SLOW ECONOMY 18

Page 1

ANNO 5 - NUMERO 18 - Maggio / Giugno 2018

Tutti al Cibus per difendere il Made in Italy

anche su YouTube

Comune di Bari

Progetto realizzato con il contributo della Regione Puglia - Area Politiche per lo Sviluppo Rurale


2 www.pasquariellopubblicita.it


Sommario 4

8 22

30 34

38 40

44 54

66 Slow Economy - Golf in Tour gustando Moda, Agroalimentare e Turismo Anno 5 - Numero 18 - Maggio/Giugno 2018 - Reg. Tribunale in corso Direttore Responsabile: Stefano Masullo Direttore Editoriale: Saverio Buttiglione - Art Director: Daniele Colzani

FB: SlowEconomy - www.issuu.com/SlowEconomy - Youtube: Extra DiVino

3


di Stefano Masullo

Editoriale

Come l’enogastronomia influisce sulla scelta del viaggio

I

l turismo enogastronomico piace e cresce con trend deciso: un italiano su tre ha svolto almeno un viaggio motivato dall’enogastronomia negli ultimi tre anni. Già si era toccato il 21%, come rilevato dal Food Travel Monitor 2016. Ma ora i turisti enogastronomici salgono al 30%. Un dato che dichiara come l’enogastronomia sia passata da un ruolo “accessorio” a componente in grado di influenzare le scelte di viaggio. E la Toscana risulta la destinazione “top” per gli italiani. È una delle principali evidenze che emergono dal “Primo Rapporto sul turismo enogastronomico italiano”, presentato a Milano. Lo studio traccia un quadro sul settore e delinea le tendenze di un segmento in forte crescita in tutto il mondo. Sotto l’egida dell’Università degli studi di Bergamo e della

4

World Food Travel Association, con il patrocinio di Touring Club, Ismea Qualivita, Federculture e la collaborazione di Seminario Veronelli e The Fork- TripAdvisor, Roberta Garibaldi, esperta a livello nazionale e internazionale di turismo enogastronomico, ha coordinato l’Osservatorio e ha promosso la ricerca. « Questo lavoro - spiega - mette a fuoco un trend in forte ascesa. Risulta sempre più evidente come la “gastromania” stia condizionando la scelta dei viaggi. Troviamo un rafforzamento su ogni fronte: ora gli italiani si muovono anche per cercare esperienze legate al cibo e al vino. Un atteggiamento sempre più simile a quello di molti stranieri”. Chiude il rapporto una sezione con il profilo del turista enogastronomico internazionale, la situazione nei principali Pa-

esi del mondo e le best pratice estere. In vacanza, essi manifestano il desiderio di conoscere e sperimentare l’enogastronomia in tutte le sue sfaccettature: durante la vacanza partecipano a un’ampia varietà di esperienze, anche molto differenti tra loro. Le esperienze food più popolari, dopo

Il Direttore Responsabile di Slow Economy, Prof. Stefano Masullo


il mangiare piatti tipici del luogo in un ristorante locale (indicata dal 73% dei turisti), sono visitare un mercato con prodotti del territorio (70%) e comprare cibo da un food truck (59%). Forte è pure l’interesse verso il beverage, non solo vino, ma anche birra locale. Nonostante l’interesse sia molto alto, il mercato mostra ancora ulteriori margini di crescita. Esiste un gap fra le esperienze desiderate ed effettivamente fruite, molto ampio nel caso di proposte quali andare alla scoperta di cibo con un esperto enogastronomico (40%) e partecipare a un viaggio enogastronomico di più giorni organizzato da un’agenzia di viaggio o da un tour operator (36%). Infine, gli italiani all’estero: anche se desiderano conoscere le tradizioni culinarie del Paese in cui si recano, ci sono prodotti a cui non vorrebbero rinunciare: sono i grandi classici, pasta, pizza,

vino italiano e caffè. La regione più desiderata dai turisti italiani è la Toscana, ma si riscontra un forte interesse per il Sud, in primis Sicilia e Puglia. Molte regioni hanno un potenziale inespresso e non vengono percepite come mete enogastronomiche rilevanti, nonostante siano ricche di eccellenze. Lombardia, Piemonte e Veneto, ad esempio, vantano un’offerta che in termini numerici si colloca immediatamente dietro alla Toscana. Emergono, quindi, opportunità di miglioramento nella visibilità di questi luoghi. Nei primi due mesi del 2018 l’industria alimentare italiana è cresciuta del 4,9%, contro un aumento della produzione totale nazionale del 3,4% . Non solo la produzione

dunque continua a crescere, dopo aver messo a segno lo scorso anno un fatturato di 137 miliardi (+3,8% rispetto al 2016), ma cresce anche l’export, vero motore dello sviluppo del settore . Dopo l’aumento del 6,3% registrato nel 2017, con

5


vendite all’estero pari a 31,9 miliardi di euro per il 2018 è attesa una crescita delle esportazioni italiane attorno al 5,6% , una percentuale più che lusinghiera, segno che l’agroalimentare italiano non si aspetta poi grossi contraccolpi dalla guerra commerciale in corso fra Stati Uniti e Cina. Se la domanda proveniente dal mercato interno rimane pressoché stagnante, tanto che per il 2018 si stima un rialzo nell’ordine dello «zero virgola», le aspettative del comparto sono tutte sui mercati internazionali, che già oggi assicurano quasi un quarto del fatturato del comparto. E crescono: negli ultimi dieci anni l’export agroalimentare italiano ha fatto un balzo del 75,7%, contro un aumento delle esportazioni dell’industria italiana nel suo complesso del 24%. Il futuro del comparto è sempre più nell’export, come dimostra anche la crescita del 12,8% messa a segno dall’agroalimentare italiano nei primi due mesi del 2018 e per Cibus , manifestazione di punta del settore , organizzata da Fiere di Parma e da Federalimentare, giungeranno i buyer dei Paesi dove il made in Italy sta crescendo di più , come Russia, Cina, Spagna, Stati Uniti ; ma anche Polonia, Corea del Sud, Giappone e nell’ edizione di quest’anno , per la prima volta si registrerà persino la presenza del colosso francese Auchan» . La 19esima edizione di Cibus si svolge in concomitanza con Macfrut, la fiera internazionale dell’ortofrutta a Rimini dal 9 all’11 maggio e questa sarà un’occasione per impor-

6

tanti sinergie proprio sul fronte dei buyer esteri . Infatti per l’export del settore ortofrutticolo made in Italy il 2017 è stato l’anno del record storico, con le vendite sui mercati internazionali che per la prima volta hanno superato il tetto dei 5 miliardi di euro. Il dato ufficiale è di 5,1 miliardi, il 2,5% in più rispetto al 2016, e pone l’ortofrutta al secondo posto dell’agroalimentare italiano più esportato nel mondo. Solo il comparto del vino ha fatto meglio, con 6 miliardi di euro di export. I dati - fonte Ice - sono stati snocciolati ieri alla presentazione dell’edizione 2018 di Macfrut, la fiera internazionale dell’ortofrutta che verrà ospitata a Rimini dal 9 all’11 di maggio, in contemporanea con Cibus di Parma, con il qua-

le ha stretto una partnership strategica per la gestione sinergica delle missioni dei buyer esteri (si veda l’articolo sopra). Dei 5,1 miliardi incassati l’anno scorso dall’Italia, 3,7 sono andati alla frutticoltura, mentre il resto è rappresentato dalla quota orticola. I primi dieci Paesi destinatari dei prodotti italiani sono tutti in Europa - che rappresenta il 94% del nostro export ortofrutticolo - con la Germania ad assorbire quasi la metà del prodotto e una crescita del 5,8%; seguono la Francia con il 14% del totale (cresciuta del 9,5%) e l’Austria (con una quota pari all’8%). Il Paese dove si è registrata la migliore performance dell’export italiano è stato la Spagna, che ha messo a segno un aumento del 12,8%,


seguita dalla Polonia con un +11,5%. Per quanto riguarda la produzione, nel 2017 sono state prodotte in Italia circa 18,4 milioni di tonnellate di or-

tofrutta destinata al consumo fresco, il 3% in più rispetto al 2016. Macfrut, organizzata da Cesena Fiere a Rimini , prevede l’ arrivo di 1.100 espositori di cui il 25% esteri - il 40% in più nell’arco degli ultimi quattro anni - con una forte partecipazione dall’Est Europa, dal Golfo Persico, dall’India e dal Sudest asiatico. Partner regionale dell’edizione 2018 sarà il Veneto, mentre quello internazionale sarà la Colombia: il Paese sudamericano produce oltre 9 milioni di tonnellate di ortofrutta e alle imprese italiane mette a disposizione incentivi e terre in cambio di nuove tecnologie. Sono previste anche le presenze istituzionale delle Regioni Emilia Romagna (che si dedica all’incoming di buyer cinesi), Sicilia, Basilicata, Calabria, Campania, Piemonte e Puglia. A selezionare i partner internazionali ha partecipato anche l’Ice, che nel 2017 all’agroalimentare ha riservato 40 dei 176 milioni di euro del

Piano straordinario per il Made in Italy. Nel’anno del cibo italiano nel mondo a Cibus «saranno presenti 3.100 espositori, cento in più dell’edizione 2016 per ospitarli s è dovuto costruire a tempo di record un nuovo padiglione temporaneo in tensostruttura. Rispetto ai 72mila visitatori della passata edizione, quest’anno si dovrebbe superare quota 75mila presenze». Mille i nuovi prodotti che saranno esposti a Parma, il cui elenco verrà pubblicato a fine aprile sul sito Cibus.it. Una selezione dei 100 prodotti più innovativi sarà esposta nel Cibus Innovation Corner, una nuova area espositiva della manifestazione. I convegni si concentreranno sui temi della ricerca scientifica e dei consumatori internazionali, e sarà inoltre presentato anche l’Osservatorio Alimentare, una nuova piattaforma digitale dedicata al settore agroalimentare italiano.

7


di Saverio Buttiglione

Punti di vista

8

Quando l’Uomo non decide più: Umani ultima serie

U

n prodotto della chimica biologica espresso dalla natura di questo pianeta evolutasi in milioni d’anni è quello della specie vivente ora predominante, l’unico animale che ha evoluto il suo cervello e la sua funzione primaria che è l’intelligenza al punto tale da aver cognizione di se stessa e di “pensare il proprio pensiero”, la specie umana. Duemila anni fa i pochi milioni che abitavano la Terra la pensavano piatta e guardavano al cielo come il loro futuro oltre la morte, considerandolo il luogo dove vivessero gli Dei che avrebbero accolto la nostra parte metafisica, immaginata come anima senza la materia

del corpo che l’esperienza mostrava fragile e decomponibile per sempre, nonostante i Faraoni in Egittto si fossero ostinati ad imbalsamarlo sperando di portarselo dietro nell’aldilà. Poi arrivò un profeta per molti, il Dio fatto uomo per i suoi adepti, Gesù di Nazareth, che confermava l’esistenza di un unico Dio creatore del tutto, cielo compreso, come da tempo predicava la sua gente, quella nata nei luoghi di Israele. Gesù fu certamente un uomo rivoluzionario, comprendendo come l’umanità non avrebbe avuto futuro se fra i suoi membri non si fosse istaurata una filosofia di pace e sinergia, tesa soprattutto al mutuo soccorso reci-

Il Direttore Editoriale di Slow Economy, Saverio Buttiglione

proco. Per 2.000 anni il contributo che ha dato il pensiero cristiano alla specie umana nel progresso delle sue capacità intellettuali, pur attraverso innumerevoli contraddizioni (ba-


sti pensare che alle condanne di eresia comminate “poco fa, appena qualche secolo” a Galileo Galilei per essersi permesso di immaginare che fosse la Terra, tonda, a girare intorno al Sole e non viceversa), grazie alla sua filosofia, arte ed etica, è stata fondamentale. Ma a fine del 1.800 ed inizi del secolo scorso la mente umana è riuscita a sviluppare le scienze con scoperte della fisica e della matematica così importanti che tradotte in tecnologia hanno comportato la cosidetta “rivoluzione industriale” che pur portando enormi benefici nella vita quotidiana di molti ha cominciato prima lentamente e poi in maniera sempre più veloce, direi esponenziale se guardiamo ai nostri ultimi anni se non mesi, a trasformare incisivamente la Natura del Pianeta che ci genera tutti. Mille anni fa, come se il bilancio del genere umano vada fatto ogni millennio, l’umanità del mondo occidentale ritenne che ci sarebbe stata la fine del mondo, perché così avrebbe deciso il Dio immanente come era stato profetizzato, ed i millennials nati dopo l’anno 1.000 si ritennero miracolati per esserci ancora. Diciotto anni

fa, quando avevamo già integrato il controllo di molte funzioni sociali fondamentali con l’uso dei computers, per un errore di calcolo matematico nella datazione di queste macchine, aspettavamo con angoscia una paralisi mondiale dovuta al cambio di orario alla mezzanotte del 31 dicembre (Il Millennium bug, conosciuto anche come Y2K bug o Year 2000 problem, in italiano baco del millennio, è il nome che è stato attribuito ad un potenziale difetto informatico (bug) che si manifestò al cambio di data della mezzanotte tra il venerdì 31 dicembre 1999 e il sabato 1º gennaio 2000 nei sistemi di elaborazione dati, sia perso-

nal computer che grandi elaboratori (mainframe) e controllori di processo dedicati embedded. Anticipato da molto scalpore dai media, e da altrettanto allarmismo da parte dell’opinione pubblica, il problema si rivelò poi di minor portata del previsto e piuttosto circoscritto, nonostante e grazie alle misure di precauzione adottate). Non successe nulla di grave come ritenevo io essendo stato fra i pionieri dell’informatica come programmatore/sistemista e capocentro nel CNI – Consorzio Nazionale Informatica ma fu un campanello d’allarme per il futuro. Questi millennials, nati da allora in poi, invece potrebbero realmente essere gli ultimi, li (e ci) definirei “Umani fine serie”, perché ormai sembra scontato che nati nell’era digitale, completamente immersi nell’uso della rete internet e nei suoi derivati socials, nati appunto nel cosidetto post moderno seguito al post industriale di fine secolo scorso, senza neppure rendersene conto si trovano immersi nella

