola Carraro, Toto Cutugno, Michele Placido, le stiliste Laura e Lavinia Biagiotti che vestono Romina Power (per lei, un colorato caftano in seta), la fashion blogger Chiara Nasti e la showgirl Francesca Lodo, testimonial della linea di costumi “CrisBerry” firmata da Cristel, ed ancora Lino Banfi e Rita Dalla Chiesa. Dagli Stai Uniti sono arrivati anche Boy George, indimenticabile leader dei Culture Club, le attrici Jennifer Aniston, prima moglie di Brad Pitt, e Jennifer Lawrence vincitrice del premio Oscar nel 2013 come migliore attrice protagonista nel film “Il Lato postivo”. A celebrare le nozze è stato monsignor Giancarlo Polito ed in chiesa c’erano anche alcune suore dell’Istituto delle Marcelline di Lecce, dove Cristel ha studiato. Ci sono stati appunto 2 giorni di festa, il giorno precedente sulla spiaggia di Apani e, dopo le nozze, nella settecentesca masseria “La

Mea”, nel famoso complesso di proprietà del cantante a Cellino San Marco. Tutto è stato coordinato dalla “Palazzo Eventi” di Verona guidata da Eleonora Zinganshina Ermenez (in foto con Peppino Barile ed il direttore Saverio Buttiglione nella pagina a fianco), mentre il menù è stato preparato dal catering “Galateo Ricevimenti” di Firenze guidato dallo chef Gabriele Giulietti (in foto col presidente Barile). Per i regali non c’è stata lista nozze perchè la coppia ha chiesto, con una mail, versamenti a favore un’associazione dper la salvaguardia degli oceani.

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della redazione

Personaggi

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Aba, da X Factor a “Get me high”

na nuova voce per la musica italiana con ambizioni internazionali. Aba, all’anagrafe Chiara Gallana, già si è fatta notare nel mondo dello spettacolo. È l’interprete di blues, soul, jazz e gospel, con una buona esperienza live: tra le sue collaborazioni, la più recente e appariscente è stata con la star internazionale Jermaine Paul (nominato ai prestigiosi Grammy Awards e vincitore del “The Voice”, versione USA) che l’ha invitata ad esibirsi come guest artist in alcuni suoi concerti a Los Angeles, Bali e Giacarta. Negli ultimi due anni, Aba ha collaborato anche con artisti del calibro di Mario Biondi, Elio e le Storie Tese, Giorgia, Luca Tommassini, Zibba, è stata spesso ospite in trasmissioni televisive: finalista ad “X Factor”, edizione 2013, dove ha avuto l’opportunità di crescere professionalmente sotto la guida di Elio. Ha preso parte a una puntata di “Un posto al Sole” su RaiTre - interpretando se stessa

come ospite musicale del “Bar Vulcano”; e ha cantato insieme a “Elio e le Storie Tese” nel programma di RaiDue “Il Musichione”. Nell’autunno 2014 è stata ospite fissa nella trasmissione “Domenica In” su Raiuno; è stata impegnata su La7, al fianco di Maurizio Crozza, in “Crozza nel Paese delle Meraviglie”. Uno dei suoi videoclip, per il singolo “Indifesa”, ha superato la soglia delle 150 mila visualizzazioni. in radio e (in vendita) nei digital store “Get me high”, il primo singolo del nuovo album, che sta ultimando in studio e uscirà nei prossimi mesi.

Su Vevo sarà possibile vedere il videoclip della canzone. Nella scelta del primo singolo la cantante è stata aiutata da Nek: “Dio benedica la tua voce. “Get me high” è fighissima. In questa canzone sai essere te stessa” - così lui ha commentato la canzone dopo averla sentita. Prodotta dal chitarrista Carlo De Bei - autore già per il compianto Mango - “Get me High” è un funk uptempo che si distingue per il fortissimo senso ritmico e sottolinea il timbro di ABA e la sua tessitura vocale, dotata di volume e profondità, agile e brillante al tempo stesso


“La bocca non serve solo per respirare e mangiare, ma è anche un importante organo di comunicazione, pertanto non stupisce che, denti bianchi, splendenti e regolari, sono riconosciuti come un segno di vitalità e di salute del corpo; inoltre, un sorriso accattivante influenza in modo decisivo la fiducia in se stessi.

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di Cesare Feiffer con la collaborazione di Chiara Parolo Studio Feiffer & Raimondi

Recuperi edilizi

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Valorizzazione e ipervalorizzazione

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orse non c’è argomento quale quello della valorizzazione dei beni culturali che stimoli maggiormente l’ugola di chi opera nel campo del restauro e del riuso del patrimonio architettonico del passato. Fin dai tempi dei “giacimenti culturali” di lontana memoria, dei monumenti definiti il petrolio italiano, passando per quelli della creazione della Direzione Generale per la Valorizzazione, fino a quelli attuali del miliardodieuro sulla cultura per “incentivare il turismo”, si accresce di anno in anno un gran parlare sull’argomento. Ormai tutto il mondo della cultura, ed anche chi vive fuori dalla cultura, è consapevole delle sue potenzialità e aumentarle, accrescerne il godimento, agganciarci filiere commerciali e di conseguenza molteplici funzioni legate all’uso, al sopruso e all’abuso, è tema che fa discutere un pò tutti, da chi ne sa a che ne ha solo sentito parlare. Pochissime di queste “parole” sulla valorizzazione si sono però concretizzate in fatti. Pochissimi di questi fatti possono ergersi quale riferimento di valore per ragioni concrete e non astratte, ossia per il metodo culturale adottato, per i rapporti tra risultato ottenuto e stato antecedente i lavori, per la quantità di materia autentica del bene realmente conserva-

ta, per il livello di compatibilità raggiunto tra preesistenza e nuove funzioni e, infine, per le idee che hanno innescato la valorizzazione creando le condizioni economiche perchè l’iniziativa si verificasse. Sono tutte motivazioni importanti ma l’ultima lo è in particolar modo perchè determina che il bene culturale possa sopravvivere senza assistenze e finanziamenti pubblici ma creando da solo quella ricchezza che serve per essere economicamente indipendente. Uno dei maggiori rischi della valorizzazione è ingigantire fuor di misura i contenuti della cultura e dei suoi valori e messaggi, fatto che nell’architet-

