S&V MAG Settembre 2011

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INAUGURAZIONE VENERDI’ 16 SETTEMBRE 2011 CON SPUNCIOTI, BIRRA E DJ PSYCHO CAZALE!!! dalle 17.00 fino a ...


R A U I SATURDAY

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17th SEPT

@ DE GUSTO - TV

ONE NIGHT MEETING OF PSYCHEDELIC MUSIC, R DREAMS AND COLORS FINE SELECTION SELECTEICORDS SIR TAOYN BY OF ‘60 PSYCH, ROCK, LOR Visual : & FABIO JAZZ & SOUL MUSIC RosyFre ak

Info: Facebook : Aquarius aquarius@soundandvision.it Tel 0423.565603 Cell 346.0264582

inizio party: h 19.30 con cous cous free fino alle 21.00 DeGusto, Via Barbaro 4 Maser - Tv


DIR. RESPONSABILE: STEFANO ROSSI EDITORE: DANIELE PENSAVALLE Anno 7 - N° 85 SETTEMBRE 2011 Aut. Trib. Bassano d. G. N°° 8/03 del 3.09.2003

Grafica: Daniele Pensavalle Cover by Andrea Blitz Studio (VR) www.blitzstudio.it QUESTO NUMERO È STATO REALIZZATO GRAZIE AL CONTRIBUTO VOLONTARIO DI

S. Rossi (VI) - G. Mari (VI) - A. Lo Giudice (VI) F. Nicolli (VI) - T. Fiorese (VI) L. Sartor (VE) - Fox (VI) - F. Consoli (MI) E. Sampong (VI) - D. Zanin (VI) E. Virago (TV) - L. Lago (VI) - R. Crisafi (VI) C. Fantinato (VI) - A. Lago (VI) E. Zazzara (RM) - M. Zorzi (VI) D. Pensavalle aka DJd (VI) - Viola (VI) FOTOGRAFI di S&V Mag Viola HCPH, Michela Del Forno, Francesco Zanet, Daniele Pensavalle, Fabrizio Consoli

INFOLINE 349.1970263 WEB: www.soundandvision.it EMAIL: info@soundandvision.it FACEBOOK: SOUNDANDVISIONMAGAZINE



LONDON BURNING!!! Una settimana e mi ci sarei ritrovato anch’io in questo marasma. proprio in uno dei quartieri londinesi che mi ha sempre colpito per la sua tranquillità e apparente integrazione Ealing Broadway. Le parole d’ordine date in pasto ai media dalla polizia e dal governo inglese sono state:

VANDALISMO, TEPPISMO, CRIMINE, SACCHEGGIO. Una chiave di lettura un pò più approfondita e meno banale ce la offre un sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman, che nonostante la sua veneranda età ha capito il motivo di queste devastazioni “organizzate”. Anche se non se ne sente più parlare...

Queste non sono rivolte del pane o della fame. Queste sono rivolte di consumatori deprivati ed esclusi dal mercato. Le rivoluzioni non sono la conseguenza inevitabile delle ineguaglianze sociali, lo sono invece i terreni minati. I terreni minati sono quelle aree disseminate a caso di ordigni esplosivi: si può star certi che alcuni di essi, a un certo punto, salteranno in aria, ma nessuno è in grado di affermare esattamente quali e quando. Se le rivoluzioni sociali sono invece fenomeni mirati, ecco che è possibile intervenire per identificarle e disinnescarle in tempo. Ma non le esplosioni da terreno minato. Le diseguaglianze sociali, di qualunque genere esse siano, derivano dalla divisione tra coloro che hanno e coloro che non hanno, come fece notare Miguel Cervantes de Saavedra cinquecento anni or sono. Ma a seconda delle epoche, l'avere o non avere certi oggetti rappresenta, rispettivamente, la condizione più ardentemente ambita o più ferocemente risentita. Due secoli fa in Europa, e ancora pochi decenni fa in molti luoghi lontani dall'Europa, e oggigiorno nei teatri bellici dove si combattono guerre tribali o dove dettano legge i tiranni, il principale oggetto del contendere tra i ricchi e i poveri era la pagnotta, o la ciotola di riso. Grazie a Dio, alla scienza, alla tecnologia e ad alcuni espedienti politici di buon senso, abbiamo

superato queste emergenze. Il che non vuol dire, tuttavia, che l'antico divario sia morto e sepolto. Al contrario... Gli oggetti del desiderio, la cui assenza provoca una reazione scomposta e rabbiosa, sono oggi sempre più numerosi e variegati - il loro numero, anzi, aumenta di giorno in giorno, assieme alla tentazione di impadronirsene. Così crescono di pari passo il malumore, la rabbia, l'umiliazione, il risentimento rinfocolato dal non averli, come pure l'impulso di distruggere tutto ciò che non si può ottenere. Il saccheggio e l'incendio dei negozi sono la conseguenza di quello stesso impulso e soddisfano quello stesso desiderio. Oggi siamo tutti consumatori, innanzitutto e soprattutto consumatori, consumatori per diritto e per dovere. Il giorno dopo la tragedia dell'11 settembre, nel suo appello lanciato agli americani per incoraggiarli a superare il trauma e tornare alla normalità, il presidente Bush non trovò niente di meglio da dire che «ricominciate a comprare». È il livello della nostra attività di acquirenti e la facilità con cui ci sbarazziamo di un oggetto di consumo per sostituirlo con una versione più «nuova e aggiornata» a fissare i parametri fondamentali del nostro status sociale e il nostro punteggio nella corsa al successo. A tutti i problemi che incontriamo sul nostro cammino, noi cerchiamo la soluzione nei negozi. Dalla culla alla bara, siamo


REVOLUTION REVOLUTION WILL NOT TELEVISED WILL NOT TELEVISED

stati istruiti e addestrati a considerare i negozi come farmacie traboccanti di medicamenti per curare o almeno alleviare ogni malattia e afflizione della nostra vita individuale e collettiva. I negozi e lo shopping acquisiscono pertanto una vera e piena dimensione escatologica. I supermercati, nella celebre citazione di George Ritzer, sono diventati le nostre cattedrali; e di conseguenza, mi sia consentito di aggiungere, la lista della spesa è diventata il nostro breviario, le processioni nei centri commerciali i nostri pellegrinaggi. Nulla ci emoziona e ci riempie di entusiasmo come acquistare per impulso e scartare oggetti che non ci piacciono più per sostituirli con altri, più invitanti. La pienezza della gioia del consumo equivale alla pienezza della vita. Compro, ergo sono. Comprare o non comprare, questo è il problema. Per i consumatori senza accesso al mercato, i veri poveri di oggi, il non poter acquistare è lo stigma odioso e doloroso di una vita incompiuta, la conferma della propria nullità e incapacità. Non semplicemente l'assenza di ogni piacere, bensì l'assenza della dignità umana, l'impossibilità di dare un senso alla propria vita e, da ultimo, la privazione stessa di umanità, autostima e rispetto per gli altri. I supermercati saranno anche cattedrali aperte al culto per i fedeli, ma per gli esclusi, gli scomunicati, gli indegni, per tutti coloro che sono stati allontanati dalla Chiesa del Consumo, essi rappresentano le postazioni del nemico, erette nei deserti dell'esilio. Quei bastioni fortificati sbarrano l'accesso ai beni che tutelano altri da un così triste destino. Griglie e saracinesche di ferro, telecamere di sorveglianza, guardie di sicurezza appostate all'ingresso e in borghese all'interno, non fanno altro che confermare l'atmosfera di campo di battaglia e di ostilità in corso. Queste cittadelle armate e sorvegliate, popolate di nemici asserragliati nel territorio di coloro che non hanno, ricordano agli abitanti, giorno dopo giorno, la loro miseria, la loro incapacità, la loro umiliazione. Insolenti nella loro presuntuosa e arrogante inaccessibilità, sembrano urlare parole di sfida e provocazione: ma a che cosa?

Quando i 'ribelli', mossi da motivazioni che non sono state rese note, ma allignano con tutta probabilità fra le pieghe della crisi economica e della diseguaglianza sociale, hanno messo a ferro e fuoco Londra e le altre città inglesi, bruciando auto e spaccando vetrine (senza peraltro essere armati di fucili e lanciagranate come accaduto in Libia), lo stesso asse del 'bene' si è indignato oltremisura, stigmatizzando la violenza dei facinorosi e facendo appello a quella dura repressione che nel caso di Gheddafi avrebbe costituito un delitto capitale. Così il premier Cameron, applaudito da tutti i confratelli ha provveduto a militarizzare Londra attraverso l’invio di 16.000 agenti che spegneranno sul nascere qualsiasi anelito di ribellione, con l’ausilio di cannoni ad acqua e pallottole di gomma. I social network si sono trasformati in fastidiose armi, riguardo alle quali caldeggiare lo spegnimento, a disposizione dei teppisti. Come dire, la rabbia popolare va tutelata e coccolata solamente quando brucia in casa dei nostri nemici, (magari in virtù di qualche aiutino), mentre qualora le lingue di fiamma lambiscano le nostre case occorre reprimere senza pietà. Non si tratta più di popolo, ma di delinquenti comuni, agitatori, saccheggiatori, nemici della democrazia. Insomma, anche nel caso qualcuno ci sperasse, non vedremo mai una no fly zone sopra Londra o sopra la Valsusa, né appelli contro la repressione violenta delle forze dell’ordine, mettiamoci pure l’animo in pace. Il popolo ribelle è una figura eroica da difendere e sostenere, a patto che si ribelli al di fuori dall’occidente e lo faccia inneggiando alla democrazia Mc Donald’s portata con l'uranio impoverito, altrimenti ciccia, tutti teppisti e black block, in galera e senza passare dal via.



Does It Offend You,

Yeah?

@ Magnolia Milano di Fabrizio Consoli

FOTO DI F. CONSOLI

Does It Offend You, Yeah? sta alla musica come l'avventura di una notte all'amore di una vita: non se ne sentirà mai la mancanza ne' farà la differenza, ma e' un piacevole brivido se servita la sera di un venerdì d'estate, ed un peccato rinunciarci. Originario di Reading, il gruppo capitanato da James Rushent e' in tournee' in Italia per presentare il secondo lavoro, “Don't say we didn't warn you”, uscito a marzo di quest'anno. Piccola parentesi semantica. Gia' il titolo la dice lunga sul rapporto tra il gruppo e le parole: se infatti quello dell'ultimo album rincalza il primo - altrettanto bizzarro -“You have no idea what you are getting yourself into”, questi mattacchioni internazionali ci hanno abituato al loro giocoso grammelot irriverente già con il nome stesso della band, preso di sana pianta dalle prime parole che il cantante avrebbe sentito accendendo la televisione quando era in procinto di caricare alcuni brani su Myspace. I Does It Offend You, Yeah? si collocano al'interno di quel non-filone definibile per l'appunto solo per termini composti, tipo “nu-rave”, o “dance-punk” (per gli indomabili scettici e generalisti: cross-over) effetto dell'evoluzione di generi masticati e

conosciuti in altri non propriamente nuovi e dunque a buon diritto derivativi. Lo stesso calderone in cui nuotano Klaxons e Late of the Pier, giusto per intenderci. Fatto sta che se solo qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che una band dalla forte essenza punk sarebbe arrivata al terzo posto della dance-chart inglese, gli avrei probabilmente riso in faccia. Eppure la matrice dance ed il synth – a volte fin troppo presente - sono stati gli ingredienti essenziali anche della performance del gruppo al Magnolia. Cappello peruviano in testa, forse per il freddo fuori stagione (ma davvero un inglese se ne accorgerebbe poi?) e drink sempre a portata di mano, Rushent guida i suoi lungo una serata di musica energica e senza pretese, davanti ad un pubblico fitto che si lascia andare di buon grado ai ritmi di una tribalita' rivisitata. Scanzonati, a volte prevedibili, aggressivi ma ammiccanti, i Does It Offend You, Yeah? non nascondono la loro precisa intenzione di divertire, e lo fanno riversando sul pubblico un'immane quantità di suoni sintetici e di elettronica indisponente. D'altro canto non si fanno trovare impreparati ed il pezzi, laddove suonati, sono suonati bene. Dunque una musica ricreativa e dalla complessità ridotta, che anche dopo l'accenno di una tregua riflessiva – l'inizio di “We Are the Dead” torna alla sua funzione primaria ed esplode in una pioggia di suoni lunghi ed attorcigliati. Nota di merito al frontman, che dimostra una bella capacità d'interazione col pubblico. I pezzi nuovi, alternati a quelli vecchi si mescolano a meraviglia, probabilmente perché poco si scostano dall'alchimia dell'album di debutto e ne ricalcano quasi totalmente la ricetta dall'efficacia testata. Esco dal Magnolia un po' turbato. Nell'assalto sonoro che abbiamo subito, seppur di buon grado, non c'era la mia vecchia gloria, il distillato di pugni chiusi e denti digrignati che e' “Dawn of the dead”. Non l'hanno suonata? O forse sono stato io a non sentirla, troppo preso com'ero a immedesimarmi per valutare se anch'io mi sarei sentito a mio agio a girare in modo collerico i potenziometri su una sorta di pianola lunga poco piu' di mezzo metro. Ma in fondo le dimensioni contano poi davvero? Probabilmente no, di certo – dicono - non nell'avventura di una notte.