9


“società liquida” teorizzata da Baumann ed all’inizio del post umanesimo e della post natura, con un futuro quasi immediato, probabilmente prima della fine di questo secolo (nei prossimi dieci anni addirittura), di connubio tra AI (macchine con intelligenza artificiale) e biogenetica. Lo stato attuale della tecnoscienza mi sembra analizzata nitidamente dal sociologo e filosofo Edgar Morin all’alba di questo millennio, che fotografa questo primo tratto di strada che abbiamo imboccato verso il “salto antropologico” quando dice: “L’umanità è ancora in rodaggio ma siamo già nelle vicinanze della post-umanità. L’avventura che ci attende è più che mai ignota”. Intelligenza artificiale,

10

bioingegneria e robot sono la nuova frontiera ed i metre à penser di sempre, i filosofi, si dividono tra apocalittici e visionari interpellandosi su cosa ne sarà della specie umana. Fa riflettere lo scandalo dei BigData, la cui punta d’iceberg è stata la notizia della vendita di 60 milioni di profili facebook alla società commerciale Cambridge Analithica, che oltre ad analizzare usi e costumi se non modo di pensare degli utenti (che ignari di ricevere un servizio social gratis in realtà compiono alla loro iscrizione una transazione barattando le informazioni personali postate con l’autorizzazione a trattarle a fini commerciali, per esempio traducendole poi in banners pubblicitari personalizzati ) ne

ha trattato le informazioni di privacy ricevute anche a fini elettorali ponendo seri problemi sulla cosidetta “democrazia diretta” andando ben oltre l’ormai obsoleta prassi dei politici di seguire la “pancia” della massa consultando le sue istanze coi “sondaggi” a campione per poi regolarsi su cosa promettere in campagna elettorale (perché ormai si riesce anche a condizionare le scelte politiche degli elettori “socials” anche con la diffusione ad arte di “fake news”). Ma un’altra profilatura, molto più pericolosa, si va delineando a complemento della prima, è il profilo genetico dove il “cliente” addirittura paga (fornendo dati sul proprio DNA) per comprare il kit che consente di estrarre campioni


di genoma da spedire per essere analizzato, al fine di conoscere a quali malattie ereditarie si è soggetti, per cui tutto comincia a fini come sempre benefici, per indagini mediche a scopo di prevenzione, ma le informazioni ricavate restano archiviate in banche dati digitali che nemmeno conosciamo. Per esempio in Sardegna sono stati prelevati campioni di genoma dalla popolazione fra le più longeve al mondo ed in seguito si è scoperto che la banca dati sì realizzata era stata trafugata. Senza controllo della privacy questa pratica potrà permettere ai datori di lavoro d i

escludere dalle selezioni di assunzione persone affette da malattie genetiche gravi oppure consentirà alle assicurazioni di negare a questi ultimi contratti di previdenza se non a costi molto più alti dei premi assicurativi in contratto. Un altro esempio di come siamo ormai sulla strada della schiavitù umana nei confronti della Rete è quella della nuova moneta BitCoin, denaro virtuale senza nessun controllo di nessuna autorità finanziaria o bancaria, bella ed utile in teoria perché identificata come misura di baratto libera, subdola nella pratica e soprattutto a rischio continuo sia di manipolazione che di furto, grazie alla bravura dei nuovi hakers tecnoinformatici. Quand’ero anch’io un

informatico e computerizzavo con la IBM studi di ingegneri o di commercialisti, o quando informatizzavamo enti pubblici come cliniche oppure il grande Acquedotto Pugliese, c’erano le usuali ostilità degli utilizzatori come sempre ad abbandonare le vecchie pratiche manuali in favore del “progresso”, oggi posso pensare che non avessero tutti i torti. Non molti anni fa mi trovai in vacanza a Firenze ed a Boboli c’era la mostra IBM sull’Intelligenza Artificiale che muoveva i primi passi, la cosa mi affascinava e soprattutto rimasi stupito nel vedere esposti dei totem che avevano degli schermi televisivi dov’era possibile interagire con le

11


dita, era il touchscreen, una nuova meraviglia, sconosciuta nel momento in cui per telefonare a qualcuno bisognava recarsi ad una cabina pubblica. Oggi siamo tutti interconnessi coi nostri smartphone touchscreen, persino nel deserto o al polo nord, oppure in treno e perfino in chiesa, tanto che mi sembra sia passato un secolo da allora. Ma i nuovi supecomputers che immagazzinano i nostri dati nel momento in cui avranno anche la funzione della AI potranno apprendere da soli con l’esperienza esattamente come abbiamo sempre fatto noi umani per evolvere la nostra intelligenza, a quel punto avranno nei loro circuiti tutto il sapere (la cultura) del genere umano e potranno decidere autonomamente se utilizzarla o meno, progredendo senza aver

12

più bisogno di noi. Utilizzeranno per i loro circuiti un involucro (un corpo) bioingegnerizzato, probabilmente fatto con materiali molto più resistenti al degrado del materiale biologico di cui è costituito il nostro corpo (per esempio gli stessi materiali che stiamo utilizzando nelle innovative protesi che sostituiscono nostri organi o membra malati), ed avranno quasi sicuramente anche gli stessi movimenti spaziali che hanno i nostri arti. In aggiunta (sarà il passo successivo alle attuali automobili in grado di muoversi senza guidatore) saranno in grado anche di alzarsi in volo, realizzando la profezia fantascientifica del film “Blade Runner”. In quel momento dopo le fasi post/industriale, post/ moderno e l’accoppiata post/ umano e post/natura, sarà arrivato il periodo della post/cultura, l’ultimo che ci riguardi, perché chissà se a questi replicanti importerà qualcosa di esser stati generati proprio dagli esseri umani

che saranno in grado di sostituire e se sarà loro utile usufruire della nostra cultura evolutasi in millenni di storia umana. La filosofia del nostro “Slow Economy” è nata quando mi era parso evidente che la finanza veloce (fast), era governata dai supercomputers in grado di transazioni realizzate in pochi nanosecondi, e dopo l’epidemia finanziaria globale iniziata 10 anni fa negli USA coi mutui subprimes, aveva infettato anche l’economia reale rendendo fast (veloce) anch’essa, ma scollandosene quasi del tutto quando invece per sua natura dovrebbe esserne in simbiosi appunto “finanziandola”. Slow Economy ha voluto sempre incentivare certamente un nuovo futuro economico, ma pianificato da un nuovo punto di vista. Proprio prendendo spunto da


quella crisi epocale, più lento trascurando quale unico totem l’aumento del consumismo ad ogni costo, ma conservando la componente umana in maniera prioritaria rispetto a quella tecnologica nelle produzioni, utilizzando le nuove tecnologie ecocompatibili conservando però dal passato natura ed ambiente che sono la nostra culla. Nella produzione di manufatti, per esempio continuando a trasformare in cibo, con innovative tecnologie, le materie prime frutto di biodiversità e tipicità locali evolutesi in milioni di anni, oppure conservando gli usi artigianali nella costruzione degli abiti che indossiamo, sia pure utilizzando tessuti tecnologicamente avanzati (penso a quelli contenenti microchips che li rendono smart ed interconnessi, oppure agli abiti in cashmere confezionati sartorialmente da Brunello Cucinelli che contengano le informazio-

ni di tutta la filiera produttiva consentendo una completa tracciabilità), o ancora utilizzando carburanti energetici puliti e rinnovabili per i nostri veicoli. Sembra invece che l’ego umano nella conquista di nuove frontiere non tenga in alcun conto un’etica comportamentale e soprattutto la cupidigia nel detenere denaro e potere a tutti i costi ci spinga anche al di là di quello che dovrebbe essere semplice buonsenso, come spiegato bene da Marco Pacini nel suo articolo di aprile sul settimanale “L’Espresso” intitolato “Se l’uomo si fa Dio”. Vale la pena riproporlo qui alla lettura per quanto sia sinteticamente esaustivo di questo argomento fondamentale per il futuro/presente di tutti noi: “Come spettatori un po’ attoniti, sospesi tra l’ammirazione e l’inquietudine, assistiamo alla grande partita della tecnoscienza, dove la posta in palio è il futuro di una specie, la nostra. Lo chiamano post-human, senza nemmeno un accordo su un significato univoco. Ma la partita è iniziata da tempo e non può attardarsi in sottigliezze semantiche. Nella squadra A giocano i tecno-umanisti (o transumanisti), evangelisti di una religione che potremmo chiamare datismo: non siamo altro che sistemi di elaborazione dati ed in quanto tali possiamo migliorare, cambiare la nostra natura

senza porre limiti alle acquisizioni ed applicazioni delle due discipline madri, informatica e biologia (intelligenza artificiale e ingegneria genetica). La squadra B schiera i postumanisti che anche quando salutano con favore la fine del dualismo natura-cultura, mettono in guardia sugli sviluppi “fuori controllo” della tecnoscienza e sul nuovo capitalismo cognitivo e genetico che potrebbe generare scenari distopici. E vorrebbero almeno aspettare l’arbitro, prima di iniziare la partita. Ma dell’arbitro sembra non esserci bisogno. Perché “tutto funziona, e questo è appunto inquitante”, come disse allo Spiegel nell’ultima intervista postuma Martin Heidegger, antesignano del pensiero della (o sulla) tecnica. Quell’intervista diventò un libro intitolato “Solo un dio ci può salvare. E forse nemmeno di quel dio c’è più la necessità, dato che saremo noi stessi come specie, o una parte di noi, potenziati da dispositivi frutto della santa alleanza tra bioingegneria e informatica, a trasformarci in “Homo deus”,

13


come ha suggerito lo storico del futuro Yuval Noah Harari. L’intelligenza si sta separando dalla coscienza, avvertono alcuni degli analisti del futuro postumano come Harari, e una volta liberata dalla coscienza l’intelligenza sviluppa una velocità vertiginosa. Quella dei postumani immaginati nei templi dello “human+” come Google e dei suoi sacerdoti come Ray Kurzweil. Gli esseri umani, assicurano, non sono più in grado di gestire gli immensi flussi di dati, sono arrivati al capolinea ed ora potrebbero passare il testimone a entità di un tipo del tutto nuovo. Scenario entusiasmante. Oppure apocalittico, come pensa il filosofo Michel Onfray, che conclude il suo ultimo lavoro, “Decadenza”, con una diagnosi senza speranza:”Un pugno di postu-

