- Periodico Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n. 1807/2008
ANNO 11 - N. 60 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2019
I LUCA ZAIA
I MASSIMO CAPUTI
I FEDERICO CASARIN
I www.sportdipiu.net
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venezia
Tuffo in Laguna
Esperienza, carisma e voglia di ‘giocarsela’ ďŹ no in fondo: Alberto Pomini, a 38 anni, non vuole smettere di 'volare' da un palo all'altro
FUNIVIA MALCESINE MONTE BALDO CON LE CABINE ROTANTI VERSO PANORAMI MOZZAFIATO
FUNIVIA MALCESINE MONTE BALDO Via Navene Vecchia, 12 - 37018 Malcesine (VR) Tel. +39.045.7400206 - Fax +39.045.7401885 info@funiviedelbaldo.it www.funiviedelbaldo.it
Comune di Malcesine
Provincia di Verona
L'editoriale
di Alberto Cristani Facebook-Square @albertobrunocristanivr instagram alberto.cristani70
Il ruggito di Sinisa
S
tadio Bentegodi di Verona, 25 agosto 2019. In campo Hellas Verona e Bologna si affrontano nella sfida valida per la prima giornata del campionato di serie A 2019-2020. Nell’aria c’è la tensione e la trepidazione per il debutto stagionale delle due formazioni. Gli sguardi e i cori però sono tutti per un unico grande uomo, un esempio di forza e coraggio, un combattente nato. Il tecnico rossoblu Sinisa Mihajlovic, a sorpresa, è sceso in campo per essere vicino fisicamente ai suoi ragazzi dopo aver passato 40 giorni di ospedale per la prima parte della terapia contro la leucemia. Magro, quasi timoroso nel momento di calpestare il manto erboso e con uno sguardo tra lo spaventato e lo stupito. Il suo ingresso è stato accolto da un’ovazione generale, doveroso tributo per chi, con grande sofferenza, sta combattendo contro un avversario bastardo e senza scrupoli. In tanti hanno impropriamente salutato il ritorno in campo di Mihajlovic con lo slogan ‘La vittoria di Sinisa’. L’ex giocatore di Stella Rossa, Roma, Sampdoria, Lazio e Inter sta combattendo, sta lottando, ma purtroppo non ha ancora vinto. Nella conferenza stampa del 15 luglio scorso, durante la quale comunicò di essere malato di leucemia, con le lacrime agli occhi, disse: “La malattia io la
rispetto ma non mi fa paura. L’affronto con il petto in fuori e guardandola negli occhi. E so che la vincerò”. Mihajlovic, dopo la serata di Verona, è tornato a sedersi in panchina sabato 31 agosto in occasione del debutto casalingo del Bologna contro la Spal (vittoria a
tempo scaduto per 1-0 n.d.r.). Per ora il risultato parziale vede l’allenatore serbo in leggero vantaggio ma la partita è ancora lunga e l’avversario, purtroppo, non sembra sul punto di alzare bandiera bianca. Ci vuole pazienza, calma e grinta, tanta grinta. Una delle più famose citazioni di Vujadin Boškov, suo tecnico nella Sampdoria e nella Roma, è: “Partita finisce quando arbitro fischia”. Lui questo lo sa bene. E sa anche che si può vincere all’ultimo minuto grazie a un rigore o a una punizione, colpi che a lui riuscivano particolarmente bene e che, ne siamo sicuri, non ha dimenticato. Dai Sinisa, mettila ancora ‘nel sette’ e porta a casa questa vittoria, un successo che vale più ogni altra cosa al mondo e che, speriamo a breve, sarà bello festeggiare tutti insieme.
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Sommario
# 60 - SETTEMBRE/OTTOBRE 2019
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Luca Zaia
Editoriale
Il ruggito di Sinisa
Il corner di Tommasi
Vincolo sportivo, non c'è rimedio?
Sport Life Genitorinrete
Papa Wojtyla: Perchè la dipendenza da smartphone un Santo, uno sportivo èununuomo, rischio
Uscita Verona Sud Razzismo muscolare
COVER STORY
Luca Zaia Olimpiadi 2026
Sport Life
Papa Wojtyla: un uomo, un Santo, uno sportivo
Evento
Chapeau Monsieur Fabrizio
Sport Life
Parola di vichingo
24 25 26 28 30 32 34 38
#Hastag
Coffeetumbler
COVER STO RY
Evento
Verona Swimming Team
Sport Life
Verona Ultimate frisbee
Sport center Isokinetic
Evento
Mantova Città Europea dello sport 2019 Calendario eventi
Stare bene
Dimmi come guidi e ti dirò chi sei
COVER STORY
Liam Henderson (Hellas Verona)
Sport Life
Chievo e Fortitudo Mozzecane, insieme per stupire
44 49 51 53 40 42
Intervista
Sasha Vujacic (Scaligera Basket)
Stare bene
La ‘brutta fine’ di una cervicale
Sport life
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Non abbiate paura di sognare
Sport life
Liam
Olimpica: si può fare di più Henderson
Intervista
Fabio Venturi (Alba Borgo Roma Calcio)
Intervista
Piovesan e Collauto (Venezia calcio)
46 49 50 52 54 58 62 64 66 67 68 71
Intervista
Alberto Pomini (Venezia calcio)
Breaking News
Orienteering
Intervista
Alessandro Giuliani (Scaligera Basket)
Sportiva-mente
Genitori-Figli-Sport: una relazione importante
Intervista
Federico Casarin (Umana Reyer Venezia)
Intervista
Stefano Magrini (BluVolley Verona)
Sport life
Largo ai giovani
Sport life
Giovane Anthea, grandi obiettivi
Sport life
Pallavolo Locara: 'D' bene in meglio!
Sport life
A Caldogno ‘si schiaccia’ da trent'anni!
Intervista
Giacomo Bonfiglio (Viadana Rugby)
COVER STORY Massimo Caputi
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82 84 88 92 94 96 102 104 105 106 108 110 112 114
Tdi SPORmagazinePIÙ
Intervista
Lisa Vincenzi (pattinaggio)
Intervista
Paolo De Angelis (Famila Schio Basket)
SETTEMBRE/OTTOBRE 2019
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n. 1807/2008
Intervista
Domenico Di Carlo (Virtus Vicenza calcio)
Sport Life
Pavan, la randonneur che non cade mai
Sport center
Medical Fitness a Villa dei Cedri
Intervista
Stefano Castagna (Dynos Verona baseball)
Intervista
Luigi Pagana (Fenice Veneziamestre calcio 5)
Evento
Bentornata Mantova Half Marathon
Sport Life
Correre in compagnia con gli Angels in Run
The Rhytmic is magic
Nicolò Soffiati
Evento
Rally Due Valli
Breaking News Sport Life
Ladies Running: #roadto17novembre
www.sportdipiu.net Facebook-Square SportdipiuVr Instagram sdpverona
Lucio Brando (Mantova calcio)
Stampato su carta ECF, 100% riciclabile con inchiostri vegetali
Sport life
Gli zuccheri nella dieta: facciamo chiarezza
con il patrocinio del
Caporedattore Andrea Etrari In Redazione Alberto Braioni, Bruno Mostaffi, Damiano Tommasi, Daniela Scalia, Giorgio Vincenzi, Marina Soave, Matteo Lerco, Matteo Zanon, Paola Gilberti, Jacopo Pellegrini, Marco Hrabar Foto Maurilio Boldrini, Paolo Schiesaro, Mirko Barbieri, Simone Pizzini Contatti redazione@sportdipiu.com www.sportdipiu.com
Pubblicità e spedizioni Mediaprint Srl Sede operativa di San Giovanni L. Via Brenta, 7 - 37057 Verona Tel. 345 5665706 info@sportdipiu.com Hanno collaborato per questo numero Alberto Pecchio, Andrea Etrari, Arianna Del Sordo, Andrea Martucci, Bruno Mostaffi, Carmen Guidobaldi, Cecilia Zonta, Damiano Tommasi, Daniela Scalia, Federica Delli Noci, Giorgio Vincenzi, Jacopo Pellegrini, Marco Hrabar, Marina Soave, Matteo Lerco, Matteo Zanon, Paola Gilberti, Susanna Moglia, Tommaso Franzoso.
Intervista
#Hastag
Direttore della fotografia Maurilio Boldrini
Stampa e distribuzione Mediaprint Srl Sede operativa di San Giovanni L. Via Brenta, 7 - 37057 Verona Tel. 345 5665706 redazione@sportdipiu.com
Intervista
Massimo Caputi
Psicomotricità e gioco-arrampicata
Direttore responsabile Alberto Cristani
Progetto grafico e impaginazione Francesca Finotti
Sport Life
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Anno 11 - Numero 60
con il patrocinio della
Foto Archivio SportdiPiù, BPE agenzia fotografica, Fotolia, credits singoli articoli Con il patrocinio dei Comuni di: Albaredo D’Adige, Arcole, Bardolino, Bonavigo, Boscochiesanuova, Bovolone, Buttapietra, Caldiero, Castel D’Azzano, Castelnuovo del Garda, Cavaion V.se, Cerea, Isola della Scala, Isola Rizza, Lazise, Legnago, Marano di Valpolicella, Minerbe, Montecchia di Crosara, Monteforte D’Alpone, Oppeano, Peschiera del Garda, Povegliano V.se, Ronco all’Adige, Roverchiara, San Bonifacio, San Giovanni Lupatoto, San Martino B.A., Sanguinetto, Soave, Sona, Torri del Benaco, Trevenzuolo, Veronella, Vigasio, Villafranca, Zevio, Zimella.
con il patrocinio
Credits foto copertine: Verona: Maurilio Boldrini Vicenza: Virtus Vicenza Calcio Venezia: Venezia FC Mantova: Michael Galli
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L'O PI N I O N E
Il corner di Tommasi di Damiano Tommasi instagram damiano.tommasi TWITTER @17Tommasi
Vincolo sportivo, non c'è rimedio?
L
o scorso 16 luglio la Giunta del Coni ha approvato le modifiche allo Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio proposte dal Commissario ad Acta. Tra le novità senz’altro segna un punto di svolta la modifica dell’art.7 che determina la durata del vincolo sportivo. Da troppi anni (2004) eravamo in attesa di una progressiva riduzione della durata del vincolo che dagli eccessivi 11 anni (14-25) si doveva avvicinare ad una “ragionevole e congrua” durata così come indicato dai principi formatori del Coni. Il cambiamento si è tradotto in un vincolo annuale fino al compimento del 16esimo anno di età e, dalla stagione successiva, un massimo di 8 anni di vincolo, ossia fino al compimento dei 24 anni. La montagna ha partorito il classico
topolino ma soprattutto non ha risolto l’annoso problema del superamento dei 18 anni senza poter scegliere in quale società sportiva svolgere la propria attività. Il vincolo sportivo, lo chiariamo, non è un tema solo calcistico. Nel prossimo novembre se ne parlerà a Verona raccogliendo le voci di tanti genitori e famiglie che, di svariate discipline sportive, lamentano una normativa che fa a pugni con quel dettame della legge 91/1981 all’art.1 “L’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero”. Purtroppo non ci siamo mai riusciti a sedere con il comune obbiettivo di risolvere un tema tanto spinoso quanto impellente per milioni di ragazzi e ragazze. Sono in molti, infatti, che praticano sport per puro divertimento
in forma dilettantistica e si ritrovano “imprigionati” in una burocrazia che si traduce in mercato e ricatti che di “libero” hanno ben poco. Un rimedio si sta già mettendo in atto partendo dal basso. Società virtuose che hanno deciso di abolire il vincolo sportivo. L’attività sportiva diventa così una libera scelta dei ragazzi e delle ragazze e la continuità del rapporto la conquistano sul campo, offrendo un luogo sicuro e delle persone competenti che possono aiutare i nostri figli a crescere anche attraverso lo sport. Credo che proprio quest’ultimo aspetto dovrebbe spingerci a risolvere il prima possibile il tema del vincolo sportivo. Crescere attraverso uno sport che mercanteggia, ricatta o minaccia credo che sia l’esatto opposto di ciò che i nostri allenatori si impegnano ad insegnare tutti i giorni in palestra, in piscina o su un campo di calcio.
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FO CUS GENITORINRETE
Perchè la dipendenza da smartphone è un rischio
È
di Susanna Moglia
facile banalizzare il concetto di dipendenza. Chi di noi non ha mai fatto una battuta su quanto siamo dipendenti da programmi TV, cibo spazzatura, caffè e una miriade di altri prodotti. Ma, mentre la dipendenza dal punto di vista medico non avviene realmente al di fuori dei narcotici, la dipendenza in senso psicologico può accadere con qualsiasi cosa e con chiunque. E gli adolescenti, in particolare, possono essere vulnerabili alla dipendenza da smartphone. Ma perché? E come possiamo interrompere il ciclo?
Cosa si intende per dipendenza da smartphone?
Ancora una volta, dobbiamo qualificare il termine "dipendenza". Se portiamo via uno smartphone a un adolescente, ovviamente non saremo costretti a passare attraverso un ritiro medico in stile hollywoodiano. La dipendenza di cui stiamo parlando è più simile al fenomeno chiamato skinner box. Conosciamo tutti gli esperimenti di B.F. Skinner. Si, anche se non l’hai mai sentito nominare, lo conosci: è lo psicologo che ha insegnato ai ratti a suonare un campanello e ottenere una ricompensa, una pallina. Quello che la gente spesso dimentica è che Skinner ha scoperto una cosa più importante: se il topo riceveva una pallina ogni volta che suonava la campanella, alla fine perdeva interesse. Ma ricevendo la pallina in modo casuale, il topo cominciava a martellare la campana fino a quando non la otteneva. Era il potenziale per la ricompensa, non la ricompensa in sé, che teneva il ratto “agganciato”. Molte applicazioni per smartphone, come le app di messaggistica e le app di social media e dei giochi legati o meno ad essi, operano, a volte intenzionalmente, sugli stessi principi. Offrono una dose di conferme, di attenzione o di successo, ma non sempre, quindi ci si ritrova a
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controllare, ancora e ancora. È un modello facile da inserire, in parte perché i nostri telefoni la rendono una cosa molto semplice. Gli adolescenti sono particolarmente sensibili a questo meccanismo, perché non ancora l’esperienza necessaria per capire che vengono manipolati e il loro cervello, in particolare, con il concetto del rischio e della ricompensa, sta ancora crescendo e cambiando. Se l'abitudine si forma presto, può diventare un problema molto più difficile da risolvere.
Come possiamo prevenire la dipendenza da smartphone?
La buona notizia è che la dipendenza da smartphone si può prevenire. Come? Usando un approccio ‘a tre punte’: 1) App per il controllo parentale. Queste app ti permettono di limitare quanto tempo il tuo ragazzo spende sul telefono, controllare quali app vengono scaricate e utilizzate e quando, e ti permettono di bloccare la reinstallazione delle app che hai deciso che i tuoi ragazzi devono cancellare. 2) Educazione. Gli adolescenti vengono “agganciati” in parte perché non capiscono come funziona questo ciclo di feedback. Una volta capito, diventa molto più facile scrollarselo di dosso. Quindi, parliamo con loro di queste app, delle loro motivazioni e di
come devono avvicinarsi a loro come prodotti, senza ignorare cosa possono provocare a loro e ai loro amici. 3) Comunicazione. Dobbiamo parlare con i nostri figli di come stanno usando i loro telefoni, su preoccupazioni che potrebbero avere riguardo a cose che hanno trovato su internet, problemi che potrebbero avere con amici o prepotenti online e qualsiasi altro dubbio che potrebbero avere mentre sono online. Potrebbero non voler chiedere aiuto direttamente: lasciare la porta aperta per qualsiasi tipo di supporto, spesso può essere uno strumento potente. In conclusione, vi consigliamo la visione di questi due video, molto semplici ma che fanno senz’altro riflettere. Il primo vede l’intervento ad un TEDX della Dr.ssa Barbara Jennings che parla di relazione tra smartphone e dopamina: https://www.youtube.com/ watch?v=kGZvNbfrNag Il secondo, forse vi sarà già capitato di vederlo, è quello del bambino ucraino dipendente da internet: indubbiamente un caso eccezionale, non di certo la norma, ma comunque permette di capire fino a che punto un bambino senza controllo può diventare dipendente: https://www.youtube.com/ watch?v=QWkmecqHOiY
L'O PI N I O N E
Uscita Verona Sud di Daniela Scalia instagram dani_seamer TWITTER @DanielaScalia
Razzismo muscolare
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uesta volta sono più aggressiva, ma so che da me ormai ve lo aspettate. Le malattie e il razzismo si evolvono. Tristemente ma giustamente la ricerca dedica più fondi alle patologie più diffuse, e si aggiorna. Analogamente dovremmo usare dei canoni di attenzione e di aggiornamento anche alle forme di razzismo. Per il tema che intendo trattare il termine “razzismo” è un po' scaduto, ma lo usiamo per capirci. Sto notando che a livello di arbitraggio negli sport di campo si tende a penalizzare la massa muscolare oltre il fallo. Due collidono con pari colpa, quello più leggero vola via, penalty contro il grosso. Placcaggio al collo (o bodycheck alto nell'hockey) di un piccolo sul grosso,
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il grosso continua a correre/pattinare, nessun penalty. Play on, si e no che lo ha sentito. Ingiusto. Si puniscono (e si devono punire) i falli, nessun regolamento scritto né etico parla di peso del giocatore. E come sempre, gli sport di collisione (per chi ha voglia di osservarli) ci danno degli anticipi sia brutti che belli di quello che sta per consolidarsi nella nostra società. C'è sempre quel “un po' prima” che fa comodo per guardarci intorno, anche se si viene derisi quando lo si spiega nei posti sbagliati. In pratica, il problema etico degli sport di spallata anticipa quello in arrivo nelle strade e negli uffici. Trasliamo alle malattie? Non ho l’impressione che le persone forti di fisico e di carattere vengano rispettate come quelle piccole e deboli, è una forma di razzismo.