P.i.L

di Luca Sartor Foto di F. Zanet

@ Festa Della Musica (Azzano X / Pn)

italiano per una delle migliori accoglienze. Di gente ce n'era veramente molta e nonostante la diffidenza di alcuni per l'assenza di due miti come Jah Wooble e Keith Levine, i dubbi sono svaniti sulle prime note di 'Not a love song' con un arrangiamento nuovo di zecca. Ero molto diffidente, lo confesso, non sapevo bene cosa aspettarmi da una vecchia volpe come Johnny il marcio: io, fan della prima ora nel 79 quando il primo disco dei PIL in Italia era introvabile, li vidi nel '82 a Modena. Un bel concerto ma c'era troppa aria di cambiamento e compromesso commerciale. Qui avevo solo i dubbi logici per reunion che troppo spesso hanno solo una logica commerciale: sarà una scaletta stile 'best of' con i pezzi più commerciali o

Incredibili. Inarrivabili. Ma andiamo per ordine. Il festival della musica di Azzano X°, negli anni si è dimostrato uno dei migliori appuntamenti estivi in zona. Ogni anno i due giorni sono dedicati ad una band della fine 70 primi 80 genere punk wave ed un nuovo big headliner, un pò più di cassetta a volte, ma il tutto sempre ad un ottimo livello. Nel sito trovate l'elenco completo di quelli che sono passati, un elenco notevole! C'è anche una piccola mostamercato del disco inclusa, insomma una vera festa per la musica. Dopo il sold out per Iggy Pop l'anno scorso quest'anno è toccato ad una inattesa reunion, quella dei Public Image di John Lydon. Unica data italiana di un mini tour mondiale e tanto di ringraziamenti della band nel loro sito al pubblico

cos'altro?. Brano dopo brano la band tira fuori gli artigli pescando dai primi due lp un repertorio da K.O. con chitarrista tecnicamente e scenicamente impeccabile ed un bassista che satura ogni spazio disponibile su un drumming micidiale. Theme, Albatros, Religion, Death Disco,Flowers of Romance (versione pazzesca). Si finisce con un brano ipnotico elettronico da rave con una chitarra in stile Stooges che solo i PIL potevano fare! Risultato: uno dei migliori concerti mai visti dal sottoscritto (includo Ramones del 79 o i Clash a Bologna nel 80...). Se non c'eravate avete perso qualcosa! Che dire, aspetto con ansia il nuovo album dei PIL, se queste sono le premesse e vi do' appuntamento a Milano : Specials+Casinò Royale in formazione originale!


C A P A R E Z Z A

molto più esplicito e diretto il testariccia e poi @ S h e r w o o d F e s t i v a l d i L u c a S a r t o r musicalmente veramente tosto. Elettronica F o t o d i V i o l a abbondante, disco, funk riferimenti alla new wave degli

Inizio subito con l'ammettere che erano un po' di anni che non bazzicavo allo Sherwood Festival che mi ricordavo situato in tutt'altra parte di Padova. Devo dire che l'organizzazione si è dimostrata veramente ottima (assolutamente migliore di molti festival italiani maggiormente titolati dove magari conta di più la birra che si vende che non il programma musicale proposto ..) belli gli stand con magliette originali, vestiti e quant'altro, delle risto-enoteche 'temporanee' con proposte originali e arredate in

anni 80 e alla musica classica rinascimentale grandioso! - il cantato può ricordare molto Eminem ma i testi sono di ben altra fattura: insomma ce n'è per tutti i gusti! Quelli che conoscono le parole dei pezzi e li cantano sono tanti, del resto Caparezza nuovo eretico rivoluzionario non le manda a dire: si spara a zero su antichi vizi italici e malapolitica, la sua ironia coinvolge e travolge: siamo alla frutta ma si respira aria di cambiamento. Mah, se non fosse che ho vissuto trent'anni di regime democristiano che nessuno diceva di votare mi viene da crederci. Politica a parte dunque concerto grandioso e imperdibile. Se ripassa non perdetevelo perchè Caparezza se vi è sfuggito è uno dei pochi veri fenomeni musicali in giro!

CALIBRO 35

modo simpatico ed originale! Insomma per me che di raduni musicali ho già fatto il pieno quando era il momento è stata una piacevole sorpresa, sopratutto vedere un programma di concerti molto ben bilanciato e non monotematico. Ma veniamo al dunque. Il concerto è affollatissimo nonostante le numerose date dalle nostre parti in primavera. Pubblico molto vario a testimonianza di una musica che và al cuore e smuove la mente. Bella la scengrafia con i costumi a tema. Non mi piace fare confronti ma il paragone con quanto visto col maestro Frankie H nrg è inevitabile;

@ S h e r w o o d F e s t i v a l d i L u c a S a r t o r

Dei Calibro 35 avevo recensito uno stupendo concerto tenuto più di un anno fà al New Age di Tv. L'idea vincente di questi giovani e bravissimi musicisti è stata quella di riproporre i suoni e le musiche dei mitici poliziotteschi italiani con una visione più rock rispetto quanto fatto da altri in precedenza (vedi mitici VIP 200). Che dire di più? La band ha suonato con una verve unica, molto prog rock 70s ma mantenendo la maniacale cura per gli evocativi suoni vinitage delle colonne sonore anni 70 (per capirci molto poco beat/shake style e molto più Osanna e VDGG) dando prova di una versatilità unica. Nei brani proposti numerose sono state le anticipazioni dal nuovo atteso album (già quasi ultimato e programmato per l'inizio del 2012) più i classici dai loro tre cd pubblicati (incluso il recente ed interessante 'rare traks'). Alla fine sono due i bis concessi ad un pubblico inaspettatamente numeroso che ha dimostrato di apprezzare appieno delle sonorità e dei brani complessi e di atmosfera non sempre facilmente apprezzabili. Fra le cose più belle ed emozionanti che ho visto quest'anno.


Settembre GIOVEDI 15 SETTEMBRE : SWAP PARTY festa del baratto di fine estate in collaborazione con "Il GATTOLENTE" DI VICENZA..dalle ore 21.00 VENERDI’ 16 SETTEMBRE: G.J. QUINTET + DJ SET a seguire SABATO 17 SETTEMBRE: KASA live set VENERDI’ 23 SETTEMBRE: Paolo Berto dj set VENERDI’ 30 SETTEMBRE Back To Black Dj Set by DjD Special Guest Camilla Live

C.so San Felice e Fortunato - Vicenza



URAGANO

NOFX

a HCPH o di viol

ssa fot dalla Ga di Mirka

Fare un articolo su un concerto è ripercorrere con la memoria tutto quello che hai fatto (anzi, forse meglio dire "ascoltato") e rivivere le emozioni provate. Tenterò di raccontare ciò che ho vissuto in quei momenti, senza troppe descrizioni tecniche, le quali non sono nemmeno il mio forte… Erano le 19.00 di sera circa quando siamo arrivati al parco di Carroponte dopo svariati tentativi per rintracciare il luogo… e già dall'esterno dei cancelli la gente cominciava ad essere inconfondibile: calze a rete strappate, matita colata fino alle guance, ciuffi colorati, volti sporchi quasi quanto gli anfibi (insomma, i veri punk: quelli con i boots anche in agosto sotto il sole cocente). Ehh la gente da concerto, sfatta ancora prima di iniziare! L'atmosfera era questa: l'aria calda sulla pelle, zanzare un po' punk amichevoli, le luci rossastre del palco che col calare del buio si notavano sempre di più e donavano un tocco purpureo all'atmosfera… Così la gente comincia ad ammassarsi nella zona sotto al palco. Strisciando riesco a conquistarmi il posto top in prima fila, mi attacco alla transenna e osservo. Noto come il palco da vicino sia in realtà un palchetto a confronto di molti altri come il Rock in Idrho, ma… ok. Non si possono fare confronti, e quello di Carroponte è un “festivaletto” a cui non manca la carica di vitalità!! La gente comincia a stringersi sempre più forte, come se si stessero comprimendo in un'unica massa rivoltosa, desiderosa. Ad aprire il concerto ai NOFX arrivano i No Relax, band capitanata da Micky (ex bambole di pezza) e Joxemi (attuale chitarrista degli ska-p) i quali formano coppia fissa da qualche anno. I soliti commenti


inappropriati dal pubblico come "mostraci le tette" e risposte taglienti: "a quasi 40 anni ancora me lo chiedete?". Inizia lo show con vecchi pezzi, e già coi primi accordi fanno fede all'"indomable", nome del loro ultimo disco. E alla resa dei conti effettivamente, di relax ce n'è stato gran poco! canzoni spagnoleggianti, ritmate ska… il pubblico inizia a scaldarsi, merito della cantante muy caliente y loca, dalla classica frangetta corta e gli stivaloni borchiati. E poi… ecco il momento tanto atteso, da me che non li avevo mai visti, e dal resto degli sballati che mi circondavano; s'innalzano i primi cori di protesta contro la situazione ed il sistema attuale… nell'aria risuona il nome della band, chiamati a gran voce in un misto di pogo, corpi già sudati e "chi non salta Berlusconi è". Poi… che dire: per quasi due ore i NOFX hanno dato il meglio di loro stessi! Fat Mike cantava decisamente shallo e trasmetteva solarità e spensieratezza, ma pure rabbia e disprezzo. Sorseggiando di tanto in tanto dalla cannuccia un Campari attaccato all'asta del microfono, la camicia sbottonata alla terza canzone. Un intercalare di classici della band, bicordi roventi e pezzi da 2 minuti (ma di energia pura). La band non è cambiata dagli esordi e questo mi fa piacere, ha mantenuto la grinta e la decisione, la capacità di catturare e coinvolgere la gente grazie anche alle espressioni amichevoli impresse sul volto dei musicisti… e dalle penzolanti pancette! Uno dei pochi cambiamenti del tempo è stato il colore dei capelli del cantante: da sempre rosso fiamma, ora blu sbiadito! È stato un bel concerto perché hanno animato il lato ribelle e festaiolo di ognuno di noi. A chiudere il tutto, salutandoci con una canzoncina “da sagra” suonata con la fisarmonica, proprio non volevano lasciare il palco e ne son stati letteralmente trascinati fuori. Nonostante la panza da birra insomma, sono rimasti i dreadlocks, i piercings e l'animo ribelle. questi ragazzacci tengono ancora botta!




COME ABUSARE DI UN WEEKEND DA SINGLE - di Antonio Lo Giudice E, tenuto conto che la paternità quest'anno ha decisamente bloccato la mia attività concertistica, perché non abusare vergognosamente di un weekend senza moglie e figlio? Mangiando quello che capita, scroccando sigarette senza ritegno, ubriacandomi al Ponte Vecchio fino a diventare molesto, consumando batterie e batterie dell'incursore anale (scherzo!) e, soprattutto, godendomi tre concerti in tre giorni. A differenza dell'ultimo WE da scapolo, in cui non c'era una mazza di nulla da vedere e, alla fine della fiera, mi ero pure depresso, dall'8 al 10 luglio si sono inanellate tre ottime occasioni sia pure di dimensioni diverse. Iniziamo con la categoria maxi:

P.I.L. + Horrors (08.07.11 Fiera della Musica – Azzano X°)

Foto di F. Zanet

Ovvero una leggenda come John Lydon (chi cazzo ha detto Johnny Rotten?!) nella sua incarnazione meno famosa, ma sicuramente più personale e, a conti fatti, più importante- quella di cantante dei Pubblic Image Ltd, gruppo tra i padri della new wave e autore, tra il 1978 e il 1981, di tre capolavori come “First Issue”, “Metal Box” e l'indigeribile ma seminale “Flower of Romance”, prima del successo raggiunto con singoli come “This is not a Love Song” e “Rise”, che, però, non avevano certo la carica innovativa delle prime opere. Fanno da supporto gli Horrors. Avete presente gli Horrors? Uno dei grandi nomi del rock inglese degli ultimi anni, amati dalla critica e dai bimbomink….ehm, dal pubblico più

giovane. Beh, fanno cagare! Una risciacquatura del piatto “New Gold Dreams 82 83 84” con l'aggiunta di un po' di rumore di fondo a fare da specchio per i tordi (ovvero i critici musicali che si scappellano davanti all'ennesimo gruppo che scopiazza idee dagli anni 80 aggiungendo un'emulsione di shoegaze alla My Bloody Valentine - ma molto meno urticante, sennò alle fighette non piace – senza tenere conto del fatto che il gruppo di Kevin Shields, sotto la scorza di rumore, scriveva canzoni splendide e che anche i Simple Minds, al top della forma, erano dotati di un'ottima penna, mentre gli Horrors mostrano solo un vuoto compositivo pneumatico dietro ad idee scopiazzate a destra e manca). Levatisi dai cabasisi le mezzeseghe di supporto, finalmente salgono sul palco i P.I.L. giocandosi immediatamente la carta “This is Not a Love Song” per scaldare il pubblico. Lydon non è accompagnato dai membri storici della band, ovvero Keith Levene, Mark Atkins e Jah Wobble, ma da tre validissimi comprimari che trasformano ogni brano dilatandolo a dismisura, mentre il cantante accompagna le sue declamazioni da muezzin con il suo tipico gesticolare spastico e, roba davvero punk, numerose scaracchiate sul palco. Con “Poptones” e quel proiettile quasi in stile Sex Pistols di “Pubblic Image” vengono rappresentati i primi due dischi, mentre l'oscura e barocca “Flower of Romance” segna uno dei primi picchi del concerto, presto superata, in lunghezza e comunicatività, dalla meravigliosa “Albatross” – oltre dieci minuti di delirio ballabile condotto da un basso gommoso e da una chitarra divagante. La prima parte della performance è chiusa dalla blasfema “Religion”, lenta e di una pesantezza quasi sabbatthiana, dove il volume del basso è spinto così in alto da farmi tremare i denti. Come da me previsto (e il buon Gian Serna ne è testimone), nel bis vengono suonate “Memories” e “Rise”. Imprevedibil, invece, il gran finale, con la cover del brano dei Leftfield “Open Up” che, in originale, vedeva proprio John Lydon come guest alla voce, meravigliosa sintesi tra dance e rock, anche questa allungata all'inverosimile fino allo sfinimento del pubblico esaltato nel vedere ancora in ottima forma la leggenda dai capelli rossi.