14

mani riuscirà a sopravvivere al prezzo di un’inaudita schiavitù delle masse, cresciute come bestiame (…). Le dittature di questi tempi funesti faranno passare quelle del novecento per inezie. Google lavora oggi a questo programma transumanista. Il nulla è sempre certo”. Meno catastrofista, ma “in allerta”, Adam Greenfield, che in “Tecnologie radicali” riflette:”Non so cosa significherà essere umani nell’era della post-umanità (…). Capisco perfettamente perché chi crede, per quanto incautamente, che da queste circostanze (la post-umanità frutto del matrimonio tra I.A. e bioingegneria ndr) trarrà il massimo beneficio e potere inattaccabile voglia arrivarci così in fretta. Quello che non capisco è perché lo vogliano anche gli altri”. Ma forse è inutile preoccupar-

si di un futuro postumano alla Onfray, se dovesse realizzarsi la situazione in cui per la parola “umano” non ci sarebbe semplicemente più posto, con o senza prefisso. Lo ipotizza il filosofo Nick Bostrom (fautore del potenziamento umano e studioso dell’intelligenza artificiale tra i più accreditati) nel suo ultimo saggio”Superintelligenza”: quando l’I.A. supererà quella umana potrebbe sterminare l’umanità intera. Sulla base di queste previsioni, nel gennaio 2015 Bostrom firmò una lettera aperta, sottoscritta da molti altri scienziati, tra cui Stephen Hawking, per mettere in guardia sui potenziali pericoli di uno sviluppo eccessivo dell’I.A. Nel frattempo, finchè con o senza “post” ci saremo, le frontiere continuamente superate dall’intelligenza artificiale e dall’inge-


gneria genetica (ne parlano negli articoli che seguono Nicoletta Iacobacci - … gli Emirati Arabi Uniti sono la prima nazione ad avere un ministro dedicato all’IA, il 27enne Omar Bin Sultan Al Obama investe in tecnologie emergenti ed in sistemi IA, controllandone le implicazioni etiche e legali e le opportunità economiche, Automl è il settore di ricerca di Google (Google Brain) con lo scopo di sviluppare un’intelligenza artificiale (IA) in grado di generare altre IA più avanzate, Openai è un’azienda di ricerca di IA senza scopo di lucro, con il fine di progettare un’AGI (intelligenza artificiale “forte”, quindi di livello umano) sicura e benevola e di garantire che i benefici dell’AGI siano distribuiti in maniera uniforme, Amazon Aws è una piattaforma per sviluppatori (per il primo anno gratuitta) che permette di includere sistemi IA (testo-a-voce, chatbot, riconoscimento –immagini) in differenti applicazioni, Microsoft AI fornisce un sistema completo di servizi, infrastrutture e strumenti di IA di alto livello per una pianificazione strategica ed un nuovo modello di business, Face-

book Artificial Intelligence Researchers (FAIR) è il settore di Facebook che studia lo sviluppo di sistemi con intelligenza a livello umano occupandosi dell’intero spettro dell’IA: teoria, algoritmi, applicazioni, infrastruttura software e wwhardware, Neuralink è la nuova azienda di Elon Musk che si occupa di sviluppare interfacce cervello-macchina che facilitino la connessione uomo-computer, Google AI si occupa del motore di ricerca potenziandolo con nuove funzionalità IA ed offre una piattaforma di studio molto ampia per conoscere l’IA e tutti i possibili modi di sfuttamento … ­– e Gianni Milano) pongono con sempre maggiore forza un problema. Anzi, Il Problema: ci spingeremo fin dove si “può” o fin dove si “vuole” ? E’ vero, l’ibridazione è già avviata da tempo. Siamo già in parte nel postumano. ”La nostra seconda vita negli universi digitali, il cibo geneticamente modificato, le protesi di nuova generazione, le tecnologie riproduttive sono gli aspetti ormai familiari di una condizione postumana. Tutto questo ha cancellato le frontiere tra ciò che è umano e ciò che non lo è, rivelando le fondamenta non naturalistiche dell’umanità

contemporanea” ha scritto la filosofa del posthuman Rosi Braidotti. Ma forse una parte di ciò che la migliore fantascienza ci ha fatto intravedere e che si presenta ormai sotto forma di possibilità ulteriore, esponenziale, rappresenta un “salto” più che una continuità di questa condizione postumana. Ed è di fronte a quel salto che il “postumanesimo critico” rivolge interrogazioni sempre più pressanti alla tecnoscienza che “funziona” e procede. Segnalandone l’incrocio tr a il “si può” ed il “si vuole”. Il soggetto di quel “volere” dovrebbe essere un “noi” che si interroga ed è interrogato. Ma che per ora sembra assistere attonito alla partita senza arbitro. Ed è quasi inutile ricordare che l’arbitro assente è la politica, ormai da qualche decennio costretta ad arrancare dietro alla tecnoscienza ed all’economia o al loro sodalizio (basti pensare agli algoritmi che ogni giorno sui mercati decidono autonomamente di spostare miliardi in nanosecondi). Quel “noi” ha il volto, per esempio, di chi si vede uscire dalla mostra “Human+” (viaggio tecnoartistico sul futuro della specie, in corso a Roma al Palazzo delle

15


Esposizioni). E la cui espressione sembra dire: Lo voglio o non lo voglio quel “più” per i miei figli e nipoti? Ma soprattutto: Potranno deciderlo? “”. Qualora fossimo perciò effettivamente gli umani ultima serie io consiglierei comunque di godere di ciò che abbiamo faticosamente guadagnato, buon cibo in rilassatezza con persone empatiche, magari immersi nella natura giocando fra noi una partita di golf in un bel prato verde, esposti all’unico suono delle fronde degli alberi al vento e del cinguettìo degli uccelli, e poi goderci sotto l’ombra di un gazebo, contornati da fiori di tutti i colori, un piatto di pasta fatta con trafile in bronzo e lenta essiccatura, condita da olio extravergine d’oliva, bevendoci un bicchiere di buon vino, come i nostri simili fanno da millenni, finendo con una coppa di fragoline di bosco mischiate alla panna ottenuta dal latte di mucche al pascolo libero nei campi … prima di andare a fare l’amore. Dice Nicoletta Iacobacci nel suo articolo “Un’etica a misura di robot” sempre su l’Espresso del 1 aprile: E’ arrivato il momento di parlare di etica e di robot. La fantascienza diventa realtà e l’etica, tuttavia, ha difficol-

16

tà a tenere il passo. Mentre si riflette su nuovi codici morali per le anomalie create dalle scienze emergenti, la tecnologia avanza velocemente, rendendo sempre più difficile confrontarsi con il cambio di paradigma delle nostre stesse innovazioni. Parliamo di robot. La vera sfida non è la macchina in sé, quella che ci ruba il lavoro o che tenterà di sottometterci; è il suo cervello, è il software che la governa, è l’intelligenza artificiale (IA). Quando l’IA sarà in grado di produrre autonomamente una copia di se stessa e molto più avanzata, entreremo forse nell’ultima fase della nostra evoluzione, perché non sarà un’altra fase di progresso, avrà un impatto superiore a quello che ha avuto il WEB. L’IA, una volta diventata pensante,

quindi in grado di riconoscersi come soggetto individuale e con potere decisionale, sarà uno scienziato, un ingegnere o un medico migliore di qualsiasi altro umano, forse persino più avanzato di tutti gli umani messi insieme. Per contribuire ad un futuro più appetibile e meno dispotico, dovremmo progettare, fin dall’inizio, un’intelligenza artificiale benevola. La tecnologia odierna consente di sviluppare diversi tipi di agenti artificiali, dai robot apparecchi automatizzati e programmabili, in grado di svolgere mansioni ripetitive che prima erano svolte dall’uomo, ai cyborg, organismi composti da elementi biologici e artificiali, o agli androidi, robot di forma umana, spesso creati a immagine e somiglianza dei loro artefici. Un discorso a parte meritano gli automaton, i dispositivi che possono agire e comportarsi indipendentemente, senza un intervento umano esplicito. Esiste già un minima automazione produttiva applicata alla vita di tutti i giorni come i robot aspirapolvere, quelli utilizzati in campo medico o gli umanoidi domestici. Tuttavia gli ingegneri


militari, principalmente negli Stati Uniti, in Cina e in Russia, immaginano guerre gestite da robot autonomi dotati di intelligenza artificiale e con licenza di uccidere, abilitati a decidere senza l’intervento umano. E se questi robot bellici autonomi venissero violati e perdessero la loro autonomia? Possiamo spegnerli? Forse no, come non esiste l’interruttore che spegne la rete. Possiamo rilassarci perché la creazione di un sistema “consapevole” che abbia la capacità di riconoscersi come individuo è relativamente lontana. Ad oggi siamo al primo livello di intelligenza artificiale, la cosiddetta “IA debole”, il metodo che consente ad uno smartpho-

ne o ad un assistente virtuale di aiutarci. E’ la forma base dell’IA; un algoritmo che può vincere partite di scacchi ma che non ragiona. Ma la creatura cresce in fretta. Oggi questo livello “ristretto” di intelligenza artificiale sta dando vita ad una fase avanzata in grado di prendere una decisione ed agire di conseguenza, come ad esempio l’auto a guida autonoma. Il livello successivo è l’Intelligenza Artificiale Generale, un sistema che può riconoscere la propria individualità, che può interagire socialmente e che può comprendere i sentimenti ed avere aspettative. Questo tipo di intelligenza, chiamata anche “IA forte”, è un agente in grado di eseguire qualsiasi attività intellettuale umana. Se e quando la svilupperemo non è ancora chiaro e non possiamo permetterci errori perché forse non sapremo mai se e quando l’intelligenza artificiale diventerà senziente. Ad esempio, Alexa, l’assistente virtuale di Amazon, ride

liberamente senza che nessuno l’abbia comandata. E’ un errore di fabbricazione o forse è un qualcosa che non possiamo controllare? Dobbiamo spaventarci? Non ancora, ma sicuramente dobbiamo ragionarci. Un’altra riflessione va fatta su Sophia, il robot umanoide di Hanson Robotics, che ha ricevuto il passaporto Uae e che risponde, ammiccando, quasi flirtando con i suoi interlocutori. Le sue conversazioni sono predeterminate, ma il risultato non è sempre certo e forse non sapremo mai se e quando l’intelligenza artificiale diventerà pensante. Magari avrà una sua agenda, perché dovrebbe dircelo? Stiamo cercando di sviluppare agenti morali che abbiano i nostri codici etici ma se veramente saremo in grado di creare un nuovo essere, perché dovremmo imporre le nostre regole? Questa entità sarà differente dall’Homo sapiens e presumibilmente vorrà definire e difendere i suoi valori. Perché

17


non insegnargli, oltre a distinguere il bene e il male per colpire un target, anche il rispetto, la compassione, l’empatia, e tutte quelle caratteristiche che ci rendono orgogliosi di essere umani? Se poi raggiungeremo la superintelligenza artificiale, un sistema ipotetico che concretamente è più capace dei migliori cervelli umani in tutte le discipline, il processo sarà inarrestabile. Sarà forse l’ultima invenzione che l’umanità avrà mai fatto ed è quindi cruciale che l’AI sia fornita di motivazioni umane o dotata di valori filantropici. Un’altra sfida etica sostanziale è quella dell’ingegneria genetica. Anche se il potenziale reale di intervenire sul DNA è evidente, non esistono normative globali che regolamentino la metodologia, in particolare le linee guida che consentano test sull’uomo e che definiscano il ruolo dell’embrione in questa sperimentazione. Un essere non nato ha dei diritti umani o può

18

essere creato e distrutto per consentire sperimentazioni genetiche? Chi decide? IL Wall Street Journal riporta che finora in Cina, almeno 86 persone hanno avuto i loro geni modificati per Hiv, leucemia e diverse forme di tumori, mentre in Europa e negli USA i test clinici inizieranno quest’anno. Nel 2015 i cinesi hanno anche iniziato a sperimentare su embrioni umani sani e sono riusciti a correggere le mutazioni genetiche in alcune delle loro cellule; mentre negli Stati Uniti hanno appena dato il via libera non solo alle ricerche in laboratorio, ma anche alle applicazioni cliniche. Perché la Cina è già avanti? Non hanno regolamentazioni? Le hanno, sono solo diverse. Xi Jinping, a partire dalla sua ascesa al potere nel 2012, ha deciso di recuperare l’ideologia confuciana come bussola morale della Nazione. Si deve considerare che per Confucio si diventa “persona” solo dopo la nascita e che quindi

l’embrione in Cina è forse una non persona e agibile per la sperimentazione. L’orientamento morale non dovrebbe essere imposto solo sulla base di chi detiene il potere economico e scientifico; dovrebbe riguardare ogni Paese, perché l’etica è una riflessione filosofica, che riguarda qualsiasi comportamento umano, politico, legale o morale. Al momento, definire una normativa internazionale è improbabile perché le linee guida variano da paese a paese e sono influenzate da tradizioni e cultura. In ogni caso è necessaria una regolamentazione internazionale perché la reprogenetics, la genetica applicata alla procreazione, può essere un intervento risolutivo ma pericoloso. Dovremmo forse riflettere sul fatto che stiamo giocando con il fuoco e che la cosiddetta nuova eugenetica, sebbene basata sulla scienza, continua a perseguire lo stesso obiettivo della vecchia disciplina, vale a dire lo sviluppo di un individuo superiore e l’eliminazione di quelli considerati inferiori. Iurgen Habermas affronta la questione con la filosofia post metafisica e si chiede se essa possa contribuire all’etica dell’ingegneria genetica sugli embrioni. All’inizio, un intervento del genere può essere moralmente permesso o legalmente tollerato solo per poche malattie ereditarie gravi, e l’abbiamo fatto. Successivamente ipotizza che la modifica genetica sarà preventiva,


