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Consumo di suolo e influenza diretta e indiretta sulla fornitura di servizi ecosistemici
CONSUMO DI SUOLO E INFLUENZA DIRETTA E INDIRETTA SULLA FORNITURA DI SERVIZI ECOSISTEMICI
Contributo a cura di Fausto Manes (Dipartimento di Biologia Ambientale, Sapienza Università di Roma), Lina Fusaro (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la BioEconomia), Alessandro Sebastiani (Dipartimento di Biologia Ambientale, Sapienza Università di Roma) Il processo di urbanizzazione ha causato un aumento della superficie impermeabilizzata e quindi una perdita di suolo, influendo negativamente sulla qualità ambientale. Le aree metropolitane si caratterizzano per un basso livello di naturalità e presenza di aree verdi, come si evince dagli elevati valori di radianza notturna rilevati sul territorio nazionale (Figura 213). È possibile notare come le aree maggiormente antropizzate, ed in particolar modo le principali città metropolitane italiane, mostrano elevati valori di radianza notturna, evidentemente legata al consumo di suolo. Le proprietà fisiche dei materiali artificiali alterano il bilancio energetico a scala locale (Assennato et al., 2022), il ciclo idrologico e quello del carbonio. L’urbanizzazione diffusa, che caratterizza l’espansione urbana degli ultimi anni, esercita un impatto negativo in termini di incremento di inquinanti atmosferici derivanti da traffico veicolare, che contribuisce per il 27% alla concentrazione di particolato atmosferico nelle aree urbane a scala globale (Heydari et al., 2020). In tale contesto un ruolo importante è svolto dalle aree verdi, come le foreste urbane e periurbane, che forniscono numerosi Servizi Ecosistemici (SE) che migliorano la qualità dell’aria (Manes et al., 2016), mitigano l’effetto isola di calore che caratterizza il tessuto urbano (Marando et al., 2019), prevengono il rischio di inondazioni (Farrugia et al., 2013) e consentono di migliorare il livello di biodiversità. Inoltre, è oggi ampiamente riconosciuta l’influenza dei SE (Servizi Ecosistemici) sul benessere psicofisico dell’uomo e le opportunità culturali offerte da tali spazi per le interazioni sociali (Enssle e Kabisch, 2020; Lausi et al., 2022). Ultimo, ma non ultimo, è importante ricordare come l'esposizione dei cittadini al verde, eserciti un effetto positivo diretto sulla salute con particolare riguardo alle malattie cardiovascolari (Orioli et al., 2019). L’Europa ha ampiamente riconosciuto il ruolo e il valore dei SE nelle aree metropolitane. La nuova strategia dell'UE per la biodiversità al 2030 (CE, 2020) evidenzia la necessità di mettere a dimora alberi nelle aree urbane e periurbane per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici e per ridurre i rischi ambientali che da essi derivano, creando nuove opportunità di lavoro. La strategia UE auspica infatti la messa a dimora di almeno 3 miliardi di alberi entro il 2030, invitando le città con più di 20.000 abitanti a sviluppare un ambizioso programma di forestazione urbana al fine di fornire spazi verdi accessibili e migliorare i collegamenti tra le infrastrutture verdi. ll Leaf Area Index (LAI), definito come l'area della superficie fogliare per unità di superficie di suolo (Robinson e Lundholm, 2012) fornisce importanti informazioni sulla struttura della vegetazione. Manes et al (2016) hanno osservato una correlazione positiva tra LAI e quantità di inquinanti atmosferici rimossi da parte della vegetazione, evidenziando come esso sia un indicatore chiave per la valutazione dei SE di regolazione. Le rilevazioni di LAI in campo sono estremamente dispendiose in termini di tempo e di risorse economiche, in quanto richiedono l’impiego di personale qualificato e di un’apposita strumentazione; per questo motivo, sono generalmente condotte su piccole aree come filari alberati o parchi urbani. Una valida alternativa alle misure in campo è rappresentata dalle stime di LAI derivate da dati satellitari. Gran parte di questi prodotti sono gratuiti, distribuiti in tempo quasi reale (Fuster et al., 2020; Jiang et al., 2010) e possono coprire aree molto vaste in maniera continuativa durante il corso dell’anno. Tra i prodotti più largamente utilizzati per la stima del LAI vi sono quelli derivati dal satellite MODIS e quelli distribuiti nell’ambito del programma europeo Copernicus Global Land Service; entrambi sono stati validati in numerosi biomi a livello internazionale e in diversi periodi dell'anno, mostrando un’accuratezza apprezzabile (Serbin et al., 2013; Yan et al., 2016). Tuttavia, questi prodotti possono fornire soltanto un contributo limitato alle nuove strategie di pianificazione urbana, in quanto la loro risoluzione spaziale è compresa tra i 500 m e i 300 m, non consentendo studi di dettaglio (Figura 214). In questo contesto, le stime di LAI ottenute elaborando immagini satellitari multispettrali come Sentinel-2 (Figura 215), con risoluzione spaziale di 10 m, possono rappresentare un valido strumento per studi a scala locale (Dong et al., 2020; Meyer et al., 2019; Fusaro et al., 2017).