(O fisicismo? O razz-muscolismo? Non sono brava a inventare parole). L'Italia è invasa da una poetica del «debole = forte» che mi fa una certa paura. L'essere umano deve essere rispettato punto, le misure lasciamole al sarto. Il malato non deve essere rispettato solo se ha l'aspetto malaticcio (ripetizione voluta). Luca, sì proprio lui, mangia solo pesce, uova e banane da anni e anni, da quando si è saputo che oltre alla mano il talidomide gli ha deformato anche una parte degli organi interni causandogli un terribile morbo di Crohn. Gioca a hockey, non si lamenta mai, ride sempre e piace alle ragazze (fa ridere, ma non è sempre un vantaggio, sapeste che casini…). Ma deve mangiare ogni 5 ore, deve prendere un sacco di integratori, se mangia un
vegetale qualsiasi può avere conseguenze gravi. Noto che quasi tutti lo deridono, gli dicono che è psicosomatico, gli fanno la predica. Si sentono in diritto di farlo perché dà un’idea di forza e non di debolezza. Richard Moore, giocatore di Rugby League, ex Leeds Rhynos (che tra l'altro sembra un sosia di Luca) risulta l'unico professionista con la stessa malattia, ha appena smesso a 36 anni. A volte, pur essendo una tipa pacifica, vorrei che Luca e Richard Moore potessero incazzarsi e rovesciare il tavolo a chi consiglia l'aloe vera o accusa di psicosomatismo. Hanno la colpa di stare bene, di rispondere per le rime alla malattia. Questi ragazzoni sono in salute, vivranno a lungo, ma se sbagliano un pasto possono finire con la squadra di Rugby del paradiso (sicuramente Richard, Luca non credo, troppo scarso). Secondo me è un merito oltre che una fortuna riuscire a rispondere a questa malattia antica (Prince Albert, marito della Regina Vittoria, è morto di Crohn) ma diffusa recentemente. Quel pazzo di Luca non l’ha mai voluta denunciare, dice che se non ha mai ricevuto l’indennizzo per la mano con le dita visibili, figurarsi per una malattia interna. Sbaglia, ma fatico a dargli torto. Guardate le foto, io non farei troppe morali a tizi così magari quando lottano per contenere la fame, quando vedono te con la pizza e loro hanno 3 pastiglie da deglutire. Premesso che non devono reagire, ma se lo fanno possiamo dirci sorpresi? Dài, evitiamo. E le battute sul cambio del sangue di Mick Jagger? Se le facessi sulla zia coetanea (75 circa) verrei schiaffeggiata. A parte che “il cambio” era di Keith Richards ed è stato traslato a Mick solo per ignoranza: perché si possono deridere gli Stones e non i tristi cantautori italiani? Perché gli Stones hanno facce forti e i cantavittime hanno visi deboli-deboli. Quando hanno messo la valvola cardiaca a Mick Jagger tutti (quasi) hanno detto “ah ma ha ancora il cuore?” e giù a ridere. E se (citazione da Luca) io ridessi sulla chemio di tua zia Fernanda? Educhiamoci ad aggiornare il rispetto, dallo sport al linguaggio, dalle sanzioni sportive a quelle statali, come dice il regolamento dell'hockey prato: “Non si deve fischiare un fallo per il suo rumore o per il suo aspetto”. Visto che poi che il direttore, a suo ri-
schio e pericolo, mi ha dato carta bianca ho pensato di completare il mio trio di “pelati” coinvolgendo qualcuno che quando si parla di diversità/disabilità è anche più affilato di me/noi. Andrea De Beni (cercatelo su Google, obbligatorio!) è un atleta, un amico e un comunicatore fuori dal comune. Insomma, un figo (anche per questo ha varie parti in SPORT CRIME). Incidentalmente è anche diversamente abile. Questo il suo punto di vista: Paralimpiadi, social network, società, cultura, costume, soldi, sponsor e globalizzazione sono gli ingredienti di una ricetta micidiale, in grado di modellare qualsiasi concetto a una velocità disarmante: la disabilità, l'handicap, è stato protagonista di una trasformazione profonda a livello concettuale, rivelandosi da "sfiga" a "dono" in men che non si dica e nascondendo il fatto che probabilmente entrambi i concetti opposti raccontano solo una parte della verità. Troppo velocemente, maldestramente, ignorantemente, assolutisticamente. Il disabile al centro dell'attenzione una volta era il "poverino" mentre ora è il "supereroe". Meraviglioso: si tratta di due categorie di persone che non rappresentano che una minima percentuale, nella somma di
entrambi i casi, di quella che realmente è la popolazione di persone con handicap al mondo. A fronte di pochi "poverini" e altrettanto pochi "supereroi", la stragrande maggioranza delle persone vive nel mezzo e ci sta bene: l'eroismo di un non vedente non sono le Paralimpiadi, ma arrivare sano e salvo al lavoro ogni mattina dopo aver preso la Metro e attraversato quattro incroci. L'eroismo di una persona con paraplegia è allenarsi tutti i giorni in palestra per scoprire che il proprio corpo è in grado di passare dall'auto alla carrozzina con maggiore sicurezza e facilità. To be continued (questo è solo un primo spunto di riflessione, ma densissimo).
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ggi realizzo un sogno e mi prendo una rivincita nei confronti di quelli che dicevano che prendevo in giro i
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di Alberto Cristani - Foto: Ufficio Stampa Regione Veneto
veneti e nei confronti di chi ha remato contro questa candidatura. All’inizio ero solo contro tutti. Ho coinvolto Trento e Bolzano, lanciando Cortina. Poi ho trovando l’accordo vincente con Milano. I Giochi cambieranno il volto del Veneto.
Tutto questo è strepitoso!”. Con queste parole il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha commentato, a caldo, l’esito delle votazioni che lo scorso 24 giugno hanno assegnato a Milano e Cortina
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l’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026. L’Italia ospita così per la quarta volta i Giochi Olimpici: tre le edizioni invernali (Cortina 1956, Torino 2006 e appunto Milano-Cortina 2026) e un per quanto riguarda quelle estive (Roma
1960). I XXV Giochi olimpici invernali si terranno dal 6 al 22 febbraio 2026 e - oltre che a Milano (dove si terrà la cerimonia di apertura allo stadio Meazza di San Siro n.d.r.) e a Cortina d'Ampezzo - le gare si svolgeranno in Valtellina, in Val di Fiemme, a Baselga di Piné e a Rasun Anterselva. Chiusura dei Giochi nella suggestiva cornice dell’Arena di Verona. Il Presidente Zaia, in questa intervista esclusiva rilasciata a SportdiPiù magazine, torna a parlare di Olimpiadi al termine di un’estate calda - sotto molti punti di vista - e in vista delle novità che, nei prossimi mesi, daranno di fatto il via ai preparativi in vista di evento che si preannuncia, per le nostra regione, unico e forse irripetibile. Presidente Zaia, iniziamo questa intervista con una diapositiva: lunedì 24
giugno 2019, ore 18, a Cortina, in una piazza Di Bona gremita, esplode la festa: le Olimpiadi invernali del 2026 vengono assegnate all’Italia. Rivedendo queste immagini a quasi tre mesi di distanza che cosa prova? «Una grande gioia, naturalmente, ma anche la soddisfazione di aver potuto constatare ciò che abbiamo sempre detto, e cioè che questa è stata, e sarà, la candidatura di tutto il popolo, il cui incoraggiamento ci ha accompagnato in questo lungo cammino verso la vittoria». Lei, insieme alla delegazione italiana, era a Losanna quel giorno: cosa ha provato personalmente quando ha sentito pronunciare dal presidente del CIO Thomas Bach “Milano-Cortina”? «Ricordo la tensione degli attimi precedenti, con il Presidente Bach che sembrava non aprire mai quella busta. Poi siamo
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esplosi tutti in una specie di boato da stadio: il sogno era diventato realtà. Per qualche istante Sala, Fontana, Ghedina, Io, Malagò, ci siamo dimenticati l’aplomb olimpico, come dimostrano le splendide istantanee della nostra esultanza. Sono attimi che non dimenticherò mai». Quando e come è nata l’idea di candidare Cortina, e quindi il Veneto, per le Olimpiadi? «Nel 2016, quando assistevamo al balletto Torino-Milano, Milano Torino, Torino da sola, Milano da sola. Mi sono detto: perché non provarci con una candidatura fondata su un marchio mondiale come le Dolomiti Patrimonio dell’Unesco?. Ho contattato i colleghi Presidenti di Trento e Bolzano trovando subito il loro interesse. E siamo partiti. Poi tutti sanno come è andata: Torino va in crisi per scelte politiche, il Presidente del Coni, Giovanni Malagò, ci fa presente che due candidature non reggono. Ne nasce una, unica nella storia delle Olimpiadi: Milano, simbolo di metropoli internazionale, e Cortina, simbolo delle Dolomiti Unesco e della montanità. Con il Sindaco Sala e con Malagò abbiamo lavorato subito molto bene, e il risultato è sotto gli occhi di tutti». Eppure ci sono stati momenti in cui c’è stato il rischio che tutto saltasse… «Era inevitabile. Avevamo la candidatura migliore, anche sul piano tecnico, ma eravamo anche gli ultimi arrivati. Abbiamo fatto una grande rincorsa, grazie a uno straordinario lavoro di squadra, con un staff piccolo ma agguerritissimo, e soprattutto composto da gente esperta e capace».
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Per queste Olimpiadi invernali sono previsti grandi investimenti che porteranno un beneficio in termini economici e strutturali, su tutto il Veneto… «Università prestigiose, come la Bocconi e Cà Foscari, non noi, hanno indicato la possibilità di creare una crescita di un punto e mezzo di Pil. Ci saranno investimenti infrastrutturali, in realtà già da noi pianificati per i mondiali di sci di Cortina 2021, con 271 milioni di euro solo per la parte viaria, sviluppo del turismo, del commercio, di tutte le attività di servizio. E’ l’occasione di rinascita che la montagna aspetta da decenni. Siamo orgogliosi di averla resa realtà». Perché Milano-Cortina hanno avuto la meglio sulle antagoniste Stoccolma-Aare? «Perché era la candidatura tecnicamente migliore; perché rispondeva in pieno ai dettami dell’Agenda 2020 del Cio, con spese contenute, nessuna colata di ce-
mento, non sfruttamento, ma valorizzazione dell’ambiente montano. E poi, vuoi mettere la simpatia di testimonial come Arianna Fontana, Sofia Goggia, Michela Moili e la piccolina Elisa Confortola?. Hanno portato freschezza e trasmesso con i loro sorrisi il messaggio più forte: che tutti, ma proprio tutti, queste olimpiadi le volevamo». La macchina organizzativa, immagino, si è già messa in moto: quali sono le priorità in questa fase iniziale? «Stiamo costruendo il board: ochi mesi e si passerà all’azione». Per quanto riguarda le nomine dei manager, ci sono novità? Lei ha detto che in questa fase sarete ‘chirurgici’: cosa significa? «Semplicemente vuol dire che sceglieremo le figure migliori su piazza, e che non ci saranno riciclati della politica ma gente
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Non vedo palcoscenico migliore dell’Arena, della città di Romeo e Giulietta, per salutare gli atleti che avranno finito le loro competizioni. esperta nella gestione e organizzazione di un evento come le Olimpiadi». A livello di impianti sportivi, quali sono le priorità? «Ci saranno degli interventi dove apparirà necessario, come il rilancio della pista di bob, ma il grosso sarà già stato fatto per i mondiali di sci di Cortina 2021». Le Olimpiadi invernali, tralasciando per un attimo l’aspetto sportivo, saranno un ottimo veicolo per promuovere i territori, la cultura e le tipicità della terra veneta… «È un valore aggiunto straordinario, una sorta di operazione di marketing a lungo termine che, di fatto, è già cominciata,
e continuerà ben oltre il 2026. Turismo, commercio, ricettività artigianato, enogastronomia, e chi più ne ha più ne metta, riceveranno un grande beneficio. Oltre alle migliaia e migliaia di posti di lavoro che si creeranno tra diretto e indotto».
mozionale e comunicativa. Senza contare lo spettacolo: ci sono atleti paralimpici che fanno cose straordinarie, difficilissime anche per i loro colleghi normodotati. Gare tirate e spettacolari, e sempre più tifo, il che è meraviglioso».
Se ne parla poco, ma è bene evidenziare che oltre alle Olimpiadi ‘tradizionali’, Il Comitato olimpico internazionale ha assegnato a Milano e Cortina anche l’organizzazione Paralimpiadi invernali… «In un mondo civile non esistono più le Olimpiadi senza la loro declinazione nelle Paralimpiadi che, anche nel 2026, avranno uno spazio tutto loro e la massima attenzione sia organizzativa che pro-
Lo stadio San Siro di Milano ospiterà la cerimonia di apertura mentre, la chiusura delle Olimpiadi 2026, si svolgerà nella storica e affascinate Arena di Verona: come si è giunti a questa decisione? «Era la nostra idea iniziale. Non vedo palcoscenico migliore dell’Arena, della città di Romeo e Giulietta, per salutare gli atleti che avranno finito le loro competizioni. Devo dire che la nostra proposta è stata subito accolta con favore dai nostri partners lombardi e dal Coni. Grazie a Verona e alla sua Arena sarà una chiusura indimenticabile, per la quale abbiamo qualche sorpresa in serbo che, naturalmente, non posso svelare». Dalle stime del Coni Regionale - e facendo la proporzione tra numero di abitanti e praticanti - il Veneto è la regione sportiva italiana per eccellenza… «E’ vero, e non solo esprimiamo atleti di grande livello agonistico, ma anche, se non soprattutto una miriade di praticanti dilettanti e amatori. Se nomino qualche sport e ne dimentico qualcun
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vita migliore, più salute e minori costi per la sanità pubblica». A Cortina d’Ampezzo si sono svolte importanti iniziative legate alla figura di Papa Giovanni Paolo II, con la benedizione della croce astile più alta al mondo issata sulle Dolomiti bellunesi. Momenti che hanno come filo conduttore la memoria di un Santo, il suo apostolato nel mondo e lo sport. Tutto questo può rientrare nel percorso di avvicinamento alle Olimpiadi? «Giovanni Paolo secondo ha caratterizzato la sua vita terrena anche con l’amore per la montagna. Credo proprio che uno spazio si troverà».
altro combino un guaio. Anche nello sci e nella altre discipline invernali abbiamo tanti bravi atleti e tantissimi praticanti. Che ne dice? Crede aumenteranno? Io mi aspetto un vero e proprio boom». Luca Zaia, smessi i panni di Presidente della Regione Veneto, pratica sport? C’è uno che sport segue o una squadra che tifa in particolare? «Ho praticato tanti sport da giovane, amo la natura e non è un mistero per nessuno la mia passione per i cavalli e le discipline ippiche. Non mi perdo una tappa del Giro d’Italia di ciclismo, non come Presidente ma come appassionato. In generale, dove c’è sport, io ci sono. Il calcio, sarò sincero, non mi fa impazzire. E’ un mondo dove ha finito per prevalere il business». Sport e scuola: se ne parla molto ma, a suo avviso, questo binomio è ‘utilizzato’ nel migliore dei modi o si potrebbe/dovrebbe fare di più? «In ogni settore si può sempre crescere e far meglio». Lo sport è ancora un momento di crescita per i nostri giovani? «Assolutamente sì, a condizione che si sappiano far prevalere i veri valori dello sport: salute, lealtà, coraggio, ricerca del meglio di sé, rispetto dell’avversario, onestà nel giocare sempre pulito. Non dimentichiamo anche l’importanza dello sport, ma in generale dell’attività fisica, in ottica salute e benessere del cittadino: un euro investito nello sport corrisponde a tre euro risparmiati nella sanità: è davvero così? «È un parametro attendibile. Non parlerei però solo di sport, ma anche di stili di
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vita salutari e di cultura della prevenzione. Mangiare il giusto, bere correttamente, fare attività fisica, non fumare e non fare uso di stupefacenti garantisce una
Presidente, se potesse scegliere per quale disciplina vorrebbe gareggiare alle Olimpiadi 2026? «Mi piacerebbe provarle tutte, ma è solo un sogno, questo sì irrealizzabile. Al contrario delle Olimpiadi, che sono partite come un sogno e oggi sono realtà».
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Il calcio non mi fa impazzire. E’ un mondo dove ha finito per prevalere il business
EVENTO
PAPA WOJTYLA:
un uomo, un Santo, uno sportivo di Alberto Cristani - Foto: redazione
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l volto di Papa Wojtyla contratto nella sofferenza del mondo e una mano tesa verso Dio che lo accoglie. Due figure a grandezza naturale scolpite sulla sommità della croce astile che sarà collocata prossimamente sul monte Faloria, che sovrasta Cortina, sede dei Mondiali di sci 2021 e le Olimpiadi invernali del 2026. L’opera d’arte dello sculture romano An-
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drea Trisciuzzi – e voluta proprio da Giovanni Paolo II - è stata presentata martedì 10 settembre al Pepperone di San Giovanni Lupatoto in provincia di Verona alla presenza di S.E. Monsignor Giuseppe Zenti Vescovo di Verona, S.E. Monsignor Carlo Mazza Vescovo Emerito di Fidenza e l'arcivescovo di Cracovia S.E. Monsignor Marek Jedraszewski.
Sempre nella mattinata del 10 settembre sul monte Faloria a Cortina d’Ampezzo è stata celebrata una messa nel luogo esatto dove sarà issata la croce, alta ben 18 metri Un legame profondo tra l'Italia e la Polonia suggellato nell'associazione Totus tuus (Totus Tuus è stato il motto apostolico di Giovanni Paolo II. Significa "tutto tuo" ed esprime la sua forte devozione mariana, e la venerazione per san Luigi Maria Grifnion de Montfort n.d.r.) presieduta da Mirko Zanini, fautore di questo progetto. “L’idea è nata nel 2013,” – ci spiega –“quando un giornalista mi chiese quali progetti avevo in programma dopo l’evento dedicato alle Torce Olimpiche (quella che ha caratterizzato i Giochi a Cortina del 1956 e quella che ha acceso il tripode di Torino 2006, acquistate per finanziare un progetto benefico dalla famiglia Zanini ed esposte al Pepperone n.d.r.). La mia risposa fu immediata: ‘Esporre l’attrezzatura di Giovanni Paolo II, il Papa sportivo’. Il giornalista ribattè: ‘Beh, visto che me lo ha detto adesso è una sfida’. A me le sfide piacciono e così, due anni dopo, nel 2015, abbiamo portato al Pepperone l’attrezzatura da sci di Giovanni Paolo II. Quell’evento ha di fatto aperto un canale diretto e molto positivo tra Vaticano e la Polonia, dove Giovanni Paolo II è nato. Il Vaticano ci aveva omaggiato di un berretto fatto dalle suore polacche che il Papa usava per sciare, un bastone con cui lui andava a camminare e la papalina con la sua firma. In quell’occasione ho conosciuto tante persone e tra cui Lino Zani, maestro di sci e alpinista, che aveva portato
GIOVANNI PAOLO II, PAPA SPORTIVO
con sé, in due escursioni al Polo Nord e al Polo Sud, una croce astile che Giovanni Paolo II voleva portare agli antipodi del mondo”. Alta 18 metri e unica di questa misura, la croce è stata realizzata dallo scultore romano Andrea Trisciuzzi, che ne ha prodotte altre sette da 2,20 metri su indicazione di Giovanni Paolo II. Simbolo del cristianesimo, la croce ricorda il sacrificio di Gesù e, soprattutto nelle processioni, sormonta un’asta retta da chi apre il corteo di fedeli. Alla base della croce astile è scolpita una figura umana ripiegata su se stessa e sullo stelo figure di uomini si arrampicano verso Cristo: un particolare interpretazione del dolore e dell’incontro di persone che alleviano e spartiscono il peso della sofferenza. La croce astile era da anni dimenticata in uno scantinato e grazie all’intraprendenza di Mirko Zanini, titolare assieme alla famiglia del Pepperone Restaurant Sport & Cafè e museo dello sport di San Giovanni Lupatoto (Verona), dove al suo interno si possono ammirare alcune reliquie di San Giovanni Paolo II, è stata riportata alla luce del mondo. “Questa croce” – prosegue Mirko Zanini – “doveva essere issata in zona Vaticano nel 2001 ma gli accordi presi tra Papa Giovanni Paolo II e il Comune di Roma si sono poi fermati l’opera è rimasta rinchiusa in un magazzino. Io l’ho vista e me ne sono innamorato: ci ho messo 2
anni ad acquistarla con tutti i diritti. Lo step successivo è stato trovare il luogo dove issarla; da veronese avevo individuato come luogo ideale il Monte Baldo. Con i responsabili della Funivia del Monte Baldo abbiamo organizzato un viaggio organizzativo a Roma ma alla fine non siamo riusciti a trovare l’accordo per alcune loro problematiche interne”. Progetto sospeso? Nemmeno per idea. Prosegue Zanini: “Nonostante la delusione io non mi sono fermato e sono andato avanti a cercare una nuova location. Ci tenevo a definire la cosa in tempi brevi anche in ottica 2020, anno del centenario della nascita di Giovanni Paolo II. Alla fine ho trovato grande collaborazione e disponibilità da parte del Faloria e del Comune di Cortina: in poche settimane abbiamo trovato l’accordo”. Il 18 maggio, giorno del compleanno di Papa Wojtyla, a Cortina inizierà un periodo di eventi dedicati al Papa sportivo. “Saranno tre mesi di eventi sportivi e non” – puntualizza Zanini – “per ricordare il Papa ma anche per celebrare i Mondiali di Sci Alpino che si svolgeranno proprio a Cortina dal 9 al 21 febbraio 2021.