NOUVELLE VAGUE

suonato in maniera abbastanza calligrafica è l'oscura “Bela Lugosi is Dead” dei Bauhaus, mentre la loro “Love will Tear us Apart” è decisamente megliore dell'originale – non che ci voglia molto, tenuto conto che la suddetta pacchianata è il peggior brano scritto da Curtis & Co. Conclude il concerto una versione per voce e chitarra di “In a Manner of Speaking” dei Tuxedo Moon e io me ne torno a casa mezzo cotto, come non mi succedeva da quando stavo ore davanti a VideoMusic in attesa che passasse un video di Bjork (solo che la sera ero troppo stanco per frullarmi il barbagallo immaginando un menage a trois con le due cantanti- invecchio, cazzo!)..

(09.08.11 Sherwood Festival – Padova) di Antonio Lo Giudice

Ovvero il festival della patata. Anzi, delle Patate. Le cantanti che il duo francese Nouvelle Vague si porta dietro vanno anche oltre il concetto di gnocca: non solo sono bellissime e sexy (e lo sanno, le maledette! Con quelle gonne trasparenti o strappate in modo da mostrare le gambe…), ma anche brave, simpatiche e carismatiche. Voci splendide e bestie feroci da palcoscenico alla presa con brani della new wave e, in generale, degli anni '80, riarrangiati in versione acustica e latineggiante. Ed è un piacere assistere ad un concerto aperto da una versione pelle e ossa di “10.000 years” dei Cure con, a rimorchio, la festaiola “Master and Servant” dei Depeche Mode, “Guns of Brixton” dei Clash e “Don't Go” degli Yazoo in versione quasi country. Si può obbiettare che il loro è un giochetto destinato a mostrare presto la corda ed è sicuramente vero- ma di fronte a tanti musicisti che prendono fin troppo sul serio le loro composizioni (spesso di merda), un gruppo che suona cover per puro divertimento non può che avere tutta la mia stima. Grazie al cielo, vengono proposti pochissimi brani dall'ultimo e pallosetto “Couleurs sur Paris” e sono prediletti i primi tre, ben più frizzanti, album. Entrambe le cantanti hanno il loro momento di gloria: quella più tondetta con una lunga e zozzissima versione di “Human Fly” dei Cramps resa con una grandissima voce roca, mentre la stangona tettuta con l'alcolica “Too Drunk to Fuck” dei Dead Kennedies, conclusa stesa a terra e delirando che sarà pronta per scopare domani o, guardando maliziosa il pubblico (l'adorabile zoccoletta!), forse più tardi. L'unico brano

KAMIKAZE QUEENS + BELDORA CRIMINALS (10.07.11 Punky Reggae Pub – San Zenone degli Ezzelini) di Antonio Lo Giudice Ovvero il festival della patata parte seconda. E , soprattutto, dell'attitudine fottutamente rock- quella che permette al quintetto di Berlino (ma composto da due tedeschi, un italiano e due americane) di suonare in pieno pomeriggio d'estate, davanti ad una trentina di persone esaltate, in un locale minuscolo e con un effetto serra da microclima tropicale. Un amore viscerale verso la propria musica, che trasuda (ahahahah…battuta del cazzo!) da ogni secondo della performance del gruppo di Mad Kate e Trinity. Di base, parliamo di un gruppo punk estremamente melodico con influenze psychobilly (la presenza di un contrabbassista è indicativa), ma anche legate alla musica popolare ed al cabaret. Le due cantanti infondono allo spettacolo una vena burlesque, grazie alla loro sensualità divertita e parodistica: Trinity canta salendo sul contrabbasso, mentre Mad Kate si arrampica con un tacco 12 su un tavolo ingombro di apparecchiature, senza avere neanche lo spazio per stare in piedi. Quest'ultima, poi, entra nel novero dei miei idoli quando, dopo aver eseguito uno spogliarello, si stende con fare sexy sul pavimento dove c'erano due dita di condensa (lanciando una risata non so se più divertita o disperata). Gli eroi che, nonostante il caldo soffocante, sono riusciti a resistere all'interno del locale fino al termine del concerto (quasi tutti ballando, tra l'altro), sono stati ripagarti con uno dei concerti più divertenti a cui ho assistito quest'anno. Da segnalare anche i bravi openers Beldora Criminals, gruppo di Treviso dedito ad un HC diveretente e creativo. Questa esaltante domenica pomeriggio (il che pare un controsenso: quando finisce il campionato di calcio, le domeniche pomeriggio diventano l'anticamera del suicidio) conferma come il Punky Reggae Punk, con la sua colorita ed alternativa selezione di gruppi, resti un vero e proprio patrimonio per la scena rock pedemontana e, in generale, veneta, nonostante le difficoltà dovute soprattutto agli orari infami in cui è costretto ad ospitare concerti.


PJ HARVEY Ferrara 6 Luglio 2011 - di Chiara Fantinato

Qualcuno una volta mi ha detto che i grandi nomi della musica sono per lo più di genere maschile, specie per quanto riguarda il rock, ma che le donne che arrivano a quei livelli sono assai ben più degne di nota dei loro colleghi maschietti , sia per qualità che in stile. E ricordo anche di aver pensato, da buona femminista quale sono, che questo concetto potrebbe essere applicato a qualsiasi ambito, un po’ perché è assodato che una donna per arrivare in alto, spesso e volentieri, deve dimostrare le sue competenze due volte in più rispetto a quanto debba fare invece un collega maschio, e poi perché c’è una speciale e affascinante compresenza di energie contrastanti in una, chiamiamola, ”primadonna”, che la astrae da un qualsiasi altro tipo di qualsivoglia catalogazione . Per semplificare il tutto, tornando al settore musica rock, basteranno 2 lettere: PJ. Polly Jane Harvey è, secondo la mia opinione, un sensuale intreccio di grazia, eleganza, sensibilità e al contempo graffiante esplosione di forza, aggressività e inquietudine, esattamente la stessa perfetta combinazione di elementi che delineano coloro che potremmo definire come “Le grandi donne del Rock”. Più volte, anche per questa ragione, nel corso della sua lunga e brillante carriera, PJ è stata paragonata ad un altro genio del rock’n’roll in gonnella: Patty Smith. Dal mio punto di vista ritengo che il paragone non sia per niente calzante se non per l’aspetto appunto sopraccitato, in quanto trattasi di personalità ed epoche assai differenti, tanto sarebbe dunque paragonarla ad una Janis Joplin, così come a molte altri nomi rosa che nel corso della storia hanno sfondato le barriere di genere grazie al loro incredibile talento! Andiamo ora però ad analizzare un


po’ più nello specifico questo ammaliante connubio di contrasti che fa di una donna qualunque una “Rock Woman”e portiamo l’esempio concreto del concerto che PJ ha tenuto lo scorso 6 Luglio al Castello di Ferrara, per il Festival “Ferrara sotto le stelle”. La cornice di Piazza Castello, gioiellino del Rinascimento Italiano, contribuisce ad alimentare quell’atmosfera magica entro la quale la signora del Dorset appare sul palco come un angelo, illuminata da luci bianche che evidenziano il candore della sua pelle; scalza, fasciata in un abitino bianco che mette in risalto la sua esile figura, un cappello-cerchietto di piume bianche( molto British), impreziosisce il tutto ed esalta il contrasto con i capelli corvino che cadono morbidi sulle spalle e si muovono leggeri nella brezza estiva, e poi quella voce... Dolce, suadente, quasi celestiale a tratti, ma all’occorrenza anche ruvida, provocante, e sofferta, capace di legare armoniosamente dure distorsioni di un’elegantissima chitarra bianca o nera, suonata dalla stessa rocker (ennesimo impeccabile dettaglio di stile per la nostra paladina), come ci insegnano i classici del suo repertorio riproposti durante il live emiliano: “Down by the water”, “Angelene”(in verità cantate per la maggior parte dal pubblico più che entusiasta e, devo dire, particolarmente intonato), a sonorità quasi fiabesche, caratterizzate dall’uso di strumenti come il campionamento di una tromba che suona l'adunata nella trascinante "The Glorious Land", o il tamburello che scandisce il ritmo della ballata "The Colour Of The Heart" (in duetto con John Parish, fedele amico e collega della Harvey), dai toni squisitamente britannici, come giustamente suggerisce l’ultima fatica dell’artista, “Let England shake” , da cui è tratto il pezzo appena citato, senza tralasciare l’uso addirittura di un vibrafono, sempre sapientemente suonato da Polly, come nella simpatica fanfara di "The Words That Maketh Murder” . Un’incantevole musa da cui non si può distogliere né l’orecchio né lo sguardo e non c’è nemmeno bisogno di parole per sortire quest’effetto, la mimica, la teatralità, i movimenti sinuosi, l’energia con cui PJ e i suoi tre eccellenti

accompagnatori vivono la musica, questo è il sogno rock che i calorosissimi spettatori italiani attendevano da parecchio tempo. Le canzoni si avvicendano l’una dopo l’altra senza sosta raccontando attraverso la musica la passione di questa donna che ha trovato nel rock la modalità per esprimere ciò che tutti coloro che sono costantemente alla ricerca sentono, in particolare se sei femmina! PJ soffre, ride, si dispera, si lamenta , si dissocia, prega, ama e ricorda attraverso il repertorio di tutta una carriera dove ha indossato i panni della ribelle, dell’amante frustrata, della donna felicemente innamorata, sino ad arrivare alla maturità di quest’ultimo album dove assume il ruolo più che altro di una fascinosa cantastorie, che non ha più bisogno di urlare, ma lascia ora parlare le sue canzoni , dal sound forse più melodico e facile ma dal contenuto ricco e denso di chi il rock ce l’ha nell’anima e ne conosce il potere. Il pubblico è in delirio, Pj concede un bis e finalmente da vera signora ringrazia per l’ascolto. S’inchina, sorride e se ne va lasciando nell’aria quell’accattivante e magico alone di mistero come solo una Gran Donna sa fare…


A GREAT MIX OF THE BEST SOUL, MOD and FUNK from 60/70 by dj d

SOUL

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BACK TO BLACK

Ven 16 sett - Rockcafe - tv H 22 sab 17 sett - DeGusto - tv H 22 Mar 27 sett - 2^ Classe - Altavilla - vi ven 30 sett - sartea - vi

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BACK TO BLACK ARTIST & RECORDs HISTORY NARRATES BY DJD In questo numero mi limiterò a recensirvi uno degli album più importanti della musica black. Signori e signore a voi i:

FUNKADELIC

Se James Brown è stato il padrino del soul, colui che ha codificato formalmente il verbo sacro del funk, è stato G. Clinton , insieme a Sly Stone, il primo a farlo copulare con altri generi come il rock e la psichedelia. Maggot Brain, terzo album dei Funkadelic, è una vera e propria mosca “nera” nella loro discografia: sin dalla meravigliosa copertina. Messi da parte per una volta la ricerca di good vibrations i funkadelic escono fuori con il loro disco più aspro, arrabbiato. Il cuore nobile del disco è senza dubbio caratterizzato dalle due lunghe jam: la title-track e Wars Of Armageddon: introdotta da colpi di mitragliatrice la prima è il capolavoro del genio visionario di Eddie Hazel: sopra una sezione ritmica appena abbozzata, la scena è occupata dalla sei corde del geniale chitarrista newyorkese, un lunghissimo assolo dove le note vengono lasciate libere di fluttuare nell’aria. Questa è la dimostrazione di quanto si possa esprimere tanto senza utilizzare le parole, un autentico flusso di coscienza, che travalica i generi, diventando musica “soul” nel suo significato più alto: musica (che è trasposizione in note) dell’anima, con la chitarra che non è un semplice strumento ma si fonde in un tutt'uno con il corpo, la testa e il cuore del musicista. Sulla genesi di questo pezzo circolano due versioni: la prima, più che altro una leggenda, narra che l'ispirazione per questo brano venne a George Clinton dopo che scoprì, in un appartamento di Chicago, il cadavere in stato di decomposizione di uno dei suoi fratelli. Una seconda versione, probabilmente più attendibile, afferma invece che Clinton lasciò libero sfogo alla creatività di Eddie Hazel, impartendogli soltanto un'unica istruzione: “Suona come se fosse appena morta tua madre” Per Wars Of Armageddon la definizione migliore è “Apocalypse Funk”, soul da giorno del giudizio. Percussioni orgiastiche, organi deliranti, versi di animali, freakerie assortite, un sabba nel quale si ritrovano a banchettare i Faust, i Red Crayola e Beatles di Revolution 9 con il loro caos (dis)organizzato. Ci sono poi: You And Your Folks, Me And My Folks e Can You Get To That, sorta di folk obliquo con sottofondo di coretti gospel ubriachi, il riff appiccicoso e saltellante di Hit It And Quit It, con tanto di assolo finale di Hazel che insegna due o tre cose a Slovak e Frusciante. In definitiva, questo disco è un must irrinunciabile per ogni appassionato di black music che si rispetti.

