So Wine So Food T H E M A G A Z I N E O F I TA L I A N TA S T E
PESCE E RISTORAZIONE: ITALIANITÀ E AMORE ORIENTALE
#9 - 6TH YEAR M AG A ZI N E S E P T E M B E R 2021
THE EDITORIAL
SO WINE SO FOOD Testata giornalistica registrata Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Velletri (Roma) n°10/2016 del 13/05/2016 - Via Roccagiovine 245, 00156 Roma - info@sowinesofood.it - 06 91516050 - www.sowinesofood.it PUBLISHER Dott. Stefano Cocco PRESIDENT Elva Begaj DIRECTOR Alberto P. Schieppati ART DIRECTOR Simone Colasante SOCIAL & WEB STRATEGIST Matteo Kot SOCIAL MEDIA SPECIALIST Veronica Angeli WEB MASTER Simone Portaro PRESS OFFICER Martina Suez SALES MANAGER Andrea Ragusa ARTICLE WRITERS Anaïs Cancino - Wineteller Florinda Pavone Lorenzo Braschi Nicola Zanotto Paola Chiasserini Tommaso Motterlini Francesca Moriero Camilla Rocca TRANSLATORS English: Marcos Ghaly French: Francesca Zeppieri Spanish: Samanta Ghaly Arabic: Ahmed Abdeldaim Russian: Nataliya Shkykava PRINT Wellpress
DIRECTOR
Alberto P. Schieppati
Perché non basta dire PESCE
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’erano una volta i ristoranti di pesce. Nelle grandi città si contavano sulla punta delle dita: iconici, eleganti, spesso immobili nel tempo, legati alla figura dei loro patron. In realtà ci sono ancora, anche se sono cambiati non poco (per fortuna). O meglio, la cucina di pesce, vero e proprio vanto italiano, si è diffusa negli anni a tutta la ristorazione contemporanea, che ha allargato i propri menù inserendo parecchi piatti (anche troppi) di ispirazione ittica. Sintetizzando, dividerei in quattro l’universo pesce nella ristorazione italiana: 1) i “santuari” del tuttopesce, spesso ubicati nel cuore delle città. In molti casi, è stata la loro illustre presenza a creare la domanda di poli commerciali e distributivi di pesce fresco (il caso del mercato ittico milanese è esemplare); 2) i ristoranti dei litorali (mari e laghi), delle località balneari e turistiche, nelle quali la clientela vacanziera cerca e pretende sapori netti e distinti (che fanno dire a tanti che “lì si mangia proprio bene”); 3)i ristoranti misti in cui l’offerta di piatti di pesce (di mare e in alcuni casi di lago) è importante , pur non essendo prevalente; 4) i locali etnici, di cucina di impronta orientale, vagamente definiti
sushi o, talvolta erroneamente, di cucina fusion o giapponese, nei quali domina il “crudo”. La categoria 3) è senza dubbio la più interessante, perché vi rientrano gli interpreti della cucina d’autore, dove materie prime, passione e competenze si mixano e rendono unica l’esperienza di chi li frequenta. Soprattutto a loro è dedicato il focus di questo numero. Nella 4) c’è un po’ di tutto, ma ci sono anche case history straordinarie, come quella milanese della famiglia Liu: il servizio è a pagina 20. Nella 2) giocano un ruolo importante la location e l’atmosfera, talvolta considerata prioritaria rispetto alla qualità delle preparazioni e alla presenza di uno chef professionista. Perciò, in questo mosaico fatto a cluster, abbiamo voluto evidenziare la tendenza, ormai inarrestabile, a considerare i piatti di pesce come un patrimonio irrinunciabile della nostra offerta ristorativa. Per questo, le carte dei grandi stellati comprendono piatti a base di pesce. E per questo sono andati progressivamente crescendo in ricerca della qualità, delle risorse dei territori e della sapiente creatività. A loro dedichiamo con orgoglio questo numero di So Wine So Food.
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Il pesce nella Capitale rivaleggia con i piatti tipici Florinda Pavone
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Il grande Sud del pesce, interpreti eccellenti Francesca Moriero
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Pesce in Lombardia Istituzioni che valgono Paola Chiasserini
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Veneto, i maestri del pesce a trazione Perbellini Nicola Zanotto
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Pesce e cucina asiatica all’ombra della Madonnina Tommaso Motterlini
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Tra Emilia-Romagna e Marche c’è un “mare” di qualità Lorenzo Braschi
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Vini da abbinare al pesce. E non solo bianchi Anaïs Cancino - The Wineteller
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Il servizio del pesce al tavolo: ormai esperienza mistica Uomo delle Stelle
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@SACROEPROFANOTREVI
SO FOOD 1. Il pesce nella Capitale rivaleggia con i piatti tipici 2. Veneto, i maestri del pesce a trazione Perbellini 3. Il grande Sud del pesce, interpreti eccellenti 4. Pesce e cucina asiatica all’ombra della Madonnina 5. Pesce in Lombardia Istituzioni che valgono 6. Tra Emilia-Romagna e Marche c’è un “mare” di qualità
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Il pesce nella Capitale rivaleggia con i piatti tipici Da Valerio Braschi a Pascucci fino a Di Mattia, Roma ama la cucina azzurra
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a costa laziale è ricca di ristoranti che fanno dell’interpretazione della cucina di pesce la propria arte. Ma anche la Capitale è ricca di espressioni che vedono l’azzurro del mare sulle tavole dei romani. Una passione che rivaleggia con quella dei piatti della tradizione e di terra, forse massima espressione della cucina romana. 1978 Al ristorante 1978 Valerio Braschi il pesce ce l’ha nel sangue. Romagnolo, cresciuto col pesce dell’Adriatico sin da piccolo, ne parla come una proteina importante, una risorsa fondamentale nella carta di un menu. L’Italia ha molti pesci e tende dunque a valorizzarne alcuni più particolari, come il cefalo, un pesce tipico dell’Adriatico spesso criticato come pesce povero, il raro palombo romagnolo, e ancora le pezzonie, i fragolini, i ricci di mare, 8 SWSF
glacier51 - 1978
ph credit Matteo Kot, K-Lab Agency
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i cannolicchi romagnoli, i gamberi rossi di Mazara e quelli viola di Gallipoli. “Abbiamo una quantità di pesce incredibile e cerco di evitare di focalizzarmi sui più blasonati come le orate piuttosto che branzini”. Sempre alla ricerca del gusto perfetto, ci racconta del Glacier 51, rubia gallega e curry verde. Partendo dalla materia prima che più ci interessa ossia il pesce Glacier 51, detto anche “moro oceanico”, è un pesce che vive a circa 2.000 metri di profondità a circa 4.000 km a largo delle coste australiane. Dalla carne bianca, color latte, dalla consistenza simile alla polpa del cocco, molto soda ma anche molto grassa, che in cottura assume croccantezza, appartenente alla famiglia dei branzini e non dei merluzzi, nonostante alcune peculiarità. Per valorizzarlo maggiormente, Braschi lo lascia tre giorni nella cella frigo a perdere l’acqua in eccesso. Essiccandosi, perde l’umidità che è al suo interno, e viene poi
ricoperto con il grasso della “rubia gallega”, una razza bovina spagnola. Lasciato poi sette giorni sempre in frigo, appeso a frollare, come se fosse carne all’interno del grasso del manzo, viene successivamente tolto il grasso, sporzionato e cotto in padella. La maggior parte del tempo di cottura viene svolta dalla parte della pelle, la restante dalla parte della polpa, per lasciarla morbida. Il tutto viene quindi servito con gel di lime e salsa al curry verde indiano. Nonostante siamo abituati a vedere il pesce accostato al vino bianco o ad una bollicina, il sommelier Mirko Di Simone lo abbina in modo audace a un rosso, un Sergioveto Chianti Classico. Essendo questo un pesce grasso e soprattutto essendo frollato con la carne, si sposa bene con questo vino corposo. Sicuramente un abbinamento particolare, molto apprezzato da una clientela che torna frequentemente e che adora proprio la singolarità e il continuo rinnovarsi delle proposte. #9 - 2021 SEPTEMBER 9
gianfranco pascucci pascucci al porticciolo
PASCUCCI AL PORTICCIOLO Ristorante stellato simbolo del litorale laziale con il suo chef e patron Gianfranco Pascucci, è uno dei più noti di tutta Roma. Uomo che vive di mare, di pescherecci, un vero amante ed esperto della proteina azzurra. Per lui il pesce è quasi esclusivamente 10 SWSF
quello di mare. Un mare però che vive di stagionalità e quindi un ristorante che ruota attorno al mercato del pesce. E in base all’offerta marina, si abbina il pesce alle verdure, tutte reperite a km zero da piccoli produttori artigianali. La parola chiave della cucina di Pascucci è l’inclusività, su tutto: dalle zone salmastre
con i cefali alle zone sabbiose con i lupini, le vongole, le telline, le seppie, fino alle profondità delle mazzancolle. La lavorazione cerca sempre di rispettare al massimo il gusto della materia prima senza stravolgerla, ma solo esaltandola. Il piatto che più rappresenta questa sua idea è un primo: Trenette con succo di gamberi, lupini,
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emilia branciani, mirko di mattia livello 1
ricci e finocchio marino. Un piatto che descrive proprio la costa laziale. Il finocchio marino come pianta aromatica al posto del prezzemolo, che vive vicino al mare. I lupini simbolo del litorale sabbioso. Il succo di gamberi, aggiunto all’ultimo per mantecare la pasta. E a dargli il gusto esplosivo ecco i ricci. L’abbinamento consigliato è un vino con influenze marine, il grillo di De Bartoli. Questo ristorante è un’autorità a Fiumicino, da sempre frequentato dalla romanità e non solo. Appassionati e clienti anche internazionali, data la vicinanza all’aeroporto, fanno tappa qui per un pasto gourmet a base di pesce fresco. LIVELLO 1 L’idea di creare un ristorante di alto livello con la pescheria annessa nasce nel 2016 da Emilia Branciani. Supportata dal socio e compagno di vita Claudio Montingelli hanno creato da zero un ristorante di “livello”. Il pesce, sempre fresco, portato direttamente da Anzio e Gaeta, viene anche venduto al dettaglio alla “Pescatoria”, la pescheria accanto al ristorante, dove anche lì con una formula easy è possibile mangiare piatti semplici ma freschi. Un menu e in generale un ristorante sempre in evoluzione, che esalta la freschezza, la stagionalità e il gusto. Uno fra i piatti che incarna questa filosofia proposto dallo chef Mirko Di Mattia è la Coda di rospo con crema di patate e fondo di mare alla cacciatora. L’abbinamento consigliato dal sommelier Andrea Lombardo è uno Chardonnay riserva che sposa il fondo alla cacciatora molto intenso oppure un Salina, bianco siciliano molto sapido. La clientela è costituita per lo più da abituali che finalmente hanno ritrovato il gusto e il piacere di godersi pranzi e cene in questa location raffinata dell’Eur. Florinda Pavone #9 - 2021 SEPTEMBER 11
