Una Fiaba dedicata all'Acqua

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In ricordo di nonno Duilio e di tutti i nonni che sono nel nostro cuore!


Promosso da Associazione culturale SpazioAmbiente

Provincia di Macerata Assessorato all’Ambiente

Con

il

patrocinio di

Con

il

contributo di

Ministero dell’Istruzione Uff. Scolastico Regione Marche

Regione Marche

Provincia di Ascoli Piceno

Medaglia d’oro al Valor Militare per attività Partigiane

Scuolabooks Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche

Michele Togni 339 4351756

Legambiente Marche

Con

la

collaborazione di La Goccia Onlus

Ringraziamenti A Maurizio Ferracuti, Martina Marcolini, Michele Togni, Erminio Copparo, Stefano Cudini e Paolo Carassai per la loro indispensabile collaborazione, grazie! Un sentito ringraziamento rivolgo a Paola Nicolini, Alessandra Fermani e Lucia Tancredi per la disponibilità e la loro professionalità. Grazie agli illustratori e artisti amici che con il loro lavoro e passione hanno permesso la realizzazione di questo libro: Alfonsina Ciculi, Simonetta Palmucci, Beatrice Salustri, Giulio Perfetti, Stefano Rosa. A tutte le insegnanti e gli alunni delle scuole primarie delle Marche che hanno aderito all’iniziativa e che ci hanno regalato le loro emozioni e le loro storie, grazie!


L’acqua fa parte del campo dei diritti

e non dei beni di consumo. E’ pertanto un bene comune, indisponibile alle logiche del mercato. Dalla presenza e dalla fruibilità dell’acqua dipendono le vite di milioni di persone in tutte le parti del mondo. L’accesso all’acqua potabile non è un bisogno, ma un diritto umano.

Carlo Migliorelli Assessore all’Ambiente Provincia di Macerata


Risparmio idrico Di tutta l’acqua disponibile usiamo solo quella necessaria (9 facili raccomandazioni per risparmiare acqua e denaro)

Usare il frangigetto-frangiflutti E’ una retina che ha lo scopo di rompere il getto dell’acqua che fuoriesce dal rubinetto miscelandolo con l’aria. Il risultato è una maggiore potenza lavante e, a parità di effetto, minore acqua consumata. Riparare le perdite Un rubinetto che gocciola o un water che perde acqua non vanno trascurati; una corretta manutenzione, ove necessario una piccola riparazione, contribuiranno a farvi risparmiare acqua potabile. Modernizzare i sistemi di scarico Oltre il 30% dei consumi idrici domestici sono imputabili allo sciacquone; è utile dotarlo di moderni sistemi di scarico che a seconda della pressione erogano diverse quantità di acqua in base all’esigenza. Preferire la doccia Ricordarsi che nel fare il bagno nella vasca si consuma più del doppio del consumo medio di una doccia. Chiudere il rubinetto Quando si lavano i denti o ci si rade, tenere aperto il rubinetto solo per il tempo necessario. Razionalizzare gli sprechi Per lavare i piatti non è indispensabile usare l’acqua corrente; conviene raccoglierne la giusta quantità nel lavello e risparmiare così i litri superflui. Lavare le verdure in ammollo E’ una cattiva abitudine lasciare la frutta sotto l’acqua corrente: per lavarla basta tenerla a bagno con un pizzico di bicarbonato. Lavare a pieno carico Utilizzare al meglio la lavatrice e la lavastoviglie significa metterle in funzione solo quando sono a pieno carico. Infatti questi elettrodomestici consumano, per il lavaggio o per il risciacquo, la stessa quantità d’acqua sia a metà che a pieno carico. Così, oltre all’acqua, si risparmia anche energia elettrica. Innaffiare con acqua usata Per annaffiare l’orto, i fiori e le piante del giardino si può adoperare l’acqua già utilizzata per altri scopi, ad esempio per lavare le verdure o altro. In situazioni di emergenza idrica è bene evitare ogni uso superfluo. APM S.p.A. - tel. info: 0733 29351- info@apmgroup.it - www.apmgroup.it


“L’acqua è probabilmente l’unica risorsa che interessa tutti gli aspetti della civiltà umana, dallo sviluppo agricolo e industriale ai valori culturali e religiosi radicati nella società.” Koichiro Matsuura, direttore generale dell’Unesco

Acqua per la Vita e per la Pace

L’assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2005-2015 decennio In-

ternazionale dell’Acqua “Water for Life”, il cui scopo è quello di ridurre alla metà la percentuale di popolazione che non ha accesso all’acqua potabile e frenare lo sfruttamento della risorsa. Quest’anno le Nazioni Unite hanno proposto il tema delle acque condivise per la Giornata Mondiale dell’Acqua; lo slogan è: “Acque Condivise - Opportunità Condivise”. I fiumi, i laghi, e le acque sotterranee scorrono sotto i nostri piedi ed escono liberamente dal confine di una Regione e/o di uno Stato per entrare in un altro e questo evoca, anche visivamente, un percorso di unione fra i popoli. L’acqua è un bene comune, è di tutti e tale deve rimanere! L’associazione culturale SpazioAmbiente propone da tempo alle scuole primarie marchigiane una riflessione sugli elementi della natura e dell’ambiente e quest’anno ha scelto l’Acqua. Beh, in tutte le fiabe, storie e poesie che leggerete in questo libro, troverete proprio questa idea dell’acqua come un bene comune che va difeso, protetto, curato, e soprattutto amato perché rappresenta anche l’unione a la pace tra i popoli. Questo libro, come negli anni scorsi, è venduto (ad offerta) per raccogliere fondi da destinare ad un progetto di solidarietà. La nostra azione/proposta è una piccola goccia in un mare di solidarietà e proprio questa ulteriore immagine ci ha fatto pensare all’Associazione “La Goccia” che a Macerata si preoccupa dei bambini e delle bambine che per tante ragioni non possono stare con le loro famiglie d’origine. Grazie a tutti i giovanissimi autori che con i loro scritti ci ricordano che siamo noi adulti i protagonisti responsabili del loro futuro.

Robertino Perfetti Presidente SpazioAmbiente Ideatore del progetto “C’era una Foglia”


Una goccia d’acqua Bisogna pronunciarla a voce alta la parola goccia, e molte volte di seguito. Goccia, goccia, goccia, goccia. Prova: ripetila ad alta voce. Solo così senti il suono dell’acqua che scorre, che trascina, che pulisce, che disseta. La gocce sono così piccole, quasi insignificanti. Eppure senza di loro non ci sarebbe l’acqua indispensabile. Goccia è una bella parola, il nome giusto per dire una cosa piccola ma necessaria. Come La Goccia, l’associazione che a Macerata si preoccupa dei bambini e delle bambine che per ragioni più grandi di loro non possono stare con le loro famiglie d’origine. A La Goccia possono affidarsi a famiglie generose che semplicemente hanno aperto le porte di casa e del cuore. Insieme cercano, goccia a goccia, di costruire un tempo di serenità convinti che tutti i bambini e le bambine hanno diritto ad una famiglia, ad una casa accogliente, al tempo della scuola e al tempo dei giochi. L’associazione La Goccia è una rete di famiglie, due comunità familiari, operatrici sociali, psicologi, pedagogisti: tante persone che si prendono cura dei bambini e delle bambine in affido. Tante gocce. Così come tante gocce sono le storie dei bambini che si affidano a chi dà loro un sorriso gentile, una mano calda, un abbraccio accogliente. Storie difficili, di abbandono, di paure, di solitudine. Serve una pioggia di gocce per pulire e dissetare il terreno dove far crescere un giardino rigoglioso. Servono anche un mare di gocce per imparare a nuotare sicuri nel grande oceano della vita.

La Goccia Onlus: Via Cosimo Morelli n. 53 62100 Macerata tel. e fax 0733 368383 www.lagocciaonlus.it


SpazioAmbiente



Scuole Primarie

Provincia di Pesaro Urbino

Illustrazione di Maurizio Ferracuti


Il Paese di “Senzacqua” Una volta, tanto tempo fa, una strega cattiva, chiamata Lucilla, fece un incantesimo che solo il mago Tommaso poteva distruggere. Spostò tutte le nuvole che si trovavano sopra il paese chiamato Senzacqua verso Verdelandia e fece in modo che non vi tornassero mai più. Verdelandia diventò un bel paese pieno di giardini, di orti e di prati dove pascolavano tanti animali. Gli abitanti di Verdelandia vivevano felici e avevano tutto ciò che desideravano. Ogni giorno andavano a pescare perché con tutta quella pioggia i fiumi erano pieni di pesci. A Senzacqua invece la vita era molto difficile: non pioveva mai, non crescevano piante e gli animali erano magri. I bambini invece di giocare e di andare a scuola tutte le mattine dovevano camminare a lungo per prendere l’acqua da un pozzo lontanissimo da casa loro. Avevano poco da mangiare e da bere. Tutti, grandi e piccini, stavano attenti a non sprecare l’acqua, la raccoglievano nei secchi perché ogni goccia era importante per loro. Senzacqua era un paese brutto, triste e malconcio, c’era solo tanta sabbia. Un giorno il mago Tommaso arrivò a Senzacqua. Subito si accorse che in quel paese mancava l’acqua allora tirò fuori la sua sfera di cristallo per cercare di capire cosa fosse successo. Nella sfera vide la strega Lucilla che con la sua bacchetta magica faceva sparire tutte le nuvole e le mandava verso Verdelandia. Lui che era buono decise di aiutare la gente di quel villaggio. Si mise in cammino e dopo cinque giorni trovò Lucilla: viveva in una brutta casa costruita sulla cima di una montagna. Il mago Tommaso fece finta di essere un viaggiatore stanco e affamato e le chiese del cibo e un letto per riposare. Mentre la strega dormiva il mago le prese la bacchetta magica e la trasformò in un pesce, poi la portò nel torrente vicino. Un grosso pesce vide il pesce strega e se lo mangiò. Con la bacchetta della strega Lucilla il mago pronunciò le parole: - Abracadabra! Voglio che le nuvole tornino là! - All’improvviso le nuvole di Verdelandia si divisero in due e alcune si spostarono verso Senzacqua. Finalmente sul paese cominciò a piovere. Da quel giorno nel paese di Senzacqua la vita ritornò normale e suoi abitanti vissero sempre felici e contenti. Cambiarono il nome al paese e lo chiamarono Tantacqua. Autore: Classe II B Scuola Primaria “Giovanni Paolo II” - Montecchio (PS)

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L’ Acqua In mezzo ai ghiacciai l’acqua scroscia, in mezzo al letto dei fiumi. L’acqua che schizza, l’acqua che ride, l’acqua che passeggia per i campi, l’acqua che scivola veloce nei ruscelli, mentre piangono i piccoli bambini indifesi. L’acqua scorre come il cammino della vita, l’acqua è un diamante prezioso tesoro della natura, un bene infinito. L’acqua è il mattino, l’acqua è il destino che sorride, l’acqua per tanti è una speranza, un desiderio, un sogno, l’acqua silenziosamente scivola, spumeggia nei mari rinfresca, disseta fa crescere piante. L’acqua nutre la terra così l’uomo vive.

Autore: Classe V Istituto Maestre Pie Venerini - Fano (PS)

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Scuole Primarie

Provincia di Ancona

Illustrazione di Giulio Perfetti


Una fiaba dedicata all’acqua C’era una volta un monte di nome Lucci: si chiamava così perché quando scendeva l’acqua, brillava. Un giorno in un paese vicino, di nome Ciccolandia, abitato da omini di cioccolato, l’acqua di Lucci non scendeva più. Era successo qualcosa di strano. Allora gli omini di cioccolata andarono a vedere per capire che cosa fosse successo. Volevano sapere perché l’acqua non raggiungesse più i loro campi e le loro case e come mai tutto avesse perduto vigore, energia, vita. Andarono e scoprirono un’amara verità. Trovarono la sorgente, da dove scendeva l’acqua, ostruita. Era stato Pan di Zenzero, un omino fatto di pane e zenzero, dall’animo un po’ cattivo. Gli omini di cioccolato, molto arrabbiati, andarono a casa di Pan Zenzero e trovarono un biglietto con scritto. “Voglio la guerra!” Così fu. Combatterono tanto, ma alla fine vinsero, come sempre, i buoni e l’acqua tornò nel paese di Ciccolandia e tutti gli abitanti furono molto contenti e pieni di gioia. Fecero festa per il ritorno dell’acqua con danze e giochi. Fu un giorno bellissimo. Con il passare del tempo gli omini di cioccolato scoprirono una verità molto grande e bella: quell’acqua era speciale, aveva un tocco magico straordinario. Tutti coloro che la bevevano diventavano buoni e pacifici e tutte le cose brutte che l’acqua toccava diventavano belle e splendenti. Diffondeva in tutto il paese un senso di benessere molto piacevole. C’era una fatina buona che le conservava questo potere unico e benefico. Di tanto in tanto sfiorava le sue acque con la sua bacchetta magica ed esse continuavano a donare tanta gioia di vivere. Tutti guardavano con ammirazione questo paesino e avrebbero voluto che quell’acqua magica raggiungesse ogni angolo della terra, in modo che non ci fossero più guerre, né litigi e tanto meno incomprensioni e parole cattive. Tutti dovevano essere buoni e rispettosi. Quel soffio di vita nuova non doveva mai finire e doveva poterne godere tutti, piccoli e grandi.

Autore: Classe III Istituto Maestre Pie Venerini - Ancona

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L’acqua che sciacqua L’acqua è la licenza dell’uomo che è un pozzo di scienza, dona intelligenza, spazza via la negligenza. Porta via la sofferenza trascurando la violenza. Nella trasparenza della presenza c’è l’acqua in partenza, l’acqua sconvolge e ognuno travolge. L’ acqua è la felicità di ogni creatura in attività e spinge alla fraternità. L’ acqua è vanità e per tutti carità. Essa è piena di umiltà. Viva viva la spiritualità.

Autore: Classe IV A Istituto Maestre Pie Venerini - Ancona

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Invece del nero pece acqua pulita fece… Nella radura ai piedi di un’altura un limpido ruscello cullava il castello. Dietro la roccia scavata una margherita era sbocciata e dalla pioggia innaffiata cresceva colorata. Un giorno una strana goccia colpì la sua capoccia e lei frastornata le chiese agitata: “Da dove sei uscita?”. La goccia rispose stordita: “Da un barile di petrolio, unta come l’olio, lì era tutto nero, come le piume di Calimero”. Detto questo si allontanò e il ruscello trovò: macchiando, sporcando, il nero andò dilagando e quel luogo fatato era adesso stregato. Dal castello la regina impallidita osservò la scena inorridita; chiamò quindi il mago Acquarello per salvare il povero ruscello.

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Malati erano i pesci, un tempo sempre sani: tutto un mondo sommerso senza più domani. Di acqua da bere, fonte di vita, più neanche un bicchiere, perché era svanita. Il mago molto abbattuto al fiume corse in aiuto, agitando la sua bacchetta e pronunciando la formuletta: “Esplodete fabbriche! Bruciate ciminiere! Verdi praterie Al posto delle petroliere! Acqua di sorgente, sempre limpida e pura! E che tutta la gente rispetti la natura!” A quel punto la magia quello sporco portò via, e fu così che dal nero pece acqua pulita fece.

Autore: Classe V A Istituto Maestre Pie Venerini - Ancona

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Le cinque goccioline La gocciolina Rubina viveva in un rubinetto del bagno di una casa di città. La gocciolina Marina viveva nel mare. La gocciolina Nerina viveva in una fogna di città. Una sera il bambino che abitava nella casa di città, iniziò a lavarsi i denti tenendo aperto il getto del rubinetto, perché sprecava sempre molta acqua. Rubina fu trascinata via in un lampo. Il giorno dopo il bambino tornò dal mare con un secchiello pieno di conchiglie. In una di esse c’era la gocciolina Marina. Il bambino svuotò il secchiello nella vasca da bagno e Marina fu trascinata via in un lampo. Rubina e Marina finirono nella fogna della città, dove incontrarono la gocciolina Nerina. -Ciao amiche! - disse Nerina – Vedete come ci riducono gli uomini? Guardate quante sono le sorelle malate! Schiumina proviene da una lavatrice, Pesticina da un orto e io dal WC di una villetta. Rubina, Marina, Nerina, Schiumina e Pesticina escogitarono un piano per uscire da quel posto sporco e puzzolente: si arrampicarono una sull’altra, per arrivare all’uscita della fogna. Un raggio di sole le colpì ed esse diventarono leggere, leggere e salirono in cielo, fino alle nuvole. Di lassù videro una bambina triste perché nel suo paese non pioveva mai; erano tristi anche il suo cane e i suoi amici: la giraffa, la zebra e l’ippopotamo. Rubina, Marina, Nerina, Schiumina, Pesticina e le altre goccioline delle nuvole si presero per mano, diventarono pesanti e atterrarono. La bambina e i suoi amici erano finalmente felici. Le goccioline guardarono il sole e salirono di nuovo nel cielo, fino alle nuvole. Era bello volare e atterrare di nuovo. Rubina tornò nel rubinetto, stando attenta a non fare passeggiate quando il bambino si lavava i denti. Marina tornò nel mare dove l’aspettava il suo amico pesce. Nerina tornò nella fogna, insieme a Schiumina e Pesticina, per portare le altre goccioline al depuratore. Dopo la cura avrebbero potuto anche loro imparare a volare.

Autore: Classe III B Scuola Primaria “Alessandro Maggini”- Ancona

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Molecole ribelli C’era una volta un bambino che aveva molta fame, perciò chiese alla mamma di cucinargli un piatto di pasta. La mamma prese un pentolone, lo riempì d’acqua e lo mise sul fuoco. Le molecole dell’acqua si sentirono piene d’energia e cominciarono a litigare perché tutte volevano salire in superficie ad occupare i primi posti. Fecero lotta e si dettero gli spintoni; quelle più prepotenti uscirono dalla pentola e, siccome la finestra della cucina era aperta, volarono via. Le molecole più deboli andarono a sbattere contro il coperchio e piansero per il dolore. Quando la mamma corse a buttar giù la pasta, l’acqua era sparita. Il bambino rimase con la fame e andò a letto dispiaciuto. Nel frattempo, in una nuvoletta lontana, le molecole se la spassavano, tenendosi per mano.