Il prof. Arch. Cesare Feiffer con Fulcio, il suo breton

tura si realizza aggiungendo nuove forme griffate da archistar o ripristinando stati presunti originari (ritenendo che ciò sia direttamente proporzionale al reddito che se ne può ricavare). Non discernere i limiti della compatibilità per spettacolarizzare la cultura è un rischio concreto, che ho già rilevato in qualche editoriale e che riguarda tutti, a chi agisce nel pubblico con funzioni


di controllo e gestione dei finanziamenti specifici a chi opera nel privato con risorse proprie o delle quali risponde direttamente. In questo senso la corsa alla valorizzazione paradossalmente deve guardarsi proprio dai ... “valorizza-

tori” e ciò non riguarda solo l’architettura “maggiore” o quella “minore” ma anche, e sopratutto, il paesaggio nelle sue delicate articolazioni, le aree archeologiche e tutte quelle forme di cultura, dal cibo alla musica ai modi di vivere, che il nostro Paese per fortuna e per merito (di altri) possiede ancora numerosi ed integri. E’ un rischio concreto la spettacolarizzazione che tralascia le attenzioni e le cautele necessarie per operare in modo compatibile nei contesti culturali e supera quella delicata linea rossa che delimita la compatibiltà dall’incompatibilità. Per riconoscere questo limite, questo filo rosso che varia da edificio ad edificioe da contesto a contesto, è necessario avere cultura e specializzazione. Ci vuole cultura per parlare di paesaggio, di borghi storici, di città d’arte, di musei,

di monumenti, di ville, di eccellenze enogastronomiche, e coniugarli con un concetto compatibile di sviluppo e con quelle azioni intelligenti che creano le condizioni affinchè la dinamica della valorizzazione s’innesti. Ci vuole sensibilità, ci vuole conoscenza, ci vuole studio, ci vuole esperienza operativa, ci vuole capacità di inventare e saper passare dalle parole alle azioni concrete, e tutto ciò è cultura. Nel mezzo di questo gran parlare di valorizzazione pochi ricordano l’importanza della formazione, della ricerca e della necessità di avere professionisti e tecnici preparati, che sono l’unica strada per non improvvisare e per avere le due cose che servono ad una concreta valorizzazione. Lla prima è la capacità di intervenire bene in tutti i settori, i quali sono vastissimi perchè spaziano dall’architettura all’arte, al paesaggio, ai con-

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testi non monumentali, ai moltissimi campi che coinvolgono i beni culturali (gestione, organizzazione, amministrazione piubblica, progettualità tecnica, economica, creativa, di sviluppo, ecc.). La seconda è l’abilità di creare idee originali, compatibili e nuove in ognuno di questi settori, che sono la linfa della valorizzazione, perchè le idee specifiche vengono solo a chi ha la conoscenza e la specializzazione, le idee non vengono e non verranno mai a chi è estraneo a questi settori e proviene da altri universi. Nel panorama attuale, che privilegia il gran parlare al formare e al fare, merita di essere ricordata l’iniziativa dell’Ordine degli Architetti di Brescia, unitamente all’Università Cattolica, che hanno organizzato ai primi di mag-

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gio un seminario di aggiornamento professionale e approfondimento sul tema della valorizzazione compatibile. L’aspetto innovativo e interessante, oltre a divulgare concretamente il tema della valorizzazione tra i tecnici e gli operatori, è quello di aver raccolto esperienze concrete di valorizzazione e voler dare spazio all’illustrazione di casi realizzati trasferibili in altre realtà. Si è voluto cioè dare voce ai promotori e agli inventori di quelle valorizzazioni che, per metodo e per tipologia di soluzioni adottate, hanno dimostrato di saper “estrarre valore dalla cultura” (Trimarchi) in modo compatibile e possono così erigersi a esempio concreto di valorizzazione. L’iniziativa è divisa in due parti, nella prima vengono

eposti casi realizzati di edifici o contesti storico-culturali abbandonati e ri-usati per estrarne valore in modo


compatibile, e quindi conservativo; in particolare viene approfondito il modo nel quale la cultura può attrarre capitali privati e anche investimenti pubblici, tutti ampiamente ripagati da precisi piani finanziari di rientro. Nella seconda parte poi, singolari relatori tracciano i limiti della compatibilità e valutano le diverse opportunità degli interventi ulla cultura. L’idea di iniziare un percorso di sensibilizzazione e informazione sul tema della valorizzazione della cultura (in questo caso relativamente all’architettura) significa guardare molto più in là e aver maturato che per avviare concretamente interventi è necessario formare tecnici e operatori culturali. Per fare ciò in modo non astratto ma concreto è necessario prevedere contribu-

ti di natura teorico e culturale a fianco di esperienze operative; e queste ultime devono privilegiare l’aspetto dell’ “idea creativa” del nuovouso per l’edificio culturale. E’ proprio questo carattere che rende l’esperienza di Brescia, la quale elabora ed estende un’analoga iniziativa svoltasi a Venezia lo scorso ottobre, originale e innovativa. Certo, è difficile avviare questo genere di attività

e completare programmi di formazione nel settore della valorizzazione ma osare significa cominciare a ridurre le difficoltà, significa crederci e ritenere che la strada alternativa al tanto parlare sia quella del formare e del fare. Un noto pensiero di Seneca diceva più o meno così:”Non è perchè le cose sono difficili che noi non osiamo, è perchè non osiamo che sono difficili”.

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diIvan Drogo Inglese

Realtà

Promozione e la tutela del patrimonio architettonico

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ono ormai da mesi che stiamo lavorando al progetto Assocastelli ovvero a promuovere e valorizzare il patrimonio architettonico storico italiano. L’Italia è il paese con il più importante patrimonio architettonico e storico del mondo. Gran parte di questo patrimonio è rappresentato dai suoi castelli, dai suoi palazzi e dalle sue ville. Un patrimonio spesso poco valorizzato e non adeguatamente sviluppato come fonte di reddito e conseguentemente anche come forma di

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investimento profittevole. Il programma di Assocastelli è improntato all’operatività e prevede anzitutto la creazione di una piattaforma multimediale. La piattaforma sarà suddivisa in due differenti ambiti: - Guest Book, per la prenotazione dell’ospitalità nei castelli, nei palazzi e nelle ville d’Italia; - Regal Shop per la vendita on line di prodotti provenienti dai castelli, dai palazzi e dalle ville (cosmetica, editoria, gadget, vino, ecc.). Le attività di Assocastelli

interesseranno anche l’ambito assicurativo e bancario.


E’ in fase di definizione la Polizza Castelli per la copertura assicurativa degli edifici e il servizio difactoring sui contributi ministeriali destinati agli interventi di conservazione e restauro degli edifici vincolati. L’attività di promozione dell’associazione interesserà l’ambito nazionale, ma soprattutto, quello internazionale. Con un road show che avrà come obiettivo quello di far conoscere il più possibile il

patrimonio architettonico italiano. L’Italia è un paese da favola, e Assocastelli lo racconta attraverso i suoi castelli, i suoi palazzi e le sue ville. Abbiamo creato un team unico che ho l’onore di coordinare e che vede coinvolto anche il principe Emanuele Filiberto di Savoia ed ora anche il principe Guglielmo Giovanelli Marconi (nipote del grande scienziato). Alcuni dei nomi più rappresentativi del nostro paese si sono resi disponibili per creare questo nuovo asset produttivo per il paese (con ottime opportunità di occupazione). A tal fine i presidenti di Assocastelli e Association des Châteaux de la Loire hanno incontrato il Commissario Europeo per la Cultura Tibor Navracsics.