causando un’area grigia tra eugenetica negativa e positiva. Chi controllerà l’esito di questo progresso ? I medici? Un Consiglio Etico Internazionale? Su chi si potrà fare affidamento? Vogliamo lasciare il compito a ricercatori che sviluppano ed utilizzano la tecnologia della vita e che in assenza di codici etici aggiornati dovranno autoregolarsi? Per la filosofia i problemi sono più importanti delle soluzioni. Dovremmo stabilire una Agorà nuova e dinamica, dove etica e tecnologia si impegnino ad intraprendere un viaggio simbiotico. Uno spazio dove le conseguenze delle tecnologie emergenti siano analizzate e previste. Una discussione proattiva da portare nelle scuole, nelle famiglie, nella politica ed in ogni tessuto sociale. Una volta i filosofi erano anche scienziati e viceversa. Per trovare un discorso etico congeniale al nostro tempo e che ci allontani da una possibile distopia futura si può tornare ad Aristotele. Si può ritrovare la sua condizione d i

felicità intesa come scopo di vita, come il bene supremo dell’arte di vivere. La chiama Eudaimonia, la condizione felice che gestisce abilmente il rapporto tra corpo e mente, tra piacere e virtù. Riusciremo a trovare i nostri valori in un contesto di tecnologia avanzata? Come dice Aristotele, “la dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli”.”. Abbastanza tempo fa l’uomo moderno, l’Homo Sapiens, dall’Africa riuscì a passare prima nel medio oriente e poi a salire in Europa fino al Nord, colonizzando ogni luogo incontrato nella sua migrazione, mischiandosi pure con altri umanoidi autoctoni di altre specie che erano stanziali nei nuovi posti del suo inarrestabile cammino, trasmettendo anche i geni di questi fino a noi, forse “umani ultima serie”. Siamo noi il frutto attuale di quell’ homo sapiens, che riuscì

a imporre la sua specie su tutto il pianeta perché fu capace di vivere in comunità ampie di migliaia di individui, grazie alla Comunicazione che il suo cervello era in grado di produrre e quindi alle relazioni interpersonali che si sono sviluppate in sinergie utili a tutti i membri dei diversi clan, cosa che invece non riuscì a fare l’Homo di Neandhertal che pur fisicamente ben strutturato e forte era incapace di comunicare in maniera efficace tanto è vero che era “chiuso” in comunità di poche decine di membri, come gli scienziati antropologi hanno recentemente verificato. Un Neanderthal nella sua vita non incontrava, e quindi non scambiava cultura, più di un centinaio di suoi simili, il Sapiens invece, ne incontrava a migliaia nella sua marcia di emigrazione, comprese le genti di altre specie compresi pure i Neanderthal. Linguaggi, simbo-

19


lismi, scrittura, arte, curiosità, ricerca, immaginazione, compassione, lavoro di squadra, immaginazione, sono stati i frutti di questi scambi culturali che hanno portato quell’uomo moderno ad arrivare fino al terzo millennio. Ma ora NOI sapremo gestire in maniera utile e non dannosa a noi stessi le creazioni che stiamo producendo? Noi siamo legati alla Natura di questo pianeta e di questa dobbiamo e possiamo goderne, i nuovi cervelli artificiali che proprio noi stiamo realizzando della natura possono benissimo farne a meno … a meno che un’altra natura, quella cosmica nella quale anch’essi come noi sono immersi, non minacci anche essi (o bisogna dire “anche loro” ?), per esempio se una tempesta solare sia così forte che i raggi gamma prodotti attraversino l’atmosfera terrestre danneggiando la forza elettromagnetica che ci protegge e mandi in tilt tutte le comunicazioni computerizzate che viaggiano sulle frequenze delle onde radio. Per ora, finchè noi umani siamo ancora i “padroni” di questo mondo, rispettiamolo e godiamone, per esempio giocando a golf immersi nella sua natura, gustando buon cibo, il nostro e non quello transgenetico. D’altronde la nostra visione della vita in questa natura (prima che venisse sostituita dalla vi-

20

sione dei Cyborg di una post-natura, che potranno forse pure attraversare i tunnels che collegano possibili universi paralleli, attraversando i buchi neri del Cosmo, dopo aver passato i loro bordi (gli orizzonti degli eventi, dove lo spazio si annulla ed il tempo si ferma, come alcuni astrofisici del calibro del caro amico recentemente scomparso Stephen Hawking aveva ipotizzato proseguendo gli studi sulla relatività di Albert Einstein) accomuna animali di diverse specie, solo apparentemente diversi. Un bel libro da leggere in questo senso, magari ascoltando buona musica, è quello di Emilio Ortiz “Attraverso i miei piccoli occhi”, la storia di simbiosi tra un cane guida, che ne è la voce narrante, e di un ragazzo universitario cieco che ha l’obiettivo di realizzarsi in una vita di lavoro e di relazione di coppia come chiunque altro di noi che invece non è non vedente. Cross è il nome di un cane razza “golden retriever” allegro e leale, addestrato dalla nascita per aiutare alcuni uomini a muoversi in quel mondo che da soli non possono vedere, per essere quindi il

loro sguardo. Dal momento in cui viene affidato a Mario, un ragazzo cieco appunto, la vita di Cross cambia per sempre con un patto non scritto e irrevocabile: amerà il suo padrone per tutta la sua esistenza e sopra ogni cosa. Cross condivide ogni istante della vita di Mario, vive in simbiosi con le sue gioie e i suoi dolori, cresce insieme a lui. Questo libro è il racconto delle avventure quotidiane di una creatura eccezionale, coraggiosa e altruista come solo un cane può essere, filtrate attraverso i suoi piccoli e attentissimi occhi capaci anche di osservare la natura umana in maniera sempre ironica e meravigliata, diretta e irriverente. Una storia commovente di fedeltà, nella prospettiva di un cuore puro e innocente. Una testimonianza del fatto che la differenza tra umani e animali non sta nelle apparenze fisiologiche ma nel loro diverso sguardo sulla vita immersa in questa loro comune natura, quando appunto la differenza dei punti di vista piuttosto che ostilità è invece arricchimento reciproco quando si decide di voler conoscere l’altro.


Stefano Sbiroli & Figlio S.r.l. Via Cavalieri del Lavoro, z.i. 70017 - Putignano (BA) Tel: 080-491.10.13 info@sbiroli.it www.sbiroli.it inquadra il qrcode e visita il nostro sito

21


di Savrio Buttiglione

Export

Extra DiVino in campo per la promozione estera dei prodotti della Regione Puglia

Q

ui di seguito vi proponiamo il testo integrale della lettera di presentazione del progetto presentato da Extra DiVino (associazione senza scopo di lucro) per la promozione estera dei prodotti della regione Puglia . «Eg. Assessore, facendo seguito ai colloqui intercorsi, ed avendo ottenuto la disponibilità sinergica di Auchan Italia a supportare nelle vendite sui mercati esteri i prodotti della Puglia da noi promozionati, grazie al programma Export Auchan, che fondamentalmente risolve sia il problema del groupage per le spedizioni di piccole/ medie quantità sia quello della affidabilità di aziende medio/ piccole ma di qualità nei confronti dei buyers esteri, come concordato CHIEDIAMO la disponibilità dello spazio nel vostro stand al CIBUS di Parma 2018 nel pomeriggio di martedì 8 maggio per la presentazione del programma

22

“FORMAT PUGLIA”. Il Presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia ha dato per quella data la sua disponibilità a presenziare l’evento, sarà inoltre presente anche l’economista docente alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Francesco Lenoci che relazionerà sull’importanza del programma, che come suggerito dal responsabile del programma Export Auchan Italia Alessandro Montanari, vedrà coinvolti per primi Paesi come la Cina, la Tailandia e l’Ucraina con realizzazione di specifici eventi e supporti multimediali in lingua madre. In questi Paesi opera già l’export manager Auchan Omar Ahmed che ha accettato il nostro invito a visitare personalmente una decine di aziende Eno/Agroalimentari del territorio pugliese. “Format Puglia” intende quindi sensibilizzare i buyers (ed i consumatori invitando agli eventi da programmare

la stampa ed i mass media locali) di quei Paesi facendo conoscere luoghi, storia, tradizioni, ambiente e materie prime della Puglia dove vengono trasformati i prodotti da promozionare e vendere su quei mercati. Extra DiVino è nato come programma internazionale di marketing col patrocinio di Città di Bari e Regione Puglia – Assessorato alle Risorse


Agroalimentari) nel 2015 al Castello Svevo di Bari e proseguito a Palazzo Ferrajoli di Roma (alla presenza del ViceMinistro alle Politiche Agricole Andrea Olivero e dei buyers provenienti dagli USA) con incontri B2B tra aziende di eccellenza delle filiere enogastronomiche e buyers internazionali, con il supporto del magazine milanese Slow Economy, proprio per favorire la promozione del Format Puglia (dove le risorse agroalimentari sono correlate dalla comunicazione multimediale della cultura, storia e tradizioni dei luoghi di produzione), anche con interventi espositivi all’estero nelle catene di boutiques enogastronomiche selezionate, ed in particolare crea i presupposti per gli accordi commerciali tra le PMI pugliesi ed i buyers internazionali, per cui l’accordo con Auchan Italia ed il suo programma export va nella direzione che ha ispirato l’iniziativa sin dall’inizio, ed a Cibus 2018 sarà l’occasione di affiancarlo a tutte le altre lodevoli iniziative che l’Assessorato Regionale alle Risorse Agroalimentari sta da tempo mettendo al servizio della comunità agricola pugliese. Questo lavoro fatto con Auchan Italia, sezione Export

PMI, evidenzia come il programma di esportazione sia vantaggioso per le piccole/ medie imprese di qualità, perchè consente loro di presentarsi e vendere i loro prodotti tipici sui mercati mondiali in luoghi difficilmente a loro accessibili. Sono 3 i vantaggi più significativi offerti loro da Auchan Italia. Il risparmio derivante dalla non più necessaria singola presenza in tutte le Fiere di settore, specie in Paesi molto lontani, occupandosi altresì Auchan Italia della selezione e interlocuzione con questi buyers esteri, anche in Paesi dove l’importante azienda della GDO non è presente con i suoi punti vendita, facendo pertanto risparmiare alle PMI scelte sia le spese di viaggio, vitto ed alloggio che quelle relative al fitto degli spazi fieristici e degli stands.

La logistica, ossia il “groupage” delle piccole quantità di merce di ogni singola azienda fornitrice da inviare dopo la stipula dei contratti di vendita, non potendo queste, per quantità di produzione limitate, dovute proprio alla alta qualità dei prodotti che sono spesso di produzione artigianale e/o semi industriale, riempire singolarmente interi containers di spedizione. L’affidabilità, ossia la garanzia che viene data ai buyers esteri dal marchio Auchan Italia al posto di queste

23


PMI che sono spesso sconosciute su questi mercati. Alle aziende che il vostro assessorato vorrà coinvolgere, soprattutto quelle da voi certificate col marchio “Qualità Puglia”, si sono già espresse interessate a partecipare al progetto “Format Puglia” dando già la disponibilità alla visita nei loro stabilimenti all’export manager di

Auchan Italia dott. Ahmed, le seguenti : - Pastificio SBIROLI (Putignano) - Panificio LA MAGGIORE Pane DOP di Altamura (Altamura) - Biscottificio FARINELLA (Putignano) - Caseificio DELIZIA (Noci) - Oleificio PANTALEO (Fasano) - Liquorificio MERAK/BEL-

24


TION (Putignano) - Confettificio (cioccolato e praline) MUCCI (Andria) - Cantine COPPI (Turi) - Cantine ALBEA (Alberobello) - Cantine TENUTA RIPA ALTA (Cerignola) - Cantine BOTROMAGNO (Gravina di Puglia)

25


26


27


28


29


della redazione

Focus

I nostri sforzi a tutela dell’industria alimentare italiana

L’

Assemblea di Federalimentare, partner di VINITALY Verona e CIBUS Parma, ha eletto Luigi Scordamaglia alla presidenza della Federazione per il quadriennio 2015-2018. Scordamaglia è succeduto a Filippo Ferrua Magliani a partire dal 1° gennaio 2015. “E’ stato un quadriennio difficile – ha dichiarato Ferrua – caratterizzato da una crisi economica senza precedenti dal dopoguerra che ha colpito duramente anche un settore tradizionalmente anticiclico come quello alimentare. E’ diminuita la produzione, sono crollati i consumi, solo l’export ha

