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Big EO data per la stima degli hot spot termici urbani tramite cloud computing
BIG EO DATA PER LA STIMA DEGLI HOT SPOT TERMICI URBANI TRAMITE CLOUD COMPUTING
Contributo a cura di Alfonso Crisci (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la BioEconomia), Giulia Guerri (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la BioEconomia), Marco Morabito (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per la BioEconomia) Negli ultimi anni, i satelliti di osservazione della Terra hanno generato grandi quantità di dati geospaziali che sono liberamente disponibili per i ricercatori che poi forniscono elaborati cartografici o indicatori di impatto sintetici utili per la società (Gomes et al., 2020). Al giorno d'oggi, i dati di osservazione della Terra, denominati EO data, (Earth Observation data) svolgono un ruolo cruciale nella comprensione dei processi sul nostro pianeta, permettendoci di fare grandi passi avanti nel monitoraggio del cambiamento ambientale, rilevamento del rischio e analisi strutturali urbane (Stromann et al., 2020). Le ultime generazioni di satelliti stanno acquisendo volumi sempre più significativi di dati con una copertura globale completa, una maggiore risoluzione spaziale e una risoluzione temporale impressionante (Ravanelli et al., 2018). Infatti, sta affermandosi una nuova era dell'EO basata sul paradigma dei “Big EO Data”, in cui saranno sempre più necessari strumenti innovativi in grado di supportare le indagini di telerilevamento al fine di sfruttare tutte le informazioni geospaziali potenzialmente disponibili in esso contenute, contribuire efficacemente allo studio dei fenomeni su scala globale e al monitoraggio di questi in tempo quasi-reale (Gomes et al., 2020). Recentemente, la quantità di dati EO aperti disponibili per la società ed i ricercatori è cresciuta grazie alla policy sui dati adottate dai governi e dalle agenzie spaziali. Tale scenario comporta innumerevoli sfide per le tradizionali infrastrutture di dati spaziali (Spatial Data Infrastructure, SDI) che dovranno affrontare un rinnovamento tecnologico soprattutto per le funzioni relative alla raccolta, elaborazione e diffusione di questi set di big data (Sedona et al., 2019). Sulla base delle informazioni estratte dai Big EO data, i ricercatori mettono a disposizione dei decisori politici utili informazioni necessarie per applicare politiche efficaci per la protezione ambientale e la gestione sostenibile delle risorse naturali. In particolare, l'Istituto per la Bioeconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBE) di Firenze è impegnato in un ampio spettro di attività di ricerca sfruttando dati aperti in vari settori dell’EO quali la meteorologia di base e applicata, la climatologia, il telerilevamento per l'analisi degli ecosistemi, la modellazione dell'impatto meteo-climatico sulla salute (modellazione ambientale) e gli ecosistemi in generale, la gestione dei dati a fini operativi durante le emergenze meteorologiche/climatiche e gestioni dell’uso del territorio. Grande attenzione è stata rivolta anche al tema dell'impatto delle ondate di calore nelle grandi capitali europee (Morabito et al., 2017) e allo studio delle isole di calore urbane e delle anomalie termiche, con analisi dettagliate svolte in molte città italiane e considerando vari elementi urbani come il consumo di suolo e la copertura arborea (Morabito et al., 2015, 2016, 2018, 2021). Inoltre, sono state realizzate esperienze nello sviluppo di soluzioni operative per contrastare gli estremi termici per la popolazione esposta (Casanueva et al., 2019; Morabito et al., 2019) e, a partire da dati satellitari ad alta risoluzione spaziale, è stata prodotta la mappatura degli hot-spot termici superficiali estivi, sviluppando una robusta metodologia che essendo prevalentemente basata su dati open source è quindi facilmente replicabile in qualsiasi contesto metropolitano (Guerri et al., 2021, 2022). La complessità nella gestione e nell’analisi dei big EO data ha recentemente promosso lo sviluppo di numerose piattaforme di cloud computing, tra cui: Google Earth Engine (GEE), Sentinel Hub, Open Data Cube (ODC), System for Earth Observation Data Access, Processing and Analysis for Land Monitoring (SEPAL), openEO, JEODPP, e pipsCloud. All’interno di questo panorama, la piattaforma GEE (Google, 2022), creata da Google nel 2010, appare come la piattaforma di analisi più funzionale e potente sotto il profilo operativo, oltre a mostrare estrema facilità di utilizzo in quanto consente l’analisi scientifica su larga scala, l’elaborazione e la relativamente rapida visualizzazione di set di dati geospaziali (Ravanelli et al., 2018). GEE, grazie ad un'infrastruttura dedicata di High Performance Computing (HPC), consente di accedere facilmente e rapidamente a più di trent'anni di archivi di dati geospaziali, tra cui immagini storiche e set di dati scientifici, ma anche serie di dati socioeconomici e topografici. Attraverso l’utilizzo dei dati delle recenti missioni e programmi satellitari (come Landsat, Modis, Aster, e Sentinel), è possibile effettuare analisi relative ai cambiamenti
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delle risorse naturali, dei processi superficiali urbani e climatici su larga scala. Prima di essere resi disponibili, questi set di dati sono pre-processati, consentendo quindi un accesso efficiente e rimuovendo molte barriere associate alla gestione di dati (Gorelick et al., 2017). In questo modo, molte delle limitazioni relative al download, alla memorizzazione e all'elaborazione dei dati, che di solito si verificano quando viene analizzata una quantità così grande di “big EO data”, vengono superate senza sforzo (Gorelick et al., 2017; Nascetti et al., 2017). Queste caratteristiche hanno attirato l'attenzione di ricercatori di diverse discipline, che hanno integrato GEE in diverse applicazioni di terze parti (Gorelick et al., 2017). Grazie alla disponibilità di oltre 800 funzioni per la gestione di grandi set di dati EO e la possibilità di condividere script e risorse con altri utenti della piattaforma, le caratteristiche di GEE hanno motivato il suo utilizzo da parte dei ricercatori della comunità EO. Tuttavia, è importante considerare che vi sono alcuni limiti legati all’esportazione dei dati e al fatto che gli script utilizzano algoritmi implementati internamente dalla piattaforma e non possono essere estesi sul lato server. Pertanto, GEE non può garantire che un'analisi effettuata sulla piattaforma possa essere riprodotta in futuro, poiché tali algoritmi interni possono essere modificati o interrotti dalla piattaforma in qualsiasi momento (Google, 2022). Innumerevoli studi hanno dimostrato l'utilità di GEE in vari settori di ricerca relativi a remote sensing nelle aree urbane, ad esempio nelle valutazioni dello stato della vegetazione (Ranti et al., 2022; Duan et al., 2019; CamposTaberner et al., 2018) e nell’analisi della temperatura superficiale terrestre (Jamali et al., 2022; Ermida et al., 2020; Ravanelli et al., 2018). In particolare, le attività di ricerca CNR-IBE hanno previsto lo sviluppo di codici all’interno della piattaforma GEE e il software statistico R (R Core Team, 2022), finalizzati al calcolo della temperatura superficiale (Land Surface Temperature, LST) che rappresenta un importante parametro geofisico del comportamento termico, utilizzato in numerosi studi per l’analisi dell’isola di calore urbana (Morabito et al., 2021). Le immagini Landsat-8 delle missioni NASA con una copertura nuvolosa inferiore al 15% sono state utilizzate per il calcolo della LST: tali dati offrono un prezioso contributo per una vasta gamma di applicazioni relativi alla valutazione delle condizioni superficiali del suolo, come l’analisi del pattern termico superficiale intra-urbano (Guerri et al., 2021), la valutazione delle condizioni di evapotraspirazione e dello stress vegetativo (Mokhtari et al., 2019), in quanto forniscono immagini ad alta risoluzione geometrica, spettrale e temporale adatte all’analisi a scala urbana (Ermida et al., 2020). Le analisi sono state effettuate sui territori comunali di Milano, Bologna e Firenze, selezionati come casi studio, e hanno previsto l’utilizzo dei seguenti layers ad alta risoluzione spaziale (compresa tra 10 m e 30 m): la LST media rilevata in orario diurno (circa 10:00 UTC) del periodo estivo (Giugno, Luglio, Agosto) 2017-2021 (res: 30 m), il modello digitale di elevazione (DEM, Digital Elevation Model) della NASA (Farr et al., 2007) (res: 30 m), e il layer di