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Realtà di Saverio Buttiglione

La terra trema ancora...

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ome al solito fiumi di parole, per non parlare di immagini e video, traboccano dai media, giornali, TV e socials che poi resteranno semplicemente chiacchiere. Deciso e preciso invece il Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente: “..in(cazzat)dignato per aver visto ancora bambini morti sepolti, i soccorsi nostri perchè città vicina e resa esperta dal sisma di aprile 2009 e della Protezione Civile sono ora fra i migliori al mondo, per accogliere gli sfollati sono a disposizione le case utilizzate nel post-terremoto e l’ospedale ha reso disponibili numerosi posti letto MA IL PROBLEMA E’ LA PREVENZIONE CHE CONTINUA A MAN-

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CARE, ho proposto da tempo il “fascicolo di ogni edificio” che contenga la sua storia nonchè le criticità strutturali e idrogeologiche, esattamente come il libretto di circolazione dell’auto prevede la revisione ogni 2 anni altrimenti il veicolo viene sequestrato immediatamente lasciando a piedi gli occupanti. Se mi si dice che per il recupero architettonico degli edifici, anche strutturale, non ci sono denari a sufficenza in

questa crisi economica che ‘non ci lascia, rispondo che la prevenzione costa di meno dei 3 miliardi spesi ogni anno per riparare i guasti ed anzi le maestranze e le professionalità che si metterebbero in campo a lavorare inciderebbero positivamente sulla crescita del nostro PIL, non è comunque ancora possibile guardare inermi persone che in Italia muoiono per sismi del 6° grado che in Giappone si verificano ogni 2 mesi senza


danni, DOBBIAMO e possiamo far tesoro delle esperienze tragiche fatte coi terremoti dell’Emilia Romagna, dell’Aquila, e prima ancora dell’Irpinia piuttosto che del Friuli”. Allo stesso modo l’ex Ministro alla Protezione Civile Giuseppe Zamberletti “grida” di istituire una volta per tutte il “libretto dell’edificio” e di cominciare seriamente una cultura della prevenzione alle catastrofi naturali in ogni città ed ogni villaggio, affinchè ogni cittadino sappia cosa rischia nel posto in cui vive e sappia come comportarsi anche con

esercitazioni di prevenzioni, perchè la nostra penisola è la più soggetta in Europa ai terremoti per non parlare dei dissesti idrogeologici, senza dimenticare che continuiamo a costruire pure alle pendici dei vulcani, evidentemente consideriamo Pompei un mero posto di turismo e non un monito sulla intransigibilità della Natura. Il precedente Ministro all’Ambiente prof. Corrado Clini aveva proposto uno stanziamento di 40 miliardi in 15 anni per la prevenzione ed era favorevole anche l’UE perchè la sicurezza

veniva considerata sviluppo europeo ma ne fu disposto solo UNO in 4 anni .... eppure nel 1703 con epicentro proprio tra Accumoli e Amatrice un sisma fece 8.000 vittime e persino a Roma crollarono 3 arcate del Colosseo, decisamente abbiamo memoria cortissima e nessuna visione del futuro a medio lungo termine Incredibilmente proprio 36 ore prima del disastro nel Centro Italia, il geologo divulgatore televisivo Mario Tozzi, il 22 agosto su RAI1 alle 23,30 nella sua trasmissione “Fuori luogo”, aveva spiegato molto bene come si possono evitare le vittime che procurano gli inevitabili terremoti proprio in Italia, analizzando a fondo quello dell’Irpinia, spiace che poche ore dopo sia successo di nuovo. Al minuto 8.30 del programma, visionabile sulla rete, Tozzi spiega cosa è successo, succede e succederà nel nostro sottosuolo, al minuto 21 riporta il discorso tremendo di Sandro Pertini ai politici avendo appreso che per mancanza dei “regolamenti di esecuzione” dopo

ben 10 anni che il Parlamento aveva votato la legge sui Centri di soccorso per le calamità naturali (quella che grazie a lui è la tempestiva Protezione Civile) i soccorsi non erano ancora arrivati dopo QUARANTOTTORE (io in quell’occasione ero in licenza militare al 6° piano di via Putignani a Bari e corremmo tutti agli angoli della stanza vicino ai pilastri, mentre i lampadari ballavano), al minuto 36 Mario Tozzi mostra come tra i Paesi completamente disastrati tutti intorno solo CERRETO non abbia subito nemmeno un ferito e nemmeno un calcinaccio per strada... Grazie da parte della nostra redazione ai Volontari della Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, ai Carabinieri ed alle altre forze dell’ordine e dell’esercito, ai medici ed al personale sanitario che continuano incessantemente oltre le personali responsabilità a lavorare trascurando anche la stanchezza pur di salvare anche solo una vita, grazie anche ai media internazionali dalla BBC ad Al Jazira, che in tutto il mondo hanno mostrato la tragedia sensibilizzando anche i loro governi ad una concreta solidarietà. Nello speciale Porta a Porta “La terra trema ancora” su RAI1, l’aquilano Bruno Vespa

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che ha ben conosciuto poco tempo fa il terremoto che ha devastato la sua città, ha avuto ospite il ministro Delrio, con quale si è subito affrontata la ‘questione’ della prevenzione (“anche perché poi ci costa tanto ricostruire”) ed in collegamento Vittorio Sgarbi ha elencate le meraviglie architettoniche e pittoriche conservate nei paesi distrutti, ricordando anche le sue diverse visite nei luoghi e mostrando in diretta proprio un quadro di Cola d’Amatrice che fa parte della sua collezione privata. Bruno vespa ha infine invitato i ristoranti italiani a mettere nel menù bucatini all’amatriciana e devolverne il ricavato alla