30

tenuto grazie alla forza del made in Italy. Un contesto esterno che ha reso necessario operare sull’emergenza piuttosto che sullo sviluppo organizzativo della Federazione; penso che

la nuova presidenza saprà cogliere il momento dell’auspicata ripartenza del Paese per avviare un processo di crescita federativa a cominciare dalla straordinaria opportunità, che lascio in eredità, della partecipazione all’Expo con un Padiglione Federalimentare per ospitare le eccellenze del sistema industriale alimentare italiano”. Scordamaglia, 48 anni, sposato con due figli, vanta un’importante e consolidata esperienza in aziende e istituzioni del settore alimentare, in particolare, nel comparto delle carni. Dal 2006 è amministratore delegato di Inalca Spa, Gruppo Cremonini, Società leader in Europa


matiche strategiche come agricoltura, internazionalizzazione e ambiente. E’ consigliere di amministrazione dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ex Ice). È stato inoltre consigliere del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali per le politiche agroindustriali con i ministri Gianni Alemannelle carni bovine e presente in 40 Paesi, con 4000 dipendenti e 1,6 miliardi di fatturato. Dal 1995, ha maturato una prolungata esperienza professionale in Assocarni, prima come direttore e segretario generale, quindi assumendo la carica di vice presidente. Tra il 1994 e il 1995 Scordamaglia è stato amministratore delegato di “Intercarne Qualità” ed è presidente di “Quinto Valore”, società operante nel settore delle pelli. Già membro del Consiglio direttivo dal giugno 2014, è attualmente vice presidente dell’Ims, International meat secretariat, associazione che riunisce le più importanti organizzazioni del settore della carne in tutto il mondo. Laureato in Medicina veterinaria nel 1990 all’Università di Perugia, ha svolto attività didattica e di ricerca per poi conseguire master in materia di controllo di gestione e finanza aziendale. In seno a Federalimentare, come consigliere incaricato, Scordamaglia ha largamente contribuito alle linee politiche della Federazione, a tutela dell’Industria alimentare italiana, in sede nazionale ed estera, su te-

31


no, Paolo De Castro e Luca Zaia. Nel ringraziare per la fiducia accordatagli, il neo presidente Scordamaglia ha assicurato che ”tutti i suoi sforzi saranno finalizzati a ridare centralità, rilevanza e visibilità all’industria alimentare italiana come asse portante della nostra economia e motore di rilancio del nostro Paese. La nostra Federazione - afferma Scordamaglia dovrà essere percepita come organizzazione dirappresentanza unica e unita-

32

ria dell’industria alimentare, quasi un emblema, un marchio identificativo in cui far riconoscere con orgoglio i tanti imprenditori che hanno contribuito alla straordinaria immagine che il food and beverage made in Italy ha nel mondo. Per quanto riguarda l’attività della nostra Federazione - ha concluso Scordamaglia - non è più tempo di disperdersi su mille attività. Pochi, chiari e condivisi devono essere gli elementi su cui concentrarsi: rappresentare con orgoglio e determinazione il nostro mondo industriale nei confronti delle istituzioni, comunica-

re incessantemente l’enorme valore aggiunto che l’alimentare italiano rappresenta per questo Paese, partecipare attivamente al sempre più importante processo di internazionalizzazione delle nostre aziende, essere punto di riferimento concreto ma realistico nelle relazioni industriali”. Federalimentare è la Federazione di Confindustria che riunisce le 18 Associazioni di categoria dell’Industria alimentare, secondo settore manifatturiero del Paese, con 132 miliardi di fatturato, 26 miliardi di export, oltre 6.800 imprese e 385.000 addetti.


“IL BUON VINO È OGNI VOLTA UNA SINFONIA DI QUATTRO MOVIMENTI, ESEGUITA AL RITMO DELLE STAGIONI. IL SOLE, IL TERRENO, IL CLIMA E I VITIGNI MODULANO L’OPERA, MENTRE IL VIGNAIOLO, COME SOLISTA, IMPRIME LA SUA CADENZA” (PHILIPPE MARGOT)

SEDE PRODUTTIVA: STRADA COMUNALE SCARAFONE, KM 3,4 – CERIGNOLA (FG) PER ORDINI, VISITE & DEGUSTAZIONI: INFO@TENUTARIPAALTA.IT - WWW.TENUTARIPAALTA.IT 47 33


di Saverio Buttiglione

Focus

L’attività di Leonardo Di Gioia per promuovere e difendere la qualità

N

ato il 18 aprile 1971 a Foggia dove risiede, Leonardo Di Gioia è dottore in economia e commercio e revisore contabile. Rieletto consigliere regionale nella circoscrizione di Foggia per la lista Emiliano Sindaco di Puglia, è assessore alle politiche agricole della Regione Puglia, ed in questa veste presiede il comitato romano che riunisce gli assessori delle Regioni Italiane. Alla sua prima esperienza in Consiglio regionale è stato eletto nella lista del Pdl. Nella seconda metà della IX legislatura è stato nominato dal presidente Vendola assessore al bilancio e ragioneria, finanze, contenzioso amministrativo, demanio e patrimonio, provveditorato ed economato, dimettendosi dal Gruppo del Pdl ed aderendo al Gruppo consiliare Misto. È stato componente del coordinamento regionale Puglia del Popolo della Libertà. Nel 2004 è risultato il primo degli eletti per la carica a consigliere comunale di Foggia nella lista di Alleanza Nazionale ed è stato nominato capogruppo di AN. Nel 2008, alle elezioni provinciali di Foggia, è stato eletto consigliere e nominato assessore al bilancio,

34

programmazione economica e finanziaria, demanio e patrimonio, affari generali e informatizzazione. Nel 2007 è entrato a far parte del Consiglio nazionale dell’ANCI. Come tutte le 150 cantine della Puglia che lui ha rappresentato al Vinitaly 2018, l’assessore Di Gioia è stato protagonista assoluto di questa importante kermesse internazionale, esatta-

mente come lo sarà al CIBUS di Parma 2018 rappresentando le centinaia di eccellenze dell’Agroalimentare della Puglia che qui avranno il loro stand. Parlando del Vinitaly 2018 Di Gioia ha dichiarato: “Un settore vitale e solido che, nonostante le condizioni climatiche avverse dell’ultima campagna vitivinicola 2017, riconferma una produzione


qualitativamente elevata e un valore dell’export in crescita. Ci aspettiamo, anche stante le stime dei più quotati istituti di ricerca, una flessione di qualche punto percentuale rispetto all’annata 2016 quando furono circa 10 milioni gli ettolitri prodotti. Una crescita che deteniamo grazie agli sforzi dei nostri produttori, alla lungimiranza e passione di imprenditori che, pur mantenendo intatte tradizioni millenarie. Hanno, difatti, saputo investire in innovazione e in attività strategiche di promozione e internazionalizzazione, anche con il sostegno di politiche regionali e nazionali mirate”. L’assessore alle Risorse agroalimentari della Regione

Puglia ha ribadito: “A Verona mettiamo in mostra le nostre eccellenze vitivinicole: sono circa 150 le aziende pugliesi presenti qui a Verona, di cui 125 in mostra nel Padiglione 11 dedicato alla Puglia e allestito dalla Regione in collaborazione con Unioncamere Puglia. Il settore pugliese si attesta comparto vitale e dinamico. Sono cresciuti, grazie alle misure dell’OCM Vino, nell’ultimo biennio 20152017, gli interventi per il rinnovamento degli impianti aziendali e in promozione del vino pugliese sui mercati di Paesi. Per la campagna 2016-2017 sono circa 23 i milioni di euro stanziati

e completamente assorbiti dal comparto vitivinicolo pugliese e che confermano un ruolo della Puglia da protagonista sul panorama nazione. Deteniamo la qualità ma servono ulteriori sforzi e investimenti in aggregazione sì da conquistare merca-

ti forti e competitivi, come quelli asiatici, per esempio”. Le giornate del Salone internazionale del vino e dei distillati a Verona si è aperta con una serie di attività se-

minariali, laboratori e convegni dedicati al vitivinicolo pugliese e alle prospettive di crescita del comparto padiglione pugliese, organizzate in collaborazione con asso-

35


ciazioni e organizzazioni di settore e non solo (Puglia Expo, Ais Puglia, Intersezioni, Consorzio Taste&Tour, DeGusto Salento). E, tra le altre cose, con l’assegnazione della medaglia di Cangrande, Premio ‘Angelo Betti’ 2018, benemerito della Vitivinicoltura Italiana, alla pugliese Marianna Cardone, imprenditrice e delegata per la Puglia dell’assoc iazione “Le Donne del

36

Vino”. “Il premio è stato conferito – ha dichiarato Di Gioia a margine della premiazione – per l’impegno profuso nella valorizzazione della vitivinicoltura pugliese. Un riconoscimento a una delle donne pugliesi, imprenditrice e coordinatrice di aziende pro-

duttrici, che hanno a cuore la promozione del vino, legata non solo al business ma alla necessità di diffondere quanto più possibile la cultura del vino, prodotto profondamente legato alle tradizioni e alla storia del nostro territorio”.


37


di Saverio Buttiglione

Ritratti

38

Incontri a Cibus 2018


39


della redazione

Focus

F

La poliedrica figura di Francesco Lenoci, ambasciatore di Puglia

rancesco Lenoci, economista e commercialista, quando non fa lezioni all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, o non lavora nel suo studio al quinto piano del Grattacielo della Terrazza Martini, a pochi metri dal Duomo, fa il girovago. Incontra in Puglia o in Basilicata, produttori di salumi, olio, vino, panificatori, titolari di caseifici e di masserie; artisti della ceramica, ma pure importanti imprese della moda, visto che lui proviene da Martina Franca, importante distretto del tessile/abbigliamento… e li sa raccontare poi con sapienza affabulando le platee. Oggi a Grottaglie, Infatti poi è invitato ovunque, e lui ci va per ascoltare, conoscere, apprendere, valutare, quando glielo chiedono a dare consigli. Naturalmente viene invitato anche alle Fiere settoriali più importanti, da Milano Moda al Pitti di Firenze, da Tuttofood al Cibus di Parma ed al Vinitaly di Verona, e tutti vogliono fotografarsi con lui, quasi fosse una star del cinema o della televisione. Lenoci non ha più confini. È indicato come l’ambasciatore della Puglia a Milano e lui sorride e intanto pensa a diffondere i valori della sua regione e non solo. Il libro che ha scritto col collega Rocca, “Nuovo Bilancio Integrato”, uno dei suoi

40

tanti best sellers, indica i valori di un brand storico, storia, tradizione, socialità, utili da inserire nei bilanci nel quadro delle positività. Quando parla, sempre ad ampio respiro, affascina, coinvolge, trascina l’uditorio, lo interroga, come fa con gli studenti dell’ateneo di largo Gemelli. E se in una conferenza

su un tema economico, la sua materia, un concetto è complicato, lo spiega con esempi che sembrano tratti dall’ambiente delle fiabe. Per spiegare i rendiconto finanziario ha usato la metafora dei componenti della Ferrari di Formula Uno, motore, telaio e … gomme. Nella Sala Alessi di Palazzo Ma-


rino, in una splendida giornata in suo onore organizzata dalla Fondazione Nuove Proposte Culturali di Martina Franca con il patrocinio dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano, ha ricordato, fra le altre, un personaggio che era nato anche lui a Martina Franca e che ha contribuito a fare grande Milano: Paolo Grassi. Ha iniziato appunto alla maniera di Fedro, o di Esopo: “Nel capoluogo lombardo il 14 maggio 1947, due ragazzi di 26 e 28 anni, Giorgio Strehler e Paolo Grassi, inventarono un sogno: il Piccolo Teatro della città di Milano, vale a dire il primo teatro stabile italiano, un teatro d’arte per tutti”. E siccome non dimentica mai la sua città natale, di cui è Patriae Decus come Paolo Grassi, ha aggiunto che “a Martina Franca, nel 1975, alcuni appassionati musicofili inventarono un altro sogno: il Festival della Valle d’Itria. Se non si sogna non si progetta – ha com-

mentato il prof. Lenoci – e se non si progetta non si realizza nulla. Incredibile dictu, ogni anno, nel ricordo di Paolo Grassi, quei sogni annullano i mille chilometri che li separano e si uniscono. Senza soluzione di continuità, al punto che Sergio Escobar è solito dire: Il Festival della Valle d’Itria è una costola del Piccolo Teatro di Milano e il Piccolo Teatro di Milano è una costola del Festival della Valle d’Itria”.

41


42


“ExtraDiVino” è un programma di marketing territoriale realizzato insieme a Milano Slow Economy e al Comune di Bari con il supporto di Regione Puglia

Comune di Bari

Regione Puglia

Organizzazione

Media Partner

Con il Patrocinio di

anche su YouTube

ASA Comunicazione

43


della Redazione

Sacro & profano

Ambrogio e Nicola: a tavola con i Santi patroni

D

icembre è il mese dei grandi pranzi e delle sontuose cene che iniziano con i festeggiamenti di due tra i più importanti Santi d’Italia: San Nicola (6 dicembre) e Sant’Ambrogio (7 dicembre), e terminano con il pranzo di Natale ed il cenone di San Silvestro. “Slow Economy” vuole ricordare questi due Santi patroni con le ricette dei cibi più tradizionali legati alle loro città. E’ intanto curioso non siano nati nella città della quale sono i patroni; addirittura non sono nemmeno nati in Italia: San Nicola è di Pàtara di Licia in Turchia, l’attuale Demre, Ambrogio è di Treviri, una città della Germania. San Nicola Incominciamo, in ordine di calendario, da San Nicola che viene ricordato a Bari il 6 dicembre, giorno della sua morte avvenuta nel 397. E’ un Santo importante non soltanto per i baresi ma anche per i cattolici di molte altre nazioni; il nome Nicola nelle varie versioni (Niklaus, Nikolaj, Nikita etc) è il nome cattolico più presente nel mondo. Più di Giuseppe, Antonio, Francesco… E’ il santo protettore delle zitelle perché aiutò tre ragazze che non potendo sposarsi per mancanza di dote sta-

44

vano per avviarsi alla prostituzione; regalò loro tre sacchetti di monete e le giovani poterono così convolare a giuste nozze. Nella tradizione popolare è considerato anche protettore di marinai, pescatori, farmacisti, profumieri, bottai, ma soprattutto protettore dei bambini. Babbo Natale, il mitico per-

sonaggio che la Notte Santa porta doni ai bambini di tutto il mondo, è chiamato dai popoli nordici Santa Klaus, nome che è la contrazione di “Sanctus Nikolaus”. In suo onore vi indichiamo di seguito le ricette di 2 tra i più tradizionali piatti baresi: le “Orecchiette alla cime di rapa” e il famoso “Riso, patate e cozze”.


