SportdiPiù magazine Mantova 59_2019

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mantova

- Periodico Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n. 1807/2008

ANNO 11 - N. 59 - MAGGIO/GIUGNO 2019

I BIZZOTTO

I ZANDA

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# 59

€ 3,00

mantova

La delusione di fine stagione non cambia i progetti del Mantova calcio: la corsa alla serie C continua!

A testa alta

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FUNIVIA MALCESINE MONTE BALDO CON LE CABINE ROTANTI VERSO PANORAMI MOZZAFIATO

FUNIVIA MALCESINE MONTE BALDO Via Navene Vecchia, 12 - 37018 Malcesine (VR) Tel. +39.045.7400206 - Fax +39.045.7401885 info@funiviedelbaldo.it www.funiviedelbaldo.it

Comune di Malcesine

Provincia di Verona


L'editoriale

di Alberto Cristani Facebook-Square @albertobrunocristanivr instagram alberto.cristani70

Calci al calcio

L

a stagione sportiva 20182019 volge al termine e i campionati, di eccellenza e dilettantistici vanno in archivio lasciando spazio al riposo, alla programmazione e a nuovi obiettivi. Purtroppo, da qualche anno a questa parte, soprattutto per quanto riguarda il calcio (anche se altre discipline, ahimè, si stanno ‘allineando’…) il responso maturato sul campo lascia spazio ad altre dinamiche che di sportivo hanno ben poco. L’ultimo esempio ci arriva dalla retrocessione ‘a tavolino’ del Palermo, una vicenda che rasenta, anzi supera di gran lunga, il farsesco. Umiliare una squadra che sul campo si era conquistata con merito l’accesso ai playoff (e che, con molta probabilità, sarebbe stata promossa in serie A…) è una sconfitta per lo sport in generale, un’onta che difficilmente si riuscirà a cancellare. Attenzione, ho scritto squadra, ovvero un

gruppo di giocatori e di tecnici che hanno raggiunto, giocando, una posizione di prestigio classifica. Diverso invece è il discorso quando si parla della società Palermo, ovvero del gruppo di dirigenti che, barando, ha inquinato e di fatto annullato il risultato sportivo. Le domanda sono tante: “Non si poteva controllare prima lo stato societario del Palermo calcio?”. “Non si poteva evitare di arrivare a fine stagione per ‘castigare’ una cattiva gestione che si protrae da anni?”. “Che colpa ne hanno i giocatori e i tecnici?”. Non è tutto. Un’altra pagliacciata all’italiana è stata messa in scena anche nella parte bassa della classifica di serie B; infatti la retrocessione del Foggia in Lega Pro (risultato maturato sul campo) è stato rimesso in discussione dopo il ricorso della società. Questi continui colpi di scena (al momento di andare in stampa il Tar ha accolto le richieste del Foggia e quindi i playout, che

in un primo momento erano stati annullati, tornano di attualità con buona pace di squadre come il Venezia e la Salernitana che avevano iniziato a programmare la serie B 2019-2020 n.d.r.) stanno producendo un unico devastante effetto, ovvero il disinnamoramento nei confronti del calcio . Ricorsi, Tar, Giustizia sportiva, Collegio di garanzia, ripescaggi, penalizzazioni: questo è sport? E’ così difficile effettuare controlli approfonditi e dare il via libera alle iscrizioni solo quando i conti sono veramente in regola?. La domanda è semplice, quasi banale ma nessuno non è in grado (o non vuole) dare una risposta. I motivi? Tanti, talmente tanti che dobbiamo accontentarci di assistere, inermi, alla deriva del calcio, sport che in passato ci ha fatto sognare ma che, se la situazione non cambierà radicalmente, promette di riservarci soltanto incubi.

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Sommario

# 59 - MAGGIO/GIUGNO 2019 28

COVER STO RY Verona

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Editoriale

Calci al calcio

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Intervista

Roberto Zanda (podismo)

Il corner di Tommasi

Super League o Champions League allargata?

Uscita Verona Sud

Scegliere gli attori sportivi…

Genitorinrete

Sexting e revenge porn

Il Punto di Paolino

La Serie A, storia dal finale scontato

Palla lunga e raccontare La partita del secolo

Intervista

Damiano Cunego (ciclismo)

Mantova Città Europea dello sport 2019 Calendario Eventi

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COVER STORY VR

Emanuele Birarelli (BluVolley Verona)

Intervista

Stefano Bizzotto (giornalista)

Sport Life

Vigasio: D nuovo un miracolo

Sport Life

Caldiero, la vittoria di un coro perfetto

Emanuele Birarelli

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Sport Life

51 53 54

Sport life

56

Intervista

Avelia: la tecnologia al servizio dello sport

Intervista

Walter De Raffaele (Umana Reyer)

Intervista

Sasha Vujacic (Scaligera Basket)

Stare bene

La ‘brutta fine’ di una cervicale

Non abbiate paura di sognare

Sport life

Olimpica: si può fare di più

Intervista

Alessandro Finelli (Stings Mantova)

Ettore Masiello (Mantova 1911)


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Sportiva-Mente

Genitori-Figli-Sport: una relazione importante

Intervista

Stefania Tarenzi (ChievoVerona Valpo)

Alimentazione

A tavola con Federica

Sport Life

Mogliano: la salvezza è servita

Sport life

Viadana Rugby, tradizione e innovazione (…since 1970)

Intervista

Rebecca Pavan (atletica)

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Sport life

Con Acqua 18 nuotare è magico!

Sport Books

Anno 11 - Numero 59 MAGGIO/GIUGNO 2019

Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n. 1807/2008

Sport Songs

Direttore responsabile Alberto Cristani

Sport Books

Direttore della fotografia Maurilio Boldrini

Sport Life

Caporedattore Andrea Etrari

Mastini Verona

Evento

Canottieri Mincio, tanta voglia di triathlon

Evento

A Venezia sbarca... il Salone!

Breaking News

Contatti redazione@sportdipiu.com www.sportdipiu.com

Evento

Miss Terme di Colà del Garda: caccia aperta al titolo 2019

Progetto grafico e impaginazione Francesca Finotti

Serse Cosmi (Venezia Football Club)

Stampa e distribuzione Mediaprint Srl Sede operativa di San Giovanni L. Via Brenta, 7 - 37057 Verona Tel. 345 5665706 redazione@sportdipiu.com

COVER STO RY Venezia

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Pubblicità e spedizioni Mediaprint Srl Sede operativa di San Giovanni L. Via Brenta, 7 - 37057 Verona Tel. 345 5665706 info@sportdipiu.com Hanno collaborato per questo numero Alberto Braioni, Andrea Etrari, Arianna Del Sordo, Andrea Martucci, Beatrice Majer, Bruno Mostaffi, Carmen Guidobaldi, Cecilia Zonta, Damiano Tommasi, Daniela Scalia, Fabrizio Sambugar, Federica Delli Noci, Giorgio Vincenzi, Marina Soave, Matteo Lerco, Matteo Zanon, Paloma Donadi, Paola Gilberti, Paolino D’Anna, Raffaele Tomelleri, Tommaso Franzoso.

Serse Cosmi

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Coffeetumbler

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Evento

Eccellenze veronesi premiate da Verona Network

Evento

VeniceMarathon, una corsa tra terra e mare

Stampato su carta ECF, 100% riciclabile con inchiostri vegetali

Intervista

Pietro Mugelli (tennis)

In Redazione Alberto Braioni, Bruno Mostaffi, Damiano Tommasi, Daniela Scalia, Giorgio Vincenzi, Marina Soave, Matteo Lerco, Matteo Zanon, Paola Gilberti Foto Maurilio Boldrini, Paolo Schiesaro, Mirko Barbieri, Simone Pizzini

COVER STORY Venezia

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Foto Archivio SportdiPiù, BPE agenzia fotografica, Archivio Uffici stampa Comuni patrocinanti, Fotolia, King Rock, Coni Verona, credits singoli articoli. Con il patrocinio dei Comuni di: Albaredo D’Adige, Arcole, Bardolino, Bonavigo, Boscochiesanuova, Bovolone, Buttapietra, Caldiero, Castel D’Azzano, Castelnuovo del Garda, Cavaion V.se, Cerea, Isola della Scala, Isola Rizza, Lazise, Legnago, Marano di Valpolicella, Minerbe, Montecchia di Crosara, Monteforte D’Alpone, Oppeano, Peschiera del Garda, Povegliano V.se, Ronco all’Adige, Roverchiara, San Bonifacio, San Giovanni Lupatoto, San Martino B.A., Sanguinetto, Soave, Sona, Torri del Benaco, Trevenzuolo, Veronella, Vigasio, Villafranca, Zevio, Zimella.

Intervista

Roberto Boninsegna (calcio)

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L'O PI N I O N E

Il corner di Tommasi di Damiano Tommasi instagram damiano.tommasi TWITTER @17Tommasi

Super League o Champions League allargata?

Si gioca nei weekend e si fanno solo inviti? Serie A, B e C d'Europa che ridimensionerà i campionati nazionali?

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ercando di fare un po' d'ordine dobbiamo partire come sempre dal"perché?" I grandi Club europei hanno l'esigenza economico-strategica di aumentare le partite di alto livello, tra grandi tradizioni calcistiche e con un forte appeal internazionale. Obbiettivo essere competitivi nel mondo dei diritti TV sportivi con la NBA americana. Prima decisione presa è stata la nascita di una terza competizione europea. Dal 2021 ci saranno Champions League, Europa League 1 ed Europa League 2. Si delinea un allargamento di partecipazione di squadre ad eventi europei e allo stesso tempo si mettono le basi per promozioni e retrocessioni tra le competizioni (già oggi la vincente dell'Europa League accede alla Champions). Seconda decisione (ufficiosa) dal 2024

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i gironi di Champions saranno 4 da 8 squadre, con 14partite garantite per le 32 squadre che accedono ai gironi. Per i calciatori, e non solo, i nodi sono 4. Il primo la salute. Quante partite e con che frequenza si dovranno giocare, quali i viaggi da sostenere? Lo spettacolo va bene, il business idem ma Fognini e Federer sono di fatto usciti dal torneo di Roma perché costretti a giocare 3 partite in 2 giorni. Il secondo tema i calendari. Come si incrociano queste ulteriori partite con le competizioni nazionali e con gli impegni delleNazionali? Il terzo e il quarto tema sono più di politicasportiva. I criteri di accesso e la distribuzione delle risorse. Vanno a braccetto questi due nodi

perché la vera opposizione che si sta facendo al progetto è da parte di chi sa di non potervi accedere e che non vedrà ridistribuite le risorse anche dalle sueparti. Per ora è molto ufficioso il progetto con due principi già anticipati, più partite top level e di conseguenza più risorse da distribuire. Gli obbiettivi da perseguire, comunque, dovranno essere, al netto delle aspirazioni individuali, quelli di mantenere predominante la provenienza dei Club dalle competizioni nazionali e di ridistribuire le risorse in maniera allargata per non marginalizzare ulteriormente i tanti Club che in tutta Europa rischiano di non aver mai la possibilità di partecipare alla nuova Champions League. Il tutto sperando che presto o tardi i nuovi Hellas Verona o Leicester rompano le uova nel paniere dei colossi del fatturato!


L'O PI N I O N E

Uscita Verona Sud di Daniela Scalia instagram dani_seamer TWITTER @DanielaScalia

Scegliere gli attori sportivi: l'esempio di Giada e la new entry veronese

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iamo soddisfattissimi degli attori-sportivi di Sport Crime ma, festeggiando la metà stagione prodotta, mi rendo conto che vale la pena condividere qualche analisi e retroscena. Sport e serie TV sono pane quotidiano nella vita di moltissime persone, soprattutto giovani. Fin dalla sua genesi la nostra fiction ha anche un intento educativo e infatti anche sul set spesso portiamo/ formiamo ragazzi e ragazze che vogliano approcciare un nuovo mondo del lavoro o più semplicemente, ma intelligentemente, capire cosa c'è dietro (una fiction non si improvvisa con lo smartphone). Per esempio Giada Grisetti. L'azzurra di ginnastica artistica del CS Bollate interpreta se stessa nel primo episodio della serie (“Hail Dear Jab”). Sorprende con esercizi e movimenti che anche a noi sportivi innescano ammirazione, soprattutto per la naturalezza con cui li compie. È vero che è un'atleta di vertice e siamo amicissimi del padre (che gioca a Hockey con Luca), ma la fama non è stato il motivo della scelta: Giada ha un talento attoriale spaventoso. Nella ginnastica artistica la componente espressiva è una chiave fondamentale, ma lei riesce a essere naturale e spontanea pur dovendosi ricordare battute, espressioni e intenzioni tra un flic e una rondata. Senza contare che è bellissima. Ma è anche seria e professionale, puntuale alle prove e agli shooting, disponibile a ripetere o a spiegare un movimento per migliorare o rendere più credibile una scena. Anche in questo caso il lavoro di squadra è determinante: l'atleta sa che sul nostro set nessuno gli/le metterà mai pressione, avrà sempre tempo per riscaldarsi, fare stretching, integrare, ma ci vuole l'attitudi-

ne corretta, che è quella che determina le nostre scelte di casting sportivo. Ma quell'altro è molto più forte. Siamo spesso assediati da insistenze per inserire campionissimi, contro i quali chiaramente non abbiamo niente, ma noi - come in tutti gli sport di squadra - diamo preferenza/precedenza al più adatto/a per la funzione specifica. Il più: espressivo, disponibile, motivato, puntuale ed esteticamente adatto alla narrazione. Facciamo fiction sportiva non Olimpiadi. Se ci serve un ex hockeista ingrassato non possiamo mettere un campione magro, se ci serve un canoista amatoriale non possiamo mettere un fuoriclasse, che non è in grado (sembra uno scherzo, ma non è così) di canoare male. Sport Crime. Contrariamente a quanto si possa pensare invece, ci interessa poco la pronuncia e niente la dizione: Sport Crime. non è una telenovela ma uno spaccato di vita sportiva, ognuno con il suo accento e la sua lingua. Quante volte in spogliatoio gli stranieri

parlano un italiano o un dialetto smozzicato con i compagni di squadra e poi la loro lingua con i connazionali? A doppiare forse, visto che oramai Netflix ha sdoganato la lingua originale, qualsiasi essa sia, con i sottotitoli - ci penserà il distributore open o la piattaforma con la quale ci accorderemo.

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FO CUS

GENITORINRETE

Sexting e revenge porn di Paloma Donadi

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urante gli incontri di GenitorinRete faccio spesso un test: chiedo quanti tra i genitori presenti sanno che cos’è il sexting. Con dispiacere riscontro che quasi mai nessuno alza la mano. Vediamo quindi di fare chiarezza: il sexting è la pratica che consiste nello scambiarsi foto, video, vocali o messaggi di testo a sfondo intimo o sessuale. Le nuove tecnologie lo agevolano notevolmente: le app di messaggistica (in primis WhatsApp) e i social network permettono di scattare foto e girare video per condividerli con una persona, un gruppo o addirittura in rete, con sconosciuti. Da essere i protagonisti di un gioco a diventarne vittima, il passo è breve. Lo scatto si ritrova “fisicamente” nello smartphone di altre persone. È facile che l’illusione della riservatezza finisca presto: ecco che la foto, o il video, inizia a girare in rete fino a diventare virale, in poche ore, o giorni. Sexting: può alimentare il revenge porn Chi viene ritratto in queste foto o video può diventare oggetto di cyberbullismo, o peggio ancora, di revenge porn. Si parla di revenge porn, o “vendetta porno”, quando il materiale compromettente viene usato per vendetta o a scopo ricattatorio. Amori o amicizie finite fanno scattare il desiderio di vendicarsi, ed ecco che i contenuti hard si trasformano in un’arma di ricatto. Ricordiamo che i minori di 18 anni ritratti in pose sessualmente esplicite rappresentano materiale pedopornografico che, se distribuito, costituisce un reato. Se un genitore dovesse scoprire che il

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figlio ha ricevuto materiale “sessualmente esplicito” è importante capire come lo abbia avuto, assicurarsi che non lo abbia diffuso a sua volta, e comunicargli quali rischi stia correndo. È essenziale per permettergli di acquisire una consapevolezza che può trasmettere anche ai suoi amici. Cos’altro possiamo fare? Parlarne con i genitori degli altri minori coinvolti, oppure rivolgersi al referente per il cyberbullismo presente a scuola (figura obbligatoria prevista dalla legge 71/2017). Un valido supporto può venire anche da Telefono Azzurro, chiamando il numero 1.96.96, oppure contattando la Polizia Postale. Vittime di sexting o revenge porn: cosa succede ai nostri figli? Una recente ricerca di Skuola.net, effettuata su 6.500 giovani tra i 13 e i 18 anni, ha evidenziato che il sexting verrebbe praticato dal 24% degli intervistati. Ma il dato più inquietante è che il 15% di questi ha visto circolare in rete le proprie immagini intime. In quasi la metà dei casi la motivazione è stata indicata dagli artefici come uno “scherzo”. Come avranno reagito le vittime di questo “scherzo”? Solo il 16% ha chiesto

aiuto in famiglia, mentre più della metà hanno cercato di fare finta di niente. La ricerca evidenzia inoltre che il 12% degli intervistati è stato minacciato, per ricatto o per vendetta. È facile capire quanto un fatto simile possa rovinare la vita di una ragazzina: segnata da un marchio indelebile. Ecco perché, di recente, la Camera ha approvato la legge che istituisce il reato di revenge porn. La pena prevede da 1 a 6 anni di reclusione, e una multa da 5 a 15mila euro per chi invia, consegna, cede, pubblica o diffonde foto o video intimi, senza il consenso dell'interessato e/o per danneggiarlo. Questo sarà sufficiente? Possiamo stare tranquilli? Comprendere e dialogare: è questo il vero controllo Noi di GenitorinRete sosteniamo da sempre l’importanza fondamentale di costruire un dialogo tra genitori e figli, senza paura di affrontare anche tematiche come queste. Non possiamo far sparire la tecnologia dalle loro vite, ma possiamo insegnar loro a usarla consapevolmente. In una scuola della provincia di Verona, una mamma è riuscita ad aiutare la figlia, alla quale un ragazzo aveva chiesto delle foto intime. Un caso di sexting evitato perché quella mamma, due giorni prima, ad un incontro di GenitorinRete è venuta a conoscenza del fenomeno. Ecco perché è importante parlarne e perché noi genitori dobbiamo trovare il tempo e il coraggio di affrontare questi argomenti. Vi invitiamo a investire parte del vostro tempo e delle vostre energie, ogni giorno, per dialogare e raccontarvi, assieme ai vostri figli.



L'O PI N I O N E

Il punto di Paolino di Paolino D'Anna "appassionato di calcio"

La Serie A, storia dal finale scontato

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uando in uno sport la lotta per la vittoria è già finita prima di iniziare, vuol dire che c'è qualcosa che non va, soprattutto se questo evento si ripete da anni e se, purtroppo, non c'è alcuna prospettiva che ci possa essere qualche cambiamento. Il campionato di serie A è entrato in una profonda crisi sostanzialmente da due decenni, prima con Calciopoli, poi con il divario sempre più accentuato tra chi vince sempre, e il resto delle squadre. Protagonista in ambedue i casi è la Juventus, e non potrebbe essere diversamente visto che il pallone italico è sempre girato attorno, nel bene e soprattutto nel male, a questo club. E' difficile analizzare l'esito di questa ultima stagione senza tener conto di questa premessa, anche se i diretti interessati potrebbero dire che chi vince ha sempre ragione e per i perdenti rimangono sole le scuse. La società bianconera ha appena vinto l'ottavo scudetto consecutivo, il trentacinquesimo della storia (anche se all'ingresso dell'Allianz Stadium campeggia il tricolore con stampato il numero 37 che comprende anche i due successi cancellati nel 2006...). Per questo, il vantaggio sulle altre diciannove squadre si sta sempre più ampliando, e questo ha portato quasi una rinuncia a lottare da parte di qualcuno. L'esempio più eclatante, in tal senso, è quello espresso da Napoli e, in particolare, dalla sua proprietà. Aurelio De Laurentiis, presidente dei partenopei, in più di una dichiarazione ha espresso nettamente il suo pensiero: "Noi non possiamo lottare contro chi ha un fatturato molto più elevato del nostro, e quindi cerchiamo semplicemente di mantenere la nostra posizione, cercando di far divertire i nostri supporters". Questo ha portato ad un allontanamento di molti tifosi. Stadi sempre più vuoti:

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la media spettatori del San Paolo nel 2018-2019 è stata, ad esempio, di 20 mila persone, numeri ridicoli rispetto ad un recente passato. Se andiamo ad analizzare l'andamento degli altri possibili competitors, la situazione non migliora, anche perché Milan, Inter e, in parte Roma e Lazio, devono sempre fare attenzione al fair play finanziario, una spada di Damocle non di poco conto, che penalizza moltissimo la crescita tecnica delle rispettive rose, visto che le dirigenze devono fare i salti mortali durante le finestre del calcio mercato per non urtare l'UEFA. Non è un caso, quindi, che in questa situazione di livellamento verso il basso, possono inserirsi squadre dette 'provinciali' che fanno della programmazione il loro pane quotidiano. L'Atalanta è l'e-

sempio più recente, sia a livello nazionale che internazionale, visto che è riuscita anche a regalarsi qualche gioia nelle competizioni europee. Anche altri club provano, di volta in volta, ad emergere, sfruttando le altrui stagioni sfortunate. E poi arrivano quelle che devono lottare per garantirsi la categoria. In questa stagione, se si potesse invertire la classifica, al primo posto troviamo il Chievo. Per i clivensi è stata una annata iniziata male, con i punti di penalizzazione arrivati per il caso plusvalenze, e finita peggio. Dopo diversi anni Luca Campedelli torna in Serie B con la prospettiva, però, di poter sfruttare il paracadute economico. Vedremo se i 'mussi' torneranno velocemente a volare, oppure se ci sarà un declino, simile a quello che stanno vivendo negli ultimi anni i cugini dell'Hellas.


STO RI ES

Palla lunga... e raccontare di Raffaele Tomelleri instagram RaffTom11

La partita del secolo

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era una volta il calcio. Quello di Italia-Germania 4-3, la "partita del secolo". Quella di Beckenbauer e Muller, Gigi Riva e Domenghini. La riviviamo assieme a gente che c'era, che lascò il segno, gente indimenticabile. Hai presente Roberto Boninsegna? Oppure Karl Heinz Schnellinger? Sì, proprio lui, il tedesco che segnò l'1-1 al 90'di Italia-Germania. La "partita del secolo", finì 4-3 per gli azzurri dopo i tempi supplementari. Mondiali di Mexico 1970. “Se non c'era lui” - osserva – ‘Bonimba’ Boninsegna – “se non c'era Schnellinger, non sarebbe stata la partita del secolo. Sarebbe finita 1-0 per noi e non era stata neanche una gran partita...". Già, che ci faceva Karl Heinz Schnellinger, nell'area dell'Italia ? Lui, difensore tutto d'un pezzo, di quelli che una volta non passavano mai la metà campo. “Nel Milan” – racconta Karl Heinz – “appena appena avanzavo di dieci metri, Rocco urlava come un matto: ‘Non ti muovere, resta lì!’". Dunque, che ci faceva Karl Heinz Schnellinger, davanti ad Albertosi? Il suo racconto è bellissimo: "La partita era quasi finita, anzi, era finita. Avevo guardato l'orologio dello stadio e avevo visto che mancavano pochi secondi alla fine. Io ero andato avanti, per un calcio d'angolo. Mi sono detto ‘Proviamo, tanto, non c’è niente da perdere…’. Battuto il calcio d'angolo, palla respinta, altri miei compagni erano tornati, io son rimasto lì. ‘Adesso fischia la fine’, ho pensato. E siccome anche gli spogliatoi erano da quella parte, pensai che fosse meglio restar lì, così non avrei dovuto attraversare tutto il campo, per farmi la doccia. Insomma rimasi lì, senza sapere perchè...". Intanto l'azione riprende: "Vedo un mio compagno, Grabowski, che prova un dribbling sulla sinistra. Poi prova un cross, lo vedo arrivare, proprio dove sono io. Non c'è nessuno che mi controlla,

perchè nessuno s'aspettava che fossi lì. Io mi allungo in spaccata, riesco a deviarla col destro e Albertosi non può arrivarci. È il gol dell'1-1, finisco sotto un mucchio di compagni impazziti. Io, che di gol non ne avevo mai segnati. E non ne avrei segnati più…”. Poi arriveranno i supplementari, la mezz'ora probabilmente più bella della storia del calcio. Girandola di gol, fino al 3-3 di Gerd Muller. Palla al centro, Facchetti la gira a Boninsegna, che ha ancora fiato, scappa via sulla sinistra ed entra in area. "L'idea mia era quella di calciare verso la porta - spiega Boninsegna - ma all'ultimo momento, la palla mi rimane indietro, rimbalza male. Così, decido di crossare, senza sapere esattamente se avrei trovato un compagno, eravamo tutti stanchissimi.". La palla di Boninsegna arriva perfetta sul piede di Gianni Rivera, che infila Maier e consegna all'Italia la finalissima col Brasile e alla leggenda, la favola dell'Azteca. Già, Rivera. Boninsegna ha un cruccio che non gli passerà mai: "Andiamo in finale col Brasile e Rivera resta in panchina. Valcareggi aveva inventato la staffetta, un tempo giocava Mazzola, un tempo giocava Rivera. Per me potevano giocare tutti e due insieme, ma questo è un altro discorso. Dunque, in finale, col Brasile, finisce il primo tempo e Rivera resta in panchina. Forse avremmo perso lo stesso, ma la vorrei rigiocare con Gianni in campo. Pensa che quando Pelè seppe che Rivera non giocava disse: ‘Chissà che squadra ha l'Italia, se lascia fuori Rivera...’. Gianni aveva appena vinto il Pallone d'oro, come faceva a star fuori?". Domanda senza risposta. "Almeno voi c'eravate". Ride amaro Giovanni Lodetti, uno che in Messico c'era andato e poi era

stato rispedito a casa. Il suo mondiale finito prima ancora di cominciare. Una vicenda incredibile, una delle ingiustizie più grandi che il calcio abbia consumato. "Ero in Messico” - spiega Lodetti - “facevo parte dei 22, Valcareggi mi stimava. Era il momento più bello della mia carriera. Succede che prima della partenza, sta male Anastasi, il centravanti titolare. La Federazione, invece di convocare un solo giocatore, ne manda in Messico due, Boninsegna e Prati, che poi era mio compagno al Milan. In totale siamo 23, comincia il ‘totoescluso’. Uno di noi non avrebbe fatto il mondiale, ma io mi sentivo tranquillo, erano arrivati due attaccanti, io ero un centrocampista. Invece, a un certo punto, mi dicono, guarda che i dirigenti ti vogliono parlare. Capisco al volo. ‘Guardi, Lodetti, ci spiace da morire, ma è lei l'escluso. Però, se vuole, può restare qua, anzi, faccia venire anche la moglie, a spese nostre, può seguire il mondiale da qui’. Io non gli lascio neanche il tempo di finire. ‘Vergognatevi!’, dico ‘Andate tutti a quel paese. Io me ne torno subito in Italia!’. Il mio mondiale è già finito. Ancora adesso se ci penso, sto male. Potevo essere dentro una grande storia e invece me lo impedirono strani giochi di potere. Quel giorno capii che il calcio sa essere a volte crudele, che c'è sempre l'altra faccia della medaglia. Ma fu una grande lezione, non solo di calcio, una lezione di vita...".

