TERRA CRUDA
Marino Sofia - 3294 Elaborato di tecnica dei materiali
ARCHITETTURA TRADIZIONALE AFRICANA L’architettura africana presenta una grande varietà di forme, che riflette sia la complessa storia delle popolazioni che abitano questo continente e il loro adattamento alle diverse condizioni ambientali delle singole regioni, sia la creatività e l’originalità di ciascuna popolazione. Si tratta di un’architettura caratterizzata soprattutto dall’uso di materiali leggeri (canne, legno, fango) e meno frequentemente della pietra. Abitazioni delle popolazioni Khoisanidi
Gli edifici possono avere pianta circolare, quadrata o rettangolare, variando da semplici ripari emisferici di frasche, come le abitazioni delle popolazioni Khoisanidi (Boscimani), ai grandi palazzi conici di canne dei sovrani del Buganda e del Bunyoro (Africa orientale), fino alle grandi moschee di fango del Sahel occidentale o di muratura della costa orientale. Palazzi conici di canne dei sovrani del Buganda e del Bunyoro
La documentazione archeologica conferma che capanne, in genere circolari, costruite con materiali leggeri erano in uso fin dalla tarda preistoria. Strutture di mattoni crudi e pietra sono attestate in epoca tardo preistorica e storica nelle regioni in cui si sono sviluppate forme di società complesse (valle del Nilo, Altopiano Etiopico, costa dell’Africa orientale, altopiano dello Zimbabwe). Moschee di fango del Sahel occidentale
Con l’emergere di società complesse, nella valle del Nilo apparvero strutture architettoniche in mattoni crudi, di cui restano imponenti vestigia in Egitto e in Nubia. I mattoni crudi furono usati in Egitto fin dalla fine del IV millennio a.C. sia per la costruzione delle tombe reali, sia per l’architettura civile e religiosa. A sud dell’Egitto i resti più antichi di strutture di mattoni cru-
di, databili alla metà del III millennio a.C., sono stati messi in luce nel sito di Mahal Teglinos, presso Kassala (Sudan orientale). Si tratta in ogni caso di strutture di piccole dimensioni, con funzione incerta. La pietra ebbe un uso più limitato, se si eccettua l’Egitto, dove si raggiunsero i massimi livelli nell’architettura funeraria e religiosa a partire dall’Antico Regno (III millennio a.C.).
ARCHITETTURE TIPICHE DELL’AFRICA CENTRALE
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Capanne della tribù dei Peul
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Capanne della tribù dei Pigmei
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Capanne della tribù dei Masai
Scelte e tecniche di utilizzo dei materiali da costruzione dipendono, oltre che dalle situazioni geofisiche e dalla fruizione di quanto è localmente disponibile, dal prevalere di uno o più fattori all’interno di un sistema di valori sociali, culturali, rituali ed economici. Nelle zone desertiche o sugli altipiani, caratterizzati da forti escursioni termiche, erano necessarie pareti e coperture a forte inerzia termica, mentre nelle aree forestali, dalla temperatura pressoché costante, le fibre vegetali garantivano un’adeguata ventilazione. Per popolazioni di cacciatori-raccoglitori (Boscimani, Pigmei), di pastori transumanti (Masai, Peul) o di agricoltori praticanti la rotazione periodica delle colture, l’uso di materiali che richiedessero complesse lavorazioni per abitazioni permanenti sarebbe equivalso a un inutile dispendio di risorse ed energie. Tuttavia, tra le innumerevoli tipologie di capanne di materiali vegetali (ramaglie, pali, canne, frasche, paglia, erba), di tende con intelaiatura lignea ricoperta di pelle, stuoie o tessuto e di abitazioni in legno, pietra, mattoni crudi o cotti, esistette un’ampia e diversificata gamma di abbinamenti e di tecniche di utilizzo dei materiali.
