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Gli scenari futuri
c) individua in via preliminare le aree che necessitano di trasformazione e riqualificazione, anche ai fini di attivare programmi e progetti di housing sociale. 2. L'individuazione delle aree potenzialmente interessate dagli interventi di cui al presente Capo, effettuata ai sensi del comma 1, è portata a conoscenza del pubblico al fine di acquisire le manifestazioni di interesse, in via preliminare, dei proprietari e degli operatori interessati, anche su aree diverse rispetto a quelle già individuate […] 3. Le proposte trasmesse ai sensi del comma 2 non generano diritti a favore dei soggetti proponenti. 4. Il Comune valuta le proposte sulla base dei criteri stabiliti con il regolamento di cui all'articolo 9, in ragione della migliore rispondenza all'interesse pubblico. Il Comune, quindi, provvede alla programmazione di attività volte alla riqualificazione e al contenimento delle espansioni urbane mediante l'adozione del Programma operativo per la riqualificazione urbana (PORU), avente valore di piano attuativo ai sensi della legge regionale 5 agosto 1992, n. 34. La Regione Toscana, con la LR 6 agosto 2021 n. 31 “Interventi normativi collegati alla prima variazione al bilancio di previsione finanziario 2021-2023”, riconosce che le norme, di carattere legislativo e regolamentare, del D.P.R. 380/2001 “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” costituiscono principi nella materia edilizia a cui il legislatore regionale deve adeguarsi. La norma regionale prevede di: a) recepire, in relazione ai poteri di deroga al piano strutturale e al piano operativo, quanto previsto all’articolo 14 del D.P.R. 380/2001 come innovato dal D.L. 76/2020, ferma restando l’attuale impostazione dell’articolo 97 della LR 65/2014 che distingue tra deroghe al piano strutturale e deroghe al piano operativo; b) intervenire sulle categorie funzionali e sui mutamenti delle destinazioni d’uso in adeguamento all’articolo 23ter, comma 2, del D.P.R. 380/2001; c) adeguare alla nuova riscrittura della lettera e.5) del comma 1 dell’articolo 3 del D.P.R. 380/2001, la definizione degli interventi di nuova costruzione, escludendo da tale nozione alcune tipologie; d) ampliare la definizione di ristrutturazione edilizia in recepimento delle novità introdotte dalla lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 del D.P.R. 380/2001 come modificato dal D.L. 76/2020 convertito dalla L. 120/2020, nonché ridefinire la nozione della sostituzione edilizia che si delinea come categoria di intervento residuale in cui confluiscono tutti gli interventi di demolizione e ricostruzione non rientranti nella ristrutturazione edilizia; e) ampliare il concetto di “tolleranza costruttiva” ai sensi dell’articolo 34-bis inserito nel D.P.R. 380/2001 dal D.L. 76/2020 convertito dalla L. 120/2020 (Art. 34 bis, comma 1: Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo), disciplinando le modalità procedurali di riconoscimento e segnalazione di tali tolleranze da parte del tecnico abilitato e chiarire il campo di applicazione di tale concetto.
GLI SCENARI FUTURI
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Alla luce di questo complesso e articolato sistema di obiettivi, politiche e azioni a diverso livello, è difficile realizzare una valutazione realistica degli scenari di trasformazione del territorio italiano. Di certo, nel caso in cui la velocità di trasformazione dovesse confermarsi pari a quella attuale anche nei prossimi anni, si potrebbe stimare il nuovo consumo di suolo, che sarebbe pari a 1.836 km2 tra il 2021 e il 2050 e a 570 km2 se l’azzeramento fosse anticipato al 2030 (Figura 9). Se invece si dovesse tornare alla velocità media registrata nel periodo 2006-2012, si supererebbero i 3.000 km2. Nel caso in cui si attuasse una progressiva riduzione della velocità di trasformazione, ipotizzata nel 15% ogni triennio, si avrebbe un incremento delle aree artificiali di 403 km2, prima dell’azzeramento al 2030, o di 826 km2, prima dell’azzeramento al 2050. Sono tutti valori molto lontani dagli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 che, sulla base delle attuali previsioni demografiche, imporrebbero addirittura un saldo negativo del consumo di suolo. Ciò significa che, a partire dal 2030, la “sostenibilità” dello sviluppo richiederebbe un aumento netto delle aree naturali di 269 km2 o addirittura di 888 km2 che andrebbero recuperati nel caso in cui si volesse anticipare tale obiettivo a partire da subito. Considerando i costi annuali medi dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, sia per la componente legata ai flussi, sia per la componente legata allo stock (v. § La
perdita di servizi ecosistemici del suolo), si può stimare, se fosse confermata la velocità media 2012-2021 anche nei prossimi 9 anni e quindi la crescita dei valori economici dei servizi ecosistemici persi, un costo cumulato complessivo, tra il 2012 e il 2030, compreso tra 78,4 e 96,5 miliardi di euro.
Figura 9. Scenari di consumo di suolo in Italia (km2 di suolo consumato a livello nazionale al 2050). Fonte: elaborazione ISPRA
Figura 10. Consumo di suolo per la realizzazione di due fabbricati all’interno del tessuto urbano a Desenzano del Garda, in provincia di Brescia. In basso a sinistra circa 10.000 m2 di perdita di aree vegetate, sulla destra circa 2.500 m2. Immagine 2020 a sinistra, 2021 a destra