Veneto, i maestri del pesce a trazione Perbellini Dalla città, alla provincia e infine alla campagna. Tre esperienze diverse, accomunate da una visione coraggiosa
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l pesce è un tema tanto ampio quanto dibattuto, abbiamo quindi volutamente lasciato la parola a chi lo sa trattare e valorizzare con maestria. Abbiamo scelto Giancarlo Perbellini, titolare di Casa Perbellini a San Zeno a Verona, 2 stelle Michelin e altre nuove aperture come Locanda Perbellini a Milano e Ai Beati a Garda (VR), Oscar Cavallera, che ha appena inaugurato il ristorante VI.OR nella campagna veronese, sulla Transpolesana. Abbiamo poi interpellato un altro grande personaggio, Nicola Portinari, chef de La Peca a Lonigo (Vi), 2 stelle Michelin. Giancarlo Perbellini vive sulla cresta dell’onda da diversi anni, grazie alla sua visione della ristorazione in continua evoluzione. Tra i piatti che lo hanno reso celebre troviamo il Wafer al sesamo con tartare di branzino che, come gli piace ripetere: “Racchiude la sua storia in un piatto”. All’interno del piatto troviamo una semplicità estremamente complessa, dove l'equilibrio tra i cinque ingredienti è sottilissimo. La liquirizia apre la strada al biscotto al sesamo, seguito dal branzino e dal caprino che dona la parte acida, per finire di nuovo con la liquirizia. “Ha cinque sapori diversi che in qualche modo entrano ed escono dal palato e dalla mente, un risultato perfetto non è affatto scontato. È sicuramente il piatto a cui sono più affezionato”. Tuttavia, il piatto in cui raggiunge l’apice dell’espressione del pesce è
la Sogliola al limone con mozzarella di bufala in cui, tramite il legame con la terra, il pesce raggiunge la sua massima espressione. A proposito di espressione, la cucina del VI.OR, guidata dal giovanissimo chef Marco Fazzini, propone una cucina regionale fusion, che ingloba e fonde i grandi piatti della tradizione veneta. Il nuovo hotel, inaugurato di recente, può già vantare delle creazioni degne di nota, come il D’acqua dolce - il salmerino incontra un arcobaleno di rape al sapore del mediterraneo, Mare nel bosco con capesante, spugnole, pioppini e aroma affumicato di pollo, Incontro tra diversi dove le trippe e le seppie si sposano con i ceci in due consistenze, con ricordi di miceti e parmigiano; un’accoppiata che risulta molto divertente. Tra le creazioni più intriganti troviamo infine Vento del nord: pasta fatta in casa ripiena di baccalà con fagioli di Lamon e cipolle arse, un piatto che solca vari temi della tradizione culinaria veneta. Come si può evincere, nel menu viene proposto sia pesce di mare che di lago, valorizzando in tutte le sue sfumature. Chi invece ha cominciato la sua carriera da zero, ma arrivando all’apice della cucina gourmet, è Nicola Portinari, figlio di una famiglia di macellai, ha costruito la propria filosofia marittima nel corso della sua carriera. A dettare legge nei suoi piatti è il mare, in base al periodo dell’anno in cui si trova. Nel suo menu non esiste uno schema unico e ripetitivo: va dalle assonanze ai #9 - 2021 SEPTEMBER 13
marco fazzini vi.or
contrasti, dalla tradizione all’innovazione e ai ricordi della propria vita. “Se esiste un pesce a cui mi sento davvero legato è l’anguilla. Cambio gli abbinamenti, ma la cottura rimane la stessa. Ad esempio, in questo periodo l’abbino all’angostura e all’anguria”. Il segreto del successo di questo piatto risiede nella preparazione dell’anguilla, notoriamente ostica. L’anguilla deve pesare tra gli 8 etti e il chilo, in modo da avere il giusto livello di maturazione e grasso, va sfilettata viva in modo da favorire il completo dissanguamento, che rappresenta un punto critico per il risultato finale. Infine viene marinata in sale, erbe e spezie per 24 ore, prima di venire inserita nell’abbattitore, 14 SWSF
in modo da favorire l’affioramento del grasso. Solo al momento dell’ordinazione viene cotta, su di un barbecue a 450° C: questo shock termico ultima la sgrassatura favorendo una polpa morbida. Il risultato è strepitoso e ne esalta la piacevolezza. Quando si vivono esperienze di questo tipo, è d’obbligo abbinare dei vini di livello. Recentemente l’abbinamento tra pesce e vino sta vivendo nuove influenze, dove il mito dell’imposizione del vino bianco sta scomparendo e ognuno segue le filosofie a cui è più legato. Al VI.OR la sommelier Silvia Guazzo, per esaltare la cucina veneta fusion dello chef, nonché compagno, ha deciso di puntare principalmente sui vini
veneti, alternati da alcuni interessanti cocktail pairing. Tra la grande scelta messa a disposizione dal territorio e la carta ancora in fase di costruzione ci saranno sicuramente degli sviluppi interessanti. Diversa, ma simile, la scelta del ristorante La Peca, dove Nicola e Pierluigi Portinari prediligono i vini biodinamici. “Secondo noi hanno più anima, perché cambiano e sono sempre diversi. Sono la massima espressione del frutto della natura. Una cosa che ci piace molto fare è riproporre gli stessi menu con vini diversi, permette di valutare tutte le sfumature dei sapori”. Chi non si pone limiti è Giancarlo Perbellini: “I vini vanno abbinati in base ai gusti, non
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nicola portinari la peca
precludo mai niente. Uno degli abbinamenti che amo è tra il Riesling e il crudo. È un vino che decliniamo spesso nei nostri menu. Anche perché il vino è fatto per bere, spesso le gradazioni dei riesling sono basse e questo viene apprezzato”. Ad accomunare questi chef non è solo la passione con la quale mettono sul campo, anzi, nei piatti, tutte le loro idee innovative. Le ideologie di base trovano diversi punti
di contatto, primo tra tutti la necessità di seguire la stagionalità del pesce. Soprattutto oggi, dove il rischio di perdere molte delle specie che troviamo di sovente nei piatti è più che mai concreto. Giancarlo Perbellini si pone come portabandiera di questa filosofia: “Dovremmo rispettare un po’ di più il nostro eco-ambiente. Il trend del consumo di pesce sta superando quello della carne, ciò di cui non ci accorgiamo è
che stiamo distruggendo i mari. Servirebbe maggiore attenzione a come consumiamo; basti pensare che trovare del pesce selvaggio è sempre più difficile. In estate abbiamo a disposizione i crostacei, poi in inverno si vira verso i pesci bianchi. Ogni periodo ha la sua stagione e bisogna progettare i menu su quello che Madre Natura ci propone”. Nicola Zanotto #9 - 2021 SEPTEMBER 15
Il grande Sud del pesce, interpreti eccellenti Da Don Alfonso al Maxi, a Baglio Soria: dalla Campania alla Sicilia, gli chef volano alto
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pigole, orate, crostacei, crudi di ogni tipo. È nelle bellezze della penisola sorrentina e nella storia e nell'enogastronomia di Trapani, lo spicchio di Sicilia dalla costa a mezzaluna, che tra i profumi e i colori smaglianti di una natura affascinante e rigogliosa, si aprono le porte di grandi ristoranti stellati. Qui si consuma principalmente pesce, abbinandolo ai prodotti d’eccellenza di un territorio prodigo di materie prime di alta qualità. Abbiamo chiesto a tre chef di raccontarci il loro amore e la loro passione per la cucina di mare, la cura e la maestria con cui lavorano il pescato e la sapienza con cui lo accostano ai prodotti del territorio. 16 SWSF
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alfonso crescenzo maxi
RISTORANTE MAXI Il Maxi di Capo La Gala a Vico Equense (Na) è un’esperienza enogastronomica e non solo. Il mare, i suoni e le luci delle navi del Golfo di Sorrento rendono tutto ancor più scenografico. La sala, in perfetto stile mediterraneo e la grande terrazza di legno e pietra viva adagiata sulla roccia, ospitano una cucina contemporanea e originale, strettamente legata ai prodotti del territorio e ai piatti della tradizione. Qui il pesce regna sovrano, e lo sa bene lo chef Alfonso Crescenzo: “La scelta del pesce per i miei piatti viene fatta sempre in base al periodo della pesca, nel rispetto delle stagioni e di ciò che dona il mare. Sono molto attento alla materia prima, deve essere assolutamente impeccabile”, ci racconta, che aggiunge “amo tutti gli ingredienti che il mare e la natura offre, che siano crostacei, pesci da zuppa, molluschi, pesce azzurro. Adoro combinare ai miei piatti i vegetali dell’azienda agricola Bio di famiglia Terre Lavorate: il tartufo, i latticini o semplici marinate. La nascita di ogni mio piatto parte
accompagnando il tutto con semplicità e attenzione”. Passione, impegno e attenzione meticolosa ai dettagli e a quegli ingredienti tanto prediletti del territorio circostante fanno da cornice alla cucina dello chef Crescenzo. I suoi piatti sono delle vere e proprie opere d’arte. Un ristorante ricercato, che ha meritato la sua prima stella Michelin nel 2009 e continua il suo percorso sulla strada del gusto. “Ci sono alcuni piatti che mi rappresentano più di altri: sicuramente i Tagliolini con i ricci di mare, i migliarini, (peperoncini dolci di fiume) con tartufo estivo, al quale abbinerei un Batar dell’Azienda Querciabella, Toscana. I Bottoni farciti con broccolo pugliese e gambero bianco di massa e la zuppa di granchio fellone e cipollotto Nocerino marinato con aceto di mele, al quale abbino una Falanghina exultet QuintoDecimo, Campania. E ancora, l’Astice alla puttanesca cruda, bietola e topinambur con un Mareneve di Federico Graziani, il Rombo chiodato con cicoria amara, spugnole aglio e olio, e la mia zuppa di cernia rossa e aria di provola affumicata al quale abbino Colli Tortonesi Timorasso doc delle vigne di Marina Coppo”.
