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la Redazione
Il menabò
Con il 75 si chiudono i primi tre anni del “nuovo corso” di Speleologia, di cui ora è possibile tracciare un primo parziale consuntivo. Valutazione che in ogni caso ha il limite di essere unidirezionale, in quanto un vero e proprio feedback da parte dei lettori non si è mai concretamente manifestato. Detto ciò, guardando un bicchiere mezzo pieno, va innanzitutto osservato che di questi tempi continuare a uscire con ferrea regolarità ogni sei mesi è di per sé un miracolo. Fatto ancor più eccezionale per una pubblicazione nazionale che, per motivi diversi, gestisce relazioni molto più complesse rispetto ai progetti editoriali delle altre realtà locali o regionali, ma disponendo di fatto un gruppo di lavoro benevolo come qualsiasi altra entità speleo. Un paragone allora, se lo si vuole fare, è con i periodici omologhi esteri dove si constata che, nel mondo, le dita di una sola mano sono sufficienti a contarli tutti; pubblicazioni realizzate peraltro in condizioni di maggiori capacità economiche o appartenenti a realtà con altre dimensioni. Archiviate queste considerazioni, l’auspicio che si faceva sul numero 70 era che una rivista di nuova concezione, cioè più variegata nel palinsesto e più aperta alle immagini rispetto a prima, avrebbe potuto creare un maggiore flusso di idee e contributi e altrettanti scambi con gli autori, e quindi con i lettori. Diciamo subito che questo è avvenuto o sta avvenendo solo parzialmente. È quindi indubbio che un conto è l’oggetto in sé e un conto è la percezione che si ha di questo, indipendentemente dalle sue caratteristiche materiali. Non solo, se il “target” di Speleologia, inteso come gruppo di potenziali autori e possibili lettori è ben definito e definibile, la collocazione di questa rivista si inserisce lungo un segmento piuttosto stretto. Vale a dire che, come già spiegato, Speleologia non è e non può essere né il “bollettone” di un grosso gruppo, né rivista scientifica. Sta un po’ in mezzo, e questo è oggettivamente un limite. La concorrenza delle, poche, riviste superstiti di gruppo incide parzialmente sulla scelta di dove pubblicare da parte degli autori i quali, in casa propria, si sentono indubbiamente più liberi di esprimere spontaneamente la propria passione. Chi ha altre velleità non sceglie per fortuna sua, e nostra, Speleologia. Nonostante queste problematicità, si registrano alcuni dati positivi, ma anomali e di non facile lettura. Infatti, al netto dell’offerta digitale e dell’esuberante concorrenza dei social, Speleologia registra un aumento dei lettori singoli, ovvero di soci che pagano la quota da ordinario all’editore, quindi che vogliono “avere” la rivista a casa propria. Evidentemente la necessità di conservare un’informazione più sedimentata e strutturata è ancora un valore aggiunto. E se da una parte venire immediatamente a conoscenza di una novità può avere un senso anche in speleologia, dall’altra sappiamo che un’attività speleologica minimamente sensata si basa su programmi che si protraggono nel tempo e nello spazio; e i cui dati consuntivi non possono che essere articolati e complessi. In questo senso allora solo una rivista, tipo questa su cui scriviamo, può rispondere a tali esigenze. Il fatto che sia cartacea o digitale è secondario: il problema di una redazione seria e credibile rimane per tutti; tant’è che nonostante l’esponenziale sviluppo del digitale, non sembrano affatto proliferare riviste speleologiche strutturate solo in formato digitale. Un discreto successo di riscontri è arrivato in ogni caso dalle iniziative legate al web e alla divulgazione sui social. Le anticipazioni degli argomenti che vengono proposti nei numeri cartacei ancora in lavorazione e i post sulle estensioni web che sono regolarmente diffusi (e che talora ricevono numerose condivisioni) sulla pagina FB della SSI fanno registrare eclatanti picchi di visite sul sito di Speleologia in Rete (www.speleologiassi.it). È interessante notare che i fruitori non sono equamente distribuiti sul territorio, ma vivono per lo più in quelle regioni che sottopongono con regolarità alla redazione contributi e aggiornamenti. Altrove si riscontra una sorta di “buco”: aree dove, nonostante le attività e le scoperte non manchino, la speleologia locale non pare avvertire la necessità di divulgare sulle pagine di questa rivista e/o di confrontarsi con altre realtà utilizzando i canali e i mezzi della SSI. Questo dato è per noi uno sprone per cercare di interessare sempre più persone, e di raggiungere anche quelle regioni dove ancora non siamo riusciti a coinvolgere la speleologia locale. Molta strada è stata percorsa, ma molta ancora resta da farne. L’entusiasmo e l’impegno da parte nostra non mancano; ci auguriamo che un numero sempre maggiore di autori e lettori abbia piacere di condividere con noi il percorso!
La Redazione