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Alcune considerazioni per una legge sul consumo di suolo
mitigazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico all’attuazione di politiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto21. La necessità di procedere rapidamente è posta anche dalle necessità che sono indicate dalla recente risoluzione del Parlamento europeo e dalla nuova strategia europea per il suolo per il 2030 già richiamate. La prima proposta di legge per la limitazione del consumo di suolo risale al 2012, quando l’allora Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, presentò il Rapporto “Costruire il futuro: difendere l'agricoltura dalla cementificazione”22 e il disegno di legge “valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo”23, non approvato a causa della fine anticipata della Legislatura. La discussione in questi dieci anni ha riguardato diversi disegni di legge, tra cui quello di iniziativa governativa del 2014, approvato alla Camera il 12 maggio 2016 e poi fortemente revisionato in Senato per rispondere ad alcune criticità relative alle numerose deroghe previste, alla complessa procedura di definizione dei limiti e al fatto che non erano stabilite le percentuali di riduzione da raggiungere nel corso degli anni fino al 2050, ma anche per il mancato rilancio dell’attività edilizia verso una strategia di riqualificazione dell’esistente. Anche in questo caso, però, la fine della legislatura non consentì di arrivare all’approvazione finale. In questa legislatura sono in discussione diverse proposte di legge, da quelle dedicate specificamente al consumo di suolo a quelle invece dedicate principalmente alla rigenerazione urbana e alla protezione del suolo, le cui pratiche ricadute sui temi qui di interesse devono ancora essere chiaramente definite. Recentemente, il 16 maggio 2022, è stato presentato un disegno di legge quadro per la protezione e la gestione sostenibile del suolo (Atto Senato n. 2614), con l’obiettivo di garantire la tutela, il risanamento e la gestione sostenibile dei suoli, di assicurare la riduzione del degrado, la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e la lotta alla desertificazione, anche al fine di mitigare gli effetti del cambiamento climatico e di garantire la sicurezza della filiera alimentare in un sistema complessivo di strumenti e di azioni finalizzati a disciplinare l’intera materia con un’unica legge quadro.
ALCUNE CONSIDERAZIONI PER UNA LEGGE SUL CONSUMO DI SUOLO
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In considerazione del quadro disomogeneo delle norme regionali, delle urgenti necessità di tutela del suolo e dei già richiamati impegni del nostro Paese per raggiungere gli obiettivi di azzeramento del consumo di suolo, è sempre più urgente l’approvazione di un testo che possa dare indirizzi chiari, delineando le azioni ai vari livelli e definire da subito il percorso verso lo stop al nuovo consumo di suolo con un significativo e immediato obiettivo di riduzione, sia per la componente permanente, sia per quella reversibile, vigente ai vari livelli amministrativi. L’obiettivo nazionale è necessario per inquadrare e orientare le possibilità di trasformazione e di sviluppo del territorio e per garantire l’adeguamento, in tempi non troppo lunghi, degli strumenti urbanistici e l’adozione di tecniche di ripristino, di recupero e di de-impermeabilizzazione del suolo. L’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto, ovvero il bilancio alla pari tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici agricole, naturali e seminaturali dovuto a interventi di recupero, demolizione, de-impermeabilizzazione, rinaturalizzazione, deve essere visto anche come un motore di rigenerazione e ridisegno del tessuto urbano e come un’opportunità per la riqualificazione edilizia, urbana e territoriale, che deve essere raggiunto attraverso la contemporanea messa in opera di tutte le azioni possibili per mettersi in linea con gli obiettivi a livello nazionale, europeo e globale. Il testo dovrebbe evidenziare l’importanza di un monitoraggio continuo e omogeneo che in Italia, come previsto dalla L.132/2016, viene assicurato da ISPRA e dalle ARPA/APPA nell’ambito del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA).
21 Come, del resto, ribadito anche dalla Corte dei Conti con la deliberazione del 31 ottobre 2019, n. 17/2019/G in cui si ribadisce che il consumo di suolo contribuisce a rendere sempre più fragile il nostro Paese e a esporlo a una spesa pubblica crescente. 22 http://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8850 23 AS 3601 dell’11 dicembre 2012.