Sound & Vision presenta

Back To Black Live

On Stage

Voice

Camilla guitar

Lucio Pinaffo drums

Roberto Ruffato

Of The Beds&t Funk o M l Sou m 60/70 Fro

Ven

30

After Show Dj Set Back To Black by DjD

Settembre h 22.00

@ Sartea - Vicenza


Gli Indimenticabili dimenticati by Fox

THE RAYBEATS – GUITAR BEAT Nell' aprile del 1981, con la regia di Martin Rushent, Don Christensen, Pat Irwin, Jody Harris e Danny Amis si riunirono in uno studio di registrazione per produrre una perla del sound di New York. Nacque così il progetto Raybeats ed il primo bellissimo album Guitar Beat. Potremmo definire banalmente il meeting come l'unico supergruppo della scena musicale no wave di New York, ma ancora oggi sarebbe riduttivo. Le undici tracce strumentali che compongono questa perla musicale riescono a sintetizzare tutti gli ingredienti che regalarono il magico e purtroppo breve momento lanciato all'epoca dal solito Brian Eno con “No New York”. Naturalmente qui il suono è più organizzato, meno spudorato ma non molla quell'atmosfera fumosa e urbana. Un disco omaggio alla chitarra, vista sotto una luce completamente diversa rispetto ai dinosauri del virtuosismo, essenziale, dura e senza fronzoli. Guitar Beat benedice il suono surf, il traffico, e l' underground, in un incalzare ritmico tribale ed urbano tipico di quegli anni e rimanda a tutta la storia pre Beatles, cancellata in un attimo dai quattro di Liverpool e rimessa in circolazione solo pochi anni fa. Di conseguenza arrangiamenti inusuali come gli accostamenti sonori molto arditi, stupenda caratteristica di orchestrazioni che all'epoca maneggiavano i suoni come i pionieri si avventuravano nelle terre desolate senza avere un' idea di cosa potesse accadere. Mi risulta che i Raybeats, in formazione un po' modificata, realizzarono un secondo gioiello: “It's only a movie” poi tutto si concluse. Ancora oggi questo è un disco che ispira , aggressivo ma non troppo e ascoltabile. Ci fossero stati anche Robert Quine e George Scott III Guitar Beat sarebbe un monumento, ma non si può avere tutto purtroppo. Una perla nella collana che diede l'ultimo grande colpo alla musica metropolitana, al rock e alle arti sonore: quell'ondata di artisti che a New York schizzarono fuori dai garage con l'indimenticabile “no wave”.


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Live Review di Chiara Fantinato

GOGOL BORDELLO

vaneggiato per un attimo, osservando la folla inserita in quella cornice medievale molto suggestiva, ancora attonita e inerme davanti a Castello Scaligero di Villafranca 8 Luglio 2011 quello che era stato fino a pocanzi il cuore pulsante di energia rock'n'roll, e immaginavo quei corpi e quei volti come delle anime perse di un qualsivoglia girone dantesco, la cui condanna si stava realizzando proprio sotto i miei occhi. La privazione dalla loro droga, la musica, li aveva costretti all'immobilità e alla permanenza in quello stato di smarrimento, in bilico tra rassegnazione e rimpianto di quello che era stato. E da brava peccatrice anch'io non facevo che rivedere flash di un Eugene Hutz scatenato sul palco, che grida, si dimena, si diverte con noi, e forse anche di più, assieme agli altri sette componenti di quella che Forse vi sembrerà piuttosto banale ma non è per oserei soprannominare un' orchestra circense, di stampo folk-gipsy-punk. Impossibile definirli, nulla facile recensire un concerto dei Gogol impossibile fermarli...I brani incalzano l'uno dopo Bordello, diciamo che è un po'come parlare l'altro senza sosta, il repertorio è vasto ed d'amore, passione, rock'n'roll...di certo concetti estremamente variegato. Ritmi popolari universalmente riconosciuti ma altrettanto soggettivi, anzi, talmente soggettivi da non poter nostrani,come la tarantella, si mescolano a sonorità più moderne come l'hip hop, unendovi quà e là essere inscatolati in una semplice definizione, schitarrate dal sapore rockeggiante; intromissioni di bensì comprensibili solo se vissuti in prima violino, fisarmonica e percussioni varie, persona. Ho deciso dunque di provare a darvi reminescenze della tradizione musicale dei paesi un'idea di quel che è avvenuto al Castello d'origine della maggiorparte dei componenti del Scaligero di Villafranca Veronese, quel sabato 8 gruppo (Est Europa), si fondono con una base luglio, raccontandovi le mie emozioni e le mie musicale che pianta le radici nel movimento sensazioni a ritroso, un po' per celebrare la culturale settantasettino. Una patchanka di suoni, starvaganza di artisti di questo calibro, un po' stili e culture. A proposito mi viene in mente un perchè una delle cose più particolari dello spettacolo proposto dalla band di Hutz è che è un altro flash: mi giro e vedo una ragazza con lo hijab in testa, che balla accanto a me, cercando di flusso continuo di energie, più danzi, salti e ti scateni, più vorresti danzare, saltare e scatenarti. trovare la giusta posizione per non farsi male e Due ore di eccezionale “bordello”, che vorresti non contemporaneamente riuscire a vedere che succede all'interno del cerchio da pogo che si sta finisse mai, in barba alle zanzare e al caldo creando proprio lì davanti a noi. Ancora un altro infernale. Nemmeno un'improvvisata doccia con flash: un brano di Celentano, grande icona del canna dell'acqua è riuscita a placare il nostro frontman dei Gogol, comunque molto affezionato “ardore”. Ricordo in quel momento di aver


ROCKAFE’

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all'Italia. Mi torna alla mente il delirio quando Hutz cantando “Santa Marinella”, lascia l'onore al pubblico di bestemmiare apertamente, essendo l'imprecazione parte fondamentale del testo della canzone, una canzone per altro che lui scrisse in ricordo del suo soggiorno non proprio tranquillo nella cittadina italiana, una canzone che non vuole essere un semplice insulto ma una forma di liberazione da tutti quei contradditori tabù tipici del Belpaese, che Eugene, forse proprio durante la sua permanenza, ha potuto cogliere. Un'ironia beffarda e pungente nei testi dei Gogol, che in maniera scanzonata, disimpegnata e strafottente, deride e decanta vizi e pregi della nostra società e dei componenti della band stessa (vedi Alchol, ode al dio-amico di molti di noi, Hutz incluso)e che dal 2005 ha permesso loro di entrare a pieno titolo tra i nomi più celebri delle rockstar più folli, affiancando addirittura Lady Madonna nel suo primo incarico da regista e collaborando con altri diversi grandi dell'olimpo musicale. Un altro flash ancora, siamo alle prime note della band e mi rivedo molto indietro rispetto al palco, ancora qualche nota in più e già mi ritrovo danzante e sudata a pochi passi dallo stage, nel bel mezzo del delirio, non riesco a non sorridere, non posso evitare di farmi pervadere da quelle good vibes che trascinano in un vortice di festa e benessere un'intera folla...ora sono parte di quel vortice...che magia la musica... That's rock'n'roll!!!

ST TE BE T DJSE 91 19 since V 02 EXCUSE ME Nu Disco,edit & Re edit

S 03 Dj IANI Retroscopia musicale 70 80 90

V 09 J OSAI The Real Outsider - Adam is Back

S 10 JACK & CENEZ 4 hands dj Set Rock 60 70

V 16 CLAUDIO KING P DubsteP roots

S 17 HACIENDA Hacienda tribute early house, old school,new Retrò by Excuse Me

V 23 BACK TO BLACK The Best of Soul Funk from 60/70

S 24 CYCO UK Garage (Countermove)

V 30 LADY GISA Brokenbeat (Coutermove)


CAKE

di Fabrizio Consoli

Milano 6 Luglio @ Magnolia

Pict di F. Consoli

Correva l'anno 1991. La vita faceva schifo o nella migliore delle ipotesi non aveva senso, gli accordi erano tutti in minore per evitare accesi di immotivato ottimismo, i jeans sdruciti o rotti. Le camicie, quelle erano di flanella (ma anche d'estate?) ed i capelli lunghi e rigorosamente lisci. E noi in provincia ci lamentavamo, segretamente compiaciuti, ululando assieme a Layne Staley e Kurt Cobain. Sempre nel 1991, in California a Sacramento debuttava una band che osava dispensare allegrezza e levità, appoggiate su ritmi upbeat e testi sardonici: signore e signori, ecco a voi i Cake. Sono passati ben vent'anni da allora. Spencer Elden, il bimbo che fluttuava nudo sulla copertina di Nevermind e' maggiorenne e fuma, ed i ragazzini m'indispettiscono annuendo con ammirato rispetto quando racconto proprio dei Nirvana dal vivo a Roma, d'altro canto la stessa reazione che ebbi io di fronte a chi mi parlo' di un live di Jimi Hendrix. Eppure i Cake sono ancora lì, sempre ad un passo dai riflettori

di scena, sempre perfettamente fuori dallo zeitgeist, così meravigliosamente sereni e fuori moda. Un fuori moda che dopo due decadi ha guadagnato tutto il diritto di essere riconosciuto come un modo di essere a sé. “Showroom of Compassion” e' l'ultimo lavoro della band, ed approda dopo sette anni dal precedente quinto album. E' registrato a casa loro, a Sacramento, nel loro studio alimentato ad energia solare e da loro costruito, ed e' pubblicato dalla loro etichetta discografica, la “Upbeat” (per l'appunto). Ed ha tutte le carte in regola per essere all'altezza delle aspettative. Non solo perche' e' il primo album dei Cake a raggiungere la vetta della Billboard Top 200 nella settimana di esordio, ma soprattutto perche' e' stato l'album che pur raggiungendo il primo posto, ha venduto meno copie nella storia della chart: un trionfo in pieno stile Cake. Il mio arrivo al Magnolia e' tragico: il parcheggio e' pieno all'inverosimile, e finisco per lasciare la macchina a un chilometro buono dal locale, con la certezza delle zanzare che mi scorteranno fino sotto al palco. Ma lì ecco il premio per il mio supplizio: l'attacco di Sad Songs and Walzes, voce e tromba, rispettivamente McCrea e DiFiore, vale a dire il cuore pulsante e l'anima originale dei Cake, gli unici della primissima formazione. Mc Crea e' sereno e easy come ce lo aspettiamo, ed e' chiaro fin da subito che non gliene puo' fregare di meno di rispettare i tempi classici dei concerti, cose astruse ed inutili, tipo il bis. Parte cosi' lo show che sara' caratterizzato da diverse pause, la principale in pieno sapore calcistico, di una ventina di minuti a dividere il concerto in due tempi, guarda caso piu' o meno da 45 minuti. Ed alterna canzoni alle chiacchiere: all'inizio si dichiara contento della serata che passeremo assieme, e “it's about time” – “era ora”, dice. Piu' avanti sara' il momento dello sketch della pianta, a quanto pare parte integrante dello spettacolo e ripetuto in diverse gig – regala una pianta alla prima persona che ne indovina la specie, e le fa promettere che la trasporrà in terra. Un monologo di


Pict di F. Consoli

sapore sindacale, e il surreale monito “enjoy your healthcare” anticipano Federal Funding. Verso la fine del concerto il cantante trova ancora il tempo di dare dell' asshole a Cattelan per la statua in Piazza Affari, diciamo la sua libera traduzione in inglese di “opera controversa”. Il resto e' semplicemente Cake, che chi conosce ha sempre apprezzato: McCrea e la sua lirica a cavallo tra cantato e parlato, la voce che in certi punti ricorda Lou Reed, i testi scanzonati e divertenti, il berretto da baseball sempre calcato sulla testa. Il contrappunto della tromba di DiFiore, quella melodia ulteriore cosi' curata e voluta, a dialogare con canto e chitarra. Le due ore abbondanti assieme scorrono veloci, e nonostante personalmente io subisca l'alternanza musica/chiacchiera, a mio avviso colpevole di interrompere il flusso emotivo del live, il successo e' evidente e decretato dall'effetto “piccione” sulla folla, che muove meccanicamente la testa avanti ed indietro a ritmo. Si chiude nel passato, con Short Skirt, Long Jacket, il cui giro di basso iniziale avrebbe fatto la felicita' degli sceneggiatori di T.J. Hooker, a precedere la cover che ha contribuito alla loro fama ed al disappunto di Gloria Gaynor, I Will Survive.