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ricostruzione, sponsorizzando l’iniziativa pensata da Carlo Petrini, Presidente di Slow Food. la solidarietà di chef e ristoranti è stata immediata e gratificante: due euro donati per ogni piatto di Amatriciana servito. Per ogni piatto di amatriciana nei locali che aderiscono all’iniziativa vengono devoluti due euro alla Croce Rossa Italiana per gli aiuti. Non è l’unica azione di solidarietà del mondo della ristorazione: l’Associazione Verace Pizza Napoletana ha lanciato l’idea di creare una pizza all’amatriciana allo scopo di raccogliere fondi per la ricostruzione. Parte da Facebook la gara

di solidarietà dopo il terremoto ad Amatrice di Carlo Petrini. Paolo Campana, grafico e food blogger, ha lanciato l’idea di devolvere due euro per ogni piatto di amatriciana ordinato e consumato. I soldi saranno destinati alla Croce Rossa. Proposta che è stata subito accolta con entusiasmo da varie città d’Italia e sposata da varie condotte Slow Food. Molti i ristoratori che stanno aderendo all’iniziativa benefica: i locali devolveranno un euro, l’altro sarà offerto dal cliente. Da più parti si sta lavorando all’organizzazione di un’”Amatriciana day“, dopo che la 50esima edizione della sagra, in programma per il fine settimana di agosto a Subiaco, è stata annullata. Su Facebook è attivo il gruppo Un’Amatriciana per Amatrice dove si sta lavorando all’organizzazione di uno o più eventi. Il mondo della pizza tende idealmente la mano al paese che ha dato i natali al sugo più famoso del mondo. Pasqualino Rossi e Francesco Martucci Francesco dell’Associazio-


ne Verace Pizza Napoletana stanno invitando i colleghi pizzaioli a creare una pizza all’amatriciana per devolvere il ricavato alle popolazioni colpite dal terremoto. Il prezzo sarà di 8 euro. Il Consorzio della Pasta di Gragnano, d’accordo con il presidente Giuseppe Di Martino, ha deciso di inviare “tutto il quantitativo di pasta che occorrerà per i campi che allestiti”. “Ad Amatrice -spiega il Consorzio- non saremo più legati solo per aver condiviso una fantastica storia di gusto, ma da oggi anche di solidarietà umana”. Per aziende, consorzi e persone che vogliano farsi promotori di iniziative analoghe il centro di raccolta è stato organizzato a Piazza Mazzini a Rieti. La FIC-Federazione Italiana Cuochi ha mobilitato il suo Dipartimento di Solidarietà ed

Emergenze, inviando il furgone logistico con le attrezzature e il furgone frigo con gli alimenti freschi. In Italia hanno già aderito circa 200 cuochi, volontariamente, che hanno cucinato per gli sfollati. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano non dimenticando la solidarietà ricevuta dopo il terremoto del 2012 risponde con una fornitura di formag-

gio per la cucina di emergenza. Sul sito web del Consorzio è pubblicata la lista dei caseifici aderenti all’operazione “1euro/kg per rinascere”. Per ogni kg di Parmigiano Reggiano acquistato verrà devoluto 1 euro alle città danneggiate dal sisma. I fondi raccolti con gli sms telefonici al numero 45500 saranno trasferiti dagli operatori, senza alcun ricarico, direttamente al Dipartimento della Protezione Civile che provvederà a destinarle alle regioni colpite dal sisma fino al giorno 8 ottobre 2016. Decisamente gli italiani si mostrano un popolo solidale ogni volta che accade un disastro, quando Firenze fu inondata dall’alluvione del 1966 i giovani veniti a spalare il fando da ogni dove furono definiti “gli angeli del fango”, peccato che non siamo ancora anche un popolo che sappia prevenire le tragedie, quelle naturali, idrogeologiche, vulcaniche e da sismi da sempre insistono sulla nostra penisola per la sua struttura morfologica, dovremmo averlo capito.

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di Saverio Buttiglione

Olimpiadi

Rio 2016... che emozioni!!!

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limpiadi nel Brasile, questo il medagliere dell’Italia, che l’ha posta fra le migliori 10 nazioni su 206 partecipanti: 1) Stati Uniti 2) Gran Bretagna 3) Cina 4) Russia 5) Germania 6) Giappone 7) Francia 8) Corea del Sud 9) ITALIA …. con 8 medaglie d’oro, 12 d’argento, 8 di bronzo, per un totale di 28 10) Australia televisivi ha investito nei nostri ragazzi e ragazze atleti, testimonials che poi hanno vinto medaglie. Le redazioni milanesi di Slow Economy, che ha il golf come “fil rouge” e Golf People Club Magazine sono state gratificate dal fatto che il Golf sia ritornato ai giochi olimpici con 4 giorni di gara nello splendido Olimpic Golf Course costruito nella Riserva Naturale di Marapendi.

Niente male per la promozione del nostro Paese, dopo i sei mesi di EXPO2015 a Milano che aveva portato da noi tutto il mondo, sul tema delle risorse agroalimentari del pianeta sul quale viviamo. Naturalmente come già a Milano lo scorso anno anche a Rio de Janeiro la cucina italiana, grazie a Casa Italia ed ai suoi chefs, ha fatto scuola, con l’Accademia Barilla in testa, azienda che nei suoi spots

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Il prossimo appuntamento nel quale la nostra migliore gioventù potrà cimentarsi negli sports coi coetanei di tutto il mondo sarà alle Olimpiadi in Giappone fra 4 anni. Nei tempi antichi spenta la fiamma olimpica, in attesa di Tokyo 2020 sarebbe finita la tregua di ogni guerra del mondo, invece purtroppo nel 2016 durante le Olimpiadi di Rio (persino nel 1936 Hitler si astenne dai combattimenti ed anzi subì lo schiaffo delle 3 medaglie d’oro vinte dall’americano “nero” Jessie Owens proprio nella “sua” Berlino) le guerre sono continuate e sono state terribili,. Guerre tanto stupide quanto inutili, che hanno portato stragi sopratutto di bambini come ad Aleppo e pure con bambini mandati a fare i kamikaze nelle feste, aveva cominciato ad usarli il “religioso” Komeyini

che li mandava a morire con al collo una chiave che dava loro lui personalmente dicendo che si trattava della chiave per aprire il paradiso! La speranza è che nel 2020 l’umanità intera, e soprattutto i governanti, abbiamo guadagnato più buon senso abolendo le stragi da guerra e

non solo nella cosidetta tregua olimpica. Molti esempi di buon senso l’hanno dato proprio alcuni atleti a Rio, con gesti simbolici significativi di grande umanità, mostrandosi grandi donne e grandi uomini prima che grandi campioni.

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Punti di distribuzione Bruxelles • Petit rue au beurre, 12 - Ristorante “La Capannina” a due piani nel centro storico, strada che immette nella fantastica “Grand Place” della città belga sede del Parlamento Europeo, con cucina italiana rivisitata al gusto francese e clientela internazionale, primo ristorante italiano in città fondato 50 anni fa da una giovanissima e tenace Anna Bianco emigrante da Noci in Puglia.

Dublino • 208 Lower Rarhmines Road, Dublin 6 - ristorante pizzeria “Il Manifesto”. Infotel: 353 1 496 8096 - m a n i f e s t o r e s t a u r a n t @ gmail.com - www. manifestorestaurant.ie - In Irlanda una vera pizza napoletana, fatta da Salvatore di Salerno che, se è in vena, fa pure il giocoliere con l’impasto, è un miraggio che pure in Italia sarebbe raro.

