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La rigenerazione urbana
riutilizzo di aree già costruite e impermeabilizzate, evitando nuove costruzioni e impermeabilizzazioni su suoli vegetati o permeabili. Si dovrebbe considerare, infine, l’opportunità di inserire un termine di decadenza delle previsioni di piano non attuate24 e di indirizzare i Comuni verso la revisione degli strumenti urbanistici in riduzione.
LA RIGENERAZIONE URBANA
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Il complesso dei testi sulla rigenerazione urbana ha ad oggetto un ampio quadro di disposizioni, dall’adozione di una cornice di definizioni, alla previsione di appositi strumenti, anche finanziari e in termini di monitoraggio, anche con riferimento al fenomeno della dispersione delle aree edificate e per i profili di attuazione e coordinamento. La rigenerazione urbana e territoriale viene spesso proposta come uno strumento utile ad evitare il consumo di suolo e sicuramente rappresenta una priorità per ripensare, in direzione di una sempre più necessaria e urgente transizione ecologica, l’assetto di un territorio diventato, nel corso del tempo, sempre più fragile e poco attrezzato ad affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici e dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema. La rigenerazione, per essere sostenibile, deve quindi intervenire sull’esistente, senza portare a nuovo consumo di suolo, ovvero senza causare la perdita di porzioni di suolo non ancora artificiali, da considerare come risorse limitate e non rinnovabili, beni preziosi per la comunità, da valorizzare nelle loro funzioni naturali anche attraverso le stesse iniziative di promozione della rigenerazione. Non si può nascondere che molte leggi regionali, seppure abbiano la finalità del contenimento del consumo di suolo, riportano ad alcune “definizioni” che non considerano come consumo di suolo quello effettuato all’interno di perimetri di aree urbanizzate o su suoli destinati all’urbanizzazione, seppure allo stato ancora liberi. Questo tipo di classificazione, divergente da quella ormai consolidata e ufficiale a livello nazionale ed europeo, finisce per incentivare l’ulteriore artificializzazione mascherata da utilizzo di aree già “occupate”, quando invece produce consumo di suolo e perdita di servizi ecosistemici, vanificando lo sforzo per raggiungere l’obiettivo fondamentale di tutelare il suolo, anche in ambito urbano. I dati annuali del monitoraggio del territorio in Italia evidenziano, infatti, come i suoli urbani, quelli candidati alla rigenerazione, siano stati quelli dove il fenomeno del consumo di suolo si è maggiormente intensificato negli ultimi anni, portando alla scomparsa di preziosissime aree permeabili, aggravando la frequenza e l’intensità di allagamenti e di ondate di calore e causando la perdita di aree verdi fruibili dai cittadini, di biodiversità e di servizi ecosistemici. In questi casi è probabile che ci si limiti ad assecondare un processo guidato prevalentemente dalla rendita che porta alla densificazione del tessuto urbano e alla saturazione dei preziosi spazi verdi rimasti all’interno delle aree urbane (spesso chiamati ‘vuoti urbani’ per negarne l’importanza ecologica e sociale). Questi spazi naturali in ambiente urbano, anche quando non rientrano della categoria “verde urbano”, sono essenziali per la qualità della vita dei cittadini, dell’ambiente e del paesaggio, oltre a essere fondamentali per il corretto deflusso delle acque meteoriche, per la mitigazione del rischio idrogeologico, per l’adattamento ai cambiamenti climatici, per la riduzione dell’isola di calore, per il mantenimento della biodiversità e, a volte, anche per la produzione agricola. Per questo la rigenerazione urbana dovrebbe essere l’occasione per contribuire a rendere le nostre città più sostenibili e resilienti, migliorando la capacità di fornire servizi ecosistemici e riducendo il degrado ambientale e territoriale, intervenendo sull’esistente per tutelare i suoli naturali e le aree agricole.
24 La separazione tra piani strutturali e operativi, introdotta da alcune Regioni a metà degli anni '90, serviva in primis a garantire la decadenza delle previsioni operative allo scadere dei cinque anni di validità dello strumento; nonostante alcuni ricorsi di privati contro la decadenza così determinata, la giurisprudenza ha sancito l'efficacia di tale dispositivo. Si potrebbe riprendere, ad esempio, l’art. 18 della Legge Regionale 11/2004 del Veneto che, al comma 7, prevede che “decorsi cinque anni dall’entrata in vigore del piano decadono le previsioni relative alle aree di trasformazione o espansione soggette a strumenti attuativi non approvati […]” e che, al comma 9, prevede che “l’approvazione del piano e delle sue varianti comporta la decadenza dei piani urbanistici attuativi (PUA) vigenti limitatamente alle parti con esso incompatibili espressamente indicate, salvo che i relativi lavori siano oggetto di convenzione urbanistica già sottoscritta ed efficace”.
Figura 8. Un edificio abbandonato
Senza arrestare il consumo di suolo la rigenerazione urbana non potrebbe perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale, che ne rappresentano uno dei principi fondanti. La rilevanza della rigenerazione urbana come strumento è, tra l’altro, nata proprio dal dibattito su come tutelare il suolo da ulteriore consumo, assicurando che le aree non ancora artificiali, beni preziosi per la comunità all’interno e all’esterno del tessuto urbano, mantengano o migliorino le loro funzioni naturali. La rigenerazione urbana, per essere sostenibile, è rigenerazione senza consumo di suolo. L’impegno di ISPRA (e dell’intero SNPA) è da anni concentrato, anche in questo campo, sulle attività di monitoraggio delle trasformazioni urbane e sulla valutazione dei loro impatti, al fine di fornire dati e informazioni autorevoli e trasparenti a supporto dei processi decisionali e delle attività di governo e di gestione del territorio. Il tema è, comunque, oggetto di ampio dibattito a livello nazionale, anche in considerazione di quanto previsto dal PNRR e si richiama, tra le altre, la posizione dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), che ha recentemente pubblicato un “Decalogo per la rigenerazione urbana” (ANCE, 2022), comprensivo di una serie di proposte presentate negli ultimi anni da diversi soggetti (istituzioni, università, professionisti, operatori economici) sul tema della rigenerazione urbana. All’interno del decalogo viene indicato l’obiettivo del “saldo zero” di consumo di suolo come principio fondamentale sul quale basare gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Viene anche ribadita la necessità di definizione, a livello nazionale, della quota di riduzione progressiva del consumo di suolo, e viene proposta la definizione di criteri per la ripartizione tra le Regioni e le Province autonome di questa quota, per riuscire a rispettare gli obiettivi dell’Agenda 2030. Alcuni punti del decalogo sintetizzano efficacemente le azioni necessarie a garantire la rigenerazione urbana come strumento chiave anche per rivedere in chiave di maggiore sostenibilità ambientale gli insediamenti urbani e le aree costruite. Tra questi, si possono citare: - la definizione di rigenerazione urbana e la dichiarazione di interesse pubblico degli interventi; - la definizione della quota di riduzione progressiva di consumo a livello nazionale e regionale e le rinaturalizzazioni e le de-impermeabilizzazioni come