6 minute read
L’Arte di trasformare
Videomapping e arte digitale come opportunità di rigenerazione delle città L’ARTE DI TRASFORMARE
Mirco Durante e Andrea Tinazzo
Estratto e rilettura della tesi di laurea "Il video mapping e la rigenerazione dello spazio pubblico attraverso un approccio itinerante" di Mirco Durante e Andrea Tinazzo. Con questo testo parleremo di come la tecnologia connessa al visual possa diventare un potente strumento in mano alle amministrazioni comunali – e non solo – di rigenerazione urbana per una riappropriazione del “milieu culturale” cittadino. Con interessanti ricadute in ambito sociale ed economico
La città é in continuo cambiamento, non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto economico e sociale. Da decenni le grandi fabbriche si sono progressivamente svuotate, alcune si sono trasferite o hanno convertito la loro produzione, altre sono state dismesse.
In questo modo, negli anni, si sono creati grandi vuoti urbani che hanno attivato nelle amministrazioni locali nuove idee di governance urbana, e in alcuni casi i risultati sono stati decisamente positivi, tanto che si sono create interessanti opportunità di rigenerazione sociale.
Dalle grandi città ai piccoli centri, abbiamo osservato un crescente sviluppo di attività inerenti all’arte multimediale la favore del rinnovamento culturale e sociale: l’immagine della città contemporanea é cambiata e la lancetta della bilancia si sposta a favore della tecnologia e della trasformazione. In questo articolo analizzeremo come la tecnologia connessa all’architettura possa diventare un forte strumento di lettura del territorio e di riappropriazione dei luoghi, rafforzando il “milieu culturale” e facilitando la lettura ai “city user”, in particolare attraverso il video mapping. Dalle grandi città ai piccoli centri, abbiamo osservato un crescente sviluppo di attività inerenti all’arte multimediale, a favore del rinnovamento culturale e sociale: l’immagine della città contemporanea é cambiata e la lancetta della bilancia si sposta a favore della tecnologia e della trasformazione.
Arte urbana, arte di pubblico interesse
La presenza dell’arte nelle città é di crescente interesse per i ricercatori di nuove strategie urbane: osserviamo infatti una forte volontà di ritrovare un clima cittadino basato su uno scambio democratico e di partecipazione attiva. D’altro canto, anche l’arte sta mutando, e si sta orientando verso una lettura democratica e partecipata, che spinge gli artisti ad uscire dalle gallerie private per arrivare nelle piazze, nei giardini, nei luoghi pubblici e nelle fabbriche dismesse. L’artista in questo modo non crea più solo arte fine a se stessa, ma si inserisce a fianco del progettista architettonico come “facilitatore sociale”. Pertanto, si inizia a parlare di arte sociale, oppure meglio ancora di arte di pubblico interesse, basata sull’esigenza di chi abita la città, una città che riscopre l’importanza di ricostruire le relazioni perse all’interno dei quartieri attraverso azioni puntuali e simboliche, e di restituire le opportunità, laddove non esistono relazioni sociali, attraverso l’arte e le performance artistiche. Un ottimo esempio di arte sociale é lo Stargate di Vilnius in Lituania, che é riuscito a connettere e creare un tessuto di relazioni sociali, non solo tra i quartieri della stessa città, ma addirittura tra due città di due stati differenti dell’est Europa: Vilnius appunto e Lublino in Polona. L’idea, semplice ma geniale, é stata la creazione di un ponte virtuale tra le persone delle due città attraverso due schermi dotati di telecamere, le quali trasmettevano in diretta le immagini delle rispettive città, geograficamente collocate a 600 km di distanza. Inoltre il ponte digitale, dotato di un profondo significato simbolico, ha aiutato a superare pregiudizi e disaccordi che appartenevano alla storia e alla cultura locale tra i due luoghi. L’attivazione di servizi e attrazioni di questa rilevanza sono in grado di innescare degli scambi socio-economici e culturali capaci di motivare positivamente la popolazione locale.