Giovanni Paolo II era un uomo di pace, amava i giovani, era uno sportivo e amava l’ambiente: a Cortina ci sarà tutto questo e molto altro”. “La croce verrà issata” – conclude Mirko Zanini – “sul monte Faloria entro fine anno; da quel momento tra un evento e l’altro, attenderemo con trepidazione la prima nevicata. Vogliamo che questa croce faccia idealmente il giro del mondo, portando a chiunque la vedrà, il messaggio e il ricordo di Giovanni Paolo II, un uomo, un santo, che è riuscito ad unire il mondo, anche attraverso lo sport. Voglio infine ringraziare S.E. Monsignor Giuseppe Zenti Vescovo di Verona, S.E. Monsignor Carlo Mazza Vescovo Emerito di Fidenza e l'arcivescovo di Cracovia S.E. Monsignor Marek Jedraszewski, Padre Augusto Chendi sottosegretario Vaticano, Cardinale Stanisław Dziwisz segretario personale di Giovanni Paolo II e Don Maurizio Viviani direttore Museo Diocesano di Verona: senza di loro il mio sogno sarebbe rimasto chiuso nel cassetto”.
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EVENTO
Chapeau Monsieur Fabrizio
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di Alberto Cristani - Foto: Fabrizio Amicabile
issione compiuta. Fabrizio Amicabile è arrivato venerdì 6 settembre a Parigi portando a termine, nei tempi previsti, la sua impresa iniziata a Verona il 21 agosto: correre dalla città di Giulietta e Romeo fino alla capitale francese per raccogliere fondi in favore della ricerca contro la SLA. Una corsa per la SLA, questo il nome dell’iniziativa, ha preso il via lo scorso 21 agosto con la partenza di Amicabile dalla suggestiva Piazza Bra di Verona e si è conclusa ieri, venerdì 6 settembre, sotto il simbolo della capitale parigina, ovvero la tour Eiffel. Mille i chilometri percorsi da Amicabile con grande sacrificio, fatica e determinazione con un unico nobile scopo: sensibilizzare l’opinione pubblica sulla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e raccogliere fondi favore della ricerca con l’obiettivo di aiutare anche i malati e le Famiglie del territorio Gardesano coinvolte da questa
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terribile malattia. A supportare questa bellissima esperienza sportiva e umanitaria si sono attivate, oltre al Rotary Club Peschiera e del Garda Veronese e il Panathlon Club del Garda e tantissime altre realtà come il Gruppo Sportivo Dilettantistico Mombocar di San Giovanni Lupatoto. È stata molto dura” – ci spiega Fabrizio
– “ma ce l’ho fatta. È stata un’esperienza meravigliosa, indimenticabile. Giuliano Corradini del Centro Atlante. Inoltre mi hanno aiutato e seguito due atleti di livello come Stefano Scevaroli e Sara Valdo. Sono stato seguito e assistito anche da un team fantastico che durante la corsa mi ha aiutato a superare i momenti di difficoltà, sia mentali che fisici. Spiegare cos’è successo durante questa corsa è difficile, almeno adesso. Magari, più avanti, quando le emozioni si saranno un po’ diluite, riuscirò a dire qualcosa di più” Prosegue Amicabile: “Le difficoltà sono state tantissime, avevo crisi che duravano anche 6-7 ore. Per superarle molte volte ho pensato ai malati di SLA, ai loro dolori, alle loro difficoltà. Grande forza e aiuto mi sono arrivati anche dal mio staff composto da persone fantastiche: senza di loro non ce
l’avrei mai fatta. Ho provato un tantissime emozioni, tutte uniche, forti, indimenticabili. In questo momento però faccio davvero fatica a esprimerle: ho bisogno di un po’ di tempo per metterle in ordine, poi senz’altro le racconterò”. Infine, Fabrizio lancia un messaggio: “Spero che la mia fatica venga ripagata con la generosità di chi vorrà donare un cifra per la ricerca contro la SLA. Mi piacerebbe si raccogliesse una cifra importante perché
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la ricerca ha tanto bisogno di aiuto: la solidarietà, per questo tipo di malattie, è fondamentale. Insieme possiamo fare davvero tanto per contrastare la SLA, patologia che, purtroppo, è in continuo aumento”. Se per Fabrizio ora è il momento del meritato riposo, per quanto riguarda le donazioni la marcia continua. Infatti il Rotary Club Peschiera e del Garda Veronese, attraverso la Onlus Progetto Rotary-Distretto 2060 prosegue nella raccolta di fondi che verranno poi donati all’Associazione Asla (www.associazioneasla.org) di Verona, che sta già collaborando con il Centro di Ricerca dell’Università di Padova e sa come metterli a frutto in progetti concreti.
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COME DONARE Progetto Rotary – Distretto 2060 – onlus c.f. 93150290232 CAUSALE: ”Una corsa per la Sla” c/o Studio Lo Bello Carmelo via Castelmorrone 62 35138 Padova – Italia tel. +39-049-8717641 – fax +39-049-8722742 cell. 349 3645652 Coordinate bancarie: Banca Prossima – Gruppo San Paolo IBAN: IT67 D033 5901 6001 0000 0012 659 BIC: BCITITMX Causale: Una Corsa per la SLA
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Parola di vichingo di Alberto Cristani - Foto: archivio
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nche quest’anno si è conclusa, come da consuetudine, un'altra estate di vacanza in riva al Lago di Garda per il sindaco di Verona. Non stiamo parlando del primo cittadino scaligero Federico Sboarina ma del vero e unico (per i tifosi dell’Hellas…) sindaco gialloblu, ovvero di Preben Elkjær che, dopo il soggiorno nella sua casa di Bardolino, dalla Danimarca commenta così il ritorno in serie A del suo Hellas: “Sono felicissimo che, quasi a sorpresa, l’Hellas sia ritornato in A. E’ quello il suo posto. L’obiettivo è di rimanerci magari salvandosi non proprio all’ultima giornata. Il difficile però sarà riconfermare la serie A l’anno prossimo: quest’anno con l’entusiasmo e con l’effetto sorpresa paradossalmente può essere più facile. Il difficile, se tutto andrà bene, arriverà l’anno prossimo”. “Non conosco i giocatori che la società ha ingaggiato” – confessa Preben (62 anni lo scorso 11 settembre) – “ma sicuramente se li hanno presi avranno giudicato che sono idonei e graditi al nuovo mister. L’unico che conosco è Pazzini; lo scorso anno non ha giocato molto. Il motivo? Non lo so. Quest’anno potrà essere l’elemento che può fare la differenza? Lo deciderà l’allenatore, solo lui sa quando un giocatore merita o meno di giocare”. L’ex numero numero 11 dell’Hellas Verona campione d’Italia analizza poi il prossimo campionato di serie A: “Sarà ancora la
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Juventus la favorita, c’è poco da dire: hanno speso tanto e bene. E’ tutta li la differenza: spendere tanto e bene. Poi ci sono le altre che comunque stanno muovendo si bene sul mercato. Quest’anno potrò finalmente seguire l’Hellas perchè le partite di serie A le trasmettono anche in Danimarca, a differenza di quelle di serie B. C’è ancora differenza tra il calcio italiano e quello degli altri paesi europei? Direi di si, anche se il calcio italiano, dopo qualche anno di mediocrità, sta ritornando ad esprimere un buon calcio. Merito soprattutto di squadre come il Napoli e l’Atalanta, a mio avviso le formazioni che giocano meglio. Cosa manca alle italiane per competere in Europa? Semplice: i soldi. Le squadre spagnole e inglesi, per esempio, hanno budget molto più alti e, di conseguenza, possono permettersi di schierare formazioni con tanti campioni”. Un pensiero va poi a 35 anni fa: era l ‘estate del 1984 quando Elkjær, reduce dagli Europei in Francia con la maglia della Danimarca (eliminazione in semifinale ai rigori contro la Spagna, con suo errore decisivo dal dischetto n.d.r.), sbarcò a Verona. “Ricordo molto bene quel giorno” – racconta – “ed ebbi subito una bella sensazione. Verona mi piacque subito. Quel campionato fu fantastico, un pezzo di storia del calcio che resterà indelebile. Se ho nostalgia di quei giorni? No, perchè dovrei? I miei compagni di squadra ci sono ancora tutti e ci sentiamo spesso. Abbiamo
una chat Whatsapp con la quale siamo sempre in contatto. Poi quando vengo in vacanza a Verona ci vediamo per passare qualche ora in allegria. C’è tanta differenza tra il calcio di oggi e quello ‘nostro’? Si, direi parecchia. Sembra una frase retorica ma noi giocavamo prima di tutto per divertirci e perchè ci piaceva, poi veniva l’aspetto economico. Quel Verona di Osvaldo Bagnoli e quella Danimarca di Sepp Piontek (la Danish Dynamite n.d.r.) erano squadre composte prima di tutto da uomini veri. Certo, eravamo anche ottimi giocatori, ma dove non arrivavamo con la tecnica compensavamo con il cuore e con la grinta”. Infine Preben lascia intuire che l’estate 2020 potrebbe portare novità interessanti: “Nel 2009 abbiamo organizzato con Giovanni Gambini un camp di calcio a San Zeno di Montagna. Fu bellissimo e ricordo quei giorni con grande piacere. Se mi piacerebbe rifare un altro camp? Perchè no, insegnare calcio ai bambini è sempre bello. Soprattutto è bello trasmettere loro la nostra esperienza e la nostra passione. Qualcosa bolle in pentola ma è presto per dire di più. Una cosa però è certa: se succederà sarà nuovamente a Verona!”.
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La prova costume... inizia ora!
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di Cecilia Zonta - Foto: coffeetumbler
o cosa state pensando: “Ma come, non ho ancora fatto in tempo a lavare tutti gli indumenti che mi sono portato in vacanza e dovrei già pensare all’anno prossimo?” Ebbene sì! Se uno dei buoni propositi per il 2019 era il sempre valido “mi metto in forma per l’estate”, sappiate che siete giusto in tempo per iniziare a lavorare per quella del 2020. Credetemi, i cambiamenti e le modifiche che il vostro corpo ottiene in poco tempo (magari grazie a diete lampo trovate su una rivista da spiaggia o peggio ancora, online), andranno persi in altrettanto poco tempo. Se invece questi cambiamenti saranno il risultato di mesi (o anni) di lavoro, rimarranno con voi anche quando vi capiterà di saltare una settimana di allenamenti. Cominciate già da ora a guardarvi intorno per valutare quali siano le attività sportive più interessanti e a voi più comode, prima che ci si incastri nuovamente nella routine e nelle scuse che vi terranno sul divano fino ad aprile, quando vi catapulterete in palestra giorno e notte per rimediare al suono di “Ah se avessi iniziato prima”. Solitamente, nelle prime settimane di settembre le palestre offrono la possibilità di provare gratuitamente i corsi da loro offerti, per cui approfittatene, anche solo per curiosità: magari troverete proprio una disciplina che fa per voi! Forse inizierete avendo in mente unicamente un obiettivo estetico, ma il bello è, che vi renderete presto conto che quello sarà solo uno dei trilioni di motivi per praticare un’attività sportiva in modo costante. Proverete quella meravigliosa sensazione di profondo benessere psico-fisico post allenamento, un misto tra soddisfazione e stanchezza che ben presto diventerà la risposta al “Perchè ti stai allenando?”, spodestando il “mi metto in forma per la prova costume”. Vi sentirete più energici e più attivi anche quando non vi allenerete.
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Farete tesoro di quella sessione di allenamento perchè sarà un’ora tutta dedicata a voi stessi, un momento tutto vostro in cui liberare la mente dallo stress della giornata, una pausa dalla routine per divertirsi, mettersi alla prova
e imparare a conoscere e ascoltare il proprio corpo. Un aspetto che vi sarà ancor più utile nella quotidianità al di fuori della palestra. Hai ulteriori dubbi o curiosità? Non esitare a contattarmi su Instagram;)
EVENTO
Verona Swimming Team:
road to Tokio 2020. ma non solo... di Bruno Mostaffi - Foto: Redazione
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i è svolta martedì 30 luglio, presso la sede Banco Bpm di Verona, Palazzo Scarpa, la conferenza stampa di presentazione dell’attività del Verona Swimming Team e del percorso di avvicinamento alle Olimpiadi 2020. Presenti all’incontro, per il Verona Swimming Team, il presidente Marco Bovi, l’allenatore Marcello Rigamonti, il consigliere Federico Martinelli e gli atleti Andrea Lobba, Davide Misuri, Misha Palazzo, Xenia Francesca Palazzo e Stefano Raimondi. Presenti inoltre Leonardo Rigo, Direttore Territoriale Verona e Nord-Est Banco Bpm; Francesca Vanzo, Consigliere Agsm; Domenico Fioravanti, campione olimpico e l’Assessore allo sport del Comune di Verona Filippo Rando. “Banco Bpm” – ha spiegato Leonardo Rigo – “nata dalla fusione di due importanti gruppi bancari italiani, ha nella città di Verona una delle sue sedi più importanti. Da sempre riserviamo una particolare attenzione alle iniziative sportive veronesi con particolare riguardo per tutte quelle iniziative di carattere giovanile. Ecco perché i successi di questi ragazzi sono anche i nostri e del territorio in cui siamo presenti”. A consolidare ulteriormente il legame con il territorio e la sfida che Verona lancia alle grandi capitali del nuoto europeo e internazionale, interviene Filippo Rando, Assessore allo
Sport del Comune di Verona: “Devo ringraziare tutti coloro che si stringono attorno a questi ragazzi, protagonisti di un’avventura che speriamo regali molti successi a Verona. Vi auguriamo che possiate affrontare al meglio questa avventura, regalando così grandi soddisfazioni a tutti coloro che vi sostengono. Verona vi è vicina e quando nuotate nelle corsie non siete soli ma c’è l’intera città accanto a voi”. Ad affermare i concetti di vicinanza e condivisione è il presidente della squadra, Marco Bovi: “Il progetto è nato dall’amicizia con Marcello (Rigamonti, allenatore) e Federico (Martinelli, co-fondatore). Un progetto che non è solo finalizzato a Tokyo 2020. Verona Swimming Team è una squadra ad ampio spettro, che apre le porte a tutti, non solo a chi fa sport ad alto livello ma anche a coloro che vogliono avvicinarsi a questo modo, a prescindere dalle prestazioni atletiche. È un progetto aperto a ragazzi che vogliono essere seguiti per crescere in un clima di condivisione. Ringrazio il Centro Federale che ci ospita, con il direttore Nuvolari e, oltre agli sponsor, i ragazzi che si allenano ogni giorno, con costanza e dedizione. Ringrazio poi l’allenatore, motore della squadra, che da motivazione quotidiana a tutti. Grazie infine alle famiglie che sono il sostegno quotidiano degli atleti. Verona Swimming Team, in sintesi, è un progetto costituito di tutti noi, nato dai ragazzi,
per i ragazzi. Fare bene a livello sportivo e personale è il nostro obiettivo”. Marcello Rigamonti ha poi spiegato lo spirito che caratterizza la società: “La squadra è nata da un rapporto di condivisione, su ogni singolo aspetto. Il logo, ad esempio, l’ha inventato Xenia, il nome Misha. La squadra siamo noi: una famiglia allargata che ha bisogno del sostegno di tutti. Un gruppo di amici dove ogni tanto si litiga ma poi si va avanti, perché la direzione è la stessa, quella per gli atleti. Stefano è una delle punte di diamante in diverse gare, Xenia in quattro gare al mondo”. “Col vostro aiuto” – ha concluso Xenia Palazzo, punta di diamante del Verona Swimming Team – “riusciremo ad aprire ad altri progetti come la partecipazione a più gare all’estero. Potremo poi formare un gruppo giovanile. Ci tengo molto perché i ragazzi hanno bisogno di fare sport e di sfogarsi. È inutile stare a casa a non fare nulla. Vorrei fare un appello alle famiglie “Fate uscire i vostri ragazzi a fare sport, a divertirsi. Fuori ci sono gli amici, non si deve stare sempre a casa”. Nella nostra squadra siamo in sette c’è lavoro duro ma anche divertimento. Spero che un ragazzino che entrerà a fare parte del nostro gruppo diventi un nuovo campione e che cresca con noi con lo stesso nostro spirito”. Infine un saluto del campione Olimpico, Domenico Fioravanti che, nella veste di sponsor con la ditta Akron, ha dichiarato: “Ringrazio Marcello Rigamonti, che conosco da più di vent’anni, per avermi coinvolto in questo progetto. I ragazzi fanno il massimo tutti i giorni per raggiungere un obiettivo che è stato anche il mio per diversi anni e che fortunatamente ho raggiunto, quello di vincere le Olimpiadi. Da parte mia e di Akron c’è il massimo supporto e un in bocca al lupo per l’impegno che ci mettono i ragazzi. La speranza è – con i mondiali alla porte – di pensare a quelli e poi l’anno prossimo, che sarà l’anno Olimpico, mettercela tutta e cercare di impegnarsi ancora di più per raggiungere quello che è un grande traguardo per l’Italia, e per tutti gli sport, il podio olimpico”.