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BEST CLI CK

TUTTI IN PIEDI PER IL 31 Una vera e propria ovazione ha salutato l'uscita dal campo di Sergio Pellissier al 73' di ChievoVerona-Sampdoria, lo scorso 19 maggio allo stadio Bentegodi. Per l'attaccante gialloblu si è trattata della sua ultima apparizione da giocatore al Bentegodi, stadio che lo ha visto protagonista per ben 17 stagioni. Appese le scarpe al chiodo Sergio si appresta ad entrare nella stanza dei bottoni della società presieduta da Luca Campedelli, mettendo così a disposizione la sua esperienza e il suo carisma. E il 31, suo numero di maglia, ritirato e consegnato alla storia, diventa così come un diamante: prezioso e... per sempre. Grazie capitano. Grazie bomber. Grazie Sergio Pellissier. D Maurilio Boldrini

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EVENTO

Verona incorona il Re in Rosa di Fabrizio Sambugar

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ui è già arrivato con grande anticipo a Verona. Ed attende, nel loggiato d’ingresso della Gran Guardia, l’atleta che se lo porterà a casa ed entrerà a far parte della leggenda sportiva legata al Giro d’Italia. Lui è il ‘Trofeo senza fine’, l’iconica coppa dorata a forma di spirale che va al primo classificato e che ogni anno viene allungata di un pezzetto - da qui la denominazione - per contenere il nome del vincitore, colui che a Verona sarà incoronato re della 102esima edizione della corsa a tappe più importante d’Italia (e la seconda più importante al mondo). Oltre alla cupola di vetro a protezione della preziosa reliquia sulla base trova posto un cronometro che scandisce il conto alla rovescia che separa i corridori dal traguardo finale, ospitato proprio dalla città scaligera. L’ultima tappa infatti si articolerà sul percorso delle Torricelle già visto nei Mondiali - e sarà una cronometro individuale il cui arrivo porterà i ciclisti direttamente nel cuore della città, nella splendida cornice dell’Arena. Verona e il Giro La storia d’amore tra la città di Romeo e Giulietta e la Corsa Rosa è di quelle di vecchia data. Negli anni il Giro ha vissuto qui alcuni dei momenti più belli della sua storia, come ad esempio nel 1940 l’arrivo in via Farinata che premiò Gino Bartali, anche se quell’anno la maglia rosa finale andò però ad un promettente giovane suo compagno di squadra, quel Fausto Coppi agli inizi della sua leggendaria carriera. Il ricordo più vivido che lega i tifosi italiani a Verona ed alla gara organizzata dalla Gazzetta dello Sport però ha una data ben precisa: 10 Giugno 1984. Ultima tappa, si partiva da Soave e anche quella volta il finale era affidato ad una crono individuale. Maglia rosa era il fortissimo francese Laurent Fignon, mentre in seconda posizione sembrava non ci fosse

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speranza per Francesco Moser, staccato di quasi un minuto e mezzo. Moser però fece la gara perfetta: in 42 Km inflisse quasi 2 minuti e mezzo di distacco al transalpino, volando sull’asfalto anche grazie alle ruote lenticolari ed alla bici similare a quella con cui aveva battuto il record dell’ora. Classifica ribaltata e maglia rosa che finì sulle spalle del corridore trentino, accolto in trionfo proprio dall’Arena. La città e la provincia hanno poi ospitato ancora altre tappe negli anni successivi, e per ben due volte sono state teatro dei campionati mondiali di ciclismo, nel 1999 e nel 2004. L’edizione 102 Circa 180 atleti da tutto il mondo, divisi in 22 squadre si sfidano quest’anno nelle 20 tappe che precedono il gran finale sulle sponde dell’Adige. Il borsino dei favoriti è abbastanza delineato e difficilmente presenterà sorprese. A giocarsi la gloria in pole position i pronostici danno Tom Dumoulin, del Team Sunweb, vincitore del 2017 e secondo nel 2018, che si batterà con Primoz Roglic, il cronoman sloveno della Jumbo Visma dominatore del Romandia quest’anno e quarto al Tour 2018. Attenzione anche a Simon Yates, il britannico che nella scorsa edizione ha fatto vari giorni in rosa crollando nel finale (ma rifacendosi vincendo la Vuelta Espana). Ultima menzione obbligatoria per il nostro Vincenzo Nibali: lo ‘Squalo

dello stretto’, capitano della BahrainMerida, sulla carta è un passo indietro rispetto ai rivali, ma ha già scritto due volte il suo nome sul ‘Senza Fine’, nel 2013 e nel 2016, e ha dalla sua l’esperienza; può recuperare quanto verosimilmente perderà a cronometro quando la strada comincerà ad impennarsi. La corsa è lunga e c’è tempo per tutti di giocare le proprie carte: si è partiti l’11 maggio con una gara contro il tempo da Bologna, 8 Km di percorso impegnativo con salita finale per scremare il gruppo, poi si è iniziato a scendere verso sud passando per la Toscana (con la tappa di Vinci a celebrare i 500 anni dalla morte di Leonardo) il Lazio e la Puglia, con tappe adatte ai velocisti o alle fughe di giornata. Dalla settima tappa, con arrivo a l’Aquila a 10 anni dal terremoto, si è tornati verso nord, con l’importante snodo della cronometro di Riccione il 19 maggio che ha delineato ulteriormente la classifica. Si è passati poi in Liguria per arrivare finalmente alle montagne del nord con tappe durissime: oltre i 2000m col colle del Nivolet alla tredicesima tappa, poi nei soli 131 km della quattordicesima frazione - che arriva a Courmayer – sono stati superati ben 5 GPM (Gran Premi della Montagna NDR) per arrivare poi il 28 Maggio alla tappa più dura del giro, la Lovere-Ponte di Legno con 5000m di dislivello da scollinare ed il famoso (famigerato?) passo del Mortirolo, dove


Ivan Basso trionfa nell'Arena di Verona al Giro d'Italia 2010 anche i veicoli a motore fanno fatica a superare pendenze che arrivano al 18%. Saranno le Dolomiti poi, alla penultima tappa veneta Feltre-Croce d’Aune, a traghettare gli uomini di classifica all’ultima battaglia a Verona. I veronesi in gara. Anche se sarà difficile averli sul podio della classifica finale, ci sono 2 veronesi che promettono scintille prima dell’arrivo in Arena. Davide Formolo di Negrar

porterà i gradi da capitano nella Bora - Hansgrohe e cercherà di fare classifica, puntando decisamente alla vittoria di una tappa, magari una di quelle dove ci sarà selezione e la strada inizierà a salire. E poi c’è naturalmente Elia Viviani, il velocista originario di Isola della Scala. Dopo un 2018 straordinario costellato di primi posti a Giro e Vuelta e soprattutto dalla maglia di campione italiano conquistata a Darfo Boario Terme, l’olimpionico è l’uomo da battere in volata. Ha già superato le 70 vittorie in carriera nel 2019 e punta decisamente a togliersi ancora delle soddisfazioni al giro. E chissà che l’Arena non lo celebri con addosso la maglia ciclamino, quella del vincitore della classifica a punti per i migliori piazzamenti. Un obiettivo certamente alla portata del “Profeta” (nomignolo con cui è chiamato nel circuito) che cercherà per una volta, dato che si corre a casa sua, di esserlo in patria.

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I NTERVISTA

Il Principe del pedale

I

di Giorgio Vincenzi - Foto: Damiano Cunego

l Piccolo Principe a fine 2018 ha appeso la bici al chiodo. A 37 anni Damiano Cunego ha detto basta al ciclismo dopo 17 anni di professionismo che lo ha visto tagliare il traguardo vittorioso in oltre 50 gare. Un’assenza che si farà particolarmente sentire quando il 2 giugno prossimo il Giro d’Italia si concluderà all’Arena di Verona. Una carriera folgorante quella di Damiano: nel 2004 a soli 22 anni, e dopo appena due anni di professionismo, vince il Giro d’Italia. Ed è solo l’inizio. Si impone poi per ben tre volte al Giro di Lombardia (2004, 2007 e 2008) e a un Amstel Gold Race (2008). Nel 2006 conquista la maglia bianca di miglior giovane del Tour de France e nello stesso anno arriva terzo alla Liegi-BastogneLiegi. Nel 2008 è medaglia d’argento al mondiale di Varese.

Damiano Cunego ha scritto delle belle pagine nella storia del ciclismo ed è stato un ottimo scalatore. Il suo nome rimarrà per sempre tra i grandi del ciclismo. Damiano, il 2018 è stato il tuo ultimo anno da professionista. Un bilancio di 17 anni di attività? «Sono soddisfatto perché ho vinto oltre cinquanta corse, un Giro d’Italia e diverse classiche. Inoltre, per diversi anni sono stato tra i primi dieci del ranking mondiale. Un bel bilancio, direi». L’ultima vittoria sulle due ruote? «Ho vinto nel luglio del 2017 una tappa del Tour of Qinghai Lake in Cina con un arrivo in quota oltre i quattromila metri. Questo Tour lo avevo vinto nel 2003 da neoprofessionista».

Ti è pesato il soprannome ‘Il Piccolo Principe’? Chi te l’ha dato? «È stato Pier Augusto Stagi di Tuttobiciweb e a me piace moltissimo perché è azzeccato. Aver fatto una similitudine con il personaggio del libro, che specialmente nei primi tempi assomigliavo, è stato un onore». Nel 2004 a 22 anni hai vinto il Giro d’Italia. Che ricordi hai di quella impresa compiuta così giovane? «Quella vittoria è stata importante perché mi ha fatto conoscere al grande pubblico di tutto il mondo. I ricordi sono legati anche alle quattro vittorie di tappa perché ciascuna è stata diversa e ha segnato un momento del Giro. C’è poi l’emozione provata quando per la prima volta ho indossato la maglia rosa che ho perso e riconquistato. Sono stato il sesto più giovane ciclista a vincere il Giro d’Italia, anche questo è un bel ricordo». Quale era il tuo obiettivo iniziale per quel giro? «Prima del Giro avevo vinto già cinque corse e il giro del Trentino e quindi partivo con delle buone aspettative. Naturalmente non pensavo di vincerlo, ma portare a casa una o due tappe». A parte il Giro d’Italia, qual è stato uno dei momenti più belli della tua carriera? «Il 2007 e il 2008 sono stati anni belli perché mi ero concentrato sulle grandi classiche e ho vinto due volte il Giro di Lombardia e l’Amstel Gold Race». Hai più rimpianti per la tappa che ti è sfuggita di mano sull’Alpe d’Huez al Tour de France del 2006 o per il mondiale di Varese del 2008 dove sei arrivato secondo dietro ad Alessandro Ballan? «Certamente il secondo posto sull’Alpe d’Huez. Se potessi tornare indietro

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Instagram damiano_cunego_official_ TWITTER @DCunego

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Il ciclismo è ancora bello anche se oggi c'è molto tatticismo e scarseggiano le azioni da lontano

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Nella foto sotto Damiano Cunego posa con il premio alla carriera consegnatogli dal Comune di Verona durante la cerimonia del Cangrande 2019

cercherei di tramutarlo in una vittoria. In giro per il mondo più di qualcuno mi ha chiesto del Tour de France e non aver vinto nessuna tappa in questa corsa è un peccato perché ti avrebbe dato maggiore notorietà». Ti piace il ciclismo d’oggi? «È ancora un bel ciclismo anche se c’è molto tatticismo e non vi sono più, salvo che in qualche raro caso, le azioni da lontano». In tanti anni carriera, qual è il campione che più ti ha impressionato per le qualità tecniche? «Nei primi anni della mia carriera ricordo Jan Ullrich e in tempi più recenti Peter Sagan». Correre in bicicletta è stata la tua passione sin da piccolo… «A dire il vero quando frequentavo le

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scuole medie facevo le corse campestri mentre la passione per la bici è iniziata dalla seconda superiore stimolato dai ragazzi delle mie zone che la praticavano. La carriera, poi, è stata tutto un crescendo: da juniores ho vinto i campionati del mondo e via via sempre meglio». Appesa la bicicletta al chiodo, cosa fai ora? «Ho creato un mio sito internet (https:// officialdamianocunego.com) dove offro un servizio da personal trainer e healt coach. Ho anche un mio metodo di allenamento per i ciclisti o per chi vuole un fisico armonioso. Offro anche giornate d’allenamento con me e training camp. Sono ambassador di GsAlpi che è l’organizzatore della Granfondo Internazionale Gavia e Mortirolo (in programma il prossimo 23 giugno) e che a partire da quest’anno, e per i prossimi tre anni, porterà il mio nome, ma anche di otto

brand sportivi. A Tokyo sto per aprire la prima Damiano Cunego Academy». Chi vorresti ringraziare per averti aiutato durate la tua carriera ciclistica? «Sicuramente mia moglie e i miei genitori. Una persona che mi ha dato molto è stato Giuseppe Martinelli, ma anche il mio direttore sportivo “storico” Roberto Viviani». Un consiglio ai ragazzi che intendono iniziare questa attività sportiva? «Prima di tutto devono cercare una società che li possa far crescere al meglio e a Verona c’è ne sono». E agli amatori? «Devono vivere questa attività con estrema felicità senza accanimento, come purtroppo vedo in qualche gara. Capisco che è un momento per mettersi alla prova, ma deve essere fatto nel giusto delle cose».


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> 25/05-9/06 Varie

> 5/06 Calcio

Mostra Storica degli Album delle Figurine - Rassegna completa degli album di figurine uscite in occasione dei grandi avvenimenti sportivi Santa Maria della Vittoria Panathlon Mantova, Panini e Bellini's Museum

1° Torneo di Calcio delle Sirene - Finale del Torneo tra le varie Armi - Stadio Martelli - Polizia di Stato - UISP Comitato di Mantova

> 31/05 -2/06 Pattinaggio Artistico

Giochi di una volta - Tornei di S-ciancol - Schida - S-ciafeta Piazza Castello - CSI Comitato di Mantova

Trofeo Nazionale UISP Manifestazione nazionale di Pattinaggio Artistico - Gruppi Folk - Grana Padano Arena UISP Comitato di Mantova

> 8-9/06 Ginnastica Artistica/Arti Marziali

> 1° settimana giugno Tennis

Ginnastica Artistica - Karate - Tai Chi Open Day con dimostrazione delle singole attività sportive - Rotonda S. Lorenzo/Loggia del Grano CSI Comitato di Mantova

Torneo Amatoriale T.P.R.A. - Tennis Club Mantova - Tennis Club Mantova

> 8-9/06 Nuoto

> 1-2/06 Canoa Kayak Selezioni Nazionali Velocità Junior e U23 - Centro Federale di alta specializzazione Canoa Kayak Sparafucile - Lega Navale Italiana

> 1/06 Disabili Skarrozzata - Tour culturale ed enogastronomico in carrozzina Centro Storico - US Acli Comitato Provinciale di Mantova e US Acli di Verona

> 1 - 2/06 Arrampicata sportiva Arrampicare senza limiti - Arrampicata sportiva per medio/ lieve disabilità - Piazza Virgiliana - ASI Mantova e Pol. New Steps ASD

> 9/06 Podismo Corsa in Rosa - 3^ edizione - Iniziativa sportiva non competitiva con finalità solidaristiche - Campo Canoa e ciclabili - Quisport Mantova

> 9/06 Automodellismo > 9/06 Tiro a Volo

Auto a pedali Dedicata a bambini dai 6 ai 9 anni - Viale Te Scuderia Tazio Nuvolari Italia

> 1/06 - 27/07 Mostra Velocità - Mostra sul tema "Velocità - Dai cavalli dei Gonzaga alle navicelle spaziali" - Palazzo Ducale - Appartamento della Rustica e Cortile della Cavallerizza - Panathlon - Mantova Creativa

> 2/06 Motocross

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Manifestazione di Ginnastica Artistica - Ritmica e Acrosport Esibizioni delle varie discipline - Grana Padano Arena - FGI Mantova e Ginnastica Airone

Torneo/dimostrazione di tiro alla fune - Piazza Virgiliana AS di Tiro alla Fune GaPo

> 1-2/06 Giochi

2019

> 9/06 Ginnastica Artistica

Trofeo d'Estate - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori - Model Club Mantova

Biliardino Umano - Torneo di biliardino umano a 11 giocatori Piazza Virgiliana - CSI Comitato di Mantova

GIUGNO SETTEMBRE

Meeting Giovanile di Nuoto - Con atleti del nord Italia e atleti azzurri della Nazionale Esordienti e Assoluti - Centro Natatorio Dugoni - Sport Management

> 1-2/06 Tiro alla fune > 1-2/06 Giochi

EVENTI

> 8/06 Giochi/Scuole

Campionato Regionale UISP Lombardo - Circuito Internazionale Motocross Città di Mantova - Moto Club Mantovano Tazio Nuvolari ASD

> 2/06 Podismo IX Trofeo Camminata nel Bosco - 6^ Maratonina nel Parco del Mincio - Argini di Formigosa - G.P. Rino Mazzola e FIASP Comitato Territoriale di Mantova Modena Reggio

> 2/06 Arti Marziali Origine, diffusione, promozione ed esibizioni di Karate e Krav Maga - Manifestazione a carattere giovanile per avvicinarsi alle arti marziali - Piazza Virgiliana - US Acli Comitato Provinciale di Mantova

> 3/06 Calcio Da Bearzot a Mancini: dibattito sulla Nazionale Incontro/Convegno sul confronto tra le varie epoche calcistiche - Santa Maria della Vittoria - Panathlon Mantova

> 3-8/06 Equitazione/Disabili Avvicinamento e relazione con il cavallo per disabili Centro Ippico Città di Mantova - ASD Centro Ippico Città di Mantova

Gara Interregionale di Tiro a Volo - Specialità Fossa Olimpica - 2 serie da 25 piattelli - Tiro a Volo S. Fruttuoso - Castel Goffredo - ASD Tiro a Volo S. Fruttuoso

> 12/06-16/06 Paddle Tornei di Paddle - Tornei e dimostrazioni di paddle - Dopo Lavoro Ferrovieri - Mantova Sport City

> 15/06 Arti Marziali Tai Chi - Open Day con dimostrazioni di Tai Chi - Loggia del Grano - CSI Comitato di Mantova

> 15/06 Calcio Quadrangolare AIC Lombardia Onlus - Torneo di calcio Polisportiva Borgo Virgilio Associazione Italiana Celiachia Lombardia

> 15 e 29/06 Danza Aspettando Danzainsieme 2019 - Manifestazione a carattere promozionale con esibizioni di danza - Cortile Palazzo San Sebastiano (o Palestra Boni) - US Acli Comitato Provinciale di Mantova

> 16/06 Tiro con l'arco Campionato Regionale Targa 70/60/40/25 metri - Match Round 36 frecce, Olimpic Round, Mixed Team - Stadio Comunale Danilo Martelli ASD Arcieri Gonzaga

> 16/06-6/07 Calcio a 7 Torneo Città di Mantova - IV Edizione - Torneo di Calcio a 7 Arena Virgiliana - ASD Virgiliana San Leonardo

> 22/06 Yoga Giornata Mondiale dello Yoga - Due giornate dedicate alla promozione dello yoga - Piazza Virgiliana - Mulan ASD - CSI Comitato di Mantova

> 26-27/06 Paddle Gioca Mantova "Città Europea dello Sport 2019" - Torneo di Paddle - Dopo Lavoro Ferrovieri - Associazione Festeggiando con il Cuore Onlus


> 28/06 Podismo

> Luglio/Agosto Sport del Beach

> 19-22/09 Auto Storiche

> 29/09 Auto Storiche

RUN 5,30 - 6^ edizione - Iniziativa sportiva non competitiva - Centro storico Quisport e Ginger SSD

Tornei di Beach Tennis e Beach Volley - Tornei e dimostrazioni promozionali degli sport del beach - Canottieri Mincio Canottieri Mincio

29° Gran Premio Nuvolari Gara regolarità per auto storiche - Piazza Sordello - Viale Te Scuderia Mantova Corse A.S.D.

> Luglio/Agosto Palla Tamburello

L'attività fisica adattata come prevenzione secondaria delle malattie cronicodegenerative Convegno sull'Attività Fisica Adattata (AFA) - Teatro Bibiena - ASST Mantova

Raduno Alfa Romeo - Esposizione statica delle auto storiche e moderne del marchio Alfa Romeo Piazza Sordello - AMAMS Associazione Mantovana Auto e Moto Storiche T. Nuvolari

> 29/06 Calcio Quadrangolare di calcio in memoria di Marco Sguaitzer - Torneo di calcio tra le squadre All Stars, Vecchie Glorie del Mantova, Ultras Mantova e Amici di Marco Stadio Comunale Danilo Martelli - Associazione Festeggiando con il Cuore Onlus

> 29/06 Paddle Gioca Mantova "Città Europea dello Sport 2019" - Finali del Torneo di Paddle Dopo Lavoro Ferrovieri - Associazione Festeggiando con il Cuore Onlus

> 30/06 Ciclismo 3° Trofeo Learco Guerra - Corsa ciclistica per Esordienti - Viale Te - FCI Comitato Provinciale Mantova - Panathlon

> 30/06 Ciclismo Campionato Italiano Giornalisti - Gara ciclistica - Viale Te - FCI Comitato Provinciale Mantova - Panathlon

> Giugno Tennis Trofeo Bettari - Torneo Rodeo Under 10/14 Tennis Club Mantova - Tennis Club Mantova

> Giugno Pallanuoto Campionato Nazionale di Pallanuoto - Tappa del girone di finale del Campionato Nazionale di Pallanuoto ASC/SM - Centro Natatorio Dugoni - Sport Management

> Giugno Varie Sport and the City - Yoga per il Fitness - 8 incontri in aree all'aperto Giardini di Palazzo Ducale - UISP Comitato di Mantova

> 4/07 Boxe 5^ Memorial Attilio Lasagna - Incontri di boxe dilettantistici - Piazza Broletto - ASD Boxe Mantova

> 6/7 luglio Pesca Sportiva Gara Internazionale di Pesca Carpitaly "Mantova Città Europea dello Sport 2019" Gara di pesca alla carpa in collaborazione con Fiera Millenaria di Gonzaga - Lago di Mezzo, Inferiore e Superiore - Fiera Millenaria di Gonzaga srl - FIPSAS

> 14/07 Automodellismo 3° Prova Campionato Provinciale Città di Mantova - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori Model Club Mantova

Campionato Nazionale di Tambeach - Tappa nazionale di Tambeach - Canottieri Mincio FIPT Mantova

> 15/08 Podismo Corsa alle Grazie - Iniziativa sportiva non competitiva - Canottieri Mincio - Ciclabili Santuario delle Grazie - Quisport Mantova

> 25/08 Pesca Sportiva Campionato Italiano a Coppie da Natante con Motore Elettrico - Gara di pesca specialità Bass Fishing - Lago di Mezzo, Inferiore e Superiore - FIPSAS - Sezione di Mantova

> 25/08 Automodellismo Trofeo Vintage - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori Model Club Mantova

> 20/09 Convegno

> 21-22/09 Volley Torneo Mantova Città Europea dello Sport 2019 - Trofeo riservato a squadre di Superlega (Trento, Modena, Milano e Verona) - Grana Padano Arena - Pallavolo Mantova - FIPAV Mantova

> 21-22/09 Volley/Disabili Torneo Mantova Città Europea dello Sport 2019 - Torneo di Sittingvolley per disabili Grana Padano Arena - FIPAV Mantova

> 21-22/09 Motocross

> Settembre Varie Sport and the City - La Traghettata del ciclista - 1 incontro al mese con itinerari in bici - Ciclabili e laghi - UISP Comitato di Mantova

> Settembre Varie Sport and the City - Yoga per il Fitness - 8 incontri in aree all'aperto - Giardini di Palazzo Ducale - UISP Comitato di Mantova

> Settembre Calcio a 5

> 22/09 Arti Marziali

> Settembre Calcio a 7

Kobudo - Kung Fu - Open Day di Kobudo e Kung Fu - Rotonda S. Lorenzo - CSI Comitato di Mantova

Torneo di Calcio Saponato Calcio a 7 attività per bambini - Arena Virgiliana ASD Virgiliana San Leonardo

> 30/08 Bocce

> 22/09 Giochi di una volta

Bocciando si impara - Competizione sportiva giovanile con Atleti Under 12-15-18 Bocciodromo Comunale - FIB Mantova

Giochi con i tappi (cuercin) - Campionato Nazionale FICT con Tornei Flipper tappo Bigliar tappo - Birilli - Curling - Bowling Piazza Virgiliana - CSI Comitato di Mantova

> Settembre/Ottobre Promozione salute/Podismo

> 29/08 - 1/09 Canoa turistica 3^ Discesa a Remi non competitiva Mantova - Ferrara - Iniziativa turisticosportiva-culturale con tappe intermedie Campo Canoa - Fiume Po Consorzio Oltrepò Mantovano

> 1/09 Equitazione Concorso Ippico Sociale - Centro Ippico Città di Mantova - ASD Centro Ippico Città di Mantova

> 8/09 Motocross Campionato Regionale UISP Lombardia Circuito Internazionale Motocross Città di Mantova - Moto Club Mantovano Tazio Nuvolari ASD

> 13-15/09 Palla Tamburello Torneo Tamburello - Piazzale Montelungo FIPT Mantova

> 14/09 Equitazione/ Scuole Il meraviglioso mondo del cavallo Conoscenza del cavallo per bambini dai 4 ai 12 anni - Piazza Virgiliana Centro Equestre Corte Fienilone ASD