Botromagno SocietĂ Agricola a.r.l. 70024 Gravina in Puglia (BA) - Via Archimede, 22 info@botromagnovini.it Tel. (+39) 080.3265865 - Fax (+39) 080.3269026

botromagno.it

botromagnovini.it

Botromagno Vigneti & Cantine

Botromagnovini

45 Botromagno


“Orecchiette alle cime di rapa” Dette anche “recchitelle” costituiscono il piatto più rappresentativo della città di Bari. L’origine della pasta è avvolta nel mistero, non essendoci alcun documento che ne attesti la nascita; alcuni affermano che sia stata introdotta in Puglia da mercanti provenzali, altri la fanno risalire alla cultura ebraica ed altri ancora assicurano che è autoctona, non foss’altro perché somiglia ai tetti dei trulli. Gli amanti della tradizione non vanno a comprare le “orecchiette secche” al negozio sotto casa o al più vi-

46

cino supermercato, ma le preparano fresche, con farina di grano duro, acqua tiepida e sale, considerando, per le dosi, un etto di farina per ogni commensale. Si versa la farina sulla “spianatoia” e si fa la classica fontana; si aggiunge il sale e l’acqua tiepida, lavorando, impastando e rimestando per una decina di minuti. Si forma una specie di “collinetta”, si copre con un panno (qualche massaia dice caldo) e si lascia riposare per una buona mezz’ora. Successivamente, dalla “collinetta” si preleva un piccolo pezzo di pasta che si rimescola e si amalgama per farne un lungo baston-

cino (come fine un grissino) che si taglia a pezzetti della grandezza di un’unghia possibilmente tutti di eguale dimensione. Si schiaccia quindi ciascun pezzettino in maniera da ridurlo in forma di piccolo disco (a tale bisogna può servire il manico di un cucchiaio) e, esercitando una leggera pressione, lo si trascina sul tavolo da lavoro, in modo che il dischetto si curvi (seguendo la forma del manico di cucchiaio) coprendo parte dell’attrezzo. A questo punto si appoggiano - dischetto di pasta e manico di cucchiaio - sul polpastrello del pollice e si cerca di rovesciare all’indietro la pasta, come se si voles-


Panificio La Maggiore - Via Matera, 184 - 70022 Altamura (BA) Tel. 080/3112357 - Fax 080/3104686 - info@panificiolamaggiore.it - www.panificiolamaggiore.it 47


se avvolgerla sulla punta del dito; si spinge, infine, con il pollice stesso per ottenere e accentuare quella “gobbetta” che è tipica delle orecchiette. Si stacca delicatamente dal dito e si mette ad asciugare, con la “gobbetta” rivolta in alto e si aspetta qualche ora prima di cuocere. Le cime di rapa (note anche come broccoletti di rapa) sono ortaggi tipicamente italiani coltivati prevalentemente nel Lazio, in Campania e in Puglia. Si consumano le parti tenere (le cime, appunto, scartando le coste e le foglie dure e coriacee) più che altro nelle stagioni autunnale/ invernale, anche se esistono varietà primaverili, dette tardive di taglia alta (110 cm).

48

Si raccolgono a mano le infiorescenze e lo stelo con tutte le foglie, prima dell’apertura dei fiori stessi (che ne deprezzerebbero la qualità, e renderebbero il prodot-

to poco commestibile) a circa 10 cm da terra per permettere il “ricaccio”, cioè una nuova buttata. Ingredienti per 4 persone: 1 kg di cime di rapa fresche; 4


OliO PantaleO Drawing byi Doriano Strologo

Always. For all.

We take every possible care of our secular olive trees. They are our patriarchs and give us harmonic and fruity oil every year. We will never abandon them. We are so eager for the future that we have planted thousands of olive trees that are intensively grown with highly-mechanized methods. They are very productive young plants ensuring more oil for all. Olives are like our sisters. We have them travelling comfortably to the mill, so that they do not get scratched. We care so much about the oil they contain that we do not want to lose all the good there is.

Seeing oil flowing out is a moment of great celebration for us. Just imagine these intense fragrances: every time such a variety is wonderful. We never stop working, but each and all of us taste it to test all its goodness.

Eventually, here it is: our “Selezione Oro� bottle, 100% Italian extra virgin olive oil, versatile and fit for every use, ideal both raw and cooked. We will not add anything else, we do not want to be biased. You can simply experience it firsthand and discover it. What are you waiting for?

Our mill is a blend of ancient and new features, but behind our equipment, we are always there, following every stage, ready to get all possible nutrients, flavours and perfumes of oil from each and every olive.

We take every possible care also when packing it, because quality extra virgin olive oil must be protected from the traps of light, air and temperature. This is why we dress it well: to keep each fragrance unaltered.

w w w. p a n t a l e o . i t - w w w. p a n t a l e o a g r i c o l t u r a . i t

49


cucchiai d’olio extravergine di oliva; 3 spicchi d’aglio; 2 filetti d’acciuga sott’olio; 360 g di orecchiette; peperoncino e pepe quanto basta. Procedimento: mondate le cime di rapa, eliminate cioè le foglie grosse, sciupate, gialle, le parti dure del gambo e selezionate, invece, le infiorescenze e le foglie più tenere, tagliandole in più parti. Lavatele abbondantemente con acqua fresca corrente, facendo attenzione che non rimangano frammenti di terra (solitamente sono abbastanza sporche, un pò

50

come gli spinaci). Tagliate il peperoncino a rondelle. Ponete sul fuoco una capace pentola con abbondante acqua salata e quando questa bolle, versatevi le cime di rapa. Ad avvenuta lessatura, scolate, mantenendo buona l’acqua di cottura, perché, rimessa sul fuoco servirà a cuocere le orecchiette. Intanto in una padella, fate imbiondire, con l’olio, gli spicchi d’aglio schiacciati (o tagliati a fettine), i filetti d’acciuga spezzettati e le rondelle di peperoncino. A doratura avvenuta (non fatelo troppo a lungo, altrimenti il tutto diventerà nero e amaro!), unite le cime di

rapa ben scolate e fatele saltare allegramente. Lessate le orecchiette nella stessa acqua di cottura della verdura e quando saranno più che al dente, scolatele ed unitele al resto nella padella, continuando a farle saltare per una manciata di secondi ancora. Se dovessero risultare asciutte aggiungete un pò d’acqua di cottura e asciugate quanto basta a fiamma viva. Servite immediatamente con un’abbondante grattugiata di pepe, un filo d’olio a crudo e accompagnatelo con uno dei grandi vini caldi e sensuali come la terra di Puglia: Primitivo, Nero di Troia, Negramaro.


51


“Tiella di riso, patate e cozze alla barese” Ingredienti per 6 persone: cozze kg 1,5; patate g 800; pomodori maturi g 700; cipolle g 600; riso Superfino g 500; prezzemolo g 70; 3 spicchi di aglio; pecorino grattugiato; olio d’oliva; sale q.b. Procedimento: aprite e lavate molto bene le cozze;

52

tritate il prezzemolo e l’aglio, tagliate a fettine sottilissime le cipolle e affettate le patate sottili. Tagliate i pomodori. Accendete il forno e portatelo a 180° circa. Ungete d’olio un tegame, possibilmente di coccio, partite con metà delle cipolle, del prezzemolo, dei pomodori, sale e abbondante pecorino. Continuate con circa metà delle patate e tutto il riso monda-

to, cercando sempre di fare uno strato uniforme. Distribuite le cozze sopra il riso e spolverizzate con il restante prezzemolo e il resto delle cipolle, dei pomodori, le rimanenti patate e un filo d’olio. Aggiungete poco a poco dell’acqua fredda leggermente salata, quanto basta per coprire tutti gli ingredienti e cuocete per circa 45 minuti; se necessario, unite ancora acqua bollente.


“La bocca non serve solo per respirare e mangiare, ma è anche un importante organo di comunicazione, pertanto non stupisce che, denti bianchi, splendenti e regolari, sono riconosciuti come un segno di vitalità e di salute del corpo; inoltre, un sorriso accattivante influenza in modo decisivo la fiducia in se stessi.

• LE NOSTRE SPECIALIZZAZIONI • Implantologia dentale • Implantoportesi imputer assistita Riabilitazioni protesiche fisse • Faccette in ceramica • Terapia parodontale Odontoiatria estetica • Chirurgia ossea ricostruttiva • Chirurgia orale Ortodonzia e Ortodonzia invisibile • Odontoiatria Conservativa • Endodonzia Igiene orale e profilassi • Sbiancamento dentale • Radiologia dentale Riabilitazioni protesiche mobili

Studio Odontoiatrico Bari - Dott. Enrico Deodato via Martin Luther King, 37 - 70124 - Bari (BA) - Poggiofranco 080/5045113 - 334/6589425 enricodeodato@gmail.com - www.studiodeodato.it 53


Sant’Ambrogio Non si sono spenti gli echi dei festeggiamenti che i baresi hanno dedicato al loro Santo Patrono e già a Milano stanno iniziando quelli dedicati a Sant’Ambrogio che culminano con la tradizionale Prima della Scala. Si inizia con la Messa celebrata in tutte le chiese, ma la più importante avviene, naturalmente, nella Basilica costruita alla fine del IV secolo per volere del Vescovo Ambrogio nella zona in cui erano stati sepolti i Cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Ambrogio era nato nel 340 a Treviri, una città della Renania, da una delle più illustri famiglie romane; suo padre era titolare di una delle 4 prefetture in cui era diviso l’Impero sotto Diocleziano. Nel 374 il popolo di Milano lo aveva proclamato Vescovo per la sua abilità e capacità di mediatore nel risolvere le contese tra cattolici ed ariani; in un primo momento aveva rifiutato, non sentendosi all’altezza del compito, ma - confermato nella carica dall’Imperatore - in una settimana fu battezzato ed ordinato. Donò tutto il suo patrimonio ai poveri ed impostò la sua vita secondo uno stile austero e contemplativo, prodigandosi caritativamente per i fedeli. Per la sua cultura e la sua sapienza è uno dei 4 massimi “Dottori della Chiesa”. Ambrogio riformò la Chiesa milanese, che per questo da lui

54

assunse il nome di “ambrosiana”. Nel 393, pochi anni prima di morire, con l’Imperatore Teodosio I vietò i Giochi olimpici, che erano visti come una festa pagana, ponendo fine a una storia durata oltre mille anni. Al Patrono di Milano dedichiamo 2 dei piatti più tradizionali della cucina meneghina: la “Cassöeula” e il “Risotto alla Milanese”.

“Cassöeula” “Del maiale non si butta via niente”, recita un vecchio adagio; ecco perché esso occupa un posto di primissimo piano sia sulle mense dei ricchi che su quelle dei poveri. Fino a poco più di mezzo secolo fa in quasi tutte le case si allevava un maiale, che con la sua carne forniva provviste strategiche per un intero anno: il gior-


no della “maialatura” - cosi si chiamava in alcune regioni del centro Italia la sua macellazione - era considerato giorno di festa: un macellaio, detto “norcino” (perché l’arte della conservazione del maiale nasce a Norcia qualche secolo fa), si occupava di ritagliare prosciutti e “acconciare” salami, salsicce, cotechini, pancetta, guanciale, coppa e capocollo, zampone sanguinaccio e via di seguito. Ogni regione, ogni provincia, addirittura ogni paese, ha un suo modo tradizionale di cuocere queste carni; i milanesi hanno la Cassoeula, uno dei piatti tipici invernali a base di verza e delle parti meno nobili del maiale: cotenna, piedini, orecchie e costine. La verza - l’ortaggio più importante dell’inverno - è

dotato di un sapore dolce e delicato; è una varietà di cavolo che possiede quasi tutte le vitamine tanti sali minerali, tra cui zinco e magnesio e favorisce l’assorbimento del ferro. È una verdura salutare, che si acquista a prezzo relativamente basso ed è tra le più gustose e versatili in cucina.

I vecchi ortolani (i verzee) insegnano che va raccolta dopo che ha subito la “gelata”, quando cioè la temperatura è scesa di qualche grado sotto lo zero e le sue foglie, corpose corazzate e opache, “crocchiano” allorché si cerca di aprirle per cercarne il morbido e fresco cuore bianco/verde.