Autore: Classe III A Scuola Primaria “Alessandro Maggini”- Ancona

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La principessa e l’oro blu C’era una volta nel regno del Nord una principessa di nome Aurora che, fin da piccola, aveva sempre avuto tutto. Nel regno del Nord non c’erano né fiumi né laghi e gli abitanti erano costretti ad attingere l’acqua da un solo pozzo. Purtroppo, la maggior parte dell’acqua veniva data ad Aurora che la sprecava per alimentare il suo parco acquatico personale. Un anno ci fu una gran siccità, il raccolto diminuì e non fu neanche possibile utilizzare l’acqua del pozzo per irrigare i campi perché non era sufficiente. Gli abitanti soffrirono la fame e così, stanchi della situazione, decisero di parlare con il re per risolvere il problema. Tutto fu inutile! La principessa, nonostante le sofferenze del suo popolo, non smise di sprecare l’acqua, anzi peggiorò. Gli abitanti furono costretti, così, a chiedere l’aiuto dello stregone Treglarid. L’acqua era troppo importante per la sopravvivenza del villaggio: si doveva correre ai ripari! Treglarid fece un incantesimo alla principessa che, subito, si ritrovò nel deserto del villaggio del Sud, lontanissima dalla sua casa. Qui sentì una voce: era quella dello stregone che le diceva:- Per ritornare nel tuo regno dovrai trovare il preziosissimo oro blu!Nel deserto sarebbe vissuta, sicuramente, un solo giorno se il villaggio del regno del Sud non l’avesse accolta. Anche nel villaggio del regno del Sud Aurora sprecava l’acqua: non aveva ancora compreso il motivo del suo allontanamento dal regno del Nord, non capiva che nel deserto l’acqua rappresentava ancora di più la vita e continuava a sprecarla, nonostante gli abitanti la rimproverassero. Aurora voleva ritornare nel suo regno. Si ricordò, allora, che lo stregone le aveva detto che, qualora avesse capito il motivo del suo allontanamento, avrebbe dovuto cercare una caverna piena di diamanti preziosi infesta-

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ta, però,dagli spiriti. La caverna era molto distante dal villaggio e Aurora avrebbe avuto sicuramente bisogno di bere nel deserto: prese, cosi, con sé una borraccia piena d’acqua. Giunse, finalmente, nei pressi della caverna: rimase stupita dalla sua maestosità. Decise di entrare: udì delle strane voci, vide delle ombre e, impaurita, si mise a correre più veloce che poté. All’improvviso si trovò davanti un folletto che, pronunciando una formula magica, fece scomparire gli spiriti. Il folletto le regalò il diamante blu più raro e più bello del mondo e le disse che era ormai pronta a tornare nel suo regno. Il folletto aspettava Aurora, era stato, infatti, inviato lì dallo stregone durante l’incantesimo. Soddisfatta, Aurora ritornò al villaggio del regno del Sud, urlò il nome dello stregone e, immediatamente, si trovò nel suo regno con il diamante blu in una mano e la borraccia dell’acqua nell’altra. La principessa stava per dare il preziosissimo diamante blu allo stregone, ma quando si ricordò che il villaggio l’aveva sgridata per avere sprecato l’acqua capì, finalmente, che il vero oro blu era l’acqua della borraccia che le aveva salvato la vita nel deserto. Anche il diamante rappresentava l’acqua, l’oro blu, e il folletto glielo aveva regalato proprio perché capisse che l’acqua è un bene prezioso che non va sprecato. Da quel giorno nel regno del Nord non ci furono più carestie e la vegetazione crebbe sempre rigogliosa.

Autore: Classe II B Scuola secondaria di primo grado “G. Pascoli”- Pianello Vallesina (AN)

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La principessa Gocciolina e il principe Fuoco Tanto tempo fa una gocciolina viveva con la sua mamma goccia: con lei, in primavera, si divertiva a bagnare le gemme, i fiori e i prati; in estate volava dal mare al cielo; in autunno discendeva lungo il grande fiume e d’inverno si trasformava in fiocchi di neve… La loro vita felice era disturbata dal terribile mago Sprecus. Sprecus era una creatura malefica che voleva portare l’umanità alla sete totale; abitava in un crepaccio,si nutriva di cose secche ed indossava vecchie pelli di animali uccisi. Per fermare il girotondo tra le due gocce e il cielo, Sprecus le aveva tentate proprio tutte: aveva rotto i tubi delle città, distrutto gli acquedotti, avvelenato le acque sotterranee, ma ancora non era riuscito a separare le due gocce, finché un giorno, presentandosi sotto forma di calore, invitò mamma goccia a ballare con lui ed al suo sì, aprì quella terribile bocca asciutta e se la mangiò! La gocciolina figlia, rimasta sola, decise di scendere sulla terraferma sotto le vesti di una principessa. Giunta a destinazione incontrò un principe bellissimo, anche lui vittima del mago Sprecus che per impedirgli di mandare la luce e il calore sulla Terra, lo aveva trasformato in umano. Tra loro tutto sembrava andare bene ma, al primo bacio, l’incantesimo che li avvolgeva svanì: lui tornò ad essere una palla di fuoco e lei una gocciolina. Il vento li trasportò in Antartide, lì furono rinchiusi in due gabbie di ghiaccio. Il fuoco era quello che stava peggio: - Aiuto,aiuto! Qualcuno mi aiuti! Sono sempre più debole… mi sto spegnendo !!! - Come posso fare, questo freddo mi sta immobilizzando! - si lamentava la

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gocciolina. Il fuoco però, ripensando alle parole della gocciolina, provò a liquefare il ghiaccio: - Ahhh potere del fuoco! Dissolvi le gabbie ! La sua disperazione era così forte che in pochi secondi le due gabbie si sciolsero in una pozzanghera. La pozzanghera riconobbe la gocciolina e dopo aver ascoltato le sue tristi ultime avventure, decise di donarle un liquido magico: - Gettalo su Sprecus e lo fermerai per sempre, attenta però: fai tutto velocemente perché il liquido potrebbe evaporare ! Dopo quel dono, Palla di fuoco e la gocciolina continuarono a far del bene agli uomini,ma restava sempre Sprecus in agguato ! L’occasione venne un giorno in cui gli umani stavano rischiando una guerra per appropriarsi dell’acqua. - La situazione è grave,dobbiamo fare qualcosa! - Ho in mente un tranello! Palla di fuoco finse di allearsi con Sprecus, lo fece uscire dalla caverna convincendolo che una forte abbronzatura l’avrebbe reso immortale e proprio mentre se ne stava immobile sotto il sole, la gocciolina gli versò addosso il liquido magico: la terra era salva !!! Senza sprechi l’acqua bastava a tutti gli uomini che pertanto decisero di sospendere ogni guerra e di trovare insieme il modo giusto per usarla bene e per non sprecarla. Oggi, tu che hai appena finito di leggere, ricordati questa fiaba ogni volta in cui usi l’acqua!

Autore: Classe IV B Scuola Primaria “Giuseppe Mazzini”- Castelfidardo (AN)

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Le avventure di Torrentina, la goccia cristallina C’era una volta una goccia chiamata Torrentina che abitava all’interno di una nuvola, insieme alla sua famiglia composta da tante sorelle. Viaggiavano per il cielo, spinte dal vento in lungo e in largo, si divertiva tanto a volare e a guardare dall’alto i paesi, le campagne, i fiumi, i laghi....Un giorno si ammalò, la sua temperatura aumentò, si sentì particolarmente debole e non riuscì più a rimanere attaccata alla nuvola: cadde nel vuoto insieme alle sue numerose sorelle. Caduta dal cielo, penetrò attraverso una fessura in una roccia del monte Cucco. Scivolò pian piano sempre più giù nell’oscurità più intensa: buio, buio, solo buio; umidità e odore di fresco, pareti levigate e usurate dall’acqua e dal tempo. Torrentina, presa dal panico, piangendo chiamò le sue sorelle: “Sorgentina! Cascatina! Bollicina! Dove siete? Dove siamo finite?! Cos’è questo rumore?” “Sono qui, accanto a te; dammi la mano e scivoliamo insieme” rispose Bollicina. Si presero per mano e raggiunsero un riflesso di luce che penetrava da un forellino. ...EVVIVA!! Abbiamo trovato una via d’uscita, siamo salve! Tutte le sorelle si ritrovarono vicine e si abbracciarono uscendo dalla grotta. Si coprirono gli occhi dalla luce accecante del sole. Lì, fra i colori stupendi dei fiori e di Arcobaleno, immerse nel profumo delicato della natura, circondata da milioni di altre gocce, iniziarono a chiacchierare e a canticchiare felici, saltellando da un sasso all’altro lungo il ruscello. Ma all’improvviso si presentò il vuoto: “AAAAH!” gridarono le sorelle all’unisono. Non fecero in tempo ad aggiungere altro che si ritrovarono nel precipizio tra scrosci, schizzi spumeggianti, un rumore assordante! Girarono vorticosamente cadendo in una grande pozza di acqua limpida. Timidamente Torrentina si presentò: “Ciao, mi chiamo Torrentina e queste sono le mie sorelle”.... così la goccia raccontò la sua avventura.

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Guizza, dopo essersi a sua volta presentata, chiese a Torrentina: “Lo sai che il tuo viaggio finirà nel mare? Quanto sarei felice di venire con te! Vuoi che ti accompagni?” “Il mare?! Cos’è? Tu che ne sai?” domandò curiosa la gocciolina. “La mia amica Anguilla mi ha parlato del mare: una distesa di acqua salata che racchiude un grande tesoro! Un mondo misterioso...” Insieme le due amiche percorsero una lunga via ripida e tortuosa, piena di sassi sempre più levigati, salti piccoli e grandi, finché raggiunsero la pianura. Finalmente un po’ di pace! Le acque calme del fiume le cullavano dolcemente, facendole dondolare nel loro letto grandissimo, sorvegliate dalle sentinelle ( i pioppi) e dai salici, rallegrate dal canto degli uccelli e dal volo delle farfalle variopinte. “Attenta!” Gridò Torrentina a Guizza “Un uncino con un verme! Non abboccare!” Così Torrentina salvò la vita alla sua amica che stava per finire attaccata all’ amo di un pescatore! Ma, mentre attraversavano la città, strette tra i muri grigi, videro le compagne che cambiavano colore: non erano più limpide e trasparenti, ma scure e giallognole. Anche Torrentina diventò grigiastra e puzzava anche un po’. Guizza iniziò ad avere forti dolori al ventre e a respirare a fatica. Non riusciva più a nuotare e si lasciò trasportare dalla corrente. Arrivarono al mare. Torrentina vide Guizza in superficie, a pancia all’aria: La chiamò ripetutamente, ma lei non rispose: la povera trota non riuscì mai a vedere il mare!!

Autore: Classi V A - V H Scuola primaria “A. Anselmi”- Arcevia (AN)

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Scuole Primarie

Provincia di Macerata

Illustrazione di Simonetta Palmucci


La felicita’ di Mohamed In un villaggio molto povero del deserto del Sahara un ragazzo di nome Mohamed aveva vissuto tutti i suoi dodici anni in una capanna con la sua famiglia e i suoi dodici fratelli. Lui era altissimo e magro, tanto magro che sembrava proprio uno scheletro rivestito di pelle ma la cosa più importante era che era buono e generoso, tanto generoso che tutti, nel villaggio, tessevano le sue lodi. Questo a Mohamed non faceva molto piacere, perché, oltre a tutte le altre virtù, aveva anche quella della modestia, perciò cercava di beneficiare il prossimo di nascosto, ma la cosa veniva a risapersi lo stesso. Lui era il settimo in famiglia e, da quando era nato, la sua vita era stata sempre oppressa da un unico problema: la mancanza d’acqua. La siccità che era il “flagello di Dio” su tutto il paese, non c’era più acqua nei fiumi e le cose morivano di sete, prima gli alberi e le piante, e poi il bestiame, le pecore, i cavalli, i cammelli, gli uccelli, e alla fine gli uomini, che morivano di sete nei campi, sul ciglio delle strade….. Il suo villaggio ne soffriva molto e lui non sopportava più vedere queste cose, perché era un bambino sensibile. La mancanza d’acqua provocava malattie, disidratazione e Mohamed volendo fare qualcosa per il suo villaggio e una notte decise di partire per andare a cercare la fonte della loro salvezza. Quella sera il buio raggiunse veloce le profondità del cielo, e tutto l’azzurro così intenso del giorno che poco a poco divenne color della notte. L’aria era liscia e pura, l’orizzonte una linea senza fine. Mohamed guardava più lontano che poteva come se fosse diventato un gabbiano, e stesse volando dritto in avanti al di sopra di quel mare che non aveva mai visto ma di cui aveva sempre sentito parlare. Il ragazzo era triste e dispiaciuto, uscì di casa silenziosamente e si fermò ad osservare quello che aveva intorno, era impaurito e gli salì un nodo in gola, stavano per uscirgli le lacrime ma lui le rimandò indietro perché era un ragazzo coraggioso. La sua famiglia, i fratelli, il suo villaggio avevano bisogno di quell’acqua e lui era l’unico che poteva aiutarli. Sapeva che il suo viaggio sarebbe stato rischioso e pericoloso ma

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lo volle affrontare lo stesso. Partì solo con pochi datteri, qualche banana e una noce di cocco. Mentre camminava ricordava i suoi amici morti di stenti, sofferenti, sentiva i pianti disperati dei bambini che volevano acqua e questi pensieri erano le sue uniche forze. Ogni tanto mangiava qualcosa ma il cibo non era poi molto. All’improvviso in lontananza gli sembrò di vedere un’oasi ma, quando provò a bere ingoiò solo sabbia e la sua sete crebbe ancora di più. Una mattina si alzò un forte vento creando così una tempesta di sabbia. Mohamed perse l’orientamento e si impaurì, così, dopo aver bevuto il succo dell’ultima noce di cocco, svenne. Sognò, un sogno meraviglioso. Sognò che il suo villaggio aveva trovato finalmente l’acqua per sopravvivere. Infatti lo sciamano Alì, usando un bastoncino di legno, era riuscito ad individuare una vena d’acqua nel terreno appena fuori dal villaggio. Aveva subito chiamato a raccolta tutti gli uomini più giovani e forti per poter scavare. L’acqua zampillava dal terreno in abbondanza, il villaggio era salvo, i suoi abitanti non sarebbero più morti di sete. Mohamed era ancora svenuto e, mentre faceva questo sogno, fu punto da uno scorpione velenosissimo. Non sopravisse alla puntura e morì senza accorgersene, serenamente perché sapeva che il villaggio, i suoi amici e i suoi parenti non avrebbero più sofferto la sete.

Autore: Classe I V Scuola primaria “G. Mamelii”- Macerata

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La fonte della giovinezza Tanto tempo fa, in una foresta incantata, tra alberi secolari e una vegetazione lussureggiante, si ergeva un maestoso e antico castello. Questo aveva torri merlate, era dotato di in ponte levatoio, era circondato da un fossato, a difesa dei nemici ed era ed era stato fatto costruire da un Principe molto ricco. Nell’abitazione vivevano il nobile di nome Wolfang, uomo coraggioso, forte, generoso, sempre pronto a dare il suo aiuto agli abitanti del regno, la moglie, i due figli e numerosa servitù. Un brutto giorno però, mentre il Principe era a caccia con le sue guardie, s’imbattè in una scura caverna semicoperta da una fitta vegetazione dove viveva un terribile drago che si sapeva facesse dei malefici ogni volta che temeva di essere ucciso. Il Principe, ignaro, cercò di avvicinarsi all’antro, l’orribile drago improvvisamente uscì e ingaggiò con l’uomo un combattimento all’ultimo sangue. Neanche le guardie riuscirono ad aiutare il loro padrone nella furibonda lotta. Una fiamma malefica fuoriuscì dalla bocca del drago e sfiorò il Principe che atterrito e consapevole di essere stato colpito da un maleficio, scappò verso il castello. Stremato per il combattimento e impaurito per ciò che pensava gli sarebbe accaduto, il nobile, dopo aver raccontato il brutto episodio alla moglie, andò a dormire. La notte fu terribile, non riuscì a prender sonno e il mattino seguente, specchiandosi, si accorse con stupore che la sua chioma e la folta barba erano diventate completamente canute. Di ora in ora si sentiva mancare le forze, le gambe lo reggevano a fatica, parlava lentamente e ricordava con difficoltà i nomi dei suoi figli: stava invecchiando a vista d’occhio! In un mattino soleggiato, il principe Wolfang uscì dal castello per fare una passeggiata nella foresta e, mentre camminava piano piano, incontrò un elfo che capì subito ciò che era accaduto al nobile. La magica creatura della foresta si offrì di spezzare il maleficio, in cambio di ospitalità nel castello; il principe accettò di buon grado la proposta e l’elfo lo condusse ad una fonte dalla quale sgorgava un’acqua che aveva il potere di ringiovanire chiunque la bevesse. Wolfang bevve un sorso della bevanda, si sentì all’istante più vigoroso e capì che stava ritornando più giovane. Ringraziò la provvida creatura, la portò con sé al castello dove vissero felici e contenti. Autore: Classe V Scuola primaria “G. Mamelii”- Macerata

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Acquamica Gli animali ti vogliono bene Con le piante devi stare insieme I fiori devi nutrire Per non farli mai appassire.

Quando a scuola sono andato Alla maestra ho domandato. Lei ha iniziato a disegnare Sulla lavagna le onde del mare.

Tu sei sempre buona da bere Non puoi mancare nel mio bicchiere; tutti i bambini vai a trovare per poterli dissetare.

Mi ricordo di averla assaggiata Quella “cosa” così salata! La maestra “acqua” l’ha chiamata, ma non era quella da me provata!!!