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RUMORI DAL LAGO

di spazio per mettere le tende. Si scende e a ridosso del lago ecco allestito il concerto. A destra due furgoni di Marika Zorzi dedicati al bar con prelibatezze fatte a mano e alcolici. Da notare che a chi prende da mangiare viene dato un piatto di ceramica e posate di ferro che vengono lavate dagli stessi e riutilizzate. Grande cosa, infatti di merda e rifiuti in giro neanche l'ombra. Verso le 8.30 cominciano i concerti. (In realta' il primo a suonare verso le 7 e' mr. Gab De La Vega da Brescia con il suo folk acustico-ma io non c'ero ancora quindi non so com'e' stato). Il primo gruppo sono le Piccole porticine scorrevoli per gatti. Fanno un crossover strumentale abbastanza pulito che asseconda appieno l'orario di cena. Subito dopo li seguono i Left in Ruins. Olly, Piff, Lorenzo e Fibra suonano un hardcore bello veloce e urlato. Mi piacciono. Cala il buio e con lui si alza un'umidità micidiale. Siamo sulle rive di un lago, direte anche voi. A scaldare le ossa dei presenti ci pensano i Dust into your eyes. Punkrockers simpatici e scanzonati che suonano per un Foto di Ge' Giovanninetti bel po' prima di lasciare lo spazio ai No more flag. I ragazzi fanno streetpunk. Finchè suonano c'è gente che A me non piace la parola "scena" quando si parla dell'hardcore. Fondamentalmente perche' non vuol dire vola, scivola sul fango, urla. E' un coro unanime al grido della canzone “Against discrimination”. Personalmente niente. Tanta, troppa gente se ne riempie la bocca la voce femminile non mi entusiasma tantissimo ma avvicinando più o meno a quanto fa figo o gli serve, sono gusti. Dallo streetpunk all'hardcore melodico senza quelle due consonanti h e c a nomi di citta' a caso. tanti fastidi. E' il turno degli Inedya. Attivi dal 1996 i Peccato che dietro alla parola "citta'xyz hardcore" la ragazzi suonano un hc veramente fatto bene. Al di là maggior parte delle volte non ci sia un emerito cazzo di niente. Dov'e' la coesione tra la gente di una stessa che il genere possa piacere o no. La gente canta a memoria i testi, poga e si dimena. Finito il loro citta' o provincia che si sbatte per creare situazioni concerto, Pol resta alla voce e al basso e dietro di lui lontane dalle logiche di profitto, lontane dai locali di prendono in mano gli strumenti Gabri, Donny e Leo. I merda alla moda e accomunate dall'HARDCORE che Congegno sono al completo. Suonano per più di non e' solo un genere musicale ma un filtro con cui guardare questo mondo di merda? Ecco, ogni volta che mezz'ora e spaccano come sempre. La stessa cosa si metto piede a Trento vedo questo. Ragazzi più o meno può certamente dire dei loro compari Attrito. Uno dei migliori gruppi hc in circolazione adesso. Punto. Non giovani che si organizzano insieme per creare servono tante parole. E' tardi e tocca agli Smashrooms. un'alternativa decente a chi li vorrebbe solo come un L'hardcore dei bresciani è una frecciata. Veloci e cattivi. pubblico pagante al concerto del gruppone che costa Gli ultimi a cimentarsi sono i baresi A Testa Bassa. come una giornata di lavoro. Prendete come esempio Merito delle grappette casalinghe ai mille gusti o delle sabato 16 luglio Rumori dal lago edizione 3. Un lago a caso in provincia di Trento raggiungibile solo chiedendo mille birrette ma sono le 3 di mattina e ancora c'è gente che poga e fa casino. I ragazzi ci danno dentro a info via mail. Nove gruppi della zona e due da fuori. più non posso. Avranno suonato fino alle 5. Tanto di Cibo vegan. Banchetti. Teloni sopra gli alberi per cappello. Un festival con i contro coglioni e a chi si è scongiurare la pioggia. Insomma una festa autogestita sbattuto e continua a farlo organizzando feste così con i controcazzi che tanto mi ha ricordato il punkepaltan o il kaosinbrenta. Si arriva e c'e' un bel po' resta un solo aggettivo. Grandi.

HARDCORE, AUTOGESTIONE E SENTIMENTO


Bedroom Revolution di Sir Taylor

THE WHITE STRIPES Sono proprio poche le band che dopo gli anni 90,in piena era digitale e con un mercato discografico in netto calo, sono riuscite ad emergere prepotentemente sopratutto grazie al passaparola dei fans. Credo che i White Stripes siano anche in assoluto una delle ultime grandi rock and roll band originali emerse negli ultimi 20 anni. Molto del loro successo è dovuto alle capacità tecniche di Jack White (aka John Anthony Willis) ottimo pluristrimentista, capace chitarrista e cosa vincente ottimo e ricercato produttore. Senza dimenticare la capace comprimaria, impeccabile e micidiale batterista nonchè cantante part time Meg White, fantomatica sorella, in realtà compagna di vita e di avventura musicale. L'esordio discografico risale al

'98 con un paio di singoli stampati inizialmente privatamente (Italy records, circa mille copie ciascuno ma solo un centinaio in vinile colorato! ) che fruttano loro un contratto con la 'Simpathy for the rec. industry'. Questi dischi come la maggior parte di quelli più quotati fu regalata ad amici o venduti ai concerti; stampati in poche copie ed in vinile colorato. La cosa interessante nella loro musica è sicuramente la rivalutazione del blues e del rock'n'roll in chiave minimale e metallica (molto elettrica e ben amplificata con una buona dose di ricerca sui suoni, per capirci). I riff delle composizioni sono micidiali e ficcanti come da tradizione 'stones'. Un ruolo molto importante poi lo gioca la strumentazione: chitarre, amplificatori ed effetti sono tutti vintage con risultati irraggiungibili per il digitale. Anche la strumentazione usata per registrare i primi album è vecchia, dai microfoni ai registratori 8 piste usati prima del 1960. Il risultato finale è quello che ci vuole per il mix di blues/country e punk che rende benissimo nei dischi in vinile. Così dopo una discreta gavetta arriva il grosso successo internazionale, in un


crescendo inesorabile, con il quarto album 'Elephant', registrato a Londra in appena due settimane. Il successo del lp (5 stelle su 5 dal R.Stone magazine) viene facilitato da un singolo quale 'Seven Nation Army'. Nell'album è contenuto anche il remake di un classico dei classici 'I just don't know what to do with myself' (non so che farne di me, all'incirca..) di B.Bacharach. Per questo pezzo viene girato un video con la regia di Sofia Coppola con la modella Kate Moss. Una idea molto semplice ma provocatoria con lei che improvvisa un balletto erotico/strip alla sbarra (stile locale serie B) che fà molto parlare e crea una miriade di imitazioni, tra l'altro. L'album 'Elephant' ed il tour promozionale mettono particolarmente in luce le doti tecniche di J. White che viene eletto dalla rivista R. Stone tra i 15 chitarristi migliori di sempre. Terzo singolo dell'album è la bellissima 'Hardest button to button' che traina l'album verso il grammy per miglior album di rock alternativo nel 2004. Questo fà dire a qualche critico musicale particolarmente entusiasta che i White Stripes sono la più grande rivelazione musicale dai tempi dei Sex Pistols. Due cose vale la pena aggiungere per capire la band: la combinazione dei colori rosso, nero e bianco che hanno sempre avuto per copertine, abiti di scena etc una grande importanza: “sono dei colori potenti ed evocativi nella migliore combinazione possibile; li trovi nella lattina della Coca cola come nella bandiera nazista; il bianco è evocativo di pace, il rosso richiama la passione o l'odio ed il sesso. Il nero è l'annullamento di tutto questo.” Fra le band che maggiormente possono essere avvicinate ai nostri, a parte MC5 e Stooges (casualmente di Detroit) c'è un bluesman come Blind Willie McTell o il leggendario Robert Johnason e sopratutto i Gun Club di cui Jack White si è sempre professato totale ammiratore (Sex Beat, She's like heroin to me, For the love of Ivy sono canzoni che dovrebbero insegnare a scuola!). Fino a qui storia , critica e aneddoti. Posso solo aggiungere che sicuramente le quotazioni dei loro vinili sopratutto i 45 giri sono

destinati a salire nel tempo (i vinili colorati prima stampa superano mediamente i 2/300 $ oggi) come successo per i superblasonati Nirvana. Per quello che riguarda l'album oltre la stampa USA/UK su V2 l'edizione più collezionabile è la stampa australiana con copertina differente (i due sono vestiti tutti in bianco, mentre nelle altre copertine hanno abiti neri e bianco/rossi). La stampa australiana arriva a circa 2/300$, ma la tiratura fu bassa e sono poche le copie messe in vendita. Vale la pena di cercarla perchè l'effetto ottico è notevole. La stampa standard V2 è fuori catalogo da parecchio (comunque l'album vendette più di 1,000.000 di copie) ed è stata riproposta in tiratura limitata vinile 180gr ; l'edizione originale con i dischi rosso e bianco a mio avviso è comunque destinata a quotazioni più alte dei 60$ oggi mediamente richiesti. Quello che conta comunque è che i due lp suonano da paura e la musica contenuta è uno degli ultimi esempi di grande rock! Il set Include: HOTEL YORBA, DEAD LEAVES AND THE DIRTY GROUND, FELL IN LOVE WITH A GIRL, 7 NATION ARMY, THE HARDEST BUTTON TO BUTTON BLUE ORCHID e "TOP SPECIAL" disponibile solo in questo set. Edizione Limitata a 100 copie.

Queste sono le cose che mi mandano in bestia! di DjD Durante il loro tour 2005/06 i White Stripes vendevano nel loro stand merchandising questo piccolo giradischi giocattolo prodotto in giappone che suonava dischetti in vinile 3”. Questi Inchophones Triple erano marchiati in rosso e nero e non vendettero un granché in un primo momento, fino a quando Jack spiegò esattamente cos’erano sul sito ufficiale della band '. Quando Jack e Meg White acquistarono dal Giappone questi “giocattoli” pensavano che fossero prodotti in larga scala, il produttore invece ne aveva solo 400 in stock. I White Stripes acquistarono questi restanti e li vendettero in tour insieme a una serie di 3 pollici. Il prezzo all’epoca era di circa $ 120, oggi un aggeggio del genere completo dei 3 dischetti dei White Stripes ha una valutazione oltre i $ 1200. Averlo saputo per tempo! Oltretutto adesso sono INTROVABILI!!!