LA TERRA CRUDA:
L’architettura tradizionale africana, consolidatasi nei millenni attraverso perfezionamenti successivi delle tecniche edilizie, rappresenta un perfetto equilibrio tra possibilità e necessità della funzione. La terra cruda è il materiale da costruzione più antico, il più ecologico e sostenibile, presente da tempo immemorabile in tutta la storia dell’architettura: un composto di argilla e inerti naturali lasciato semplicemente a essiccare all’aria, senza bisogno di cottura, che non richiede energia primaria nella produzione. Utilizzata per le costruzioni: la terra cruda rappresenta un fortissimo legame con l’ambiente, propriamente col terreno, per la provenienza della materia prima, sia con l’uomo e la sua manualità, per la lavorazione che ne consente l’utilizzo per la realizzazione del materiale edilizio. Prima di poter essere utilizzata per le costruzioni, la terra cruda deve essere essiccata, e successivamente impastata in modo che tutti gli elementi che la compongono siano amalgamati uniformemente; a seconda della consistenza desiderata, possono essere aggiunte argilla grassa, sabbia o paglia. Estratta direttamente sul posto in cui deve essere eretta la costruzione, la materia prima può essere lavorata attraverso quattro tecniche:
Adobe: mattoni formati con
pasta molle disposta in armature di legno ad essiccare al sole, che vengono successivamente posizionati per formare murature attraverso la posa di legante costituito con lo stesso impasto;
Pisè: l’impasto molle viene
disposto ad essiccare entro armature con larghezza pari a quella del muro da eseguire e con altezza di circa 50cm per volta; si può dunque procedere con la disposizione del filare superiore;
Bauge: l’impasto molle viene
mescolato a paglia o ad altre fibre vegetali, e lavorato in loco senza la disposizione di casseforme; vengono successivamente rimosse le parti irregolari o in eccesso;
Torchis: realizzazione con struttura in legno e terra cruda.
ARCHITETTURE TRADIZIONALI AFRICANE IN TERRA CRUDA Il gruppo etnico dei Musgum, nell’estremo Nord del Camerun, ad esempio, costruisce le caratteristiche case ad obice con il fango compresso ed essiccato allo spietato sole dell’Africa. Con le loro curve sagomate con le mani, queste abitazioni dalla forma fortemente evocativa imitano strutture organiche simili a conchiglie, ma un’osservazione attenta rivela dettagli davvero sorprendenti. Case ad obice
Tra gli esempi più importanti di architettura tradizionale vi è il piccolo villaggio di Tiebelé, nella regione abitata dall’etnia Gourounsi, nel sud del paese. Inoltre la terra cruda è un materiale da sempre usato dalle popolazioni locali del sahel, in quanto a disposizione di tutti, ma deve essere ben lavorata e ben assemblata per resistere alle intemperie. Nel Sahel, contrariamente a quanto si creda, piove. E piove con concentrata intensità: ecco perché utilizzano delle pietre per le fondamenta; inoltre, un telo di plastica impermeabilizza il tetto piano a terrazza che rifinisce in alto le volte, su cui è bello dormire nella stagione torrida che precede le piogge. Villaggio di Tiebelè
La città di Djenné Situata ad ovest del Fiume Bani (il Fiume Niger scorre diversi chilometri a nord-ovest), è una città di grande interesse storico e commerciale, famosa per le sue architetture di mattoni di fango, tra cui notevole è la Grande moschea, ricostruita nel 1907. Città di Djenné
L’uso di materiali moderni può migliorare la durata delle costruzioni, rispetto a quelli tradizionali, ma spesso peggiora le condizioni di benessere all’interno degli edifici. Una parete di cemento, anziché di argilla cruda, trasmette più rapidamente l’onda termica, ed un tetto di lamiera rende addirittura inabitabile l’abitazione per gran parte della giornata. Inoltre, il calcestruzzo viene spesso usato male: mal dosato, mal calcolati i tempi di presa, con inerti salati o altrimenti inadatti, senza un’umidità costante e sufficiente a consentire una buona presa. In tali condizioni,
i manufatti di cemento risultano meno resistenti di quelli realizzati con tecniche tradizionali. Un altro inconveniente della costruzione moderna è la scarsa adattabilità alle variazioni del nucleo familiare. L’architettura tradizionale, proprio per le sue esigenze di continua manutenzione, ha un carattere evolutivo che permette di adattare la distribuzione degli alloggi in caso di aumenti o riduzioni degli appartenenti al nucleo familiare. Spesso però, come abbiamo osservato, la “modernizzazione” è voluta dagli abitanti per ragioni di prestigio, anche a costo di una spesa molto superiore.