> 14-15/09 Tennis/Disabili

> 22/09 Podismo Marcia Europea per la Città di Mantova Camminata non competitiva - Quartiere Cittadella - FIASP Comitato Territoriale di Mantova Modena Reggio

> 22/09 Pesca Sportiva

Run 4 School - Camminata di 5 km con il coinvolgimento degli Istituti Scolastici Ciclabili e laghi - Emilio Mori Sport Event Manager

> 15/09 Automodellismo

> 29/09 Tamburello

Corsa Abeo - Iniziativa sportiva non competitiva con finalità solidaristiche Campo Canoa e ciclabili - Quisport Mantova

> Settembre/Ottobre Podismo Corriamo Insieme - Corso di avviamento a podismo e camminata sportiva con lezioni pratiche e teoriche - Vari itinerari - UISP Comitato di Mantova

con il patrocinio del

> 28/09 Bocce/Disabili

Campionato Italiano da Belley Boat - Gara di pesca specialità Bass Fishing - Lago Superiore - FIPSAS - Sezione di Mantova

> 15/09 Podismo

Gruppi di Cammino - Organizzazione e gestione di gruppi di cammino per persone della 2^ e 3^ età - Vari itinerari - UISP Comitato di Mantova e ATS Val Padana

> 22/09 Scuole/Podismo

> 14/07 Pesca Sportiva

Memorial Matteo, Fausto e Nicola - Gare di modellismo dinamico radio comandato Circuito Matteo Priori - Model Club Mantova

Torneo di Calcio a 5 - Torneo interdipartimentale ASST Mantova - da definire - ASST Mantova

Campionato Italiano a Coppie da Natante Gara di pesca specialità Predatori con Esche Artificiale da Natante - Lago di Mezzo, Inferiore e Superiore - FIPSAS - Sezione di Mantova

Bocciando si impara - Competizione sportiva con atleti diversamenti abili - Bocciodromo Comunale - FIB Mantova

Torneo Amatoriale T.P.R.A. - Tennis Club Mantova - Tennis Club Mantova

Sport and the City - Che sportivo sei? Leaner, faster, stronger - 20 incontri con cadenza settimanale - Giardini Belfiore, Campo Canoa, Sparafucile, Giardini Anconetta - UISP Comitato di Mantova

Campionato Italiano Junior Motocross Circuito Internazionale Motocross Città di Mantova - Moto Club Mantovano Tazio Nuvolari ASD

Torneo Tennis in Carrozzina - Tennis Club Mantova - Tennis Club Mantova

> Fine Luglio Tennis

> Settembre Varie

Torneo di Tamburello - Torneo con squadre dell'Alto Mantovano - Campo Laterale Te CSI Comitato di Mantova

> 29/09 Podismo Color Vibe - Corsa Podistica non competitiva Campo Canoa e ciclabili - Color Vibe Italia

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I NTERVISTA

Massiccione no limits di Alberto Cristani

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R

La mia battaglia con la vita è iniziata a sei anni, quando i miei genitori mi mandarono in collegio

accontare Roberto Zanda è essere semplice ma allo stesso tempo maledettamente complicato. La premessa è d'obbligo perché stiamo parlando di un uomo che ha sfidato tutte le avversità e le difficoltà che la vita gli ha posto davanti fin dalla giovane età, con la caparbietà, la testardaggine e la sfrontatezza di chi sa che, prima o poi, l'avrà vinta. Roberto è un sardo e quindi uomo tutto d’un pezzo, uno che non si ferma mai, nemmeno quando il freddo gli strappa gambe, un braccio e mezza mano. La storia del ‘Massiccione’ (questo è il suo soprannome n.d.r.) non è inizia il 7 febbraio 2018 alla Yukon Artic Ultra (vedi box a pagina…) ma molti anni prima. “La mia battaglia con la vita” – racconta Roberto durante la serata organizzata del Consorzio Young Sport e Cultura Community di San Martino Buon Albergo lo scorso 8 aprile – “è iniziata a sei anni quando i miei genitori mi mandarono in collegio. Eravamo poveri e quella fu la decisione migliore per tutti. Purtroppo una volta la mia famiglia si 'dimenticò' di me e per tre anni nessuno venne a trovarmi. Fu in quel momento

che dissi il mio primo ‘no’ al destino avverso. Scappai dal collegio per tornare a casa, ma fui trovato e riportato indietro. Fu dura, molto dura. Quando i miei genitori finalmente vennero a trovarmi, feci un po’ la pace con la vita”. Hai iniziato a correre per salvarti dalla depressione e hai rischiato di morire correndo. La corsa ha segnato la tua vita sia in positivo che in negativo. Tu la ami ancora? «La corsa mi ha permesso di spostarmi, conoscere tanta gente e tante realtà. Le ultramaratone ti permettono di guardarti dentro, perché passi tanto tempo da solo con te stesso a pensare. Passati sei mesi dopo una gara dovevo subito cercarne un'altra, come se fossi in astinenza. Correre mi ha dato serenità e sono convinto me ne darà ancora in futuro». Nel tuo libro La vita oltre racconti dettagli molto privati della tua vita: perché? «Scrivere e condivide il mio percorso di vita sulle pagine di un libro credo sia un modo per creare una sorta di legame, invisibile ma fortissimo, con chi lo legge. A me piace sentire il calore e l'affetto delle persone. È sempre stato così e ora,

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I NTERVISTA a Roberto Zand

dopo la disavventura in Canada, lo è ancora di più. E poi capire le origini e l'evoluzione del 'Massicicone' fa capire meglio certe mie scelte». Come quella di sfidare il ghiaccio correndo. Tu, uomo abituato e amante del caldo… «Non ho voluto sfidare il freddo, voglio che questo sia chiaro. Ho affrontato la Yukon Artic Ultra dopo essermi allenato moltissimo e non sottovalutando nessun particolare. Certo, non è andata come immaginavo, ma non posso dire che quello che è successo sia frutto di negligenza o distrazione. È andata come ha voluto e deciso il destino». In questi mesi c'è stato qualcosa che ti è tornato in mente dell’incidente che non hai scritto nel libro? «Tante cose le ho ricordate ad Aosta.

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Quando mi hanno trovato ero in uno stato confusionale; mi ricordavo per esempio di aver mollato la slitta, ma non il perché. Con la psicologa ho ricordato tante cose: è stato un lavoro duro e lungo. Anche in questi mesi, a casa, ho ricordato tante altre cose. Non ricordavo alcuni passaggi come, per esempio, che la notte dell’incidente ho anche camminato, non mi ricordavo di averlo fatto. E poi di essere caduto della neve dopo aver sbattuto contro una pianta. Poi non ricordo più niente, solo una luce fortissima che mi ha riportato alla realtà quando ormai pensavo di non avere più speranze. L'epilogo è stato drammatico ma si tratta anche di una storia di sopravvivenza umana. La notte sentivo ululare i lupi ma la cosa non mi spaventava, anzi. Ogni gara che ho corso sono sempre riuscito a entrare in completa sintonia con l'ambiente.


Questo abbraccio di madre natura ha compensato quell'abbraccio che non ho avuto da mia madre quando ero piccolino. Quindi non incolpo l'ambiente per quanto mi è capitato: il freddo non era un nemico per me. Purtroppo sono caduto ed è andata così». Forse è questo il tuo grande rimpianto è quello di non essere stato controllato a dovere dal medico all'ultimo check point. Se lo avessero fatto, forse, le cose sarebbero andate diversamente… «Può essere, ma voglio guardare avanti, non rinnego niente di quello che ho fatto e non ho rimpianti. Io vivo con la realtà: mi guardo allo specchio e non ho le gambe e le mani, ma ci sono, sono vivo. Mi godo il presente e guardo al futuro. Mi invitano a raccontare la mia storia in tutta Italia, nelle scuole, nelle carceri, nei teatri. E ogni volta penso: 'Ma io chi sono per insegnare

alla gente come si vive?'. Non so darmi una risposta, ma sicuramente quello che ho perso a livello fisico l’ho acquisito a livello mentale. Tante persone cercano in me la carica per andare avanti e io la trovo con loro. Sto vivendo un’altra vita, diversa da quella che facevo prima. E mi piace». Com'è stato il tuo ritorno a casa? «Sono tornato a casa il 25 giugno 2018, 4 mesi dopo l'incidente. Il primo mese tra le mura domestiche sono state le più complicate: non ero autosufficiente e dipendevo da chi mi stava vicino. Poi ho capito che dovevo liberarmi - e liberare chi mi aiutava - da questa dipendenza. Ora sono completamente autosufficiente, mi gestisco in tutto. D’altra parte sin da bambino ho dovuto rimboccarmi le maniche perchè non potevo contare sugli altri; questo è spirito di sopravvivenza».

Forse è questo l'aspetto positivo, se dobbiamo trovarne uno, di questa tua disavventura… «Giorno dopo giorno sto riscoprendo cose che prima dell’incidente davo per scontate. Non si può tornare indietro e quindi devo solo vivere questa nuova avventura. Ho molti traguardi che mi aspettano per il futuro. Vivo alla giornata, vivo la gente con la quale mi piace parlare e confrontarmi;

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Roberto Zanda ospite del Comune di San Martino Buon Albergo (VR) prima dell’infortunio non lo facevo perché, forse, ero preso da altre cose. Sono cambiato: ora sono più sereno». Nel libro nomini spesso Gesù; nella religione e nella preghiera hai trovato conforto nei momenti difficili della tua vita, soprattutto quando eri piccolo. Allo stesso momento però affermi che è stato il destino, il caso, a salvarti… «Penso che ognuno di noi abbia già una strada disegnata nella vita. Io per salvarmi mi sono aggrappato alla fede. La vita è fatta di momenti, di attimi che a volte vanno bene, a volte no. Ora sto rifrequentando la parrocchia vicino a casa: quando ci vado mi sento bene e sono sereno».

ZANDA

Tua moglie (Giovanna Caria n.d.r) ha avuto un ruolo fondamentale in tutta questa storia... «Non ho parole per descrivere quanto Jo sia grande e forte. Quando le hanno detto cosa mi era capitato, la prima cosa che ha fatto, prima di partire per

Nel febbraio del 2018 Roberto Zanda (60 anni) è impegnato nella Yukon Arctic Ultra, una corsa

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raggiungermi, è stata riempire una valigia di calze. Un gesto istintivo, dolcissimo, per proteggere idealmente i miei piedi dal freddo e dall’amputazione. Ogni tanto, ancora oggi, piange. Mi guarda e dice che ora sono sempre un passo dietro a lei, mentre prima ero avanti. Io la consolo e le dico di darmi tempo: un giorno, non lontano, tornerò davanti a lei. Lei mi ha aiutato tantissimo quando ero all’ospedale: era sempre presente la mattina quando mi svegliavo, mi dava conforto e che mi aiutava. Poi, dopo una giornata intera ad assistermi, la sera, mi salutava e se ne tornava in hotel. E li si sfogava piangendo. Come darle torto? Però il giorno successivo era ancora lì. È lei l'artefice di questa mi rinascita».

cose differenti. Pian piano sto facendo amicizia con la persona che oggi vedo allo specchio. Con questi miei nuovi arti, tutto sommato, ci sto bene». Lo sport disabile si sta diffondendo sempre di più. È davvero così o è una finta attenzione? «Devo dire che c'è più attenzione verso il mondo dello sport per disabili. Altro non ti so dire. Per quel che mi riguarda non ho nessuna intenzione di prendere parte a gare con disabili: quando tornerò a correre voglio gareggiare con persone ‘normali’. Con tutto il rispetto, disabile è una parola che ancora non mi appartiene. Forse un domani, chissà ».

Che rapporto hai con le tue protesi? «Diciamo un rapporto amichevole perché non le vedo! Camminando non sento differenza rispetto a quando avevo le mie gambe. Quello che sento io e quello che vedono gli altri sono due

Quale sarà il motivo che ti farà, un giorno, smettere di correre? «Sarà una cosa che verrà da sola, sarà la testa a dirmelo. Ma non penso sarà una cosa repentina o forzata, io voglio correre fino all'ultimo traguardo che la vita mi metterà davanti».

di 480 chilometri tra le nevi canadesi, conosciuta come una delle gare più dure al mondo per le temperature assurde da affrontare: fino a 50 gradi sotto zero. Già le premesse sono folli, ma qualcosa nell’organizzazione va storto. È notte e Zanda, secondo in classifica, si perde. Cade più volte, perde le scarpe e i guanti, rischia la morte per ipotermia. Passano ben quattordici ore prima che incontri, quasi casualmente, i soccorsi. Sopravvive ma al rientro in Italia gli vengono amputate le gambe, la mano destra e metà della sinistra. Quella di Massiccione non è solo la storia di un sopravvissuto: la sua vita è sempre stata all’insegna dell’«oltre».

È scampato a un’infanzia di violenza e povertà, si è arruolato nella Folgore e poi ha fatto mille lavori, ma a quarant’anni ha mollato tutto per darsi alle gare estreme, prima il triathlon e poi le ultramaratone, dove ha trovato quella libertà che la vita ordinaria non gli dava. Ha solcato quasi tutti i deserti del mondo, ha rischiato di morire per una peritonite in quello egiziano, dove è stato salvato dai beduini, ed è uscito vivo anche dalla terribile prova nei ghiacci del Canada. Oggi, con le sue protesi ipertecnologiche, il nuovo Zanda è già intenzionato a ritornare sui sentieri dell’avventura. Ritornare a correre e a sfidare gli avversari e la vita.



COVER STO RY lli re Emanuele Bira

Vita

da capitano

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di Mat Vis - Foto: Maurilio Boldrini

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torie di capitani. Nello sport i riferimenti sono tutto quello che ti permettono di avere delle fondamenta forti, solide. I capitani sono tutto quello che queste fondamenta dovrebbero rappresentare. Ci sono capitani e capitani: chi lo fa per anzianità sportiva, chi perché il più titolato e chi invece perché ci è nato con la fascetta al braccio. Tante storie belle da raccontare, ognuna diversa dall’altra nelle sfumature ma anche nei tratti decisi. Quella che vogliamo raccontare in questo numero è una storia di sudore, rispetto e ovviamente di capitani: Emanuele Birarelli è il capitano, la vita gli ha consegnato questa responsabilità. Muove i primi passi a Falconara Marittima (in provincia di Ancona) e non si fermerà più, sempre con la fascia al braccio, fino a Verona, alla Blu volley. In mezzo tanta tantissima pallavolo a livelli altissimi. Emanuele iniziamo dalla fine, che stagione è stata? «Quando finisce una stagione hai sempre la sensazione che si potesse fare qualcosa di meglio, quindi c’è un po’ di rammarico. Però sappiamo anche che siamo usciti contro i Campioni d’Italia. Io sto molto bene, non mi piace fermarmi, amo il mio lavoro e quindi mi allenerò da solo per farmi trovare pronto». La tua carriera ci racconta di un ragazzo nato con i gradi di capitano, sbagliamo? « Sicuramente un requisito fondamentale è l’età (ride n.d.r.). Ovviamente a 20 anni non ero capitano della mia squadra. L’anno decisivo è stato il 2013 quando sono diventato capitano della Nazionale e anche di Trento; è stato l’apice. Erano 6/7 stagioni che ero a Trento, Kaziyski era andato in Turchia quindi la società mi chiese di diventare il nuovo capitano. Da quell’anno diciamo che sono sempre rimasto un capitano. Questa cosa mi riempie di orgoglio, perché sai che in quel momento ti stanno dando fiducia e delle responsabilità in più. Responsabilità

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COVER STO RY lli re Emanuele Bira

Birarelli insieme Matej Kazijski e all'ex coach di Verona Nikola Grbic

perché sei a capo di un gruppo di giocatori che dovranno diventare squadra e il ruolo del capitano in questo è fondamentale. Per un capitano vedere una squadra unita è una soddisfazione». Che significato ha per te? «Un simbolo speciale, credo che la prima cosa a cui penso sia un senso di appartenenza alla maglia che si indossa. Per questo non è detto che il capitano sia il giocatore più rappresentativo. Poi dipende anche dalle società e dagli allenatori che magari vogliono responsabilizzare un giocatore rispetto all’altro. Nel mio caso, credo sia un mix delle due cose, l’esperienza sicuramente è un fattore come il rapporto solido che si è costruito con la società e con la proprietà, ho visto che hanno creduto nell’uomo Birarelli». Secondo te esistono modi diversi di essere un capitano o alcune dettagli sono imprescindibili? «Non facile rispondere, sicuramente ognuno interpreta a proprio modo questo ruolo. Quello che conta sono i rapporti, i comportamenti invece soggettivi. Però saper relazionarsi in modo costruttivo con chi fa parte del progetto, società, allenatore e compagni, credo che sia fondamentale per tutti quelli che vogliono interpretare questo ruolo». La tua storia nel volley è molto particolare: uno stop di 2 anni dopo

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Falconara, la ripartenza dalla A2 fino alla consacrazione assoluta a Trento, passando anche per una maglia azzurra che ti ha dato tanto e a cui tu hai tanto tantissimo, raccontaci come l’hai vissuta. «Nel febbraio del 2002 mi diagnosticarono una ischemia a un’arteria del braccio destro e ripresi solo nel settembre 2005. Non fu per niente facile, specie in un’età florida come quella tra i 22 e i 25 anni, non poter più giocare a pallavolo per più di tre anni. Io, come tanti altri ragazzi, avevo fatto tutta la trafila, quindi settore giovanile con una società e in estate in nazionale juniores. Quattro estati con la maglia azzurra sono preludio e sogno che questo sport possa diventare un lavoro, dunque in quegli anni volevo che diventasse la mia vita ma da un giorno all’altro mi sentii dire che non potevo più giocare. Tra le mie fortune la razionalità che mi ha fatto superare questo momento al netto di qualche preoccupazione per la mia salute, perché non è semplice nemmeno affrontare il fatto che nessuno sappia per quale motivo ti vengano delle ischemie. Dovetti gestire la mia vita concentrandomi su altro, mi sono laureato in scienze motorie e poi ho lavorato come geometra, mentre allenavo una squadra di ragazzi vicino a casa e questo mi ha permesso di mantenere il contatto con la pallavolo. E poi ci fu la possibilità di riconsiderare il mio caso clinico, un professore di Roma si impegnò nel cercare di capire la natura

di questa ischemia e dopo diversi esami mi diede la possibilità di ricominciare. La mia ‘seconda carriera’ è stata piena di soddisfazioni: se penso che nel 2005 ero andato a giocare a Pineto con una squadra neopromossa in A2 per riprendere e nel 2008 ero a Pechino per le Olimpiadi, insomma fu fantastico e meglio di quanto mi potessi aspettare». Cosa rappresenta Verona per te in questo viaggio nel volley italiano? «Verona rappresenta una bella storia. In quel primo anno a Pineto feci delle belle partite e un bel campionato, a Verona all’epoca, ma anche ora devo dire, passavano tanti ragazzi che sia avviavano alle grandi squadre, perché era una società che pensava in grande ma con dei mezzi leggermente limitati rispetto alle big: per questo motivo era importante valorizzare i ragazzi giovani di qualità e io il primo anno in A1 lo feci qua. Purtroppo fu un’annata sfortunata, ma ritornare è stato un po’ la chiusura del cerchio, qui ho trovato belle persone con tanta voglia di lavorare». Abbiamo parlato tanto del tuo passato, ma nel futuro di Birarelli cosa c’è? «Nel futuro, arrivato a questa età, si pensa inevitabilmente anche al post: io ci penso, però ho capito anche di volermi godere al massimo questi anni di carriera che mi rimangono, facendo in modo che venire in palestra sia sempre la mia priorità. Perciò, quando penso a quello


che sarà, io parlo da qui al 20 agosto a quando ricomincerà più avanti con la voglia di portare in alto il nome di Verona e dare il massimo perché quest’avventura sia bella per tutti, dai giocatori alla proprietà, che fa tanti sacrifici, e soprattutto anche per il pubblico». Anni di professionismo ad altissimi livelli, sempre da protagonista, come si fa? «Il mio segreto per fare tanti anni da ma adesso, riguardandomi indietro, mi chiedo perché ero lì e come è successo che per così tanti anni io sono rimasto e che la società non abbia mai pensato di cambiarmi per provare ad alzare ulteriormente il livello, ma credo che vada tutto ricollegato ancora al profilo di una persona affidabile, con tanta grinta, tanta voglia di vincere e senza paura di affrontare le partite importanti e i giocatori fisicamente più forti. Io ho sempre cercato di dare alla mia squadra tutto questo, ho sempre saltato meno di molti altri ma riuscivo a compensare, a cavarmela, e questo per me era motivo di orgoglio. Ho sempre cercato di giocare con la testa, imitando chi era vicino a me e non Simón o chissà chi altri».

professionista si basa su quello che ho vissuto e non è detto che valga per altri. Per quanto mi riguarda c’è stata tanta applicazione e tanta passione verso lo sport. Conosco mia moglie da più di dieci anni e lei, poco tempo fa, mi ha fatto notare che io non ho mai detto una volta di non avere voglia di andare in palestra. Sarebbe stato anche normale in dieci anni che magari un giorno, preso dalla routine, dalla stanchezza o da qualsiasi altro motivo, avessi anche potuto vacillare, ma non mi è mai successo e questo forse mi ha dato un vantaggio rispetto ad altri. L’altro aspetto importante è che credo di aver sempre capito il mio ruolo nelle squadre in cui ho giocato: quando c’è stato spazio di essere più protagonista sono stato in

grado di prendermelo, ma se il compito era di lavorare bene a muro, rinunciare alla schiacciata talvolta o di essere fastidioso in battuta senza cercare l’ace, allora cercavo di restare nel mio ruolo perché è la cosa più giusta. Ogni squadra ha le sue dinamiche, anche la Nazionale: nel 2012 erano tornati Fei e Mastrangelo, due giocatori di cui avevo molto rispetto, in quel momento capii quello che mi si stava chiedendo e l’ho accettato, lavorando al massimo per andare avanti». Come si fa a vincere così tanto? «Serve la fortuna di giocare al fianco di grandissimi campioni e di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. A Trento abbiamo avuto un ciclo fantastico di cui ero parte e mi fa molto orgoglio,

Il volley italiano in generale è un movimento in crescita cosa si può fare per migliorare ancora? «Io penso che stiamo vivendo un bel periodo storico per la pallavolo. Vedo palazzetti pieni, tanto affetto nei confronti di questo sport. C’è sicuramente gap fra grandi squadre come Verona e altre che fanno un po’ più fatica ma credo sia normale. A me piacerebbe vedere più attenzione dal punto di vista mediatico, cercando di vendere un prodotto migliore: la pallavolo ha dei gesti tecnici spettacolari, altri sport riescono a valorizzare i gesti come una rovesciata vista e rivista da dieci punti diversi e questo potrebbe essere uno spunto per noi. Certo è che se la telecamera più vicina è a cinquanta metri è difficile avere dei replay di questi gesti stratosferici, sappiamo che servono investimenti e risorse ma spero che si

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possa fare sempre meglio. L’altro aspetto è quello di cui sentiamo parlare spesso, il campionato dura poco, le nazionali giocano un po’ troppo e questo non va bene né per i giocatori né per le società, quindi forse il movimento dovrebbe cercare di valutare questa situazione con la federazione internazionale». I giovani per natura sono il nostro futuro, come vedi le nuove leve del volley italiano e quale ‘consiglio ti senti di dargli? «Penso che in Italia ci siano buoni giocatori, anche perché il ‘materiale umano’ a livello di allenatori è alto e autentico. Poi la realtà dei fatti è che i ragazzi arrivano tardi a giocare nelle squadre alte, il livello è molto alto e una squadra che vuole vincere lo scudetto non ti fa giocare se hai 21 o 22 anni, quindi bisogna avere pazienza. L’importante è non smettere mai di lavorare perché il momento potrebbe arrivare poco più tardi o un po’ più in là, però arriva. È capitato anche a me di dover lavorare per obiettivi a lungo termine, sono arrivato a giocare in Serie A a 27 anni, sicuramente anche per colpa degli infortuni, però ho visto che c’è tempo e intanto bisogna dedicarsi anima e cuore all’allenamento e al lavoro».

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Birarelli e la famiglia. «La famiglia è fondamentale, tutto quello che non è il palazzetto. Il tempo che rimane lo passo con mia moglie e le mie due bambine, Sofia di 5 anni e Isabel di 1 anno, sono fantastiche, giochiamo molto insieme ed è una gioia costante. Siamo impegnati anche nel vederle crescere però è tutto fantastico». Birarelli e i social. «Non ho mai avuto social finora, magari un giorno ne avrò. Non sono contrario, forse non mi sono mai iscritto perché non saprei bene come gestirli». Qual è il tuo desiderio più grande ancor da realizzare? «Non voglio guardare troppo in là, voglio dare una mano per portare in alto la maglia della BluVolley Verona con chi sta lavorando quotidianamente per farlo. Si parla sempre di risultati in questi casi, ma sappiamo che concorrenti abbiamo e squadre che lavorano tanto bene come noi, vorrei solo scrivere belle pagine e lasciare esperienze importanti alla gente che ci viene a vedere giocare e alla società che investe tanto in tutto questo».



I NTERVISTA otto Stefano Bizz

Bizzotto: the sport's Gentleman di Alberto Cristani - Foto: Stefano Bizzotto

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rande cultura, dialettica pressochè perfetta, capacità di raccontare con eleganza e competenza lo sport. E una Voce inconfondibile. Stefano Bizzotto, bolzanino doc, inizia la sua carriera di giornalista nel giugno 1982 presso il quotidiano Alto Adige prima come collaboratore sportivo, poi, assunto, in cronaca di Bolzano. Durante il servizio militare nel 1985, lavora all’ufficio stampa del Comando IV Corpo d’armata Alpino e nel 1986 passa alla Gazzetta dello Sport. Attualmente è conduttore e telecronista RAI, dove si occupa di sport internazionale ed in particolare realizza telecronache di calcio internazionale e di vari sport tra cui, tiro al volo, tiro a segno, tuffi, hockey su ghiaccio, sci, pattinaggio di velocità e short track. Stefano, come valuti l’evoluzione dello sport negli ultimi 10-15 anni? Sia a livello di sport praticato ma anche a livello mediatico… Sicuramente a livello mediatico c'è stata una rivoluzione totale, anche con l’evoluzione delle TV, un tempo solo private, ora satellitari e digitali. È cambiato il modo di fare le telecronache, di raccontare: è cambiato il linguaggio, è cambiato il lessico, tanti termini nuovi con la tendenza a usare termini stranieri in tutti gli sport. Insomma, sono cambiate tantissime cose, forse tutto.