Ci piace tanto poterti usare Ed ogni cosa con te lavare, le mani, il viso, i nostri piedini ma soprattutto i nostri giochini

Poi mi ha detto con affetto Che dell’acqua dobbiamo aver rispetto. L’acqua serve agli animali Anche quelli un po’ speciali.

tu la vita al mondo dai, altrimenti siamo nei guai: so che non ti posso sprecare e che devo saperti usare.

Serve ai fiori della mamma Che, vi giuro, ne ha una gamma! Serve agli alberi del mondo Affinché possiam farci un girotondo.

Sei azzurra e trasparente E scendi fresca dalla sorgente; nel letto del fiume corri veloce è sempre bella la tua voce.

Serve a tutte le creature Quelle chiare e quelle scure; specialmente a chi non ne ha serve acqua a volontà!

Arrivi lieta nel blu del mare E in mezzo a te posso nuotare: tra tuffi, nuotate e capriole

Serve a me ogni mattino Per lavare il mio visino. Serve ai grandi e ai piccini Anche per fare tanti giochini

Acquamica Ho bevuto stamattina Da una bottiglia piccolina Una cosa trasparente Che non sapeva proprio di niente.

Autore: Classi I A - I B Scuola primaria “E. Medi”- Macerata

L’acqua è un bene delizioso Va tenuta in modo prezioso. Non si deve mai sprecare E bisogna saperla usare. Va trattata con amore Per averla a tutte l’ore. Ora so che l’acqua è mia amica E lo sarà per tutta la vita!

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Il caso del virus solare

o gli “agghiaccianti” pericoli dell’inquinamento dell’acqua Tanto tempo fa, nel nostro sistema solare non c’era solo un sole, ma ce n’erano tanti. Nella loro base incandescente, infatti, i soli aspettavano il loro turno per andare ad illuminare i pianeti. Uno dopo l’altro, ogni tre mesi, si davano il cambio e mentre uno si metteva al lavoro al centro del sistema planetario, l’altro andava a riposare. C’è un’altra cosa da precisare: i soli erano tutti uguali, ma avevano nomi e potenza diversi. Solformica era il meno potente, Solcane il più “abbagliante”, Solmucca era abbastanza robusto e forte, Solleone il re e il più cocente… I soli determinavano il cambio delle stagioni: d’inverno c’era il Solformica, in primavera entrava il Solmucca, in estate lavorava il Solleone ed in autunno si presentava Solcane. Finito l’anno, entravano altri quattro soli con nomi diversi. Tornando alla storia, i nostri soli avevano un gran problema, riguardante proprio la Terra. Le acque del pianeta azzurro, infatti, erano sporche e putride, così quando i soli le facevano evaporare attiravano anche la sporcizia che, stranamente, si attaccava al loro materiale incandescente senza sciogliersi prima. Questo sudiciume, frutto degli scarichi di tutte le fogne, le industrie e le auto del mondo, era infettivo e causava un virus letale per i soli e negli anni sopravvissero solo quattro soli, sufficienti a cambiare le stagioni. Allora, squillò l’allarme: la morte dei soli era un problema anche per l’umanità; se non fosse rimasto nessun sole ad illuminare la terra, la vita si sarebbe spenta e le acque si sarebbero ghiacciate con tutta la loro sporcizia e, ammesso che la vita potesse continuare anche senza il sole, grazie a tutte le tecnologie moderne, vivere senza acqua per l’uomo sarebbe stato impossibile e in ogni caso bruttissimo. Ve la immaginate una vita senza bicchieri d’acqua fresca, senza bagni al mare, senza pioggia, senza neve? E poi anche l’acqua aveva una sua opinione. Infatti, dovete sapere, che l’acqua aveva una grande autostima e si vantava sempre della sua lunga età e del suo valore, per questo

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quando seppe che si sarebbe ghiacciata disse: “Questi miseri marmocchi, che vivono al massimo un secolo e non servono a niente oserebbero causare una paralisi eterna a me che sono millenaria?” Quindi l’acqua implorò ai soli di intervenire dall’alto dei loro cieli. Di conseguenza, i quattro soli rimasti, compreso il potente Solleone, si misero a riflettere. Solvolpe fece un’ipotesi: “Amici, e se il Solleone fosse così potente che quel virus non fosse letale per lui? Potrebbe scendere sulla terra e aspirare tutta l’acqua per far capire agli uomini che l’acqua è una risorsa che va tenuta cara. Io suggerirei di chiamare la stella dottoressa e di farle svolgere delle analisi approfondite sul fatto.” Così fecero. La stella intervenne e, dopo poche ore, si seppe che al Solleone il virus avrebbe causato solo un po’ di febbre. A questo punto Solleone era pronto per andare sulla terra, però gli si presentò alla mente un altro problema: “Non posso andare” disse “ non sono sicuro di avere la forza per aspirare tutta l’acqua del mondo.” In quel momento, una luce immensa accecò l’eroe. Era la leggenda, il Soleterno. Egli parlò: “Io sono troppo vecchio per questa missione disperata, ma ti darò la mia energia cosicché sarai fortissimo; ma quando avrai finito, portami il vapore acqueo, saprò io quando restituirlo ai terrestri!” Solleone, ora più potente, andò sicuro sulla terra, prosciugò le acque e portò il vapore al Soleterno. L’umanità precipitò nel caos più totale, soprattutto perché avevano tutti tanta sete, ma un uomo con poteri straordinari, rispettoso della volontà degli astri, capì il messaggio e chiamo in assemblea tutti i capi delle nazioni e spiegò “L’acqua prosciugata è un segno, mandatoci dal sole in persona, che vuole dirci di smettere di inquinare le acque, di ripulire il fondo del mare e il letto dei fiumi e di preparare un posto accogliente perché le acque ritornino.”

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I potenti, disperati, anche se stentavano a credergli, lo ascoltarono e ordinarono che tutti gli uomini presenti sulla terra si impegnassero nel ripulire il mondo con enormi aspiratori e organizzarono un tipo di vita più rispettosa della natura. L’umanità’ si impegnò così tanto che in un solo giorno, prima di morire di sete, raggiunse l’obiettivo. Il Soleterno rilasciò allora il vapore acqueo che si trasformò in enormi nuvoloni e poi iniziò a piovere così tanto che sulla terra si formarono di nuovo gli oceani, i mari, i fiumi, i laghi e le pozzanghere. Gli uomini ebbero anche un’altra piccola lezione: fino a quando il Solleone non fu guarito dal virus, non videro tornare l’estate! to perché avevano tutti tanta sete, ma un uomo con poteri straordinari, rispettoso della volontà degli astri, capì il messaggio e chiamo in assemblea tutti i capi delle nazioni e spiegò “L’acqua prosciugata è un segno, mandatoci dal sole in persona, che vuole dirci di smettere di inquinare le acque, di ripulire il fondo del mare e il letto dei fiumi e di preparare un posto accogliente perché le acque ritornino.” I potenti, disperati, anche se stentavano a credergli, lo ascoltarono e ordinarono che tutti gli uomini presenti sulla terra si impegnassero nel ripulire il mondo con enormi aspiratori e organizzarono un tipo di vita più rispettosa della natura. L’umanità’ si impegnò così tanto che in un solo giorno, prima di morire di sete, raggiunse l’obiettivo. Il Soleterno rilasciò allora il vapore acqueo che si trasformò in enormi nuvoloni e poi iniziò a piovere così tanto che sulla terra si formarono di nuovo gli oceani, i mari, i fiumi, i laghi e le pozzanghere. Gli uomini ebbero anche un’altra piccola lezione: fino a quando il Solleone non fu guarito dal virus, non videro tornare l’estate!

Autore: Classe V Scuola primaria “Castelnuovo”- Recanati (MC)

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Acqua di rugiada Sei trasparente, battente e scrosciante: un manto azzurro soffice e bagnato che splende al primo raggio di sole. Sei chiara e tranquilla come l’alba al tramonto. Sei brillante e leggera, corri come il vento specchio dei miei pensieri. Scorri nelle valli, scivoli libera e ci dai il tuo bene risorsa naturale, ti bevo e ti guardo, ti ammiro e ti stimo. Acqua, tu dai vita nel mondo infinito.

Autore: Classe V A Scuola primaria “Beniamino Gigli�- Recanati (MC)

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La fogliolina cerca acqua La fogliolina Matilde se ne stava tutta sola e triste attaccata al picciolo di un grande e secolare albero di castagno del cortile di una scuola . Siccome era molto curiosa , spesso si chiedeva che fine avessero fatto le sue sorelline foglioline. Così un giorno, la fogliolina Matilde , prese coraggio e chiese al grande castagno perché all’ arrivo di ogni autunno le sue sorelline si staccassero dai rami . Il grande castagno, che era anche molto saggio , le spiegò che all’arrivo dei primi freddi l’acqua si ghiaccia e ogni albero cerca di risparmiare ulteriore perdita di acqua dalle foglie, così diminuisce la sua attività e le foglie impoverite di sostanze nutritive cadono. Che forza! Pensò la fogliolina Matilde, la natura sa provvedere ad ogni cosa e sa come si risparmia nei periodi in cui non vi è abbastanza acqua. Bene allora! Perché non aiutiamo anche i bambini delle varie scuole a scoprire come ogni giorno possono risparmiare tanti litri di acqua? La fogliolina Matilde si mise all’opera e attaccata al ramo del secolare albero di castagno iniziò a suggerire alcuni buoni consigli per risparmiare e per riutilizzare l’acqua. “Bambini, ascoltatemi!” urlò “Fate attenzione! Quando lavate i denti chiudete il rubinetto e se fate la doccia non lasciate scorrere l’acqua per tutto il tempo . E poi ,dite alla mamma di non buttare l’acqua in cui ha fatto cuocere la pasta, perché potrebbe essere utilizzata per pulire i piatti da mettere nella lavastoviglie. Provate, anche, a creare dei contenitori per la raccolta dell’acqua piovana, potrebbero servire per annaffiare l’orto o per la caldaia del ferro da stiro.” Così i bambini appresero che è dai piccoli gesti quotidiani che si può imparare a risparmiare un bene prezioso come L’ACQUA.

Autore: Classi II A - B - C Scuola primaria “A. Garibaldi”- Civitanova Marche (MC)

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In viaggio con l’acqua L’amico Sole, pieno d’amore, passava le ore a fissare il mare. Col suo calore le goccioline si strinsero forte vicine vicine. Volarono in alto fin su nel cielo e il vento le spinse verso un velo. La nuvola aprì le sue braccia grosse e chiuse in sé tutte le gocce. Viaggiarono insieme per molto tempo e un bel giorno incontrarono il freddo. Le rese pesanti sempre di più infatti le gocce caddero giù. Era arrivata tanta pioggia per bagnare ogni singola foglia. Si dissetarono animali e piante poi nel terreno entrarono in tante. Sgorgarono giù dalla sorgente correndo poi per tutto il torrente. Passarono il fiume, e infine nel mare e qui la storia può ricominciare!

Autore: Classe II Scuola primaria “Sandro Pertini”- Piediripa (MC)

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Un avventuroso viaggio Tlac, Tlic e Tloc, tre gocce d’acqua gemelle giocavano tra le onde del mare. Venivano continuamente sbattute sulla spiaggia dove i bambini costruivano castelli di sabbia. Le tre gemelle erano “dispettose” e si divertivano a rovinare le loro creazioni . Ad un certo punto le goccioline sentirono un gran caldo, cominciarono a sudare, e a sentirsi leggere leggere salirono in alto verso il cielo. Salendo molto però, sentirono freddo e, per riscaldarsi, si abbracciarono strette strette: meravigliate, si accorsero che molte altre gocce facevano la stessa cosa. Così milioni di goccioline si ritrovarono vicine vicine, racchiuse in una stessa nuvola. Anche dentro la nuvola le tre sorelle si divertivano perché il vento le trasportava in luoghi lontani che non avevano mai visto. Dall’alto potevano osservare montagne, fiumi, paesi e città. Anzi, era meglio stare nella nuvola piuttosto che nel mare! Strada facendo, altre gocce volevano entrare nella nuvola, ma quelle presenti brontolavano e protestavano dicendo che non c’era più posto… Ad un certo punto, si udì un gran rumore mentre le pareti della nuvola cominciarono a gonfiarsi: la nuvola, non potendo più contenerle, si aprì, lasciando precipitare tutte le gocce. Tlac,Tlic e Tloc avevano paura perché per loro era la prima volta, ma vennero incoraggiate dalle gocce più anziane che, per molte altre volte, si erano buttate da così in alto. Dopo un lunghissimo volo caddero in un fiume che , da una montagna, stava scendendo verso il mare. Nel fiume le tre gemelle furono risucchiate da un grosso cilindro. All’ interno era tutto buio, non si vedeva niente, le gocce si sentivano solo trasportare insieme alle altre , mentre il grosso tubo diventava sempre più stretto. Alessandro, un bambino di 7 anni, aveva appena finito di fare merenda e, dovendosi lavare i denti, andò in bagno e aprì il rubinetto. Tlic, che si era allontanata dalle sorelle, vide all’improvviso una luce accecante:

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era finalmente uscita dal tubo! Il suo sollievo, però, durò poco, perchè precipitò subito dopo in un altro tubo dove c’era molto rumore. Alessandro chiuse il rubinetto, impedendo a Tlac e Tloc di uscire, perché a scuola aveva imparato che l’acqua è molto preziosa e non si deve sprecare, così mentre si spazzolava i denti, era inutile farla scorrere. Tlic era rimasta sola, aveva paura e molto freddo. Trascorsi alcuni minuti, Alessandro aprì di nuovo il rubinetto per sciacquare i denti ,così anche Tlac e Tloc riuscirono ad uscire, e cercarono di raggiungere la sorella che si era allontanata. Tlic, dopo un lungo percorso, vide di nuovo la luce del sole e si ritrovò in mezzo alle onde del mare. Era triste perché credeva di aver perduto per sempre le sorelle che, nel frattempo, avevano percorso lo stesso tragitto ed erano finite anche loro nel mare. Tra le onde Tlac e Tloc ritrovarono la sorella disperata. Felici, si abbracciarono e, saltellando, ripresero a giocare. Dopo un percorso così pieno di avventure, erano finalmente ritornate nel loro luogo di nascita, ma non sapevano che, presto, avrebbero affrontato lo stesso avventuroso viaggio…

Autore: Classi II A - B Scuola primaria “Silvio Zavatti”- Civitanova Marche (MC)

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Il cuore di Plin San Claudio 10/01/09

Caro diario, sono Plin, una gocciolina d’acqua pura, sono simpatica, forte e decisa. Mi vesto di luce e di trasparenza. Oggi sono stanchissima. Ho fatto un lunghissimo viaggio, il vento spingeva con forza la mia nuvoletta, sembrava di stare su un’altalena. A volte scendevo giù … giù … fin quasi a toccare la terra, a volte salivo su … su … e giravo come una navicella spaziale. Noi goccioline stavamo tutte strette strette, tremavamo, il cuore ci batteva fortissimo, balbettavamo dicendo: “ Povere noi, è la nostra fine! ” Io cercavo di affacciarmi e di fissare le immagini che scorrevano come in un film. Plon, il mio migliore amico, mi spiegava: “ Guarda… quella è la calotta polare, il ghiaccio si sta sciogliendo perché la temperatura della Terra è aumentata. Vedi quel mare, la sua acqua è stata inquinata da una petroliera che ha perso il suo contenuto. Ecco… guarda quei fiumi, a galla ci sono pesci morti per colpa dei tanti rifiuti.” “ In alcune zone della terra piove tanto, ci sono Paesi come lo Zimbabwe dove, invece, non piove mai” aggiungeva Plan, mia madre “ e tante persone muoiono per le malattie.” “ Quello è il deserto, anche lì non piove mai” spiegava Plum, il mio papà. Io piangevo , ma Planc, una vecchia e saggia gocciolina, mi consolava spiegando: “ Prima o poi gli uomini capiranno. Non disperarti, devi avere fiducia. I miracoli avvengono. Forse…io no, ma tu assisterai a qualcosa di magico che salverà il pianeta Terra.” Adesso , caro diario, vado a dormire. Ciao, ciao.

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San Claudio 12/01/09

Carissimo diario, ieri ho riposato sempre, sono in forma. Ma … ho fatto un sogno bruttissimo… Vedevo la Terra come un’enorme palla ricoperta da rifiuti, senza alberi, disabitata. Tutto stava bruciando, non c’era acqua per spegnere il fuoco. Io gridavo forte per chiedere aiuto, ma… nessuno rispondeva. Ero sola. Mi sono lanciata sulla lingua di fuoco più alta delle altre per farla smettere… ma lei sghignazzando urlava: “Ah! Ah! Povera illusa! La Terra a breve morirà e la colpa è degli uomini che non hanno saputo prendersi cura di lei!” Mi sono svegliata tutta tremante … Mia madre e Planc si sono avvicinati e mi hanno rassicurata: “ E’ proprio giunto il momento di far qualcosa per salvare il nostro pianeta. Ti daremo una mano per far sì che gli uomini riflettano sugli errori che fanno!” Adesso mi sento meglio, proverò ad ispezionare questi luoghi. Sento le voci allegre dei bambini, scenderò più in basso per vederli e ascoltarli. Forse loro potranno aiutarmi a risolvere il problema ! San Claudio 13/01/09

Caro diario, ti racconto quello che ho visto. Questo luogo è una favola: dolci colline, distese di verde, un fiumicello dalle acque trasparenti e brulicanti di pesci e...tanti bambini. A bordo della mia nuvoletta, sono scesa giù...giù...e ho udito le voci allegre degli alunni che vanno a scuola e le raccomandazioni dei genitori: “Fai il bravo! Comportati bene”.