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ARCHITETTURE ECO-SOSTENIBILI
La tecnica della terra cruda è stata per lungo tempo dimenticata in Europa, così come in America e in alcune aree asiatiche e questo ha determinato anche la mancanza dei necessari interventi di manutenzione delle opere realizzate, con la conseguente perdita della testimonianza storica di una tradizione costruttiva millenaria. Da circa trent’anni ormai concetti come sostenibilità, ecologia, rispetto dell’ambiente, si sono fatti strada fra tante difficoltà nel mondo della progettazione ed oggi rientrano a pieno titolo nel linguaggio comune dell’abitare grazie anche all’intraprendenza ed alla perseveranza di progettisti, ricercatori, tecnici del settore e fruitori che hanno creduto in una filosofia progettuale adeguata ed opportuna. Grazie a loro oggi l’architettura di terra è attualità, innovazione, progresso. Intorno agli anni ‘70 del secolo scorso si manifestano i primi segnali di una presa di coscienza di tutte le problematiche scaturite da un dissennato sfruttamento delle risorse, con conseguenze ambientali devastanti ed irreversibili. Nascono i movimenti ecologisti in difesa del territorio ed il concetto di Architettura eco-compatibile che si propone di “realizzare abitazioni in armonia con la natura e con i ritmi biologici, attraverso un’attenta analisi delle caratteristiche climatiche locali e l’impiego di materiali a basso impatto ambientale, biodegradabili, riciclabili. Tutto ciò finalizzato al mantenimento degli equilibri ambientali e al benessere dell’uomo”. Al concetto di tecnologia avanzata, che esalta l’impiego di
tecniche sofisticate ad alto costo economico ed ambientale, si contrappone quello di tecnologia appropriata che prende le mosse dalla consapevolezza della finitezza delle risorse naturali e dell’importanza dei fattori propri di un luogo da cui trarre le strategie progettuali che esaltano le potenzialità del luogo stesso. Tutto ciò costituisce la giusta premessa alla nascita della Bio-architettura che propone nuovi parametri per la valutazione del benessere dell’individuo nel rispetto dell’ambiente. Il tema della casa-organismo, tanto caro a Frank Lloyd Wright, si ripropone con tutta la sua forza e la sua valenza filosofica e concettuale. Abitazioni fortemente legate al territorio, alla conformazione orografica del terreno, alla vegetazione, all’orientamento rispetto al sole, alla presenza di venti ed eventuali corsi d’acqua, realizzate con materiali rinvenuti nei luoghi prossimi e lavorati con gli strumenti disponibili, in armonia cioè con l’ambiente circostante. Materiali e tecniche costruttive
tradizionali, affidate nel passato alla manualistica e alla memoria di anziani costruttori, sono state riscoperte e riproposte. Tra tutti i materiali naturali ed economici rivalutati nel corso di questi anni, la terra cruda occupa sicuramente un ruolo centrale e di particolare interesse nel mondo delle costruzioni e dell’architettura sostenibile. Questo perché la terra permette di realizzare opere con notevoli qualità di benessere termico: le spesse strutture murarie, realizzate con la terra, proteggono infatti sia dal freddo sia dal caldo eccessivi, garantendo una regolazione termica naturale ed un conseguente risparmio energetico. Molto spesso la terra viene utilizzata come unico materiale nella costruzione di tutti gli elementi architettonici e strutturali di un’abitazione; dalle strutture portanti agli elementi di arredo, tutto può essere realizzato modellando questo materiale duttile e nello stesso tempo forte e resistente che permette di armonizzare lo spazio trasformando tutto in un’opera d’arte unica ed irripetibile.
GERNOT MINKE
MARTIN RAUCH
Rauch ha scoperto l’architettura dell’argilla non attraverso l’architettura, ma attraverso la sua educazione e i suoi primi progetti come ceramista, costruttore di forni e scultore.
Progettista di grandi interventi in terra cruda, Gernot Minke, nel suo volume Earth Construction Handbook, raccoglie una serie di dettagli costruttivi studiati per questo tipo di architettura che definisce un importante tassello del mosaico architettonico dell’umanità.
La casa di Martin Rauch a Schlins (Austria). Il volume presenta un decoro naturale dovuto ai rinforzi in pietra posti nella muratura in terra compressa e stratificata. Le pareti, così come i pavimenti, sono realizzati con la terra di cruda, come la completa riciclabilità, l’ottima traspirazione ecc.
Nel 1985 è a capo di un gruppo di lavoro impegnato nella progettazione di un villaggio ecologico a Kassel (Germania), per il quale vengono proposte soluzioni innovative nella scelta dei materiali e dei sistemi tecnologici adottati. Le costruzioni, realizzate in legno e terra cruda, sono protette in copertura da uno spesso manto di terra. All’interno delle case l’argilla viene lasciata del colore naturale o dipinta a tempera, mentre all’esterno viene protetta da un rivestimento in legno di larice non trattato. Minke è noto in tutto il mondo anche per aver perfezionato la costruzione delle cupole in terra cruda: attraverso una curvatura ideale, ottenuta con un programma di calcolo elettronico, riesce a realizzare una cupola in adobe senza ricorrere all’uso di centine ma attraverso una particolare guida a rotazione variabile.