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Verona Ultimate
Con
il
frisbee
va sempre più in alto
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di Matteo Zanon - Foto: Ultimate Frisbee Verona
na disciplina ai più sconosciuta che con gli anni ha preso sempre più piede e si è diffusa anche in Italia. Oltre a far divertire sulle battige, questo nuovo gioco ha preso piede anche sui campi in erba, diventando una vera e propria disciplina con i rispettivi campionati. Ma cos’è veramente questo sport? L'ultimate frisbee è una disciplina sportiva che è stata inventata alla fine degli anni sessanta nei campus americani. A differenza di molti sport conosciuti, si contraddistingue per lo Spirit of the Game ed i principi del "fair play". Infatti, a qualsiasi livello, anche durante i World Championship è giocato senza l'ausilio di un arbitro. Tutte le contese vengono risolte sul campo dai giocatori in gioco. L'ultimate è uno sport di squadra giocato con il frisbee, un disco di plastica del peso di 175 g. Lo Scopo del gioco, paragonabile per certi versi al rugby, è segnare punti passando il disco all'interno dell'area di meta avversaria. I giocatori non possono muoversi, se non sul proprio piede perno, mentre sono in possesso del disco. Anche nella terra di Giulietta e Romeo ha trovato modo di svilupparsi. Infatti, nel 2011 si è formata la prima squadra di semplici appassionati che è poi diventata qualcosa di più concreto e ufficiale nel 2012 con la creazione della squadra del Cus Verona. Emanuele Pezzo, portavoce di questo mondo gialloblu 'volante' racconta quanto di buono hanno raccolto nella scorsa stagione le varie formazioni veronesi. “Nella stagione 2018/19" - spiega Pezzo - "i Discover hanno preso parte ai campionati italiani organizzati dalla
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Fifd (Federazione italiana flying disc), in più categorie. La squadra Men ha preso parte per il terzo anno consecutivo alla serie B: dopo una prima fase in linea con le aspettative, chiusa al quarto posto su sei squadre nel proprio girone, i veronesi hanno chiuso in fondo al girone intermedio di seconda fase, venendo costretti ai playout. Ad inizio giugno, alle finali disputate in Valsugana (Trento), i Discover hanno sconfitto per 15-9 gli Extradry Venezia, conquistando dunque un altro anno di permanenza in seconda divisione. Un dato positivo: i cussini sono risultati, a fine campionato, terzi (su dodici squadre) nella speciale classifica dello Spirit of the Game, aspetto che riguarda la conoscenza delle regole e la lealtà sportiva, e che nell'ultimate è considerato come paritario al risultato sportivo”. Continua: “La seconda squadra Men, costituita da elementi alle prime esperienze agonistiche ma anche da qualche
giocatore e giocatrice più esperti, ha preso parte al girone nord-est della serie C. Al termine del raggruppamento zonale, i Discover si sono classificati quinti su sei squadre, mostrando buoni progressi. Una formazione Men, composta da atleti tesserati con il club, ha partecipato anche ai campionati beach su sabbia, senza troppa fortuna”. Il Frisbee non ha appassionato solo ragazzi, ma è entrato nel cuore anche delle ragazze. “Nella categoria Women" - spiega Pezzo - " il Cus Verona non possiede una squadra propria. Le proprie atlete per il terzo anno hanno fatto parte delle Hub: si tratta di una pick-up, ossia di una squadra formata da giocatrici provenienti da più club, in questo caso Verona, Trento e Cremona. Le ragazze hanno battagliato fino all'ultimo per la promozione in A, non riuscendoci per un soffio. Oltre alle squadre maschili e femminili hanno formato anche una
squadra mista: nella categoria Mixed, che vede in campo squadre formate per la metà da femmine, il Cus ha colto il 4° posto nel proprio girone di serie B”. Il Cus Verona è stato centro di partite di rilievo, come precisa Pezzo: “La scorsa stagione è stata importantissima per un aspetto: i Discover hanno ospitato ai campi di Parona il proprio raggruppamento Mixed di serie B, una tappa di serie C Men e addirittura le finali nazionali Under 17. Quest'ultimo evento ha visto partecipare tutti e quindici i team italiani. Ospitare questi eventi è stata una novità per Verona, visto che solitamente appuntamenti simili vengono organizzati in città con maggiore tradizione. I Discover hanno ricevuto il plauso da parte della federazione, aprendo le porte a nuovi eventi nella nostra città”. E per la nuova stagione? Visti gli ottimi risultati raccolti possono solo che migliorare: “La stagione 2019/20 inizierà con la seconda edizione del torneo "Hat-tention" (25 agosto), non ufficiale e anch'esso organizzato da Verona, a cui possono partecipare giocatori singoli di ogni livello che verranno utilizzati per formare squadre equilibrate. In autunno ci saranno i campionati Mixed: i Discover ospiteranno la serie A, pur non facendone parte, e si sono candidati ad accogliere anche il proprio raggruppamento di B. Per la primavera sono confermate la squadra B Men, che punterà ad una salvezza tranquilla; la C Men, con consueti obiettivi di crescita; la B Women con le Hub, che riproveranno la scalata verso la promozione in A”.
La società è sempre alla ricerca di nuove leve da inserire nell’organico e infatti parteciperanno a numerosi appuntamenti tra cui il Tocatì e proseguiranno il loro lavoro a livello scolastico, andando a proporre negli istituti uno dei pochissimi
sport in cui non è prevista la presenza dell'arbitro, in luogo della conoscenza del regolamento e del fair play da parte di ogni giocatore. Info e contatti si possono trovare alla pagina Facebook DiscoverUltimateVerona.
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ISOKINETIC, dove paziente fa rima con persona di Paola Gilberti - Foto: Isokinetic
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sokinetic FIFA Medical Centre of Excellence è un gruppo medico di riferimento internazionale nel settore della riabilitazione ortopedica e sportiva. La storia dei Centri inizia nella seconda metà del 1986, quando il Dottor Stefano Della Villa, giovane medico specializzando in fisiatria agli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna, viene a conoscenza di una nuova metodica di valutazione e allenamento della forza muscolare chiamata isocinetica. Mosso da un vivo interesse per le novità, il Dott. Della Villa decise di volare negli Stati Uniti presso una delle aziende produttrici di tali apparecchiature ed effettuare un periodo di training sull’uso. Durante questo stage ebbe l’opportunità di conoscere e frequentare il professor Michael Dillingham, Direttore della Medicina dello Sport della Stanford University e medico sociale della squadra di football americano dei San Francisco 49ers, e il suo terapista di fiducia, Rick Eagleston. La conoscenza della nuova metodica e della sua applicazione pratica gli consentì di rientrare in Italia con un grande patrimonio culturale che gli permise di aprire nell’agosto del 1987, insieme al collega Gianni Nanni, la prima piccola sede del Centro Isokinetic di Bologna. Attualmente network Isokinetic è composto da centri privati di riabilitazione sportiva e ortopedica, non convenzionati con il Sistema Sanitario Nazionale perchè adottano programmi riabilitativi personalizzati a seconda delle esigenze del singolo paziente. Isokinetic in Italia si trova a Bologna, Milano Vivaio e Milano Navigli, Rimini, Roma, Torino, Verona e a Londra per quanto riguarda l’estero.
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Da sinistra il Dott. Micheal Coli e il Dott. Alessio Guandalini
La cura del paziente presso Isokinetic avviene con protocolli differenti a seconda che si tratti di un infortunio di tipo traumatico oppure di una riabilitazione post-operatoria. “Ogni centro” – spiega il Dott. Coli di Isokinetic Verona – “ha diversi ambienti per la cura dei pazienti: la palestra dove vengono fatte diverse terapie fisiche e manuali oltre ai rinforzi muscolari, la piscina dove facciamo recupero dei pazienti post operatori in cui c’è la fase di recupero dell’articolarità, un primo condizionamento e una prima fase di recupero della forza. Poi abbiamo un ambente di nuova concezione chiamato Green room, dove ci occupiamo di patologie in fase più avanzata di riabilitazione e dove abbiamo un recupero della coordinazione e un inizio del recupero della gestualità. Inoltre qui cambiamo alcuni pattern di movimento scorretti del paziente. Per gli sportivi si tratta della fase che precede
il passaggio all’ultimo ambiente, ovvero il campo, dove completiamo la riabilitazione al fine di far ritornare il paziente a una gestualità sport specifica futura, con un occhio particolare alla prevenzione di reinfortunio. . Collaborando con le principali squadre della città vediamo tanti sportivi, ma all’Isokinetic seguiamo e curiamo tutti i tipi di pazienti, di tutte le fasce d’età, anche persone anziane con protesi d’anca che vogliono tornare a fare quello che facevano prima. Tendenzialmente ci occupiamo di persone attive. Nel nostro metodo è previsto l’uso di terapie fisiche come laser, ultrasuoni, ipertermia, magnetoterapia, tecar, elettrostimolazione. Abbiamo diverse terapie che unite all’esercizio fisico ci portano a raggiungere l’obiettivo ottimale che è la salute del paziente”. “Nello staff Isokinetic Verona” – prosegue il Dott. Coli – “ci sono due medici, il sottoscritto e il dottor Emanuele Brotto,
che è anche il direttore sanitario. Poi ci sono i rieducatori Igor Vestresca, Matteo Azzini, Matteo Baroli, Fabrizio Mezzasalma e Serena Francesconi, fisioterapisti e laureati in scienze motorie con massofisioterapia, che si occupano della palestra. Non dimentichiamo infine le receptionist Serena Marangoni, Veronica Zolin e Giulia Zanetti che accolgono e gestiscono gli appuntamenti dei pazienti. Se dovessi descrivere il centro con un punto di forza? Noi ci occupiamo della salute delle persone a tutto tondo, non pensando solo al paziente che è entrato con un problema in una zona specifica del corpo, ma concentrandoci sull’insieme, per riportare la persona a uno stato
di salute generale”. Un percorso, quello del gruppo Isokinetic, che, anno dopo anno, si è evoluto e specializzato grazie al supporto di tecniche innovative e personale altamente qualificato, come ci spiega il direttore di Isokinetic Verona Dott. Alessio Guandalini: “In 32 anni di attività Isokinetic ha fatto parecchia strada, cercando sempre di migliorare e curando il paziente nel suo insieme, senza mai focalizzarsi solo ed esclusivamente sulla patologia. Mediamente, come gruppo, curiamo 12.000 pazienti l’anno grazie ad uno staff di circa 200 persone. Bologna è la città dove è nata l’idea, sorto il primo centro e dove attualmente ha sede la direzione
generale. In un anno facciamo circa 220000 trattamenti, numero di assoluto rilievo per un gruppo privato. Siamo una clinica di sport medico e riabilitazione ortopedica; ciò significa che qui curiamo ogni tipo di patologia o trauma muscoloscheletrica garantendo una consulenza a 360 gradi che può prevedere anche l’intervento chirurgico. Quindi un percorso in cui il paziente è seguito dall’inizio alla fine”. “Il nostro approccio, rispetto ad altre realtà” – evidenzia Guandalini – “è quasi l’esatto contrario: noi lavoriamo per portare il paziente a raggiungere un obiettivo, qualora ne avesse uno specifico. Un esempio: il recupero di un podista che si ferma per un problema alla caviglia parte dall’obiettivo che si pone l’atleta, per esempio tornare a correre una maratona. Ecco quindi che, attraverso la nostra metodologia studiamo un percorso di recupero che possa riportare il paziente a correre una maratona. In questo percorso ogni figura è fondamentale: dal medico, ai fisioterapisti fino ad arrivare alle receptionist, che ricordano al paziente gli appuntamenti e, a volte, lo spronano a seguire il programma; infatti non tutti sono sportivi e non tutti sanno cosa vuol dire allenarsi per arrivare all’obiettivo”. “Come gruppo medico internazionale” – conclude il direttore di Isokinetic Verona – “siamo votati a curare gli sportivi professionisti ed è per questo che siamo diventati partner di società sportive di eccellenza come Hellas Verona, BluVolley, Virtus Verona. Partnership win-win come queste sono fondamentali per la crescita. Noi mettiamo in campo tutta la nostra esperienza, in termini di prevenzione, gestendo test per capire la condizione fisica dei giocatori ed eventualmente fare delle correzioni. Nel caso di infortuni, poi, possiamo intervenire per far recuperare l’atleta nel minor tempo possibile, visto che è il patrimonio più importante delle società”.
SdP / 29
> 8/09 Motocross
> 21-22/09 Motocross
Campionato Regionale UISP Lombardia - Circuito Internazionale Campionato Italiano Junior Motocross - Circuito Internazionale Motocross Città di Mantova Moto Club Mantovano Tazio Nuvolari Motocross Città di Mantova - Moto Club Mantovano Tazio ASD Nuvolari ASD
> 8/09 Canoa
> 22/09 Podismo
Mincio in Canoa - Discesa in canoa non competitiva sul Fiume Mincio - Goito - Mantova - Provincia di Mantova e Ass. Pro Loco Amici di Rivalta
Marcia Europea per la Città di Mantova Camminata non competitiva - Quartiere Cittadella - FIASP Comitato Territoriale di Mantova Modena Reggio
> 14/09 Equitazione/Scuole
> 22/09 Scuole/Podismo
Il meraviglioso mondo del cavallo - Conoscenza del cavallo per bambini dai 4 ai 12 anni - Piazza Virgiliana - Centro Equestre Corte Fienilone ASD
Run 4 School - Camminata di 5 km con il coinvolgimento degli Istituti Scolastici - Ciclabili e laghi - Emilio Mori Sport Event Manager
> 14-15/09 Pesca Sportiva
> 22/09 Giochi di una volta
Campionato di Pesca al colpo - Gara di pesca cat. Esordienti, Giovanissimi e Allievi - Lago di Mezzo, Inferiore e Superiore FIPSAS - Sezione di Mantova e SPSD Parcarello
Giochi di una volta - Tornei di S-ciancol, Schida e S-ciafeta Piazza Virgiliana - CSI Comitato di Mantova
> 15/09 Tennis/Disabili
Torneo di Calcio a 6 - Torneo interdipartimentale ASST MN Centro Sportivo S. Egidio San Pio X - ASST Mantova
Tennis in Carrozzina - Dimostrazione - Piazza Martiri della Libertà - Tennis Club Mantova
> 15/09 Automodellismo Memorial Matteo, Fausto e Nicola - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori - Model Club Mantova
30 / SdP
> 29/09 Podismo
Corsa Abeo - Iniziativa sportiva non competitiva con finalità solidaristiche - Campo Canoa e ciclabili - Quisport Mantova
> 29/09 Volley
> 15/09-13/10 Mostra
Torneo Giovani S3 - Manifestazione riservata ai bambini dai 6 ai 12 anni - Piazza Virgiliana - FIPAV Mantova
Artisti per Nuvolari - Rassegna di opere dedicate a Tazio Nuvolari - Casa Museo Sartori Castel d'Ario - Casa Museo Sartori
> 29/09 Auto Storiche
> 19-22/09 Auto Storiche
Raduno Alfa Romeo - Esposizione statica delle auto storiche e moderne del marchio Alfa Romeo - Piazza Sordello AMAMS Ass. Mantovana Auto e Moto Storiche T. Nuvolari
29° Gran Premio Nuvolari - Gara regolarità per auto storiche Piazza Sordello - Viale Te - Scuderia Mantova Corse A.S.D.