• Lower Ormonde Quay, Dublin 1 - ristorante pizzeria “Bar Italia”. Infotel: 353 1 874 1000 info@baritalia.ie www. baritalia.ie. Fa onore alla cucina italiana nel mondo, ottimi primi, ottima piz-

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za, squisita la frittura di calamari e gamberi.

ogni stanza dedicata ad un paese del mondo che produce cioccolata, un museo incredibile. Milano • Ristorante l’”Osteria dei Pirati” - via Fogazzaro, 9 del noto presentatore TV Marco Predolin che offre fantastici menù a base di pesce con musica dal vivo

• Upper Merrion Street, Dublin 2 - “Merrion Hotel” - www.merrionhotel.com. Nel centro storico si nota l’eleganza già dal portale d’ingresso, di fronte al palazzo di governo irlandese. Creato dalla fusione di 4 antiche case in stile georgiano si sviluppa attorno a 2 giardini del XVIII secolo.

Torino • via Santa Chiara, 54 - Ristorante “Asian Fusion”. infotel: 338 8194846. Nel quadrilatero romano non lontano dalla Mole Antoneliana ottime cucine tipiche malese, cinese, giapponese ed Italiana, con pietanze fedeli alle tradizioni ed ai gusti originali, crocevia culinario tra oriente ed occidente. Cuneo • Santuario di Vicoforte - Ristorante albergo “CioccoLocanda” - via F. Gallo,19. infotel: 0174 563312. Website: www.cioccolocanda.it. Del grande artigiano della cioccolata Silvio Bessone

• Residence “Abbadesse Resort” - via Oldofredi e via Abbadesse antico monastero fra i grattacieli del nuovo Quartiere della Moda, Isola di Porta Nuova, magistralmente gestito dal proprietario ing. Antonio Savia.

“Pola Residence” - via Pola Milano. Di fronte al nuovo grattacielo sede della Regione Lombardia, al centro del nuovo quartiere della moda meneghina, e vicino alla Stazione Centrale


Camisano Vicentino (VI) • Ristorante Locanda “Alla Torre da Zemin” - via Torerossa, 39/41 locale n.407 zona 4est infotel: 049 9065621. Nella torre di avvistamento del 1270 sul confine Vicenza/Padova, nei due piani della locanda un incredibile Gianfranco Zemin propone una cucina solo con prodotti di stagione e ingredienti del territorio, dalla “piramide di tartare di tonno su battuta di mango e avocado con salsa di limoni caramellati” alla “suprema di faraona”, indimenticabili i suoi risotti. Se lo si prega Gianfranco, forse, racconterà la storia di Occhi d’Oro e del cavaliere misterioso. Padova • “Q Bar” - vicolo dei Dotto, 3 infotel: 049 8751680. Nella centralissima piazza Insurrezione è elegantissima meta della movida chic padovana e ritrovo dei calciatori del Padova calcio. Dinner&Dance, cucina mediterranea e sofisticata musica live • “Osteria Barabba” - via Vicenza, 47. Marco offre la cucina delle osterie venete in un lounge space, a cominciare dall’ora dell’aperitivo, memorabile quello del mercoledì con ricco buffet, ottimo winebar infotel: 049 8716845 Parma • Ristorante “ I Tri Siochett” strada Farnese, 74/a. Squisiti “tortelli all’erbetta” piatto tipico parmense (grandi ravioli ripieni di spinaci annegati in burro fuso con Parmigiano) e torta fritta (detta anche “gnocchi fritti” nel modenese e nel reggiano, di origine longobarda, semplici sfoglie di pasta per pane fritte in olio che si gonfiano come pan-

zerottini vuoti all’interno) ottima per accompagnare il salame di Felino, il culatello di Zibello ed il prosciutto di Parma, oppure il Parmigiano Reggiano sorseggiando Lambrusco di alta qualità. Collecchio (PR) • Agenzia Viaggi “Tra le nuvole” - via Giardinetto, 6/I. Condotta con competenza e professionalità da Elena Bizzi. Città di Castello (PG) • Ristorante “La Taverna di Mastro Dante” - via Montecastelli Umbro/ Promano in località Coldipozzo, 45. E’ la patria dei prosciutti di montagna di Norcia infotel: 075 8648133

Soliera (MO) • “Hotel Marchi” - via Modena/Carpi. Situato tra la patria dell’aceto Balsamico e la più bella piazza d’Italia (Carpi), all’incrocio fra l’autostrada adriatica nord/sud e l’autostrada del Brennero che collega l’Austria ed il nord Europa . Quattro Castella (RE) • Ristorante Albergo “La Madda-

lena” - via Pasteur, 5. Emilio ed Emiliano Montanari accolgono con simpatia ospiti da tutta Italia deliziandoli con salumi parmensi e Parmigiano Reggiano. • Resort B&B “Quattrocolli“ - Via Lenin, 81. Sulla collina tra Parma e Reggio Emilia offre una discreta raffinata ospitalità di lusso San Polo d’Enza (RE) • Ristorante “La Grotta” - via della Resistenza, 2/B. Sulla collina reggiana, fra stalattiti e stalagmiti in grotta con cucina tipica reggiana. Roma • Golf & Country Club “Parco di Roma” - quartiere Cassia, via dei due ponti, 110. Progettista P.B.Dye per un 18 buche “par72” infotel: 06 33653396, direttore architetto Giuseppe Miliè, progettista di campi da golf in tutto il mondo. • Ristorante “Ristovino” quartiere Prati - via Durazzo, 19. Nei pressi dell’emittente televisiva nazionale LA7, è anche caffetteria per ottime colazioni mattutine ed enoteca ben fornita per pranzi o cene che vanno dai tipici piatti romani come gli “gnocchi freschi ai 4 formaggi” a quelli napoletani. Sant’Agata sui due Golfi (NA) • Ristorante albergo “Don Alfonso dal 1890” - corso Sant’Agata, 11/13. Nel cuore della penisola sorrentina si affaccia sul Golfo di Salerno, è considerato tra i primi dieci migliori ristoranti d’Italia, condotto da Alfonso Iaccarino, chef internazionale, che vi ha aggiunto un albergo e la scuola di cucina con showcooking.