Le definizioni dovrebbero essere adeguate dal punto di vista tecnico-scientifico per rendere possibile un monitoraggio in linea con gli strumenti e con gli obiettivi globali, comunitari e nazionali, assicurando univocità e omogeneità sull’intero territorio nazionale e coerenza con le attività di monitoraggio del territorio previste a livello comunitario e nazionale, a cui ISPRA e SNPA fanno riferimento, eventualmente integrando altri parametri da monitorare, quali le superfici urbanizzate e urbanizzabili secondo gli strumenti urbanistici vigenti. Le definizioni proposte sono quelle utilizzate dal SNPA e ormai adottate, da diversi anni, per il monitoraggio su tutto il territorio nazionale: a) “consumo di suolo”: variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato), con la distinzione fra consumo di suolo permanente (dovuto a una copertura artificiale permanente) e consumo di suolo reversibile (dovuto a una copertura artificiale reversibile); b) “consumo di suolo netto”: l'incremento della copertura artificiale del suolo al netto delle aree in cui è avvenuta una variazione da una copertura artificiale (suolo consumato) a una copertura non artificiale del suolo (suolo non consumato); c) “copertura artificiale del suolo”: la presenza di una copertura biofisica artificiale del terreno di tipo permanente (edifici, fabbricati, infrastrutture pavimentate o ferrate, altre aree pavimentate o dove sia avvenuta un’impermeabilizzazione permanente del suolo) o di tipo reversibile (aree non pavimentate con rimozione della vegetazione e asportazione o compattazione del terreno dovuta alla presenza di infrastrutture, cantieri, piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi o depositi permanenti di materiale; impianti fotovoltaici a terra; aree estrattive non rinaturalizzate; altre coperture artificiali non connesse alle attività agricole in cui la rimozione della copertura ripristini le condizioni naturali del suolo); d) “impermeabilizzazione del suolo”: il cambiamento della natura del suolo mediante interventi di copertura artificiale permanente tali da eliminarne o ridurne la permeabilità. Si dovrebbe, quindi, tenere in considerazione che ci sono diverse forme di consumo di suolo e, conseguentemente, diversi impatti sulla perdita di questa risorsa. Pertanto, dovrebbe essere prevista almeno la suddivisione tra consumo di suolo permanente e consumo di suolo reversibile, sempre in considerazione dello stato di fatto e non della destinazione d’uso. Si dovrebbero limitare al massimo le deroghe, se possibile evitandole del tutto. L’inserimento di eventuali eccezioni ostacola, infatti, le attività di monitoraggio del fenomeno e potrebbe creare disomogeneità significative sul territorio, anche in considerazione del diverso stato degli strumenti di pianificazione vigenti. Tutte le diverse tipologie di consumo di suolo dovrebbero rientrare all’interno della quantificazione e dei relativi limiti, lasciando alle amministrazioni, in caso di necessità (ad esempio, in caso di un’infrastruttura strategica di livello sovracomunale), la possibilità di una diversa ripartizione interna. Andrebbe evitato anche l’inserimento di deroghe in una fase transitoria, che potrebbe costituire un incentivo temporaneo al consumo di suolo. Si dovrebbero porre il “saldo zero di consumo di suolo” e, considerando i limiti dei processi di recupero, l’”azzeramento del consumo di suolo” al centro delle politiche e dei programmi di rigenerazione, come un motore per la riqualificazione edilizia, urbana e territoriale. La rigenerazione, infatti, può funzionare solo se parallelamente si ferma il consumo e si rende così economicamente vantaggioso intervenire sull’esistente, diversamente, stenterà soprattutto nelle aree a bassa rendita fondiaria e immobiliare a meno di non favorire negativi processi di gentrificazione. A tal fine sarà necessario intervenire anche attraverso strumenti di incentivazione e disincentivazione efficaci per Amministrazioni e privati che stimolino il recupero, la riqualificazione e la rigenerazione assicurando il mantenimento (o l’incremento) della permeabilità e della copertura non artificiale del suolo, dei servizi ecosistemici e lo sviluppo di nuove infrastrutture verdi, temi che potrebbero essere considerati anche nell’ambito della revisione del decreto interministeriale 1444/68 sugli standard urbanistici. Negli strumenti urbanistici di livello comunale dovrà essere integrata la "gerarchia del consumo di suolo" (Figura 6), come definita dalla nuova strategia europea per il suolo per il 2030 e dare assoluta priorità, quindi, al