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W A MY

SE U O H INE

... non dovrei recitare di nuovo la parte di me stessa dovrei solo essere la migliore amica di me stessa ... Amy Winehouse


Vera a i r o t Una S

a di Lar

Lago

Quella sera Camden Town era triste. O forse lo ero io. Avevo detto a tutti che il giorno del mio ritorno era vicino, non avrei più bevuto, fumato, tirato. Volevo diventare un'altra, vedere scritto sui giornali un'altra parola, diversa da “drunk”, vicino al mio nome. Sembrava interessarvi solo quello. Deridermi. Il talento? Non è nulla se non ti possono criticare su un video di Youtube, se non possono imitarti, attendere che tu rotoli rovinosamente a terra per dire: “E' un film già visto”. Vi scrivo da quassù, vi scrivo per raccontarvi come sono andate le cose. Non sono più arrabbiata, Credo, come l'amore, che pure “Life is a loosing game”. Almeno, per me lo è stata. Sono diventata anoressica, drogata, ho creato il mio personaggio, mi sono fatta e rifatta. E a cosa è servito? Il mio grido di dolore non l'avete sentito. Ho letto da qualche parte che uguali dosi di sensibilità, creatività e intelligenza nella stessa persona non possono prescindere da uno stato

continuo di più o meno leggera sofferenza. Se poi sei un artista con grosse attese di performance la sofferenza non può essere minima ma è una compagna quotidiana e forse imprescindibile per continuare a creare. Io dentro di me mi sentivo solo una principessa: nuotavo su note soul, mi guidavano le sonorità Motown, mi spalmavo su beat anni '60. Ribelle quanto basta per non cedere allo star system, diversa da tutti, unica. L'avete scritto voi, nel mio epitaffio. Come avete scritto che la mia voce era unica, che dentro c'era l'eco della malinconia, del malessere. Ogni nota grattata era il retrogusto di una lacrima, di una vita plasmata da altri e già non più mia. Ora quella vita non ce l'ho più. Poco me ne importa del resto. Vi lascio la parte migliore di me. Due album dove ci ho messo l'anima, qualche inedito rubato, un paio di live, il mio essere un'icona degli anni 2000, il mio cattivo esempio da bad girl che fa molto diva, le mie speranze spezzate per il futuro, la parola


“the end” ad effetto sorpresa. Non datevi pena per me. Quassù è un mondo migliore. Non credete a chi vi dice che i cattivi vanno all'inferno. Dio adora la buona musica e sa riconoscere una vita scheggiata dall'indifferenza altrui da una avvelenata. Qui nessuno deve recitare alcuna parte, il talento è un valore riconosciuto e premiato, l'aspetto esteriore non esiste. Siamo anima e voce. La mia c'è ancora e ci sarà sempre. Canterà sempre più forte quando sarete tristi, quando la vostra Camden Town luccicherà di scintillii sinistri. Allora ascoltatemi e chiudete gli occhi. Amy Winehouse, come Michael Jackson, Elvis Presley, Marylin Monroe, non morirà mai. Le persone alle quali ucciderete i sogni invece loro sì, moriranno. E le avrete uccise voi.

THE RISE AND THE FALL OF AMY WINEHOUSE by DjD Mi aveva parlato di te Giorgio nel 2007, io non ti conoscevo!? Un ascolto e un mondo nuovo, finalmente! Per me che da 20 anni non faccio altro che ascoltare soul, jazz, funk era inspiegabile non essere riuscito a scoprirti prima, me ne vergogno un pò. Milano, party schifosamete esclusivo, c’ero io e c’eri tu maledettamente fatta ed ingestibile, minuti di vita... Per me da quel momento a chiedermi: perché? Non c’è un perché in questi casi sei così e basta. Ti ho dedicato da lì in poi tutti i miei djset chiamandoli “back to black” e anche per questo sarà difficile dimenticarti. Sei stata e sarai per sempre l’ultima vera rock n roll star, “soul” nel canto e “rock” nella vita. Il resto è fuffa costruita ad arte dai media. Strana la vita, il nostro secondo appuntamento doveva essere a Lucca, accredito per fotografarti ottenuto, fra tutti quello più voluto e desiderato. Tour cancellato. Parto per Londra, Sabato pomeriggio un sms : Amy è morta. Il desiderio di un ultimo saluto non è stato possibile per la scelta di un funerale in forma privata. Adesso sei nel vento di Londra a rendere il suo suono ancora più intenso e suadente ... Thank U Amy


JIMMA CORNER

DIGITAL OR NOT? Digital o non digital, sarà mai questo il problema? La musica, sta facendo un'evoluzione particolare. Stiamo tornando indietro nel tempo, ma con le tecnologie di oggi.Prima, la musica non era abbinata a nessun supporto fisico, la musica era musica e basta, come l'arte, come l'aria. Si aveva bisogno di sentire le note, come si ha bisogno di respirare, una sorta di medicina anti tutto...La musica era proposta da musicisti e interpreti, suonata e interpretata, non c'era nessun collegamento tra tecnologie audio e note musicali. Il dj ha dato nuova linfa, ha creato le tendenze, ha trasformato dei puri strumenti elettronici per ascoltare la musica in strumenti creativi, in mezzi di espressione e comunicazione,. La nascita del vinile, la necessità di fermare, a livello temporale, le proprie creazioni su un supporto, per poterle risentire. Queste nuove tecnologie hanno creato nuovi business, nuovi lavori. Radio, dj e produzione di canzoni su supporti hanno creato un bel mix imprenditoriale, un mix che ha portato soldi ma anche poi con il passare del tempo, ignoranza, falsità, invidia, dolori. Ma pensiamo ad oggi...non stiamo tornando alla stessa situazione? Tralasciando il punto più “romantico” ovvero che la

musica è morta, che non c'è più inventiva, e che chi ce l'ha rimane schiacciato da una baraonda di artisti e simili, da aziende multinazionali che pensano solo alla moda del momento, senza andare oltre.Ora la musica, sta perdendo il supporto fisico...una persona oggi dentro il suo iPod contiene giga e giga di discografie complete di artisti di vario genere e etnia.Quello che contiene, è un disco fisso di emozioni, di suoni, che per essere amati non necessitano nessun supporto materiale, buono solo per i collezionisti. Grazie ad iTunes, grazie al web, la musica sta rinascendo, con qualche intoppo certo, ma del resto nei grossi cambiamenti, qualche pezzo lo si perde sempre per strada. Insomma è sempre grazie al binomio dj-tecnologie che le regole nell'arte e nel music business cambiano.Come lo è stato allora, così lo è adesso, e così lo sarà domani.Amo anch'io collezionare dischi, come libri, come videogiochi, con la confezione e tutto il resto, e non credo spariranno completamente, sarà solo un binario che andrà avanti da solo. Si continua ancora a fare l'errore di abbinare il dj al supporto fisico, ma non credo che le cose vadano viste così, il disk jockey viaggia con la sua musica, con il suo stile...e non c'è nient'altro.




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OGM


ONE DIMENSIONAL MAN

Intervista di Enrica Sampong Foto di D. Pensavalle

Partiamo dalla fine. A better man. L'ultimo album uscito il 28 giugno 2011. Che rappresenta un po' una svolta radicale dal vostro precedente noise rock, no? Giulio: Intanto è stato un anno in cui abbiamo capito un pacco di cose. C'è stata un'evoluzione che probabilmente abbiamo avuto anche Paolo ed io. A parte che forse, una delle cose che bisogna dire, è che abbiamo un elemento Interviene Pierpaolo: Eh! Se qualcosa è cambiato è il batterista. Luca: Ci arrivava a me, con calma ma ci arrivava. Giulio: E già questo vuol dire molto, in un certo senso riparti da zero. Ripartendo da zero la musica che abbiamo cominciato a scrivere pregna di tutte le influenze che abbiamo assimilato in questi ultimi 7 anni, insomma, abbiamo raggiunto una maturità diversa rispetto a quella precedente, alcune cose le abbiamo lasciate e siamo andate alla ricerca di altre. Abbiamo lasciato che il disco si scrivesse un po' da solo, non ci abbiamo lavorato troppo sopra. L'idea che ci venivano le abbiamo registrate. Interviene Pierpaolo complimentadosi con Giulio: Bella questa tua definizione, non mi era mai venuta in mente. Ed è vera! Giulio e parla di scrittura automatica come quella dei medium. A better man. Un uomo migliore? Chi di voi è migliorato? :D Giulio: Luca! I testi, tranne uno, sono tutti di Rossmore. Il vostro punto cardine per questo album. Pierpaolo so che è stato un tuo ex inquilino. Sì. È un mio caro amico, abbiamo abitato nella stessa casa a Venezia,


una decina, forse anche di più d'anni fa. È un uomo che viaggia il mondo, soltanto ultimamente si è un po' accasato, ma lui da australiano in questo periodo vive in Messico.. Ha una moglie, un figlio... Adesso si è dato una calmata! In realtà è sempre stato un gran Picaro, uno che ha viaggiato molto per 10 anni, l'Australia, l'Europa.. la Francia, la Spagna, la Germania, l'Italia come Roma, Bologna e Venezia. E lui ci ha fatto dono, perché gliel'ho chiesto io, di 26 brevi componimenti che in realtà sono i suoi poetici appunti di viaggio. Mi ha spedito questi 26 pezzi di cui noi ne abbiamo scelti una decina e li abbiamo costretti, imprigionati, dentro nelle nostre canzoni. Io nei panni dell'interprete mi ci sento comodo e ... ed elegante! (Ridiamo) Non c'è appunto una canzone che ho scritto io, addirittura c'è una cover. È bello interpretare le canzoni di qualcun'altro è una cosa che non avevo mai fatto prima. E questa secondo me è una novità veramente macroscopica di questo disco. Parliamo appunto della cover di Scott Walker, “Face on breast”. Perché avete scelto di inserire proprio questo brano? Luca: Perché a lui non piace Scott Walker! (Ride) Pierpaolo: Sì. Mi fa schifo! Mi sono innamorato un paio di anni fa di Scott Walker. Non ascolto altro da almeno un anno. Tutto il resto che ascolto mi sembra inutile in confronto con il repertorio di Scott Walker. Ma a parte questo il brano Face on breast è una canzone che parla di noi, parla della grande terribile menzogna di promettere il proprio amore ma di non amare; ci sono molti matrimoni che funzionano così. Questa canzone parla di noi, della nostra società in cui viviamo di cui sono mutati in maniera terribilmente i rapporti umani: l'edonismo, la menzogna insita anche nel rapporto sociale più privato, più angusto se vogliamo usare la parole del Majakovskij, che è la relazione amorosa. In questo caso non si parla di eros, ma proprio di rapporto sociale. Quante volte mentiamo a noi stessi e a chi ci sta intorno per continuare a vivere con le nostre bugie? Vero eh? Non posso che affermare.

L’intervista completa su www.soundandvision.it


LIMELIGHT di Eugenio Zazzara (Roma) RED TEMPLE SPIRITS DANCING TO RESTORE AN ECLIPSED MOON Anno: 1988 Etichetta: Nate Starkman & Son 1988: la scena rock americana è un brulicare di nuovi vagiti, rivolgimenti, nuove tendenze e vecchi rancori mai sopiti. L'hardcore era in pieno cambio di pelle, con purismi ormai poco convincenti che si andavano trasformando poco a poco in quello che diverrà noto come post-hardcore; sulla scena californiana andava plasmandosi una nuova via all'hard rock, più commerciale, mentre i percorsi più sperimentali erano stati tracciati da band seminali come i Savage Republic. Alcune esperienze affascinanti e avanguardistiche caddero completamente nel dimenticatoio, e i Red Temple Spirits funsero da agnello sacrificale. La band di William Faircloth (ex Ministry Of Love), Dallas Taylor, Dino Peredes (dagli Psi-Com, palestra di Perry Farrell) e Thomas Pierik fu autrice di un formula a base di psichedelia sixties, post-punk e trance che fu unica nel suo genere, grazie alla capacità di miscelare elementi assolutamente riconoscibili e noti in una soluzione inedita e inaudita. Furono la lungimiranza e l'ardire della Nate Starkman & Son che permisero alla band di pubblicare un inusitato doppio disco di esordio. La distribuzione non poté poi superare le 500 copie, cosa che, se da una parte condannò il gruppo all'anonimato e alla dissoluzione

(dopo appena due dischi pubblicati), dall'altra lo consacrò come vero e proprio oggetto di culto. I punti cardinali della band sono i Pink Floyd da una parte e i Cure dall'altra: già il titolo e l'artwork esoterico bastano a ricollegare i californiani con il periodo più psichedelico dei Floyd. L'influenza della band di Robert Smith è invece evidente nella fattura dei suoni e delle atmosfere, scure e gotiche. L'album si apre e si chiude con due sontuose suite d'apertura: l'incipit 'Exorcism – Waiting For The Sun' è un sunto dello stile della band. L'inizio è lisergico e richiama le svisature e il tribalismo di 'A Saucerful Of Secrets', e le litanie degli Amon Düül: una chitarra slide, grottesche melodie distorte di flauto, suoni di armonici e campanelli immergono l'ascoltatore in una nube vulcanica di acidi e lapilli, con sventagliate periodiche di piatti. L'effettivo inizio del brano è scandito dal ritmo tribale della batteria, che presiede un'ipnotica danza rituale, primitiva e inquietante: a seguire la linea di basso tremolante e minacciosa di Paredes (il cui lavoro è enorme in tutto il disco, dando manforte anche sul piano melodico) che dà il la alle liriche esoteriche della voce cavernosa di Faircloth, mentre Taylor pizzica la chitarra al momento giusto, con svisature vagamente flamencate. La seguente 'Liquid Temple' è un pacifico e tremolante inno ecologico-animista ("slowly throwing rainbows from the palm of my hands", “I don't want to stay in a world being slowly poisoned"). 'Dark Spirits' è il brano


originale più carico e irruente del lotto, con un piglio decisamente post-punk. Con 'Bear Cave' torniamo su territori più dark, con la chitarra che a tratti imita un malinconico sax, mentre basso e batteria scandiscono il già classico andamento cadenzato e marziale della band. Un flauto da "Aguirre, Furore di Dio” gorgoglia invece all'inizio di 'Dreamings Ending', anticipando un altro brano dal piglio post-punk, con la chitarra che cresce piano piano e un Faircloth più incazzato. 'Electric Flowers' ricorda 'Bear Cave', con un incipit che sarebbe piaciuto a Mark Kozelek,mentre

‘Moonlight' è una tetra e mefitica corsa nel buio. L'omaggio ai Pink Floyd arriva puntuale con 'Nile Song', forse il pezzo più duro scritto da Waters e compagni, qui riproposto in maniera molto fedele e, se possibile, ancora più spigolosa, con un Faircloth indiavolato. La suite di chiusura, 'Light Of Christ - This Hollow Ground', è un mix diabolico di psichedelia doorsiana, kraut-rock à la Faust e distorsioni soniche alla Sonic Youth. Un vero e proprio manifesto dell'unicità decadente di questa band, della quale, a partire degli anni '90, non si seppe più nulla. Quattro talenti che si ritirarono letteralmente dalle scene, almeno da quelle più note. Solo la lungimiranza dell'etichetta discografica e di schizoidi talent scout come Bruce Licher hanno permesso di dare a Faircloth e soci una possibilità. Ora tocca a noi ricordare la grandezza di questa band e far sì che venga loro assegnato il loro posto nella storia del rock.