consumo di suolo dell’anno 2020 prodotto da ISPRA (res: 10 m). Il calcolo di LST ha adottato la metodologia sviluppata recentemente da Ermida et al. (2020), che risulta caratterizzata da numerosi aspetti innovativi. Il dato LST è stato filtrato per le aree rurali, suburbane e urbane prevalentemente pianeggianti (quota < di 300 m s.l.m.) interessate da 3 diverse classi densità di consumo di suolo (rispettivamente ≤10%, compresa tra 10% e 50%, e tra 50% e 100%). Ulteriori informazioni relative al codice ed ai prodotti cartografici sono disponibili nelle piattaforme Git e GEE: - https://github.com/urbanclimatelabs/LSTgee.git - https://code.earthengine.google.com/252a9ea99843b4a5f0a92dc89a070ae0 Le attuali dinamiche insediative delle città, congiuntamente agli effetti del cambiamento climatico e degli eventi estremi, pongono una notevole sfida per lo sviluppo sostenibile degli insediamenti. È stato ampiamente documentato dalla letteratura scientifica che, con la rapida urbanizzazione e la crescita della popolazione, il progressivo aumento di superfici artificiali a scapito di quelle vegetate nelle città ha modificato le proprietà fisiche superficiali, alterando il microclima urbano a scala locale e regionale, i bilanci energetici superficiali e il ciclo idrologico (Pachauri et al., 2014). In particolare, nelle città italiane stiamo assistendo ad un significativo aumento del consumo di suolo, definito come la copertura permanente del suolo con materiali
impermeabili artificiali, dovuto all’occupazione di superficie permeabile originariamente agricola, naturale o seminaturale (Munafò, 2021). Tali condizioni influenzano notevolmente il pattern termico urbano, amplificando gli effetti dell’isola di calore urbana atmosferica (UHI, Urban Heat Island) e superficiale (SUHI, Surface Urban Heat Island), e in particolare la distribuzione delle anomalie termiche superficiali intra-urbane (thermal hot-spot) (Guerri et al., 2021). In termini operativi, la procedura dell’individuazione dell’isola di calore urbana superficiale richiede prioritariamente l’individuazione spaziale di due domini di analisi: un centro urbano di riferimento e il relativo territorio rurale. Tuttavia, le configurazioni della città diffusa dalle forme irregolari, generate dalle dinamiche legate allo sprawl urbano, comportano comprovate difficoltà di distinzione netta tra i due domini territoriali (centro urbano e aree periferiche rurali) determinando quindi una certa arbitrarietà operativa e una scarsa rappresentatività delle attuali condizioni meteo-climatiche urbane. Un approccio alternativo all’analisi dell’isola di calore è rappresentato dalla “thermal hot-spot detection” (Guerri et al., 2022; 2021), un metodo innovativo finalizzato all’indagine del pattern termico superficiale, recentemente applicato dal presente gruppo di ricerca CNR-IBE ai territori comunali di Milano, Bologna e Firenze. L’applicazione dell’algoritmo Getis-Ord Gi* è stata effettuata in ambiente ArcGIS (ESRI, 2020) ed ha previsto una categorizzazione in 6 classi di hot- e cool-spot su 6 livelli in funzione di livelli di confidenza del 99%, 95% e 90%, in cui si registrano differenti soglie di LST media diurna estiva. L'individuazione dei punti caldi e freschi, attraverso una metodologia robusta e replicabile in qualsiasi contesto metropolitano, fornisce informazioni estremamente importanti per attuare azioni di mitigazione locale e mirate al fine di migliorare la situazione termica urbana e in generale la qualità della vita degli abitanti delle città. In particolare, l’integrazione delle caratteristiche termiche e dei dati di consumo di suolo delle aree urbane risulta un’operazione fondamentale per programmare azioni di mitigazione locale. Per i casi studio di Milano, Bologna e Firenze, in ciascuna area (rurale, suburbana e urbana) classificata da ISPRA secondo diverse classi di densità di consumo di suolo (rispettivamente ≤10%, compresa tra 10% e 50%, e tra 50% e 100%) si osservano le seguenti caratteristiche termiche (Tabella 143), espresse in termini di LST media estiva e della presenza delle aree termiche superficiali estive hot- e cool-spot. A titolo esemplificativo riportiamo le mappe delle anomalie termiche superficiali estive delle città di Milano (Figura 226) e Bologna (Figura 227).