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Orsara di Puglia (FG) • “Piano Paradiso” ristorante. Peppe Zullo noto chef internazionale, riceve ospiti da tutto il mondo. Infotel: 0881 964763 Torre Canne (BR) • Masseria San Domenico e Golf Club. Struttura composta dalla prestigiosa masseria San Domenico e da Borgo Egnazia, resort di alta qualità apprezzata anche da importanti clienti arabi e russi e dai divi di Hollywood, è munita di campo da golf a 18 buche fra gli ulivi secolari ed è affacciato sul mare

da Mosca di pellegrini cristiani ortodossi e, nel quartiere Palese hotel Parco dei Principi, di fronte al nuovo aeroporto Karol Wojtyla, modernissimo e dotato di tutti i confort per clientela business, entrambi della famiglia del vicepresidente Federalberghi di Bari, Antonio Vasile. • Villa Romanazzi Carducci - via Capruzzi, 326. Albergo resort elegante e con architettura di prestigio circondata da splendido parco in pieno centro cittadino, diretto dalla famiglia dell’imprenditore ing. Lorenzo Ranieri, è dotato di suggestive sale convegni sparse nel giardino ed offre la cucina del noto chef prof. De Rosa. • Ristorante Terranima - via Putignani. Nella strada delle banche e della movida, è l’unico ristorante che conserva l’architettura antica, dalle “basole” del pavimento alla coorte che ricorda le piazzette degli artigiani dei secoli scorsi (presenti ancora solo nel centro storico) offre l’inimitabile cucina tipica barese, dalle “strascinate alle patate e cozze”, dalle mozzarelle ai dolci caldi con crema “sporcamuss”

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Polignano a Mare (BA) • Resort & SPA Borgobianco - Contrada Casello Favuzzi. Moderni arredi interni in una struttura esterna a masseria, intonacata a calce bianchissima che si specchia su di una immensa piscina con idromassaggio, che compone la “Salus per acquam” insieme al centro benessere interno “Unica”. Cinque stelle meritate come meritata è stata l’elezione a presidente “Associazione Albergatori Polignano” di Roberto Frugis socio e marketing manager. Tel: 080-8870001 • B&B dei Serafini - piazza Vittorio Emanuele, 43. Riduttivo chiamarlo B&B perché si tratta di un eccezionale albergo diffuso nel centro storico della città di Domenico Modugno. Sporgendosi dalle case costruite sulla scogliera a picco sul

Bari • Barialto Golf Club. Storica club house pugliese con importante campo da golf.

• Hotel Boston - via Piccinni, 155. A 5 minuti dal centro storico e dalla Basilica di San Nicola, meta

• Hotel Oriente, nel centralissimo Corso Cavour al numero 32, un 4 stelle di lussuosa eleganza, ospita da gennaio 2013 la Golf Club House “Porta d’Oriente”, punto d’incontro al Sud Italia di giocatori ed eccellenze della moda e dell’enogastronomia.

• Radicci Automobili S.p.A. - Via Amendola, 146. Concessionaria Ferrari e Maserati per il Sud Italia ora Concessionaria anche per la dorsale adriatica con la nuova sede di Ancona. Il Gruppo Radicci a Bari, è anche prestigiosa Concessionaria Jaguar e Land Rover.


mare sembra proprio di ascoltare “Volare” o “Nel blu dipinto di blu” onde sonore che da Polignano hanno raggiunto ogni angolo del globo. Putignano (BA) • Proloco - piazza Plebiscito,1. Nel centro storico della città patria degli abiti da sposa e del Carnevale più antico e lungo del mondo. • Fondazione Carnevale di Putignano. via Conversano, 3. • Osteria “Chi va piano” - Via Monache, Putignano, 0802373445 - cell. 3932378898. In un vicolo nascosto di Putignano, Stefano Guglielmi, ex macellaio, ha creato una locanda di eccellenza. Con il suo staff cucina solo teglie di terracotta in un enorme camino utilizzando solo eccellenze enogastronomiche fresche di giornata. Il suo motto è “cibo e vino per andare lontano”.

• B&B “San Domenico” - Estramurale a Levante, 4 - 70017 Putignano (BA) - Cell. 3332284769 - info@bebsandomenico.com. La struttura è in un angolo pittoresco della città, a pochi passi dalla Chiesa di San Domenico con vista sul campanile,

nei pressi di Porta Barsento e dell’interessante centro storico. La struttura è gestita in maniera esemplare da Vincenzo Gigante: la sua gentilezza e le sue attenzioni vi metteranno a vostro agio, facendovi sentire in famiglia. • Agenzia Viaggi Netti - via Tripoli, 63. La signora Netti organizza viaggi in tutto il mondo, pur in tempi del “fai da te via internet”, con una costante ricerca del prezzo più basso col massimo della qualità e della garanzia, facendo inoltre incoming turistica in Puglia con educationals tours, showcooking ed itinerari guidati in posti unici ancora sconosciuti ai grandi tours operators. Noci (BA) • Ristorante “L’antica Locanda” - via S.Santo, 49. In una “gnostra” del centro storico meta di turismo internazionale a novembre per “Bacco nelle gnostre”, di Pasquale Fatalino, chef noto in trasmissioni RAI, che prepara orecchiette con fave e cime di rape ed incantevoli braciole di carne al sugo. in-

Da sinistra: Ignazio Capasso (imprenditore nel campo della plastica), Saverio Buttiglione, lo chef Pasquale Fatalino e Pino Sguera (Presidente di Teleregione) davanti al ristorante Antica Locanda di Noci

dimenticabili come dimostrato dai personaggi del mondo dello spettacolo che lo raggiungono apposta in ogni momento dell’anno.

• Ristorante “Il falco Pellegrino” in località Montedoro a Noci, immerso nella campagna della Murgia pugliese, fra antiche masserie, nel quale lo chef Natale Martucci prepara primi indimenticabili, secondi di pesce fresco o tagliate di manzo podolico, con attenta scelta dei migliori vini regionali.

Conversano (BA) • Ristorante “Savì” - via San Giacomo. Condotto dallo chef Nicola Savino, già chef a Dallas dove ha servito al presidente Bush ed al famoso cantante Frank Sinatra le polpette al sugo pugliesi. Qui ha inventato le crepès pugliesi, panzerottoni (dolci o salati) ripieni di leccornie regionali. Turi (BA) • Ristorante “Menelao” - via Sedile, 46. A Santa Chiara in un palazzo signorile del 1600 nella cittadina custode dell’”oro rosso”, la Ciliegia Ferrovia. Aperto da Michele Boccardi che dopo la laurea in economia e commercio e l’abilitazione di commercialista è diventato Marketing Manager alla Scuola di Economia & Turismo di Londra. Visto il successo ottenuto dall’aver trasformato