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Questi cambiamenti hanno aiutato lo sport ad evolversi o è solo ‘scena’? Per quanto riguarda lo sport praticato ho qualche dubbio, non credo che le due cose siano legate. Il rafforzarsi delle televisioni ha svuotato gli stadi, la gente si è allontanata dal calcio ‘live’. Anche a livello di pratica sportiva c’è stato un abbandono e questo ha inevitabilmente creato una carenza di talenti in Italia. Da questo punto quindi c'è stata un po' di involuzione. Anche lo sport nelle scuole, purtroppo, è decisamente poco seguito. Hai parlato di sport nelle scuole: secondo te lo sport è ancora un veicolo che può aiutare i giovani a crescere con dei valori? Lo sport insegna tante cose, soprattutto ad accettare le sconfitte e ad elaborare i momenti negativi, a valorizzare i

rapporti umani. Può diventare anche veicolo di amicizia: ci sono amicizie che nascono sui campi e nelle palestre e poi rimangono per tutta la vita. Il tuo grande amore è il calcio… In realtà il primo sport che ho visto da bambino è stato l'hockey sul ghiaccio. In un’intervista dissi: "Se il calcio è la moglie, l'hockey e i tuffi sono le amanti". Nel tempo ho avuto modo di conoscere e innamorarmi di altri sport, come i tuffi e per 15 anni ho avuto modo di raccontare le gesta di Tania Cagnotto. Per quanto riguarda il calcio, oggi avere contatti con i vertici è sempre più complesso, mentre per quanto riguarda gli sport chiamiamoli di nicchi, è un po' più semplice riuscire a parlare direttamente con i protagonisti: questo è un punto a favore di questi sport.


Bizzotto insieme all'ex bomber di MIlan, Udinese, Chievo e Nazionale tedesca Oliver Bierhoff E magari riesci ancora ad avere un rapporto umano che invece con il calcio è sempre più difficile… Diciamo che fare questo lavoro è molto più complicato nel calcio che in qualsiasi altro sport. Di tutti gli eventi sportivi che hai raccontato, ce ne uno che ricordi particolarmente, sia in positivo che in negativo? In positivo un po’ tutto: il duello WangDi Donna alle Olimpiadi di Atlanta 1996 (oro all’italiano all’ultimo tiro dopo un clamoroso errore del cinese n.d.r.), le medaglie di Tania Cagnotto, la conquista del titolo Europeo calcio under 21 dell’Italia nel 2004… Sono stati tanti, ricordo con piacere ed emozione anche tutte le telecronache delle medaglie olimpiche degli italiani. In negativo, l’eliminazione dell’Italia ai Mondiali del Brasile del 2014: abbiamo debuttato battendo l'Inghilterra che sulla carta era la più forte del girone e poi abbiamo perso contro Costa Rica e Uruguay… C'è uno sport sopravvalutato? Direi di no, ogni sport ha l'attenzione che merita, semmai qualcuno è sottovalutato. E di sportivi che secondo te in questi anni sono stati sopravvalutati? Ad esempio, Mario Balotelli… Balotelli ha avuto momenti di assoluta grandezza, come Italia-Germania nel 2011, l'ha vinta lui quella partita. Poi un po' si è buttato via, però ha avuto dei momenti straordinari, anche con l’Under 21. Quindi in realtà forse sì un po' sopravvalutato, ma le capacità e il talento li ha e lo ha evidenziato in molte occasioni. E questo discorso vale in generale per tutti gli sportivi: ognuno raccoglie quello che semina. Un tuo ricordo legato a Verona come città di sport?

Ricordo quando ero militare, durante il campionato 1984/85 e ricordo che in una delle ultime domenica ho rimediato due biglietti per Verona-Lazio e andai con mio cugino a vederla. Vinse il Verona e fu la partita che le diede di fatto, anche se non matematicamente, la vittoria dello scudetto (1-0 gol di Fanna n.d.r.). C'era lo stadio in festa, la città in festa, un clima pazzesco. Questo è il mio ricordo non professionale di Verona. E di Verona sponda Chievo cosa mi dici? Torno indietro a Delneri, al primo campionato in serie A che fra l’altro commentavo sempre io. È stato a lungo in testa alla classifica. Una bellissima squadra, che giocava un grande calcio. Credo sia stata l’ultima squadra che non rientra tra le big a vincere quasi lo scudetto, poi non c'è più stato nulla di paragonabile. Prima del Chievo solo l'Hellas è riuscito nell'impresa di vincere un campionato da provinciale.

essere strumento di approfondimento. Pratichi o hai praticato sport? Ho provato a giocare a calcio, ma diciamo che quando ho smesso il calcio non ha perso niente. Venivo convocato spesso, ma mi toccava fare il guardalinee… C'è un campione dello sport che ti piacerebbe essere stato? Avrei voluto essere Cannavaro, oppure Fauner quando vinse in volata su Daehlie alla staffetta 4x10km nell’Olimpiade di Lillehammer del 1994. L’immagine di un’Italia che se la gioca nel tempio dello sci nordico: pazzesco!

Che futuro ha la carta stampata? Io spero che non muoia mai. Ho anche abbonamenti online, ma non c'è niente di più bello che sfogliare i giornali. Ricordo che quando lavoravo alla Gazzetta dello Sport si stampavano 500-600mila copie, ora siamo sulle 200mila. Purtroppo, i tempi sono cambiati; ora con la rete sei informato in tempo reale su tutto, per cui il giornale deve inventarsi qualcosa in più per essere competitivo sul mercato. Il Stefano Bizzotto insiema a Giancarlo Antognoni (a sinistra) giornale può e al compianto Johan Cruijff

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Vigasio: D nuovo un miracolo di Giorgio Vincenzi - Foto: SSD Vigasio, CalcioVeronaZoom

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bbiamo fatto un miracolo D nuovo’. Questa era la frase scritta sulle magliette dei giocatori e dello staff tecnico del Vigasio il 25 aprile scorso quando, sul campo amico, conquistavano la promozione in Serie D battendo per 1-0 il già promosso Caldiero. Un vero e proprio miracolo sportivo se solo si pensa alla stagione 2017-2018 – sempre in Eccellenza - contraddistinta da imprevisti, tribolazioni e cambi di panchina. La stagione 2018-2019 è stata invece

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figlia di una programmazione attenta, dove nulla è stato lasciato al caso e conclusasi con il primo posto in classifica con 70 punti frutto di 22 vittorie, 4 pareggi e 6 sconfitte. Il presidente Cristian Zaffani, con l’aiuto del team manager Nicola Franchini e del direttore sportivo Luca Falavigna, ha costruito un nuovo gruppo partendo dall’allenatore e inserendo giocatori con la voglia di fare qualcosa d’importante. Tra i protagonisti della promozione in Serie D vi è sicuramente Mario Colantoni, alla sua prima esperienza come

allenatore in Eccellenza. Analizzando la stagione, il mister del Vigasio ha elogiato più volte il gruppo, coeso e capace di soffrire, composto da ‘sedici leoni’ perché, anche chi entrava a partita in corso, ha sempre dato tutto. “È stato un campionato duro”- racconta Mario Colantoni - “difficile e probabilmente c’erano squadre anche più attrezzate della nostra, ma ce l’abbiamo


fatta. Per diciotto ventesimi la squadra è composta da giocatori nuovi e l’obiettivo inziale era quello di fare un buon campionato. Poi durante l’anno con l’amalgama e l’assimilazione degli schemi nuovi abbiamo iniziato a crederci”. Prosegue Colantponi: “Il momento decisivo della stagione? A mio avviso è stato nel girone di ritorno ad Arcella; avevamo alcuni giocatori fuori eppure abbiamo vinto 3-0. Qui abbiamo capito, giocatori e società, che poteva essere l’anno giusto”. Un campionato che però non è iniziato nei migliori dei modi dal punto di vista fisico: in estate si è infortunato il centrocampista Gabriele Zamboni. Poi, a campionato in corso è stata la volta del bomber Stefano Coraini e del difensore Matteo Vignaga. “Infortuni importanti” - ammette Colantuoni - “che hanno fermato tre perni della squadra. La società

a dicembre è corsa ai ripari inserendo ottimi giocatori come Andrea Antenucci proveniente dal Brindisi (autore di 11 gol n.d.r.), Federico Maccarone dalla Virtus e Jacopo Menolli dal Villafranca”. Anche Alex Sabaini, capitano del Vigasio e uomo di esperienza, ammette: “È stata un’emozione forte vincere il campionato e la società merita di tornare in Serie D. All’inizio puntavamo a fare bene e a giocarci i play off. Invece tutto è andato per il verso giusto e siamo qui a festeggiare

una fantastica promozione. Il gruppo è sempre stato coeso anche nelle difficoltà. Ora però in serie D (dove Sabaini ha già giocato con il Villafranca n.d.r.) serve una professionalità ancora più elevata”. La conclusione è del team manager del Vigasio Nicola Franchini: “Ora la dirigenza si metterà al lavoro per costruire una squadra che possa regalare ai tifosi una Serie D tranquilla. Anche se, tutto quello che verrà in più sarà ovviamente ben accetto…”.

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Caldiero, la vittoria di un coro perfetto di Matteo Lerco - Foto: Foto Roby

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nore al merito. Un giorno di pioggia non può in alcun modo cancellare una stagione di sole: nonostante la sconfitta nella finalissima nazionale di Coppa Italia, per Caldiero quella appena conclusasi resterà un’annata da ricordare. Mai nella sua storia il sodalizio gialloverde aveva lambito una vetta così elevata. La compagine del Presidente Filippo Berti accedendo all’ultimo atto di Coppa si è garantita l’accesso di diritto in Serie D, un’impresa che fissa un confine inedito per una delle realtà calcistiche storicamente più prestigiose e organizzate del dilettantismo veronese. Lo scontro conclusivo con il Casarano poteva rappresentare la ciliegina sopra una torta già di per sé molto invitante, ma purtroppo al Gino Bozzi di Firenze ad alzare le braccia al cielo è stata la storica rappresentativa pugliese, brava a governare il vantaggio iniziale fissato da Palma e a prendere il largo a due minuti dal termine con Mincica. La rete di Guc-

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cione al 91’ è stata benzina su un fuoco che però non è riuscito a divampare negli ultimi giri d’orologio: al triplice fischio sono però davvero poche le critiche che si possono muovere a un collettivo capace di sostenere il peso di ben quarantasei incontri nell’arco di otto mesi. Un grande orgoglio traspare indubbiamente dalle parole del patron Berti: “Resta chiaramente il rammarico per non aver legittimato né la coppa né il campionato” - spiega il massimo dirigente termale - “guardando indietro tuttavia non possiamo che ringraziare un gruppo straordinario, che ha riportato dopo quarant’anni Verona in una finale nazionale d’Eccellenza. Trovo complicato già solo pensare ad un’altra cavalcata del genere: quarantasei incontri in una singola stagione sono davvero una mole immensa, difficile da gestire per qualunque società. Un giudizio sui novanta minuti di Firenze? Per come avevo visto i ragazzi due settimane prima contro il Garda, pensavo che un po’ si fosse staccata la

spina. Invece, nonostante ci confrontassimo con una corazzata, ritengo che ai punti avremmo addirittura meritato noi: loro si sono rivelati più esperti e maliziosi, sfruttando al meglio le occasioni che sono riusciti ad imbastire. Complimenti ovviamente a loro, ma il mio Caldiero è comunque uscito a testa altissima”. Il coro prima dei tenori. È stata sicuramente la coesione all’interno dello spogliatoio il combustibile principale per la macchina caldierese, a riprova di come nel calcio sia sempre l’entusiasmo a muovere tutto. “Abbiamo giocatori che considerano la nostra maglia come una seconda pelle” - prosegue Berti - “un fattore che terremo sicuramente in primo piano nella programmazione della prossima stagione. È sempre difficile indicare un uomo simbolo, ma se devo individuare la persona che più rappresenta il nostro movimento non posso non nominare il nostro capitano: Lorenzo Zerbato è un leader che in campo e fuori tiene sempre


in altro il nostro vessillo”. Se nell’oggi corre già il domani, a Caldiero è già tempo di scrutare il futuro. Il Presidente Berti indica la via: “Servono tre importanti accorgimenti per arrivare pronti ai nastri di partenza del prossimo torneo di D. Innanzitutto dobbiamo adeguare il nostro impianto alle regole imposte dalla categoria superiore, si parla di accorgimenti e non di stravolgimenti, ma tali sono richiesti e tali porremo in essere. In secondo luogo dovremo strutturare meglio il nostro organigramma dirigenziale: il nostro direttivo è composto da molti volontari, quindi abbiamo la necessità di inserire figure professionali, calibrate per la nuova avventura. Infine bisognerà mettere mano alla rosa, migliorandola sotto ogni aspetto ed in primis per quanto concerne il ‘parco giovani’, dato che in D molto spesso sono i fuoriquota a fare la differenza. L’obiettivo sarà quello di ben figurare, lasciando il segno, salvandoci magari con tranquillità, senza passare dalla roulette play-out. I presupposti per continuare a sognare ci sono tutti: guardiamo in avanti con tanto ottimismo”.

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Avelia: la tecnologia al servizio dello sport

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di Paola Gilberti

velia è una società specializzata nelle telecomunicazioni e in tutto ciò riguarda cloud, connettività, fonia, sicurezza e networking. Il tutto condito da una forte passione per lo sport che ha portato l’azienda veronese, oggi una realtà ben strutturata con sede in via Enrico Fermi, ad avvicinarsi a varie società sportive del territorio come il Chievo Calcio Verona, la Scaligera Tezenis Basket e la Pallamano Olimpica Dossobuono, le Bocciofila Vigasio-Villafranca e la CSS Pallanuoto Verona La storia di Avelia comincia qualche anno fa, precisamente nel 2008, come spiega uno dei soci, Andrea Colognese: “Al tempo io e Gianni (Patuzzo, altro socio di Avelia, ndr), lavoravamo in un’altra

Da sinistra: Andrea Colognese, Enrico Magalini e Gianni Patuzzo, i tre soci di Avelia

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azienda, ma allo stesso tempo, abbiamo avviato una seconda attività offrendo servizi web e di posta elettronica ad alcuni clienti. Abbiamo cominciato a fare questo nei ritagli di tempo, come un secondo lavoro, facendo i salti i mortali per far coincidere tutto”. La società comincia a prendere forma nel 2011, quando si aggiunge ad Andrea e Gianni anche il terzo socio: Enrico Magalini. “Lui lavorava come commerciale nell’azienda in cui prima eravamo tutti dipendenti” - racconta Patuzzo – e con lui si sono aggiunti parecchi clienti ed è nata la forma primordiale di Avelia, ossia Mio Indirizzo Srl. La nostra prima sede era un appartamento in via Provolo, in centro, ci stavamo a malapena in tre, ma era un inizio”. Era un inizio, sì, ma che prometteva molto bene: l'anno successivo,

il 2012, è l'anno della crescita, l'anno in cui il progetto Avelia comincia a prendere forma. “Abbiamo iniziato a distribuire antenne e reti wifi ai nostri clienti”racconta Colognese - “e ci capitava spesso di lavorare nel weekend, di sera, persino a Capodanno siamo stati operativi. Questo perché per noi era sì lavoro, ma prima di tutto passione, entusiasmo. Ed è con questa filosofia che continuiamo a lavorare oggi”. E arriviamo così al 2014, quando Mio Indirizzo Srl si trasforma ufficialmente in Avelia Srl, fornitore di servizi applicativi e internet (provider Asp e Isp). Il team di Avelia, che nel frattempo aveva già cominciato a crescere, aumenta sempre di più, portando quindi l'azienda a trasferirsi in uno spazio più grande, nell'attuale sede.


“È stato un azzardo visto il canone alto” sostiene Colognese - “ma si sa, gli azzardi portano fortuna, perché quello è stato il periodo in cui abbiamo cominciato a legarci allo sport”. La società, al tempo già sponsor della Pallamano Olimpica Dossobuono, si avvicina al ChievoVerona grazie alla conoscenza con Simone Fiorini, responsabile marketing del club, che li invita a seguire dal vivo alcune partite. “Ci siamo resi conto che allo Stadio Bentegodi internet non funzionava correttamente” - racconta sorridendo Patuzzo - “e siamo corsi in aiuto installando una nuova rete wifi. Da quel momento è iniziato il nostro rapporto che è andato a rafforzarsi, anno dopo anno'. Poco dopo, arriva poi un altro importante contatto: quella con la Scaligera Tezenis Basket, di cui la società diventerà poi sponsor. “Come con lo Stadio” - prosegue Patuzzo, “abbiamo coperto l’Agsm Forum con la nostra rete. In quel periodo abbiamo anche capito l’importanza di unire sport, tecnologia e immagini. Così, abbiamo cominciato a riprendere la partite della pallamano da postare in diretta su Facebook, così come delle interviste post partita della stessa società di basket e, in più, anche del Chievo. Da quest’anno filmiamo anche la pallanuoto, che trova gente appassionata”. E restando in tema di sport, dallo scorso anno Avelia collabora anche con l’Atletica Bovolone. “Il nostro obiettivo è dare visibilità agli sport considerati minori, cercando di farli crescere con le nostre dirette. Ci stiamo avvicinando anche al mondo delle bocce, che è un po' indietro dal punto di vista social e noi vogliamo offrire strumenti utili in questo senso”, afferma Colognese. Nonostante le numerose attività e collaborazioni già in corso, Avelia non si ferma e continua a guardare al futuro, puntando sempre più in alto, a nuovi e

stimolanti obiettivi. “Siamo partiti come società di assistenza info, servizi cloud e ponti radio” - conclude Colognese - “e oggi offriamo servizi di telecomunicazioni in generale e soluzioni personalizzate. Ci sarà sicuramente uno sviluppo di queste due aree. E poi, parlando di sport, abbiamo un sogno: portare la nostra esperienza sempre di più nelle società di eccellenza, nelle serie A. Magari anche in una 'big' fuori da Verona...”.

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I NTERVISTA

Il Ferguson della Laguna di Beatrice Majer - Foto: Umana Reyer Venezia

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alcisticamente parlando, facendo le dovute proporzioni, si potrebbe quasi definirlo l'Alex Ferguson della Reyer. Stiamo parlando di coach Walter De Raffaele che, da diversi anni, fa parte della famiglia della Reyer. Un rapporto davvero speciale con la città e con la società che il coach livornese racconta in questa intervista esclusiva per i lettori di SportdiPiù magazine.

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Coach De Raffaele, la sua avventura a Venezia e con la Reyer è davvero speciale… «E' un'esperienza lunga, perché è da nove anni che sono qui a Venezia. Prima ho girato l'Italia, poi ho deciso di far parte, come vice, del progetto Reyer. C'è stata poi l'occasione di diventare head-coach, e da lì è stata una serie di stagioni positive, in cui siamo cresciuti sia come Club che a livello personale, ottenendo risultati importanti».

Quale è la caratteristica principale della Reyer, che la differenzia dalle altre società? «Certamente la solidità. Ciò permette di programmare nel tempo, cosa che in Italia è sempre più rara. Ma nel farlo non si commette mai l'errore di fare il passo più lungo della gamba, con l'ambizione comunque di crescere sempre un po' di più come struttura e qualità. Va sottolineata anche come si stia puntando molto


sull'attività giovanile, in tutto il territorio della Città Metropolitana». Un'idea di club che parte da Luigi Brugnaro. il Sindaco di Venezia è un uomo molto passionale in tutto quello che fa. «Anche se non è più il presidente, è rimasto il nostro primo tifoso. Cerca di essere sempre molto presente, mette passione e la trasmette, pretende il massimo da sé stesso». E che tipo di rapporto ha, invece, con il presidente Federico Casarin? «Di amicizia, nato prima ancora che arrivassi qui, e devo dire che è diventato importante, solido, anche fuori dal campo, a livello umano, ci sono molta stima e molto affetto. Ma soprattutto, lavorativamente, c'è molto feeling, e credo che questo sia uno dei punti di forza dei nostri risultati negli ultimi anni, perché comunque la veduta delle cose è molto omogenea, e questo passa anche ai giocatori ed ai componenti lo staff». A proposito di giocatori: quali sono le caratteristiche umane che preferisce, che si aspetta, in generale, da un suo cestista? «Domanda difficile, perché una squadra è sempre un insieme eterogeneo di persone. Nel roster abbiamo tante nazionalità diverse e un gruppo di italiani importanti. Il primo obiettivo, nel momento in cui si costruisce una squadra, è quello di avere delle qualità tecniche corrispon-

denti alla filosofia di gioco, ma anche qualità umane. Infatti, andiamo anche a cercare persone che sappiano in quale realtà si andranno a calare. Cerchiamo il senso di appartenenza, che porta ognuno a sacrificare un po' se stessi per il bene comune». Che cosa comporta il fatto di allenare in una piazza dalla grande tradizione cestistica? «Sicuramente è un motivo di soddisfazione, ma anche un senso di responsabilità. Si rappresenta una storia, un intero territorio metropolitano, nonché tante persone, tanti giovani che si identificano nei nostri giocatori. Personalmente, il fatto di aver riportato lo scudetto a Venezia, dopo settantaquattro anni, è un motivo di grande orgoglio». Indubbiamente, anche perché lei è apprezzato non solo per le qualità sportive, ma anche per le sue grandi doti umane. «Questo mi fa piacere, soprattutto quando lo dicono gli altri, perché è una cosa che comunque gratifica, visto che, nei risultati sportivi, si è sempre legati a mille fattori: anche se uno si comporta con grande professionalità, penso che le qualità umane siano cose che o le hai o non le hai». Chi è l'uomo spogliatoio della sua squadra? «Potrei dire tanti nomi come nessuno: ci sono dei leader 'silenziosi', oppure leader

con un atteggiamento come quello di Bramos. Altri, invece, hanno più voce in capitolo, rispetto per esempio al gruppo degli italiani o a quello degli americani, tra cui potrei dire Julyan Stone, il quale è uno che cerca di aggregare, così come lo stesso Bruno Cerella. Credo che i leader, poi, vengano decisi sempre dagli altri». Com'è il rapporto con la tifoseria? «Molto schietto, come sono io da livornese, e molto empatico, visto che io sono passionale, emotivo, e cerco di far passare i miei sentimenti sia ai giocatori che ai tifosi, provando a coinvolgere il pubblico; quindi, nessun preconcetto od artifizio. Io sono un tipo molto spontaneo, che cerca di far sì che la propria squadra si identifichi nel pubblico e viceversa, ovvero una squadra che non molla mai, che cerca anzi di ottenere il massimo, anche nelle situazioni difficili. Non sempre ci si riesce, perché gli spettatori pagano un biglietto e pensano, sperano sempre di dover vincere, ma credo che in questi anni, anche sotto quest'aspetto, il pubblico sia cresciuto». Quali sono state finora le difficoltà incontrate in questa stagione? «Indubbiamente, la maggiore è stata quella di avere un'identità precisa, che possa essere costante e che permetta poi di portare avanti la stagione; il che è stato messo a dura prova a causa di infortuni. Nonostante questo siamo stati sempre nelle primissime posizioni». Quali sono i suoi hobby e le sue passioni al di fuori del campo? «In realtà, avendo una famiglia con tre figli, il poco tempo libero che ho cerco di dedicarlo a loro. Io, comunque, sono appassionato di serie tv, mi piace abbastanza leggere, e quanto alla musica ascolto un po' di tutto, però se dovessi individuare un hobby vero, al di là della pesca durante l'estate, direi assolutamente il cinema ed i film». Qual è il suo sogno nel cassetto? «Preferirei non dirlo, si diventa sempre un po' patetici! Il desiderio comunque è quello di andare sempre un passo avanti, e cercare di vedere sempre un po' oltre quelle che sono le cose semplici».

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I NTERVISTA

Cheers, Sasha! 44 / SdP


di Alberto Cristani Foto: Maurilio Boldrini, Paolo Schiesaro

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on ci ha messo molto ad entrare nel cuore dei tifosi veronesi: il suo carisma ha contagiato, tutti compreso i suoi nuovi compagni di squadra. Aleksander ‘Sasha’ Vujacic è il regalo che il presidente Gianluigi Pedrollo ha voluto fare a tutta la Verona sportiva, un top player che ha riportato i colori gialloblu alla ribalta del basket nazionale. Nato a Maribor, in Slovenia, Sasha ha iniziato la sua carriera professionistica in Italia con la maglia di Udine fino ad arrivare a vincere due anelli NBA con la maglia dei Lakers. Una storia, la sua, contraddistinta da passione, determinazione e sacrificio, un percorso quasi incredibile per un ragazzo che ha fatto del basket il suo grande amore. "A dire il vero da bimbo mi piacevano tanti sport" - puntualizza il numero 18 gialloblu - "ma quello che mi ha colpito e stregato è stato il basket. È stata una mia scelta e ho avuto grande supporto dai miei: è fondamentale avere il sostegno della famiglia quando fai un passo così importante. Un amore a prima vista con il basket: mia mamma dice che giocavo a basket già nella sua pancia: saltavo sempre. Quando avevo 2 anni i miei si sono separati e ho avuto la possibilità di crescere con il marito di mia mamma. Mi ha visto giocare a basket e ho cominciato a capire che tutto poteva succedere. Mia mamma è una ex giocatrice di pallavolo dai tempi dell'Ex Jugoslavia, sono cresciuto in famiglia di atleti. È bello avere qualcuno con te che ha già provato una strada simile ti fa capire che i sogni si possono realizzare. Con loro ho capito che potevo farcela". "Avevo un sogno enorme a dodici anni" - prosegue Vujacic - ed era quello di andare a giocare nei Lakers. Anzi, a dire il vero, il sogno era di andare nei Lakers e vincere con loro. Quando mi hanno scelto ho realizzato metà del sogno, ma non ero completamente soddisfatto. Ho lavorato ancora di più e quando abbiamo vinto il sogno si è completamente realizzato".