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Stavo vicino ad una finestra ed ho ascoltato le spiegazioni degli insegnanti, parlavano proprio di noi goccioline: come nasciamo, come moriamo, quanto siamo importanti, come possono fare le persone per non sprecarci. Ho seguito alcuni bambini fino al bagno e ho visto che non consumano una goccia d’acqua più del necessario. Hanno detto che anche a casa le loro mamme e i loro papà sanno utilizzare al meglio questa “risorsa”. Sì, proprio così mi hanno chiamato risorsa, era la prima volta! Forse potrebbero veramente aiutarmi! Sono andata su e giù per il cielo tutto il mattino, adesso mi riposo un po’. P.S. Mi dimenticavo, Plon mi ha detto che sta arrivando una perturbazione e di stare attenta! Povera me, sobbalzo!Ho paura!Non riuscirò a realizzare il mio sogno! Sento che la mia fine è vicina!..... E… sulla terra si abbattè un violento temporale, la nuvola fu sospinta giù dal vento e scaraventò nel giardino della scuola tutto il suo contenuto. Passarono alcuni mesi … un caldo mattino di primavera dei bambini uscirono di fuori per giocare e … meraviglia … tra il verde intenso del prato era spuntato un fiore particolare. Era una margherita. Al centro era color rosso scarlatto, i petali erano celesti, trasparenti come l’acqua che sgorga dalla sorgente. I bambini notarono che su ogni petalo c’era scritto qualcosa: capirono subito che erano delle regole da rispettare: “ Non sprecare acqua quando ti lavi . Preferisci la doccia alla vasca. Non far gocciolare i rubinetti”. Arrivarono i loro insegnanti ed insieme lessero i messaggi rivolti ai grandi:

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“ Con l’acqua della pasta lava i piatti. Raccogli l’acqua piovana ed usala per innaffiare. Consuma prodotti locali … dal campo alla forchetta. Controlla se nell’impianto idrico ci sono perdite. Applica il frangiflutto al rubinetto. Diminuisci la quantità d’acqua nello sciacquone. Lavatrice e lavastoviglie devono essere usate a pieno carico”. Ad un tratto il fiore iniziò a pulsare : era il cuore di Plin che sussurrava con voce dolce e sicura : “ Bambini, per me è la fine, affido a voi il compito di salvare la Terra. Staccate i petali della margherita e mettete in pratica ciò che c’è scritto, qui a scuola, nelle vostre case, in ogni luogo … oggi e domani, quando sarete grandi. E ricordate sempre … l’acqua è un dono da amare, da proteggere e da rispettare. E’ il nostro oro azzurro”. Soffiò un alito di vento, accarezzò il cuore di ogni fanciullo e si disperse nell’aria. Ora Plin sarebbe per sempre vissuto nelle azioni dei piccoli amici di San Claudio e dei loro genitori.

Autore: Classe IV Scuola primaria “San Claudio”- San Claudio (MC)

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Tutti per uno… Acqua per tutti! Filastrocca dell’acqua chiara, chi è egoista non la impara. L’acqua è del bimbo che gioca agli indiani e che se la beve con le mani. L’acqua è del giardiniere che innaffia il giardino tutte le sere; è di chi la trasporta col catino perchè non ce l’ha nel lavandino; è dell’ippopotamo che dorme nel fango e del pesciolino che vive nuotando. L’acqua è di nonno Arduino che la beve insieme al vino. Per nessuno può restare un sogno, fra tutti è questo il più grande bisogno: avere l’acqua per lavarsi e bere senza che qualcuno lo possa impedire. L’acqua è libera, non la prendi mai: prova ad acchiapparla e vedrai!!!

Autore: Classe II Scuola primaria “Santa Maria Apparente”- Civitanova Marche (MC)

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Se l’acqua… L’acqua serve per vivere, ognuno lo deve credere: agli animali serve per dissetarsi, alle piante per innalzarsi. Non bisogna sprecarla, questo si sa, o la vita di tutti in pericolo sarà. Se dell’acqua noi abusiamo, senza poi rimaniamo: quindi, se il rubinetto apriamo, appena finito lo richiudiamo. Se l’acqua noi inquiniamo, berla poi non possiamo: nei corsi d’acqua oggetti non gettiamo, così l’acqua e la natura rispettiamo. Questo noi lo abbiamo capito, ma non per tutti è stato chiarito; il nostro consiglio, allora vi diamo: i corsi d’acqua non inquiniamo e l’acqua, in modo intelligente, usiamo.

Autore: Classe III Scuola primaria “San Claudio”- San Claudio (MC)

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La fata Cristallina e i bambini: speranza del futuro C’era una volta una fata di nome Cristallina che se ne stava sdraiata nel bosco sopra una foglia di quercia. Era una fatina giovane e vispa, ma aveva un’aria triste ed annoiata. “Con chi posso giocare?” si domandava preoccupata “Dove sono finiti tutti i miei piccoli amici Elfi che abitavano le rive dei fiumi e dei laghi? E i Folletti che vivevano nel bosco, con cui mi divertivo tanto? Dove se ne saranno andati?” Mentre diceva così, sentì una voce che proveniva dai piedi della quercia su cui la fatina poltriva: “Non ti preoccupare, Cristallina, ti aiuto io!” La fatina scese dall’albero e incontrò lo gnomo Erasmus, da tutti conosciuto per la sua saggezza. Egli la condusse al lago dei Desideri dove sperava di trovare i compagni di gioco della fatina. Invece, arrivati sul posto, si presentò ai loro occhi uno spettacolo avvilente: quel lago da favola era diventato un acquitrino putrido e scuro, intorno al quale la rigogliosa vegetazione di un tempo era ridotta a sterpaglia. Allora Erasmus capì e cercò di spiegare il suo pensiero a Cristallina: “Forse i tuoi amici sono andati in cerca di acque meno inquinate, non ti sei accorta di quanti guai hanno combinato gli uomini?” La fatina, guardandosi intorno pensierosa, esclamò: “Caro gnomo, hai ragione, vorrei tanto vedere il mondo pulito come il giorno in cui sono nata e ritrovare così i miei amici!” “Vedi, mia cara, io non posso accontentarti, ma ti voglio donare questa bacchetta…” “E perché mi fai questo regalo?” “Lo scoprirai da sola…” E se ne andò in quell’istante. Cristallina notò subito che la bacchetta aveva una scritta, impressa sulla punta, che recitava così:

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ECCO PRONTA UNA MAGIA PER RICORDARE CON NOSTALGIA, LA CASCATA FRAGOROSA E I PESCI SENZA POSA, LO SPECCHIO DEL LAGHETTO CON I CIGNI DI BELL’ASPETTO INSOMMA TANTA ACQUA PULITA CHE FA RIMA CON….VITA! Dopo aver letto quella scritta, la fatina capì come poteva servirsi del dono dello gnomo e pensò: “Il comportamento degli uomini non lascia spazio all’ottimismo, ma forse i bambini possono fare qualcosa. Chi meglio di loro capisce che da soli ci si annoia?!” Quindi prese la sua decisione: proprio in quella stessa notte andò in sogno a tanti bambini e tornò per tante altre notti a trovarli. Nel sogno la fata si rimboccava le maniche e faceva ondeggiare in aria la sua bacchetta magica dicendo: “Abracadabra!” Ed ecco che dal nulla apparivano scenari che i bambini non conoscevano: boschi popolati di Folletti divertenti, fiumi cristallini ricchi di pesci saltellanti, laghetti tranquilli in cui gli Elfi fanno il bagno…. Al risveglio ogni mattina i ragazzini, stropicciandosi gli occhi, dicevano: “Oh, mamma mia che meraviglia! Rispetteremo sempre la natura e tante cose cambieranno in futuro!” La fata intanto gongolava di gioia. Aveva trovato il modo di occupare il suo tempo, in attesa del giorno in cui gli uomini avessero rimediato a tutti i guai procurati all’ambiente, facendo tornare con le acque pulite anche gli Elfi e i folletti che le avrebbero fatto compagnia.

Autore: Classe III D Scuola primaria “S. Anna”- Corridonia (MC)

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Com’è nata la vita sulla terra Tanto, tanto tempo fa, in un punto lontano della galassia, c’era un pianeta completamente ricoperto dall’acqua. I suoi abitanti erano grosse gocciolone d’acqua e vivevano felici nelle loro case d’acqua, arredate con mobili d’acqua. A cena mangiavano zuppe d’acqua, minestre d’acqua, brodi d’acqua… Qualche volta andavano in pizzeria a mangiare delle buonissime pizze d’acqua. Le donne indossavano eleganti abiti blu o azzurri, fatti d’acqua. Quel pianeta si chiamava…Azzurro. Un giorno, però, l’imperatrice Celestina si accorse che la sua vita era troppo monotona e che vedere solo acqua intorno a lei non le bastava più. Aveva proprio voglia di qualcosa di diverso!!! Allora chiamò i suoi consiglieri e ordinò di inviare cento osservatori su dieci astronavi a perlustrare la galassia in cerca di qualche pianeta diverso. Passarono i mesi e l’imperatrice Celestina cominciava a preoccuparsi perché nessuna astronave era tornata a portare notizie. Un pomeriggio, mentre stava passeggiando tra le torri del suo castello d’acqua, finalmente vide arrivare una delle astronavi. Si precipitò sulla pista di atterraggio e, impaziente, corse ad aprire lo sportello dell’astronave, ma… vide uscire soltanto UNA NUVOLETTA DI VAPORE. Erano stati su Mercurio e gli astronauti erano evaporati!!!!! La povera imperatrice pianse, si disperò, ma poi si consolò perché vide arrivare una seconda navicella. Di nuovo corse ad aprire lo sportello, ma stavolta con un po’ di paura. Dalla scaletta rotolarono giù DIECI CUBETTI DI GHIACCIO. Erano stati su Plutone e si erano congelati!!!! Celestina corse a chiudersi in camera sua e riprese a piangere disperata. Intanto, nello spazio, cinque astronavi, a furia di girovagare, avevano finito il carburante. Stavano cercando un posto dove fermarsi, quando videro un piccolo pianetino grigio. Era proprio brutto e, potendo scegliere, non ci si sarebbero mai fermati! Era tutto ricoperto di sabbia e di terra grigia e aveva delle montagne aride e desolate. Proprio sulla cima di una di quelle andarono a schiantarsi, cercando di atterrare! Lo schianto provocò un’enorme esplosione di goccioline che si sparsero per tutto il pianeta!

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Allora accadde una cosa stranissima: la terra grigia, bagnata dalle goccioline d’acqua, cominciò a cambiare colore fino a diventare di un bel marrone intenso; sulle colline cominciarono a spuntare minuscoli fili verdi che, in poco tempo, le ricoprirono tutte di prati! Era uno spettacolo meraviglioso!!! Le ultime tre astronavi, da lontano, avevano visto le esplosioni e si erano avvicinate per soccorrere i compagni in difficoltà, ma si era creata una fitta nebbia che impediva di vedere cosa c’era davanti. Così altre due si schiantarono contro la stessa montagna e scivolarono lentamente lungo il pendio, creando il primo fiume di quel pianeta. Quella massa d’acqua continuò a scorrere riempiendo tutti gli spazi che incontrava formando laghi e laghetti, ruscelli e cascate! Gli astronauti dell’ultima navicella decisero allora di non rischiare e di tornare sul pianeta Azzurro per avvertire l’imperatrice dell’accaduto e dare l’allarme. Appena raccontarono all’imperatrice Celestina quello che era successo e che quel pianeta si era ricoperto di prati verdi e di fiumi e laghi, quella si illuminò, cominciò a battere le mani e a saltellare per la gioia, urlando: - Presto! Prepariamoci in fretta e partiamo! Ci trasferiamo tutti su quel pianeta!!! Tutte le goccioline del pianeta Azzurro si imbarcarono su migliaia di astronavi e, in pochissimo tempo, si trasferirono sul nuovo pianeta. Ci si trovarono subito bene: le goccioline, insieme ai granelli di terra e di sabbia, si divertirono a far nascere fiori di tutti i colori, cespugli, alberi sempre più grandi e carichi di frutti. E dopo pochi anni cominciarono a vedersi i primi animaletti che si nutrivano di quei frutti e di quelle piante squisite. Le goccioline che preferivano continuare a vivere solo d’acqua, si riunirono in grandi spazi che furono chiamati mari e oceani . Anche loro però vollero creare qualcosa di nuovo e colorato: così nacquero i pesci e le alghe. Per ultimi nacquero gli uomini e le donne che vissero felici su quel pianeta così bello e non dimenticarono mai che tutto ciò che conteneva vita, era stato creato dal popolo del pianeta Azzurro. Quel pianeta era la nostra Terra e la nostra migliore amica, da allora, è l’acqua. Autore: Classe III A Scuola primaria “S. Anna”- Corridonia (MC)

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Un bene prezioso Vincenzino era un bambino di statura bassa, biondo, ricciuto e anche un po’ monello, infatti il suo divertimento preferito era giocare con l’acqua. Un giorno, mentre stava facendo le bolle di sapone, sentì delle vocine e, sapendo che era solo in casa, cominciò a tremare come un budino e con un filo di voce disse: - C’è qualcuno? Ehi non facciamo scherzi! Io non ho paura di nessuno! Io sono coraggioso come un leone!!! - Certo, certo, coraggioso come un leone, ma per favore stai a sentire ciò che ti dobbiamo dire. Noi siamo le goccioline d’acqua che tu ci usi nei tuoi giochi preferiti. - Ma cosa mi volete far credere che adesso le goccioline parlano pure? Ma non scherziamo! - Non ci credi?? Allora guarda sopra la tua scarpa! Ora ci vedi? Ti sei convinto? - Oh povero me!! Ma come fate? - Bando alle chiacchiere, noi arriviamo da molto, molto lontano e precisamente dalle nuvole. Per venire qui, abbiamo fatto un lungo viaggio, siamo tanto stanche e ci arrabbiamo assai quando siamo sprecate in questo modo da tipi come te! - Ma io volevo solo giocare e non pensavo di fare nulla di male! - Ascolta, ora ti spieghiamo, noi siamo un bene prezioso. Senza l’acqua sulla Terra non ci sarebbero le piante, gli animali, l’uomo! Guai se un giorno o l’altro l’acqua venisse a mancare! Tutto diventerebbe deserto. Le popolazioni che abitano in zone aride, dove le piogge sono rare, si ingegnano in mille modi per recuperare qualche litro di acqua dolce. Dissalano anche l’acqua del mare per poterla bere. Pure le piante e gli animali la risparmiano il più possibile. - Davvero? - Certo! Il cactus, ad esempio, trattiene l’acqua nel suo fusto. Man mano che la utilizza il fusto avvizzisce e si rinvigorisce solamente dopo una lunga pioggia. Anche i cammelli sopravvivono senza bere per più di tre settimane. - Poverini, ma quanta sete avranno? -Tantissima; infatti, se sono fortunati, quando trovano l’acqua in un’oasi, ne riescono a bere ben cento litri in pochi minuti. - Accidenti! Ma dove se la mettono? - Ma naturalmente nella gobba! Quindi bisogna stare molto attenti a non sprecarla. Tu sei un bambino molto fortunato ad essere nato in questa parte del pianeta. - Avete perfettamente ragione goccioline, ma io non conoscevo tutte queste cose. - Ma come, non vai a scuola? - Certo che ci vado, ma qualche volta non mi impegno come dice la mia maestra. - Ah! Ah! Ah! Meriteresti una punizione. Comunque devi sapere

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che la maggior parte della superficie terrestre è coperta d’acqua. - Com’è dolce o salata? - L’acqua del ruscello, del torrente, del fiume, del lago e dello stagno è dolce. Quella del mare e degli oceani è salata, mentre quella del rubinetto è potabile, pulita, chiara e trasparente. - Finché non arrivo io! disse il Mostro Inquinamento che si stava avvicinando loro ridendo, sghignazzando e felice di esistere. - Vi piace stare nell’acqua pulita? Qualche sacchetto di plastica e un po’ di schifezze e la sporco! Vi piace stare nell’acqua chiara? Un po’ di colorante e la faccio diventare nera! Vi piace l’acqua trasparente? Un po’ di petrolio, nafta, scarichi e la faccio diventare torbida, disse orgoglioso. - Io sono il mago! Altro che Zuccherino e Salatino! Ma chi sono questi? Dove arrivo io tutti scappano gridando Aiuto! Aiuto! Aiuto! Io in un attimo scendo dalla città, mi tuffo nel fiume, arrivo al mare e lo faccio nero. Evaporo salgo in cielo e lo imbratto tutto. Casco come pioggia acida e vi avveleno tutti e, se voglio, faccio sputare al rubinetto solo acqua sporca, la faccio diventare non potabile e vi chiudo per sempre la manopola! Altro che Zuccherino e Salatino! Le goccioline spaventate rivolgendosi a Vincenzino dissero: E chi lo manda via questo? - Cosa possiamo fare per liberarcene amiche mie? - Senti Vincenzino, solo gli uomini possono intervenire, infondo sono loro che l’hanno creato e speriamo che sappiamo anche distruggerlo. Ma noi ora cosa facciamo? Meglio tornare da dove siamo venute! Presto, lasciamo questo posto! Evaporiamo! Voliamo! Sole scaldaci, facci diventare nuvolette! - Goccioline! Dove andate? Adesso che vi ho trovate, fuggite? Per favore, rimanete con me! - Non possiamo! - Ma ritornate presto? Speriamo!! - Dove siete dirette? - Non lo sappiamo, ci lasciamo trasportare dal vento…. Faremo il solito giro….. Arrivederci Vincenzino e come dice il proverbio: “le acque stanno via anni e mesi, poi tornano ai paesi”. Ciao amico ricordati che solo l’uomo può sconfiggere il Mostro che ha creato. - Arrivederci goccioline mie farò di tutto per proteggere e difendere questo meraviglioso pianeta, ve lo prometto. Arrivederci…… bene prezioso. Autore: Classe III C Scuola primaria “S. Anna”- Corridonia (MC)

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Tutti a bordo dell’ “Artic Sunrise” Da una ricerca online, svolta nell’aula bibliomediateca, i bambini apprendono che il nostro Mar Mediterraneo è a rischio. Tutti sostengono a gran voce la campagna promossa da Greenpeace “Defending our Mediterranean”. Maestra: - Bambini...sapete che il Mar mediterraneo è una vera ricchezza, non solo per l’Italia bensì per tutto il mondo? E’ uno scrigno ricco di tesori! Esso ospita coralli, alghe, praterie di posidonia, pesci di ogni forma e colore, fondali marini meravigliosi eppure... Bambini: - Che vuoi dire maestra...? Ci sono problemi? Maestra: - Sì....l’uomo ne sta facendo un cattivo uso: inquinamento e pesca eccessiva... Bambini: - E’ vero maestra! ...Guarda che notizia abbiamo trovato in questo sito! Sta per partire una nave, la “Artic Sunrise”, che attraverserà tutto il Mediterraneo e denuncerà tutte le ingiustizie nei confronti del nostro Mare. Maestra non possiamo rimanere qui impalati con le mani in mano! Anche noi dobbiamo intervenire! Dobbiamo partire tutti insieme e subito! La scolaresca, tutta fiera, si imbarca. Capitano: - Benvenuti a bordo bambini, grazie per esservi uniti al mio equipaggio! Ora assegnerò ad ognuno un compito...voi al binocolo... un altro gruppo alla radio... Dovrete aiutarci a scovare le insidie che incontreremo! Bambini: - Bell’idea! Siamo pronti a dare il nostro contributo! Capitano: - Allora tenete gli occhi aperti mi raccomando! Bambini: - Capitano guarda! C’è una macchia nera al largo della costa! Mi sembra che quella nave stia scaricando un liquido scuro. Capitano: - Accidenti! ...E’ petrolio... segnaliamolo immediatamente alla Guardia Costiera ! Maestra: - Bambini guardate là, alla vostra destra, mamma mia, quante sostanze tossiche sta buttando in acqua quell’industria!