DON ALFONSO 1890 Il Ristorante Don Alfonso 1890 è lo specchio di una filosofia innovativa, legata sempre al rispetto della cultura e delle tradizioni alimentari millenarie della Penisola Sorrentina e della Costiera Amalfitana. Ricavati da un palazzo napoletano del XIX secolo, gli ambienti design del ristorante dai colori vivaci sono stati pensati per esaltarsi con la luce naturale del mare mediterraneo, un modo per trasportare il viaggiatore nella straordinaria atmosfera del Sud Italia. “Il nostro menu si apre con una frase di Eduardo De Filippo: “Solo dopo aver studiato, approfondito e rispettato la tradizione, si ha il diritto di metterla da parte, sempre però con la consapevolezza che le siamo debitori, per lo meno, d'aver contribuito a chiarire le idee. Naturalmente, se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma ma, se ci serviamo della tradizione come d'un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto”. Innovare, stare al passo con i tempi, è fondamentale, ma vogliamo farlo mantenendo un'identità ben precisa, legata #9 - 2021 SEPTEMBER 17
antonio, alfonso ed ernesto iaccarino don alfonso 1890
alla nostra storia, alla nostra terra”. Amore per il territorio, rispetto per l'identità mediterranea - base della famosa dieta mediterranea - e slancio verso l'innovazione, sono gli elementi che rendono unica la storia di Alfonso, Livia, Ernesto e Mario Iaccarino. “La scelta del pesce nelle nostre preparazioni nasce da un confronto con i pescatori locali che mi dicono quali tipologie di pesce riescono a trovare con più facilità. Poi decido quale di quelle tipologie va in carta”, racconta il bistellato Ernesto Iaccarino. “Amo i pesci poveri, come il pesce azzurro, perché sono pesci veri. Parto da un’ottima materia prima, appena pescata, e cerco con la tecnica di esaltarla. Ogni pesce al Don Alfonso 1890 viene trattato in modo diverso. Per quelli che ho ora in carta, sto utilizzando cotture a bassa temperatura dirette, ovvero cucino direttamente a bassa temperatura senza fare pre-cotture” aggiunge. Una filosofia in cucina, che si basa sui principi della dieta mediterranea, interpretandola in chiave moderna e sostenibile. Per lo chef Iaccarino il pesce è: “Identità, cultura, storia dei popoli, è un linguaggio universale ma è 18 SWSF
andrea macca baglio soria
soprattutto evoluzione e contaminazione”; e aggiunge “La mia regione offre molte possibilità di abbinamento sia con vini rossi che bianchi. Amo molto abbinare ai miei piatti i vini toscani, quelli piemontesi e le bollicine italiane”. BAGLIO SORIA Baglio Sorìa è una tenuta agricola di 110 ettari, nella Sicilia occidentale, ed è qui che negli anni ‘80 è cominciato il grande sogno della famiglia Di Gaetano. Qui nasce Firriato, nelle colline aperte alla brezza marina, dove l’azienda ha impiantato vigneti, recuperato antiche strutture rurali, coltivato ulivi. In uno degli angoli più autentici e affascinanti della Sicilia occidentale, dove le colture si inseriscono in uno scenario davvero mozzafiato. Lo sguardo da questa collina si apre su un paesaggio senza eguali. Imponente, sulla destra, il Monte Erice, con il suo borgo medievale, e poi le isole Egadi di fronte, tanto vicine che sembra si possa toccarle. A sinistra lo Stagnone di Marsala con i suoi isolotti e la teoria di saline di sale che giungono sino a Trapani, caratterizzando questo lembo di costa. C’è la Sicilia del sole,
del mare, di una campagna incontaminata. C’è la civiltà contadina del Mediterraneo, con le sue tradizioni e il suo cibo. Un luogo magico, dove anche fenicotteri e cicogne nidificano o fanno sosta, nei loro lunghi spostamenti migratori che da nord portano a sud. Ed è qui che storia e tradizione si sposano con i sapori dello chef Andrea Filadelfo Macca. Una cucina frutto di un’identità culturale che trova nel mare e nella terra di Sicilia le sue risorse principali. Il territorio di Trapani abbraccia il ristorante di Baglio Sorìa, rendendosi protagonista: i suoi aromi, la tipica accoglienza siciliana, il prezioso patrimonio enogastronomico sono in ogni aspetto della struttura. ll menu di Baglio Sorìa prende forma dalla natura: dall’energia delle piante, dalla vitalità del pescato marino, dalla genuinità che da sempre muove la dieta mediterranea, beni culturali immateriali dell’umanità. “Ogni mattina passo in pescheria e seleziono quello che mi attira di più, cerchiamo di utilizzare tutte le tipologie, dai pesci più poveri come sarde e sgombro al dentice o la cernia. Tra in nostri piatti più riusciti c’è il raviolo di sarde a beccafico, davvero
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speciale”, racconta lo chef Macca. Per lo chef le cotture preferite sono sicuramente la C.B.T. (Cottura sottovuoto a bassa temperatura), poiché mantiene tutte le proprietà dei pesci e non risulta troppo invasiva: “Prediligo anche una cottura leggera, appena scottata in padella”. Il menu Baglio Sorìa è puro piacere alla sola lettura. Un’offerta che richiama la tradizione produttiva siciliana e che si armonizza con sapori, colori, consistenze e accostamenti nuovi. Una scelta di coerenza e di legame con il contesto del territorio,
con le tradizioni agricole e alimentari, con le attività della pesca artigianale di prossimità che interessa le coste di questa provincia e le isole Egadi, vero giacimento ittico di questo spicchio di isola. “Il piatto che più mi ha gratificato è sicuramente la finta cassatina salata: si presenta come una cassata dolce ma anzichè essere ricoperta di una glassa bianca vi è il mantello della seppia ripiena con il suo nero, e al posto della ciliegia un pomodorino confit”, racconta chef Macca. La scelta delle etichette è stata poi curata direttamente dalla famiglia Di Gaetano:
“Ci siamo affidati a Federico Lombardo di Monte Iato, conoscitore della produzione vinicola italiana ed internazionale. Ultima novità di quest'anno, Gaudensius rosé, Nerello Mascalese 18 mesi Metodo Classico, si presenta con bollicine persistenti fruttato con sentori di lamponi”. In carta, anche vini italiani di altissimo livello e vini francesi, preziosi testimoni dell’eccellenza di una produzione enologica vitale e appassionata. Francesca Moriero #9 - 2021 SEPTEMBER 19
Pesce e cucina asiatica all’ombra della Madonnina Nella città caposaldo della ristorazione la geografia culinaria è sempre più attratta dall'Oriente: emblematico il caso della famiglia Liu
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l capoluogo lombardo negli ultimi anni si è contraddistinto per la sua spinta internazionale, dal punto di vista architettonico, delle opportunità professionali e, di conseguenza, anche dal punto di vista dell’offerta gastronomica. Affermarsi nella ristorazione etnica nella patria in cui il cibo ha quasi un connotato di sacralità, poteva sembrare una sfida ardua. Oggi invece l’apertura ad altre culture ha portato a una commistione eccezionale, dando vita a innumerevoli esperienze gastronomiche di altissimo livello. La ristorazione asiatica a Milano ha come protagonista assoluto la famiglia Liu. Tre fratelli che rappresentano un caso unico, in quanto capaci di rappresentare in una sola famiglia tre modi di disegnare la cucina asiatica, con salde radici e un costante riferimento all’Italia e i suoi ingredienti. Claudio Liu – il più grande dei tre fratelli – è il fondatore del brand Iyo Group. Visione internazionale, rigore orientale, accoglienza e stile tipici del Made in Italy, l’identità di Iyo 20 SWSF
claudio liu
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group si riconosce in ognuna delle quattro diverse insegne del gruppo, due premiate con una stella Michelin. IYO è il primo e unico ristorante di sushi innovativo e cucina di ispirazione giapponese ad aver conquistato una stella Michelin in Italia. Traguardo storico, IYO vanta però un primato ancora più importante: l’aver fatto conoscere e amare il sushi e la cucina giapponese a Milano, e al resto d’Italia. La proposta alla carta di IYO esprime una forte impronta giapponese moderna: una grande cucina hi-tech di stampo occidentale si affianca ad un banco sushi affacciato sulla sala, segno tangibile di una doppia brigata e una proposta inedita, in cui sushi, sashimi, crudi di pesce e signature come gunkan e uramaki, convivono con portate calde, creazioni iconiche di IYO e nuovi piatti di carne e di pesce. Una proposta degna di nota è sicuramente l’Himeji Toji Age: si tratta di una triglia di scoglio in crosta di yuba, salsiccia di Bra, crema di pomodoro confit e salsa nitsume. L’abbinamento consigliato per accompagnare questo piatto è un Côtes du Rhône, 2019, Domaine Jamet, Syrah, dalla valle del Rodano. Aperto nel luglio 2018, AJI è la prima insegna, rivoluzionaria, di delivery e take away di sushi e cucina orientale gourmet. Riscuotendo un immediato e crescente apprezzamento, di pubblico e di critica, è stato definito “il miglior delivery giapponese di Milano”. Un menu, quello di AJI, che spazia dal sushi ai gyoza, ma include anche diverse specialità asiatiche per non chiudere i propri confini in definizioni canoniche. Ma la bontà dei suoi piatti non è il solo segreto del suo successo. Fedele allo stile di IYO Group, AJI coniuga ottime materie prime, creazioni originali e servizio impeccabile per una vera esperienza di alta qualità a 360 gradi che arriva a casa da una grande ed elegante dark kitchen “a vista”, da cui apprezzare i gesti dei sushi man. AJI è un