> Settembre Varie
> 21/09 Arti Marziali
2019
Giochi di una volta - Tornei di Tamburello, S-ciancol, Schida e S-ciafeta - Campo Laterale Te - CSI Comitato di Mantova Color Vibe - Corsa Podistica non competitiva - Campo Canoa e ciclabili - Color Vibe Italia
L'attività fisica adattata come prevenzione secondaria delle malattie cronico-degenerative - Convegno sull'Attività Fisica Adattata (AFA) - Teatro Bibiena - ASST Mantova
AGOSTO DICEMBRE
> 29/09 Giochi di una volta
> 15/09 Podismo
> 20/09 Convegno
EVENTI
> 28/09 Calcio a 6
Sport and the City - Che sportivo sei? Leaner, faster, stronger - 20 incontri con cadenza settimanale - Giardini Belfiore, Campo Canoa, Sparafucile, Giardini Anconetta UISP Comitato di Mantova
> Settembre Varie
Kobudo - Kung Fu - Open Day di Kobudo e Kung Fu Rotonda S. Lorenzo - CSI Comitato di Mantova
Sport and the City - La Traghettata del ciclista - 1 incontro al mese con itinerari in bici - Ciclabili e laghi - UISP Comitato di Mantova
> 21/09 Crossfit
> Settembre Varie
Ugly Sunset Race - Manifestazione di Crossfit non competitiva Ciclabili e laghi - Ugly Crossfit Mantova Armi - Stadio Martelli Polizia di Stato - UISP Comitato di Mantova
Sport and the City - Yoga per il Fitness - 8 incontri in aree all'aperto - Giardini di Palazzo Ducale - UISP Comitato di Mantova
> 21/09 Podismo
> sett/ott Promozione salute/Podismo
1° Raduno Nazionale dei Comitati Territoriali FIASP - Marcia guidata ludico motoria su percorso di 6 km - Largo Vigili del Fuoco e Centro storico - FIASP Comitato Territoriale di Mantova
Gruppi di Cammino - Organizzazione e gestione di gruppi di cammino per persone della 2^ e 3^ età - Vari itinerari UISP Comitato di Mantova e ATS Val Padana
> 21-22/09 Volley
Corriamo Insieme - Corso di avviamento a podismo e camminata sportiva con lezioni pratiche e teoriche - Vari itinerari - UISP Comitato di Mantova
Torneo Mantova Città Europea dello Sport 2019 - Trofeo riservato a squadre di Superlega (Trento, Modena, Milano e Verona) - Grana Padano Arena - Pallavolo Mantova - FIPAV Mantova
> 21-22/09 Volley/Disabili Torneo Mantova Città Europea dello Sport 2019 - Torneo di Sittingvolley - Grana Padano Arena - FIPAV Mantova
> settembre/ottobre Podismo
> settembre/dicembre Scuole Antibullismo e difesa personale - 8 incontri dedicati agli studenti delle Scuole Superiori guidati da uno psicologo - Vari Istituti Superiori - US Acli Comitato Provinciale di Mantova
> settembre/dicembre Scuole
> 1-3/11 Danza
L'arte del movimento - 8 incontri di Arteterapia - Percorso di avvicinamento al movimento del corpo - Scuole Primarie I.C. Mantova 3 - US Acli Comitato Provinciale di Mantova
Danzainsieme - 2^ edizione - Manifestazione a carattere giovanile - Stage di danza con spettacolo finale - Palestra Boni - US Acli Comitato Provinciale di Mantova
> settembre/dicembre Scuole
> 10/11 Automodellismo
Conoscere, nutrire e muovere il nostro corpo - Ciclo di laboratori emozionali alternato ad un ciclo di incontri con un nutrizionista sul tema dell'alimentazione - Scuole Medie Inferiori e Superiori - US Acli Comitato Provinciale di Mantova
4° Prova Campionato Provinciale Città di Mantova - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori - Model Club Mantova
> 5/10 Scacchi
La Storia del Rugby raccontata dai Campioni - Convegno per rievocare la storia del rugby in vista del 50° anniversario della presenza a Mantova - Santa Maria della Vittoria - Panathlon - FIR
Sfida simultanea - Sfida simultanea con un Grande Maestro di scacchi - Lungorio IV Novembre - Circolo Scacchistico Mantovano
> 5/10 Podismo Mantova Minirunning - Manifestazione podistica per bambini da 3 a 13 anni - Piazza Sordello Quisport Mantova
>5/10 Podismo Street Workout Mantova - Camminata di 4 km che unisce fitness, arte e architettura Centro storico - Confcommercio Mantova e Studio Sinergy
> 6/10 Podismo Mantova Half Marathon - Corsa podistica internazionale su strada di 21,0975 km Piazza Sordello e Centro storico - Quisport Mantova
> 6/10 Podismo Mantova Ten Corsa su strada competitiva - 10km - Piazza Sordello e Centro storico Quisport Mantova
> 6/10 Podismo
> 11/11 Rugby > 16/11 Arti Marziali Manifestazione Nazionale di Arti Marziali Stage Arti Marziali e dimostrazione di Karate e Krav Maga - Grana Padano Arena - US Acli Comitato Provinciale di Mantova
> 17/11 Arti Marziali Judo - Campionato Regionale Judo Centro Sportivo Italiano - Palestra Boni - CSI Comitato di Mantova
> 15/09 Automodellismo Memorial Matteo, Fausto e Nicola - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori - Model Club Mantova
> 15/09 Podismo Corsa Abeo - Iniziativa sportiva non competitiva con finalità solidaristiche - Campo Canoa e ciclabili - Quisport Mantova
> 30/11 Scuole/Disabili
7 km non competitivi - Camminata ludico motoria lungo le sponde dei laghi - Piazza Sordello - Quisport Mantova
E pur si muove...realtà e potenzialità dello sport mantovano per diversamente abili - Convegno rivolto al mondo del volontariato e agli studenti delle Scuole Superiori - Teatro Ariston/Bibiena - CIP Mantova e Polisportiva Andes H
> 6/10 Automodellismo
> 30/11-1/12 Ginnastica Artistica
Trofeo B-Racing - Gare di modellismo dinamico radio comandato - Circuito Matteo Priori Model Club Mantova
Galà della Ginnastica Artistica - Festival Internazionale - Grana Padano Arena - FGI Mantova e Ginnastica Airone
> 7/10 Varie
> 1/12 Automodellismo
Il vincolo sportivo e i giovani: normativa ed etica - Convegno - Sala Convegni - Centro Federale di alta specializzazione Canoa Kayak Sparafucile - Panathlon Mantova e Coni Mantova
> 10/10 Calcio Gustavo Giagnoni, l'uomo col colbacco - Serata evento dedicata a Gustavo Giagnoni Cinema del Carbone - Linguadoc Communication
> 13/10 Podismo Raduno Nazionale di Nordic Walking Città di Mantova - Camminata di 6 e 12 Km attorno ai laghi di Mantova con visita pomeridiana alla città - Campo Canoa e ciclabili - Nordic Walking Mantova
> 18/10 Varie
Gara del Maiale - 3° Edizione - Gare di modellismo dinamico radio comandato Circuito Matteo Priori - Model Club Mantova
> 7/12 Boxe Incontri di boxe dilettantistici - Palestra Boni - ASD Boxe Mantova
> 21-22/12 Sci Alpino 5^ Trofeo Città di Mantova - Gare interregionali e nazionali di Gigante - Alpe di Pampeago Sci CAI Mantova - Sportime Mantova
> 22/12 Varie Natale degli Sportivi - Premiazioni e riconoscimenti agli sportivi mantovani per la stagione agonistica 2019 - Palestra Boni - CSI Comitato di Mantova
Incontro/Convegno formativo - Il ruolo dell'associazionismo sportivo quale strumento di prevenzione al disagio e tutela della salute - Sala degli Stemmi Palazzo Soardi - CSI Comitato di Mantova
> 27/12 Volley
> 20/10 Motocross
> Dicembre Calcio a 7
Campionato Regionale Lombardo Motocross - Circuito Internazionale Motocross Città di Mantova - Moto Club Mantovano Tazio Nuvolari ASD
> 20/10 Podismo Circuito Tricolore di Nordic Walking Competitivo - Staffetta competitiva - Campo di Atletica Tazio Nuvolari - Nordic Walking Mantova
Trofeo Città di Mantova - Torneo Nazionale di volley giovanile - Palestra Boni - Pallavolo Mantova - FIPAV Mantova Winter Soccer - Calcio a 7 - Arena Virgiliana - ASD Virgiliana San Leonardo
con il patrocinio del
> 24-26/10 Basket/Disabili Traiettorie inclusive verso una città autism friendly - Convegno e torneo dedicato a soggetti con autismo - Polisportiva San Pio X Basket - Sol.co Mantova
> Ottobre/Novembre Varie Sport and the City - Yoga per il Fitness - 8 incontri in aree al coperto - Palazzo Ducale/ Università - UISP Comitato di Mantova
SdP / 31
STARE BEN E
Postural
di Carmen Guidobaldi Instagram carmenguidobaldi
Dimmi come guidi e ti dirò chi sei
I
n questo nuovo numero di SportdiPiù tratteremo un argomento alquanto interessante: la postura durante la guida in auto. La maggior parte di noi assume posture scorrette durante la guida: c’è chi, per esempio, guida con la schiena tutta in avanti quasi incollato al volante (a volte la causa sono ansia e problemi di vista) o chi guida con la schiena e la spalla che tende verso destra come per essere più vicini al cambio. Queste posture errate le assumiamo inconsapevolmente anche per lunghi tragitti e ciò può essere causa di contratture, dolori muscolari (lombari e cervicali), dolori articolari, intorpidimento delle braccia e mani, gambe e piedi. Ricordate inoltre che una buona postura migliora la prestazione di guida aiutando prevenire gli incidenti. Ecco quindi alcuni suggerimenti per cambiare le vostre/nostre abitudini al fine di stare meglio e soprattutto per evitare di ritrovarci... ingommati! - Regolare lo sterzo alla massima altezza e profondità, ovvero in alto ed in avanti; - Abbassare l’altezza del sedile al minimo - Inclinare l’appoggio del sedile in basso, di modo che la parte anteriore sia più alta di quella posteriore - Reclinare lo schienale di circa 30° indietro - Regolare tutto il sedile al massimo dell’ escursione posteriore - Tenete presente che non tutte le vetture sono provviste delle regolazioni menzionate, cercate quindi di apportare solo le modifiche consentite dalla vostra auto.
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Successivamente seguite queste procedure: - Alzare il sedile fino a consentire una visione ottimale della strada. Lasciate uno spazio adeguato tra la testa ed il tetto dell’auto - Spostare in avanti il sedile di modo da poter utilizzare comodamente i pedali. Regolate di nuovo l’altezza del sedile per migliorare il controllo dei pedali - Regolare l’ angolo del sedile per garantire un adeguato appoggio di seduta. Fate attenzione a non creare pressione dietro le ginocchia onde evitare di ostacolare la circolazione sanguigna - Aggiustare lo schienale in maniera tale da far appoggiare tutta la schiena al sedile fino all’altezza delle spalle. L’angolo ideale dello schienale è di circa 110°. Uno schienale troppo reclinato provoca infatti il piegamento in avanti del collo con conseguente sofferenza dei muscoli cervicali - Regolare il supporto lombare per sostenere la curvatura lordotica del fondo schiena e ridurre la pressione sui dischi intervertebrali. Un supporto lombare ben regolato deve aderire perfettamente alla schiena senza premere eccessivamente in alcun punto della colonna o lasciare spazi vuoti - Spostare il volante verso di voi ed abbassatelo fino a consentire un facile utilizzo dei comandi. Nella regolazione dello sterzo, assicuratevi che il movimento delle ginocchia non sia ostruito e che la strumentazione del cruscotto sia ben visibile - Se il volante fosse un orologio, le vostre braccia dovrebbero essere posizionate alle 9 e un quarto circa. Durante la guida i polsi
devono rimanere diritti per evitare pressioni sul tunnel carpale e le braccia devono essere quanto più possibile rilassate - Il poggiatesta del sedile deve essere regolato fino all’altezza della testa. L’inclinazione del poggiatesta deve creare una distanza di massimo 5 cm tra la parte posteriore del sedile ed il capo. Una regolazione corretta del poggiatesta riduce i danni da colpo di frusta in caso d’incidente stradale, limitando l’escursione della testa durante l’impatto - Regolare lo specchietto retrovisore interno e quelli laterali in maniera tale da evitare sforzi o movimenti eccessivi del collo - Durante la guida fermatevi frequentemente per fare una pausa. Si sconsiglia infatti di guidare per più di 2 ore consecutive. Durante la sosta non restate in auto, ma approfittatene per camminare e sgranchire muscoli ed articolazioni - Ripetere questi passi fino ad ottenere un confort di guida ottimale e ricordate sempre di aggiustare la vostra posizione ogni qual volta vi mettete alla guida di un altro veicolo. Prima di acquistare un auto tenete sempre in considerazione non solo il design e le prestazioni del veicolo, ma anche altri parametri quali: la visibilità della strada, l’ altezza e le regolazioni disponibili sul sedile e sullo sterzo, la presenza del supporto lombare, dei poggia braccia bilaterali e la disposizione dei comandi che devono essere sempre ben leggibili e di facile utilizzo. Queste raccomandazioni sono ancora più importanti per coloro che guidano per lavoro o che sono costretti a trascorrere molte ore in auto, in quanto la vettura deve garantire il maggior confort possibile. Anche gli studi scientifici confermano che guidare mezzi realizzati con buoni criteri ergonomici aiuta a prevenire le patologie spinali e gli altri disturbi muscoloscheletrici causati dalla guida. Fonti: 1. Porter JM, Gyi DE. The prevalence of musculoskeletal troubles among car drivers. Occupational Medicine 2. Toshihiko Sakakibara, Yuichi Kasai and Atsumasa Uchida. Effects of driving on low back pain. Occupational Medicine. 3. Highway Agency. Vehicle Ergonomics. Best Practice Guide online
COVER STO RY
Braveheart gialloblu di Alberto Pecchio - Foto: Maurilio Boldrini - Hellas Verona
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SOTTO LA PIOGGIA Liam al tiro durante la sfida paly off contro il Perugia
L
iam è un nome che deriva dal germanico Willhelm, formato da ‘wil’ (volontà, desiderio) e ‘helm’ (protezione, elmo). Inventandoci un esercizio di parafrasi, in italiano potremmo renderlo con un più semplice “elmo della volontà”, parole che tratteggiano il contorno di Liam Henderson, centrocampista che da più di un anno indossa la maglia gialloblu. Ha una voglia matta di proteggere la causa per cui scende in campo ogni domenica, e questo ne fa uno scozzese a tutto tondo, sempre pronto al sacrificio più che al ricamo, mentre la volontà è quel quid che rappresenta il motore della sua carriera, dagli esordi con il Celtic
alla sua attuale avventura con la maglia dell’Hellas Verona, passando dalle esperienze in Norvegia (Rosenborg), ancora Scozia (Hibernian) e Italia (Bari), che ne hanno temprato carattere, personalità e ambizioni. Un viaggio che parte da più di un anno fa… Il 3 agosto 2018 è stato il tuo primo giorno in gialloblu. Dopo un anno con il Verona, che Liam eri ma soprattutto che Liam sei diventato? «E’ stato un anno per me molto importante, che mi ha permesso di accumulare esperienza con un club come l’Hellas. Ecco, la scorsa stagione è stata a dir poco ‘wonderful».
Henderson scherza con mister Juric alla fine di un allenamento.
SdP / 35
CORPO A CORPO - Per Liam prima ufficiale in Coppa Italia da titolare
‘Wonderful’ come la città di Verona, che hai avuto l’occasione di conoscere da vicino… «Verona è una città fantastica, come lo è la zona in cui abito, vista Lago di Garda. Ci sono cose fantastiche da vedere e da vivere, senza dimenticare la tifoseria che possiamo vantare. Ci hanno sempre sostenuto, anche nei momenti più difficili. Ricordo lo scorso anno, durante la trasferta di Lecce i nostri supporters si sono fatti tantissimi chilometri e noi abbiamo perso. Al termine della partita li
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Verona per me è una grandissima piazza dove poter affrontare per la prima volta la serie A abbiamo incontrati in aeroporto, ma non erano affatto aggressivi, ci hanno incitato a dare di più, non facendoci mancare il loro apporto. Questa cosa mi ha stupito, ovviamente in positivo». E ora ti aspetta la Serie A. Obiettivi per la prossima stagione? «Parto dall’inizio, dal ritiro, che è stato ottimo. Ora siamo già all’inizio della stagione, sappiamo che sarà un campionato duro ma dovremo affrontare ogni avversario a testa alta perché sappiamo di avere le carte in regola per poter fare bene».
Liam Henderson con la famiglia festeggia la promozione dell'Hellas in serie A
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Dalla Serie A scozzese, dalla Champions League, alla Serie B italiana prima della promozione. Sei un tipo a cui piacciono le sfide. L’Hellas Verona che “sfida” è per te? «Le sfide mi piacciono tantissimo, mi danno le motivazioni per alzarmi alla mattina e per allenarmi al 100% per essere il miglior calciatore possibile. Verona per me è una grandissima piazza dove poter affrontare la Serie A per la prima volta». Conosciamo Liam Henderson data per data: se ti dico 6 dicembre 2013, cosa ti viene in mente? «E’ stata la mia prima presenza da professionista con il Celtic Glasgow, la squadra con cui sono cresciuto. Ho giocato gli ultimi 10 minuti della sfida contro il Motherwell ed è stato un momento speciale. La prima presenza da professionista con un grandissimo club, un momento che ricorderò per sempre». Passiamo al 26 marzo 2014: entri in campo e dopo 4 minuti… «Ho segnato il mio primo gol da professionista, come dimenticarlo? (ride, ndr). Una serata incredibile sia per questo motivo ed anche perché grazie alla vittoria che abbiamo ottenuto sul campo (1-5 sul Partick Thistle, ndr), abbiamo conquistato il terzo campionato di fila con ben 7 giornate di anticipo». E hai avuto anche un compagno di esultanza speciale… «Il primo a darmi il classico ‘cinque’ è stato Van Dijk, un calciatore fenomenale. Ora è uno dei più forti al mondo, ma quel Celtic era pieno di grandi giocatori con cui sono fiero di aver condiviso parte della mia carriera».
E qualche consiglio glielo avrai sicuramente già dato… «Cerco sempre di aiutarlo, gli ricordo di dare il massimo. Siamo molto legati tra fratelli e cerchiamo sempre di aiutarci a vicenda per diventare dei calciatori migliori».
Henderson con la maglia del Celtic mi ha spronato sempre a dare il massimo in allenamento, aiutandomi a crescere sia in campo che fuori».
Siamo partiti dalla Scozia e arriviamo alla Scozia. Sei molto attaccato alla tua patria: da Verona a Glasgow, proverai in tutti i modi a convincere Steve Clarke per la convocazione in nazionale che ti manca? «Ci proverò in tutti i modi. La convocazione per la nazionale maggiore scozzese passa soprattutto nel fare bene con la maglia dell’Hellas Verona e nel lavorare al massimo ogni giorno. Tutto parte dunque da qui, confido che possa vedere qualche partita perché desidero giocare per la mia nazione. Spero si riescano a qualificare per Euro 2020 ed anche per i Mondiali del 2022, che sarebbe un sogno poter giocare».
E poi c’è tuo fratello Ewan, che a 19 anni sta crescendo bene nel Celtic. Sei più forte tu o lui? «Mio fratello al 100% (ride, ndr). Diventerà un grandissimo calciatore per qualsiasi squadra in cui giocherà, ne sono certo».