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Bambini: - Abbiamo registrato tutto con le nostre videocamere! ...ma dicci capitano…cosa succede ora? Capitano: - Queste sostanze non si fermano quì, anzi viaggiano per molti chilometri e provocano numerosi danni sia per la nostra salute che per quella dei pesci. E poveri pesci...non devono sopportare solo questo... Bambini: - Cosa stanno facendo quegli uomini? Maestra: - Stanno pescando con delle reti lunghissime...a dire la verità, vedo delle vere e proprie gabbie con dentro i pesci. Capitano: - Fermiamoli !... Stanno facendo un abuso! E’ la pesca pirata del tonno rosso che sta rischiando l’estinzione! Maestra: - Che disastro !...Il tonno rosso...uno dei pesci più importanti all’ interno della catena alimentare del Mediterraneo! Bambini: - Dobbiamo avvisare la Guardia Costiera! Deve acciuffare immediatamente questi pescatori! Maestra: - Ma come è possibile?... Servirebbero maggiori controlli, capitano! Capitano: - E sì....maestra, senza parlare poi delle spadare usate per catturare il pesce spada. Queste intrappolano e uccidono anche balene, delfini e tartarughe. Bambini: - No...non è giusto!... I nostri pesci preferiti.... quelli delle nostre fiabe...nooo Maestra:- Abbiamo viaggiato tanto e visto abbastanza. Cos’altro si può fare capitano? Capitano: - Una soluzione c’è....chiediamo la creazione di riserve marine nel Mediterraneo. Queste saranno delle aree protette in cui le attività distruttive che abbiamo visto non dovranno essere permesse. Bambini: - Giusto !... Anzi in queste zone possiamo mettere dei sensori in modo tale che se arrivano dei pescatori suonerà l’allarme e, in breve tempo, arriverà la Guardia Costiera. Maestra: - Bravissimi !... Avete per caso altre idee?

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Bambini: - Si, appena arriveremo sulla terraferma, con l’altoparlante avvertiremo tutti i cittadini di non acquistare per un po’ il tonno rosso e il pesce spada in modo da dare a questi pesci il tempo per riprodursi. Invieremo delle e-mail a tutti i sindaci d’Italia per far installare a bordo delle navi e dei pescherecci dei depuratori per separare le sostanze tossiche dalle acque che vengono buttate in mare. Manderemo tutti i giorni, i nostri nonni in pensione al porto così potranno controllare se hanno questo utile apparecchio. Siamo sicuri di farcela!!! Metteremo tutto il nostro impegno perchè vogliamo mantenere in vita l’ecosistema del Mediterraneo e in più, d’estate, vogliamo giocare e farci il bagno nell’acqua pulita!

Autore: Classe III B Scuola primaria “S. Anna”- Corridonia (MC)

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La ragazza acqua Tanto tempo fa in un’isola piena di flora e fauna, viveva una ragazza di nome Ro. Lei era cresciuta tra gli animali che erano diventati i suoi più cari amici. Ma oltre alle bellissime creature che vivevano nel mare c’era anche la tana della regina dei Mari Neri. Questa regina aveva i capelli formati da serpenti ed occhi neri e perfidi. Si diceva che chiunque fosse entrato nel suo territorio non sarebbe tornato indietro. La bellissima Ro incosciente della leggenda si tuffò nel mare fino ad arrivare nel territorio della cattivissima regina dei Mari Neri. Appena la regina vide che era così bella si arrabbiò moltissimo e la trasformò in una goccia d’acqua per sempre. L’unica cosa che era rimasta della sua bellezza erano i suoi occhi multicolore e la sua bocca rossa. Ro si disperò moltissimo perché il petrolio delle navi inquinava il suo caro mare e con lui i suoi adorati amici animali. Infatti Ro aveva ragione: il mare era diventato tutto nero poiché adesso era diventato proprietà della regina dei Mari Neri. Solo dopo molti mesi vide qualcosa che si muoveva nel mare. Era un delfino molto strano perché al posto delle pinne aveva ali brillanti e trasparenti e inoltre sapeva parlare come un essere umano. Ro stupita si avvicinò e fece amicizia raccontandogli quello che le era successo. Il delfino dopo averla ascoltata capì che era la ragazza che avrebbe salvato l’isola dalla regina dei Mari Neri. Il delfino mise a Ro una collana dicendole - Questa collana ti proteggerà da qualunque magia nera! - Le disse anche che doveva andare alla barriera corallina e prendere il corallo che per lei era più bello. Ro andò alla barriera corallina e prese un corallo di colore verde smeraldo, lo portò al delfino il quale lo unì alla collana. Fatta quell’azione la regina fu sconfitta, Ro si traformò in una splendida sirena ma la cosa più importante fu che l’inquinamento scomparve e vissero tutto felici e contenti in una natura splendente ed incontaminata. La cosa che ci insegna questa fiaba e che non si deve inquinare l’acqua perché in essa ci sono molti tesori che si devono ancora scoprire!

Autore: Classe V B Scuola primaria “A. Gramsci”- Porto Recanati (MC)

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La cosa piu’ preziosa C’era una volta un re che amava molto il suo regno. Lui era molto vecchio e prima di morire voleva avere la certezza di lasciarlo al figlio più saggio. Un giorno chiamò i suoi figli, Alamìn e Iamìn, e disse: “Andate figli miei e entro sette tramonti dovrete portarmi la cosa più preziosa. Chi lo farà, erediterà il regno”. Alamìn partì immediatamente; Iamìn, invece, preparò il cavallo, riempì d’acqua tre borracce, prese del pane, salutò il buon padre e partì. Dopo un pò, mentre cavalcava, Alamìn sentì una vocina che diceva: “Aiutatemi, aiutatemi”, lui si voltò e vide un fiore che stava morendo. “Non ho tempo da perdere con te”, disse il ragazzo e proseguì come un razzo. Il giorno seguente passò di lì Iamìn, che appena sentì chiedere aiuto scese dal cavallo, si avvicinò al fiore e gli diede un pò d’acqua: il fiore ritornò più bello di prima. Il ragazzo soddisfatto, lo accarezzò, lo salutò e ripartì. Dopo ben tre giorni di viaggio i due fratelli non avevano ancora trovato nulla di tanto prezioso da portare al loro padre. Faceva tanto tanto caldo ed Alamìn si fermò a bere. Lui era partito di fretta e aveva preso poca acqua, così quando un vecchio contadino, stanco e sudato, gliene chiese un po’, lui fece finta di non capire la sua lingua e corse via velocemente. Quando Iamìn passò di lì, il vecchietto ancora zappava l’orto; era sfinito, ma con un filo di voce chiese: “Mi dai un po’ di acqua per favore? Il mio pozzo non ne ha, perché non piove più da tre mesi”. Il giovane scese subito da cavallo, gli diede un po’ d’acqua, un po’ di pane, lo aiutò a sistemare l’orto, gli lasciò una borraccia piena e riprese il viaggio. Il vecchio lo salutò dicendogli che gli aveva salvato la vita. Erano ormai passati cinque giorni e Alamìn era molto nervoso perché ancora non aveva trovato nulla di prezioso, così prese a galoppare sempre più forte, finché il cavallo, sfinito, inciampò e cadde, ferendosi ad una gamba. Lui pensò che un cavallo infortunato non poteva servirgli a nulla, così quando passò di lì un ricco mercante e gli offrì un sacchetto di pietre preziose per il suo cavallo, accettò subito credendo che la sorte lo avesse aiutato facendogli incontrare un mercante così sciocco . Certo di aver trovato la cosa più preziosa, si avviò verso casa.

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Quel giorno anche il cavallo di Iamìn cadde e si ferì. Quel mercante passò di lì e offrì anche a lui un sacchetto di pietre per il cavallo ferito, ma lui rifiutò. Allora l’uomo gli offrì ben tre sacchetti, ma lui rifiutò anche questa volta perché il cavallo era suo fin da quando era un piccolo puledro e gli voleva tanto bene. Iamìn, anzi, lo dissetò con l’ultima borraccia d’acqua che gli era rimasta e cominciò ad accarezzargli la ferita. Il cavallo, come per magia, si alzò e si diresse verso un sentiero. Iamìn, felice che si era ripreso, lo seguì. Dopo un po’ si fermò vicino ad una fonte dove stava bevendo una bellissima ragazza, che disse: “Io ero il fiore e tu mi hai ridato la vita; io ero il vecchio e tu mi hai aiutato; io ero il ricco mercante, ma tu hai pensato solo al tuo cavallo - poi aggiunse - prendi questo sasso: lì dove lo appoggerai, sgorgherà una sorgente eterna.” Iamìn la ringraziò e felice tornò verso casa. La sera del settimo giorno i due fratelli si presentarono davanti al loro padre, che prima di vedere i doni volle ascoltare le loro storie. Prima parlò Alamìn e alla fine aprì il suo sacchetto: tutta la corte guardò con stupore quelle meravigliose pietre, luminose e splendenti. Quando toccò a Iamìn, tutti pensarono che fosse stato un po’ sciocco a rinunciare a tre sacchetti di pietre preziose e tornare con un sasso, ma non appena videro i suoi poteri tutto il popolo lo acclamò ed il re lo proclamò suo successore perché aveva dimostrato bontà, generosità e saggezza . Il giovane Iamìn rese il suo regno ricco di sorgenti; ne fece sgorgare ovunque, anche oltre i suoi confini e tutti erano felici perché la terra dava tanti frutti, i contadini potevano dissetarsi, gli animali potevano bere e i bambini potevano perfino giocarci. Egli aveva assicurato al suo regno la cosa più preziosa, quella che lo avrebbe fatto prosperare nei secoli: l’acqua.

Autore: Classe I C Scuola primaria “E. Medi”- Porto Recanati (MC)

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Il Re, il Vecchio e la Brocca d’acqua (ovvero: le apparenze ingannano)

C’era una volta un regno governato da un re all’apparenza molto saggio: si chiamava Scego. Era molto giovane e bello come un principe delle fiabe, era robusto ed alto. Aveva i capelli ricci e folti di colore nero, gli occhi verdi, grandi, vivaci e attenti a tutto quello che capitava intorno a lui. Tutti gli abitanti del regno gli chiedevano consigli, offrendogli in cambio doni di ogni tipo. Un giorno un povero vecchio si recò dal re Scego per chiedergli un parere riguardo ad un suo problema e gli porse in cambio una brocca d’acqua. Il re andò su tutte le furie: “Questo non è un dono degno di un re!” urlò e scaraventò a terra la brocca che andò in frantumi e la cui acqua si sparse sul pavimento. All’improvviso, e per un solo attimo, il re vide che dalla pozzanghera prendeva forma il suo stesso volto che, con espressione seria, scuoteva la testa come a rimproverarlo per quell’azione. Scego disse tra sé e sé: “Ma cosa sto pensando…!?” e agitò il capo per scrollarsi l’immagine dalla mente. Il vecchio intanto se ne andò deluso e rattristato, si diresse verso la sua casa e appena entrò riprese le sue vere sembianze, quelle di uno stregone, uno stregone buono, Pergal. Egli aveva voluto mettere alla prova la saggezza del sovrano e, vista la sua reazione, pensò ad un modo per far capire a re Scego l’importanza dell’acqua. Era ormai notte e Pergal avviò il suo stratagemma: entrò nei sogni del re e gli mostrò il regno completamente prosciugato e i pozzi privi di quell’acqua che lui aveva rifiutato. Il mattino seguente Scego si recò al pozzo a lavarsi il viso, come suo solito, ma si impressionò quando vide che l’acqua era sparita e si ricordò del sogno… ma ancora una volta scrollò la testa per allontanare quel terribile pensiero.

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Sperò che solo il suo pozzo fosse prosciugato e provò a vedere in quelli delle abitazioni vicine, ma… tutti erano vuoti! Il sogno si era avverato! Venne distolto dai suoi pensieri da una gran confusione, perché la gente urlava: “Non c’è più acqua da bere!” “Non possiamo più lavarci!” “Le piante e gli animali… come faranno?” La gente, fuori di sé, chiedeva al re consigli sul da farsi, ma il re non sapeva rispondere e si chiuse in una stanza del suo palazzo per riflettere. Ripensò al vecchio che il giorno prima gli aveva offerto la brocca d’acqua, perché forse lui ne aveva un po’. Uscì dal palazzo e andò a cercarlo, ma non lo trovò, così tornò nella sua stanza, deluso e scoraggiato, e riprese a riflettere per trovare una soluzione. Passarono delle ore interminabili e, ad un tratto, Pergal, con le sembianze del vecchietto, apparve nella stanza con una brocca d’acqua. “Ehm… sì… cioè… io…” balbettò il re per lo stupore. “Credo che tu abbia bisogno di aiuto” replicò Pergal e, mostrandogli la brocca, aggiunse: “Guarda come sarebbe il futuro senza acqua!” Si vedevano piante spoglie e grigie, animali morti, persone che soffocavano… “Che amarezza! Che sbaglio tremendo ho fatto!” esclamò re Scego, ripensando a come si era comportato con il vecchio. Pergal prese per mano il sovrano e lo condusse nel punto in cui egli aveva imprigionato l’acqua: si trattava della roccia Armnes, la roccia più grande di tutto il regno di Scego. Pergal, che intanto aveva ripreso le sue vere sembianze, appoggiò il palmo della mano sulla roccia, su cui si aprì una fessura dalla quale iniziò a sgorgare l’acqua. Col tocco dello stregone tutti i pozzi si riempirono e il regno fu salvo. Scego imparò a non sprecare l’acqua e soprattutto capì che essa è un dono prezioso, degno di un re.

Autore: Classe IV A Scuola primaria “Luca Seri”- Mogliano (MC)

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Il sogno di Milla La fogliolina Milla viveva con papà Albero e le sue sorelline nel basso bacino del Chienti. Purtroppo la madre Gemma era morta nel darla alla luce, ma questo dolore aveva reso la fogliolina più forte, attenta e sensibile ai problemi di tutti e di tutto quello che la circondava. Nei giorni assolati e tersi Milla poteva vedere dalla sua casa il Mare Adriatico, così azzurro e limpido da confondersi spesso con il cielo.La fogliolina viveva quella visione come un sogno, dal quale però, abbassando lo sguardo, si svegliava subito: infatti, ad un passo da lei scorreva il fiume Chienti, torbido e puzzolente, avvelenato dalle sostanze nocive gettate lungo il suo corso da decine di fognature e scarichi nascosti.Non sapeva di chi fosse la colpa, ma in quelle acque Milla aveva visto morire molti dei suoi conoscenti: il signor Luccio, ad esempio, che la salutava tutte le mattine guizzando; la vedova Carpa, sempre afflitta per la prematura morte del marito, senza sapere che l’avrebbe raggiunto in un battibaleno; il giovane Cavedano, grosso e bello, adorato da tutte le pescioline e, infine, il piccolo Persico Reale, suo compagno di giochi e di speranze. In quei momenti, presa dal dolore, dalla tristezza e dalla preoccupazione per la sorte della sua famiglia e degli altri abitanti della zona, la tenera fogliolina rivolgeva lo sguardo, prima al mare, poi al fiume e, ondeggiando nella brezza serale, malinconicamente sussurrava: Nel mare pulito c’è un sogno infinito: salvare l’ambiente per far vivere ogni essere vivente. Povero il mio fiume sporco ed inquinato, tutto il tuo ambiente è ormai avvelenato. Solo un eroe ci potrà salvare per tutelare noi e il bel mare.

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Una sera, dopo aver mangiato a cena un po’ troppa linfolata con contorno di sali minerali, preparati da papà Albero e forse già un po’ avvelenati a causa delle falde acquifere inquinate, Milla si addormentò quasi con un masso sul pancino e sognò la sua mamma, tenuta per mano da Vertumno, dio della natura e dell’agricoltura. - Accompagnata dal vento, verde piccina, mormora agli uomini col tuo fruscio la soluzione: barriere idrauliche come depurazione. - Le dissero entrambi e aggiunsero - Ma quel che più conta è prevenire e tutelare, perché l’acqua, per il mondo e la vita, è un bene da salvaguardare! Al risveglio, Milla fece quanto le era stato suggerito dalla madre e da Vertumno in sogno e, aiutata dall’amico vento e dalle altre sorelline, diede vita ad un fruscio tam-tam che arrivò alle orecchie di alcuni uomini.Essi si unirono subito in associazioni e incominciarono a lavorare in tutti i modi per salvaguardare l’acqua. E ancora oggi che Milla non c’è più, il suo tam-tam continua e raggiunge ogni luogo, per essere ascoltato da tutte le persone di buona volontà che sentono l’acqua come un elemento prezioso, senza il quale non si può assolutamente vivere.