format innovativo perché unisce il business model e l’ingegnerizzazione avanguardista di una dark kitchen con un servizio di delivery indipendente, qualità premium e la firma di IYO Group. È un format “controcorrente”, incubato nel flagship restaurant di via Piero della Francesca a Milano per due anni e pronto per diventare un’insegna con un proprio brand a livello nazionale. Il chirashi misto è il cavallo di battaglia di questo delivery di alto livello, da accompagnare con un Franciacorta Satèn Ferghettina. Iyo Omakase invece è il sushi banco tradizionale: un solo menu, diverso ogni giorno, un grande banco per soli otto ospiti. Per condividere un rito antico, direttamente dalle mani del sushi master, e viaggiare fino in Giappone. Il sushi banco IYO Omakase è la realizzazione di un desiderio coltivato a lungo da Claudio Liu: dare vita a Milano a un rito che si trova solo in Giappone. Amante e grande conoscitore del Sol Levante, il patron di IYO a 14 anni dall’apertura del suo primo ristorante giapponese, ma dall’anima contemporanea, voleva portare a Milano un’altra novità e far scoprire agli italiani un altro volto della cucina nipponica, quella
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più autentica: una nuova sfida, culturale e gastronomica. IYO è il ristorante che ha fatto conoscere e apprezzare ai milanesi una nuova cultura culinaria rendendola accessibile e comprensibile ai loro gusti, sottraendola all’etichetta di etnico sino a renderla, fra uramaki creativi e gunkan colorati, parte oramai delle abitudini della città. Nel 2019 Milano era finalmente pronta per accogliere IYO Omakase e scoprire le origini e l’essenza del vero sushi in rigoroso stile Edomae. Senza compromessi. Molto apprezzati i Nigiri di ventresca di tonno (otoro), accompagnati da un Izumibashi Tombo Junmai, sake dalle note fruttate che esaltano il sapore della materia prima di primo livello. Infine IYO AALTO è il più giovane dei locali di Claudio. Inaugurato a novembre 2019, la ricerca di Claudio Liu approda ad un linguaggio gastronomico inedito. Nasce la cucina libera, interpretata dallo chef Takeshi Iwai, e che nel 2021 è stata premiata con la stella Michelin. La cucina libera di IYO AALTO non ha bisogno di un riferimento geografico o stilistico per essere definita. Creatività allo stato puro in cui materie prime, tecniche, ricette e richiami culturali parlano di un mondo interconnesso e globale, senza confini di tempo e di spazio, in cui l’ispirazione dello chef crea incontri e abbinamenti come un disegno a mano libera su un foglio bianco. Alla ricerca del gusto e di nuove idee. Un piatto icona di Aalto è l’anguilla, abbinata a tataki di manzo e liquirizia. Per il suo accompagnamento, il sommelier Savio Bina (una autorità in materia) propone un Bianco Frus del 2016, dell’Azienda Agricola Marina Danieli. IYO Group è un’idea di cucina e di ristorazione, diventata naturalmente brand e voce autorevole nel settore. Il gruppo, composto da quattro insegne, frutto di lavoro, esperienza, visione imprenditoriale e cultura gastronomica, si è fatto strada tra le persone e gli opinion leader grazie ad una 22 SWSF
anguilla , tataki di manzo e liquirizia iyo aalto
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giulia liu
gong oriental attitude
profonda concretezza del proprio operato. Giulia Liu invece rappresenta l’eleganza e la classe al femminile nella famiglia ed è titolare di Gong Oriental Attitude. Giulia decide di aprire il proprio ristorante nel 2015, dopo aver conosciuto il marito Lorenzo. Da qui nasce un grande amore per l’Italia e per Milano che, unito alla profonda conoscenza delle antiche tradizioni della cucina cinese, l’ha portata a creare qualcosa di unico. Creatività, altissima qualità degli ingredienti, cotture all’avanguardia e attenzione all’estetica del piatto sono, infatti, le parole chiave di un ristorante che fonde e rappresenta in modo unico la ricchezza culinaria orientale con i migliori ingredienti dall’Italia e dal mondo. “Per quanto riguarda Gong, al contrario degli altri ristoranti della mia famiglia, la base di ispirazione è cinese. La proposta culinaria però descrive anche un percorso personale, per così dire, di cinesi di seconda generazione, cresciuti in Italia, e che quindi ripropongono una cucina tradizionale ma con un taglio più internazionale. Noi stessi infatti non siamo la stessa comunità cinese di trent’anni fa” – afferma Giulia Liu. “Di conseguenza la nostra proposta gastronomica non può che aprirsi all’incontro con altre culture. Questa integrazione si trasmette anche nel menu. La scelta delle materie prime infatti segue una ricerca per lo più locale, per poi trattarle con tecniche appartenenti alla nostra cucina: soia, aceto di riso, sake o salse fermentate”. “La proposta di pesce da Gong è molto varia. Oggi le persone amano mangiare cibo poco trattato, con strumenti all’avanguardia che permettono di lavorare l’ingrediente con tasso minimo di invasività e risultati molto più sicuri soprattutto per quanto riguarda il crudo” – aggiunge la proprietaria di Gong. “Nella nostra carta l’offerta del pesce è molto varia. Trovate carpacci, tartare, spaghetti crudi di salmone, con ingredienti più vicini all’oriente come la mandorla, il #9 - 2021 SEPTEMBER 23
wasabi, lo zenzero e la soia. Da questo punto di vista l’attenzione al taglio è fondamentale. La partita degli antipasti infatti si occupa dei tagli del pesce, che richiedono una precisione millimetrica, dei bilanciamenti delle salse e delle marinature, oltre che delle cotture dei fritti che da sempre identificano la cucina asiatica. Dal punto di vista del cotto, il pesce è il protagonista, specialmente nella lavorazione dei ripieni – come avviene nei dim sum – e nelle tecniche di cottura come il vapore. Un piatto che caratterizza la proposta di pesce di Gong è sicuramente la Tartare Exotic, portata nella quale si combina un sapiente gioco di equilibri tra estetica e gusto. Il gambero rosso di Mazara del Vallo è accompagnato da una salsa al mango e shiso, decorato con bacche di goji marinate in un vino di prugna. Un'altra portata degna di nota in menu è sicuramente il somen di salmone. Grazie a una perfetta tecnica di taglio, il salmone viene servito in tagliatelle sottili che ricordano i classici somen. Il tutto è adagiato su salsa alle mandorle, emulsione di wasabi e ikura per esaltarne la freschezza. L’abbinamento consigliato ci porta nelle zone del Sannio con la Falanghina, un vino che con l’acidità e il carattere agrumato permette di sostenere pietanze con grande carattere. Anima orientale con un twist metropolitano e contemporaneo, dettata dalla creatività e dalla sperimentazione con innovazione dell’alta cucina cinese. Tecniche di cottura all’avanguardia: basse temperature, affumicature dirette, wok e utilizzo moderno dell’antica tecnica del vapore. I migliori ingredienti dall’Italia e dal mondo. Attenzione all’estetica del piatto, dove tutto è essenziale: si raggiunge l’eleganza senza il superfluo. Attraverso queste parole chiave la cucina di Gong riesce a sprigionare il massimo del potenziale che l’incontro con l’altro può offrire. 24 SWSF
tartare exotic gong oriental attitude
somen di salmone gong oriental attitude
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guglielmo paolucci gong oriental attitude
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marco liu
Marco invece è proprietario di Ba Restaurant, il ristorante più aderente alla tradizione cinese della famiglia Liu. Ba nasce nel 2011 con la volontà di proporre una cucina cinese autentica con un unico denominatore: dare testimonianza di una tradizione millenaria usando ingredienti di prima qualità, affidati alle mani di grandi chef asiatici. Il menu è il risultato di una grande ricerca sui piatti della tradizione culinaria cinese, la ricerca maniacale dell’ingrediente perfetto e una grande attenzione all’aspetto visivo e un costante perfezionamento, affinché ogni piatto sia unico e irripetibile. Il pesce nel menu si trova nella sua forma più tradizionale: dal polpo alla brace con purea di edamame e cipolla caramellata, passando per il Black Cod al forno marinato con Hoisin e champagne, fino al salmone avvolto in cavolo cinese e crumble di soia e verdurine piccanti. 26 SWSF
nobu
Oltre alla solidità della famiglia Liu, senza dubbio Nobu è per Milano uno dei più importanti punti di riferimento della cucina giapponese fusion. Lo chef Antonio d’Angelo dal 2009 a oggi è alla guida di un ristorante dalle linee pure, elegantemente minimaliste, nel pieno stile Armani, ma allo stesso tempo con echi nipponici. Tra i signature dish troviamo il Gyoza di maialino con scampi e alici con yuzu e shiso. Per chi ama sperimentare, l’abbinamento consigliato è il cocktail Psico Passion – Pisco, Ume Shu, Passion Fruit, Grapefruit Juice, Acquafaba – ma è anche abbinabile con un vino come Sul Vulcano Etna Rosato Doc 2019 Donnafugata Nerello Mascalese. Sempre in pieno centro a Milano si può trovare la proposta de Il Giardino di Giada, locale storico che da 41 anni porta avanti una cucina tradizionale cantonese, forse il primo
aperto in città. “Il pesce è una componente molto importante della cucina cinese. La Cina infatti ha la costa più lunga del mondo. Il nostro team propone una cucina tradizionale, cercando di attirare sia i clienti cinesi che cercano una cucina autentica, sia i clienti italiani che vogliono godere della vera cucina cinese” – racconta Gigi Chin, titolare del ristorante. Il pesce è trattato con tecniche poco invasive. Le proposte più apprezzate infatti sono il branzino e il rombo al vapore, serviti con verdure e salsa di soia. L’abbinamento è estremamente variabile. “Ai cinesi piacciono i gusti forti, quindi prediligono vini rossi strutturati anche con il pesce. Inoltre, quando si hanno degli ospiti, si cerca sempre di fare bella figura con bottiglie importanti, in segno di rispetto e gratitudine per il commensale. Lo stesso vale per importanti bottiglie di grappe e fermentati” – conclude Gigi Chin.