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I NTERVISTA Sasha Vujacic I sogni però non sono circoscritti solo tra le pareti di un palazzetto. Sasha guarda già al futuro grazie ad un altro sogno realizzato: 'Avevo un altro sogno nel cassetto, ispirato dalla mia permanenza in Friuli, ovvero aprire una cantina. Il vino mi piace, sia da bere ma anche da studiare, da capire. Il vino è magico, trasmette emozioni, tradizioni e cultura. E quindi, dopo dieci anni di studi e approfondimenti, abbiamo realizzato anche questo. La nostra cantina si trova a tre ore da Los Angeles. Il nostro primo vino realizzato è un Merlot‑Cabernet Sauvignon Blend. Poi abbiamo aggiunto Petit Verdot, Cabernet franc. L’enologo è mio papà ed è lui che ha avuto la visione e ha capito come fare il vino. Il mio ruolo, oltre a bere più vino possibile (ride n.d.r.) è quello di imparare giorno dopo giorno e di farmi trovare pronto quando dovrò entrare attivamente in cantina. E qui a Verona, terra incredibile per la produzione di vino, posso imparare ancora'. “Ognuno di noi ha diversi obiettivi nella vita” – prosegue Shasha - “per me vincere un anello Nba era il massimo a livello sportivo. Quando realizzi un sogno, quando arrivi dove hai sempre sognato di arrivare è fantastico. Non bisogna però dare niente per scontato. Se tu hai un desiderio, se ci metti della volontà, tutto è possibile. Lavorate duro e non smettete mai di sognare”. “La cosa fondamentale per arrivare a grandi obiettivi” - prosegue Sasha - “è sentire il sostegno di chi ti sta accanto. Il mio percorso a qualcuno può sembrare semplicemente una ‘figata’, ma è il risultato di una serie di esperienze non tutte positive. Ho affrontato salite e discese, ostacoli che dovuto superare e porte chiuse che non sono riuscito ad aprire. Io ho avuto la famiglia sempre al mio fianco e questo è stato fondamentale per me”. La sua freddezza e la sua capacità di cambiare le partite, insieme alle sue doti di tiratore, gli hanno garantito il soprannome The machine, la macchina: “Sono stati due giornalisti di Los Angeles ad affibbiarmi questo soprannome e poi anche i miei compagni hanno iniziato a chiamarmi così”.

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Un giocatore duttile e intelligente che deve la sua maturità e la sua crescita anche ad un 'certo' Phil Jackson, coach con il quale ha avuto un rapporto davvero speciale. Spiega: “Sappiamo tutti chi Phil Jackson: un mentore, una persona speciale. A me ha dato, e da tuttora, tantissimo. Quando ho iniziato a giocare per lui tra noi c’era un rapporto di amore odio. Negli anni ci siamo capiti e il nostro rapporto è decollato. Lo sento spesso. Per esempio prima di venire a Verona gli ho chiesto consiglio”. L’arrivo di Vujacic è stato un overboost per la Tezenis Verona: il suo futuro sarò ancora in gialloblu? La sua risposta è chiara: 'A Verona mi trovo bene ma non è il momento di parlarne. Ci sono obiettivi più importanti da qui a fine stagione. Viviamo alla giornata: la pagina più bella si deve ancora scrivere. E alla fine vedremo se Verona sarà una delle mie pagine più belle”. "Dopo tutte queste esperienze"- conclude Sasha "mi sento senza dubbio un cittadino del mondo anche se sono la stessa persona che ero quando sono nato. Sono il figlio dei miei genitori e sono orgoglioso di quello che sono. Ho viaggiato per tutta la mia vita: sono andato via da casa a tredici anni, sono arrivato in Italia che ne avevo quasi quindici. Ovunque io sia andato ho sempre trovato casa quindi non è il posto che conta, ma chi porti con te. Io ho

sempre portato con me la famiglia. Mi sono sentito a casa in Europa, in America, ovunque sono andato. E mi sento a casa anche Verona. L'Italia è stata la mia prima casa, dove ho fatto i primi passi nel mondo del basket e dove, non lo escludo, potrei un giorno anche fermarmi, magari all'ombra di un bel vigneto".

Social instagram @sashavujacic twitter @sashavujacic

AS S I D I R E M U IN

HA

Nato a Maribor (Slo) l’8 marzo 1984, Vujacic inizia la sua carriera in Italia con la maglia della Snaidero Udine giocando dal 2001 al 2004: 75 le

partite giocate in serie A con 11,1 punti di media per gara, 2 assist, 3.2 rimbalzi. Al termine della stagione 2003/2004 viene selezionato dai Los Angeles Lakers con i quali colleziona - tra il 2004 e il 2010 - 420 presenze diventando stabilmente uno dei fidati di Kobe Bryant. La stagione 2008-2009 è quella del suo primo trionfo nell’NBA. Chiude l’annata con 99 partite giocate e un finale di stagione che consegna a Vujacic il suo primo “Anello” con una media di 5,2 punti. L’anno successivo secondo titolo NBA con 74 presenze e una media di 2,9 punti. Nel 2010-2011, dopo 8 presenze con i Lakers, passa ai New Jersey Nets dove disputa 56 partite e realizza 11,4 punti per gara. Dal 2011 al 2013 ha vestito la maglia dell’Efes Instabul: 16 gare all’attivo nella prima stagione chiusa a 13,9 punti di media e 24 presenze nella

seconda stagione con una media di 9,1 punti. Nel 2014, dopo le brevi parentesi con i L.A. Clippers (2 partite, 5 punti totali) e con la Reyer Venezia (5 presenze, 11 punti di media, 2.4 assist e 4 rimbalzi), passa prima ai baschi del Laboral KutxaVitoria (10 presenze, 5,4 punti di media) dove torna a giocare l’Eurolega, e poi ai turchi del Belediyesi Istabul (17 presenze e una media di 15,7 punti). Dal 2015 al 2017 torna nella “Grande Mela” con i Los Angeles Clippers, collezionando 103 presenze con una media di 4 punti. Nella stagione 2017-2018 ha vestito la maglia dell’Auxilium Torino, vincendo la Coppa Italia e collezionando 27 presenze nel campionato italiano (12,7 punti, 2,3 assist, 3.7 rimbalzi) e 16 in Eurocup (11,2). Da marzo 2019 veste la canotta della Tezenis Verona.

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FOTO C. RONALDO © COPYRIGHT GETTY IMAGES


STARE BEN E

Postural

di Carmen Guidobaldi Instagram carmenguidobaldi

La 'brutta fine' di una cervicale

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ome abbiamo evidenziato nell’articolo pubblicato sulle pagine di SportdiPiù magazine di gennaio/ febbraio (numero 57), la postura influenza tutto il nostro corpo. Ricordiamo che per postura si intende quell’insieme di posizioni che inconsapevolmente assumiamo durante la quotidianità e che con il passare del tempo modificherà l’assetto della cervicale con conseguenti problemi. Purtroppo un altro problema molto comune ed evidente in molti soggetti sono le spalle in avanti. Anche questa situazione è la conseguenze di anni di cattiva postura. Anche questa è una delle cause di una moltitudine di problematiche - anche diverse tra loro – che vanno a gravare sulla zona cervicale. Una persona che assume abitualmente, e per molto tempo, una posizione con le spalle in avanti, avrà un allunamento della muscolatura del trapezio (che serve per permettere alle spalle di andare in avanti) e parte del pettorale si accorcerà. Le spalle vengono così in avanti e anziché essere poste sui dorsali si ‘appendono’ alla muscolatura cervicale tirandola (gravità) verso il basso. La cuffia dei rotatori, che fa sempre suo lavoro anche in quella posizione, verrà sollecitata e la testa dell’omero

provocherà un certo attrito, con conseguenti infiammazioni, calcificazioni ecc. Abbiamo anche detto che parte del muscolo del pettorale si accorcerà e, di conseguenza, avrà una forza maggiore rispetto al trapezio che ha dovuto allungarsi per cercare di riportare indietro le spalle. Si crea così uno squilibrio di forze che la nostra ‘cara’ cervicale cercherà in tutti i modi di portare alla normalità ‘tirando indietro’ allo scopo di sostenere le spalle: più la spalla tende ad andare avanti tanto più la cervicale tirerà indietro. Questo meccanismo con il tempo provocherà una rettilineizzazione delle vertebre delle curva cervicale, con modifiche posturali della muscolatura, legamenti con conseguenti problematiche di formicolii al braccio, infiammazioni frequenti al collo e torcicollo. La terapia migliore, e lo sappiamo bene tutti, è la prevenzione. Come? Beh, innanzitutto si deve lavorare con esercizi di rieducazione motoria (ginnastica posturale) per correggere ed

evitare problemi futuri. Un’altra cosa importante è la consapevolezza e l’autocorrezione per riportare le spalle in sede durante le attività quotidiane. Quando la prevenzione non basta bisogna… curare. Come? Con tecar, laser, magnetoterapia, onde d’urto - e chi più ne ha più ne metta - per sfiammare le zone dolenti. Anche l’osteopata, con le sue manovre, è un valido aiuto per la nostra cervicale. Successivamente alle terapie è sicuramente da eseguire un lavoro mirato di ginnastica posturale. Ricordatevi che dobbiamo innanzitutto volerci bene, armarci di impegno e perseveranza poiché ci vorrà del tempo per recuperare alcune della patologie sopra descritti. L’autocorrezione quotidiana è fon-da-men-ta-le! Per info: activitywellnesstrust@yahoo.com

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Non abbiate paura di sognare di Arianna Del Sordo - Foto: King Rock

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er chi frequenta il King Rock e conosce il mondo dell’arrampicata, Nicola Tondini non ha bisogno di presentazioni. Guida alpina dal 1999 e istruttore nazionale dal 2001, Nicola ha sempre vissuto la montagna in ogni sua dimensione, frequentandola in tutte le stagioni, dalle curve in neve fresca e dalle affascinanti cascate di ghiaccio in inverno, alle scalate più estreme sulle pareti dolomitiche in estate. Sergio Rocca è un imprenditore e creative designer fondatore di 37100, una realtà che si occupa di architettura e interior design. Nel suo lavoro, ogni progetto diventa un’occasione speciale per compiere un viaggio esperienziale tra territori unici impregnati di arte, storia e cultura. Le vite e le personalità di Nicola e Sergio sono molto diverse, ma con un denominatore comune: l’amore per la montagna e, in particolare, per le Dolomiti, vissute nella loro essenza più profonda e totalizzante. Ed è proprio in questo ambiente così unico, spettacolare e ricco di fascino, che nasce la premessa per una storia di sogni e di visione, messa nero su bianco

in una sceneggiatura scritta a 4 mani e diventata un docufilm di rara intensità e passione. Il film è stato diretto dal regista Klaus Dell'Orto con la tecnica del flashback, un'alternanza di momenti in parete ad incontri con personaggi significativi. Le immagini sono di grande impatto, con riprese fatte in parete da angolazioni estreme ed immagini aeree fatte con drone, che offrono punti di vista mozzafiato. Il suono, curato da Don't Be Silent - Noise Agency, fa sentire lo spettatore ancora di piú in parete, avvolgendo l'udito con ambienti e musiche di grande intensità. E' la storia dell’apertura e della ripetizione in rotpunkt di Non abbiata paura di sognare, una via estrema di 750 metri sulla parete sud-ovest della cima Scotoni, dove Nicola raggiunge il X° grado/8b senza l’utilizzo di mezzi artificiali. Ma Non abbiate paura di sognare è molto più di una via grandiosa: è il punto di partenza e di arrivo di un percorso di ricerca interiore, un viaggio all’interno dell’Uomo attraverso le sfide e le rinunce, gli entusiasmi e i momenti di sconforto, in parete così come nella vita di tutti i giorni. La scalata alla sud ovest della

cima Scotoni è, insomma, il riflesso di un modo determinato e deciso di affrontare la vita, un invito a perseguire i propri obiettivi, una ricerca continua di se stessi dando pienezza e sostanza al tempo che passa, un’esortazione a coltivare i propri sogni e ad inseguirli a tutti i costi, fino in cima… fino a vederli realizzati. E nel film lo affermano tutti: Nicola, Reinhold Messner, Christoph Hainz e Hansjorg Auer, testimonianze preziose da ascoltare e ricordare. Non abbiate paura di sognare è un docufilm che tutti dovrebbero vedere, perchè consegna a chiunque un messaggio chiaro e dirompente: prenditi cura dei tuoi sogni, perché essi costituiscono la tua direzione, il senso del tuo vivere e la certezza della tua felicità.

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ANNO 11 - N. 59 - MAGGIO/GIUGNO 2019

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Vita da capitano Vita da capitano

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ANNO 11 - N. 59 - MAGGIO/GIUGNO 2019

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Vita da capitano

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Emanuele Birarelli simbolo ed esempio per la pallavolo e, in generale, per lo sport italiano. Un vero capitano.

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Emanuele Birarelli simbolo ed esempio per la pallavolo e, in generale, per lo sport italiano. Un vero capitano.

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Olimpica: si può fare di più di Alberto Braioni - Foto: Maurilio Boldrini

Il presidente della Pallamano Olimpica Dossobuono Marco Beghini

Formazione femminile di serie A1 della Venplast Dossobuono.

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erminati tutti i campionati va in archivio la stagione sportiva della Pallamano Olimpica Dossobuono; un'annata che vedeva molte attenzioni riposte nella massima serie femminile, attesa da una stagione per certi versi simili ad una sfida. L'arrivo di un gruppo di giocatrici dall'Estense Ferrara e l'inserimento di una giovane straniera portava con sé infatti un gruppo da ricostruire, sia in campo che fuori dal parquet. I risultati però non sono stati quelli che la società giallorossa auspicava la scorsa estate. Un campionato vissuto a metà graduatoria e un distacco con le realtà in cima alla classifica che la società non ha gradito. Non c'è soddisfazione nelle parole del presidente Marco Beghini al termine della stagione sportiva della Serie A1:”Le aspettative di risultato per questa squadra alla vigilia erano migliori rispetto al verdetto che il campo ha espresso. Siamo entrati nella Poule Play-Off ma abbiamo chiuso in quinta posizione; onestamente il nostro obiettivo era quello di terminare questo campionato con un piazzamento migliore.

La formazione di serie A2 A questo dobbiamo aggiungere anche una magra figura in Coppa Italia, dove siamo usciti malamente al primo turno dopo una prestazione non all'altezza della competizione che andavamo ad affrontare. A complicare le cose sono state le numerose piccole problematiche emerse durante il campionato e non del tutto risolte che sono sfociate anche nella separazione di comune accordo con l'allenatore Escanciano Sanchez; la realtà dei fatti però sta nell'aver lasciato per strada troppi punti in questo campionato. Si poteva fare di più, ma quest'estate sarà l'occasione per poter risolvere queste difficoltà al fine di ripartire in modo ben diverso”. Discorso differente invece per le altre formazioni dell'Olimpica Dossobuono targata Venplast. “Con la nuova Serie A2” – continua il presidente Beghini – “c'era l'obiettivo primario di salvare due gruppi

di ragazze che altrimenti non avrebbero potuto giocare a pallamano; si sono unite due squadre, la nostra U19 e la Senior dell'ex San Lazzaro per una missione piena di incognite ma che a giochi conclusi ha creato un nuovo gruppo coeso di ragazze che ha dato il massimo. La Serie B e la U19 maschile hanno sofferto la carenza di numeri ma anche loro si sono dimostrati uniti e volenterosi. Le nostre due squadre U15 hanno iniziato il loro percorso nei campionati ufficiali con tanta voglia di imparare e di crescere. Infine il lavoro nelle scuole, intenso, costante e fondamentale per avvicinare nuove leve a questo sport”. È comunque un'Olimpica Dossobuono già al lavoro per la prossima stagione, con ambizione e tanta voglia di ottenere risultati sempre migliori.

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I NTERVISTA

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Grande Alessan

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di Andrea Etrari - Foto: Arianna Zani

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lessandro Finelli è stato il condottiero degli Stings Mantova. Chiamato a novembre in sostituzione dell’esonerato Alberto Seravalli, il coach nativo di Bologna ha dapprima raggiunto la salvezza e, addirittura con tre giornate di anticipo, la qualificazione ai playoff. Poi, dato che ci ha preso gusto, ha persino sfiorato la qualificazione al secondo turno playoff perdendo gara-5 degli ottavi di finale (una sorta di “bella”), per soli 2 punti di scarto, con Bergamo. Una stagione comunque molto positiva per la compagine del presidente Adriano Negri che ha entusiasmato, emozionato e forse un po’ sorpreso tutti, compreso gli addetti ai lavori. Coach Finelli ripercorre le tappe di questa bellissima cavalcata in questa intervista esclusiva rilasciata a SportdiPiù magazine e guarda già alla prossima stagione

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durante la quale Mantova, se non stravolgerà il roster, potrà sicuramente riconfermarsi nella parte alta della classifica. Coach, da dove iniziamo? Magari col dire che il cambio di allenatore ha fatto bene alla Pompea? «E’ sempre difficile sostituire un collega, sono abituato ad avere massimo rispetto del lavoro svolto dai colleghi: ho semplicemente cercato di dare il meglio di me per questa società e i risultati sono arrivati, grazie anche al lavoro di tutto lo staff». Ti sei trovato a lavorare con un roster non scelto da te e oltretutto hai dovuto far fronte a qualche infortunio… «Siamo abituati a lavorare con i gruppi che ci vengono messi a disposizione: nella pallacanestro attuale è difficile costruire. Ad inizio dicembre Cucci si è accasato a Latina e subito dopo sono arrivati gli infortuni di Warren e Vencato: non ci è restato che ricorrere ai nostri giovani, i quali hanno risposto bene e hanno avuto la possibilità di mettersi in mostra».

Ti riferisci ai vari Visconti, Maspero, Ferrara e Poggi? «Esattamente: Ricky Visconti in particolare è stato decisivo con i suoi punti in diversi match, Lorenzo Maspero ha giocato da play quando Vencato era assente e il duo Ferrara-Poggi si è guadagnato un minutaggio importante all’interno della squadra». E’ stata più la soddisfazione per aver raggiunto i playoff o il rammarico per aver perso gara-5 con Bergamo di 2?

«Considerati gli obiettivi, cioè la salvezza evitando i play-out, direi che c’è tanta soddisfazione per quello che abbiamo conseguito: i playoff sono stati la ciliegina sulla torta, la nostra asticella si è alzata e speriamo di fare ancora meglio nella prossima stagione». Alla fine di gara-5 con Bergamo hai elogiato i tifosi mantovani per il loro apporto, anche in trasferta: siete riusciti a smuovere qualcosa in una città ‘non di basket’ come Mantova? «I risultati creano entusiasmo, questo è normale: devo dire anche che è stata brava la società a coinvolgere le scuole e i settori giovanili del territorio, sia maschili che femminili. C’è ancora tanto da fare, consideriamo che questa società proviene da Poggio Rusco e ci vuole ancora tempo per entrare nel tessuto della città». Hai parlato di prossima stagione, significa che resterai alla guida degli Stings? «Certamente, ci piacerebbe dar seguito a questa stagione ripartendo dallo zoccolo duro e mi riferisco in particolare allo staff tecnico che ha dimostrato tanta passione e tanto cuore. E poi dai giovani italiani, monitoreremo il mercato per vedere se c’è la possibilità di prendere altri giovani da valorizzare sull’onda lunga di ciò che abbiamo fatto in questa stagione».

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I NTERVISTA iello as M e r o t t E

A testa alta di Alberto Cristani - Foto: Stefano Saccani

I Gianluca Pecchini, Direttore Generale del Mantova 1911

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ncontriamo il presidente Ettore Masiello nel suo ufficio allo Stadio Martelli: il suo sguardo è quello di un leone ferito, deluso ma non rassegnato. Il suo Mantova, perdendo lo spareggio playoff contro la Pro Sesto, ha gettato al vento (molto probabilmente) l’ultima occasione di partecipare al prossimo campionato di serie C. Nonostante le cose non siano andate come da programmi - e come tutti si aspettavano - in casa biacorossa non c'è tempo per le recriminazioni: il campionato 2018-2019 è ormai in archivio e nulla potrà cambiare l'esito finale. Qualche remota speranza per un possibile ripescaggio potrebbe presentarsi tra qualche mese, ma anche su questo non si fa troppo affidamento. L'unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche, capire gli errori, correggerli

e allestire una squadra pronta per una nuova scalata alla serie D. Presidente, nonostante la delusione sia grande, inizierei questa intervista partendo dall’immagine della squadra sotto la curva alla fine della partita contro la Pro Sesto… «Si, direi che possiamo partire proprio da quei minuti. A fine partita ho chiesto ai ragazzi di andare sotto la curva. Non era un momento facile e, sicuramente, non ci aspettavamo applausi. La squadra è stata brava ad ascoltare e a capire lo stato d'animo dei tifosi. Non è stata una contestazione, ma uno scambio di idee tutto sommati civile. Noi abbiamo capito il loro dispiacere e il loro il nostro. Come squadra e come società non abbiamo chiesto scusa perché non avevamo nulla di cui scusarci. Certo, qualche


La curva Te gremita durante la sfida playoff contro la Pro Sesto

errore lo abbiamo fatto ma sempre in assoluta buona fede. Purtroppo il calcio è fatto così: vincere non è mai facile anche se costruisci una squadra molto competitiva. Una cosa è da mettere ben in chiaro: non era scontato che il Mantova dovesse per forza vincere il campionato. Abbiamo sbagliato alcune partite importanti e su questo farò sicuramente analisi attente e accurate insieme al DG Pecchini. Non è stata un’annata del tutto positiva ma abbiamo comunque fatto tante cose buone tra le quali far crescere e maturare giovani che saranno protagonisti già a partire dal prossimo campionato». A livello sportivo quindi si può dire che è una sconfitta a testa alta… «Certo, ma sempre di sconfitta si tratta. A inizio stagione siamo partiti con l’idea di vincere il campionato, è inutile che ci nascondiamo dietro ad un dito. Ora ripartiamo concentrandoci su una nuova stagione in serie D. Poi se a luglio ci dovesse essere qualche spiraglio per andare in Lega Pro valuteremo; si

Presidente Mantova calcio tratta di due campionati molto diversi che prevedono investimenti non paragonabili. Noi vogliamo fare le cose come si deve e non fare figure barbine perciò in primis allestiremo una squadra per fare un bel campionato di serie D l’anno e tentare nuovamente la vittoria. Ripeto, se poi dovesse aprirsi qualche spiraglio per un’altra categoria ci faremo trovare pronti, anche se di fatto lo saremmo già adesso». Il nuovo Mantova calcio ha riportato, in un solo anno, entusiasmo in città e tra i tifosi… «Alla sfida contro la Pro Sesto erano presenti allo stadio, nonostante il maltempo, circa 3000 persone: direi un risultato assolutamente positivo, a dimostrazione che c'è feeling con i tifosi. Il rapporto con la città è decisamente buono; ho sottolineato più volte che la nuova società non ha nulla a che fare con i dieci anni che ci hanno preceduto, anche se io, da tifoso, li ho vissuti tutti. Durante il nostro primo anno di attività abbiamo sistemato tante cose, creato

un bellissimo organico e abbiamo fatto divertire chi è venuto allo stadio. Purtroppo non è bastato, ma abbiamo gettato basi importanti in ottica futura: di questa stagione non mi sento di buttare via niente». Come ha già anticipato, ora è il momento di fare delle analisi. Lei si è già fatta un'idea su cosa non ha funzionato? «Siamo stati molto brillanti nella prima parte di campionato e, per come si era messa, eravamo quasi sicuri di vincere

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sempre avuto un piano A e un piano B e quindi abbiamo ben chiaro cosa fare in questo momento. Siamo pronti a ripartire tranquillamente».

Capitan Altiner esce dal campo a testa bassa dopo l'espulsione rimediata contro la Pro Sesto. il campionato. Poi dalla ripresa dopo la sosta natalizia, a parte il primo pareggio con la Virtus Bergamo, non siamo più stati quelli di prima. Io non faccio l'allenatore, però un po’ di calcio ne capisco e penso che qualcuno sia arrivato un po’ stanco nel momento cruciale della stagione». Anche l'aspetto mentale può aver influito? Contro la Pro Sesto, per esempio, la partita si era messa bene dopo il vantaggio un po' fortunoso (autogol n.d.r.). Dal quel momento in poi si ha avuto l’impressione che la squadra abbia perso lucidità e tranquillità «La Pro Sesto è partita bene e nei primi cinque minuti ha giocato meglio. Poi noi abbiamo reagito e siamo passati in vantaggio: per una volta abbiamo avuto un colpo di fortuna! Poi quando c’era da spingere sull’acceleratore e chiudere la partita non ci siamo più ritrovati.

Dobbiamo riflettere su questo: per vincere bisogna essere più cinici a costo di sacrificare lo spettacolo. Io sono per il bel calcio, ma quando bisogna vincere va benissimo anche mandare la palla in tribuna. Domenica sull’1-1 bisognava giocare diversamente: avevamo due risultati utili su tre e con il pareggio saremmo passati noi. Se poi analizziamo in campionato, nel girone di ritorno abbiamo perso troppe partite fuori casa giocando al di sotto delle nostre possibilità». Il socio di maggioranza Maurizio Setti cos’ha detto? «Sicuramente è rammaricato, ma allo stesso tempo tranquillo. Lui è l'azionista di maggioranza, ma siamo io e il DG Pecchini che decidiamo. Ovviamente poi ovviamente ci confrontiamo con Maurizio Setti, che ha molta fiducia in quello che facciamo. Abbiamo però

Sponsor e aziende del territorio si sono riavvicinate al calcio Mantova? «C'è stato un ritorno ma abbiamo poco tempo per pianificare. Per il prossimo campionato abbiamo più tempo per organizzare un lavoro più capillare, anche sulla provincia, con l’obiettivo di raggiungere anche le località più distanti come, per esempio, Castiglione delle Stiviere e Castel Goffredo. Il salto in Lega Pro ci avrebbe aiutato sicuramente a trovare partner più importanti ma sono convinto che tutti ci daranno comunque fiducia e contribuiranno a farci crescere ancora» Stadio Martelli: sono previsti lavori di ammodernamento? «Ho avuto un incontro con il Comune: sono già preventivate alcune spese ma non così importanti come meriterebbe questo stadio. Per ora, e per la categoria che andremo ad affrontare, (anche per un’eventuale serie C n.d.r.) lo stadio ha una capienza di 7900 posti ed è sufficiente. Il Martelli è uno stadio che costa, come gestione e mantenimento. Anche i prezzi di biglietti e abbonamenti sono quelli che una struttura del genere impone. Capisco che farlo capire è difficile. Vedremo quindi di confrontarci con le istituzioni per una programmazione affinchè si possano ulteriormente contenere i costi». Presidente, un’ultima domanda: il Como ha meritato la promozione? «Si, sinceramente lo ha meritato. Noi abbiamo giocato una bella stagione però il Como nei momenti decisivi è stato più cinico e per vincere bisogna esserlo. Il campo alla fine ha sempre ragione. Speriamo che l’anno prossimo la ragione sia dalla nostra parte».