55


Ingredienti per 8 persone (perchĂŠ pensiamo che la cassoeula vada gustata in compagnia): 1 kg di costine di maiale; 250 g di cotenne di maiale; 2 piedini di maiale; 2 orecchie di maiale; 8 salamini verzini; 400 g di luganiga (salsiccia fresca); 2 kg di verza; 1 cipolla; 2 carote; 2 costole di sedano; 1 bicchiere di vino bianco secco; 60 g di burro; sale e pepe, quanto basta. Procedimento: in una pentola, con acqua abbondante e salata, fate bollire le cotenne e le orecchie del maiale, per tre quarti d'ora, e i piedini per un'ora, dopo averli ben raschiati e fiammeg-

56

giati; scolate il tutto e fatelo a pezzetti. Fate rosolare in poco burro le costine fino a quando non si siano colorite, quindi toglietele dalla fiamma e tenetele da parte; alla stessa maniera fate con i verzini (praticate dei buchi con la forchetta) e con la luganiga tagliata grossa. Pulite e lavate bene la verza, senza scolarla eccessivamente, affinchĂŠ tenga nelle foglie poca acqua del risciacquo, mettetela in una pentola, copritela e fatela appena appassire a fuoco lento. In una grande casseruola, nel burro rimasto (50 g circa), fate rosolare la cipolla, il sedano e la carota, previamente tritati e, appena si sono appassiti, unite i verzini

e la luganiga, sfumando con il vino - a fuoco allegro per lasciare evaporare; bagnate con un pò d'acqua e fate cuocere per 10' riducendo la fiamma. Unite la carne e, trascorsi pochi minuti aggiungete le verze e se necessario un pò d'acqua. Fate cuocere per circa un'ora vigilando che la carne si stacchi dalle ossa, aggiungendo acqua, aggiustando di sale e di pepe. Una volta cotta, lasciate riposare la cassoeula per 20' prima di servire. Accompagnate con una buona polenta e con un vino rosso: Bonarda secco, Oltrepo pavese d.o.c., Lambrusco mantovano d.o.c., Gutturnio Colli piacentini d.o.c.


“Risotto alla milanese con zafferano� Ingredienti per 4 persone: 450 g di riso; 120 g di burro; 100 g di formaggio stagionato; 60 g di midollo di bue; 1,7 dl di brodo di carne; 1 cipolla; 2 cucchiaini di pistilli di zafferano.

Procedimento: sciogliete lo zafferano in pochi cucchiai di brodo; mondate la cipolla, affettatela e velo, rosolatela nel burro (del quale terrete da parte una noce) insieme al midollo di bue. Quando il soffritto sarĂ pronto e profumato, tostateci il riso; quando i grani di riso saranno ben tosta-

ti bagnateli con un bicchiere di vino bianco e aggiungete brodo man mano che si asciuga, fino al completamento della cottura del riso. Unite solo in ultimo lo zafferano, poi condite il risotto con burro e Parmigiano e fatelo mantecare per qualche minuto. Rimestate e servite in tavola.

57


58


www.facebook.com/SlowEconomy www.issuu.com/SlowEconomy 59


Punti di distribuzione Bruxelles • Petit rue au beurre, 12 - Ristorante “La Capannina” a due piani nel centro storico, strada che immette nella fantastica “Grand Place” della città belga sede del Parlamento Europeo, con cucina italiana rivisitata al gusto francese e clientela internazionale, primo ristorante italiano in città fondato 50 anni fa da una giovanissima e tenace Anna Bianco emigrante da Noci in Puglia.

Dublino • 208 Lower Rarhmines Road, Dublin 6 - ristorante pizzeria “Il Manifesto”. Infotel: 353 1 496 8096 - m a n i f e s t o r e s t a u r a n t @ gmail.com - www. manifestorestaurant.ie - In Irlanda una vera pizza napoletana, fatta da Salvatore di Salerno che, se è in vena, fa pure il giocoliere con l’impasto, è un miraggio che pure in Italia sarebbe raro.

• Lower Ormonde Quay, Dublin 1 - ristorante pizzeria “Bar Italia”. Infotel: 353 1 874 1000 info@baritalia.ie www. baritalia.ie. Fa onore alla cucina italiana nel mondo, ottimi primi, ottima piz-

60

za, squisita la frittura di calamari e gamberi.

ogni stanza dedicata ad un paese del mondo che produce cioccolata, un museo incredibile. Milano • Ristorante l’”Osteria dei Pirati” - via Fogazzaro, 9 del noto presentatore TV Marco Predolin che offre fantastici menù a base di pesce con musica dal vivo

• Upper Merrion Street, Dublin 2 - “Merrion Hotel” - www.merrionhotel.com. Nel centro storico si nota l’eleganza già dal portale d’ingresso, di fronte al palazzo di governo irlandese. Creato dalla fusione di 4 antiche case in stile georgiano si sviluppa attorno a 2 giardini del XVIII secolo.

Torino • via Santa Chiara, 54 - Ristorante “Asian Fusion”. infotel: 338 8194846. Nel quadrilatero romano non lontano dalla Mole Antoneliana ottime cucine tipiche malese, cinese, giapponese ed Italiana, con pietanze fedeli alle tradizioni ed ai gusti originali, crocevia culinario tra oriente ed occidente. Cuneo • Santuario di Vicoforte - Ristorante albergo “CioccoLocanda” - via F. Gallo,19. infotel: 0174 563312. Website: www.cioccolocanda.it. Del grande artigiano della cioccolata Silvio Bessone

• Residence “Abbadesse Resort” - via Oldofredi e via Abbadesse antico monastero fra i grattacieli del nuovo Quartiere della Moda, Isola di Porta Nuova, magistralmente gestito dal proprietario ing. Antonio Savia.

“Pola Residence” - via Pola Milano. Di fronte al nuovo grattacielo sede della Regione Lombardia, al centro del nuovo quartiere della moda meneghina, e vicino alla Stazione Centrale


Camisano Vicentino (VI) • Ristorante Locanda “Alla Torre da Zemin” - via Torerossa, 39/41 locale n.407 zona 4est infotel: 049 9065621. Nella torre di avvistamento del 1270 sul confine Vicenza/Padova, nei due piani della locanda un incredibile Gianfranco Zemin propone una cucina solo con prodotti di stagione e ingredienti del territorio, dalla “piramide di tartare di tonno su battuta di mango e avocado con salsa di limoni caramellati” alla “suprema di faraona”, indimenticabili i suoi risotti. Se lo si prega Gianfranco, forse, racconterà la storia di Occhi d’Oro e del cavaliere misterioso. Padova • “Q Bar” - vicolo dei Dotto, 3 infotel: 049 8751680. Nella centralissima piazza Insurrezione è elegantissima meta della movida chic padovana e ritrovo dei calciatori del Padova calcio. Dinner&Dance, cucina mediterranea e sofisticata musica live • “Osteria Barabba” - via Vicenza, 47. Marco offre la cucina delle osterie venete in un lounge space, a cominciare dall’ora dell’aperitivo, memorabile quello del mercoledì con ricco buffet, ottimo winebar infotel: 049 8716845 Parma • Ristorante “ I Tri Siochett” strada Farnese, 74/a. Squisiti “tortelli all’erbetta” piatto tipico parmense (grandi ravioli ripieni di spinaci annegati in burro fuso con Parmigiano) e torta fritta (detta anche “gnocchi fritti” nel modenese e nel reggiano, di origine longobarda, semplici sfoglie di pasta per pane fritte in olio che si gonfiano come pan-

zerottini vuoti all’interno) ottima per accompagnare il salame di Felino, il culatello di Zibello ed il prosciutto di Parma, oppure il Parmigiano Reggiano sorseggiando Lambrusco di alta qualità. Collecchio (PR) • Agenzia Viaggi “Tra le nuvole” - via Giardinetto, 6/I. Condotta con competenza e professionalità da Elena Bizzi. Città di Castello (PG) • Ristorante “La Taverna di Mastro Dante” - via Montecastelli Umbro/ Promano in località Coldipozzo, 45. E’ la patria dei prosciutti di montagna di Norcia infotel: 075 8648133

Soliera (MO) • “Hotel Marchi” - via Modena/ Carpi. Situato tra la patria dell’aceto Balsamico e la più bella piazza d’Italia (Carpi), all’incrocio fra l’autostrada adriatica nord/ sud e l’autostrada del Brennero che collega l’Austria ed il nord Europa . Quattro Castella (RE) • Ristorante Albergo “La Madda-

lena” - via Pasteur, 5. Emilio ed Emiliano Montanari accolgono con simpatia ospiti da tutta Italia deliziandoli con salumi parmensi e Parmigiano Reggiano. • Resort B&B “Quattrocolli“ - Via Lenin, 81. Sulla collina tra Parma e Reggio Emilia offre una discreta raffinata ospitalità di lusso San Polo d’Enza (RE) • Ristorante “La Grotta” - via della Resistenza, 2/B. Sulla collina reggiana, fra stalattiti e stalagmiti in grotta con cucina tipica reggiana. Roma • Golf & Country Club “Parco di Roma” - quartiere Cassia, via dei due ponti, 110. Progettista P.B.Dye per un 18 buche “par72” infotel: 06 33653396, direttore architetto Giuseppe Miliè, progettista di campi da golf in tutto il mondo. • Ristorante “Ristovino” quartiere Prati - via Durazzo, 19. Nei pressi dell’emittente televisiva nazionale LA7, è anche caffetteria per ottime colazioni mattutine ed enoteca ben fornita per pranzi o cene che vanno dai tipici piatti romani come gli “gnocchi freschi ai 4 formaggi” a quelli napoletani. Sant’Agata sui due Golfi (NA) • Ristorante albergo “Don Alfonso dal 1890” - corso Sant’Agata, 11/13. Nel cuore della penisola sorrentina si affaccia sul Golfo di Salerno, è considerato tra i primi dieci migliori ristoranti d’Italia, condotto da Alfonso Iaccarino, chef internazionale, che vi ha aggiunto un albergo e la scuola di cucina con showcooking.

61


Orsara di Puglia (FG) • “Piano Paradiso” ristorante. Peppe Zullo noto chef internazionale, riceve ospiti da tutto il mondo. Infotel: 0881 964763 Torre Canne (BR) • Masseria San Domenico e Golf Club. Struttura composta dalla prestigiosa masseria San Domenico e da Borgo Egnazia, resort di alta qualità apprezzata anche da importanti clienti arabi e russi e dai divi di Hollywood, è munita di campo da golf a 18 buche fra gli ulivi secolari ed è affacciato sul mare

da Mosca di pellegrini cristiani ortodossi e, nel quartiere Palese hotel Parco dei Principi, di fronte al nuovo aeroporto Karol Wojtyla, modernissimo e dotato di tutti i confort per clientela business, entrambi della famiglia del vicepresidente Federalberghi di Bari, Antonio Vasile. • Villa Romanazzi Carducci - via Capruzzi, 326. Albergo resort elegante e con architettura di prestigio circondata da splendido parco in pieno centro cittadino, diretto dalla famiglia dell’imprenditore ing. Lorenzo Ranieri, è dotato di suggestive sale convegni sparse nel giardino ed offre la cucina del noto chef prof. De Rosa. • Ristorante Terranima - via Putignani. Nella strada delle banche e della movida, è l’unico ristorante che conserva l’architettura antica, dalle “basole” del pavimento alla coorte che ricorda le piazzette degli artigiani dei secoli scorsi (presenti ancora solo nel centro storico) offre l’inimitabile cucina tipica barese, dalle “strascinate alle patate e cozze”, dalle mozzarelle ai dolci caldi con crema “sporcamuss”

62

Polignano a Mare (BA) • Resort & SPA Borgobianco - Contrada Casello Favuzzi. Moderni arredi interni in una struttura esterna a masseria, intonacata a calce bianchissima che si specchia su di una immensa piscina con idromassaggio, che compone la “Salus per acquam” insieme al centro benessere interno “Unica”. Cinque stelle meritate come meritata è stata l’elezione a presidente “Associazione Albergatori Polignano” di Roberto Frugis socio e marketing manager. Tel: 080-8870001 • B&B dei Serafini - piazza Vittorio Emanuele, 43. Riduttivo chiamarlo B&B perché si tratta di un eccezionale albergo diffuso nel centro storico della città di Domenico Modugno. Sporgendosi dalle case costruite sulla scogliera a picco sul

Bari • Barialto Golf Club. Storica club house pugliese con importante campo da golf.

• Hotel Boston - via Piccinni, 155. A 5 minuti dal centro storico e dalla Basilica di San Nicola, meta

• Hotel Oriente, nel centralissimo Corso Cavour al numero 32, un 4 stelle di lussuosa eleganza, ospita da gennaio 2013 la Golf Club House “Porta d’Oriente”, punto d’incontro al Sud Italia di giocatori ed eccellenze della moda e dell’enogastronomia.