Autore: Classe III A Scuola primaria “Via Piave”- Morrovalle (MC)

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Le avventure di una foglia C’era una volta una foglia che viveva sulla cima di un vecchio e altissimo tiglio di montagna, dal quale ammirava un panorama senza limiti. In autunno un vento freddo e forte la staccò dall’albero e con il vento cominciò a volare, felice di quest’avventura che stava per iniziare, felice per la libertà acquisita. Il volo però fu breve, perché la foglia cadde tra le rocce. Arrivò l’inverno e iniziò a scendere la neve che ricoprì la povera foglia, ormai convinta che quella fosse la fine del suo viaggio. Passò l’inverno e il sole cominciò a sciogliere la neve. La foglia si svegliò d’improvviso dal lungo sonno in cui era caduta, sballonzolata nell’acqua formatasi dalla neve sciolta che scendeva dalla montagna. Dopo un gran salto si trovò in un fiume in piena e correva tra pareti di rocce. La foglia sentiva che quell’acqua che l’avvolgeva era, in qualche modo, la stessa sostanza che l’aveva nutrita nel suo albero. Foglia ed acqua scendevano dai monti, ora con un moto tranquillo all’ombra dei boschi, ora con moto allegro e saltellante tra pietre e sassi. La foglia si godeva questo grandioso viaggio, osservando le nuvole nel cielo, gli uccelli e gli animali che si rispecchiavano nell’acqua e si dissetavano. A un certo punto si ritrovò in un’acqua dolce e calma: era un lago. Qui percorse tutte le sponde, tra la melma e le trote che saltellavano. All’improvviso una forza strepitosa la trascinò verso il fondo e si ritrovò incanalata in un tubo di una diga, da quale venne scaraventata con molta forza verso un vortice d’acqua e vento: era adesso tra le pale di un mulino ad acqua! La foglia era felice di stare su questa specie di giostra ma, ad un tratto cominciò a girarle la testa, così decise di scendere e riprese la corrente del fiume. Ormai era quasi estate e la foglia pensò di prendere la diramazione verso il mare. Passò attraverso fitte vegetazioni, sotto vecchi ponti di legno, ammirando la natura in tutte le sue sfaccettature, fino ad arrivare in un’immensa distesa d’acqua; finalmente era giunta al mare. Ormai la foglia era diventata vecchia ed aveva concluso il suo viaggio, ma non era affatto triste, anzi, era molto soddisfatta della sua fantastica avventura e di tutto ciò che aveva conosciuto. Poi, in fondo, si trovava nel mare e chissà quante cose potevano ancora succedere…

Autore: Classe III B Scuola primaria “Via Piave”- Morrovalle (MC)

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Fantasia e realta’ In un paese incantato viveva una bambina di nome Lili, era la figlia dello spiritello dell’acqua; viveva in una casa al centro del lago di Cristallo. Lili aveva il compito di mantenere sempre pulita l’acqua del lago, per preservare la vita dei pesci e di tutte le altre specie viventi. Per fare questo Lili usava un panno magico, con questo panno lei lucidava tutte le gocce d’acqua. Un giorno però Lili venne punta dalla mosca Ronf-Ronf che la fece cadere in un sonno profondo. Il lago e tutte le sue creature si sentirono in pericolo, perché tutto dipendeva da Lili, cosa fare per svegliarla? Alcuni pesciolini Cercatori si misero alla ricerca dell’alga Drin-Drin poiché era l’unico rimedio contro la puntura della mosca Ronf-Ronf. Quando i pesciolini riuscirono nel loro intento, preparano con l’alga una pozione che fecero subito bere a Lili. Dopo poco tempo Lili si svegliò e vide che l’acqua del Lago di Cristallo stava diventando sempre più sporca. Lili chiese aiuto alle nuvole dicendo loro di mandare della pioggia per pulire il lago. Le nuvole l’ascoltarono e subito fecero cadere tante e tante gocce di pioggia pulita, cosicché tutto immediatamente tornò splendente. Lili ci fa capire quanto sia preziosa l’acqua che noi abbiamo e che dobbiamo mantenerla pulita al riparo da sostanze inquinanti e nocive.

Autore: Classe III Scuola primaria “De Amicis” - Pieve Torina (MC)

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Il cervo e la fogliolina C’era una volta un bel bosco Perfetto, dove gli animali e le piante vivevano in equilibrio e rispetto. Purtroppo però, la flora e la fauna iniziavano a soffrire, perché non pioveva più da molti mesi e tutti gli esseri viventi iniziavano ad avere sempre più sete. Un giorno un cervo di nome Cerbiolino in cerca di acqua arrivò fino al fiume, ma appena arrivato, ahimè, trovò una brutta sorpresa: anche il fiume era secco e tutta l’acqua, che un tempo scorreva libera, ormai era sparita. Il cervo disperato disse:”Sarà la nostra fine, chi ci può aiutare?” A quelle parole rispose una fogliolina di nome Titina: ”Anche noi abbiamo molta sete,le nostre radici non trovano più acqua nel terreno, presto diventeremo dei rami secchi. Ma non disperiamo, va nel bosco e cerca la grotta del mago Merlin, forse lui potrà aiutarci!” Il cervo fiducioso seguì il consiglio della sua amica e arrivò alla grotta del mago; appena lo trovò gli disse: ”Mago Merlin ti prego, aiuta il tuo bosco, tutti hanno una gran sete, che cosa possiamo fare? ” Il mago rispose: ”Caro Cerbiolino, so bene che il bosco è in pericolo, l’acqua purtroppo non basta più, per questo io stavo preparando una polverina magica che vi potrà salvare. Ecco prendi questo vaso, vai al fiume e getta in aria un po’ di polvere, la magia vi salverà” Quando il cervo tornò al fiume era molto contento e fiducioso, mostrò la polvere alla fogliolina e gettò in aria la pozione proprio come gli aveva detto il mago, ma …. Un caldo ancora più forte si alzò dal terreno, quasi non si riusciva a respirare. La sete aumentò ancora di più, Cerbiolino disse: “Che cosa non ha funzionato?” Titina sofferente gli rispose: “Non so, caro amico, torna dal mago e parla con lui.”

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Il cervo stanco ed assetato ritornò da Merlin che vedendolo domandò: “Che cosa è successo? Racconta.” Cerbiolino trovò la forza necessaria e rispose: “Ho fatto tutto ciò che mi hai detto, ma all’improvviso il caldo è stato più forte e insopportabile, qualcosa non ha funzionato.” Il vecchio mago allora, prese il suo grande librone degli incantesimi e riflettendo disse: “Povero me, gli anni passano e la mia mente mi tradisce, senza formula magica nessun incantesimo si realizza! Andiamo insieme al fiume e vedrai che tutto tornerà a posto.” Così fecero, lentamente arrivarono al fiume, Merlin prima alzò la bacchetta magica e disse: “Bibidì Bobidì Bu fa che la pioggia cada giù!” Poi lanciò in aria la polvere. Dopo un po’, come per incanto iniziò a scendere una pioggerellina fresca e leggera e nel fiume iniziò a scorrere un po’ d’acqua. Il silenzio fu presto interrotto dalla voce bel bosco:”Grazie mago, ci hai salvato, sei arrivato proprio in tempo, un altro giorno e molti di noi sarebbero morti:” Il bosco per un bel po’ di tempo usufruì di quel bene prezioso ed indispensabile che si chiama acqua e tutti gli essere viventi vissero felici e contenti.

Autore: Classe III A Scuola primaria Urbisaglia - Urbisaglia (MC)

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La gocciolina e il pesce C’era una volta una gocciolina che scaturiva da una roccia e scendeva dalla cascata finchè si trovò in un fiume. Si guardò intorno e vide una valle verde bellissima, cominciò a scivolare lungo il fiume della valle e incontrò un pesciolino rosso con il quale divenne amica. Viaggiarono insieme lungo il percorso del fiume, ridendo, scherzando e giocando. Un giorno videro dei bambini che mentre facevano merenda in riva al fiume, gettavano le cartacce e lattine vuote nell’acqua, come se fosse un gioco. Il pesce, senza accorgersene, si infilò all’interno di una busta di patatine vuota gettata dai bambini, e malgrado i tentativi non riusciva a trovare la via di uscita. Stava ormai per soffocare, quando la gocciolina chiese aiuto alle sue amiche gocce che, unitesi fra di loro forte forte, provocarono un’onda molto alta e il pesciolino riuscì così a liberarsi e tornò a nuotare libero. Il pesce finalmente libero, ricominciò a nuotare con la sua amica gocciolina, passarono altri fiumi, laghi e infine arrivarono al mare. Lungo la strada incontrarono spesso tanti altri rifiuti gettati dagli uomini e dai bambini e si meravigliarono di come tante persone, purtroppo, non hanno alcun rispetto della natura e degli animali che vivono in essa e in particolare dell’acqua, che è la fonte principale di vita di ogni essere vivente.

Autore: Classe II Scuola primaria “De Amicis” - Pieve Torina (MC)

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Acqua per tutti L’acqua delle sorgenti scende giù dai monti e raggiunge le nostre fonti. Rinfresca Diverte Rispecchia Rilassa Diventa fiume: acqua in quantità! Diventa mare: acqua a volontà! L’acqua fa vivere, a volte può uccidere. Splende al mattino col sole brilla di notte al chiarore della luna e delle stelle e fa pensare cose assai belle. L’acqua dei ruscelli serve anche agli uccelli e a tutti gli animali che pascolano nei praticelli.

L’acqua del mare fa navigare, ti fa scivolare sugli scogli, fa nuotare i pesci negli oceani più profondi. Acqua per innaffiare Acqua per giocare Acqua per lavare. L’acqua trasparente l’acqua turchina l’acqua che non inquina. L’acqua per tutti gli esseri è vita: di sprecarla facciamola finita!! L’acqua è…l’acqua: punto e basta! USARLA E’ UN DIRITTO SPRECARLA UN DELITTO!!!!

Autore: Classe IV Scuola primaria “De Amicis” - Pieve Torina (MC)

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Scuole Primarie

Provincia di Fermo

Illustrazione di Simonetta Palmucci


Filastrocca sull’acqua affatto sciocca Sul pianeta l’acqua manca perché di gente ce n’è tanta ma a questo si potrebbe rimediare se ognuno “l’oro blu” imparasse a risparmiare. Non sprechiamola per annaffiare il giardino perché in Africa salverebbe più d’un bambino. Preziosa e deliziosa fonte di vita, oggi è diventata, una risorsa limitata, che perciò non va mai sciupata o peggio ancora inquinata! Essa va usata moderatamente per darne equamente a tutta la gente. Noi italiani, del globo siamo i più spreconi e se non rimediamo, finiremo a rotoloni. L’acqua è ricchezza o povertà per quella parte del mondo che non ce l’ha: chi ne ha poca e chi proprio niente tra nord e sud, oriente ed occidente. Pure Obama nel giorno della sua investitura ha promesso ai poveri l’acqua pura. Non la sprechiamo a volontà Perché ben presto finirà!!! E chi non ce l’ha, la pretenderà. Celeste, argentata e pura essa è un dono di Madre Natura, tutti quanti ne hanno bisogno quindi diamola a tutto il mondo.

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Quant’è gradita l’acqua fresca e pura all’assetato nella gran calura: impariamo a non sprecarla, ma ad amarla e rispettarla. C’è chi non ne ha nemmeno un goccio e fa chilometri per prenderla con l’orcio, mentre noi che ne abbiamo tanta la sprechiamo senza creanza. Se manca questo elemento fondamentale ogni attività umana finisce male e la vita di ogni altro organismo planetario scomparirebbe persino dal vocabolario. L’acqua è un diritto per tutti gli esseri del mondo che grazie a lei vive e prospera giocondo. Una problematica complessa c’è da sbrogliare e per risolverla tutti insieme dobbiamo cooperare. Vogliamo continuare a sorseggiare acqua pura? Del nostro ambiente, impariamo ad avere più cura!

Autore: Classe IV B Scuola Primaria “S. Andrea” - Fermo

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Le avventure del ruscello canterino Il ruscello Canterino scorreva nella Valle Fiorita dove tutti erano felici: i prati verdi, i fiorellini colorati, gli animaletti che andavano a bere l’acqua fresca e anche i bambini che giocavano sulla riva con le paperette e le barchette di carta. Un brutto giorno un uomo scavò una buca tanto profonda che quasi non si vedeva il fondo e il ruscello per sbaglio cadde lì dentro. Che paura! Era tutto buio e il ruscello andava sbattendo da tutte le parti. Voleva uscire, voleva assolutamente uscire, e alla fine pensò di aver trovato una via, ma… Un grosso masso dispettoso gli si posò davanti e bloccò l’uscita con aria minacciosa. - Ti prego, fammi uscire! Io non servo a niente qui sotto, devo portare l’acqua ai fiorellini, all’erba, agli amici animaletti, ai bambini… Come faranno senza di me? - No, tu rimani con me. Perché devo stare sempre qui sotto da solo? Niente da fare, il masso non voleva saperne di aiutarlo. Intanto la Valle Fiorita non era più fiorita, gli animaletti avevano tanta sete ed i bambini erano diventati tristi tristi. Il torrente Canterino non cantava più, ma piangeva tutto il giorno. - Non servo più a nessuno, non voglio stare qui, tanti amici hanno bisogno di me! Un giorno qualcuno ascoltò il suo pianto, volle conoscere la sua storia e promise di aiutarlo. - Ma tu chi sei? - Sono il signor Terremoto. - E mi aiuterai davvero ad uscire di qui e tornare nella Valle Fiorita? - Certo, per me non è difficile. Tieniti pronto. A questo punto la terra tremò, molte rocce crollarono e anche il masso rotolò di lato lasciando libero il passaggio verso la luce. Il ruscello Canterino corse da quella parte, uscì alla superficie e ricominciò a scorrere veloce e allegro verso la Valle Fiorita. Appena sentita la sua voce tutti corsero da lui pieni di contentezza: gli animaletti che avevano la gola secca si dissetarono con gusto con l’acqua fresca, i fiorellini rialzarono la testa come pure i fili d’erba, e anche i bambini ricominciarono i loro giochi sull’acqua. Il ruscello Canterino continuò a scorrere e cantare per cento anni ancora portando la vita e la gioia in tutta la Valle Fiorita.

Autore: Classe I Scuola Primaria “San Michele Lido” - Fermo

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L’ acqua e il fuoco Il fuoco e l’acqua erano nemici da sempre. - Io sono bello, colorato, so alzarmi in alto… - Io so saltare nelle cascate con tanta forza… - Tu sei insipida, non hai colore, non hai sapore… - Ma nessuno può vivere senza di me, mentre di te si può fare a meno benissimo. - Io sono potente, posso distruggere qualunque cosa in poco tempo. - Basta, non voglio più parlare con te, sei troppo presuntuoso. Ma tu spera di non incontrarmi mai sulla tua strada. Il fuoco si era seccato di questa conversazione e pensò di dare all’acqua una prova della sua forza: con le sue lingue bollenti cominciò a toccare uno degli alberi di un parco dove c’erano tanti bambini che giocavano sorvegliati dalle loro mamme. Una di esse si accorse subito dell’albero che stava prendendo fuoco e col suo telefonino chiamò il 115. In meno di dieci minuti arrivarono i Vigili del Fuoco a sirene spiegate; subito misero in funzione le pompe con i loro getti potenti diretti sulle fiamme. Ci fu una lotta feroce tra l’acqua e il fuoco il quale cercava di resistere con tutte le forze. - Maledetta, non mi ucciderai! E cercava di alzare le sue fiamme dove l’acqua non era arrivata. - E’ inutile, tra poco sarai completamente spento! Devi arrenderti, io sono molto più potente di te! Da quel giorno il fuoco cerca di star lontano dall’acqua, ma lei lo raggiunge sempre quando cerca di fare danni.

Autore: Classe II B Scuola Primaria “San Michele Lido” - Fermo

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La strega che odiava l’acqua Maria era una bambina di sette anni, con due trecce lunghe e gli occhi blu. Quello che proprio non sopportava era la minestra e la signora Panzetti, perché ogni volta che la incontrava la inondava di baci umidi e le parlava come ai bambini piccoli piccoli. Un giorno Maria decise di farle uno scherzo: si comprò un anello a forma di fiore che spruzzava acqua in quantità. Quando, il giorno dopo, la signora stava per avventarsi su Maria, la bambina mostrò il suo anello – fiore e disse: - Signora Panzetti, guardi il mio anello, si avvicini! Come la signora fu con l’occhio sopra all’anello, Maria spruzzò con tutta la forza che aveva e con un getto d’acqua inondò la faccia e i capelli della vecchia. Una smorfia orribile si dipinse sulla sua faccia che cominciò a trasformarsi mentre i capelli cadevano. Sembrava sciogliersi come una maschera di cera mostrando occhi fissi e cattivi, una smorfia a labbra strette e una faccia rugosa, accartocciata e una testa quasi calva. - Iiiiiiiiiiiiiihh! – urlò con un sibilo raccapricciante. - Sono la strega Sgranocchiabambini e tu mi hai scoperto. Io odio l’acqua. Mi piace la puzza e lo sporco! Ci sguazzo! E ora lancerò la maledizione della puzza feroce, così dai rubinetti della città non uscirà più acqua per un anno intero. “Acqua scompari acqua vai via dai rubinetti solo ragni perfetti!”