RECENSIONI di Luca Sartor VV.AA. : MILANO NEW WAVE 80/83 Label: Spittle Rec Ok, questo cd e lp inizialmente pubblicato in tiratura limitata, ormai non è proprio una novità (siamo ad un anno e mezzo circa dalla prima edizione e viaggiamo per la terza ristampa) ma questa raccolta a cui fra poco farà seguito un volume due ha avuto un tale riscontro anche all'estero che mi sembrava importante parlarne. Curato da Fred Ventura noto dj/produttore e al tempo cantante degli State of Art, il cd documenta un periodo poco noto della scena musicale milanese dei primi anni 80. Tra la generazione punk del 77 (Mittageisen, Xrated, Gags) e quella sucessiva degli Afterhours, Casino Royale, Ritmo Tribale ci fù a Milano una lost generation di musicisti che non riuscirono a farsi conoscere fuori della provincia ed arrivare alla prova discografica. Le 4 bands compilate (State of Art, Other Side, La Maison, Junesse d'Ivoire) danno prova di perizia tecnica e capacità compositive notevoli. Se siete amanti dei suoni anni 80, dance wave con un tocco di originalità, qui troverete grosse sorprese. Menzione speciale per la bellissima la copertina in stile futurista e le note discografiche di F. Guglielmi.

GIORGIO CANALI - 'ROJO’ Label: La Tempesta Rec. A due anni di distanza dal precedente lavoro , l'ex-CCCP ritorna accompagnato dai fidi e collaudati Rossofuoco.Il grosso sforzo per superare la crisi creativa che sembrava averlo bloccato ed impediva la stesura di nuovi testi, ha dato i suoi frutti! La buona dose di incazzatura legata ai mestissimi tempi che viviamo si concretizza in undici tracce interessanti, non sempre capolavori, ma tutte ad ottimo livello. Diciamo subito che il nuovo disco-Rojo, questo è il titolo scelto,è meno cantautorale dell'album precedente,ci regala comunque un paio di gioielli come la stoniana 'Risoluzione strategica #6' e la dylaniana 'Carmagnola n3' e dei nuovi classici come 'Sai dove' o 'Un crepuscolo qualunque' dal vago sapore punk-wave. Quindi per concludere, un disco senza grosse sorprese e con l'ennesima importante riconferma che di questi tempi non è mai scontata. Aspettiamo il tour.


I R T S I N I M RSI ALLA

Ea.v.all.e Fo diIN D. Pens

ABITUA Intervista di Enrica Sampong - Fot

Sicuramente il boom Ministri è avvenuto nel 2009 con Tempi Bui. Cosa credete abbia colpito di voi? Federico: beh dai.. boom?! Il 2009 è stato l'anno in cui abbiamo iniziato a vivere di musica.. Davide: Il boom lo faremo quando andremo a Sanremo.. Forse! Però dai un micro boom! Federico: Speriamo sempre di aver colpito nell'onestà, quindi vuol dire fare rock con la pancia, con la pancia proprio, anche in vista! Non siamo mai stati di moda.. Davide: I Ministri si mettono anche le giacche per quel motivo! Altrimenti non saprebbero realmente come vestirsi sul palco! E ci sarebbero dei connubi indecenti, e la giacca in qualche modo salva tutto! Il mese scorso c'è

stata la ristampa del vostro primo disco "I soldi non sono finiti" con l'aggiunta di tre brani tratti da "La piazza ep". Come mai questa scelta? Federico: Mah .. noi non abbiamo scelto quasi niente! Davide: In realtà non è una scelta, quel disco nasce come disco indipendente, c'è stato più un inghippo burocratico, la nostra attuale casa discografica che è Universal non aveva i diritti su quel master, quindi si sono presi loro la briga di ristamparlo e giustamente hanno anche inserito il materiale dell'ep. Federico: C'è da dire che tutto masterizzato suona molto meglio, alla fine vale la pena. Poi costa 9€ che a Milano vuole dire una birra e un biglietto del tram. Ottobre 2010. Il vostro quarto


album. Fuori. Un album aggressivo. Federico: Sì, sicuramente è una bella "sbona" cioè nel senso è un album molto oscuro, un album molto aggressivo, dicevi bene! Ed è nato in un periodo davvero oscuro, non nostro ma della nostra città ed è stato bello portarlo in giro e vedere che qualcosa è cambiato. Pianissimo, si continua a vedere cose tipo il ministro dell'economia che paga gli affitti in nero, ma al di là di quello, ci sono stati degli eventi anche nella nostra città. Gli alberi. il vostro singolo, l'unico scritto interamente da Davide, tutti gli altri brani sono di Federico. Cosa ti ha portato a scrivere questo testo? Davide: Io ero davvero abituato a stare dall'altra parte, diciamo che interpretare le canzoni di un'altra persona che in questo caso è Fede, il mio unico autore, ti abitui anche ad avere una certa reattività su certe cose. Ma non c'è stato un motivo scatenante, mi ha dato comunque una mano Fede, perché non di certo la stessa attenzione che ha lui. Scrivere le canzoni non è proprio il linguaggio in cui riesco meglio. Federico: La frase "in tutti i luoghi in tutti i laghi è mia" (Ridiamo) Spiegatemi perché è importante non ci sia più il sole. ( brano Il sole) Federico: Il Sole era un pezzo su tutta una serie di scuse che si da l'Italia, sull'omertà, sulla mafia, mafia come atteggiamento, sulla mia infanzia e su come cambia, soprattutto a Berlino, il posto dove ho scritto la maggior parte dei pezzi, il clima, li ti accorgi che un clima diverso porta ad una maggiore riservatezza in qualche modo, porta ad un rispetto, ad una pazienza nel conoscersi, nel fidarsi dell'altra gente che è una cosa che bisognerebbe imparare. Il sole è proprio tutto il sistema sole, non il sole in sè, anche se questa estate non è stato il massimo! Parliamo del brano" Una questione politica". Cosa vi fa più rabbia? [... Squilla un telefono.. Il telefono di Davide, risponde: Mamma, sto facendo un'intervista, per di più anche video.. Ciao Mamma,ti chiamo tra poco! ] Federico: Vedi ai Ministri chiamano le mamme!! Davide: Non il pusher,la mamma! L’intervista completa su www.soundandvision.it (Ridiamo) riprendiamo....



Il Mecenate D'Anime di Emanuela Virago

Andrea Bettini è uno scrittore. Andrea Bettini è veronese di nascita ma veneziano d'adozione. Andrea Bettini è un appassionato di comunicazione online. Andrea Bettini è Il Betta On Air, blog giornaliero attivo dall'autunno 2008. Ma oggi più che mai Andrea Bettini è uno scopritore di talenti: la sua nuova avventura si chiama “Il Mecenate D'Anime” ed è un progetto di storytelling ambientato nell'odierna era del web 2.0. Il Mecenate D'Anime è uno spazio virtuale (ma oggi - per gli amanti della vecchia, classica, intramontabile stampa - anche cartaceo con la pubblicazione della prima raccolta di racconti disponibile direttamente sul sito da settembre) dove vengono raccontate delle storie. Si parla di storie curiose, contemporanee, avvincenti, storie magari lontane tra di loro ma accomunate da protagonisti che con il loro entusiasmo, passione e volontà portano avanti progetti intraprendenti che non sempre sono delle vere professioni. Quelle raccolte da Andrea Bettini sono testimonianze di personaggi provenienti da tutta la penisola italiana, incontri personali

dell'autore con persone normali che hanno però un talento da esprimere e qualcosa di importante da dare alla comunità. A due anni dal lancio nel web, Il Mecenate D'Anime varca i confini virtuali e approda nella sempre suggestiva Venezia con una serie di incontri ospitati dall'hotel Londra Palace, storica dimora dal gusto inglese - vagamente austera ma di gran classe - affacciata sulla Riva degli Schiavoni, a pochi passi da Piazza San Marco e Palazzo Ducale. L'incontro di presentazione del progetto editoriale è fissato per il 2 settembre alle ore 18.30. A seguire quattro incontri il 9, 16, 22 e 30 settembre, con una tavola rotonda ogni settimana fino alla fine del mese e protagonisti volti nuovi e vecchi de Il Mecenate D'Anime sui temi del sogno, dell'innovazione, la creatività, il cambiamento. Si può davvero parlare di mecenatismo nel 2011? Che sia la soluzione per arrivare ad un nuovo Rinascimento italiano? A voi la parola. E la lettura. Guidati da questo moderno mecenate. Dello stesso autore anche Anna e Barnaba, Una Storia d'Amore. www.ilmecenatedanime.it


“Al libro ritrovato” di Laura Moneta

parteggiare per la personale etica dei due, spietatamente pronti ad ammazzare cinicamente, e senza porsi troppe domande, come pure a lasciarsi IL MOSTRO intenerire dall'immagine di un padre che insegna al figlio a cavalcare, rinunciando così ad un facile DEGLI HAWKLINE compenso; è difficile non subire la fascinazione delle Autore: Richard Brautigan - Edizioni: ISBN - Anno: 2008 trasformazioni dei luoghi e delle menti operate da un Dentro una cornice dall'impianto piuttosto classico - non ben definito mostro assassino, indissolubilmente legato alla sua ombra pensante. Lungo tutta la trama due sorelle assoldano Cameron e Geer, killersi assiste alla costruzione di un mondo saturo di cowboys, per vendicare la morte del loro padre Meraviglioso, in cui già la sola illimitata fantasia questo romanzo è un costante germogliare di dell'autore provoca un profondo piacere estetico, non sorprese che ci catturano e ci conducono in una scevro tuttavia da spunti di riflessione più profonda: surreale atmosfera che sfuma dall'onirico al non pare azzardato affermare che il rapporto tra il grottesco. La vicenda si svolge in Oregon agli inizi mostro e la sua ombra dialoghi fluentemente, infatti, del XX secolo. A frammenti, luoghi e persone cominciano a disegnarsi e a prendere vita nelle loro con la Forma e la Sostanza de “Il cavaliere peculiarità. La connotazione dei due singolari sicari si inesistente” del nostro Calvino. L'autore stesso (1935 dispiega sapientemente lungo tutto il racconto e non – 1984), tormentato esponente della controcultura californiana degli anni Sessanta, definisce il suo si può non legarsi empaticamente alla mania lavoro un “western – gotico”, ma si tratta piuttosto di enumerativa di Cameron: “Conto un sacco di cose che non contano nulla … Perché sono fatto così. Ma una parodia dei due generi, dove gli aspetti cupi, misteriosi, paranormali trovano sviluppo in un conto tutto quello che conta”; non è possibile non ambiente surreale che scaturisce da un'ubertosa fantasia, intrisa di profonda e intelligente ironia. Le mutevoli e sensuali sorelle Hawkline abitano in una casa edificata su gallerie di ghiaccio, un'isola fredda circondata da caldo e polvere, dove si trova un laboratorio alchimistico abitato da malvagie, eteree creature, frutto degenerato degli esperimenti del padre intenzionato invece a salvare l'umanità. La bellezza e l'originalità di questo libro non risiede soltanto nella commistione dei suoi vari elementi: avventura, sesso, frammenti di filosofia ed esoterismo, ma anche nel peculiare stile di Brautigan. Il suo linguaggio è laconico, diretto, pungente ed ironico, ma anche profondamente poetico. Le descrizioni sono brevissime, lasciano immaginare più che dettagliare. L'uso preciso ed efficace della personificazione, gli enunciati lapalissiani, ma non scontati, e surreali muovono a riflessioni ingenue solo in apparenza. Un libro che travalica i comuni cliché, un po' visionario e folle, un piccolo capolavoro che merita di essere sfogliato.