Tabella 143. Descrizione delle caratteristiche termiche delle classi di consumo di suolo nei casi di studio selezionati (Milano, Bologna e Firenze): temperatura superficiale (LST) media estiva e aree termiche hot- e cool-spot
Casi studio Classi di consumo di suolo Superficie (km2) [%] Caratteristiche termiche
LST media (°C) Hot-spot (km2) [%*] [%**] Cool-spot (km2) [%*] [%**]
Milano
Bologna
Firenze Rurale 17.4 [9.5] 31.7 0 13.5 [45.3] [77.6] Suburbano 48.2 [26.5] 34.0 0.3 [1.7] [0.7] 16.0 [53.6] [33.1] Urbano 116.6 [64.0] 37.3 19.1 [98.3] [16.3] 0.3 [1.2] [0.3] Rurale 47.9 [33.9] 35.3 0.4 [2.6] [0.9] 18.3 [78.8] [38.2] Suburbano 47.1 [33.3] 37.3 2.8 [17.0] [5.8] 4.8 [20.8] [10.3] Urbano 46.3 [32.7] 39.3 13.0 [80.4] [28.1] 0.1 [0.4] [0.2] Rurale 12.8 [12.5] 36.1 < 0.1 [0.5] [0.5] 4.3 [37.8] [42.6] Suburbano 49.9 [48.5] 37.8 0.7 [10.9] [3.2] 4.3 [58.4] [16.9] Urbano 40.1 [39.1] 40.5 6.6 [88.6] [32.6] 0.3 [3.8] [1.4]
Nota: per quanto riguarda la descrizione delle aree termiche, il primo valore percentuale [%*] è espresso in termini di superficie complessiva rappresentata dalle aree di hot (o cool-) spot osservate in ciascun caso studio; il secondo valore percentuale [%**] si riferisce alla superficie di ciascuna classe di consumo di suolo
Figura 226. Mappa delle anomalie termiche superficiali estive di Milano
Figura 227. Mappa delle anomalie termiche superficiali estive di Bologna
La comunità scientifica internazionale conferma la portata epocale dei danni inflitti dalle attività antropiche al sistema Terra, con evidenti ripercussioni sugli ecosistemi naturali, sui sistemi antropici e sui settori economici. In particolare, le città, sono contesti particolarmente vulnerabili agli effetti degli eventi estremi e in generale dei fenomeni associati al cambiamento climatico, come ad esempio le anomalie termiche superficiali intra-urbane (Guerri et al., 2021; Morabito et al., 2021), data l'elevata densità di popolazione, la concentrazione di beni immobili, infrastrutture e attività economiche. A causa della diffusa vulnerabilità microclimatica delle città a livello globale, emerge la necessità di mettere a punto apposite strategie di resilienza urbana atte a mitigare gli effetti dei fenomeni meteo-climatici sui territori urbani. Negli ultimi decenni è cresciuta l’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente, sia in ambito nazionale che internazionale, e la consapevolezza delle comunità e dei policy-makers sull’urgenza di intraprendere azioni efficaci per contrastare il trend dei cambiamenti climatici ed i loro effetti sugli ecosistemi e le città. Numerose città in ambito internazionale (New York, Londra, Rotterdam, ecc.) e Italiano (come Bologna, Firenze, Milano, Mantova e Padova) hanno predisposto appositi strumenti e strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. Oltre a tali misure di adattamento, le politiche di resilienza urbana hanno bisogno di essere supportate da dati scientifici concreti, ottenuti da misurazioni di parametri microclimatici effettuati in contesti rappresentativi del tessuto urbano e da modelli di simulazioni numeriche di scenari progettuali. Un notevole supporto alle scelte di pianificazione urbana è rappresentato proprio dai modelli di simulazione numerica che sono volti a quantificare il valore ecosistemico, anche in termini energetici, di una rosa di interventi progettuali di greening e in generale di raffrescamento tramite appositi materiali “cool materials” integrati alle superfici urbane e alle coperture degli edifici, grazie all’ausilio di software specifici di modellazione microclimatica. Tramite questi modelli, è possibile analizzare le condizioni ex-ante e post gli scenari progettuali con particolare attenzione alla valutazione dell’effetto del mosaico urbano sul microclima urbano locale, considerando non solo la composizione delle superfici urbane, ma anche la presenza di infrastrutture verdi e blu, così come altre componenti urbane di impatto termico. Gli elaborati finali modellistici permettono di quantificare numericamente e localizzare il benessere termico ottenibile attraverso determinati interventi di progettazione. L’obiettivo finale è contribuire alla mitigazione delle isole di calore urbane e delle anomalie termiche intra-urbane, ed inoltre al raggiungimento degli obiettivi della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici per la costruzione di una città resiliente. A questo proposito, l’individuazione delle aree termiche di hot-spot gioca un ruolo determinante nella definizione delle aree critiche in cui le strategie di mitigazione al fenomeno termico risultano prioritarie per le azioni di mitigazione/rigenerazione. Le attività di ricerca applicativa nell’ambito di tale modellistica consistono in una prima fase di raccolta dati riguardanti le caratteristiche microclimatiche (temperatura, umidità, radiazione e direzione/intensità del vento, derivati da stazioni meteo posizionate in prossimità delle aree di studio) e quelle relative ai materiali costituenti le superfici urbane, alle caratteristiche delle aree verdi e dei corpi idrici. Alla fase di raccolta dati e caratterizzazione superficiale, segue la fase di simulazione numerica attraverso l’ausilio di specifici software che richiedono elevate competenze di analisi dati e di caratterizzazione urbana microclimatica. Tra i software attualmente disponibili si citano ad esempio I-Tree, ENVImet, UMEP, tramite i quali è possibile valutare il pattern termico superficiale e atmosferico, analizzare i benefici economici e microclimatici derivanti dalla copertura arborea, ed elaborare molteplici indici bioclimatici.