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Dai rubinetti della città non usciva più una goccia d’acqua, ma solo piccoli ragni pelosi. Che disperazione! Appena finite le scorte di acqua minerale, la gente si dovette arrangiare con dei grandi secchi per raccogliere l’acqua piovana. Poi si fecero i turni per riempire le bottiglie ad una fontana fuori città. Per lavarsi e per lavare i panni bisognava andare al fiume, ma solo nelle giornate di sole. Altrimenti si poteva usare mezza brocca d’acqua versata in un catino per i lavaggi più urgenti. L’acqua sporca veniva usata per lavare i pavimenti e per cucinare si prendeva l’acqua dal pozzo. Dopo un anno esatto il maleficio finì ed i rubinetti iniziarono a cantare di nuovo, e la bella acqua limpida tornò in tutte le case. Ma la gente ormai si era abituata a non sprecare l’acqua e ne capiva l’importanza. Dopotutto, era anche grazie alla strega che se ne erano resi conto. Gli abitanti della città decisero di mandare un biglietto di ringraziamento dove c’era scritto: “ Gentile Strega Sgranocchiabambini, grazie perché ci ha svelato il valore di qualcosa di tanto prezioso che avevamo sotto gli occhi senza capirlo. La invitiamo il venerdì 13 di ogni anno per una festa insieme. Solo per quel giorno nessuno si laverà.”

Autore: Classe II A Scuola Primaria “San Michele Lido” - Fermo

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Il Regno dell’Acqua Ci fu un tempo in cui il Pianeta era diviso in quattro Regni: il Regno dell’Aria, il Regno della Terra, il Regno del Fuoco e il Regno dell’Acqua, ognuno aveva la sua grande porta d’ingresso. Tutto filava liscio, finché un giorno, un maledetto giorno comparve un Malvagio Mostro, che come dice il nome era una creatura indescrivibile, nauseabonda, di una cattiveria insuperabile, il quale venuto in possesso della chiave d’oro della porta del Regno dell’Acqua la chiuse con una violenta mandata. Le conseguenze furono subito devastanti, soffrivano la sete animali, persone e piante, i campi diventarono aridi, l’acqua stava quasi scomparendo dappertutto. Il tempo comunque trascorreva, sul Pianeta erano rimasti liberi solo il Regno del Fuoco, il Regno della Terra e il Regno dell’Aria, del Regno dell’ Acqua neanche a parlarne, sempre bloccato come in un incantesimo. Il Malvagio Mostro per liberare il Regno dell’Acqua pretendeva di rendere uomini, animali e piante schiavi, ma nessuno voleva rinunciare alla propria libertà, intanto l’acqua scarseggiava sempre di più. Allora… alcuni bambini di quel Regno chiesero aiuto a due cavalli anche loro assetati e stanchi, uno sauro, uno bianco che, però insieme si racconta avessero compiuto imprese eroiche: avevano salvato, nel Regno dell’Aria, gli uccelli da un vento spaventoso, avevano procurato il cibo ai leoni che scappavano dalla foresta in fiamme nel Regno del Fuoco, avevano riparato i piccoli animali da un terribile terremoto, avvenuto nel Regno della Terra. I due cavalli, Castore e Polluce si guardarono, annuirono e proposero alla popolazione di nascondersi nella grande vallata, in modo che prima o poi il Malvagio Mostro si facesse vivo non vedendo più le persone. Osservarono l’ambiente circostante e notarono che due bambini avevano appena finito di aiutare i nonni del villaggio che erano in difficoltà, quin-

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di li “invitarono” a salire sulla loro groppa cercando di far capire loro che avrebbero dovuto strappare la chiave d’oro al Malvagio Mostro, appena se ne fosse presentata l’occasione. Trascorse un giorno, un altro ancora ed ecco che il malvagio Mostro scese verso la spiaggia per attirare e dominare anche l’acqua salata del mare confinante. I due cavalli allora si avvicinarono ai bambini e li fecero salire. Come d’accordo Castore e Polluce con una folle corsa spinsero verso il mare il Mostro, i due piccoli riuscirono a prendere la chiave d’oro. Il Mostro fu inghiottito dall’acqua salata del mare e scomparve lentamente. Da quel momento, grazie ai due cavalli e ai due bambini la porta del Regno dell’Acqua fu riaperta e l’acqua cominciò di nuovo a scorrere nei fiumi, nei torrenti, nei ruscelli, nelle fontane e in ogni luogo e tutti poterono riprendere la vita di sempre perché l’Acqua è vita!

Autore: Classe III A Scuola Primaria “G. Mazzoni” - Sant’Elpidio a Mare (FM)

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Lo stagno di Sofia In una casetta di campagna, viveva una vecchietta di nome Anna. Alla signora piaceva scaldarsi davanti al fuoco. Un giorno, si addormentò e mentre sognava beatamente, un pezzetto di brace cadde sul tappeto, che prese immediatamente fuoco. Si svegliò di colpo e vide la stanza già invasa dalle fiamme. Immediatamente, corse a telefonare ai pompieri, che si precipitarono da lei. L’incendio era così vasto, che presto l’acqua dei serbatoi si esaurì e non vi era modo di arrestare il disastro. Inaspettatamente, il pompiere Gianni ebbe un lampo di genio: avrebbero preso l’acqua da un piccolo stagno lì vicino. Ma c’era qualcuno che non era d’accordo, perché l’acqua era necessaria alla vita di un abitante particolare: la rana Sofia, che proprio lì si era stabilita per depositare le sue uova. Così, mentre i pompieri immergevano i tubi nello stagno, Sofia si avvicinò per cercare di risolvere in qualche modo la situazione. Quello che ottenne fu solo di… essere risucchiata dalla pompa e bloccare il flusso dell’acqua. I pompieri si accorsero subito che c’era qualcosa che non andava, e mentre cercavano di rimediare, una vocina si sentì dal suo interno: “Per favore, sono imprigionata in un malefico incantesimo, che qualcuno mi baci e tutto si risolverà!”. I pompieri della squadra, prendendo in giro Gianni, lo spingevano: “Presto Gianni, l’idea di prendere l’acqua qui è stata tua, sei tu che devi baciare quell’essere viscido! Magari ti ritrovi una principessa per fidanzata… ah ah!”. Le fiamme avevano avvolto quasi tutta la casa, la situazione era seria e non c’era tempo per mettersi a scherzare come idioti; Gianni non ci pensò due volte e con i denti cercò di lacerare la pompa, da dove faceva capolino Sofia. La pressione dell’acqua fece il miracolo: la pompa scoppiò e Sofia si trovò spiaccicata in faccia alla signora Anna. L’acqua, uscita con forza, finalmente stava domando le fiamme ed i pompieri, tra il divertimento e la soddisfazione, prestavano i primi soccorsi alla vecchina. Tutti erano felici, tranne Sofia, che non era riuscita a salvare il suo stagno. Sì, tutti erano felici: i pompieri soddisfatti, la signora Anna salva, l’incendio domato, ma lei… era rimasta una ranocchia senza più neppure una goccia d’acqua per nuotare. Gianni si accorse della

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rana, che saltellava mestamente per allontanarsi; la raggiunse e la prese in mano. Le fece capire che se anche un sogno non si realizza, ci possono essere felicità maggiori nella vita; era grazie alla sua rinuncia che i pompieri avevano potuto prelevare l’acqua necessaria a spegnere l’incendio. Tutti si avvicinarono, anche la signora Anna, che commossa comunicò la sua decisione: “Grazie a questa piccola rana, io sono viva. Voi pompieri siete accorsi subito, ma se la ranocchietta non avesse rinunciato al suo stagno, a quest’ora non sarei qui. Prenderò con me questo animaletto, mi farà compagnia con il suo verso.” Così alla fine tutti furono contenti: Gianni tornò in caserma festeggiato come un eroe, Sofia da allora abitava in un bellissimo acquario con tanto di luce e riscaldamento ed Anna non ebbe più paura di addormentarsi davanti al fuoco, perché al primo pericolo, Sofia la avvertiva con il suo “cra cra”. L’acqua non serve solo a bere, lavarsi, annaffiare… ma spesso salva la vita!

Autore: Classe III B Scuola Primaria “G. Mazzoni” - Sant’Elpidio a Mare (FM)

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Bollolandia 2999 … invasione Pianeta Acqua Nel paese Bollolandia le case sono formate da bolle di sapone che volano nell’aria e riflettono i colori dell’arcobaleno. C’è il sindaco, Sveltos super sgrassante, il generale Mastros Lindus, dall’aspetto potente, che ha una caserma fatta da centinaia di bolle appiccicate tra loro, il Professor Pavimentis, un liquido viola molto profumato, Dentifrais, una gelatina di colore verde trasparente e tanti altri esserini come Lattinoles e Schiumogenos. Questo è un meraviglioso pianeta fatto di brillanti colori e intensi profumi; ma ahimé! Dietro a tanta beltà si cela la distruzione della vita. In un giorno lontano del 2999 i Bollolandesi, che per molti anni hanno collaborato con gli uomini per l’igiene personale e ambientale, impazziscono e decidono di stabilirsi sul Pianeta Acqua: il rischio di un disastro ambientale è alto. Nel suo bolla-laboratorio il professor Pavimentis inventa uno strano liquido bluastro altamente inquinante; il generale Mastros Lindus organizza le sue truppe di tubetti-viventi e la sua flotta-bolla; vengono caricate armi micidiali; mina super colorante, missili super detergenti e razzi-rifiuti: tutto è pronto per l’invasione. Intanto il Pianeta Acqua, indifeso, chiede aiuto al Pianeta Terra e insieme cercano di indire una conferenza per ristabilire un equilibrio di convivenza tra Acqua, Uomini, e Bollolandesi. Questi ultimi non ne vogliono sapere: oramai il potere è nelle loro mani. Primo obiettivo le fresche sorgenti: alcuni tubetti-viventi versano in esso quel liquido bluastro creato dal Prof. Pavimentis; in un battibaleno l’acqua diventa di blu brillante e…altamente nociva; poi vengono attaccate le limpide cascate e i fiumi; trasformati anch’essi in acque colorate e dannose che in breve tempo diventano melmose; nel frattempo la flotta-bolla sbarca sul mare; i pesci allarmati cominciano a fuggire ma subito vengono lanciati razzi-rifiuti e missili super detergenti; in pochi istanti sulla superficie emerge una schiuma grigia e puzzolente mortale. Da qui il generale Mastros

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Lindus dà ordine di attaccare gli acquedotti del Pianeta Terra. E’ un vero disastro ambientale! L’acqua ormai è diventata nera e puzzolente; anche gli uomini non possono bere, lavarsi, annaffiare le piante, coltivare; la situazione è insostenibile. Nel frattempo, al Polo Nord, un bambino eschimese durante il suo sonno sogna Splash, l’ultima goccia d’acqua pura e bella rimasta sul Pianeta Acqua; questa gli racconta ciò che sta capitando, la sua paura e che a molte sue amiche sono rimaste poche forze per vivere. Al mattino il piccolo si sveglia e il sogno lascia nel suo cuore un terribile dolore; improvvisamente una lacrima scende dal suo bel faccino e in quel preciso momento gli viene una formidabile idea: conservare quel piccolo tesoro. Allora con un ditino la prende e la ripone delicatamente in un barattolo; raccoglie alcune cose in uno zaino e parte alla ricerca di tutti i bambini del mondo. Durante il viaggio incontra migliaia di bambini e racconta a tutti loro ciò che sta capitando all’acqua e all’ambiente e del coraggio che ancora ha l’ultima goccia, Splash, sopravvissuta. In breve tempo cascate di lacrime di bambini tristi scorrono come fiumi straripanti in tutto il Pianeta Terra le quali si riversano, poi, nel Pianeta Acqua. La valorosa Splash ne prende il comando; riesce a spazzare via per sempre i Bollolandesi e far ritornare il Pianeta nel suo aspetto puro e pulito. Da questo momento il Pianeta Acqua diventa un tesoro prezioso e indispensabile a tal punto che ognuno cerca di contribuire per un futuro migliore.

Autore: Classe III C Scuola Primaria “G. Mazzoni” - Sant’Elpidio a Mare (FM)

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Scuole Primarie

Provincia di Ascoli Piceno

Illustrazione di Maurizio Ferracuti


Il mistero dell’acqua scomparsa Nel paese che ci sarà, vivrà, fra molti e molti anni, un gruppo di bambini. Essi avranno una sola passione: conoscere come era la vita sulla terra quando l’acqua cadeva dal cielo e scorreva in lunghe strade giù dalle montagne fino al mare. Già… perché la terra, in quel tempo lontano, era secca e sabbiosa, il colore dei paesaggi aveva solo sfumature dal marrone al giallo: quasi nessuno si ricordava più che colore fosse il verde. Il cielo era sempre dello stesso colore: azzurro. E, nonostante i vecchi raccontassero anche di strane cose volanti chiamate “nuvole”, nessuno le aveva davvero mai viste. I vecchi raccontavano che i loro nonni, quando erano bambini, potevano lavarsi con l’acqua, immergercisi dentro, giocarci, spruzzarsela addosso. Ora invece era proibito usare l’acqua per lavarsi perché era talmente poca quella rimasta che la legge stabiliva che poteva essere usata solo per bere. Per tutti gli altri usi la gente aveva imparato a fare in modo diverso. Il presidente Sprekamen si era impossessato di tutte le riserve e ogni famiglia ne poteva avere solo un litro al giorno. Nel paese viveva anche Strambika, un’anziana scienziata che tutti credevano pazza perché diceva sempre che l’acqua sarebbe tornata a scendere dal cielo. I bambini erano gli unici che pensavano che forse potesse avere ragione: più che un pensiero, forse era un desiderio, così forte da escludere tutto il resto. Per questo un giorno andarono a trovarla. Suonarono il campanello e sentirono un suono che non avevano mai udito: un fortissimo scroscio, come di tanta acqua che cade dall’alto…ma non c’era traccia di acqua. Quando venne alla porta i bambini scoppiarono a ridere: era bassa, cicciottella, aveva capelli grigi, corti e dritti sulla testa; portava occhiali piccoli e rotondi che rendevano spropositatamente grandi i suoi occhi, e aveva due spettacolari, lucide, guance rosse. - Cosa volete? - chiese Strambika con una vocina sottile sottile. - Noi... vorremmo sapere... se davvero l’acqua cadrà di nuovo dal cielo sulla Terra! – disse uno di loro tutto d’un fiato. – Tu, puoi dircelo?!-

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- E secondo voi perché lo dovrei sapere proprio io? - La gente dice che tu sei un po’ … insomma solo tu credi a una cosa del genere… ma noi vogliamo saperlo! La scienziata si intenerì pensando che non avevano mai provato la gioia di sentire l’acqua sulla pelle e i bambini sarebbero impazziti di gioia se avessero potuto….. - Entrate piccoli, adesso vi spiegherò. - disse infine All’interno le pareti erano piene di vecchi quadri, disegni, foto di fiumi, laghi, paesaggi sotto la pioggia: seppure fossero sbiaditi e sciupati, i bambini non riuscivano a staccare gli occhi da essi e li osservavano sbalorditi. - E’ tutta colpa Sprekamen! - disse Strambika all’improvviso facendoli sobbalzare. - È lui che ha rubato tutta l’acqua, e la tiene nascosta in enormi serbatoi sotterranei. Nel suo palazzo però ci sono vasche, piscine e perfino cascate d’acqua. Eh…lui sì che la spreca l’ acqua!! - E tu come fai a dirlo?- chiesero i bambini. - Non mi credete? Venite con me e vedrete con i vostri occhi!! – Salirono per una lunga e stretta scala a chiocciola e arrivarono ad un pianerottolo dove si apriva una vecchia porta tutta arrugginita. Strambika girò la chiave ed entrarono…al centro di una soffitta polverosa e in contrasto con l’ambiente circostante, un grande cannocchiale lucido e scintillante era rivolto verso una piccola finestra che si apriva sulla collina poco lontana. - Guardate voi stessi!! Si avvicinarono con timore al grande cilindro, uno di loro posizionò il suo occhio nel foro predisposto così come gli indicava Strambika. Faticò a mettere a fuoco ciò che vedeva…. Il potente cannocchiale ingrandiva una piccola porzione di spazio tra le pesanti sbarre d’acciaio che circondavano il palazzo del presidente Sprekamen.

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Con un po’ di fatica riuscì a vedere qualcosa di lucido e trasparente che si muoveva sotto la luce dei potenti fari che illuminavano quello che doveva essere lo spazio circostante la casa del presidente. - Quella è acqua - esclamò Strambika – Riesci a vederla? - Vedo qualcosa di azzurro …. Sembra trasparente… è davvero acqua??- Certo che lo è… solo lui se la gode mentre noi dobbiamo badare perfino a quanta ne possiamo bere in un giorno! - Come…non è giusto!! – esclamò il bambino staccando l’occhio dal cannocchiale, mentre gli altri si avvicinavano per vedere. - Dobbiamo andare a dirlo a tutti, Strambika! - E pensate che ci crederanno?!- rispose l’anziana scienziata tristemente. - Dobbiamo provarci …comunque! Tornando alle loro case i bambini si chiedevano come avrebbero fatto a convincere i grandi che l’acqua c’era, ce n’era tanta, e che tutto quello che avevano sempre saputo sulla sparizione dell’acqua era una crudele menzogna. Fu più la tristezza e la speranza mescolata nei loro sguardi che la sensatezza delle loro parole a convincere Salvatore, uno dei loro genitori, ad andare da Strambika: perché illudeva i bambini e faceva loro credere all’impossibile? – gli avrebbe chiesto. Strambika non rispose alle sue accuse, ma lo condusse subito alla soffitta e al cannocchiale di fronte al quale Salvatore rimase sbalordito. - Guarda con i tuoi occhi, se non mi credi! – Il giorno dopo una grande folla salì sulla collina e si radunò silenziosa davanti al grigio, enorme palazzo del Presidente. Le guardie la osservavano impaurite ..nessuno aveva mai protestato in quel paese, nessuno si era mai lamentato di nulla. - Cosa volete ?- chiese Sprekamen parlando da una torretta del suo palazzo attraverso un megafono. Salvatore rispose a nome di tutti: - L’acqua Sprekamen, devi ridarci l’acqua!