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gigi chin e la madre carmen
ph. credits Annalisa Cimino
Infine è bene segnalare una proposta alle porte di Milano. Il Mu Fish di Nova Milanese (MB), ritrova le sue radici in Oriente, evolvendosi poi attraverso continue suggestioni occidentali, un luogo di fermento creativo e sapori inaspettati. Con un menu in continua evoluzione, riflesso di una cucina attenta ai cambiamenti e alle tendenze, MU Fish vuole essere espressione di creatività: un quadro dove, partendo dal lontano Sol Levante, si apre a suggestioni occidentali, per svelare un mondo unico all’insegna dell’innovazione. “I nigiri sushi Jun-style sono il piatto che meglio racconta il nostro lavoro con la cucina di pesce. Si tratta di una selezione di sette nigiri creativi, che potranno sicuramente essere allargati ad altre creazioni. Il vino naturale è il suo abbinamento perfetto. I miei piatti infatti sono caratterizzati dal profumo degli ingredienti e richiedono talvolta una sensibilità tale da non essere adatti a vini eccessivamente aromatici” – racconta la chef Jun Giovannini.
rombo al vapore il giardino di giada
jun giovannini mu fish
Tommaso Motterlini #9 - 2021 SEPTEMBER 27
Pesce in Lombardia Istituzioni che valgono
Dalla Langosteria alla Caprese, dal 13 Giugno al Porto, dal Saraceno all’enoteca LaBulle
ristorante 13 giugno
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L
a Lombardia è un’ottima piazza per mangiare del buon pesce. Può sembrare strano, ma in città e provincia ci sono delle vere gemme, dove deliziare il palato con i tradizionali e sempre apprezzati piatti a base dei pesci più classici, fino ai più ricercati piatti a base di pesce stagionale. Siamo andati a scoprirne alcuni, facendoci raccontare dalla voce dei protagonisti il loro signature dish e l’immancabile abbinamento di vino. Partiamo da Milano città, dal ristorante 13 Giugno, famoso per la sua cucina siciliana con pesce freschissimo. Il ristorante nasce 33 anni fa, nel 1988, e deve il suo nome alla data di nascita del fondatore. Nel corso di questi anni il ristorante ha proposto numerosi piatti a base di pesce, che partendo dalla tradizione culinaria sicula, si sono lasciati liberamente ispirare da influssi francesi, specializzandosi poi in proposte più gustose e saporite a base di frutti di mare, crostacei e primizie di stagione. Da qualche anno il ristorante sta attraversando un periodo di metamorfosi, in cui convivono i classici (ad esempio le bavette salmerici, la pasta con le sarde, le linguine all’astice) e le nuove proposte (come il moscardino croccante su crema di patate). La cucina siciliana tradizionale viene, infatti, rivista per darle leggerezza e un tocco di innovazione, celebrando al meglio i sapori
degli ingredienti originali e naturali. Ecco quindi spuntare nel menu piatti a base di pesce stagionale con abbinamenti di riduzioni e mousse, tartellette particolari, e proposte classiche, i forti della tradizione italiana, riviste in una versione più gustosa e sfiziosa. Il piatto più rappresentativo sono le Bavette con i ricci. “Se dobbiamo indicare un piatto più rappresentativo è sicuramente questo”, secondo Edoardo Dolcimascolo, figlio del fondatore che sta portando avanti la passione del padre “perché è un tipico piatto palermitano che racconta perfettamente il mare, il suo sapore, e allo stesso tempo il territorio. Nell’abbinamento di vino si gioca molto con l’Etna, con la sua spiccata mineralità, data dal suo territorio vulcanico (quest’area viene chiamata la Borgogna del Mediterraneo)”. Le bavette con i ricci vengono proposte in abbinamento sia ad un rosso – come proposta inusuale, ma elegante – utilizzando vini provenienti dal vitigno Nerello Mascalese, che cresce prevalentemente sull’Etna, sia al vino bianco scegliendo un vitigno Carricante autoctono dell’Etna. Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta delle proposte a base di pesce con un altro ristorante in città. Si tratta del ristorante Al Porto che dal 1967 offre ai milanesi tutto il gusto della tradizione versiliese. Era il 25 aprile quando Domenico Buonamici e la moglie Anna decisero di aprire il Ristorante
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domenico buonamici ristorante al porto
Al Porto nell’ex casello daziario di porta Genova, e scelsero proprio quel posto perché il ristorante si affacciava sull’antico porto di Milano. “Quando abbiamo aperto 54 anni fa, c’erano solo due ristoranti di pesce. Io avevo già un locale in centro ed avevo capito che i milanesi avevano voglia di mangiare pesce, tant’è che questi due ristoranti erano sempre pieni e molti milanesi andavano in Liguria. Allora mi sono deciso ad aprire un terzo ristorante dedicato al pesce. Da lì è iniziata l’avventura del Porto. I primi menu (basati su fritti e
risotti) erano diversi da quelli di oggi, nel tempo si è infatti evoluta la scelta della clientela, con una ricerca maggiore di pesce crudo”, racconta Buonamici. La cucina del ristorante è prevalentemente versiliese, ma poi vengono proposti vari piatti a base di pesce, prediligendo i pesci stagionali, in modo da offrire piatti che ci sono solo quando è disponibile il prodotto fresco. Ne sono un esempio le fragoline di mare – piccoli moscardini o novellini che pescano dal nord della Toscana fino a Genova tra i primi di maggio fino a metà luglio e vengono proposti come antipasti in padella saltati con un pizzico di peperoncino. Tra i piatti più richiesti al ristorante si trovano da una parte la Fritturina di pesce, un classico, composta da piccoli calamaretti (spillo) e scampi fritti in olio leggero. Il piatto viene servito in abbinamento con un verdicchio di un piccolo produttore della zona di San Vito, perché è leggero ma corposo, un vino saporito che si abbina perfettamente con il fritto. Dall’altra il Branzino al vino pigato che viene servito con olive taggiasche in abbinamento al vino ligure Pigato. E per concludere i Gamberi rossi di Santa Margherita fatti al forno con il rafano fresco. Questo piatto viene proposto in abbinamento con uno chardonnay friulano. Proseguiamo il giro per Milano, fermandoci al ristorante Langosteria. Qui l’ispirazione dei menu parte dal territorio di estrazione dallo Chef Domenico Soranno, la Puglia, e dalla conoscenza della materia prima e dei sapori, priorità assoluta. Conoscere la materia prima, toccarne con mano la qualità e sapere da dove arriva, è la base da cui partire per costruire i piatti, e scegliere come presentare al cliente la proposta e farlo emozionare. Il concept della Langosteria prevede piatti Signature che il Cliente può trovare in tutti i ristoranti, affiancati a piatti che seguono la stagionalità delle materie prime. Il pesce utilizzato è tutto
domenico soranno ristorante langosteria