La scintilla della ricerca culturale
Accade quindi che l’arte diventi un’azione simbolica attiva, utilizzata per stimolare il tessuto territoriale. Le amministrazioni municipali, sempre più coscienti di questa risorsa, hanno iniziato a rispondere con progetti di questo tipo alle esigenze dei cittadini: un esempio concreto é “l’effetto Bilbao” che, grazie ad importanti investimenti architettonici e ad attrazioni artisti che, come il celeberrimo museo del Guggenheim, è stata capace di aumentare la sua capacità di attrattiva ed é diventata una meta turistica ambita, contribuendo allo sviluppo economico di un’intera regione. Questo é possibile solamente attraverso una buona progettazione della performance artistica studiata ad hoc e site-specific. L’arte dovrebbe essere percepita come mobile, flessibile, stimolante, mentre le nuove generazioni la intendono spesso come qualcosa di “vecchio”, noioso, lontano e incomprensibile: il video mapping oppure
l’interazione digitale possono essere attivamente utilizzati per rinnovare il rapporto tra alcune fasce della popolazione e l’enorme patrimonio culturale del nostro Paese. L’arte dovrebbe quindi essere utilizzata come una “scintilla culturale”, capace di avviare un insieme di processi capaci di fare da innesco positivo con lo sviluppo sociale e culturale, ma anche economico, su scala locale come nazionale. Per questo l’arte non deve concludersi con la semplice esibizione, ma dovrebbe anche cogliere l’occasione di coinvolgere un meccanismo di produzione. Una nuova generazione di arte urbana é emersa negli ultimi anni, con tipologie di performance più inclusive: video mapping oppure schermi urbani a LED di grandi dimensioni sono deliberatamente posizionati nelle zone pedonali dei centri urbani, piuttosto che nei percorsi di traffico, nelle tribune sportive o nei centri commerciali, e offrono una serie di interfacce interattive per migliorare la relazione sociale e non solo. Queste aree dedicate alla comunicazione artistica visuale non devono essere viste solo come superfici che catturano l’attenzione attraverso contenuti visivi e narrativi (Digital Signage), ma anche come luoghi per la produzione di nuove forme di rapporti sociali. Da questo punto di vista gli “Urban Screen” possono svolgere un ruolo importante nella generazione di una nuova sfera pubblica a metà tra lo spazio fisico e quello elettronico.
Il video mapping itinerante
Sulle basi di questo approccio conoscitivo nasce, nel 2017 a Torino, l’idea sperimentale di due architetti, Mirco Durante e Andrea Tinazzo, di ‘fare sistema’ tra le installazioni artistiche di video mapping disposte in punti differenti del centro abitato. L’idea consiste nel posizionare i proiettori in luoghi strategici attivando un percorso turistico attraverso la città, in modo da mettere in moto una riscoperta del territorio e riattivare economicamente delle porzioni del tessuto urbano deteriorato. A differenza di altre performance artistiche, questo progetto diventa interattivo grazie a un particolare software che si basa su una semplice lettura del codice QR: utilizzando l’app scaricabile su tutti i cellulari, il fruitore del servizio può leggere il codice posizionato sulla console dell’installazione, di conseguenza il sistema di proiezione connesso all’applicazione riproduce il contenuto predefinito sulla porzione del fabbricato. L’app consente anche altri vantaggi: ascoltare le tracce audio tramite auricolare, in modo da non disturbare costantemente i residenti della zona, oppure la gestione dei biglietto, o l’acquisto di una password che consente di attivare il video mapping subito dopo la lettura del codice QR. Se gli smartphone e i device personali tendono a forme di consumo individuale, gli ‘schermi liquidi’ dei video mapping sono orientati verso forme di impiego collettivo. Ecco quindi che l’idea di video mapping intinerante diventa un “collante sociale” urbano di forte interesse, perché potenzialmente in grado di ricreare una cerniera per ricucire gli spazi urbani attraverso processi non tradizionali. Sotto questo punto di vista la videoproiezione o lo schermo, quindi, diventano una nuova piazza contemporanea, che influisce sul comportamento delle persone in un’esperienza collettiva. In questa ottica, grazie anche all’aiuto del professor Massimiliano Lo Turco del Politecnico di Torino, abbiamo proposto un prototipo a scala ridotta all’interno del Borgo Medievale di Torino come percorso museale. L’obiettivo é testare su misura ridotta un percorso intinerante digitalizzando le opere museali d’interesse, valutando il coinvolgimento delle persone per, successivamente, provare a portare il progetto verso una dimensione urbana più ampia. Un nuovo metodo creativo come questo può diventare un momento fondamentale per la riattivazione dell’urbano. I luoghi devono reinventarsi con nuovi spazi di relazione e di partecipazione nei confronti del pubblico, diventando un vero e proprio processo di “fare la città”. L’arte pubblica non deve essere fine a se stessa ma deve essere orientata ad un percorso conoscitivo e culturale sul territorio che può innescare quei meccanismi di rinnovamento del patrimonio locale.