La squadra applaude i tifosi al termine della partita contro la Pro Sesto

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NTE

Psicologia sportiva

Dr. Tommaso Franzoso Psicologo dello Sport - Sport Mental Trainer Venezia Soccer Academy e Venezia FC

Genitori-Figli-Sport: una relazione importante

Prima Parte

L

o sport è molto importante nello sviluppo di giovane. Fin da piccoli bambini e bambine entrano in relazione tra loro attraverso il corpo; ricordiamo per esempio i giochi tipici come rincorrersi, arrampicarsi e saltare. Inizialmente il gioco è disorganizzato ma poi man mano che si cresce si inizia a dare un ordine e a comprendere che ci sono delle regole da rispettare. Nel periodo delle scuole elementari il gioco prende forma e diviene più organizzato e si colgono maggiormente quelle che sono le propensioni fisiche dei bambini e delle bambine. È di solito verso i 5-6 anni che si inizia a fare sport; i genitori cercano di seguire quelle che possono essere i desideri dei figli e a volte anche i propri. L'incontro con lo sport può essere positivo, piacevole, ma a volte anche difficoltoso e spiacevole. Questo dipende sia

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da caratteristiche personali ma anche da fattori esterni. Infatti, il contesto assume un ruolo importante. Lo sport è per i più piccoli uno spazio dove possono sperimentare nuovi rapporti sociali al di là di quelli scolastici e un ulteriore spazio di separazione dalla famiglia in cui possono manifestare sentimenti, difficoltà e delusioni. Lo sport a questa età mette in gioco non solo il corpo, ma anche la capacità di stare in gruppo, di confrontarsi con le proprie paure e ansie, di rispettare o meno le regole, di sopportare o meno le frustrazioni, il fallimento, la vittoria. È per questo che diventa fondamentale e di primaria importanza ascoltare i propri figli al fine di comprendere quali sono le loro propensioni, sostenerli e accompagnarli senza forzarli e spingerli a praticare uno sport a tutti i costi. Lo sport è perciò uno strumento educativo che ci permette di dare l'oppor-

tunità al minore di sperimentarsi non solo come atleta ma anche, e soprattutto, come persona. Praticare uno sport da bambini, fornisce un prezioso bagaglio di esperienze, non solo motorie ma anche psicologiche, che lasceranno una traccia, positiva e duratura. Gli adulti di riferimento, e in particolare i genitori, sono importanti nella modalità in cui questa esperienza verrà costruita nel tempo. Infatti, per far sì che si crei un ambiente sportivo costruttivo è fondamentale il dialogo tra le parti adulte, affinché vi sia confronto e condivisione continua di un progetto costruito ognuno con il proprio ruolo. Il creare fiducia reciproca tra gli adulti è importantissimo per gestire al meglio i rapporti, la loro qualità determina la bontà del lavoro che si propone ai bambini/e e il successo e la riuscita dello stesso.


EDIZIONE EDIZIONE

35° ANNIVERSARIO 35° ANNIVERSARIO

Olio Olio 31 Just. 31 Just. Grazie Grazie di esistere. di esistere.

Olio 31Olio Just31 è l’originale Just è l’originale e inconfondibile e inconfondibile miscelamiscela di 31 piante di 31 piante ad altoad grado alto di grado purezza di purezza e concentrazione, e concentrazione, creata creata in Svizzera in Svizzera da Ulrich da Jüstrich. Ulrich Jüstrich. Nella sua Nella formula sua formula c’è l’essenza c’è l’essenza del nostro del nostro successo: successo: la ricerca la ricerca dell’eccellenza dell’eccellenza per il benessere per il benessere delle persone. delle persone. Con questa Con questa icona leggendaria icona leggendaria celebriamo celebriamo il nostro il nostro * * che dalche 1984 dal li1984 portano li portano nel nel 35° anniversario 35° anniversario in Italia: in aItalia: lui eaalui tutti e ai tutti nostrii nostri prodotti, prodotti, ai Consulenti ai Consulenti cuore delle cuorecase delleitaliane, case italiane, alle famiglie alle famiglie che ci che accolgono ci accolgono da tantidaanni tantie anni ai nostri e ai Collaboratori... nostri Collaboratori... GRAZIE! GRAZIE! C O S MCE O T ISCMI EETSI C L I UE SS ICVLAUMSEI N VA TM E EAN T D EO M AIC D IOL M I OI C–I LM I OA D– E MI A N DSEWI INT ZSEWRILTAZNE D R LSAI N ND C ES I1N9C3 E 0 1 – 9I3N0 I –T AI N L I AI T D AL A ILA 1D9 A8 L4 1 9 8 4

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I NTERVISTA

Bomber Mondiale di Matteo Lerco - Foto: Maurilio Boldrini

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hievoVerona Valpo – Florentia, terza giornata del girone di ritorno del campionato di Serie A, minuto trentanove. Il Chievo arranca in classifica dopo l’inattesa debacle di Bari e contro la compagine fiorentina serve necessariamente un sussulto per dare forma compiuta ad una stagione sino a lì sproporzionata in quanto a gioie e insuccessi. Al decimo Pirone muove il tabellino di giornata, ma le ospiti premono con costanza e Gritti, estremo difensore gialloblu, smorza per due volte delle trame gigliate potenzialmente mortifere. C’è bisogno di un nuovo acuto per indirizzare irreversibilmente l’inerzia della partita e, conseguentemente, dell’annata veronese. È proprio allora che Stefania Tarenzi decide di squarciare l’equilibrio del match: servita da Ledri, la numero diciassette clivense manda al bar la diretta marcatrice toscana con una sontuosa veronica in corsa, prende la mira e lascia partire un missile destinato alla zona più nobile della porta difesa da Marchitelli. Un gol che trascende la distinzione tra maschile e femminile, una rete che rappresenta l’epitome della prima stagione di Tarenzi con la casacca scaligera. Il vento in grado di trascinare la squadra nei momenti di stasi: la giocatrice lodigiana per la truppa di Emiliano Bonazzoli è stata molto di più di un mero finalizzatore. Abbiamo ripercorso insieme a lei questi mesi in riva all’Adige, inquadrandone punti di vista, sogni e ambizioni. Ecco cosa ha raccontato la bomber gialloblu e della Nazionale in esclusiva a SportdiPiù magazine…

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I NTERVISTA zi n e r a T ia n a f e t S Stefania, approcciamo quest’intervista dalla fine: ti dico Comunale di Riozzo e… «Facile: ti rispondo che in quello stadio abbiamo vissuto una gioia incredibile. Per avere la meglio su un Milan ancora in lizza per il Tricolore serviva la partita perfetta, e al termine dei novanta minuti abbiamo potuto brindare alla salvezza proprio grazie al grande spirito che abbiamo riversato sul rettangolo di gioco. Il prepartita, com’era normale, è stato carico di tensione, ma alla fine siamo riuscite con merito a preservare un sogno chiamato Serie A». Il tuo Chievo è partito ad inizio anno con delle ambizioni che strada facendo ha dovuto per forza di cose ridimensionare. Quali sono state le problematiche alla base di una stagione così travagliata? «Diciamo che annate anomale nel calcio possono capitare. In sede di mercato estivo la squadra è stata rivoluzionata e non è sempre facile trovare nuovi equilibri all’interno dello spogliatoio. Il cambio del mister ha ridato stimoli ad un ambiente che a mio avviso ha avuto il merito di non staccare mai lo sguardo dall’obiettivo finale. È stata una sofferenza, ma ciò che conta è che la nave sia stata condotta in porto». Statistiche alla mano, sei stata uno dei simboli più emblematici della SalvezzaValpo, andando vicinissima ad eguagliare il tuo record personale di 14 sigilli stabilito ai tempi di Brescia. Più facile segnare giocando in una big o in una realtà che lotta per non retrocedere? «Penso che la mission per un attaccante sia quella di fare di tutto per segnare, indipendentemente dal proposito prefissato a livello di squadra. Giocando in un team che lotta per il massimo obiettivo si prova magari a conquistare i tre punti attraverso il bel gioco e quindi una punta può esprimere meglio le proprie qualità, mentre in basso alla graduatoria conta decisamente più la concretezza. In qualsiasi squadra nella quale ho giocato in generale ho sempre cercato di essere me stessa, mettendo le mie caratteristiche al servizio del bene collettivo». Com’è nata la passione per il gioco? «Fin da bambina il mio pensiero fisso era quello di andare fuori casa a palleggiare,

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divertendomi col pallone. I miei genitori mi hanno iscritto nella scuola calcio del paese e successivamente a dieci anni è giunta la chiamata del Milan. Ringrazio la mia famiglia per tutti i sacrifici che ha fatto per me, in quanto senza di loro non sarei la persona che sono oggi». Qual è stato invece il momento più formativo nella tua carriera? «La svolta in questo senso penso sia coincisa con l’approdo a Brescia, con Milena Bertolini come allenatrice: mi ha migliorato sia a livello di testa, sia in quanto a gioco. Le devo davvero tantissimo». Descrivici un po’ Stefania Tarenzi fuori dal campo… «Mi definisco una persona semplice, alla quale nel tempo libero piace rilassarsi ascoltando la musica o stando in compagnia. Sono molto legata a Lodi e alle mie radici, quindi quando riesco sono sempre molto felice di riabbracciare casa». A livello di calcio femminile tanto è stato fatto negli ultimi mesi e tanto si farà nel prossimo futuro. Qual è il tuo punto di vista sull’argomento? «L’ideale sarebbe ovviamente passare al livello professionistico e penso che sia questa la direzione finale del percorso intrapreso. L’entrata di realtà maschili come Juve, Milan e Roma ha contribuito alla crescita del nostro calcio, anche e soprattutto a livello di visibilità e conoscibilità. Il femminile è un mondo in divenire, che

si sta sempre più sviluppando anche grazie alla presenza di figure di spessore come il nostro mister Emiliano Bonazzoli». Sei sempre stata convocata dalla Bertolini per gli ultimi impegni della Nazionale… con che aspettative e sensazioni stai vivendo questa possibile ‘chiamata Mondiale’? «Ogni chiamata a rappresentare la Nazione è sempre motivo di grande emozione e orgoglio per me. La voglia di prendere parte alla spedizione azzurra è tantissima e le diverse convocazioni mi fanno pensare positivo: ciò che posso fare è dare il mio meglio in questo pre-ritiro per meritarmi questa chance. Poi quel che sarà, sarà». Che ruolo potrà rivestire la nostra rappresentativa nell’imminente rassegna francese? ««Innanzitutto poter partecipare ai Mondiale per me è una gioia incredibile, un sogno che si avvera. Voglio condividere questo traguardo con tutte le compagne del ChievoVerona Valpo. Ci ho sempre sperato ma fino a quando non ho visto scritto il mio nome nella lista delle 23 non ero sicura. Per me è un’avventura da vivere al massimo, dando il meglio sempre e mettendomi a completa disposizione del Ct. Dove potrà arrivare l’Italia? L’obiettivo primario era quello di accedere a questa fase finale ed è stato conseguito con grande merito. Adesso secondo me non dobbiamo accontentarci

e provare ad arrivare più in alto possibile, senza porre limiti alla provvidenza. Personalmente credo tantissimo in questo gruppo e sono sicura si possa togliere delle grandi soddisfazioni. Le favorite restano Francia e Germania, ma sicuramente ci saranno delle outsider. Magari potrebbe essere proprio l’Italia la squadra rivelazione del torneo, chissà…». Un’ultima domanda prima di lasciarci: hai già pensato al tuo futuro a livello di club? «I pensieri li ho fatti, ma non voglio prendere una decisione ora, perché sarebbe per forza di cose affrettata. Come detto, voglio godermi questo momento e poi valuterò il da farsi: tempo al tempo».

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#HASHTAG

A tavola con Federica

Dott.ssa Federica Delli Noci Dietista - Specializzata in Scienze dell’Alimentazione

Buon appetito, atleta!

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he ruolo ha l’alimentazione per un atleta? La risposta è una sola: fondamentale! La nutrizione e lo sport sono un binomio inscindibile. Una corretta alimentazione e un programma di allenamento adeguato contribuiscono in modo sinergico all’aumento della prestazione sportiva. Ovviamente va fatta una netta distinzione tra atleti professionisti e amatoriali. Partiamo dal presupposto che gli alimenti garantiscono il sostegno psicofisico dello sportivo e gli permettono di ottimizzare il lavoro fisico. La dieta dovrà quindi essere bilanciata e proporzionata al tipo, alla durata e all’intensità degli allenamenti. Se pratichi jogging oppure frequenti la palestra un paio di volte a settimana per tenerti in forma, devi naturalmente variare e curare la tua alimentazione, ma senza accorgimenti particolari. Le cose cambiano se sei un atleta agonista o se ti alleni tutti i giorni ad intensità elevata e hai un alto dispendio energetico. In questo caso i tuoi pasti durante la giornata dovranno essere ben bilanciati, così come la scelta dei cibi che porti in tavola, in modo da evitare carenze nutrizionali e garantirti la giusta dose di energia per sostenere lo sforzo fisico. Quali sono i rischi per un atleta che non mangia bene? Numerosi, soprattutto per chi pratica sport ad alta intensità. I deficit di macro e micronutrienti, possono comportare perdita di peso, stanchezza cronica, dolori muscolari, “sindrome da sovrallenamento”, perdita di forza, sonnolenza e scarsa performance. Lo sportivo che non ha un adeguato apporto di energia è più predisposto alla perdita di massa muscolare e di densità ossea che lo espongono maggiormente a fratture e infortuni. Inoltre, per le atlete che hanno

una dieta particolarmente rigida, c’è un maggior rischio di irregolarità mestruali. Oltre agli alimenti, un altro nutriente fondamentale per gli atleti è l’acqua: regola le funzioni cardiovascolari, contribuisce alla termoregolazione, riduce il rischio di infortuni ed è essenziale nella fase di recupero. Gli effetti di una disidratazione prolungata sono la riduzione della performance del 10-20%, accompagnata da perdita di peso, diminuzione delle funzioni mentali con rallentamento dei tempi di reazione e rischio di crampi muscolari. Di quali alimenti non può fare a meno un atleta?

In primis i carboidrati come pasta, pane, patate, riso, cereali che gli garantiscono la giusta dose di energie. Poi, naturalmente, le proteine per supportare la massa muscolare: pesce, carne, uova, legumi, formaggi e latticini. Da non dimenticare frutta, verdura, ricche di vitamine e minerali, così come semi oleosi, frutta secca e a guscio per fornire grassi polinsaturi, necessari per sostenere lo sforzo fisico. Infine, acqua a volontà! È importante che tutti questi alimenti siano correttamente distribuiti nell’arco della giornata, tenendo conto delle sessioni e della durata degli allenamenti, in modo da ottimizzare il lavoro e favorire un buon recupero muscolare.

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SPO RT LI FE

Mogliano: la salvezza è servita di Andrea Martucci - Foto: Alfio Guarise

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alvezza doveva essere, salvezza è stata. Dopo averla ottenuta a livello economico la scorsa estate, la pallaovale moglianese è tornata nuovamente a sorridere, ottenendo nella stagione 2018-2019 la permanenza nel TOP12, il massimo campionato del rugby italiano. Da poco meno di un anno, il club Mogliano Rugby 1969 è subentrato al vecchio club che era stato messo in liquidazione, grazie alla creazione di una nuova compagine societaria. "Abbiamo deciso” - spiega Maurizio Piccin, presidente del sodalizio biancoblu – “di creare un progetto con una identità ben definita, principalmente con due obiettivi: il primo di natura sportiva, il secondo, non meno importante, a livello di rapporto con il tessuto sociale del nostro territorio, cosa molto

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apprezzata dai nostri sponsor. Per noi, ad esempio, lavorare con i giovani e con le scuole è fondamentale". Il Consiglio di Amministrazione è composto, oltre che dal Presidente, anche dal vice Roberto Raddi e dai consiglieri Pierpalo Sante, Andrea Da Ponte e Ruggero Bellio. Un vertice che fornisce le linee guida, ma che si affida all'opera di molti collaboratori che sono, nella maggior parte dei casi, dei volontari. "Stiamo parlando di una cinquantina di persone” - specifica Piccin – “un numero importante, come fosse una piccola azienda, in modo tale da poter suddividere al meglio ogni singola attività, anche per non fare pesare troppo l'impegno di tutti". Nel recente passato, la mogliano rugbystica ha vissuto dei momenti esaltanti,

ricordiamo innanzitutto lo scudetto conquistato nel campionato 2012-2013, poi il declino. E per il futuro? "L'idea di questo primo triennio” - prosegue il presidente Piccin - “è quella di tornare ad essere tra le prime quattro, per poter partecipare ai play-off scudetto. Partiamo già da una buona base, in particolare per quello che si è visto nella prima parte di questa annata sportiva. Nel girone di ritorno c'è stato un declino nella prestazione causato da una rosa corta. Comunque, per la prossima stagione, non ho alcun problema nel dire che punteremo a navigare nella parte alta della classifica, perché è una caratteristica della nostra storia e lo merita anche la tifoseria che ci segue sempre con passione. Per farlo dovremo aumentare l'organico e anche


Top12 VeronaVsMogliano

inserire qualche giocatore d'esperienza, in un gruppo di ragazzi che provengono dalle nostre giovanili. Abbiamo squadre Under che militano in campioni importanti, sta a noi scovare i talenti". Si diceva di innesti per il roster 20192020, e tra questi spiccherà il nome dell'argentino Brian Ormson. Un marcatore con i fiocchi, in regia. "Il nostro team manager Enrico Endrizzi” - prosegue il patron biancoblu – che è stato il nostro capitano sino a due anni fa, sta lavorando molto bene per costruire la squadra. Anche lo staff tecnico cambierà: Andrea Cavinato non sarà più il capo allenatore (potrebbe anche decidere di prendersi un anno sabbatico, n.d.r.), il suo posto sarà preso da Salvatore Costanzo, che nella precedente gestione era l'allenatore della mischia". A proposito della prima linea, alcuni giocatori si sono messi in grande evidenza, in particolare Paolo Buonfiglio, il quale sarà un nuovo pilone delle Zebre, la franchigia federale del Pro14. E Mogliano punterà anche ad una più stretta collaborazione con il Benetton. "E' logico - conclude Piccin - che ci sia un buon rapporto con il club biancoverde, anche perché noi siamo, dopo di loro, la seconda più importante squadra del territorio trevigiano che, complessivamente, sta crescendo molto. La nostra volontà, con tutto il rispetto per il lavoro fatto dagli altri, è di mantenere questa posizione".

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I NTERVISTA errotta P e n o im S

Viadana Rugby, tradizione e innovazione (...since 1970) di Paola Gilberti - Foto: Viadana Rugby

E

ra il lontano 1970 quando la società sportiva Rugby Viadana cominciava a prendere forma. Oggi la storica società mantovana si avvale di un nutrito numero di atleti, circa 200, dal minirugby alla prima squadra militante in Top 12, il massimo campionato italiano. Inoltre, dallo scorso anno il Rugby Viadana si avvale anche di un comparto femminile notevolmente in crescita. Le giovanili. L'obiettivo primario del club giallonero è la valorizzazione del fornitissimo vivaio: due team di under 14, costituite grazie alla collaborazione

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con il Rugby Casalmaggiore e Leoni di Cavezzo, un under 16 militante nel campionato regionale e un under 18 che affronta ormai da anni il prestigioso campionato elite, da quest’anno in sinergia con il Rugby Carpi. Un obiettivo su cui la società lavorerà insieme al nuovo capo allenatore e direttore tecnico recentemente nominato, l'argentino Victor Jimenez, coach di esperienza internazionale. Il Rugby Viadana è particolarmente attivo anche sul territorio grazie a varie attività all'interno delle scuole, dall'asilo alle medie, volte a diffondere la cultura e i principali valori del mondo della palla ovale, quali aggregazione e

sostegno reciproco, rispetto delle regole e disciplina, crescita fisica e morale, responsabilità e leadership. Top 12. La stagione 2018-2019 ha visto la prima squadra del Rugby Viadana chiudere all'ottava posizione della classifica del campionato di Top 12. Sull'andamento del team durante l'anno hanno pesato vari infortuni che, purtroppo, sono andati a incidere negativamente sulle prestazioni in campo. Ma la squadra ora guarda già avanti e si prepara ad affrontare la prossima stagione. La ridefinizione dello staff tecnico porterà sicuramente molte novità all'interno del club, come


il rientro in società di tutti quei tesserati che in questo momento militano in altre squadre. Ma prima, per la Prima Squadra del Viadana si apre un periodo di meritato riposo estivo. I prossimi impegni del club. Sono ufficialmente terminati i campionati juniores e seniores, ma proseguono le attività rugbistiche del Rugby Viadana. Domenica 26 maggio allo stadio Zaffanella di Viadana si svolgerà la settima edizione del Memorial Sidiki, torneo a squadre a carattere nazionale riservato alla categoria Under 14, strutturato su gironi all’italiana con successivi incontri di semifinale e finale. In più, lunedì 17 giugno comincerà il Summer Camp, un campo estivo di tre settimane aperto a ragazzi di varie età, sotto la guida di coach, educatori e preparatori atletici di grande esperienza nel mondo della palla ovale, con giocatori della prima squadra del Rugby Viadana 1970, della Nazionale Italiana e tanti altri ospiti di eccezione.

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I NTERVISTA

Come vola Rebecca! di Giorgio Vincenzi - Foto: Rebecca Pavan

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ebecca Pavan, 18 anni a fine maggio, è la campionessa italiana in carica di salto in alto juniores indoor. Il titolo, ottenuto a inizio febbraio ad Ancona, fa ben sperare sulle sue future possibilità di raggiungere traguardi importanti a livello europeo a partire dai prossimi campionati under 20 a luglio in Svezia. La giovane veronese, da poco trasferitasi a Mestre dove studia all’Istituto tecnico per il turismo, fa parte della società GA Aristide Coin Venezia e vanta diverse convocazioni in nazionale, la prima delle quali nel 2017. Rebecca, come ci si sente a essere la campionessa italiana juniores di salto in alto? È un’emozione grandissima e un onore. Ora però dobbiamo guardare avanti.

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Raccontaci com’è stata la gara? È stato un testa a testa con Benedetta Trillini. Siamo arrivate entrambe alla terza prova per superare 1,76 m. Lei era avvantaggiata perché qualora nessuna delle due avesse superato la misura, il titolo sarebbe andato a Benedetta in quanto aveva superato le precedenti misure alla prima prova. Nell’ultimo salto ho messo tutta la determinazione e la grinta che avevo dentro e sono riuscita a superare l’asticella e a portare a casa il titolo. L’obiettivo ora è quello di partecipare agli europei under 20 del luglio prossimo a Boras in Svezia. Per qualificarti però non è sufficiente m 1,76… Non è sufficiente; devo fare almeno 1,80 che tra l’altro ho già saltato l’anno scorso a Rieti in occasione dei campionati allie-

vi. Da qui a giugno devo cogliere questo risultato per qualificarmi ai campionati in Svezia. Il mio obiettivo è però quello di saltare più di m 1,80. Quante ore al giorno ti alleni? Due ore al giorno per cinque giorni la settimana. Tanti sacrifici e rinunce… Certo che ci sono delle rinunce per potermi allenare bene, ma sono certa che questo mio sacrificio verrà ripagato. Come mai salto in alto? Sin da ragazzina il salto in alto era la specialità che mi attirava di più. Anche se ho fatto un po’ di tutto: corsa, mezzofondo, ostacoli, lanci. Ora oltre al salto in alto mi cimento nella velocità con i cento metri.


Chi ti allena? Da quando sono alla GA Aristide Coin Venezia mi segue Enrico Lazzarin. A quale atleta ti ispiri? Mi piace, e stimo tanto, Marco Fassinotti e naturalmente Sara Simeoni, la mia preferita. Hai nostalgia di Verona? Tantissima. È una città meravigliosa. E lì ho lasciato tanti amici che ora vedo poco per i numerosi impegni.

Come occupi il tuo tempo libero? Quando posso esco con le amiche, ma mi piace leggere, ascoltare musica e guardare un film. Cantante e attore preferito? Non ho un vero e proprio cantante preferito, ma se proprio devo indicare una preferenza allora dico i Queen. Tra gli attori Bradley Cooper. Prima delle gare fai qualche gesto scaramantico?

Solitamente quando faccio delle gare non guardo mai la lista degli iscritti perché così rimango tranquilla e non mi viene l’ansia. Inoltre, mi porta fortuna fare la colazione con i pancake fatti da mia mamma. Il sogno nel cassetto? Andare alle Olimpiadi anche se per me è ancora prematuro perché non sono mentalmente e fisicamente pronta. Ho ancora tanto da lavorare per raggiungere questo obiettivo.