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rigorosamente pescato ad amo proveniente dalle acque del Mar Mediterraneo, e si predilige pesce bianco, come rombo, scorfano, gallinella, dentice reale, san pietro, orate, branzini; e pesce azzurro come tonno, ricciola, naselli, alici. Nella proposta della Langosteria immancabili sono i crostacei: dagli scampi delle Tremiti, ai gamberi rossi di Sicilia, i gamberi di Santa Margherita, ed il nostro fantastico King Crab, il “Re” dei crostacei, che arriva dal Mare di Bering, Alaska. Il piatto però più rappresentativo è il King Crab alla catalana. È un piatto nato nel 2007 insieme alla storia di Langosteria, e può essere a tutti gli effetti considerato il “Re” dei crostacei. Viene cotto pochè, immergendolo per brevissimo tempo in acqua tiepida, e condito con il pomodoro camone, il sedano pelato e tagliato a becco d'uccello, la cipolla rossa croccante e la salsa “rossa” Langosteria, a cui oggi viene aggiunto un ingrediente. La nuova salsa è composta da 7 ingredienti: l’olio extravergine d'oliva, il mix di frutti di bosco, la senape, il sale, l’aceto aromatico, il pomodoro secco setacciato, ed il settimo ingrediente… il segreto. La salsa “rossa” così nella sua nuova versione regala al King Crab 2007 un’esperienza memorabile. Dalla coincidenza dell’anno di creazione, dall’aggiunta del settimo ingrediente e dalla nuova veste con cui viene impiattato, nasce il King Crab 2007 Special edition. King Crab 2007 Special edition viene proposto in abbinamento ad uno dei Pinot Nero presente presente nella Carta Vini di Langosteria. Spostandoci ora ai piedi delle colline di Bergamo, a Mozzo per la precisione, incontriamo il ristorante La Caprese di Mozzo che dal 1975 offre il calore e i sapori dell’isola di Capri. Il ristorante offre una cucina contemporanea che si ispira alla tradizione culinaria isolana ed alla cucina di mare, proponendo gli stessi gusti semplici ma intensi del mare caprese. Ancora oggi Bruno Federico, patron de La Caprese, 30 SWSF
king crab 2007 - special edition ristorante langosteria
trasmette la magia dell’isola di Capri insieme alla figlia Antonella che sta portando il ristorante in una nuova fase di crescita. “Le ispirazioni del nostro menù possono essere ricondotte a due pilastri fondamentali: Capri e la tradizione famigliare. Mio padre Bruno infatti, quando si è trasferito da
Capri a Bergamo, non ha abbandonato i gusti dell’isola e gli insegnamenti della nonna, proponendo quindi la cucina “di casa” agli ospiti del suo ristorante” spiega Antonella. “Ovviamente abbiamo alcuni grandi classici che i nostri ospiti si aspettano di trovare, come le tartare,
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antonella e bruno federico la caprese - ph. credits Stefano Borghesi
il fritto di mare o gli spaghetti al nero e nel limite della disponibilità giornaliera cerchiamo sempre di soddisfare ma ogni mattina scegliamo con cura la migliore materia prima in base alla filosofia della “spesa al mercato”, lasciando di fatto che il mare scelga il menù del giorno”. Il piatto più rappresentativo del ristorante è la Crudità all’Isolana, un piatto tanto semplice quanto ricco di sapore. La sua origine è da attribuire ai pescatori capresi che dovendo lavorare in mare, a volte per giorni interi, dovevano preparare il loro pasto a base di pesci e crostacei che pescavano e che “cucinavano” con la semplice aggiunta di olio e limone. Il piatto più iconico non potrebbe che essere accostato a un vino dell’isola: Capri Bianco di Scala Fenicia, composto da un assemblaggio di uve autoctone campane quali il Greco, la Falanghina e la Biancolella. “Questo vino esprime in modo perfetto quello che è Capri nella sua essenza: solare, mediterranea e marina. Un vino che al naso ricorda i profumi della macchia mediterranea, gli agrumi, la pesca e lo iodio e al palato è armonioso, delicato ma anche sapido, fondendosi perfettamente con la nostra crudità per riportarci alle atmosfere
roberto proto il saraceno
della nostra isola”, conclude Antonella. Rimaniamo nella zona della bergamasca per scoprire il ristorante Il Saraceno, situato a Cavernago. È qui che lo chef Roberto Proto propone un percorso culinario fatto di creatività e ricerca costante della perfezione, dove il pesce è l'ingrediente protagonista, insieme a materie prime provenienti dal territorio e dalla tradizione. Il ristorante punta su una cucina marina che guarda alla Costiera Amalfitana di cui lo chef è nativo. Pesce pescato nazionale, niente allevamento, preparato con sobrietà per valorizzare la materia prima. “I miei menù si ispirano ai piatti e ingredienti della Costiera Amalfitana e alla stagionalità dei prodotti ma lascio molto spazio anche alla fantasia e alla creatività” racconta lo chef Proto. “I pesci che prediligo sono la Pezzogna, il Dotto, la Triglia di scoglio, le Alici, il Dentice reale. Ho un debole per i Crostacei in generale, dai più piccoli come i gamberi Gobbetti all’Astice Blu”. Il ristorante ha più piatti rappresentativi, ma in questa stagione sicuramente il Risotto… ho mantecato una pizza, un primo piatto presente in carta. “Durante il lockdown ho pensato ad un
enoteca labulle
piatto che potesse valorizzare i prodotti italiani e i colori che ci rappresentano (la bandiera italiana). Il piatto è realizzato con Pomodoro San Marzano, mozzarella di Bufala liquida, olio al basilico, alici di Cetara, origano dei Monti Alburni, briciole di pasta di pizza oltre al riso ovviamente”. Questo piatto viene proposto abbinato a Costa d’Amalfi Rosato DOC Marisa Cuomo. Concludiamo questo viaggio a Legnano, per parlare dell’enoteca LaBulle di Legnano. A raccontarci il menu è Massimiliano Gatti che ha collaborato con Matteo, il proprietario della enoteca per la creazione del menu. “Per me e per tutti è stato un anno molto difficile e dopo il primo lockdown Matteo è stato il primo a contattarmi per iniziare a lavorare insieme. Da lì è iniziata la nostra collaborazione che ha portato alla creazione del menu per l’enoteca che nella proposta di pesce, varia a seconda di cosa offre il mercato (ricci di mare, branzino, rombo, tonno)”. Un piatto rappresentativo del ristorante è sicuramente il Tagliolino fresco in bisqué di gamberi di Mazzara crudi e zeste di limone e polvere di liquirizia Paola Chiasserini #9 - 2021 SEPTEMBER 31
Tra Emilia-Romagna e Marche c’è un “mare” di qualità Il successo turistico di questo tratto di costa adriatica passa anche dalla qualità dei protagonisti della ristorazione
makorè
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llegria, divertimento e buona cucina. Quella tra Romagna e Marche è un tratto di costa adriatica davvero all’avanguardia.
Complici i prezzi contenuti e una organizzazione senza pari in Italia, l’offerta di questa zona risulta decisamente interessante per migliaia di turisti che, ogni estate, decidono di concedersi vacanze e
relax balneare. Noi di So Wine So Food abbiamo però cercato di alzare ulteriormente il target, andando a scovare alcuni fra i migliori locali capaci di valorizzare al meglio la materia prima marina.