Torniamo ai nostri giorni, alla serata del 2 giugno 2019. Nemmeno voi, forse, vi aspettavate di regalare una notte così ai tifosi. «E siamo felici di averlo fatto! I nostri tifosi sono super appassionati, anche in ritiro sono venuti in tantissimi e quindi direi che è stata una gioia meritata per noi e per loro». Una delle foto più belle di quella serata è stata l’immagine con la tua famiglia, a cui sembri essere legatissimo… «Siamo molto legati, li amo tantissimo. Mi danno sempre consigli e mi supportano, sono il fattore più importante della mia vita». Tuo padre Nicky è stato calciatore, quanto è stato importante nella tua carriera? «Mi ha aiutato ad essere un calciatore migliore. Mi ha dato tantissimi consigli e
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SPO RT LI FE
Chievo e Fortitudo Mozzecane, insieme per stupire di Matteo Zanon - Foto: Fortitudo Mozzecane
I
l tempo delle chiacchiere è finito. Si comincia a fare sul serio. Dopo un’estate ricca di cambiamenti e novità che ha visto l’affiliazione tra il ChievoVerona femminile e la Fortitudo Mozzecane è giunto il momento di preparare i motori per la nuova stagione calcistica. Palla al centro. Il 19 agosto, nella sala stampa dello stadio Bottagisio, nel quartier generale dei clivensi è avvenuta la presentazione della rosa che ha dato il via alla stagione. Infatti, conclusosi il momento formale, le ragazze sono scese in campo per il primo allenamento, sotto le direttive del mister Diego Zuccher. Il nuovo allenatore, dopo aver trascorso quattro anni alla guida delle ragazze della società di Campedelli, ha risposto presente alla chiamata del presidente Giuseppe Boni, anima della Fortitudo. Zuccher è pronto per la nuova stagione, come racconta in esclusiva per SportdiPiù Magazine, media partner ufficiale del Chievo Fortitudo Women: “Sono molto contento del mercato che è stato fatto in accordo con la società. Le ragazze nuove le conosco tutte e direi che le aspettative sono alte e i presupposti molto buoni”. A proposito del campionato, mister Zuccher dice: “Se avessimo potuto scegliere
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Riunione tecnica per le ragazze del Chievo Fortitudo Women noi il calendario, l’avremmo strutturato diversamente. Nelle prime sette giornate troveremo tutte le squadre attrezzate per fare un campionato di vertice. Sarà un inizio di campionato da non sottovalutare e dovremo cercare di non lasciare punti facili alle avversarie”. Un campionato che può rivelarsi ‘dalla doppia faccia’ come precisa il mister: “Se andrà bene la prima parte poi avremo un periodo per respirare e lavorare bene mentre al contrario se sbaglieremo le prime partite si rischia di fare un campionato di rincorsa”. Le fatidiche sette camicie da sudare, vedranno le gialloblu affrontare Perugia, Lazio a Roma, Riozzese in casa, la doppia trasferta contro Roma e Ravenna e il
Cittadella al comunale di Vigasio. Un tour de force che, come ben sottolineato da Zuccher può dire molto sulle velleità della formazione veronese. Dopo la seconda giornata, il campionato si fermerà per lasciare spazio alla Coppa Italia, competizione che vedrà le gialloblu affrontare nel girone eliminatorio 1, l’F.C.D. Novese Calcio Femminile e l’A.S.D. Riozzese. “La Coppa Italia sarebbe un sogno. Sappiamo che più si va avanti e più si trovano formazioni di livello e di categoria superiore. L’intenzione è quella di andare avanti il più possibile: vincere il girone di qualificazione, entrare negli ottavi e avere la possibilità di confrontarci con queste squadre più attrezzate e più esperte di noi. Sarà una
Momento della conferenza stampa presentazione Chievo Fortitudo Women
La dirigenza del Chievo Fortitudo Women
Mister Zuccher Valentina Boni grande esperienza che sicuramente ci potrà servire” sottolinea il mister. Zuccher è convinto dei suoi mezzi e del gruppo che ha a disposizione e per questo in campionato non vuole puntare semplicemente alla salvezza: “L’obiettivo salvezza è un po’ riduttivo. Lo definirei il primo traguardo da raggiungere, possibilmente prima possibile. L’obiettivo stagionale è sicuramente quello di migliorare la posizione raggiunta lo scorso anno e se poi riusciamo a fare meglio saremo ancora più contenti”. Grande soddisfazione per questa stagione ricca di novità anche da parte del presidente Giuseppe Boni, patron della società di via Ugo Foscolo. “Abbiamo cercato di fare il massimo possibile, senza
fare follie. Siamo riusciti a mischiare ai nostri elementi ragazze di esperienza e qualità, oltre ad alcune calciatrici giovani che ci auguriamo possano emergere”. Continua: “Sarà il campo, come sempre, a parlare. Nessun proclama ma tanto lavoro, dedizione e unità d’intenti che è quello che conta”. Per il presidente, il campionato di serie B 2019/20 non farà sconti: “Sarà sicuramente più difficile dell’anno scorso. Con le retrocessioni e le promozioni il livello si è alzato. Inoltre, ho visto che in serie A molte società hanno comprato molte straniere ed è probabile che molte giocatrici che lo scorso anno facevano la serie A scenderanno in B, alzando ulteriormente il livello. Per questo non ci
saranno partite facili e scontate. Ci sarà molto equilibrio e vedremo chi avrà più compattezza, regolarità e attaccamento ai colori sociali”. Al di là di questo Boni è convinto che, a partire dal mister Zuccher, la squadra possa togliersi delle belle soddisfazioni: “Zuccher conosce bene il femminile visto il suo percorso, è veronese e ha le caratteristiche giuste per ambientarsi bene nella Fortitudo e per far rendere al massimo la rosa che gli è stata messa a disposizione”. Conclude il patron: “L’obiettivo primario rimane sempre la salvezza. Mi piace guardare al sodo e quindi dico che la base rimane sempre la salvezza. Poi, strada facendo vedremo se si potrà puntare a qualcosa in più”.
SdP / 39
I NTERVISTA
All'Alba
vincerò di Alberto Cristani - Foto: Alba Borgo Roma
Fabio Venturi, presidente dell'Alba Borgo Roma
durante questa impegnativa avventura nel mondo del calcio dilettantistico.
E’
una delle società storiche nel panorama calcistico veronese. Il calcio nel quartiere Borgo Roma di Verona, a livello di società sportiva, inizia infatti già nel 1919 con la F.C. Borgo Roma. E’ una squadra che veste una muta nera con una stella bianca sul petto. Negli anni che seguono tale società viene soppianta dalla Carlo Ederle, che fino al 1929 disputa i campionati
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denominati liberi organizzati dall’U.L.I.C., l’attuale F.I.G.C. I colori diventano il giallo e il rosso. Da allora tanti giocatori hanno indossato questa gloriosa casacca e numerosi presidenti si sono succeduti alla guida della società. Dal 2018 il presidente dell’Alba Borgo Roma è l’ex presidente di AGSM Verona Fabio Venturi che, in questa intervista, ci racconta il perché di questa sua scelta e gli obiettivi - sportivi e non - che si pone
Presidente, innanzitutto raccontaci cos’hai fatto da quando sei alla guida dell’Alba Borgo Roma… «Sono arrivato a gennaio 2018 sostituendo Venturi, lo storico e compianto presidente, che ha scritto pagine importanti della storia dell’Alba. Io sto scrivendo e organizzando il secondo tempo del club, ovvero la versione moderna, forse più difficile dal punto di vista economico e burocratico, ma con più strumenti e comodità. Appeno mi sono insediato ho attuato, insieme al mio staff, un riordino societario al fine di mettere in sicurezza la parte economica, legale e burocratica, rivedendo anche lo statuto. Dato che il nostro obiettivo è avere il miglior settore giovanile della città e della provincia, abbiamo lavorato anche su quello. C’è stato un restyling completo dell’immagine della società: abbiamo cambiato logo, maglie e partner anche tecnici. È stato fatto un bel lavoro anche su sito e sui social. In più, quest’anno avviamo anche il settore femminile…» Le origini comunque non si dimenticano: il passato serve per costruire il futuro per l’Alba… Assolutamente sì. Io stesso ho giocato nell’Alba sin da piccolo. L’Alba ha 90 anni di storia è una società che insegna a stare al mondo. Novant’anni anni di volontariato,
di passione, di condivisione. Non si lavora per i soldi ma per cercare di fare, anno dopo anno, il meglio possibile. Dal passato prendiamo tutto, con un occhio ovviamente all’innovazione. Appurato che il settore giovanile è il vostro core business, quali sono gli obiettivi per la prima squadra e per le formazioni seniores? La prima squadra punta a tornare in Promozione dopo la retrocessione della scorsa stagione. Quest’anno c’è la novità della squadra femminile: partiamo dall’Eccellenza e chiaramente, non avendo mai avuto trascorsi in questi ambiti, l’obiettivo è fare il meglio possibile. Sono molto fiducioso sulla nuova avventura nel femminile: c’è grande entusiasmo e stanno arrivando ragazze trascorsi importanti... C’è qualcuno che ti ha dato qualche ‘dritta’? Sì, due persone. Una è Flora Bonafini, amica vera, giocatrice e dirigente che ha scritto pagine importanti del calcio femminile a Verona; partendo da zero ha portato il Valpolicella in serie A. E’ il mio riferimento. Poi c’è, Martina Bittante, che è l’anima della squadra. Lei fa parte della società, sta coordinando il tutto, oltre a giocare! Avete collaborazioni in corso con altre società del territorio? Abbiamo un’affiliazione con l’Hellas che sottoscriveremo ufficialmente. Dal lato operativo siamo in buoni rapporti con la Virtus Verona e con il ChievoVerona. A livello locale, io e il presidente del Borgo Primo Maggio Lucio Antonini, abbiamo
chiuso un accordo per le giovanili: ci sarà un unico settore juniores coordinato da noi, mentre ognuono gestirà in autonomia le formazioni seniores. Da presidente e da sportivo, quali sono le maggiori soddisfazione e le maggiori difficoltà nell’essere a capo di una società come l’Alba? Di fatto l’Alba è una vera azienda e necessita di impegno giornaliero. Però è sempre una scommessa nel migliorarsi anno dopo anno. Nei confronti della società c’è stima e fiducia da parte delle famiglie, dei giocatori, delle istituzioni e degli sponsor. Poi, ovvio, è meglio se si ottengono anche buoni risultati. Le risorse purtroppo son sempre poche: si fa fatica ad avere entrate, i costi però ci sono e sono certi. Far quadrare i conti a volte è un’impresa. Sei stato presidente di Agsm: questa esperienza ti sta aiutando? Sì, sicuramente. L’essere stato a capo di un’azienda come AGSM mi sta aiutando in particolare nella gestione di un gruppo persone. Ci sono poi i rapporti che ho stretto in questi anni attraverso la politica: anche questi sono tutti utili per dar forma a nuove idee e progetti. Se avessi la bacchetta, cosa cambieresti nel calcio dilettantistico veronese?
In primis bisognerebbe abbassare le pretese di molti atleti stabilendo un tetto massimo vero nei rimborsi, per equilibrare le cose. Non dico che i ragazzi debbano giocare gratis, le cifre che circolano in questi momenti, in alcune categorie, sono davvero troppo impegnative. Genitori e calcio giovanile… Oggi c’è poca partecipazione rispetto al passato. Certo, ci sono genitori molto generosi, ma alcuni sono invadenti e pretendono di fare i procuratori dei figli. Credo che i ragazzi debbano solo divertirsi. Io lo faccio ancora: gioco in una squadra di amatori da 11 e, nonostante non sia più un bambino, mi diverto un sacco!
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I NTERVISTA
di Paola Gilberto Foto: Venezia F.C.
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l settore giovanile del Venezia calcio, stagione dopo stagione, aumenta e certifica la qualità del proprio lavoro con un aumento in termini di qualità e di numeri. Coordinato e gestito dal responsabile Mattia Collauto, centrocampista del Venezia dal 2004 al 2012, attualmente la cantera arancioneroverde conta circa 200 i giovani calciatori che vanno a costituire le varie formazioni dall’Under 11 alla Primavera. Importanti ‘rifornimenti’ arrivano inoltre dall’Academy diretta da Alessandro Piovesan - anche lui con trascorsi con la maglia del Venezia - che ne conta quasi 150 nelle fasce di età dei più piccoli oltre a quasi un centinaio di calciatrici per quanto riguarda il settore femminile. In questa intervista doppia Collauto e Piovesan ci raccontano come gestiscono i rispettivi ambiti e quali sono gli obiettivi, comuni, per far crescere buoni giocatori ma soprattutto uomini e donne che abbiano nel loro DNA il
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Attenti a quei
rispetto delle regole, l’amore per lo sport e che sappiano seguire un sano stile di vita, a prescindere dai risultati e dalle classifiche.
senza tener conto dei 140 bimbi dell’Academy che fa parte del nostro mondo gestito dal Venezia FC più le 90 calciatrici del settore femminile. Il mondo giovanile ha questi numeri. Dal punto di vista formale, abbiamo categorie che vanno dall’under 11 alla Primavera». Qual è il tuo ruolo all’interno del settore giovanile? «Io dirigo tutte le attività delle formazioni giovanili e inoltre sono supervisore con potere decisionale su Academy e sul reparto femminile».
Mattia Collauto Responsabile settore giovanile Venezia calcio Mattia, com'è strutturato il settore giovanile del Venezia calcio? «Contiamo circa 200 tesserati dall’Under 11 all’Under 19, la squadra Primavera,
Quali sono le difficoltà nel lavorare a contatto con giovani e famiglie? «Le difficoltà sono tante, non c'è solo l'aspetto tecnico; è un lavoro a 360 gradi che richiede sempre il massimo impegno. I ragazzi sono tanti, ognuno ha le proprie dinamiche, caratteristiche e problemi, e fisiologicamente è impossibile soddisfare tutti. Noi mettiamo a disposizione sempre, e senza riserve, la nostra
passione e le nostre competenze. Negli anni abbiamo fatto grandi passi in avanti e costruito credibilità proprio grazie al settore giovanile e a chi ne fa parte. Molte persone hanno lavorato per creare un vero DNA, una filosofia, una metodologia di allenamento e hanno fatto sì che si andasse a dare nuova credibilità ad un settore, quello giovanile appunto, che per molti anni si è persa per note vicissitudini e che ci hanno affossato più volte. Quando una società fallisce perdi il diritto e il vincolo sui ragazzi; a costruire ci si mette tanto a disperdere il patrimonio ci vuole un attimo. Negli ultimi 15 anni il Venezia calcio ha avuto grandi difficoltà, ma nonostante tutto ha ritrovato grande dignità». Qual'è il vostro bacino d’utenza? «Ultimamente è un po’ cambiato: ora abbiamo un convitto con 20 calciatori provenienti da varie zone d’Italia e dall’estero. L’anno scorso con noi c’era un portoghese, ora stiamo cercando di tesserare un australiano. Detto ciò è importante sia chiaro che teniamo sempre ben fermo il concetto di senso di appartenenza, offrendo varie opportunità ai ragazzi del territorio. Un esempio è Mattia Zennaro, centrocampista classe 2000, veneziano doc, che si è affermato giocando in serie B e ora gioca in A con il Genoa. Quest'anno diamo l'opportunità di giocare con continuità in Primavera ad altri due ragazzi del centro storico. Il nostro territorio è il nostro punto di forza». Il settore giovanile è un bacino da cui la prima squadra attinge, c’è un'interazione stretta? «Questa è una ‘battaglia’ che portiamo
avanti da sempre. Il problema dei club italiani è il non sfruttare il patrimonio giovanile perché si tende sempre a guardare all’estero. Il nostro club sotto questo aspetto deve crescere: dobbiamo valorizzare ciò che abbiamo in casa perché questo porta vantaggi anche a livello economico. Abbiamo uno staff che sa far lavorare bene i ragazzi, per cui ci aspettiamo che i nostri giocatori abbiano delle opportunità. Molte volte quello che hai in casa è meglio di quello che trovi all’estero». Queste scelte di orientarsi sugli stranieri sono solo una moda o c'è dell'altro? «Tante volte è una moda, a volte ci sono un'opportunità. Noi abbiamo preso, per esempio, Alexandre Pimenta, un ragazzo del 1999 che abbiamo seguito, valutato, fatto crescere; ora ha sottoscritto un contratto triennale e gioca in prima squadra. È stata una scelta ponderata e mirata. Noi non abbiamo un reparto scouting e nemmeno le risorse, ma siamo attenti. Quest’anno stiamo seguendo
un giocatore del 2003 australiano che può diventare un giocatore importante, proveniente da una nostra società con cui collaboriamo da tre anni. Ora è con noi alla preparazione e lo stiamo tesserando». Qual è la soddisfazione maggiore che hai avuto? «Quello che stiamo proponendo è quello che vogliamo e questa è una grande soddisfazione. Il nostro motto è ‘Giochiamo come vogliamo essere, vogliamo essere come giochiamo’. Il modo di essere che noi diffondiamo è quello che riportiamo in campo: coraggio, pensare al gioco, seguire uno stile che abbiamo creato e che stiamo portando avanti al quale crediamo. I risultati sportivi dipendono da tante cose, ma il nostro primo obiettivo è creare un calciatore. Anche a noi piace vincere, è ovvio, ma l’obiettivo primario è creare calciatori che possano orientarsi al calcio professionistico. Completiamo i giocatori. Non sfruttiamo i calciatori per ottenere risultati». C'è anche un aspetto extra campo nel vostro progetto: infatti al ragazzo/atleta mettete a disposizione, in collaborazione con l'Accademy, un’alimentarista e uno psicologo… «Certo, cerchiamo di mettere a disposizione tutto quello che serve a un bambino-ragazzo che si affaccia a una realtà come la nostra. La nostra è una società professionistica, rappresentiamo una città unica al mondo e questo magari può anche creare pressione, ma ci teniamo a mettere a disposizione tutti i mezzi a nostra portata per far crescere il ragazzo in serenità, anche se abbiamo ambizioni e aspettative».
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Alessandro Piovesan Venezia Academy
Alessandro, quando nasce l’Academy e che obiettivi si pone all’interno del Venezia calcio? «Nasce una decina di anni fa dall’idea di una società locale, risollevata a sua volta quattro anni fa quando il responsabile è diventato Mattia Collauto, con l’obiettivo di rilanciare il calcio giovanile veneziano sia dal punto di vista tecnico sia per trasmettere valori sportivi che identificano il Venezia e questi colori. Abbiamo una serie di legami sportivi col territorio che sono trasversali e ci sono di grande aiuto nel sviluppare le nostre idee e il nostro progetto». Qual è il rapporto col Venezia calcio? «Noi siamo tecnicamente una gemellata ma abbiamo un rapporto particolare perchè copriamo la prima fascia di bambini che loro non hanno. Per noi è un compito doppio: dobbiamo accelerare il processo di formazione dei ragazzi e svolgere una serie di adempienze molto importanti per quella fascia di età». Quanti bimbi fanno parte dell’Academy? «Nel 2018 erano 110, quest’anno siamo arrivati a 168. Sempre lo scorso anno abbiamo iniziato un percorso di supporto didattico-coordinativo nelle scuole; durante l’anno scolastico 2019-2020 saremo in 20 scuole a testimonianza che stiamo lavorando bene e con qualità. Abbiamo istruttori qualificati che scegliamo di anno in anno più l’attività parallela fatta dallo psicologo dell'età evolutiva Tommaso Franzoso che fa attività con i genitori e poi con gli istruttori che lavorano con i bambini. Abbiamo anche il nutrizionista che educa i bimbi. Tutte le nostre figure le portiamo sul territorio perché ci piace condividere gratuitamente il nostro sapere con la comunità veneziana e non».
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Che ruolo hanno i genitori nel vostro progetto? «I genitori sono una risorsa, ma solamente quando capiscono che sono i bambini gli unici protagonisti. Noi possiamo venire a conoscenza dell’attività del bimbo attraverso i canali ufficiali che abbiamo attivato quindi se il bimbo ha problemi lo convochiamo e lo facciamo parlare, per esempio, con lo psicologo. Abbiamo figure altamente professionali che si prendono cura del bimbo a 360 gradi come avviene a scuola. Riteniamo che se un bimbo viene in un club come il Venezia, dove c'è professionalità, sia fondamentale possa contare su figure specializzate. Questo implica condividere tutto, soprattutto le situazioni le negative al fine di, sempre insieme, trovare una soluzione. Per un genitore questo è un fattore difficile da accettare proprio perché nello sport la componente genitoriale ha un'incidenza elevata. Dopo un periodo di 'assestamento' ora lo accettano perchè hanno visto che l’Academy è una vera e propria scuola di formazione». Organizzate anche attività fuori dal rettangolo di gioco? «Siamo presenti sul territorio anche con eventi rivolti al sociale. Il comune è molto attento alla nostra attività. Abbiamo in programma di creare un torneo internazionale per i bambini Academy e di esportare il format anche all’estero. Molti sponsor, vista la bontà del nostro operato, si sono avvicinati e questo per noi è fondamentale per proseguire». Richieste da fuori Venezia di esportare questo format su altre realtà italiane le avete?