Residence, Eco-village Kassel, Germany 1993
Si dedica invece alla ricerca delle miscele migliori di materiale naturale, all’adattamento delle casseforme e della tecnica di compattazione, al perfezionamento sistematico delle antiche tecniche con l’inserimento di ulteriori rinforzi e armature, senza però abbandonarne la configurazione strutturale. A questo scopo sviluppa utensili, casseri, modelli, processi di lavorazione, costruisce prototipi di muro e integra l’esperienza acquisita con la realizzazione diretta dei propri progetti nelle successive serie di sperimentazioni. Insieme a Robert Felber, interlocutore in lunghi anni di dibatti, ad esempio, Rauch dimostra come la terra battuta crea un’architettura moderna, La casa Schlins (Austria) veramente di transizione.
NADER KHALILI
L’architetto iraniano Nader Khalili lavorò molto intorno al metodo Earth Bag, arrivando a definirne una variante in tutto e per tutto adatta a costruire case sostenibili e durature nel tempo: la tecnica Superadobe. A differenza della Earth Bag, essenzialmente, viene introdotto un filo spinato tra un sacco e l’altro, così da evitare scivolamenti e rinforzare la struttura, e i singoli sacchi vengono sostituiti da un unico e lunghissimo contenitore in tessuto, chiuso a cerchio per tutto il diametro dell’edificio. Va dunque da sé che gli edifici costruiti secondo questa tecnica sono solitamente di forma circolare – conoidale. Prima di morire, Nader Khalili insegnò a moltissimi alunni i segreti della tecnica Superadobe presso il suo centro California Institute of Earth Art and Architecture, e tutt’oggi in ogni parte del mondo nascono nuovi edifici sostenibili fatti di sacchi di terra non organica.
LA TERRA CRUDA NEL CONTESTO DELLE ECONOMIE EMERGENTI La tecnica della terra cruda, per la facile reperibilità del materiale e per tutte le peculiarità sopra descritte è tra le poche che consentono processi di auto-costruzione assistita, misurata alle capacità e alle risorse di un luogo, nel rispetto delle tradizioni e della cultura locale. In particolare, nelle comunità con scarse risorse finanziarie, le costruzioni in terra possono essere una soluzione efficace per la realizzazione di progetti di collaborazione e sviluppo. Sono molti i progettisti che si sono interessati a queste problematiche, investendo gran parte delle loro energie in attività volte allo sviluppo di popoli in difficoltà. Diebedo Francis Kere, giovane architetto africano, è tra i vincitori dell’Aga Kan Award del 2005, per il progetto di una scuola realizzata in un villaggio del Burkina Faso, suo paese di origine ed uno dei luoghi più poveri del mondo. Figlio del capo del villaggio, Kere fu
mandato in Europa per compiere gli studi ma non ha mai dimenticato la sua gente e soprattutto i bambini che non avevano avuto le sue stesse opportunità perché non avevano una scuola. Laureatosi in Germania, dove oggi insegna architettura, è tornato in Africa per realizzare la scuola e dare così una chance ai bambini del villaggio. In questa costruzione, la tecnologia autoctona dei blocchi in terra cruda si integra in elegante armonia con gli elementi metallici della calotta che sovrasta l’edificio e lega i tre volumi delle aule. Tra le figure professionali italiane, impegnate con successo su tali tematiche, emerge quella di Emilio Caravatti che coniuga la sua attività, svolta prevalentemente in Italia, con esperienze di progettazione in Africa, attraverso l’uso di tecnologie, tipologie, aspetti morfologici e compositivi propri della storia del luogo e che vede i diretti interessati protagonisti nella
pratica costruttiva. In Burkina Faso, Caravatti progetta nel 2003 un centro sociale per la comunità di Bobo Dioulasso. La struttura metallica del complesso è integrata con murature piene in blocchi di argilla, così come nella costruzione che ospita la biblioteca del quartiere Kokò a Katì Bamaco, nella Repubblica del Mali. I caratteri tipici delle architetture in terra cruda, molto diffuse in Africa Occidentale, vengono riproposti da Caravatti anche nel progetto di una scuola elementare a N’ceyani, dove la tecnologia tradizionale si integra con sistemi prefabbricati in acciaio e alla cui realizzazione hanno partecipato gli abitanti del villaggio, secondo una ormai collaudata usanza di self help housing. Il volume compatto dell’edificio si ammorbidisce seguendo le armoniose curve di raccordo in terra cruda, che delimitano il retro delle aule.