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la masseria fortificata di famiglia “Menelao”, sulla strada per Rutigliano, in eccellenza per la banchettistica, i ricevimenti, le cene di gala ed i meeting, con “Santa Chiara” affronta la sfida della cucina di alta classe internazionale. Dispone di un’ottima cantina di vini ed offre prodotti tipici, sia nazionali che d’oltremare, dai cappelletti con cicoriella campestre su letto di fave alla costata di manzo podolico della Murgia non disdegnando però il salmone Balik norvegese o la costata di manzo della val di Chiano della Toscana. Infotel: 080-8911897. Castellana Grotte (BA) • “Palace Hotel Semiramide” via Conversano. Affascinante albergo immerso nella natura, accanto al parco dei dinosauri in cartapesta, ospita anche la sede italiana dell’Università Europea per il Turismo, a cinque minuti dalle famose Grotte che richiamano visitatori da tutto il mondo per gli affascinanti percorsi carsici sotterranei lunghi chilometri, famose per le eccezionali stalattiti e le stalagmiti della “grotta bianca”. • Ristorante e braceria “Le Jardin Bleu Belle” - via Firenze. Affascinante struttura in legno costruita su quella in pietra dell’antico bar della villa comunale, creandone un unico ambiente che guarda dalle vetrate le cime degli alberi che la circondano mentre si gustano squisiti piatti tipici pugliesi. Alberobello (BA) • Ristorante “Casanova” - via Monte San Marco, 13. Ricavato in un antico frantoio ipogeo sotterraneo in pieno centro fra i trulli patrimonio UNESCO. I soci Ignazio Spinetti (presidente

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sostenibile. Questo GAL comprende i comuni di Alberobello, Putignano, Castellana Grotte, Turi, Sammichele, Noci, Gioia del Colle.

Associazione Ristoratori Alberobello) e lo chef Martino Convertino offrono l’ottima cucina tipica pugliese indescrivibile a parole perché semplicemente da gustare in silenzio. • Museo del vino Antica Cantina Albea - via Due Macelli, 8. Unico completo museo del vino pugliese produce vino anche per il Vaticano, è la storica cantina che prima dell’unità d’Italia inviava, dalla vicina e collegata stazione ferroviaria, i propri vini per tagliaree migliorare quelli di Bordeaux in Francia. Produce “Lui” negramaro in purezza affinato in barrique primi 12 mesi. • Condotta Slowfood “Alberobello e Valle d’Itria” - via Sisto Sante, 5. Fiduciario Francesco Biasi, promotore dei presidi “salame Capocollo di Marina Franca” (ingrediente delle famose “bombette”), “Cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti” e “Pomodorino di oasi protetta Torre Guaceto”. • GAL Terra dei Trulli e di Barsento - Via Bligny, 23. Il primo Gruppo di Azione Locale fra quelli in cui, per zone omogenee, è stata diviso il territorio d’Europa, ad essere partito operativamente con gemellaggi in tutto il continente. I GAL sono un’iniziativa UE, che li finanzia col programma “Leader”, al fine di valorizzare le potenzialità dei territori integrando produzioni agricole, artigianali e di piccola industria per uno sviluppo

Andria (BAT) • Ristorante “Antichi Sapori” contrada Montegrosso. Pietro Zito importante chef internazionale offre la cucina tradizionale pugliese e le antiche erbe ed ortaggi riscoperti e curati nell’immenso orto che ha costruito e nel quale lavora tutta la contrada.

• Cantina Rivera con annessa sala di degustazione, condotta dal presidente di “Movimento Turismo del Vino” Sebastiano De Corato, produce il famoso “Falcone Rivera”. Corato (BA) • Cantina Torrevento condotta dal prof. Francesco Liantonio presidente della “Strada dei vini Castel del Monte” guarda lo splendido maniero ottagonale dell’imperatore Federico II di Svevia “Stupor Mundi” patrimonio UNESCO, dove produce eccellenti vini. Crispiano (TA) • Masseria Resort “Quis Ut Deus”. Una delle inimitabili “Cento Masserie di Crispiano”, affascinanti masserie in pietra e tufo, ristrutturate per resort di livello e aziende agricole di prodotti tipici quali olio extravergine d’oliva e prodotti caseari.


Fasano (BR) • Tenuta Monacelle - Selva di Fasano. Antico monastero di monache del 1700 fatto di trulli, ognuno adibito a stanza d’hotel, con affianco parco nel quale sono ricavate modernissime stanze d’albergo costruite in tufo. Si affaccia dal monte Selva sui sei milioni di ulivi secolari che lo distanziano dal mare di Fasano. Savelletri di Fasano (BR) • Masseria Resort Torre Coccaro - contrada Coccaro, 8. Infotel.:080 4827992. Bianca e splendida sul mare, antica torre

di avvistamento della linea difensiva dalle scorribande dei Saraceni del XVI secolo, che andava dal Gargano al “finibus terrae” Santa Maria di Leuca. Non ci sono parole per descriverla, guardare sul web! La stessa famiglia Muolo possiede la collegata Masseria Torre Maizza infotel: 080 4827838. Un hotel a 5 stelle con campo da golf 9 buche executive “par27” costruito fra gli ulivi secolari ed affacciato sul mare. A Coccaro Golf Club il 4 novembre, festa della Vittoria dell’Italia nella grande guerra, l’Apulia Golf District dell’architetto Giuseppe Germano e Do You Golf di Ester Monacelli hanno organizzato per il Circuito “Eccellenza di Puglia 2012” la 2a edizione della gara Pitch&Putt, 18 buche stableford con 18 squadre e 36 giocatori.

Il buffet preparato dagli chefs della struttura è stato inimitabile. Masseria Torre Coccaro è risultata per il 2012 tra i migliori 10 Beach Hotel nella classifica di “Conde Nast Travel”. Ostuni (BR) • Grand Hotel Masseria Santa Lucia SS.39, km 23.5 località Costa Merlata. Incantevole resort sul mare sotto la città bianca di Ostuni, diretto da Bartolo D’Amico, presidente ADA Puglia, associazione direttori d’albergo. Cellino San Marco (BR) • Cantina Tenuta Albano Carrisi. Prestigioso albergo e ristorante ricavati nella masseria del padre del famoso cantante, don Carmelo, che da il nome al vino più prestigioso qui prodotto. • Cantina Due Palme. Con avveniristica sala convegni ricavata nella bottaia produce vini ormai famosi nel mondo e vincitori di primi premi al Vinitaly di Verona come il “Selva Rossa”. Salice Salentino (BR) • Cantina Conti Leone De Castris. Cantina ricavata nel palazzo dei conti Leone De Castris, dove è nato il primo vino rosè del mondo settant’anni fa,il “Five Roses”. E’ annessa al prestigioso albergo e ristorante di proprietà della famiglia. Lecce • Acaya Golf Resort - Strada per Acaya, km.2 località masseria S.Pietro. Infotel: 0832 861385. Splendido campo da golf rivisto e ristrutturato, anche agronomicamente, dallo studio di architetti “Hurdzan

Fry” per un 18 buche “par71” di 6192 metri, con ben sette ettari di specchi d’acqua, accanto al “Castello di Acaya”, costruito seguendo le nuove esigenze fortificatorie dell’epoca dovute all’affermarsi delle armi da fuoco ed ora esempio di moderno restauro. L’albergo resort della catena Hilton è costruito nel ricordo stilistico degli antichi monasteri con una grande piscina esterna ed un’importante SPA di ben 1200 metri quadri. Bari • Eataly Bari - Lungomare, ingresso monumentale Fiera del Levate: Oscar Farinetti ha voluto portare in Puglia Eataly per il sudItalia, affittando e ristrutturando la parte monumentale della Fiera del Levante, facendo affacciare i ristoranti sul lungomare di Bari, offrendo nel capoluogo pugliese le migliori specialità enogastronomiche italiane, così come Eataly fa ormai in tutto il mondo.