«Il nostro business model è quello di esportare il formato perché, al di là della parte tecnica, se oggi nello sport non hai un modello organizzativo altamente efficiente e organizzato a livello aziendale, non sopravvivi. Noi stiamo creando un modello organizzativo basato su tre pilastri: la parte tecnica che è quella preponderante, la parte di servizi e la parte commerciale. Se portiamo avanti con la massima professionalità queste tre attività potremo sopravvivere e creare business. È inutile negarlo: se non ci sono risorse, soldi, è difficile se non impossibile contare sull'apporto di istruttori altamente qualificati». Mi sembra di capire che nell’Academy non c'è più spazio per l'allenatore dopolavorista o pensionato… «Direi proprio di no. All’Academy diamo un rimborso spese ai nostri tecnici in più offriamo formazione, un programma didattico e la parte psicologica. Diamo ma pretendiamo: se un allenatore non è in linea con la nostra organizzazione a fine anno, o anche prima, viene sollevato dall’incarico. Da noi gli istruttori devono avere la capacità di formarsi, grande voglia di imparare e mettere in pratica ciò che viene loro insegnato».
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Tuffo in
Laguna A
di Giorgio Vincenzi - Foto: Venezia F.C.
lberto Pomini, che di mestiere fa il portiere, è senza dubbio tra i calciatori veronesi quello che può vantare una tra le carriere più longeve e ad alti livelli. Iniziata nelle giovanili dell’Hellas è poi proseguita sui campi da calcio della C2 sino ad arrivare a quelli della Serie A e dell’Europa League. Ora all’età di 38 anni è ancora lontana dall’essere conclusa. Una nuova chance per proseguire gli è stata data dal Venezia in Serie B con un contratto che lo legherà alla società lagunare sino al giugno del 2021. Una storia calcistica segnata, in particolare, da una squadra: il Sassuolo. In terra emiliana ha trascorso ben 13 anni, dal campionato 2004/2005 a quello 2016/2017. Terminata quella lunga esperienza, nell’estate del 2017 una nuova opportunità gli si era aperta con il Palermo (contratto di due anni) appena retrocesso in Serie B e desideroso di
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tornare quanto prima nei piani alti del calcio italiano; tutti poi sappiamo com’è andata per la squadra siciliana. E ora per il “portierone” di Cadidavid c’è il Venezia e nuove motivazioni. Alberto, cosa ti aspetti da questa nuova avventura in laguna? Un’esperienza positiva visto che lo scorso campionato è stato sofferto e la società ha voglia di ripartire e fare bene. Ci sono molti giocatori nuovi e quindi non manca l’entusiasmo. Sono molto contento della scelta che ho fatto. Visto che hai un contratto che scade nel 2021, pensi che il Venezia ti potrà regalare di nuovo la Serie A?
È troppo presto per pensarci. Intanto cerchiamo di salvarci il prima possibile. Parlare di Serie A è prematuro anche perché ci sono squadre costruite per questo obiettivo anche se la Serie B insegna che ogni anno c’è una sorpresa. Come ti trovi con i nuovi compagni? Io mi trovo bene in qualunque parte vada. Entusiasmo ne ho da vendere. Inoltre la mia età mi permette di gestire tutto in maniera serena e di aiutare i compagni a essere meno ansiosi.
E da lì in poi è stata tutta una scalata fino alla Serie A e poi la partecipazione all’Europa League. Una storia da raccontare ancora per tanto tempo. Non solo grandi soddisfazioni calcistiche, ma anche umane visto che ti hanno dato le chiavi della città per meriti sportivi… Sì, ho pure le chiavi… ed è successo in uno degli ultimi anni. Nel momento della cerimonia della consegna delle chiavi non avevo ben capito l’importanza del riconoscimento. Poi pian piano mi sono reso conto che non era una cosa che capita a tanti e ora me lo porto nel cuore. Gli anni più belli della tua carriera gli hai trascorso a Sassuolo dove sei passato dalla C2 alla Serie A. Che ricordi hai di questa città e dei tifosi? Ricordo il tutto con grande affetto, sia dal punto di vista calcistico che umano: le mie figlie sono nate lì. Quando nel 2004 sono arrivato al Sassuolo la squadra era appena stata ripescata in C2, ma dietro aveva una proprietà forte che dava l’idea che si stava costruendo qualcosa d’importante.
Con la squadra emiliana nel settembre del 2013 a 32 anni hai debuttato in Serie A contro l’Hellas a Verona, ironia della sorte la squadra dove sei cresciuto da giovane. Che ricordi hai? Erano già tre-quattro anni che con il Verona ci incrociavamo. L’anno prima in Serie B a Sassuolo ho parato un rigore all’Hellas proprio sotto la loro curva. E' stato bello debuttare in Serie A al Bentegodi, dove c’erano parenti e amici a guardarmi e tifare per il Verona (la partita terminò con la vittoria dei gialloblu per 2-0 n.d.r).
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E' stato bello debuttare in Serie A al Bentegodi, dove c’erano parenti e amici a guardarmi e a tifare per il Verona. In tanti anni di carriera avrai visto giocare molti calciatori. Qual è quello che ricordi con piacere? Mi porto nel cuore Francesco Magnanelli, capitano del Sassuolo, perché siamo arrivati e cresciuti assieme, e ha dimostrato che puoi stare ad alti livelli lavorando sodo. Se poi parliamo di giocatori di grande qualità negli ultimi due tre anni con Di Francesco ne sono passati tanti: Vrsaljko, Sansone, Zaza, Defrel. Senza dimenticare Berardi che a 18 anni è spuntato un giorno durante un allenamento. Ricordo che quando lo vidi ho pensato "Ma dove l’hanno tirato fuori questo?" C’è una partita che sogni di giocare nuovamente e perché? Vorrei giocare nuovamente la finale play off del 2018 Frosinone-Palermo (2-0, ma con tante proteste dei siciliani per ciò che era successo negli istanti finali della partita, n.d.r.). Mi è rimasta sul gozzo. Venivo da due-tre anni che a Sassuolo facevo il terzo portiere e mi stavo spegnendo. Poi è arrivata la chiamata del Palermo dove non ero il primo portiere, ma alla fine mi sono guadagnato il posto. Quella finale però mi è rimasta un po’ qui. Quella invece dove le tue parate sono state determinanti per il successo della squadra? Quella che porto nel cuore è SassuoloVerona del marzo 2013 quando sotto la curva dell’Hellas parai (a Gomez, n.d.r.) un rigore. Noi siamo arrivati primi nel campionato di Serie B e l’Hellas seconda, ma entrambe andammo in Serie A. L’allenatore che più di altri ha lasciato un segno nella tua carriera di portiere? Ho avuto un bel rapporto con Eusebio Di Francesco tanto che lo sento ancora. Un giorno spero, una volta smesso di giocare, di poter lavorare assieme.
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Il numero 22 sulla maglia ha un significato particolare? Non più di tanto. L’ho preso due anni fa a Palermo perché non me la sono sentita, appena arrivato in una piazza così importante, di prendere la maglia con il numero uno anche se era disponibile assieme al ventidue. Con l’uno sarebbe stata una grossa responsabilità visto anche i grandi portieri che mi avevano preceduto. Il 22 mi ha portato bene, a prescindere dai problemi societari. Gli ultimi due anni a Palermo (2017/2018 e 2018/2019, n.d.r.) a livello umano sono stati una cosa enorme. Questo numero ricorda il legame che ho con questa città che a 36 anni ha fatto ripartire nuova-
mente la mia carriera. Se fossi rimasto al Sassuolo molto probabilmente ora ti starei parlando da preparatore e non da portiere. A Cadidavid, il paese dove sei cresciuto da bambino, ci vieni ancora? Certo, ho i genitori e gli amici anche se gli ho persi un po’ di vista. Dopo il calcio giocato, dove ti vedi? Mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio anche perché dopo 30 anni di pallone cosa mi invento? Comunque il momento del ritiro lo vedo ancora lontano e fino a quando il fisico e la testa me lo permettono continuo a giocare.
Breaking News
AG EN DA
L’orienteering torna a Verona e questa volta è… Internazionale! “Chi lo prova non smette più!”. Ne è sicuro Diego Milani Presidente dell’ASD OrientExpress Verona, promotore dell’evento orientistico più importante dell’autunno che si svolgerà il 26 e 27 ottobre sulle sponde del Lago di Garda, rispettivamente a Peschiera del Garda e Bardolino. L’orienteering ha origini lontane, sia nel tempo che nello spazio. Nato nei paesi scandinavi all’inizio del 1900 fa il suo esordio in Italia negli Anni Cinquanta e Sessanta le prime competizioni. Ma, nel dettaglio, di cosa si tratta? È una cosa a cronometro individuale in cui il concorrente, utilizzando una mappa molto dettagliata, deve raggiungere nell’ordine stabilito dei punti di controllo indicati su di essa e arrivare a traguardo. Nei luoghi indicati sulla mappa c’è un segnale bianco/arancione, che viene chiamato lanterna, per registrare il passaggio su un microchip che il concorrente porta con se. Ognuno può scegliere la strada che vuole per raggiungere i punti di controllo; chi impegna meno tempo vince. La differenza, ad esempio, con una normale gara di atletica è che oltre alla resistenza fisica bisogna saper abbinare la lettura delle mappe
e saper scegliere la strada più veloce, che non sempre è la più breve. Le gare non si svolgono in pista; l’ambiente di gara è preferibilmente il bosco e il terreno sterrato, sassoso o fangoso, con continui saliscendi spesso ostacolato dal sottobosco. Questa disciplina sportiva si può però svolgere anche nei centri urbani: famosi il Meeting di Venezia o quello di Roma. Gli appuntamenti che si volgeranno a fine ottobre sul Lago di Garda chiudono il circuito di gare nazionali nel 2019: la gara di Peschiera del 26 ottobre, infatti, è valida come Finale della Coppa Italia e assegnerà il titolo del Campionato Italiano Sprint, competizione inserita del WRE (World Ranking Event). Domenica 27 ottobre a Bardolino si disputerà invece il Campionato Italiani Sprint Relay (staffetta a 3 atleti mista). Saranno predisposti percorsi anche per chi vuole provare questa disciplina per la prima volta. Per info: www.garda2019.it
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di Matteo Viscione - Foto: Scaligera Basket, Paolo Schiesaro
Alessandro Giuliani, General Manager della Scaligera Basket
l passato a volte ritorna. E se il passato è carico di emozioni, quando ritorna può essere ancora più significativo. Una società con un'idea chiara, che sta lavorando per inseguire un obiettivo tanto bello e desiderato, quanto difficile. Una sfida che non spaventa, anzi, entusiasma. Un general manager nuovo ma ‘vecchio’, che conosce la storia del basket gialloblu e che l’ha vissuta in prima persona. Il basket nel DNA e la voglia di fare grande la Scaligera, partendo dall’essenza della palla a spicchi e soprattutto dai giovani, che sono il futuro di questo bellissimo sport. Alessandro Giuliani, com'è stato il ritorno a Verona? «È stata una bella sorpresa, io stavo lavorando bene a Trento ma l'idea di provare a tornare in Serie A, conoscendo il progetto Verona, la solidità della società e delle persone che ci lavorano, mi ha permesso di pensarci poco. Tutto quello che di positivo conoscevo della società si è concretizzato». Il ‘progetto’ continua… Il mio arrivo e la partenza di Daniele Della Fiori non cambiano il progetto iniziale, serve la consapevolezza di aver costruito una squadra che vuole provare a salire in Serie A, basata su importanti riconferme dello scorso anno. Non siamo uno squadrone da battere come Bologna
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Condottiero
o Treviso lo scorso anno, ma siamo e sappiamo della nostra solidità. La sua esperienza in questo sport è indiscutibile, chi meglio di lei può dirci cosa serve per raggiungere l'obiettivo. Bisogna puntare sulla compattezza dell’ambiente, sapere i pregi e i difetti di ognuno e saperli rispettare, battendosi quando le cose vanno male e rimanendo con i piedi per terra quando invece vanno bene. Serve la consapevolezza di affrontare un campionato lungo, in cui bisogna stare sempre sul pezzo sia in campo che fuori per 10 o 12 mesi. Noi vogliamo che anche questo fattore diventi importante se non fondamentale. Ma come dicevo prima, credo che anche la compattezza dell’ambiente sia importantissimo. Vedendo le gare di Play Off dello scorso anno si è notato un grande pubblico che ha sempre spinto la squadra, questo servirà anche durante la prossima regular season, la Scaligera deve diventare la società di tutto il basket
veronese. Mi piacerebbe che i giocatori di questo gruppo diventino una parte riconosciuta della città. La Scaligera 2019/2020 che squadra è? La squadra è completa e abbiamo avuto la fortuna di riuscire a tenere 4 giocatori dell'anno scorso, poi abbiamo coperto i buchi. Abbiamo fatto una scelta diversa, cercando giocatori meno spettacolari ma più vincenti, atleti abituati a questo campionato e che conoscono il modo di lavorare del coach e questo credo sia fondamentale. I giovani come base solida per il futuro, ci può raccontare del progetto Academy? È un'iniziativa che va di pari passo con quella del settore giovanile, che rimane tale e quale e che vuole lavorare con i ragazzi del territorio. Quello dell'Academy vede la Scaligera come una società di servizi tecnici per tutti gli altri Club di Verona, che dia la possibilità, attraverso l'esperienza e le professionalità
Scaligero allenatori o dirigenti. Il progetto verrà presentato nelle prossime settimane con delle novità ed eventi durante tutta la stagione.
dei tecnici e dei dirigenti, di offrire una collaborazione e suggerimenti ad atleti, tecnici e dirigenti delle altre squadre. Questo per consentire ai giovani giocatori di essere a contatto con una società come la nostra per poter un giorno giocare a pallacanestro o essere
Il basket italiano agli occhi di Giuliani? Viviamo un momento di ristagno: il movimento sta migliorando dal punto di vista degli appassionati e sotto l'aspetto dei risultati delle Nazionali giovanili maschili e femminili, ma dobbiamo ancora crescere a livello di club e impianti, dovremo essere però in grado di offrire uno spettacolo aldilà della vittoria o della sconfitta. È un problema culturale italiano ed è una problematica trasversale tra gli sport italiani in generale. Servono case migliori, dove mettere in scena lo spettacolo, società più organizzate che possano formare atleti di più alto livello. Gli italiani si appassionano di più a un grande connazionale che fa bene nel nostro campionato. Perdiamo anche tanti ragazzi nella crescita, persone che possono contribuire non solo in campo, e questo va corretto. Il Presidente? È la spina dorsale di questa società, partecipa attivamente e in prima
persona, si impegna molto anche economicamente insieme a Tezenis. È sempre molto presente, pretende tanto dal team in campo e dal team in ufficio perchè tiene follemente alla Scaligera. È un vincente quindi quando perde dimostra la sua insoddisfazione, ma non si tira mai indietro nell’aiutare la squadra. Anche in questa stagione senza la famiglia Pedrollo, il main sponsor Tezenis e tutti i nostri partner non si sarebbe potuto pensare a impostare una squadra e un campionato di così alto livello. Quest'anno vogliamo e dobbiamo farlo contento. I giovani che possono essere un esempio positivo nel lavoro della Società? Candussi non è giovanissimo (anno '97), ma viste le sue caratteristiche fisiche e tecniche, mi sento di dire che è un tipo di giocatore che manca al basket italiano. È un atleta alto 2,10 metri, ha conoscenza di gioco e dei movimenti: se continua nel miglioramento della conoscenza del proprio corpo credo possa arrivare a contribuire anche a livello Nazionale. Poi abbiamo un altro ragazzo giovane del nostro vivaio, Guglielmi, che quest'anno farà definitivamente parte dei 10 che andranno in panchina: è un giocatore che ha avuto dei problemi fisici l'anno scorso ma è molto cresciuto fisicamente, ha talento ed è una guardia di 1,96, mancino con un buon senso del canestro. Spero possa rubare alcuni minuti ai più esperti. Fattori decisivi durante il campionato e antagoniste? Un campionato molto lungo, tra regular season, partite di orologio e playoff. Sarà importante arrivare fisicamente e mentalmente bene a marzo/ aprile. Le squadre da battere sono Udine, Forlì, Caserta che vedo come possibile sorpresa; dall'altra parte Torino, Napoli e Tortona, che hanno costruito squadre che possono puntare a fare molto bene. Ogni anno ci può essere la sorpresa, come può essere anche Mantova da noi o Scafati o Trapani nell'altro girone.
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SPO RTIVA-M E
NTE
Psicologia sportiva
Dr. Tommaso Franzoso Psicologo dello Sport - Sport Mental Trainer Venezia Soccer Academy e Venezia FC
Genitori-Figli-Sport: una relazione importante
Seconda Parte
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ullo scorso numero di SpordiPiù magazine abbiamo iniziato ad analizzare l’importanza che lo sport ha nella crescita e nello sviluppo dei giovani, Lo sport dovrebbe anche aiutare i bambini a trovare uno spazio loro, ‘personale’, dove potersi confrontare con se stessi e con i coetanei, liberi dalle aspettative degli adulti. Lo sport è però anche uno spazio dove si possono consolidare i rapporti familiari. Entrare nel mondo dello sport a volte pone i genitori in ‘discussione’, porta a rivedere alcuni aspetti, ma è anche uno spazio dove si può crescere insieme al figlio. Seguire i propri figli nello sport permette di rafforzare il rapporto di fiducia con loro. Lo sport porta loro ad affrontare le prime sfide della vita, le prime frustrazioni, e se questi momenti saranno vissuti in maniera costruttiva saranno strumenti preziosi nella loro vita come persone in primis e in campo poi. Come genitori è
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possibile aiutarli a crescere attraverso le difficoltà, gli errori e le vittorie. Fondamentale è l’aspetto dell’incoraggiamento, del supporto, della collaborazione e della partecipazione. La pressione deve essere corretta (correct pressure) e consiste nel supportare il/a figlio/a a dare il massimo, a impegnarsi fin dove le possibilità lo consentono (ognuno ha il proprio DNA e non tutti sono talenti o campioni), a comportarsi bene in campo (fair – play). L’importante è spiegare loro che la vittoria non è il massimo, ma che se si perde e ci si migliora è come aver vinto, difficile concetto da far accettare al bambino/a se il primo a non crederci è il genitore o qualsiasi degli adulti di riferimento che lo segue nel suo percorso di crescita. Pertanto, domande quale “Ti sei divertito?” al di là del risultato assumono un ruolo fondamentale. Perché ciò sia possibile è essenziale strutturare regole condivise tra adulti di riferimento, costruire un patto etico tra le famiglie e le varie società sportive con l'obiettivo di “aiutare a crescere” delle persone in primis e degli atleti poi che pos-
sano reggere il peso delle vittorie e delle sconfitte. Ma, soprattutto l'accettazione di quello che potrà essere il loro futuro attraverso gli strumenti acquisiti nella pratica sportiva. Una buona partenza per tutti è certamente quella di attenersi sempre alla buona educazione coltivando di seguito la voglia di partecipare attivamente ad un percorso interno alla società sportiva in cui definire e sottoscrivere un codice di comportamento condiviso, un linguaggio comune, un’etica da seguire e delle regole concertate e accettate da tutti, piccoli e grandi. In conclusione, riprendendo la frase di Robert Baden-Powell, possiamo dire che: “Non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento”. Sono importanti cioè gli strumenti che diamo ai nostri ragazzi che faranno la differenza nel viaggio della loro vita ma, anche della nostra. I bambini e le bambine di oggi sono il nostro futuro, perciò impariamo ad accompagnarli senza sostituirci a loro, dandogli la possibilità di crescere dai propri errori, perché siano campioni nella vita e nello sport.