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andrea bartolini la buca
Da nomi storici della grande cucina italiana a giovani chef che stanno stupendo con le loro abilità, il loro estro e grande competenza. Il nostro tour marittimo parte da Ferrara, cornice di un ristorante a forte trazione ittica, stiamo parlando di “Makorè”. Peculiarità del locale quella di poter contare su una pescheria propria, un vero plus per chi si cimenta in preparazioni di pesce. Dietro ai fornelli troviamo il piemontese Federico Belluco. Nonostante la giovane età, Federico vanta un curriculum davvero incredibile, costellato di successi ed esperienze ad altissimo livello. “Il nostro locale è correlato a una pescheria, siamo quindi legati all'acquisto di pesce nei mercati più importanti delle vicinanze. Personalmente sono un grande amante del pesce azzurro che fa parte della nostra cultura, mi piace utilizzare il pescato più povero, cercando di valorizzarlo ma
rispettando comunque la freschezza, il suo sapore più puro, senza troppe sovrastrutture. È difficile che in un piatto io possa mettere più di tre ingredienti”. Per quel che riguarda il piatto “bandiera” di Makorè, Bellucco pesca dal cilindro una preparazione nata nel 2017, durante la sua esperienza a Venezia sotto la guida di chef Perbellini. Si tratta di un antipasto, inserito nel menu più personale di chef Belluco. “Quando ero a Venezia amavo andar per Bacari e in menu trovavo sempre la cozza gratinata; ho deciso quindi di introdurla nel mio locale ma non in maniera banale. Nasce così il crudo di ricciola che viene interpretata sotto una visione di una cozza gratinata: il crudo viene condito con una salsa di cozze e una di salicornia, infine adagio sopra del pane tostato con del prezzemolo, caviale di limone e alga dulse. Abbiamo cercato di unire la cultura del crudo con un piatto
simbolo della cucina marinara italiana”. Circa l’abbinamento enologico, il consiglio arriva direttamente dal sommelier del locale, Vanessa Simini, che caldeggia: “Clap Blanc, Malvasia istriana di Luca Fedele; un prodotto dotato di un’accentuata freschezza, che va a contrastare la dolcezza della ricciola”. Il viaggio prosegue in Romagna, questa volta la meta è la splendida Cesenatico (FC), in particolare il pittoresco canale, sulla cui riva di levante sorge il celebre ristorante stellato La Buca. Vera e propria istituzione della città balneare, La Buca vede alla plancia di comando Andrea Bartolini, un’anima totalmente votata alla gastronomia. Dalle sue parole non è difficile comprendere l’amore e la passione che quotidianamente mette nel suo lavoro. “La nostra cultura marinara viene da quella che era la cucina da peschereccio, quindi il pesce più povero che non veniva venduto ma consumato dai pescatori sotto forma di brodi o risotti, piatto che nasce sui ponti delle barche cotto su pentolini adagiati su braci. Il pesce azzurro ovviamente finiva anche nella piadina con radicchio e cipolla. A La Buca cerchiamo di portare avanti la filosofia del raw, fin da piccolo sono stato abituato a apprezzare crudi come per esempio il calamaretto. Personalmente sono molto amante di abbinamenti capaci di rimarcare la parte marina del crudo, apprezzo sapori intensi come per esempio i frutti di mare. La nostra cucina è una realtà dove l’ingrediente principale rimane il soggetto primario, non costruiamo sapori nuovi ma valorizziamo un singolo ingrediente, intorno a cui ruotano altri prodotti capaci di arrotondare a 360 gradi il gusto”. La filosofia culinaria de La Buca trae le basi dalla propria terra, quella Romagna che può contare su una proposta ittica decisamente corposa. “Siamo molto legati anche al nostro #9 - 2021 SEPTEMBER 33
carpaccio di ricciola la buca
territorio - continua Andrea Bartolini cerchiamo di utilizzare approcci di cucina che venivano usati nel passato; l’obiettivo principale rimane però quello di far felici i commensali tramite il gusto in ogni piatto e l’esperienza nel nostro locale. Uno dei miei mantra è l’approvvigionamento etico: lavorare eticamente con la valorizzazione dei prodotti, con il gruppo dello staff, porta benefici anche a livello imprenditoriale. Per quel che riguarda l’approvvigionamento, la nostra materia prima viene all’80% dal mercato dell’asta a ribasso; diamo così la possibilità di far avere più margine di guadagno al pescatore e, al contempo, impariamo a conoscere le singole imbarcazioni e il pescato che offrono”. Per quel che concerne il signature dish de “La Buca”, Andrea non ha dubbi: “È un piatto che abbiamo in carta da prima 34 SWSF
daniele patti lo scudiero
della stella Michelin, quindi quasi da dieci anni; si tratta di un carpaccio di ricciola con una tonnata alla mandorla, artemisia e un riso croccante. Proprio in questi giorni stiamo lavorando su una versione 2.0 di questo piatto, elimineremo la tonnata, ci concentreremo maggiormente sulla mandorla e sui sapori lattici. La ricciola viene marinata a secco nel sale di Cervia ed erbe aromatiche, la mandorla serve ad attenuare e al contempo mantenere il sapore della ricciola col sale e il sentore balsamico dell’artemisia mette un freno al tutto. Come abbinamento enologico rimarrei sempre in Romagna, precisamente a Brisighella (RA) dove l’azienda Fondo San Giuseppe produce “Ciarla”, vino ricavato da un uva raccolta a metà settembre e maturata in acciaio tonneaux. La bevibilità del Riesling e
le leggere note tropicali e limonate si sposano perfettamente con la salatura della ricciola”. Da Cesenatico scendiamo di una sessantina di chilometri e approdiamo nella marchigiana Pesaro dove, negli ultimi nove anni, un giovane chef sta stupendo palati e critici a colpi di grandi abbinamenti; stiamo parlando di chef Daniele Patti e del rinomato ristorante Lo Scudiero. A una location da togliere il fiato viene abbinata una cucina fresca e innovativa, in cui il pesce risulta assoluto protagonista della ricca offerta gastronomica. “Noi siamo cresciuti con il pesce afferma chef Patti - e, essendo a Pesaro, abbiamo fatto del pescato locale il nostro pane quotidiano. L’obiettivo è quello di focalizzarci sulla materia prima e vedere gli altri ingredienti quasi come satelliti capaci di muoversi attorno al prezioso protagonista del piatto. Molteplici sono i prodotti marini che utilizziamo nelle nostre preparazioni: dalle seppie alle mazzancolle, passando per rombi, sogliole, dentici e ricci di mare, vere e proprie eccellenze dell’Adriatico”. Interessante, lato menu, la doppia proposta che si può trovare in questo periodo a Lo Scudiero: “Ora abbiamo all’attivo due menu, uno dedicato alla Sicilia chiamato: “Vieni in Sicilia con me”. E il menu “Percorsi 2012-2021”. Proprio in questi giorni stiamo, però, lavorando a una nuova offerta, focalizzata sulle profondità del Mare Adriatico. Si tratterà di un’innovativa selezione che verterà sui pesci di cattura in base alla profondità del mare”. Non manca ovviamente un accenno alla moderna metodologia di lavoro e un abbinamento cibo/vino sempre a tema mare. “A inizio anno organizziamo una grande riunione tra tutte le teste pensanti della cucina per sviluppare le idee per i nuovi menu. Quattro o cinque giorni di full immersion per ragionare su portate e ipotesi. Questa è un’idea presa dai grandi maestri
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della cucina Italiana; credo che, se una cosa è ben fatta, sia giusto prendere spunto da queste metodologie di lavoro. La mia intuizione è stata quella di inserire la Sicilia in un menu composto da sapori antichi rivisitati e accompagnati dalle celebri ceramiche di Caltagirone. Come piatto bandiera consiglierei un nostro antipasto, il Tonno “New York” con avocado, riso soffiato e salsa ginger. Questo tonno rappresenta un viaggio particolarmente intenso fatto con mia moglie nella Grande Mela. Per quanto riguarda l’abbinamento enologico, consiglio un buon Verdicchio”. Da Pesaro scendiamo ancora, verso la nostra ultima, ma non meno importante, tappa. Ci troviamo a Senigallia (AN), in un locale tristellato che non ha bisogno di presentazioni, Uliassi. Mauro Uliassi è un poeta errante della cucina; la continua ricerca, la competenza e la volontà di alzare sempre l’asticella della qualità, raccontando i sapori dimenticati della propria terra, lo pongono di diritto nel gotha dei più grandi chef italiani. “La nostra è una cucina fortemente identitaria - afferma Uliassi - con radici ben precise e che fa grande uso di tecniche e tecnologie. Utilizziamo sia prodotti di mare che di terra. La particolare conformazione di Senigallia ha fatto sì che si creasse una cucina mare e monti, una tradizione dell’umile mangiare dell’abitante della costa adriatica. Un secolo fa, sul lungomare di Senigallia non vi erano alberghi ma casupole dei pescatori con di fronte la barca e sul retro l’orto con maiali, oche, piccioni. Trecento metri oltre queste case abbondavano acquitrini, fossi e paludi, perfetto habitat per lumache, rane, anguille e selvaggina. Dal punto di vista culturale è importante mantenere la storia della costa marchigiana, i nostri pensieri legati al cibo sono, quindi, tesi verso questo obiettivo. Creativamente parlando siamo molto
mauro uliassi uliassi
strutturati, dedichiamo ben quaranta giorni allo studio e alla ricerca, passaggio fondamentale per pensare al cibo in maniera strutturata. Il nostro LAB, che coinvolge otto persone per circa dieci ore al giorno, è un ottimo momento in cui vengono formulati pensieri, parole, idee; il tutto viene poi scritto e, come per magia, nel giro di tre/ quattro giorni si creano le condizioni per dar vita a piatti che andranno a comporre il nuovo menu. I due parametri ai quali siamo vincolati nella nostra creatività sono semplicità e autenticità: penso infatti che per essere autentici sia necessario stare dentro al proprio essere, fare qualcosa che sia profondamente radicato nella tua conoscenza. Personalmente, se a un piatto marchigiano voglio aggiungere un ingrediente di origine nipponica, posso farlo, proprio perché fra me e il Giappone vi è una forte connessione, avendolo visitato varie volte e essendomi impregnato