L’IMPORTANTE E’ PROIBIRE Maurizio Targa Eretica

Una scorribanda tra le canzoni italiane colpite dalla censura: da “Fratelli d’Italia” a “Faccetta nera” (boicottata durante il fascismo) passando per “La Pansè” e per Tenco, De André, Battisti, i Pooh, Baglioni fino ai giorni nostri con Elisa, Cristicchi e i Negrita. Dai velati riferimenti per menti contorte alle censure più incredibili e bizzarre: tutti nel mirino dei moralizzatori per le ragioni più cervellotiche. Mina e Modugno tra i più epurati, mentre per far tacere la Cinquetti si oscurò un Eurofestival, e i Cugini di Campagna furono accusati di istigazione al suicidio, ma il capolavoro riguarderà la censura di un brano solo strumentale. E perché mai, se la Rai censurava spesso, Radio Vaticana trasmetteva? Un libro esilarante e sorprendente; una carrellata irresistibile attraverso cent’anni di sforbiciate musicali in un Paese “ufficiale” a forte vocazione censoria.

ORTOBIMBO Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri Josep M. Vallès Illustrazioni di Òscar Julve Hai un terrazzino, un cortile o un balcone? Hai voglia di imparare a coltivare verdure, e mangiarle fresche appena raccolte? Coltivare in città è possibile. Con questa guida imparerai tutti i segreti della coltivazione in recipienti come vasi e fioriere di qualsiasi tipo di ortaggio (pomodori, lattuga, spinaci, fagioli, mais...). Il libro include consigli per la semina, calendari di coltivazione, trucchi per combattere parassiti e malattie e una scheda per ogni ortaggio. Buona raccolta!


G N I B B U L C T N ISIO V AND D N SOU

H G I N

ti sta o e son a ne ttent azion o i z a m . se na ram ferti ta u ues ie ad e, prog izi of ti q in li nt ta az erv ate ati gr mbie dei s e visi entar v o a litĂ nati requ e tr zion ra: li ch e sele nside e qua lezio di a f eriti. a c I lo celti che co alitĂ ati se quin i pref s ne st cal mo gin zio a, ori li sono nvitia stri lo a t t i o u s val ropo i i loca aff. Vi sti i v p utt e t s u T stro di q no fare l a e d


SARTEA

VI

2^CLASSE CAFE’ VI

BARBIE MUSIC

C.so S. Felice 362 - VICENZA - Tel 0444.563725 www.sartea.it - www.facebook.com/bar- sartea

Via Stazione 39 - Altavilla Vicentina - VICENZA INFO - Facebook: Seconda Classe Café

Via Bottego 20 - Arzignano - VICENZA Info FB. Barbie bar - Barbie music bar

Locale storico di Vicenza che da anni allieta e propone importanti novità. JND Festival Electronic Music, che ha portato il Sartea a livelli internazionali grazie ad una selezione ricercata di djs di ottimo livello provenienti dai Clubs di Berlino, New York e Londra. Ambiente liberty, affascinante e ricercato che risalta la qualità del servizio. Chiuso Lunedì

Il Seconda Classe Café é aperto tutti i giorni dalle 06.00 del mattino alle 02.00 di notte. Vi aspettiamo numerosi per condividere i nostri famosi happy hour ricchi di stuzzichini & aperitivi.. Vi garantiamo serate di festa con tanta musica e ottimi cocktail ...ma non solo... per i nostri clienti mattutini proponiamo colazioni con golose brioches, yogurt con cereali e frutta, spremute, cappuccini e caffè.Il tutto alla storica stazione dei treni di Tavernelle....

Il Barbie Music Bar è ormai punto di riferimento dell'ovest Vicentino per quanto riguarda la musica "live".Niente di banale, un continuo alternarsi di Band locali e non...con attenzione particolare alla musica d'autore,dj set molto vari nel genere variando dal hip hop all' house music...! Vasta gamma di birre Artigianali alla spina e in bottiglia, una grande varietà di cocktails , panini bruschette e molto altro ancora....wi-fi gratuito, mega schermo per seguire tutti gli sport..! Barbie Music Bar...non è la solita musica !

CSC

VINILE

OSTERIA RIVE

Centro Stabile di Cultura Via Leogra, - S. Vito di Leguzzano (VI) Info Tel. 349.294328

VI

TESSERA

Dal 1999, in totale libertà e senza deleghe ad agenzie, organizza e diffonde musica ed arte in un mix eterogeneo di generi e di provenienze internazionali. Tutte le info su www.centrostabile.it

VI

Via Capitano Alessio 94 - Rosà www.vinileclub.it - Tel 347.1601429

B A R

VI

VI

Via Rive - Cartigliano - Tel 348.8265815 www.rivejazzclub.it

smoking area

Vinile classe 1976 punto di riferimento per artisti e promoter fuori dagli schemi della maggior parte dei locali presenti sul territorio. Recentemente rinnovato propone Live music & dj set con feste a tema o party di tendenza. Locale con sala fumatori disponibile per feste private & happening...

Tra un mix perfetto di pezzi di design vintage anni ’50-’70 e di elementi tradizionali, Giovanna ha creato un locale unico nel suo genere, dove si respira un’atmosfera d’altri tempi. Pensare di essere arrivati in un esclusivo jazz club in una grande metropoli non è un azzardo! Cucina creativa, arte, musica il mix perfetto per un locale che vi darà mille emozioni tutte indimenticabili!


MOC Montecrocetta VI

BIRRERIA PEDON VI

DE’ GUSTO

Monte Crocetta Via Rivana 7 Bassano d. G. - VI Info Tel. 377.4196772 - FB: moc_montecrocetta

Via S. Antonio 12 Marostica - VI Info Tel. 348 6070213 - Chiuso Dom Matt e Lun

Villa Barbaro 4 - Maser - Treviso www.de-gusto.com - Tel 0423.565603

C'E' VITA SU MOC: immersi nella verde collina del Parco, prepariamo bruschette, piatti freddi ed insalatone con particolare attenzione alla qualità e freschezza dei prodotti...ampia scelta anche per una dieta vegetariana. Aperitivi in musica, iniziative culturali,serate DjSet...e concerti live domenica pomeriggio. Aperto tutti i giorni dalle 10.00 alle 02.00 Email: montecrocetta@gmail.com

Nuova gestione e locale completamente rinnovato per lo storico Pedon di Marostica. Bruschette, panini, toast, insalatone e "spuncioti" solo con prodotti di qualità; 5 varietà di birra alla spina (Guinness compresa) e bottiglie di birra da tutto il mondo. Una birreria dal sapore sixties, dove ascoltare musica psichedelica e garage, senza tralasciare il nostro beat... I posters dei concerti di Bill Graham per il Fillmore (U.S.A.) sono in vendita e già incorniciati; come anche il juke box e i flipper perfettamente funzionanti!

It's kinda funk! La Gusteria tipica de'Gusto jezza, funkeggia e gioca al chilometro zero. Nella fantastica atmosfera di Villa Barbaro a Maser, Rosti, Giulio e Mc ti aspettano per farti rilassare, bere, mangiare e musicare. Il territorio messo in vetrina per essere gustato. Il de'Gusto è il locale per tutti e di tutti, dalla mattina alla sera escluso il lunedì allieta le tue giornate e si propone come l'alternativa alla noia del quotidiano. Il passato è passato, il presente è passato, ma il futuro deve ancora passare. Vieni a trovarci.

ROKKAFE’

BARRACUDA

NEW AGE

TV

TV

TV

TV

St. dei Colli - Castelcucco - Tel 349.6027294 www.rokkafe.com

Via Cavin dei Cavai 47 - Villa d’Asolo (TV) Info: Matteo 392.9581569

Via Tintoretto - Roncade - Treviso www.newageclub.it

Dal '91 il "ROCK" è indiscusso punto di riferimento per tutti quelli che (scusate lo snobbismo) la musica la sentono un po' di più. Precursori della DJ CULTURE i due fratellini preparano con i loro super collaboratori anche ottimi drink. Ricerca e coerenza sono alla base del bel connubio tra passato, presente e futuro che ha vita in questo posto. Dal Martedi alla Domenica dalle 17.30 alle 01.00

STAY SEVENTIES!!! Barracuda nuovo locale ideale per colazioni, pranzi & stuzzicherie, aperitivi, drinks, vini e buona birra! Il tutto riscaldato a suon di buona musica e favolosi dj set! Barracuda si propone come l'alternativa ideale per le vostre serate e vi assicura qualità e divertimento!

New Age Club è il rock club più esclusivo della parte nord-orientale della penisola. new age club è totale garanzia di professionalità e visibilità per gli artisti affermati da tutto il mondo. new age club è trampolino di lancio per le nuove realtà musicali. new age club è lo spazio di divertimento notturno senza vincoli anagrafici. lo staff del new age club vi dà il benvenuto per una nuova elettrizzante stagione di live allo stato puro!

TESSERA


JACK THE RIPPER VR POPCORN

VE

PLETTRO

BL

Via Nuova 9 - Roncà - Tel 045.9971260 www.jacktheripper.it

Via della Pila - Marghera - Tel 393.7573462

Un vero tempio del rock! Un punto d’incontro obbligatorio per la buona musica. Da qui sono passate le migliori band underground del pianeta. E se Elvis fosse ancora vivo dopo Las Vegas avrebbe scelto questo posto per esibirsi. Il Jack the Ripper è alternativo, fuori da mucchio, inossidabile, una garanzia di qualità e continuità. Rochenrol!!!

Il nuovo Club nato come conseguenza e principale sede del WAH WAH CLUB, con lo scopo di portare a Venezia un CLUB che ora come ora manca. Un loft dove andare a bere una birra, dove organizzare la tua festa, dove sentire i concerti delle band piu fighe della scena indie rock e rock n roll ed i djs piu cool del momento, proiezioni, esposizioni, coinvolgimento, proposta, questi sono i segni particolare del POP CORN Club

A Quero (Bl) in via feltrina nasce "Plettro Alternative Sound" una nuova realta' musicale tutta da scoprire! Ogni venerdi' & sabato Plettro propone strepitosi live seguiti da dj set a tema tutti da ballare! Plettro alternative sound e' aperto tutti i venerdi' & sabato dalle 22.00 alle 4.00 e tutti i giovedi' & le domeniche dalle 18.00 con buffet gratuito e dj style rock! Amanti della musica vi aspettiamo!!!

CHICA BOOM

Via Feltrina (BL) - Adiacente alla Pizzerie La Rotonda - Tel 349.7446240 (Rudy)

TESSERA

PD

OFFICINA GAMBRINUS TN

CHALET DEL LA MOT

Via Leonardo Da Vinci - S. Martino di Lupari (PD) Info: facebook.com/chicaboom

Via Alto Adige 164 - Gardolo - TRENTO www.officinagambrinus.com - Tel 0461 993261

Baselga di Pinè (TN) - Tel 380.7325710

Tipico Locale stile Rock n Roll Route 66 offre vini e birre di ottima qualità. Famosi I suoi cocktails ed il gustosissimo reparto snack. Aperto a p a r t i re d a l l e o re 1 8 . 0 0 v i accompagnerà fino alle 02.00 di notte con musica live e djset. Possibilità di organizzare feste private. Info Luca 339.1370044

Oltre Trento verso nord in zona Gardolo troviamo un nuovo locale “Officina Gambrinus”. Locale a 360° che offre ottimi piatti sia a mezzogiorno sia alla sera. Potete gustare sia pizze che p i at t i t i p i c i t re n t i n i . U n a programmazione musicale di qualità, accompagnerà i vostri weekend con i djset al Venerdì e musica live al Sabato sera. Non vi resta che provare le emozioni dell’Officina Gambrinus!

Nuova anima per il Chalet de la Mot, oltre a riaprire come pub con 6 splendide spine di selezionata birra e ospitare numerosi live e dj set, vi delizierà con il ristorante aperto dal martedì alla domenica dalle 18 alle 24.

TN




RISTORANTINO_WINE BAR_JAZZ CLUB CENA CON CONCERTINI JAZZ AND WORLD MUSIC

WWW.RIVEJAZZCLUB.IT

SETTEMBRE Ven 2 Sett - AMORI D'OLTRE CUORE Trio Folk Jazz sound accattivante per l'emergente gruppo italo-portoghese Ven 9 Sett - MORIS & THE MAGICALS Ven 16 Sett - Jazzati Quartet con dario Volpi e Valeria Bruniera tutti gli anni 80 risuonati in chiave Jazz Ven 23 Sett - UNA VEZ trio Etno jazz & world music Ven 30 Sett - JB CINEL Blues & more

OSTERIA RIVE VIA RIVE 14 _CARTIGLIANO - INFO: 348.8265815


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