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Figura 213. Mappa di inquinamento luminoso elaborata a partire da dati NASA VIIRS (Visible Infrared Imaging Radiometer Suite). I crediti appartengono a Jurij Stare creatore del sito www.lightpollutionmap.info. Il prodotto mostrato è il NASA's Black Marble nighttime lights product (2021)
Figura 214. Leaf Area Index stagionale estivo ed invernale. Le mappe sono state derivate dall’elaborazione dei dati del programma europeo Copernicus Global Land Service. Aree montane dall’elevato valore naturalistico, dove il consumo di suolo è ridotto (es. l’arco alpino e la dorsale appenninica) mostrano un valore di LAI medio estivo anche pari a 6
Figura 215. LAI della città metropolitana di Roma per la stagione estiva e per quella invernale, derivato da dati satellitari Sentinel-2
Tuttavia, ad oggi, solo poche ricerche hanno validato la performance dei dati Sentinel-2 nella stima del LAI in ecosistemi forestali mediterranei (Chrysafis et al., 2020). Nella Figura 215 è interessante notare che i valori più elevati di LAI sono riscontrabili, nelle aree periurbane, dove vi è una minor incidenza di consumo di suolo ed un minor impatto antropico. Tali aree, che durante la stagione estiva mostrano un LAI anche superiore a 5, sono in molti casi soggette a importanti vincoli di tutela; esse includono infatti Parchi Regionali (Parco Regionale dei Castelli Romani, Parco Regionale dei Monti Simbruini, Riserva statale del Litorale Romano) e aree facenti parte della Rete Natura2000. La vegetazione svolge un ruolo essenziale nella rimozione del particolato atmosferico, il quale è responsabile in Italia di un rilevante numero di morti premature (59.817 nel 2019) (EEA, 2021). Nella Municipalità di Roma le foreste urbane e periurbane arrivano a rimuovere 0,1837 Mg ha-1 di PM10, per un totale di 293 Mg/anno che corrisponde, in base alla stima delle esternalità negative, ad un valore monetario di 31,5 milioni di euro l’anno (Fusaro et al., 2017; valore di esternalità aggiornato da EEA, 2021). La rimozione del PM, pur fornendo numerosi benefici per la salute dei cittadini, determina danni alla vegetazione, in quanto il PM viene adsorbito sulla superficie fogliare e incluso all’interno delle cere epicuticolari, esercitando un’azione ossidativa a carico dell’apparato fotosintetico dovuta ai metalli presenti nel materiale depositato (Fusaro et al., 2021; Frezzini et al., 2022). Gli stress ossidativi possono causare una perdita di funzionalità delle piante, diminuendo la capacità di fornire Servizi Ecosistemici (Fusaro et al., 2017). L’impatto di questo effetto dannoso dipende non solo dal carico ossidativo, ma anche dalla diversa sensibilità delle specie vegetali agli stress ambientali, che varia in relazione a diversi tratti funzionali, soprattutto a livello fogliare. Specie latifoglie sempreverdi, come Quercus ilex L., ampiamente presente nelle foreste urbane e periurbane mediterranee, e nell’arredo verde delle città, presentano un grado di sclerofillia e un pool costitutivo di molecole antiossidanti che conferiscono un maggior grado di tolle-
ranza allo stress indotto dal particolato e da altri inquinanti ad azione ossidativa come l’ozono troposferico (Manes et al., 2007). Tuttavia, un recente studio svolto nell’area urbana di Roma, ha evidenziato che il meccanismo di azione del particolato potrebbe danneggiare anche specie resistenti come Q. ilex, diminuendo l’efficienza della fotochimica primaria anche del 46 % (Fusaro et al., 2021). La misura della fluorescenza della clorofilla a, una tecnica non distruttiva e non invasiva, che permette di analizzare l’insieme delle variazioni funzionali dell’efficienza fotosintetica totale, ha consentito di evidenziare un’azione di “ombreggiamento” operata dal PM adsorbito sulla lamina fogliare, che esercita un effetto di schermo fisico per la radiazione solare. È interessante sottolineare che tale effetto è stato evidenziato solamente su foglie di leccio campionate in siti urbani prossimi ad arterie ad elevato traffico veicolare, con concentrazioni medie annuali di PM più elevate (Fusaro et al., 2021). L’analisi della fluorescenza consente quindi un rapido screening degli stress in ambito urbano, connessi al consumo di suolo, con importanti ricadute per il monitoraggio ambientale. Inoltre, l’effetto di danno indiretto svolto dal PM evidenziato da tale studio, può avere un impatto sulla produttività primaria, riducendo in generale il processo di assimilazione del carbonio che è alla base della fornitura dei SE di regolazione. Un recente studio ha analizzato il miglioramento della qualità dell’aria operato dalla vegetazione della Tenuta Presidenziale di Castelporziano, evidenziando come una perdita di copertura vegetale pari al 6,8%, abbia determinato una diminuzione del PM adsorbito del 39% (Conte et al., 2022). Alla luce dei numerosi casi studio effettuati in aree urbane e periurbane emerge dunque la necessità di studiare i processi complessi come il consumo di suolo utilizzando approcci integrati che siano capaci di rappresentare con una visione d’insieme i principali tratti funzionali alla base della fornitura dei SE (Sebastiani et al., 2021a e b; Muresan et al., 2022). Per potenziare la fornitura dei SE (Manes et al., 2012; Blasi et al., 2017), occorre sviluppare delle strategie innovative di pianificazione del territorio, soprattutto a scala urbana, incentivando l’utilizzo di adeguati indicatori morfo-funzionali acquisiti a differente scala spazio-temporale.