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La provincia conserva ancora dei valori che è difficile trovare nelle grandi piazze

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ià dai tempi in cui la Venezia calcistica era gestita da Zamparini, il Penzo è stato frequentato da allenatori molto importanti. Ultimamente, con questa etichetta, grazie a Joe Tacopina sono arrivati: Inzaghi, Zenga e Cosmi. Ognuno con una personalità ben definita e con un modo ben preciso di intendere il calcio. "Più vicino alla gente che al business - ci risponde Serse Cosmi -. Ma questo lo dico non per un motivo ‘romantico’, dato che le cose sono cambiate, ma perché credo che il calcio debba necessariamente mantenere dei contenuti: la passione, l'amore per la propria squadra e per il proprio lavoro, il rispetto per la gente. Tutti concetti che tendono a stridere con la filosofia attuale". Che tipo di evoluzione si è avuta in questo senso? «Attorno all'aspetto economico, una volta giravano anche situazioni affettive ed emotive. La sensazione è che, nel tempo, ci si sia organizzati di più sotto tanti aspetti, ed in questo il calcio ha fatto progressi. Ma questo ha comportato, spesso, la perdita dei veri valori». Può raccontarci, in sintesi, la sua carriera, in particolare il lungo rapporto con il Perugia? «I miei primi quattordici anni da allenatore li ho trascorsi in tre società: i primi

cinque anni nella squadra del mio paese, il Pontevecchio, poi sono passato dai dilettanti ai professionisti, nell'Arezzo, e lì, nel 1996/97 sono diventato professionista, ed ho avuto il privilego di allenare la squadra della mia città, il Perugia appunto. E' stata un'esperienza immensa, sotto tutti i punti di vista, però la magia è che, accanto ai risultati sportivi, ho potuto lavorare davanti alla mia gente, ai miei amici. Poi, finite queste tre parentesi abbastanza lunghe, ho iniziato a girovagare per l'Italia, andando a Genova, Udine, Brescia, Livorno, Palermo, Lecce, Siena, Pescara, Trapani, Ascoli e Venezia». Quant'è difficile fare il tecnico di una squadra "di provincia"? «La provincia, per come la intendo io, conserva dei valori che, ovviamente, è difficile ritrovare nelle grandi piazze. Il problema è che alcuni club tendono a scimmiottare quello che succede in realtà più grandi. Le "provinciali", purtroppo, grandi non lo diventeranno mai, o meglio: lo diventeranno se inseguiranno, e raggiungeranno, obiettivi diversi da quelli delle squadre "metropolitane"». E quale delle cosiddette ‘grandi’ le sarebbe piaciuto allenare? Lei è tifoso della Roma... «E' legittimo, anche se ad alcuni può dare fastidio, che una persona abbia dei desideri. Io ho detto la Roma, e ci siamo andati pure vicini. Ma ho capito subito

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I NTERVISTA

che questa è una professione in cui, al di là dei sogni giovanili, da professionista puoi affrontare tutte le piazze, tutte con la stessa passione e lo stesso amore, avendo avuto la fortuna di essere scelto». Qual è stato il rapporto che ha avuto con i vari presidenti? «Con alcuni è stato straordinario, di grande complicità e grande condivisione, con altri no, ma questo dipende un po' anche dal mio carattere: è inevitabile che, essendo una persona molto sensibile a quello che è il mio spirito abbastanza libero, nel momento in cui credo si vada oltre ad un aspetto puramente professionale, intaccando altri aspetti, allora entri in rotta di collisione. Ma questo avviene con tutti». E quali sono, invece, i giocatori ai quali è rimasto maggiormente legato? «Idealmente sono quelli che ho allenato per primi, quando ero nei dilettanti. Mi hanno fatto amare quella che poi è diventata una professione, e sono stati una fonte inesauribile di forza ed energia positiva, perché solo negli occhi dei cal-

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Sono più vicino alla gente che al business ciatori dilettanti, o almeno in quelli che ho allenato io, trovavi quello spirito. Poi sono rimasto legato anche ad altri giocatori professionisti, alcuni dei quali hanno avuto un enorme successo; nominarne qualcuno significherebbe escluderne molti. Con alcuni ho davvero conservato un rapporto di amicizia, che è diventanto ancora più gratificante visto che ora sono anche miei colleghi». L'importanza del vice allenatore, e dei vari membri del suo staff. «Una volta il mister doveva fare un po' tutto, invece ora lo staff è composto da varie professionalità: sono giunti i Match Analyst, i preparatori, gli addetti al recupero degli infortuni, il preparatore dei portieri, e credo che oggi, avere un gruppo di lavoro vincente, sia molto determinante per l'allenatore. I collaboratori devono essere in grado di interpretare il pensiero di chi è il responsabile e, viceversa, quest'ultimo deve anche avere fiducia. Nella mia carriera sono stato molto fortunato, perché ho avuto dei collaboratori storici, con alcuni ho lavorato addirittura per quindici anni». Qual è stato l'impatto con la città di Venezia e con al squadra che maggiormente la rappresenta?

«E' una città "mondiale", quindi il rischio è quello di indentificare la grandezza di Venezia città con quello che è l'aspetto sportivo. Bisogna capire quello che la città può dare sia a livello di "cassa di risonanza", che come aspetto sportivo, visto che Tacopina ha un progetto che sta cercando di far diventare concreto, anche futuribile, in particolare con lo stadio nuovo, in modo tale da poter raggiungere, un giorno, la serie A. Quanto invece ai tifosi, sono stati molto disponibili, perché non è facile trovarsi con il terzo allenatore in una stagione, e capisco il disagio».

tenere dei risultati, cose che non sempre collimano; invece, quando ho allenato squadre si dall'inizio, difficilmente le stagioni si sono concluse in modo non positivo, anche perché io stesso ho più modo di potermi esprimere».

Come ha vissuto il fatto di allenare squadre che devono salvarsi? «Quando si arriva verso la fine, come a Venezia, la difficoltà è quella di dover fare tutto e subito, cercando di inculcare un po' quella che è la tua filosofia, per ot-

E poi un finale che ha visto il Venezia arrivare sul campo quintultimo, e successivamente attendere le viarie decisioni della giustizia sportiva che hanno lasciato, per diversi giorni, i tifosi lagunari con il fiato sospeso».

Un stagione condizionata dai Tribunali… «Già fare un campionato a 19 squadre ha condizionato molto. Per non parlare del calendario che ha condensato in pochi giorni diverse partite, e ci ha fatto giocare partite con squadre che nel turno prima avevano fatto il turno di riposo".

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Instagram coffeetumbler

#HASHTAG

"La voglia di allenarsi" non si trova al supermercato di Cecilia Zonta - Foto: coffeetumbler

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estate che si avvicina è un ottimo stimolo a portare avanti gli allenamenti, ma la voglia spesso manca per molte ragioni, come la stanchezza, la pigrizia o il meteo uggioso che ci farebbe solo prendere la direzione del divano con coperta annessa. Dove cercare quindi quella spinta che non sempre riusciamo ad avere? Possiamo rovistare ovunque, ma la troveremo solo dentro la nostra testa. Prova a farti queste domande: Perché ho cominciato ad allenarmi? Qual è stata la scintilla che ha scatenato tutto? Ho ancora gli stessi obiettivi? Magari potresti solo avere bisogno di nuovi stimoli. Se ti alleni in palestra e ormai conosci gli esercizi a memoria, puoi chiedere all’istruttore di cambiare scheda con esercizi nuovi o con intensità e tempi diversi. Se invece la tua disciplina è la corsa, sperimenta nuove strade, esci dalla città così da circondati da sconosciuti ed inaspettati paesaggi. A volte anche la compagnia può fare la differenza. Si sa che in due la fatica è dimezzata, qualunque essa sia. Per cui provare a coinvolgere un amico potrebbe essere un’ottima idea per supportarsi a vicenda. Ma la prima e la più ovvia motivazione per continuare ad allenarsi è spesso quella che purtroppo facciamo più fatica ad ascoltare: volersi bene, prendersi cura di sé stessi. Dobbiamo ricordarci che fare sport non ha semplicemente la funzione di migliorare il nostro organismo e il nostro fisico dal punto vista estetico, ma più che altro in senso funzionale e prestazionale. L’attività fisica è uno dei migliori anti-age naturali, la medicina che non abbiamo bisogno di prendere, è la prevenzione e cura per numerose problematiche che a volte sottovalutiamo. Praticare

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sport costantemente è uno dei migliori regali che possiamo fare a noi stessi. E quelle volte in cui la voglia proprio non arriva, sforzati quel tanto che basta per infilarti le scarpe o prendere il borsone della palestra, e uscire di casa. Poi, finito l’allenamento il tuo corpo ti ringrazierà rilasciando meravigliose energie (endorfine) che ti faranno sentire appagato, felice e ancora ancor più

rigenerato di quando avevi iniziato. E nel tragitto verso casa una vocina nella tua testa ti dirà: “Hai visto che hai fatto bene ad ascoltarmi?”. Datti una bella pacca sulla spalla, continua a credere in te e non dimenticare questi consigli la prossima volta che la pigrizia prenderà il sopravvento. Hai ulteriori dubbi o curiosità? Non esitare a contattarmi su Instagram ;)


www.girolagodiresia.it

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Giro Lago di Resia Sabato, 13.07.2019 ore 21.30 (corsa principale) 15,3 km

Night-Run

con corsa JUST FOR FUN, Nordic Walking e corsa Bambini


EVENTO

Eccellenze veronesi premiate da Verona Network dalla Redazione - Foto: Maurilio Boldrini

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i è svolta giovedì 16 maggio presso la Camera di Commercio la cerimonia di consegna dei Premi Verona Network 2019, evento giunta quest’anno alla sua 6^ edizione. La cerimonia di premiazione è stata preceduta dal workshop Speciale Tecnologia e Innovazione, organizzato in occasione del 500° anniversario della morte di Leonardo Da Vinci. Tema centrale le opportunità attuali e future che l’innovazione (sociale, finanziaria, tecnologica) porterà a cittadini e imprese. Sono intervenuti sul palco Paolo Errico, Presidente di Piccola industria Confindustria Veneto, Luca Zanetti professore dell’Istituto Don Bosco che ha esposto il progetto “Wemit” che ha decretato la vittoria del iDB Tech-No-Logic Team degli studenti dell’istituto Don Bosco, il sindaco Flavio Pasini che ha parlato del progetto “Sei nel posto giusto” organizzato dal Comune di Nogara, Thomas Ducato di Impactscool e Paolo Gesa, responsabile dell’Area Business di Banca Valsabbina. Tornando alle premiazioni, il Premio Verona Network 2019 è stato assegnato agli studenti del liceo Don Bosco. La squadra iDB Tech-No-Logic, coordinata dal professor Luca Zanetti, ha vinto lo scorso aprile la FIRST* LEGO League

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1 World Championship di Houston con il progetto “Wemit”, una lavatrice spaziale a zero gravità e senza acqua. Questa la motivazione: “Per il risultato ottenuto dagli studenti coinvolti nel progetto scientifico Wemit e per la grande opportunità che la scuola ha offerto loro per esprimere talento e capacità straordinarie”. La targa è stata consegnata al preside Michele Lauriola dal sindaco di Verona Federico Sboarina. Questi gli altri riconoscimenti: - Premio Veronesi Protagonisti a Valentina Boni calciatrice del ChievoVerona Valpo (consegnato dall’Assessore allo sport di Verona Filippo Rando) - Premio Ente Pubblico al sindaco del Comune di Nogara Flavio Pasini (Consegnto da Donato Giovanni Cafagna, Prefetto di Verona)

- Premio Associazione a Marco Ottocento della fondazione Più di un sogno (consegnato da don Martino Signoretto della Diocesi di Verona) - Premio Impresa all’imprenditrice Cristina Pozzi (ritirato da Thomas Ducato e consegnato da Paolo Gesa). - Premio Speciale alla Carriera a Sergio Pellissier, calciatore e capitano del ChievoVerona (consegnato da Alberto Cristani direttore della rivista SportdiPiù magazine). Ha moderato l’incontro Matteo Scolari, Presidente di Verona Network. A seguire, l’Associazione Verona Network ha festeggiato lo straordinario traguardo dei 100 numeri di Pantheon, rivista cartacea, edita dal Gruppo Editoriale Verona Network, che dal 2008 raggiunge ogni mese 100.000 veronesi. Presenti in sala alcuni volti delle copertine di Pantheon: Franz e Fox,


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Maria Teresa Ferrari, Michele Rossetto, Gabriele Garmilli e Lino Bellamoli. All’evento hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco Federico Sboarina, Donato Giovanni Cafagna, Prefetto di Verona, Filippo Rando, Assessore Sport e Tempo libero del Comune di Verona, Flavio Tosi, consigliere del Comune di Verona e don Martino Signoretto della Diocesi di Verona. Una serata di grande qualità e spessore per Verona Network, il network territoriale veronese che riunisce diverse realtà tra enti, istituzioni e aziende, conferma anche per quest’anno, l’impegno a farsi promotore di occasioni di confronto in una logica propositiva per la città. Ad oggi Verona Network raccoglie 61 primari soci istituzionali e altri importanti soggetti scaligeri rappresentanti 3000 operatori economici e oltre 50.000 cittadini veronesi.

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7 1 - I premiati dell'evento Verona Network con il Presidente di Verona Network Matteo Scolari 2 - Il direttore di SportdiPiù magazine Alberto Cristani premia Sergio Pellissier 3 - Assessore Rando premia Valentina Boni 4 - La squadra iDB Tech-No-Logic, coordinata dal professor Luca Zanetti 5 - La redazione di Verona Network 6 - Gli affezionati lettori della rivista Pantheon Michele Rossetto, Gabriele Garmilli e Lino Bellamoli 7 - Franz, Fox e Maria Teresa Ferrari

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EVENTO

VeniceMarathon, una corsa tra terra e mare di Beatrice Majer - Foto: Matteo Bertolin

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l prossimo 27 ottobre si svolgerà la 34esima edizione della VeniceMarathon, famosa in tutto il mondo per l'unicità del suo percorso, caratterizzato dalla dicotomia terra-acqua. Da qualche anno l'evento si svolge su due distanze: quella ‘classica’, con partenza da Villa Pisani a Stra ed arrivo

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a Venezia in Riva Sette Martiri, con un limite di 8.000 partecipanti, e quella da 10 chilometri che ha, come limite numerico, 6.000 iscrizioni. "Questo perché Venezia” - spiega Lorenzo Cortesi, Segretario Generale di VeniceMarathon Club - “presenta problemi logistici e va rispettata". E ad essa si affiancano i 'collaterals'. "Si

dividono in due tronconi” - continua Cortesi – “da una parte quelli dedicati a chi viene a correre dall'Italia e dall'estero, cioè l'Exposport, fiera che propone le novità del mondo del running, dello sport, del turismo sportivo, che si tiene ormai da undici anni al Parco San Giuliano, quartier generale dove ritirare i pettorali.


18.000 ragazzi e i proventi della quota di iscrizione, 5 euro a testa, vengono suddivisi in tre parti: una va all'organizzatore, una rimane alle scuole, affinché acquistino materiale didattico, e l'altra va ad una Onlus, quella di Alex Zanardi il quale ci segue da qualche anno, per il sostegno di attività solidali". Un altro aspetto sociale della VeniceMarathon è costituito dalle pedane che vengono installate sui ponti di Venezia. "Hanno una larghezza di un metro e mezzo” - spiega Cortesi - “poiché VeniceMarathon è un evento amatoriale ma competitivo, quindi non possiamo permetterci che le persone aspettino il proprio turno per passare. Non solo: ci siamo resi conto che le pedane erano un'esigenza della città, quindi, per molti anni, con il supporto del Comune di Venezia, che ha preso in carico il progetto e la gestione delle rampe, hanno cominciato a rimanere sui ponti per periodi sempre più lunghi, con l'obiettivo di farle diventare permanenti, e rendere così più accessibile la città". Per l'edizione di quest'anno sono previste diverse novità. "Innanzitutto” - evidenzia il Segretario Generale di VeniceMarathon Club - “ci saranno delle conferme, perché a breve

ripartirà il nostro Charity Program, con il supporto di Rete del Dono, che nel 2018 ci ha fatto raccogliere 100.000 euro, ed al quale partecipano circa venti Onlus. Inoltre da quest'anno, insieme con la Regione Veneto, partecipiamo a un progetto Interreg Italia-Croazia, denominato Zero Waste Blu. Stiamo lavorando su diversi tavoli, uno di questi riguarda i trasporti, per riproporre un test che ha avuto successo lo scorso anno, per l'eliminazione o quantomeno la riduzione dell'utilizzo dell'automobile e, di conseguenza, dell'emissione di anidride carbonica". Un evento, la VeniceMarathon, che crea ogni anno un indotto importante per la città di Venezia e non solo, come evidenzia Cortesi: "Ogni anno l’evento porta oltre 10 milioni di euro. Questi risultati sono per noi fonte di onore e di orgoglio. Quanto al richiamo turistico, abbiamo il 30 per cento di turisti stranieri (il primo paese è la Francia n.d.r.), il 50 da fuori regione e il 20 dal Veneto. Quindi, l'80 per cento degli iscritti soggiornano almeno una notte negli alberghi, accompagnati da una o due persone: se si fanno i conti, per 15.000 partecipanti ci sono almeno 30.000 persone che vengono a Venezia perché c'è la maratona". Infine Cortesi sottolinea l’importanza del personale che collabora alla riuscita dell'evento: "Solo per trasportare le sacche da Stra a Venezia vengono coinvolte 300 persone. Per non parlare dei volontari: solo la domenica della maratona sono 2.000 in tutto il territorio e sono alla base di una manifestazione sportiva così complessa e complicata, non solo per l'aspetto economico, ma anche per una questione di recruiting del personale. Infine un grazie va, ovviamente, alle Forze dell'Ordine, un punto di riferimento importantissimo per noi e per gli atleti".

Dall'altra parte le Family Run, un vero e proprio evento sociale rivolto ai ragazzi delle scuole. Sono quattro tappe: Chioggia, San Donà Di Piave, Dolo e, il giorno precedente la maratona, al Parco San Giuliano. Complessivamente, partecipano

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I NTERVISTA

La scalata verso i "Pro" di Matteo Zanon - Foto: Pietro Mugelli

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ietro Mugelli, 19enne italo - cubano di Desenzano del Garda, vive a tu per tu con il tennis provando a scalare la montagna vertiginosa del professionismo. Ha deciso di trasferirsi da solo a Bratislava all’accademia “Love4Tennis” di Dominika Cibulkova (tennista professionista numero 32 al mondo) per confrontarsi sempre di più con questo mondo che prima o poi vuole farlo diventare suo (parla italiano, inglese, spagnolo e slovacco). In esclusiva per SportdiPiù magazine racconta la sua storia piena di fatica e tanto sudore.

«Ho iniziato a giocare all’età di 5 anni alla spiaggia d’oro a Desenzano del Garda con il maestro Emidio Rossi».

Quando hai iniziato a cimentarti con racchetta e pallina?

Il tennis è la tua vita. Quando hai capito che volevi fare qualcosa in più?

A livello Under quali sono stati i tuoi risultati più rilevanti? «A livello giovanile non ho mai fatto molti tornei. Ho fatto qualche torneo ITF under 18 e la mia classifica migliore è stata di 1049 al mondo quando avevo 16 anni ma non ho fatto molti tornei. A 14 anni sono andato a vivere da solo e ad allenarmi all’estero, in un’accademia, Love4Tennis Dominika Cibulkova Academy di tennis a Bratislava, in Slovacchia».


«Ho sempre avuto il desiderio di poter diventare un giocatore di tennis professionista, tutta la mia famiglia giocava a tennis, persino mia nonna ha giocato fino all’età di 83 anni. Penso di aver capito che volevo fare seriamente verso i 12/13 anni. La scelta di andare a vivere da solo così presto è stata molto dura ma la rifarei sicuramente, non solo perché sono migliorato molto a livello fisico e tennistico, ma anche perché è stata una grandissima esperienza di vita. La convivenza con altre persone, cucinare da solo, lavarsi i vestiti, pulire, il doversi arrangiare e il sapersi organizzare, sono tutte cose che mi hanno aiutato a maturare molto più velocemente e ti formano come persona». Ci racconti una tua giornata tipo? «Quando sono a Bratislava la mia giornata si svolge così: mi alzo verso le 7:30, faccio colazione, prendo il pullman e vado all’allenamento. Inizio con una lezione di stretching (riscaldamento articolare e muscolare e stretching attivo) che si svolge dalle 9 alle 10:30. Poi alle 10:30 faccio un’ora e mezza di tennis fino alle 12. Per pranzo se ho abbastanza tempo vado a casa a cucinarmi qualcosa o mangio al tennis a seconda di che ora riprendo con gli allenamenti. Nel pomeriggio faccio un’altra ora e mezza di tennis e un’ora di compensazione con il mio preparatore atletico. Durante la settimana alcuni allenamenti e orari variano, al posto del tennis il pomeriggio ho potenziamento in palestra due volte alla settimana e mercoledì e giovedì anche massaggio e fisioterapia per recuperare. La domenica libera». Come valuti la tua crescita in questi anni? «Il mio livello di tennis negli anni precedenti non era ancora pronto per poter fare dei buoni risultati. Ci eravamo vicini

già l’anno scorso ma purtroppo ho avuto prima un’operazione per problemi di salute che mi ha tenuto fuori un mese e poi un altro infortunio al polso sinistro che non mi permetteva di giocare il rovescio e sono stato 6 mesi fuori senza giocare tornei. Voglio rifarmi quest’anno». Ti definisci un giocatore di difesa o d’attacco? Hai un giocatore a cui ti ispiri? «Sono un giocatore sicuramente d’attacco. Djokovic mi è sempre piaciuto, sin dai suoi esordi. Di lui ammiro soprattutto la metodicità che ha in tutto quello che fa, dagli allenamenti, allo stretching e all’alimentazione. Oltre a lui mi piace molto Del Potro, sia come persona e sia come stile di gioco». Il tennis di oggi richiede una preparazione a 360 gradi. Tre preparazione fisica, mentale, tecnica e tattica su quale ti senti di dover lavorare di più? «Negli ultimi 5 anni, da quando sono qua a Bratislava, abbiamo dovuto lavorare molto a livello fisico e tecnico perché non ero messo benissimo. Abbiamo lavorato duramente e credo che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Ora devo migliorare sotto il punto di vista mentale».

e compararsi sarebbe sbagliato. Sono molto fiducioso per il futuro, abbiamo lavorato sempre molto bene con il mio team dando sempre il massimo». Come passi il tempo libero? Hai degli hobby? «Fuori dal campo mi reputo un ragazzo molto tranquillo. Ascolto sempre tanta musica e guardo molti film/serie. Mi piace molto spendere il mio tempo libero con la mia famiglia dato che non la vedo così frequentemente e con i miei amici». Hai un sogno nel cassetto? «Il mio sogno è di poter diventare un giocatore professionista e raggiungere le posizioni più alte della classifica mondiale. Vorrei rendere orgogliosi i miei genitori che da tanti anni fanno tantissimi sacrifici per potermi permettere di fare ciò che più amo, anche se loro continuano a dirmi che sono già orgogliosi di me».

Che obiettivi hai per la stagione estiva 2019? «L’obbiettivo principale è di giocare molto e costantemente. Non voglio mettermi troppe pressioni addosso e darmi degli obbiettivi specifici nei tornei. So che ci sono altri ragazzi più giovani di me che hanno ottenuto ottimi risultati nei tornei ma ognuno fa il proprio percorso

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I NTERVISTA

Il calcio secondo "Bonimba" di Giorgio Vincenzi e Alberto Cristani

«Ah, secondo me lì hanno sbagliato e perso tutti. Se la son giocata male, cominciando dalla società che gli ha levato la fascia. Sia lui che la sua procuratrice-moglie si sono offesi e non aspettavano altro. Hanno cercato la rottura e l’Inter gli ha dato l’assist». Secondo te che segnale per il calcio? «Mi sembra una cosa particolare, non credo che possa succedere in tanta società. Ha sbagliato anche Spalletti, un allenatore non può inserirsi in una discussione tra il giocatore e la società e dare ragione a uno o all'altro, crea malcontento. Quando salta lo spogliatio salta tutto, lì Spalletti invece di cucire ha rotto. Poi c'è signora Icardi che dice che il marito non fa gol perché i compagni non gli passano la palla. Chi più ne ha più ne metta. Lei è una che come il marito fa gol va a chiedere soldi in più. Lei ha delle offerte altissime e ci gioca».

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a storia del calcio italiano degli anni Settanta passa anche da Mantova. A farla è stato Roberto Boninsegna: un campione che in Serie A ha segnato 163 gol e vincendo per due volte il titolo di capocannoniere. Oggi Boninsegna ha 75 anni e la passione per il calcio è ancora forte. Noi di SportdiPiù di magazine siamo andati a trovarlo a casa sua. Roberto, iniziamo questa intervista con un intervento ‘a gamba tesa’ parlando del caso Icardi nell’Inter...

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Parliamo un po’ di te. Tu hai giocato in varie squadre: Varese, Inter, Juve, Verona. Quale ti è rimasta più nel cuore? «Partiamo dal presupposto che io sono nato interista e dall’Inter ho sempre avuto dei tradimenti, pugnalate della schiena, cominciando da quando all’inizio Herrera non mi h creduto. Ho fatto 2 anni di B, al Potenza e al Cagliari e poi mi hanno venduto al Cagliari. Dopo tre anni viene fuori che si sono sbagliati e mi ricomprano e la mia soddisfazione è arrivata. Sono tornato dalla porta principale e ho fatto 7 anni stupendi. Vinco 1 campionato, faccio 171 gol in 7 anni, Nazionale, Messico e così. Poi l'ultimo tradimento, quando pensavo di finire la carriera nella mia squadra del cuore, arriva la vendita alla Juve. Ma alla fine devo dire grazie a Fraizzoli perché sono stati 3 anni splendidi, in cui ho vinto 3 scudetti, una Coppa Uefa e la Coppa Italia. E poi ho rifiutato il quarto, perché ho avuto dei miei motivi


«Pelè, non si discute. È stato il più completo. Era forte anche di testa». Hai fatto 9 gol in Nazionale: il più bello? «Quello segnato in finale dei Mondiali del 1970 al Brasile driblando mezza difesa carioca. Sono volato in cielo. Fare gol in finale Mondiale per un attaccante è tutto».

personali, sennò sarei rimasto ancora». E poi sei andato a Verona? «Sì, sono arrivato a Verona quando io ho rifiutato il 4 anno alla Juve perché volevo finire la mia carriera nel Mantova, ma il presidente di allora non mi ha voluto. Allora parlando con Garonzi mi ha detto: “Vieni a Verona”. Ho detto ok faccio 2 anni di B, ma non mi aveva detto che aveva già venduto la società. Tempo di firmare il contratto e andare in ritiro, lui vende la società e vedo arrivare un certo Briggi, che si presenta come il nuovo presidente. E lì ho capito di aver fatto un errore. Comunque abbiamo mantenuto la categoria, era una squadra un po' anziana, ma c'erano anche giovani buoni: D’Ottavio, Vignola, Tricella. Abbiamo fatto un buon campionato di B, poi forse da lì il Verona ha cominciato a risalire». Sei soddisfatto di come hai concluso la carriera? «Mah, io desideravo giocare a Mantova, sembrava una cosa fatta poi inaspettatamente quel presidente ha cambiato idea, dicendo che non gliene avevo mai parlato… Io sono arrivato dalla Juve, con il cartellino, sono stata a casa sua per parlare e sembrava cosa fatta. Ma va bè, è andata così».

a Giampaglia e lì ho dato le dimissioni e son venuto via. Ah, poi Giampaglia l’hanno esonerato subito». E poi nel 2001 è arrivato il Mantova… «Sì, ho fatto 3 interventi col Mantova sempre in zona retrocessione meno male che son riuscito sempre a salvarlo. Poi ho fatto per 3-4 anni l’osservatore dell’Inter con Giacinto Facchetti fino a quando è morto». E adesso cosa stai facendo? «Faccio il nonno a tempo pieno! Poi una parte di calcio c'è sempre, sia chiaro: vado spesso a vedere allo stadio Inter e Juve, le mie squadre del cuore». Hai nostalgia del calcio che hai giocato tu? «Il calcio è un'attività che purtroppo finisce. Il profumo del campo, specialmente quello di San Siro, ti mancherà sempre. Almeno a me». Pelè o Maradona: chi è stato il più forte?