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- Lo sapete, l’acqua è finita, quasi tutta, la poca rimasta deve essere razionata - rispose Sprekamen con voce incerta . - Aprici i cancelli, vogliamo vedere le riserve ! A quel punto Sprekamen capì che non avrebbe potuto mentire ancora e fece aprire il pesante cancello . . . . . . Meraviglia! Una enorme vasca piena di acqua cristallina, piante e fiori coloratissimi in ogni angolo e perfino una piccola graziosa cascata il cui scroscio li lasciò a bocca aperta! Il colore verde brillante delle piante faceva quasi male agli occhi e il profumo dei fiori solleticava le narici dei bambini facendoli starnutire . Nessuno credeva ai propri occhi! Le guardie arrestarono subito Sprekamen e ad un tratto si udì un fortissimo rombo sotterraneo: tutti restarono in attesa spaventati. Quando l’acqua dai serbatoi sotterranei cominciò a scorrere impetuosa giù per i fianchi della collina, molti piangevano di gioia. Intanto i bambini si erano precipitati nell’acqua e, spruzzandosi e bagnandosi tra loro, vagavano per quel giardino favoloso quasi incapaci di credere che esistesse davvero. Eh, sì! La vita da quel giorno cambiò molto per gli abitanti di quel paese. Già l’indomani mattina infatti, una graziosa nuvoletta grigia fece la sua comparsa nel vuoto cielo azzurro, accolta dalla gioia degli abitanti che, a naso in su, non si stancavano di guardarla. Per la pioggia però bisognò aspettare un po’…. ma quando finalmente tornò a cadere nessuno restò in casa ad annoiarsi: tutti erano per le strade, bagnati fradici a ballare e cantare!

Autore: Classe III A Scuola Primaria “Bice Piacentini” - San Benedetto del Tronto (AP)

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Il regno di Oro Blu C’era una volta, tanto tempo fa, nella profondità degli abissi, il magnifico regno di Oro Blu dove sirene e tritoni vivevano in armonia e pace governati dal saggio re Artur. Il re aveva una figlia che si chiamava Coral, una bellissima sirena dai capelli lunghi ed ondulati color dell’oro, dagli occhi blu intenso come il mare e dalle labbra rosee come il corallo. Coral era molto giovane e vivace, si divertiva a nuotare e a zigzagare tra coralli, anemoni e spugne del suo regno. Ella era anche molto buona: ogni volta che incontrava una sirena e un tritone bisognosi lei si fermava e li aiutava. Un giorno, durante uno dei suoi giri per il regno, Coral intravide in lontananza una grande macchia nera che si avvicinava al confine. Preoccupata ed impaurita nuotò velocemente dal padre per dire cosa stava accadendo. Il Re Artur capì subito di chi si trattava: Squalus Il Terrore dei Mari, una vecchia e terribile conoscenza che aveva già provato altre volte a conquistare il regno Oro Blu, dove era custodito il segreto della vita e della felicità. Infatti, non lontano dal palazzo reale, tra le rocce del colorato fondale viveva una conchiglia gigante con all’interno una perla dalle sette bellezze: era lì da millenni e vegliava la sorgente d’acqua dolce che dava vita e colore ai fondali del regno. Resosi conto del pericolo, il Re chiamò subito il suo esercito per difendere il territorio ma Squalus fu così veloce che lo invase con la sua truppa di pesci bellicosi e carnivori e portò terrore e distruzione dappertutto. In pochi giorni riuscì ad arrivare nel luogo della conchiglia gigante e visto la sua fame di ricchezza e potere la strappò dalle rocce per portarla nel suo nascondiglio interrompendo il flusso dell’acqua dolce di sorgente. Nel regno di Oro Blu iniziò così un lungo periodo di oscurità e di paura in cui Coral non potè più andare a nuotare spensieratamente tra i fondali e gli abitanti divennero facile preda degli scagnozzi di Squalus. Un giorno dei pescatori si fermarono sopra a questi abissi dove la guerra regnava e gettarono le reti per procurare il cibo al loro popolo. Erano arrivati in quelle acque dopo giorni e giorni di viaggio lungo il fiume: erano partiti dal loro lago perché un’alga velenosa aveva tolto l’ossigeno alle piante ed ai pesci e ne aveva provocato la morte. La loro pesca fu fortunata perché in poco tempo pescarono talmente tanti pesci che riempirono tutte le loro barche. Intanto nei fondali, nel castello del Re Artur, Coral diventava sempre più triste e si annoiava: voleva nuotare, zigzagare tra coralli, anemoni e spu-

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gne come un tempo. Una mattina si svegliò di buon’ ora e senza farsi vedere dalle sentinelle si allontanò dal palazzo per nuotare liberamente. Mentre faceva le sue capriole Delfi, il figlio delfino di Squalus, la vide e la seguì. Delfi non assomigliava affatto al padre, era un delfino buono, gentile e non aveva l’aria minacciosa dei pesci bellicosi: da tempo era segretamente innamorato di Coral ma non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarla. Mentre la guardava di nascosto si accorse subito del pericolo al quale Coral stava andando incontro; la sirena si stava dirigendo verso la superficie dove erano state gettate le reti dei pescatori e, come pensava, Coral fu catturata. Delfi non perse tempo, si slanciò con tutta la forza che aveva in corpo e, uscendo dall’acqua, spezzò la fune della rete con un poderoso colpo di coda e aiutò Coral a mettersi in salvo. Ritornati al palazzo, la sirena e il delfino raccontarono tutto al Re che prima ringraziò Delfi e poi gli chiese di far cessare la guerra. Delfi, che conosceva il punto debole del padre, promise di farlo. Il delfino lasciò la sua amata per raggiungere il padre nel suo nascondiglio e una volta arrivato gli raccontò di aver scoperto il vero luogo dove era custodito il segreto della vita e della felicità. Gli disse anche che non era lontano da lì ma che ci doveva andare insieme al suo gruppo di pesci. Squalus non perse tempo, radunò il suo esercito e in men che non si dica si ritrovò davanti alla grotta più piccola del regno. Fu un po’ faticoso entrarci ma dentro si aprì un’ampia caverna con le pareti tempestate di pietre preziose e con al centro un enorme trono sovrastato da un’acquamarina gigante. Appena vide questa splendida pietra si avvicinò e quando cercò di strapparla un’intera montagna si sgretolò sopra di loro, seppellendoli senza che se ne rendessero conto. Non si salvò nessuno! Nel frattempo Delfi ritrovò la conchiglia gigante con dentro ancora la meravigliosa perla e la riportò al re Artur che la rimise là, dove viveva un tempo. Come per incanto la sorgente d’acqua dolce ricominciò a zampillare; nel regno di Oro Blu ritornarono la vita, i colori e l’armonia, e Coral e Delfi vissero insieme felici e contenti.

Autore: Classe III B Scuola Primaria “Bice Piacentini” - San Benedetto del Tronto (AP)

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La zattera magica Vivevano una volta, tanto tempo fa, in un paese di mare, tre fratellini: Max, di dieci anni, molto serio e sicuro, Tom di sette anni spiritoso e allegro e Jim, di soli quattro anni, ancora piccolo ed insicuro. Trascorrevano molto tempo per strada a giocare insieme ai loro amici e capitava spesso che andassero al porto a trovare il vecchio Omer per ascoltare le sue avventure di mare. Nei pomeriggi assolati Omer era sempre lì, seduto fuori dalla sua piccola casa, a fumare la pipa e ad aggiustare le reti; appena vedeva arrivare i bambini del paese li chiamava e li faceva sedere accanto a lui per raccontare una nuova storia di pesche eccezionali, di pesci fantastici, di mari e di luoghi lontani e misteriosi. Ogni volta i piccoli pendevano dalle sue labbra, si sentivano i protagonisti dei suoi lunghi ed avvincenti racconti e per Max, Tom e Jim le storie continuavano anche dopo essere rientrati a casa. I tre fratellini formavano proprio un gruppo di marinai vivace , curioso e temerario che ricercava sempre avventure nuove da fare. Un giorno decisero di provare la zattera del vecchio pescatore Omer che era custodita con cura, dallo stesso pescatore, in una rimessa del porto perchè lo aveva salvato molti anni prima in un terribile naufragio : nessuno poteva avvicinarsi alla zattera perché si diceva fosse magica. Così la mattina stabilita si svegliarono prima dell’alba e si ritrovarono all’entrata del porto che era ancora buio. Approfittando del sonno pesante del pescatore entrarono di nascosto nella rimessa e, senza farsi scoprire, misero in acqua la zattera e si spinsero in alto mare. Max, Tom e Jim erano così contenti di iniziare la loro nuova avventura che si sentivano dei veri e propri pirati del mare e con il binocolo giocavano a scrutare l’orizzonte per vedere se arrivassero navi da attaccare e da depredare. Purtroppo, nella partenza, si erano dimenticati sul pontile le borracce piene d’acqua e il cibo per affrontare il loro primo viaggio in mare e dopo molte ore cominciarono ad avere fame e sete. Da buoni marinai pensarono che per mangiare sarebbe bastato gettare dei fili in acqua ed aspettare, ma dopo molto tempo non pescarono nulla.

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Intorno a loro c’era solo l’immensa distesa del mare, il rumore delle onde e il brontolio della pancia vuota. Stanchi si strinsero forti l’un all’altro e per farsi coraggio intonarono una delle loro canzoncine di avventura: - Uno, è il Dio Nettuno…! Per incanto la zattera si alzò dalla superficie, i bambini meravigliati continuarono a cantare come se niente fosse: - Due, sui mari e sulle dune …! La zattera cominciò a volare sfiorando le acque e le terre. I tre fratellini si tennero forte: sempre più impauriti, ma anche affascinati dall’esperienza di volare, continuarono a cantare a squarciagola: - Tre, la vera amicizia è tra noi tre …! A quelle parole la zattera di scatto si alzò ancora di più e nell’alto del cielo Max , Tom e Jim videro il mondo azzurro, poi si presero per mano, chiusero gli occhi e gridarono: - Quattro, teniamoci forte nell’atterraggio …! La zattera si diresse verso il mare e in un baleno si tuffò là dove l’acqua la chiamava.- Vieni, Vieni a scoprire la profondità del mare! I tre bambini si ritrovarono negli abissi dove vivevano pesci di ogni specie e dove esistevano i colori più colorati che avessero mai visto. Ad un tratto scorsero un pesce molto luminoso e lungo, che sembrava un’enorme biscia, con due occhi magnetici che li incantò e li trascinò in una caverna buia e fredda. Quando si accorsero di essere caduti in una trappola mortale era ormai troppo tardi perché non riuscivano a staccare i loro piedi dalle rocce rivestite di anemoni e della zattera non c’era più traccia. Rimasti soli i tre bambini cominciarono ad urlare e ad agitarsi. Un cavalluccio marino di nome Cipensoio, che era solito passare in quei luoghi, quel giorno percepì degli strani movimenti dell’acqua, volse lo sguardo verso la caverna e capì subito cosa era successo: il vecchio Kattifish aveva fatto una buona caccia. Così si travestì da seppia gigante, corse in aiuto degli sfortunati e, una volta entrato, nella caverna spruzzò l’inchiostro

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nero intossicando gli anemoni che legavano alle rocce i piedi dei bambini. Max , Tom e Jim si liberarono velocemente, corsero a ringraziare il cavalluccio marino e gli raccontarono tutta la loro avventura. Cipensoio capì dai loro pianti che volevano tornare a casa e che erano pentiti di quello che avevano fatto. Promise loro che li avrebbe ancora una volta aiutati e fu così che li accompagnò alla zattera magica. Appena la videro non osarono avvicinarsi ma il loro salvatore spiegò: - Non farà più pazzie …a patto che voi non cantiate più le vostre canzoncine di mare!!! ... Sapete, … quando le sente,le prende la nostalgia di viaggiare verso luoghi lontani, ma purtroppo ha fatto una promessa: rimanere accanto al vecchio Omer per ispirare le sue storie di mare da raccontare ai bambini come voi! - Cipensoio svelò anche il segreto per tornare a casa senza che nessuno si accorgesse della loro avventura: - Basta sussurrare una frase speciale:“ Acqua in bocca!!” I tre si guardarono, salirono silenziosi sulla zattera, salutarono con calore e gratitudine il loro nuovo amico e pronunciarono insieme: -Acqua … in bocca! - Di colpo si ritrovarono nel loro lettino, al calduccio sotto le morbide coperte, con la luce che filtrava dalle fessure delle persiane. Si toccarono, cercarono tra le lenzuola per capire se avevano sognato o vissuto veramente quell’avventura: Max trovò sotto al cuscino un corallo, Tom nella tasca un cavalluccio marino e Jim tra le manine una piccola ostrica a testimonianza della loro avventura. Quando la mamma andò a svegliarli, diede loro un bacio e disse: - Buongiorno ragazzi! Sveglia che è ora di alzarsi! … Fatto bei sogni stanotte?I tre fratellini si stirarono, si stropicciarono gli occhi e dopo uno scambio veloce di sguardi risposero in coro: - Sì... fantastici!!! -

Autore: Classe III C Scuola Primaria “Bice Piacentini” - San Benedetto del Tronto (AP)

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La Dea e il paese di Fantasibillini Era il radioso mese di settembre. Sulle colline marchigiane sorgeva il paese di Fantasibillini. Era un paese piccolo piccolo, arroccato tra sulla parete di una montagna con la vetta ammantata tutto l’anno da una coperta di neve. Tutt’intorno le colline erano simili a delle onde spettinate dal vento, con recinti di legno pregiato che racchiudevano dei bellissimi giardini con fiori di ogni tipo. Fantasibillini era l’unico paese delle Marche ad avere l’acqua, perché nel paese viveva uno stregone di nome Carmelo che vendeva l’acqua in cambio di pietre d’oro che gli abitanti del paese trovavano in una miniera. Un giorno si diffuse la notizia che nel paese di Fantasibillini era arrivata una Dea che si chiamava Angelica. Lei era stata esiliata dal suo paese perché, avendo le dimensioni di un gigante, occupava molto spazio. Angelica era una bella dea, e per la sua lunghezza era costretta a creare coperte di erbe per poi accomodarsi a valle per riposare. Nonostante il suo corpo, Angelica era una bellissima ragazza. I suoi capelli erano ricci, lunghi fino alle spalle e biondi con riflessi verde-acqua, le sue labbra erano carnose e rosse, il naso a patata e gli occhi erano grandi e tondi di un bellissimo azzurro. Il suo volto era ovale e paffuto. Gli abitanti del paese la accolsero molto gentilmente nonostante le sue dimensioni. Angelica, commossa, per ringraziarli della loro ospitalità, donò agli abitanti delle fonti d’acqua dove potevano andare senza problemi. Lo stregone Carmelo, quando si accorse che la dea Angelica regalava l’acqua agli abitanti del paese si infuriò e, cercando tra le pagine dei suoi libri, trovò un incantesimo per prosciugare le fonti d’acqua e far addormentare Angelica. Detto fatto, Angelica cadde in un sonno profondo e le fonti si prosciugarono. Gli abitanti si ritrovarono di nuovo senz’acqua. Il paese cadde nello sconforto e soltanto un piccolo ragazzo di nome Milù decise di affrontare lo stregone intrufolandosi in casa sua e rubando la formula per risvegliare la dea. Milù scalò la montagna, si avvicinò alla dea e con gran voce pronunciò la formula magica. La dea si risvegliò e leggiadra creò tanti fiumi che ancora oggi scorrono nei paesi delle Marche.

Autore: Pluriclasse III - IV Scuola Primaria di Ripaberarda - ISC Montalto delle Marche (AP)

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Indice 3 5

Introduzione (Carlo Migliorelli) Presentazione (Robertino Perfetti) Scuole Primarie Provincia di Pesaro Urbino - Illustrazione di Maurizio Ferracuti

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Titoli:

Il Paese di “Senzacqua” L’ Acqua Scuole Primarie Provincia di Ancona - Illustrazione di Giulio Perfetti

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Titoli:

Una fiaba dedicata all’acqua - L’acqua che sciacqua Le cinque goccioline - Invece del nero pece acqua pulita fece… Le cinque goccioline - Molecole ribelli - La principessa e l’oro blu La principessa Gocciolina e il principe Fuoco Le avventure di Torrentina, la goccia cristallina Scuole Primarie Provincia di Macerata - Illustrazione di Simonetta Palmucci Titoli:

La felicita’ di Mohamed - La fonte della giovinezza Acquamica - Il caso del virus solare - Acqua di rugiada La fogliolina cerca acqua - In viaggio con l’acqua Un avventuroso viaggio - Il cuore di Plin Tutti per uno… Acqua per tutti! - Se l’acqua… La fata Cristallina e i bambini: speranza del futuro Com’è nata la vita sulla terra - Un bene prezioso Tutti a bordo dell’ “Artic Sunrise” - La ragazza acqua La cosa piu’ preziosa - Il Re, il Vecchio e la Brocca d’acqua Il sogno di Milla - Le avventure di una foglia - Fantasia e realta’ Il cervo e la fogliolina - La gocciolina e il pesce - Acqua per tutti

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Scuole Primarie Provincia di Fermo - Illustrazione di Simonetta Palmucci

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Titoli:

Filastrocca sull’acqua affatto sciocca Le avventure del ruscello canterino L’ acqua e il fuoco - La strega che odiava l’acqua Il Regno dell’Acqua - Lo stagno di Sofia Bollolandia 2999 … invasione Pianeta Acqua Scuole Primarie Provincia di Ascoli Piceno - Illustrazione di Maurizio Ferracuti Titoli:

Il mistero dell’acqua scomparsa Il regno di Oro Blu La zattera magica La Dea e il paese di Fantasibillini Illustrazione di copertina

Alfonsina Ciculi

Associazione culturale

SpazioAmbiente c /o Centro Informativo Turistico Via Capocastello, 35 - San Ginesio (MC) www.spazioambiente.org info@spazioambiente.org

Testi e immagini contenuti in questo libro non possono essere riprodotti senza l’autorizzazione dei singoli autori.

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Opera di Stefano Rosa




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