della sua cultura. Per quel che riguarda un piatto di pesce ben riuscito non posso nominarne uno: nel momento stesso in cui noi modifichiamo il LAB dell’anno precedente, andiamo ad inserire in menu dei piatti capaci di superare quelli passati. Non c’è un piatto bandiera, c’è un’idea, un concetto che finisce in un menu composto da otto portate strutturate in modo da essere degustate in successione. Siamo un po’ presuntuosi su questo ma se non lo fossimo non ci saremmo posti all’attuale livello. Tra i piatti molto graditi dalla clientela posso citare il Rimini Fest, del LAB 2008, uno spiedino di calamaretti con zenzero, aglio e limone e un gazpacho di mango con ananas. Questo è semplicemente un piatto che ha avuto un seguito maggiore perché ha incontrato appieno il gusto delle persone. Lorenzo Braschi #9 - 2021 SEPTEMBER 35
SO WINE
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1. Vini da abbinare al pesce. E non solo bianchi
So Wine So Food The Magazine of italian taste
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Vini da abbinare al pesce. E non solo bianchi Dal classico vino bianco fermo, fino ad elegantissimi rossi, abbiamo preparato per voi alcuni accostamenti fuori dagli schemi per i piatti a base di pesce
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ianco per il pesce e rosso per la carne? Non per forza, il mondo degli abbinamenti enogastronomici è molto più complesso e si basa su molti più aspetti da tenere in considerazione, che vanno oltre questa ormai comune regola. Il compito del sommelier infatti, non si limita a consigliare un vino in base al colore, ma si tratta di una vera e propria sfida per trovare l’abbinamento ideale (anche fuori dagli schemi) per esaltare al meglio le caratteristiche del piatto e creare così un matrimonio che sia il più armonico possibile. Abbinare, per esempio, il vino rosso ad un piatto di pesce, potrebbe sembrare una scelta troppo trasgressiva, ma alcuni piatti di pesce hanno la struttura e le caratteristiche adatte per potersi permettere anche un vino con un leggero tannino. Dal classico vino bianco fermo, fino ad elegantissimi rossi, abbiamo preparato per voi alcuni accostamenti per alcuni piatti a base di pesce, così da farvi sperimentare diversi tipi di abbinamento (e uscire anche un po dagli schemi). 38 SWSF
Tartare di salmone La troviamo spesso nelle carte dei ristoranti, avvolte accompagnata da avocado, un tocco di lime, frutta esotica e altri sfiziosi ingredienti, con una tartare di salmone, leggermente grassa e saporita, possiamo abbinare un bel rosato del Sud Italia. Vino consigliato: Etna Rosato DOC Murgo Fregola con le arselle In Sardegna la conosciamo come Sa Fregula, questo squisito piatto della tradizione sarda ha tanta succulenza e aromaticità, e si sposa divinamente con un vino con una buona alcolicità come un Vermentino di Gallura Superiore dell’isola. Vino consigliato: Solianu Vermentino di Gallura DOCG Superiore Tenuta Matteu Andrea Ledda
Baccalà mantecato alla vicentina Uno dei piatti più rappresentativi della tradizione veneta, va a braccetto con i vini del territorio. Con i suoi eleganti tannini, il Tai Rosso pulisce il palato dalla tipica grassezza di questo piatto, senza sovrastarlo. Vino consigliato: Tai Rosso Colli Berici DOC Gianni Tessari Risotto ai frutti di mare Un altro classico della cucina italiana che troviamo spesso nelle carte dei ristoranti. La mantecatura del riso dona una certa grassezza al piatto e i frutti di mare tanta aromaticità, per accompagnare questo piatto noi consigliamo uno spumante metodo classico dell’Alta Langa. Vino consigliato: Oudeis Alta Langa Brut DOCG Enrico Serafino
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Cacciucco alla Livornese La richezza aromatica, succulenza e complessità di questo saporitissimo piatto richiede un vino altrettanto intenso e persistente, ma anche con una leggera tannicità, quindi possiamo abbinare a questa pietanza un Chianti Classico fresco e giovane ma anche a un elegante Pinot Nero del territorio. Vino consigliato: Pomino Pinot Nero DOC Frescobaldi
Gamberi rossi di Mazara crudi I gamberi rossi di Mazara del Vallo crudi hanno un gusto delicato ma allo stesso tempo deciso e si sposano bene con un vino fresco e raffinato, capace di accompagnarli e senza sovrastare l’aromaticità dei gamberi. Vino consigliato: Oltrepo Pavese Metodo Classico DOCG Cruasé Extra Brut Bruno Verdi Uovo con scaglie di bottarga di muggine Con la sua inconfondibile aromaticità e persistenza, la bottarga di muggine si sposa meravigliosamente con un vino altrettanto persistente e complesso del territorio dove viene prodotta questa prelibatezza, la Vernaccia di Oristano. Vino consigliato: Vernaccia di Oristano DOC Contini Tartare di tonno Il tonno è indubbiamente uno dei pesci più amati in cucina, sia cotto che crudo. Mentre nella versione cotta possiamo proporre in abbinamento un vino rosso leggero come una Schiava dell’Alto Adige o un Monica di Sardegna, nella versione cruda troviamo spesso questo pesce condito con olio evo, sale, pepe e un tocco di lime: in questo caso possiamo abbinarlo con un vino bianco con una buona morbidezza.
Ceviche di cernia Pesce crudo affogato da succo di lime, coriandolo e peperoncino: una combinazione di ingredienti che mettono a dura prova anche al più esperto sommelier. Questo piatto richiede un vino morbido e rotondo che si possa abbinare in contrapposizione con questo vivace piatto. Noi consigliamo uno Chardonnay della Valle d’Aosta.
Vino consigliato: Pecorino Biologico Tullum DOCG Feudo Antico
Vino consigliato: Chardonnay Valle d'Aosta DOC Les Cretes
Anguille arrosto L’anguilla è il pesce più grasso in assoluto
e di buona struttura, che permettono di osare con abbinamenti meno comuni, come vini rossi giovani di medio corpo, di buona freschezza e poco tannico come un Groppello della zona del Lago di Garda. Vino consigliato: Lucone Garda Classico Groppello Tenute del Garda Ostriche Spesso viene quasi spontaneo abbinare le ostriche allo Champagne, o per i più intenditori un Muscadet Sèvre et Maine dai sentori salmastri e minerali che accompagnano il gusto delle ostriche. Ma se avete voglia di provare un abbinamento più insolito, assaggiate le ostriche in abbinamento a un Marsala fatto alla vecchia maniera, con il metodo perpetuo. Vino consigliato: Vecchio Samperi Marco de Bartoli Anais Cancino - Wineteller #9 - 2021 SEPTEMBER 39
A due passi dalla Fontana di Trevi,
Charme & Chic è la residenza ideale per i vostri viaggi di affari e di piacere, in grado di garantirvi comodità e comfort in un contesto familiare ed accogliente. Indirizzo Via del Leoncino, 36 – 00186 Roma | Telefono +39 06 6873071 | Mobile +39 3311202874 Email direzione@charmechic.com | Sito Web charmechic.com
UOMO DELLE STELLE
UOMO DELLE STELLE 1. Il servizio del pesce al tavolo: ormai esperienza mistica
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UDS
Il servizio del pesce al tavolo: ormai esperienza mistica
Dove trovarlo (ancora) in Italia? 42 SWSF
C
i sono dei mestieri che si stanno perdendo, della maestria che sta scomparendo, della gestualità che forse una volta, ai grandi ristoranti
degli anni Ottanta e Novanta, era quasi scontata. Ormai le nuove generazioni non ricordano più la spettacolarizzazione di una preparazione al tavolo con il flambé o la pulizia dell’astice davanti ai commensali.
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valerio beltrami presidente di amira
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Sono gestualità che sono rimaste figlie di un passato che però tutti noi rimpiangiamo. Ce lo racconta Valerio Beltrami, Presidente di AMIRA, Associazione Maîtres Italiani Ristoranti ed Alberghi in forze dal 1955: “Si può realizzare un intero menu con il metodo del flambé, direttamente al tavolo. Il mio piatto preferito? Le code di gamberi alla Calipso con salsa di Pernod con anice”. Ma perché è cambiato tutto nel mondo della sala? “Ora costa troppo il personale, la legge italiana è molto più stringente che in passato nelle assunzioni, oltre al fatto che spesso sono i clienti stessi ad avere meno tempo da dedicare alla tavola. Basti pensare che per cuocere un pesce flambato ci vuole una preparazione iniziale e almeno altri 10- 15 minuti, a seconda della quantità e della tipologia del pescato”. Tanti piccoli accorgimenti che stanno per essere dimenticati, come il servizio del caviale con l’ausilio di un cucchiaio di osso o di madreperla, fondamentale che non si usi l’argento nei grandi ristoranti, dato che potrebbe contaminare il gusto delle migliori delizie azzurre. D’altronde lo dice anche il galateo: il pesce va servito intero e successivamente sfilettato e pulito al tavolo, sia a casa che al ristorante. Se il menu prevede sia carne che pesce, quest’ultimo va servito per primo, ovviamente, essendo in linea di massima più delicato. I pesci di grandi dimensioni vanno serviti in piatti da portata ovali, così da contenere anche la coda. E c’è un’etichetta anche per la sfilettatura: come prima cosa si inizia con il togliere la testa e la coda, spostandoli su un lato del piatto. Successivamente, se non si gradisce, si toglie la pelle aiutandosi con il coltello da pesce e si effettua un taglio al centro per aprire il pesce stesso. Per concludere, si estrae la lisca mettendola a lato, vicino alla testa e alla coda. Una volta pulito, il pesce va mangiato con le apposite posate. Ancor meglio se si usa solo la forchetta, considerando che solitamente è
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una carne molto tenera. “Un discorso a parte lo merita l’aragosta” ricorda Valerio Beltrami; “Spesso questo crostaceo tanto amato esce già dalla cucina sporzionato a medaglioni, con la carne presentata sopra o accanto al carapace. Ma quando il personale di sala è capace, è molto più scenografico tagliarla e presentarla davanti ai clienti. Quando si taglia l’astice occorre rompere con le apposite pinze o con il dorso di un grosso coltello le due chele, prima di servirle. Questa è forse l’unica operazione che consigliamo sempre di fare in cucina, dato che spesso comporta schizzi o la frantumazione di pezzetti di carapace” racconta Beltrami. Quindi con un coltello robusto e ben affilato si taglia l’aragosta a metà, incidendo prima dalla parte della testa, in mezzo agli occhi; poi l’addome, con colpi secchi e decisi. L’aragosta deve essere tenuta ferma con la mano sinistra, con sotto un tovagliolo. Si infilza quindi la carne con una forchetta e, con l’aiuto di un coltello, la si stacca. Infine si depone la carne sul piatto e si serve, comprese le antenne e la testa del carapace. Gustossima. #9 - 2021 SEPTEMBER 45
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S ET TE M B R E 2021
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