• Radicci Automobili S.p.A. - Via Amendola, 146. Concessionaria Ferrari e Maserati per il Sud Italia ora Concessionaria anche per la dorsale adriatica con la nuova sede di Ancona. Il Gruppo Radicci a Bari, è anche prestigiosa Concessionaria Jaguar e Land Rover.


mare sembra proprio di ascoltare “Volare” o “Nel blu dipinto di blu” onde sonore che da Polignano hanno raggiunto ogni angolo del globo. Putignano (BA) • Proloco - piazza Plebiscito,1. Nel centro storico della città patria degli abiti da sposa e del Carnevale più antico e lungo del mondo. • Fondazione Carnevale di Putignano. via Conversano, 3. • Osteria “Chi va piano” - Via Monache, Putignano, 0802373445 - cell. 3932378898. In un vicolo nascosto di Putignano, Stefano Guglielmi, ex macellaio, ha creato una locanda di eccellenza. Con il suo staff cucina solo teglie di terracotta in un enorme camino utilizzando solo eccellenze enogastronomiche fresche di giornata. Il suo motto è “cibo e vino per andare lontano”.

• B&B “San Domenico” - Estramurale a Levante, 4 - 70017 Putignano (BA) - Cell. 3332284769 - info@bebsandomenico.com. La struttura è in un angolo pittoresco della città, a pochi passi dalla Chiesa di San Domenico con vista sul campanile,

nei pressi di Porta Barsento e dell’interessante centro storico. La struttura è gestita in maniera esemplare da Vincenzo Gigante: la sua gentilezza e le sue attenzioni vi metteranno a vostro agio, facendovi sentire in famiglia. • Agenzia Viaggi Netti - via Tripoli, 63. La signora Netti organizza viaggi in tutto il mondo, pur in tempi del “fai da te via internet”, con una costante ricerca del prezzo più basso col massimo della qualità e della garanzia, facendo inoltre incoming turistica in Puglia con educationals tours, showcooking ed itinerari guidati in posti unici ancora sconosciuti ai grandi tours operators. Noci (BA) • Ristorante “L’antica Locanda” - via S.Santo, 49. In una “gnostra” del centro storico meta di turismo internazionale a novembre per “Bacco nelle gnostre”, di Pasquale Fatalino, chef noto in trasmissioni RAI, che prepara orecchiette con fave e cime di rape ed incantevoli braciole di carne al sugo. in-

Da sinistra: Ignazio Capasso (imprenditore nel campo della plastica), Saverio Buttiglione, lo chef Pasquale Fatalino e Pino Sguera (Presidente di Teleregione) davanti al ristorante Antica Locanda di Noci

dimenticabili come dimostrato dai personaggi del mondo dello spettacolo che lo raggiungono apposta in ogni momento dell’anno.

• Ristorante “Il falco Pellegrino” in località Montedoro a Noci, immerso nella campagna della Murgia pugliese, fra antiche masserie, nel quale lo chef Natale Martucci prepara primi indimenticabili, secondi di pesce fresco o tagliate di manzo podolico, con attenta scelta dei migliori vini regionali.

Conversano (BA) • Ristorante “Savì” - via San Giacomo. Condotto dallo chef Nicola Savino, già chef a Dallas dove ha servito al presidente Bush ed al famoso cantante Frank Sinatra le polpette al sugo pugliesi. Qui ha inventato le crepès pugliesi, panzerottoni (dolci o salati) ripieni di leccornie regionali. Turi (BA) • Ristorante “Menelao” - via Sedile, 46. A Santa Chiara in un palazzo signorile del 1600 nella cittadina custode dell’”oro rosso”, la Ciliegia Ferrovia. Aperto da Michele Boccardi che dopo la laurea in economia e commercio e l’abilitazione di commercialista è diventato Marketing Manager alla Scuola di Economia & Turismo di Londra. Visto il successo ottenuto dall’aver trasformato

63


la masseria fortificata di famiglia “Menelao”, sulla strada per Rutigliano, in eccellenza per la banchettistica, i ricevimenti, le cene di gala ed i meeting, con “Santa Chiara” affronta la sfida della cucina di alta classe internazionale. Dispone di un’ottima cantina di vini ed offre prodotti tipici, sia nazionali che d’oltremare, dai cappelletti con cicoriella campestre su letto di fave alla costata di manzo podolico della Murgia non disdegnando però il salmone Balik norvegese o la costata di manzo della val di Chiano della Toscana. Infotel: 080-8911897. Castellana Grotte (BA) • “Palace Hotel Semiramide” via Conversano. Affascinante albergo immerso nella natura, accanto al parco dei dinosauri in cartapesta, ospita anche la sede italiana dell’Università Europea per il Turismo, a cinque minuti dalle famose Grotte che richiamano visitatori da tutto il mondo per gli affascinanti percorsi carsici sotterranei lunghi chilometri, famose per le eccezionali stalattiti e le stalagmiti della “grotta bianca”. • Ristorante e braceria “Le Jardin Bleu Belle” - via Firenze. Affascinante struttura in legno costruita su quella in pietra dell’antico bar della villa comunale, creandone un unico ambiente che guarda dalle vetrate le cime degli alberi che la circondano mentre si gustano squisiti piatti tipici pugliesi. Alberobello (BA) • Ristorante “Casanova” - via Monte San Marco, 13. Ricavato in un antico frantoio ipogeo sotterraneo in pieno centro fra i trulli patrimonio UNESCO. I soci Ignazio Spinetti (presidente

64

sostenibile. Questo GAL comprende i comuni di Alberobello, Putignano, Castellana Grotte, Turi, Sammichele, Noci, Gioia del Colle.

Associazione Ristoratori Alberobello) e lo chef Martino Convertino offrono l’ottima cucina tipica pugliese indescrivibile a parole perché semplicemente da gustare in silenzio. • Museo del vino Antica Cantina Albea - via Due Macelli, 8. Unico completo museo del vino pugliese produce vino anche per il Vaticano, è la storica cantina che prima dell’unità d’Italia inviava, dalla vicina e collegata stazione ferroviaria, i propri vini per tagliaree migliorare quelli di Bordeaux in Francia. Produce “Lui” negramaro in purezza affinato in barrique primi 12 mesi. • Condotta Slowfood “Alberobello e Valle d’Itria” - via Sisto Sante, 5. Fiduciario Francesco Biasi, promotore dei presidi “salame Capocollo di Marina Franca” (ingrediente delle famose “bombette”), “Cipolla rossa di Acquaviva delle Fonti” e “Pomodorino di oasi protetta Torre Guaceto”. • GAL Terra dei Trulli e di Barsento - Via Bligny, 23. Il primo Gruppo di Azione Locale fra quelli in cui, per zone omogenee, è stata diviso il territorio d’Europa, ad essere partito operativamente con gemellaggi in tutto il continente. I GAL sono un’iniziativa UE, che li finanzia col programma “Leader”, al fine di valorizzare le potenzialità dei territori integrando produzioni agricole, artigianali e di piccola industria per uno sviluppo

Andria (BAT) • Ristorante “Antichi Sapori” contrada Montegrosso. Pietro Zito importante chef internazionale offre la cucina tradizionale pugliese e le antiche erbe ed ortaggi riscoperti e curati nell’immenso orto che ha costruito e nel quale lavora tutta la contrada.

• Cantina Rivera con annessa sala di degustazione, condotta dal presidente di “Movimento Turismo del Vino” Sebastiano De Corato, produce il famoso “Falcone Rivera”. Corato (BA) • Cantina Torrevento condotta dal prof. Francesco Liantonio presidente della “Strada dei vini Castel del Monte” guarda lo splendido maniero ottagonale dell’imperatore Federico II di Svevia “Stupor Mundi” patrimonio UNESCO, dove produce eccellenti vini. Crispiano (TA) • Masseria Resort “Quis Ut Deus”. Una delle inimitabili “Cento Masserie di Crispiano”, affascinanti masserie in pietra e tufo, ristrutturate per resort di livello e aziende agricole di prodotti tipici quali olio extravergine d’oliva e prodotti caseari.


Fasano (BR) • Tenuta Monacelle - Selva di Fasano. Antico monastero di monache del 1700 fatto di trulli, ognuno adibito a stanza d’hotel, con affianco parco nel quale sono ricavate modernissime stanze d’albergo costruite in tufo. Si affaccia dal monte Selva sui sei milioni di ulivi secolari che lo distanziano dal mare di Fasano. Savelletri di Fasano (BR) • Masseria Resort Torre Coccaro - contrada Coccaro, 8. Infotel.:080 4827992. Bianca e splendida sul mare, antica torre

di avvistamento della linea difensiva dalle scorribande dei Saraceni del XVI secolo, che andava dal Gargano al “finibus terrae” Santa Maria di Leuca. Non ci sono parole per descriverla, guardare sul web! La stessa famiglia Muolo possiede la collegata Masseria Torre Maizza infotel: 080 4827838. Un hotel a 5 stelle con campo da golf 9 buche executive “par27” costruito fra gli ulivi secolari ed affacciato sul mare. A Coccaro Golf Club il 4 novembre, festa della Vittoria dell’Italia nella grande guerra, l’Apulia Golf District dell’architetto Giuseppe Germano e Do You Golf di Ester Monacelli hanno organizzato per il Circuito “Eccellenza di Puglia 2012” la 2a edizione della gara Pitch&Putt, 18 buche stableford con 18 squadre e 36 giocatori.

Il buffet preparato dagli chefs della struttura è stato inimitabile. Masseria Torre Coccaro è risultata per il 2012 tra i migliori 10 Beach Hotel nella classifica di “Conde Nast Travel”. Ostuni (BR) • Grand Hotel Masseria Santa Lucia SS.39, km 23.5 località Costa Merlata. Incantevole resort sul mare sotto la città bianca di Ostuni, diretto da Bartolo D’Amico, presidente ADA Puglia, associazione direttori d’albergo. Cellino San Marco (BR) • Cantina Tenuta Albano Carrisi. Prestigioso albergo e ristorante ricavati nella masseria del padre del famoso cantante, don Carmelo, che da il nome al vino più prestigioso qui prodotto. • Cantina Due Palme. Con avveniristica sala convegni ricavata nella bottaia produce vini ormai famosi nel mondo e vincitori di primi premi al Vinitaly di Verona come il “Selva Rossa”. Salice Salentino (BR) • Cantina Conti Leone De Castris. Cantina ricavata nel palazzo dei conti Leone De Castris, dove è nato il primo vino rosè del mondo settant’anni fa,il “Five Roses”. E’ annessa al prestigioso albergo e ristorante di proprietà della famiglia. Lecce • Acaya Golf Resort - Strada per Acaya, km.2 località masseria S.Pietro. Infotel: 0832 861385. Splendido campo da golf rivisto e ristrutturato, anche agronomicamente, dallo studio di architetti “Hurdzan

Fry” per un 18 buche “par71” di 6192 metri, con ben sette ettari di specchi d’acqua, accanto al “Castello di Acaya”, costruito seguendo le nuove esigenze fortificatorie dell’epoca dovute all’affermarsi delle armi da fuoco ed ora esempio di moderno restauro. L’albergo resort della catena Hilton è costruito nel ricordo stilistico degli antichi monasteri con una grande piscina esterna ed un’importante SPA di ben 1200 metri quadri. Bari • Eataly Bari - Lungomare, ingresso monumentale Fiera del Levate: Oscar Farinetti ha voluto portare in Puglia Eataly per il sudItalia, affittando e ristrutturando la parte monumentale della Fiera del Levante, facendo affacciare i ristoranti sul lungomare di Bari, offrendo nel capoluogo pugliese le migliori specialità enogastronomiche italiane, così come Eataly fa ormai in tutto il mondo.

Oscar Farinetti tra il Presidente del Consorzio DOP Pane di Altamura Giuseppe Barile ed il direttore Saverio Buttiglione

www.facebook.com/SlowEconomy - www.issuu.com/SlowEconomy 65


della Redazione

Miss Slow Economy

66

M

Claudia Loseto

iss Slow Economy scelta per il numero di maggio/ giugno è Claudia Loseto (foto con Ferrari “Testarossa” indossa un abito “Rossorame”). Laureata in scienze politiche è una giovane attrice di talento, che però, avendo intrapreso una carriera che dà soddisfazioni più di pubblico che economiche se non si è ancora nella ristretta cerchia delle star famose, nello spirito del nostro magazine, per mantenere la sua autonomia economica, lavora anche come fotomodella, indossatrice ed hostess di convegni, una pugliese nata nella città capoluogo di regione, la cosiddetta “Porta d’Oriente” dell’Europa, la BARI che ha un filo diretto con Mosca grazie alla presenza delle spoglie di San Nicola custodite in basilica del centro storico, venerato anche dai cristiani ortodossi dei Paesi dell’Est.


BEVI RESPONSABILMENTE.

Scopri la specialità autentica del Liquorificio Beltion.

GUSTALO GHIACCIATO

Seguici su 67



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.