A un certo punto della tua carriera sei andato a giocare anche negli Stati Uniti: come mai? «Lì non è mai stata detta tutta la verità: è il Cagliari che prestò di fatto tutta la squadra ai Chicago Master. Mancava solo Riva perché si era fatto male. Comunque andammo e vincemmo il campionato. Il Cagliari prese dei soldi per fare questo torneo, non l'ha mai scritto nessuno. Abbiamo fatto 12 partite e ho fatto 11-12 gol». Il calcio di oggi e quello che giocavi tu, sono 2 cose completamente diverse? «È un calcio più rapido, più tattico, meno tecnico. Noi giocavamo con marcatura a uomo non a zona». Hai qualche rimpianto? «No, direi di no. Sono partito da Mantova e ho giocato sui campi più belli del mondo, sono stato protagonista della 'Partita del secolo’ (vedi articolo pagina….) e vinto parecchio. Ecco, forse l'unico rimpianto è di non aver chiuso la carriera giocando nel Mantova». C'è un Boninsegna nel calcio di oggi? È molto difficile fare paragoni. L’ultimo che mi somigliava direi che è stato Bobo Vieri. Un po’ anche Casiraghi. Attualmente mi piace molto Icardi. Solo quando gioca però…».

Poi a Mantova ci sei andato come allenatore. «Son stato fermo per 7-8 anni, ero un po’ demotivato. Poi ho mosso un po’ le acque, mi han dato le rappresentative di C1 e C2 e l'ho fatto per 13 anni. È stata una bellissima esperienza perché ho avuto modo di vedere dei giocatori interessanti, presenti ai Mondiali del 2006 in Germania. Poi mi avevano promesso l'under 21 che invece han dato

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SPO RT LI FE

Con Acqua 18 nuotare è magico!

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a cura della redazione - Foto: Aquamore

o sempre pensato che nuotare fosse un privilegio, quasi una magia. In fin dei conti è un pò come volare: sei lì, sospeso, senza la paura di cadere. Io amo questo sport, nuoto da sempre e ne ho fatto il mio lavoro”. Queste le parole che accomunano i 3 pilastri di Acqua 18: il presidente, Enrico Pastore e i 2 allenatori, Giuseppe Rebonato e Bruno Rossi, che hanno deciso di rilanciare la squadra di nuoto di Villafranca per il Centro Aquamore. Giuseppe - Beppe per i suoi ‘cuccioli’ allena con il cuore, e si vede dai modi che ha con i ragazzi, da come viene ascoltato e rispettato. Uno sguardo paterno da chi esige molto, sì, ma rispettando i limiti. Beppe sa benissimo che puntare al successo immediato vuol dire bruciare tappe e non è sicuramente questo il suo obiettivo: “Se ci pensi, alla fine sono bambini e ragazzi che vogliono divertirsi. Ed è proprio questa la leva sulla quale puntare per ottenere risultati. Tutto quello che si fa con gioia porta al successo, e per arrivarci e rimanerci bisogna avere delle basi forti.” L’avviamento all’agonismo comincia molto presto. Dal vivaio dei corsi di nuoto si attinge per crescere e formare i piccoli atleti. Attraverso il gioco s’impara come affrontare la competizione per poi ritrovarsi sul blocco per la prima volta. L’emozione e la paura di quella gara non

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si scorda più e accompagna l’atleta in ogni competizione. La squadra Acqua 18 è riuscita a portare a casa dei buoni risultati e Giuseppe gli elenca orgoglioso: A Padova, il 24 marzo, Chiara Giorgione è salita sul podio nei 50mt farfalla ed Elia Rossi è arrivato 4° per pochi decimi di distanza. Cristian Granato è stato il 1° della sua categoria nei 50mt stile. A Verolanuova, il 30 marzo, Sara Zanetti ha fatto il 2° miglior tempo assoluto nei 50mt stile ed è arrivata 2° nei 50mt farfalla. Massimo Costanzo ha fatto il 2° miglior tempo assoluto nei 50mt farfalla. Gabriele Pedrioli ha ottenuto il 2° posto della sua categoria nei 50mt dorso ed il 3° nei

50mt stile. Alice Odinelli è arrivata al 2° posto della sua categoria nei 50mt dorso. Questi solo alcuni dei risultati, anche se l’elenco non si ferma qui, un plauso va a tutti i componenti della squadra che hanno partecipato a queste competizioni. Ottimi risultati che rendono orgoglioso Beppe e Bruno che nel Centro Aquamore hanno trovato una struttura con a disposizione le ultime tecnologie, come i nuovi blocchi di partenza Myrtha Track Start. La nostra filosofia di squadra è quella di rispettare le capacità ed il livello di ognuno, in attesa del momento giusto per motivazione, maturazione, crescita e risposta fisica. A livello agonistico il nuoto è impegnativo, per questo motivo è molto importante sostenerli e non cadere nel tranello di mettere loro pressione o coltivare false illusioni. L’agonismo e la competizione devono essere sempre vissute come un divertimento, anche se gli allenamenti occupano una parte importante nella vita di un atleta. L’obiettivo più importante quindi è non rischiare di far perdere l’amore per questo sport meraviglioso. Vi chiederete allora: perché scegliere uno sport così arduo? Semplice: perché le sensazioni che ti dà l’acqua non le trovi da nessun’altra parte. Solo in acqua si può volare senza aver paura di… cadere!



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In fuga Il mio romanzo con gli eroi della bici

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avide De Zan, figlio di Adriano celebre telecronista della Rai, è un giornalista televisivo che ha seguito per molti anni il ciclismo raccontando, come inviato, il Giro d'Italia, il Tour de France e le grandi classiche. Nel libro “In fuga” racconta le imprese di alcuni eroi delle due ruote, dove la forza di volontà e la tenacia si uniscono in uomini che sfidano la strada, il clima e la fatica. Non per nulla il sottotitolo del libro è “Il mio romanzo con gli eroi della bici”. Ecco quindi le storie di Mario Cipollini, di Stephen Roche e Roberto Visentini,

di Davide De Zan Il ciclismo, come scrive De Zan, racconta a volte storie bellissime di sport, passione e amicizia. Insomma un libro da leggere tutto in un fiato.

Dettagli di Fabio Casartelli (che vinse le Olimpiadi di Barcellona nel 1992 e che poi morì tragicamente tre anni dopo durate il Tour de France), Lance Armstrong, Franco Ballerini, Marco Pantani, Vittorio Adorni e tanti altri.

"I

l racconto epico dei Mondiali, dal 1930 a oggi: partite indimenticabili, protagonisti discussi e indiscussi, fatti più o meno conosciuti, sogni di gloria e illusioni, sullo sfondo di un mondo che è cambiato seguendo il tragico corso della Storia. Tra queste pagine ci sono Leonidas da Silva, il centravanti che molti considerano l’inventore della rovesciata; Frizt Walter, il giocatore sopravvissuto per puro caso alla guerra e ai gulag sovietici; Diego Armando Maradona, che nel 1986 segnò “il gol più bello di tutti i tempi” e quello che fu siglato con la “mano de Dios”; lo sventurato Andrés Escobar, ucciso dai narcotrafficanti colombiani dopo un’autorete; e ovviamente Sandro Mazzola e Gianni Rivera, Paolo Rossi, Buffon, Grosso e Del Piero, insieme a moltissimi altri."

- Genere: ciclismo - Prezzo: e 18,50 - Editore: Piemme - Collana: Storie e personaggi - Data pubblicazione: novembre 2018 - Pagine: 216 - EAN: 9788856667578

Giro del mondo in una coppa Partite dimenticate, momenti indimenticabili dell'avventura Mondiale di Stefano Bizzotto Dettagli - Genere: calcio - Prezzo: e 17 - Editore: Il Saggiatore - Collana: La cultura

- Data uscita: Giugno 2018 - Pagine: 330 - EAN: 9788842824183

Radiogol

Trentacinque anni di calcio minuto per minuto di Riccardo Cucchi

R

adiogol è un memoir in cui scorrono trentacinque anni di calcio perduto e ritrovato e un autentico atto d'amore per la radio e i suoi protagonisti, da Enrico Ameri a Sandro Ciotti. Attraverso le sfide a cui ha assistito in prima persona, i ricordi di un'infanzia trasognata e gli incontri con fuoriclasse come Carlo Ancelotti, i fratelli Abbagnale e Diego Armando Maradona, Riccardo Cucchi ci sintonizza su un'epoca e un calcio che sono parte di noi. Minuto per minuto. La voce di Riccardo Cucchi è stata il cuore di ogni domenica per circa trent'anni. Dalla sua postazione appartata, isolata in mezzo alla folla for-

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micolante sulle tribune, ha riempito i nostri pomeriggi di emozioni narrando da testimone diretto decine di campionati, centinaia di partite, migliaia di minuti di calcio. Dettagli - Genere: narrativa - Prezzo: :€ 18 - Editore: Il Saggiatore - Data uscita: Settembre 2018 - Pagine: 270 - EAN: 9788842825050


S SPO RT SO N G

Ripercorriamo la storia dello sport riascoltando le note di canzoni che, bene o male un po’ a tutti, hanno procurato brividi e, magari, fatto scendere qualche lacrimuccia (di gioia o di dolore…).

Hurricane dall'album: Desirè (1975) Bob Dylan

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ome tante altre canzoni di Dylan anche questa è una canzone di protesta che tratta dell’ingiusta condanna

del pugile Rubin “Hurricane” Carter per un triplice omicidio avvenuto a seguito di una sparatoria al Lafayett Bar il 17 giugno 1966, nel New Jersey (Usa). Il pugile sarebbe stato scarcerato solo nel 1985, quando il giudice della Corte Federale sentenziò che non aveva avuto un processo equo, affermando che l'accusa era "basata su motivazioni razziali".

Il 26 febbraio 1988 caddero definitivamente tutte le accuse e Rubin “Hurricane” Carter assolto. Nel 1975 Bob Dylan e Jacques Levy decidono di dar voce, attraverso la musica, al pugile innocente. Alla storia di Rubin Carter è stato dedicato anche un film con Denzel Washington, “Hurricane - Il grido dell’innocenza“, uscito nel 1999.

Nuvolari dall'album Automobili (1976) Lucio Dalla

L

ucio Dalla con questa canzone fa un ritratto eroico di uno dei miti delle corse automobilistiche: Tazio Nuvolari. Un pilota che si spinge oltre i suoi limiti meramente fisici divenendo imbattibile: “Corre se piove, corre dentro al sole/Tre più tre per lui fa sempre sette/Con l'Alfa rossa fa quello che vuole/dentro al fuoco di cento saette!”.

Nuvolari è nato nel 1892 a Castel D’Ario (Mantova) da una famiglia contadina, non è un supereroe, almeno fino a quando la sua passione per i motori e per le gare non lo trasformarono nel pilota, su due e quattro ruote, più famoso di tutti i tempi. Era chiamato anche il “mantovano volante”. Nuvolari morirà a Mantova l’11 agosto del 1953.

Il Bandito e il Campione dall'album Il Bandito e il Campione (1993) Francesco De Gregori

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a canzone, scritta dal Luigi Grechi (nome d’arte del fratello di Francesco De Gregori), è ispirata a una vicenda realmente accaduta. I protagonisti sono Sante Pollastri (il bandito) e Costante Girardengo (il campione di ciclismo morto nel 1978 e che vinse due volte il Giro d’Italia e sei volte la Milano-Sanremo). Il brano racconta che il bandito, e assassino, amico d’infanzia del campione viene arrestato a Parigi dove si era recato

per assistere all'arrivo di Girardengo, del quale era un grande tifoso. Così Grechi racconta la cattura di Sante Pollastri: “Ma un bravo poliziotto che sa fare il suo mestiere/sa che ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere e ti fece cadere/la tua grande passione di aspettare l'arrivo dell'amico campione/ quel traguardo volante ti vide in manette/brillavano al sole come due biciclette/Sante Pollastri il tuo Giro è finito/e già si racconta che qualcuno ha tradito”.

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EVENTO

Canottieri Mincio, tanta voglia di

triathlon di Paola Gilberti - Foto: @photorun.it

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È

stata nominata la Città Europea dello sport del 2019. Un riconoscimento importante per Mantova, che quest'anno decide di scommettere sulle proprie eccellenze sportive attraverso un vasto programma di eventi volti a diffondere l'importanza dell'attività fisica, del movimento e del benessere. Tra questi, spicca un'importante manifestazione: il primo Triathlon Olimpico di Mantova, organizzato dalla storica società locale Canottieri Mincio. Il Triathlon Olimpico Internazionale Città di Mantova Per la città si tratta della prima edizione, ma la gara

ha immediatamente raccolto entusiasmo, consensi e iscrizioni: sono stati circa 300 i partecipanti pronti a nuotare, montare in sella e correre nella giornata di sabato 11 maggio. «É un progetto che sognavamo di portare a termine da parecchio tempo e ora finalmente ce l’abbiamo fatta a realizzare questo grande sogno», afferma Matteo Dalmaschio, responsabile del settore Triathlon della società sportiva, «Il giorno successivo, domenica 12 maggio, anche i bambini sono entrati in acqua e in pista con il Triathlon Kids, dedicato ai giovanissimi». Tornando alla categoria Olimpica, la frazione di nuoto (1500 metri) si è svolta nelle acque libere del Lago Superiore, che hanno ovviamente superato i test per ottenere la balneabilità in occasione di questo evento, con partenza a batterie dal pontile dei canottieri. Il percorso in bicicletta (40 km) consisteva in due giri su un tragitto pianeggiante che include la pista ciclabile MantovaPeschiera. Infine, il tratto di corsa (10km) si è snodato lungo il Lago di Mezzo e il Lago Inferiore, con ingresso nel centro storico di Mantova.

La Canottieri Mincio Non ha di certo bisogno di presentazioni, ma, per chi non conoscesse a fondo la sua storia, ecco un breve riepilogo della Canottieri Mincio dalle origini a oggi. La società nasce nel 1883 a Mantova, con sede in Porta Mulina, con l’obiettivo di 'addestrare i Soci nel maneggio del remo e di procurar loro utili divertimenti sui laghi adiacenti la Città e anche sul Mincio'. La Canottieri è da sempre fucina di campioni e di nomi prestigiosi nel remo, la pagaia e in tutti gli sport acquatici: dal Azelio Mondini, Maestro del Canottaggio Mantovano negli anni ‘50, a Renato Ongari e Alberta Zanardi, protagonisti dell’Olimpiade 1960 a Roma, fino al quattro volte atleta olimpico Marco Penna. Moltissimi i successi e i nomi prestigiosi anche nell’ambito della vela: Vittoria Masotto, Francesca Pavesi, Andrea Bonezzi, e, Giacomo Bottoli. Da non dimenticare i grandi eventi che, ormai da qualche anno, sono ospitati dalle strutture della società, come l’International University Regatta o i Campionati Italiani C2 e C3 di tuffi. La società, che nel corso degli anni ha vestito di Azzurro oltre 50 atleti, ha ricevuto nel 1975 dal Coni La Stella d’Oro al merito sportivo, mentre nel 2015 ha ottenuto l’assegnazione del Collare D’Oro al Merito Sportivo, massima onorificenza sportiva italiana. Oggi la Canottieri Mincio ha allargato il proprio bacino di utenza grazie all’inserimento di molte altre attività, come il calcio, il tennis e il beach tennis e il triathlon, arrivando a contare un totale di circa 700 tesserati.

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EVENTO

A Venezia sbarca... il Salone! di Andrea Martucci - Foto: Ferretti Group, Vela Spa

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al 18 al 23 giugno 2019 Venezia ospiterà la prima edizione del Salone Nautico che si terrà negli spazi dell’Arsenale, luogo simbolo della città dove per secoli sono state costruite le navi della Repubblica Serenissima in tutto il mondo navigabile. La giornata inaugurale sarà una festa per tutta la città, con il passaggio della Pattuglia acrobatica nazionale delle Frecce tricolori ed eventi per tutte le fasce di età. L'evento si svolgerà lungo le banchine dell’Arsenale dove saranno esposte le imbarcazioni dei principali cantieri italiani ed esteri, mentre all’interno delle Tese troveranno posto accessori, impianti motori e attrezzature. Nei giorni del Salone l’Arsenale sarà aperto alla città attraverso il Padiglione delle Navi, sezione del Museo storico navale della Marina militare, permettendo

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così l’accesso dall’ingresso monumentale. Sarà un primo contatto con la navigazione anche attraverso l’inedito percorso “in acqua”. Un’attenzione particolare sarà dedicata al composito mondo della cantieristica veneziana, con le sue diverse attitudini e vocazioni. Insieme alle tradizionali imbarcazioni in legno, tipiche della laguna, saranno esposti anche i mezzi delle Forze dell’ordine civili e militari comprese alcune navi. I visitatori potranno accedere al Salone Nautico Venezia dalle ore 10 alle 19.30. Tra le iniziative in programma: performance e prove di voga alla veneta, visite alla centrale operativa del Mose, incontri sui motori ibridi e le più moderne tecnologie, gare culinarie, esposizioni di artigianato legato alla marineria veneziana, competizioni nautiche ed escursioni. Ai bambini saranno dedicati la visita al

sommergibile “Dandolo” e al Museo storico navale. Concerti e spettacoli contamineranno anche Forte Marghera e tutta la terraferma. Numerose inoltre le iniziative collaterali in diverse sale e spazi dell’Arsenale. Si inizierà mercoledì 19 giugno, nello Spazio Incontri, con un convegno sul design che vedrà ospiti il designer Carlo Nuvolari, Luca Bassani, inventore del marchio Wally Yacht e Carlo Fei, docente in Fashion Management presso la Luiss di Roma. Inoltre, la Fondazione Musei Civici di Venezia, con Comune di Venezia e Vela Spa, hanno indetto un bando internazionale per la selezione di progetti di barche. I lavori selezionati, scelti tra gli oltre settanta partecipanti, verranno esposti all’interno della Tesa 113 dell’Arsenale, dove si svolgerà anche una serie di attività culturali legate alla progettazione e alla cultura nautica con diversi ospiti.



Breaking News

AG EN DA Verona capitale dello sport Coni Veneto

Lunedì 6 maggio si è svolto nella sala Domus Mercatorum della Camera di Commercio di Verona il Galà dello Sport Veneto. Presenti il presidente regionale del Coni Gianfranco Bardelle, il sindaco di Verona, Federico Sboarina, l’assessore allo Sport di Verona Filippo Rando, l’assessore regionale allo Sport Cristiano Corrazzari, il delegato provinciale Coni Verona Stafano Gnesato. In rappresentanza della Camera di Commercio di Verona ha presenziato Nicola Baldo e come testimonial, l’olimpionica e atleta del secolo Sara Simeoni e Luca Rigoldi, campione europeo di pugilato. “E’ un momento emozionante – ha detto Gianfranco Bardelle – perché questa è la festa dello Sport Veneto. Lo è in modo particolare questa cerimonia perché ci

sono 67 premiati con le medaglie d’oro e d’argento. Mai avevamo raggiunto un numero così elevato di premiati. La nostra è una squadra importante che sa lavorare proficuamente a tutti i livelli: regionale, provinciale, comunale e questi sono i risultati fatti di impegno, professionalità e capacità e i risultati conseguiti sono tangibili”. Nell’occasione sono stati consegnati i soldi raccolti con l’iniziativa “Piantiamoli” promossa dal Coni Veneto dopo la devastazione dei boschi e montagne del bellunese. Lo scopo era quello di raccogliere fondi per ripiantare gli alberi dove sono caduti. L’impegno è stato forte e al sindaco di Falcade, Michele Costa, e al vicesindaco di Alleghe, Siro De Biase, sono stati consegnati i 6300 euro raccolti. Questo l’elenco dei premiati di Verona e

Venezia: Stelle d’oro per dirigenti VENEZIA: Giorgio Chinellato, cronometristi. Stelle d’argento per dirigenti VERONA: Stefano De Pantz, tennistavolo, Flavio Poccobelli, judo karate, Sergio Tosi, nuoto. Raffaello Palmarin, atletica, Lino Rubini, Acli. VENEZIA: Gianfranco Formentin, pallavolo, Stefano Milan, bocce. Medaglie d’oro al valore atletico VENEZIA: Laura Longo, tiro con l’arco, Silvia Rampazzo, atletica. Medaglie d’argento al valore atletico VERONA: Federico Fasolo, canoa kajak, Adele e Cecilia Panato e Mattia Quintarelli, canoa kajak, Mattia Barbazeni, palla tamburello. VENEZIA: Giulia Formenton, canoa kajak, Giulia Compagno, kick boxing, Davide Mora, pesca, Riccardo Dal Ben, pattinaggio, Daniel Niero, pattinaggio, Antonio Panfili, pattinaggio, Matteo Rizzo, pattinaggio, Stefano Orlandi, vela, Arianna Bonigolo, tiro a volo. Palma d’argento per allenatori e tecnici VENEZIA: Adriano Favaro, boxe. Stella d’oro per società sportive Benetton Rugby Treviso, Circolo Nautico Chioggia. Stella d’argento per società sportive Basket Montebelluna, Boxe Piovese, Roll Club Padova.

Ca' Foscari Il calcio e lo sport in generale sono una delle industrie più floride in Italia. Quali sono le sfide future? Ecco cosa ci dice Moreno Mancin, docente di Economia Aziendale del Dipartimento di Management dell'Università Ca' Foscari di Venezia. "Il calcio sta crescendo a ritmi superiori a quelli dell'economia nazionale, tuttavia si scontra con alcuni paradossi importanti, visto che, nonostante il forte incremento dei ricavi e dei volumi degli ultimi anni, c'è incapacità di produrre ricchezza, poiché quella generata dagli stadi di calcio va, in gran parte, ai calciatori ed ai procuratori. Quindi c'è la necessità di rivedere i modelli di business". Il calcio vive grazie ai diritti radiotelevisivi. "Noi insegniamo ai nostri studenti che le imprese non devono concentrare il proprio fatturato in un solo

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cliente. Mancano gli impianti sportivi, quindi una grande fonte di ricavi che potrebbe, in futuro, riequilibrare questa distribuzione". E sui settori giovanili: "Paolo Bedin, Direttore Generale L.R. Vicenza, ha sottolineato (nel corso del convegno "Le sfide del calcio italiano", tenuto a Venezia il 6 maggio) la centralità dell'investimento in questo aspetto. Anche qui, la situazione italiana è piuttosto variegata, ma è indubbio che, su questo fronte, siamo in grado di competere a livello internazionale". Il convegno ha fatto da preludio al Master in Strategie per il Business nello Sport, diretto dallo stesso professor Mancin, da quindici anni dalla sua fondazione. "Si tratta di un Master di primo livello, organizzato dall'Università Ca' Foscari insieme a VerdeSport, la holding sportiva del gruppo Benetton. Nelle quattordici edizioni precedenti abbiamo formato

circa cinquecento studenti, il novanta per cento dei quali, oggi, lavora nel mondo dello sport. Si terrà a Treviso, nella sede della Ghirada.. Per accedere al Master - spiega Mancin è richiesta la Laurea Triennale, non necessariamente in economia; formeremo gli studenti in contenuti di marketing e comunicazione, ma soprattutto ci interessa avere persone con attitudini alla relazione ed alla comunicazione, nonché una buona conoscenza delle lingue, che sono poi le caratteristiche che ci richiedono le aziende".



EVENTO

Miss Terme di Colà

del Garda: caccia aperta al titolo 2019

di Silvia Bellussi - Foto: Villa dei Cedri

L

a seconda edizione del concorso Miss Terme di Colà del Garda è iniziata e sta raccogliendo le prime adesioni già da alcune settimane. L’iniziativa è promossa dal Parco Termale del Garda di Villa dei Cedri, che si trova nella frazione di Colà di Lazise. Pensato per celebrare la bellezza all’interno di uno dei parchi più amati dai turisti in Italia, diventa un’opportunità per visitare un luogo che sposa il benessere e la natura per tutte le ragazze che parteciperanno. “Quest’anno ci saranno delle novità: visto il successo dello scorso anno, abbiamo deciso di organizzare oltre alle selezioni interne a Villa dei Cedri, anche selezioni in alcune regioni di Italia, per dare a più ragazze la possibilità di partecipare – ha affermato la dottoressa Anna Lisa Nalin, amministratore unico del Parco Termale -. Nello specifico, le selezioni esterne, si terranno in Toscana, nel Friuli Venezia-Giulia, in Sardegna e in Veneto, a Padova. Abbiamo aperto le selezioni anche in altre regioni di Italia perché per noi è un’opportunità per far conoscere il nostro parco e per avvicinare e conoscere nuove ragazze. Inoltre, abbiamo avuto la fortuna di trovare degli operatori di fiducia e diversi partner che, vista la prima edizione, hanno voluto entrare nel progetto. Le partecipanti della passata

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edizione sono testimoni della serietà del parco e delle garanzie che diamo, hanno potuto vivere all’interno della nostra location che promuove il benessere nella natura, conoscendone tutti i servizi”. Un concorso che premia bellezza, carisma e personalità. Il concorso è aperto alle aspiranti reginette di bellezza tra i 16 e i 30 anni ed è un’opportunità per mostrare tutte le proprie qualità. Il regolamento e il modulo di iscrizione possono essere scaricati sul sito www.villadeicedri.it. Il lago termale sarà teatro delle selezioni e la finale si terrà il prossimo 5 agosto in occasione dell’Antica sagra della Madonna della Neve di Colà di Lazise. “Ci saranno delle selezioni che verranno gestite da professionisti del settore” – ha affermato Enrico Bianchini di Promobenacus, regista del concorso” – e le date delle selezioni a Villa Cedri si terranno il 21 giugno, il 5 e il 19 luglio, mentre le finali regionali dovranno tenersi entro fine luglio, per dare la possibilità alle ragazze provenienti da tutta Italia di organizzarsi al meglio”. A passare il testimone sarà la vincitrice della prima edizione, la consulente d’immagine Sara Pozzani, che ha raccontato di aver partecipato al concorso per provare

una nuova esperienza in un luogo da lei molto amato. “Consiglio a tutte di partecipare perché oltre al concorso potrete approfittare della bellezza di questo luogo - ha affermato Sara, Miss Terme di Colà 2018 -. Il concorso offre premi vantaggiosi e avrete la possibilità di collaborare con persone serie e che possano lanciarvi in esperienze nuove e stimolanti. Per me è sempre un piacere ricevere un messaggio da parte loro». I premi pensati per questa seconda edizione sono: 1° premio: un contratto di lavoro dal valore di 10 mila euro. 2° premio: un soggiorno di una settimana all’interno del parco termale. 3° premio: un week all’interno del parco termale.




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