Oscar Farinetti tra il Presidente del Consorzio DOP Pane di Altamura Giuseppe Barile ed il direttore Saverio Buttiglione

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Miss Slow Economy della Redazione

Alessandra Leone

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el mese in cui si stappa il Vino Novello, la Miss Slow Economy è Alessandra leone, giovane donna milanese ora imprenditrice in Puglia con la Cantina Vinicola “Tenuta Ripa Alta”, lei si presenta così: “Sono nata e vissuta a Seregno vicino Milano e nel 2007 ho vinto un finanziamento europeo per giovani agricoltori ed in Puglia avevamo ereditato dei terreni dal nonno. Nel 2011 terminata l’Università ho iniziato a lavorare a Milano come disinfestatrice, avendo la fortuna di farlo col miglior esperto italiano per le bed bug, il lavoro andava così bene che siamo diventati famosi tanto che mi hanno offerto di lavorare a Londra. Ma nel frattempo era iniziata

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la costruzione della mia azienda al Sud e mio padre, ormai pensionato, si era trasferito in Puglia per avviarla. A fine maggio 2013 ho fatto le valigie per andarlo ad aiutare rendendomi subito conto che mio padre da solo non ce l’avrebbe potuto fare, quindi ho deciso per un mio definitivo trasferimento. Il mio socio di Milano è rimasto solo e la cosa ha creato dissidi fra noi, il mio ragazzo non voleva trasferirsi per venire con me e ci siamo lasciati, sopratutto sono rimasta

senza i miei più cari affetti, mia madre sopratutto, ma anche mio fratello, mia nonna e tutti i parenti ed amici. Naturalmente i problemi iniziali in un territorio nuovo che frequentavo in un altro clima,


quello spensierato delle vacanze, con una mentalità che rispetto ad altre parti della Puglia è ancora molto chiusa, sono stati enormi ed io non sono stata aiutata dalla mia inesperienza e ingenuità. La mancanza di mia madre che da sempre è stata la mia migliore amica, insieme ad inediti problemi di conduzione dell’azienda mi hanno spaventata come chiunque ha di fronte un futuro ignoto senza certezze e punti fermi. Adattarmi a vivere in una città come Cerignola, abitata da persone con una mentalità estremamente diversa dalla mia è stato veramente difficoltoso. Un pò di serenità è arrivata con la prima vendemmia dopo di chè abbiamo inviato i nostri primi vini alle guide specializzate, riuscendo ad ottenere risultati incoraggianti con conseguente

notorietà. Purtroppo però la seconda vendemmia invece è stata disastrosa a causa di una malattia delle piante che ci ha fatto perdere l’80% dell’uva, ciononostante mi sono fatta coraggio da sola e iniziando a fare esperienza, ho voluto usare per il mio marketing i social media in rete. Così ho fatto amicizia con esperti del settore vitivinicolo che mi hanno indirizzano sulla strada giusta. L’obiettivo aziendale mi è sembrato sempre più chiaro ed ho voluto cambiare l’enologo scegliendone uno con maggiore esperienza, inoltre ho deciso di sperimentare solo prodotti biologici, perciò contestualmente il nuovo piano di sviluppo ha avuto come “mission” il Vegano ed il Biologico. Ora finalmente abbiamo fatto le prime vendite sul mercato estero, in Francia ed in Svizzera, e grande soddi-

sfazione personale l’ho avuta quando il mio “moscato” è stato premiato “Terzo miglior Vino dolce di Puglia dell’anno 2015”. Ma nonostante questi gradevoli risultati professionali il lato affettivo era difficile per il carattere duro di mio padre, perciò la mancanza di mia madre è stata sempre più insopportabile e la stanchezza e la voglia di lasciare tutto diventava sempre più forte, ma è accaduto un piccolo personale miracolo: la domanda di trasferimento lavorativo fatta da mia madre è stata accettata e ha trovato lavoro proprio a Cerignola ..... naturalmente ho pianto dalla gioia e mi sono immediatamente rincuorata. Si è trasferita da Milano in Puglia con mia nonna Emma e subito le cose hanno iniziato a migliorare … tutto Il resto è ancora da scrivere, guardo il futuro con ottimismo”

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della Redazione

Miss Slow Economy

Lisiane Gobicchi

N

ei palinsesti RAI di ottobre, finite le vacanze, è ritornata in onda la seguitissima trasmissione L’EREDITA’ condotta da Fabrizio Frizzi è si è distinta in maniera incisiva la campionessa di appena 24 anni Lisiane Gobicchi di Roma, per cultura di base (ha frequentato il liceo classico) e per maturità di carattere che speriamo sia di esempio per tutti i giovani italiani. Già laureata in filosofia, sin da bambina amava scrivere ed infatti il suo sogno del cassetto sarebbe il Nobel in Letteratura, glielo auguriamo di cuore. Ha vissuto negli Stati Uniti d’America ed ha vinto concorsi di scrittura in italiano, inglese e francese.

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Sportiva in tutti i sensi pratica Body Building, Wind Surf e atletica avendo corso anche le maratone. Dai lunghissimi capelli a riccioli biondi sembra una madonna del Rinascimento fiorentino, la sua vicinanza all’arte la esprime anche suonando il pianoforte e cantando.


Puoi tornare a sorridere... in un solo giorno! La mancanza dei denti può avere un notevole impatto sull’autostima e sulla qualità di vita. Una dentiera può alleviare solo in parte questo disagio. Le protesi mobili causano nel tempo perdita ossea, un problema che potrebbe progredire e comportare una diminuzione della stabilità della dentiera stessa. Fortunatamente, l’odontoiatria moderna offre una soluzione semplice e definitiva per fissare la protesi in modo saldo e resistente. Rivolgiti con fiducia al tuo dentista e chiedigli di parlarti del trattamento originale All-on-4®. Potrai scoprire come compiere il primo passo per recuperare la normale funzionalità e ottenere un sorriso capace di trasmettere sicurezza.

Visita il sito internet www.allon4nobel.it oppure invia una e-mail all’indirizzo communication.italy@nobelbiocare.com

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Comune di Bari

Regione Puglia

Organizzazione

Media Partner

Con il Patrocinio di

Extra Virgin Olive oil & Wine International Week 2016

“ExtraDiVino” è un programma di marketing territoriale realizzato insieme a Milano Slow Economy e al Comune di Bari con il supporto di Regione Puglia

ASA Comunicazione


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