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Ricomincio da quattro di Alberto Cristani - Foto: Reyer Venezia
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toria, tradizioni, programmazione e ambizione. La Reyer Venezia è un concentrato di tutto questo, un mix perfetto che ha fatto della società presieduta da Federico Casarin la prima realtà cestistica del Nord-Est e l’unica a livello nazionale ad avere una squadra maschile e una femminile in serie A. Fondata a Venezia nel lontano 1872 dall'insegnante di ginnastica Pietro Gallo, col nome di Società Veneziana di Ginna-
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stica Costantino Reyer, in onore di uno stimato collega ed amico e, inizialmente, orientato alla diffusione della pratica ginnica, il sodalizio aprì presto ad altre discipline ludiche e sportive fino al 1925, data di costituzione della sezione sociale di pallacanestro. Ad oggi la società Reyer Venezia, dopo la rinascita voluta e attuata nel 2006 dall’ex presidente Luigi Brugnaro, attuale sindaco di Venezia, che con l’occasione ha riunito la sezione maschile e quella femminile e
dato vita a un settore giovanile unico nel suo genere. Un successo societario coronato, lo scorso campionato, con la conquista del quarto scudetto, al termine di un campionato a dir poco. Terminata la regular season al terzo posto, ai play off la Reyer ha eliminato in sequenza l'Aquila Basket Trento e la Vanoli Cremona, per poi affrontare, in finale in una vera e propria lotta all’ultimo canestro conclusasi solamente in gara 7, la Dinamo Sassari di coach Pozzecco. E
L'ex presidente delle Reyer Venezia Luigi Brugnaro
I tifosi della Reyer Venezia durante la finale scudetto progetto non vuole essere solo sportivo, ma anche sociale e culturale. Siamo orgogliosi e fieri dei risultati ottenuti, di aver lottato e combattuto raggiungendo un risultato storico, perché vincere due scudetti in tre anni non è facile: questo è un traguardo importante che resterà nei ricordi di tutti. Ma la Reyer non è solo serie A». Uno scudetto conquistato con il supporto di un grande tifo… «Certo, abbiamo sempre la nostra tifoseria a sostenerci, insieme a tutti i nostri partner, che sono sempre al centro di questo progetto iniziato nel 2006. Questa simbiosi con la tifoseria è nata piano piano e oggi i nostri sostenitori riempiono il palazzetto e si emozionano con noi, segnale che certifica ulteriormente il nostro operato». Hai giocato a Sassari dal 1991 al 1996 quindi la finale scudetto per te è stata ancora più emozionate… «Sassari ha fatto una stagione da incorniciare e le 22 vittorie lo testimoniano. È arrivato in finale a testa alta, è stato un avversario fortissimo, per cui grande merito e onore alla sua stagione».
proprio dalla festosa bolgia del Taliercio dello scorso 24 giugno, iniziamo questa esclusiva intervista al presidente Federico Casarin, ex giocatore di Mestre, Treviso, Desio e Sassari (in totale 13 stagioni tra serie A2 e A1 n.d.r.), già direttore sportivo e dal 2015 al timone della Reyer Venezia. Presidente Casarin, cosa significa per la Reyer Venezia la conquista dello scudetto numero quattro? «Significa tanto, anche se per noi questo
Qual è stato secondo te l’elemento che ha fatto la differenza tra voi e loro? «Mah difficile dirlo, probabilmente siamo stati più bravi nel giocarci le partite decisive. Eravamo forse più inquadrati, abbiamo dato di più quando serviva». La nuova stagione ormai alle porte sarà per voi, sotto alcuni punti di vista, più difficile di quella scorsa perché sarete i campioni in carica che tutti vorranno cercare di fermare… «Sicuramente tutti ci aspetteranno al varco, ma noi vogliamo continuare a essere
protagonisti, anche in ambito femminile. Abbiamo imbastito due squadre competitive che sono certo regaleranno emozioni ai nostri sostenitori; la Reyer non vuol essere solo sport ma anche un vero e proprio movimento di aggregazione». A livello tecnico, siete soddisfatti del roster che avete allestito per difendere lo scudetto? «Direi di si, la squadra è quella che volevamo ed è stata condivisa con lo staff tecnico. Ci dispiace per la rinuncia di Haynes però abbiamo giocatori che sicuramente non lo faranno rimpiangere. Importanti anche le nostre eccellenze italiane come il giovane esterno in guardia Stefano Tonut, sul quale punteremo e del quale abbiamo grande fiducia in lui. La squadra ha una sua identità, cercheremo di raggiungere subito i nostri obiettivi e di essere il più competitivi possibile. Siamo coscienti che sarà un campionato molto difficile in cui affronteremo squadre particolarmente agguerrite, ma daremo tutto come sempre. Con l’arrivo di nuovi grandi giocatori, il campionato italiano torna a essere uno dei più importanti e con un livello tecnico davvero elevato: ci sarà da divertirsi». Quest’anno cercherete di fare qualcosa in più anche in Europa? «Dopo tre anni di Champions League abbiamo deciso di provare l’Euro Cup. L’affronteremo per misurarci con grandi squadre e top player; questo ci permetterà di fare esperienza e di crescere, con l’obiettivo di passare il turno». Quanto ti aiuta, nel tuo ruolo da dirigente, la tua esperienza da giocatore? «È chiaro che essere stato giocatore non vuol dire essere automaticamente un
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Con l’arrivo di nuovi grandi giocatori, il campionato italiano torna a essere uno dei più importanti: ci sarà da divertirsi
Festa in canale per lo scudetto della Reyer
buon allenatore o un valido dirigente. Certo che l’esperienza maturata sul parquet ti aiuta a fare certe valutazioni e a essere pronto a cercare nuove soluzioni. In questi anni con lo staff si è creato un rapporto che va oltre l’aspetto tecnico, c’è amicizia e questo aiuta molto. La prima persona che ci ha insegnato e essere gruppo prima di essere squadra è stato il dottor Luigi Brugnaro che è stato il nostro patron, presidente e oggi è il nostro primo tifoso». Con le altre società sportive del territorio veneziano come sono i rapporti? «Per quanto riguarda la pallacanestro posso dire con certezza che siamo il settore giovanile più operoso d’Italia, con più di 5000 ragazzi e oltre 38 società che ne fanno parte, anche al di fuori del territorio. Per cui i rapporti sono ottimi. Anche sul territorio siamo comunque sempre pronti ad avviare nuove sinergie con altri società per far crescere lo sport in Laguna». Presidente, hai un sogno nel cassetto? «Si, di sogni ne ho tanti, ma il nostro desiderio/obiettivo principale è quello di non sentirci mai abbastanza appagati e di continuare a lottare, anche adesso che abbiamo vinto lo scudetto. Le emozioni vissute a fine giugno vogliamo continuare a viverle anche nei prossimi anni perché sono qualcosa di unico, speciale e avverano un sogno che è di tutti».
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la Reyer Venezia 2019-2020 durante il ritiro di Alleghe Festa scudetto
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I NTERVISTA
Insieme
ricominciAmo! di Matteo Viscione - Foto: BluVolley Verona, Paolo Schiesaro
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a BluVolley Verona, dopo una stagione contraddistinta da luci e ombre, è pronta per affrontare un nuovo difficile ma allo stesso tempo stimolante - campionato. Le big sono lassù,
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obiettivamente irraggiungibili, con rose di giocatori costruite a suon di milioni. Alle loro spalle però sgomita un gruppo di formazioni pronte a dar fastidio e a vendere cara la pelle. Tra queste ‘schegge impazzite’ c’è anche la BluVolley Vero-
na, capitanata da Emanuele Birarelli e allenata dal ‘sergente di ferro’ Radostin Stoychev. Il presidente gialloblu Stefano Magrini, intervistato in esclusiva da SportdiPiù magazine, inquadra così la nuova stagio-
Stefano Magrini Presidente BluVolley Verona riflessioni: dopo aver investito dai tre ai quattro milioni di euro, non aver mai ottenuto risultati straordinari, tranne la per la Challenge Cup e non essendo riusciti, sempre per poco, a far qualcosa di importante, abbiamo pensato di ridurre gli investimenti. E’ bene ricordare che il 60% del budget di ogni campionato è supportato dai soci. Quest’anno il nostro obiettivo è entrare nei playoff. Lo scorso anno, inoltre, sono accaduti fatti spiacevoli all'interno dello spogliatoio e altre dinamiche sportive che hanno fatto sì che prendessi in mano la situazione. Abbiamo ridimensionato tutto, rivisto il nostro progetto. All’inizio volevamo ripartire con un coach giovane ma poi abbiamo puntato su Rado Stoychev, uno che come me crede molto nel lavoro. Mi sono incontrato con lui: siamo entrati subito in sintonia e, dopo cinque incontri, abbiamo trovato l’accordo e definito il progetto di quest’anno. Gli allenatori passati mi hanno sempre chiesto campioni, giocatori costosi. ‘Rad’ ha invece una filosofia diversa: punta solo su tre top player e tanti giovani. Questo modus operandi si sposa perfettamente con il pensiero della BluVolley. Personalmente finanzio quasi tutto il settore giovanile, un investimento che darà i suoi risultati tra qualche anno. Ho conosciuto inoltre una persona che a breve entrerà in società come socio, che ha molto entusiasmo. E’ stato lui a dirmi: “Stefano dai, ricominciamo!”…
ne tra ambizione, profilo basso e proclami a zero. Presidente, lo slogan BluVolley 2019-2020 è #RicominciAmo: cosa significa? La società lo scorso marzo ha fatto delle
Quanto ha influito il fattore Verona città nella scelta di Rado Stoychev di accettare la proposta della BluVolley? Rado, durante uno dei nostri incontri, mi ha fatto una confessione; quando era a Trento, dopo un mese disse al presidente: “Noi dovremmo spostarci a Verona per crescere ancora. Verona è una piazza
calda, unica, che vive e ama lo sport.”. Rado intravede una grande opportunità nel lavorare con noi, ci crede tantissimo: conosce il calcio e il basket. Vede l’attaccamento allo sport, alla città, quanto sia forte il tessuto economico e sociale. Lui qui pensa di poter vincere. A meno soldi, rispetto ad altre offerte, ha scelto noi perché crede nell'obiettivo e nel progetto. Siete soddisfatti della squadra che avete? Sì, è la squadra che volevamo, siamo convinti che possa far bene. Capitan Birarelli quanto è importante in questo progetto? Tanto. Il Bira è una persona intelligente e di cultura, razionale, che dispensa spesso consigli a tutti, anche a me. Con lui mi confronto, parlo. Sicuramente nel futuro della società potrà avere un ruolo da dirigente. E la tifoseria, che ruolo potrà avere? La Maraia Gialloblu è una componente fondamentale per la BluVolley, una tifoseria unica. Quando andiamo in trasferta il nostro tifo riesce a coprire il cori delle curve locali, anche se sono in numero inferiore. Purtroppo non c'è ancora la cultura della curva nei tifosi veronesi, perciò quando siamo in casa c’è un po’ di dispersione negli altri settori del palazzetto. Su questo dobbiamo lavorare, la considero una mia responsabilità. Nei mesi scorsi ho mandato una lettera ai tifosi per cercare di aggregarli, riunirli. Ho avuto un riscontro davvero importante, sono rimasto sorpreso. Questo è un bel segnale. Dove può arrivare Verona in campionato? Tralasciando la prima fascia dove ci sarà una lotta a quattro tra le ‘solite’ Lube, Modena, Perugia e Trento, la BluVolley
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sarà in seconda fascia con Monza e Milano. Obiettivo? Come già detto entrare nei playoff e rompere le scatole a tutti! Quest’anno poi è nata una sinergia con l’Hellas: da dove è nata? É nata dialogando con la società. L'Hellas ha molto rispetto per me e per la BluVolley, quindi hanno accettato subito la proposta di collaborazione. Io sono stato anche sponsor di maglia della Coppa Italia dell'Hellas per otto anni. All'epoca il compianto Giovanni Martinelli mi chiese una mano: mi emozionai e da li iniziò la collaborazione ma, in primis, un’amicizia vera. Sono supertifoso dell'Hellas dal 1975. La mia prima partita fu VeronaCesena, ero in curva sud con mio papà. Finì 2-2. Ricordo poi con grande emozione un 3-1 al Varese: avevo 11 anni, ero in Curva Sud con mio papà. Era il marzo del 1982, c'era appena stato Sanremo e Vasco Rossi aveva cantato ‘Vado al Massimo’. A fine partita tutta curva la cantava. Fantastico! La sinergia tra Hellas e BluVolley stimolerà anche il legame tra le tifoserie. A ottobre faremo allo Sporting Club la festa della birra gialloblu, un’Oktoberfest dedicata a tutti gli sportivi veronesi. Aggregare nonostante le differenze, nonostante il tifo...
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Esatto. Non è facile, ma i tifosi veronesi sono pronti. Il tifoso è cambiato: c'è goliardia e divertimento, si beve birra, si va allo stadio come in Inghilterra, Spagna e Germania. Il tifoso del calcio non è più chiuso, guarda e segue un po’ tutti gli sport. Sta cambiando, finalmente, la cultura sportiva. Lo Sporting è un punto di riferimento per la BluVolley: ci sono novità in vista? Si, faremo la piscina. Inoltre a ottobre iniziamo i lavori per un’area food and beverage per eventi aziendali. Poi creeremo un locale per ristorazione ed eventi, una palestra di fisioterapia e la nostra nuova sede. Altri obiettivi stagionali? L'anno scorso avevamo 2200 abbonati veri: dal 2014 abbiamo più che triplicato gli incassi (da 126000 euro a 397000 n.d.r). Questo è un dato senza dubbio significativo che dobbiamo prendere in considerazione. Quest’anno vogliamo ulteriormente valorizzare il - passatemi il termine - prodotto BluVolley: riempire il palazzetto vendendo i biglietti a un euro non ci interessa. Può capitare in occasioni speciali, certo, ma non deve essere la costante. Vogliamo quindi puntare a superare il numero degli abbonati dello
scorso anno e portare nuovi tifosi all’AGSM Forum. Sulle nuove maglie, inoltre, ci saranno sponsor nazionali ed internazionali. La partnership con Korean Air Jumbos (una delle più importanti società di pallavolo della Corea n.d.r.), infine, ci porterà molto, molto lontano. Per vincere ci vogliono sponsor importati; per questo dobbiamo lavorare molto anche fuori dai confini nazionali. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare, di attirare a noi nuove aziende e di lasciare andare quelle che non ci valorizzano. La sinergia con la Corea a cosa può portare? Questo primo importante agreement tra BluVolley e Korean Air Jumbos apre per entrambi le società grandi prospettive di crescita sportiva, commerciale e turistica. Creerà inoltre un importante sbocco per il turismo veronese, per far arrivare i coreani da noi. A gennaio probabilmente faremo un'amichevole in Corea e con l’occasione daremo l'opportunità ai nostri sponsor di conversare con le realtà locali. La stessa opportunità l’avrà anche l'assessore al turismo di Verona. Sono orgoglioso di fare qualcosa di così innovativo e importante per la mia squadra ma lo sono altrettanto, se non di più, di farlo per la mia, la nostra, Verona.
Sponsor tecnico
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tel. 045 8102079
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Largo ai giovani di Jacopo Pellegrini - Foto: Unione Volley Montecchio Maggiore
La presidente Carla Burato
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na nuova stagione è ormai alle porte per l’Unione Volley Montecchio Maggiore, società fondata nel 1978 che quest’anno, con la prima squadra , si appresta ad affrontare il terzo campionato consecutivo di
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serie A2 femminile. Per la formazione allenata dal riconfermato coach Alessandro Beltrami (guida tecnica anche della Nazionale olandese n.d.r.) si tratterà di una stagione tutta da vivere e da scoprire, con una serie di incognite e variabili che, a lungo termine, potrebbero fare la differenza, una su tutte l’età media del roster, di poco superiore ai 21 anni. “Abbiamo deciso di puntare sulle giovani” – spiega la presidente rosso nera Carla Burato –“in sintonia con coach Beltrami, perché fa parte della nostra filosofia. Siamo consapevoli di lasciare qualcosa per strada in termini di esperienza ma siamo anche convinti che le nostre atlete hanno capacità tecniche importanti. Abbiamo allestito una squadra che ci soddisfa e che ci fa pensare positivo per il
campionato che sta per iniziare”. “La stagione scorsa” – prosegue Carla Burato - “è stata assolutamente positiva. In squadra avevamo anche delle ragazze appena maggiorenni che hanno fatto esperienza e si sono guadagnate sul campo la conferma anche per questo anno. Abbiamo centrato tutti i nostri obiettivi centrati: consolidare la struttura della società, avviare un percorso con un primo allenatore di spessore, che ha un contratto con opzione anche sulla prossima stagione e costruire, di conseguenza un progetto per la permanenza in Serie A. Quest’anno, non lo nascondo, vorremmo toglierci qualche soddisfazione in più come migliorare ulteriormente la struttura e poi magari puntare al girone dei play-off (20 squadre iscritte in due gironi: le prime cinque di ogni girone
Alessandro Beltrami allenatore Montecchio andranno ai play-off, le seconde cinque andranno ai play-out n.d.r.) in modo da confrontarci con formazioni di un livello un più elevato”. I risultati del campo, sebbene conquistati da staff tecnico e dalle giocatrici, è comunque lo specchio di quanto viene programmato e pianificato dalla società, composta da dirigenti di grande esperienza e professionalità. “La parte di struttura societaria” – evidenzia la presidente rosso nera – “è composta da tutte quelle che sono necessarie per affrontare in modo ottimale una serie A; abbiamo un general manager, un direttore sportivo, un primo, un secondo e un terzo allenatore, uno staff medico al completo di medici, ortopedici, fisioterapisti e preparatori atletici. Poi ci sono una serie di figure di struttura che invece svolgono diversi ruoli all’interno della società: segreteria, responsabile della biglietteria, responsabile del settore medico e coordinatore di tutto lo staff e tutte quelle persone che svolgono incarichi diversi, per un totale di una quarantina di persone”. La formazione serie A è il fiore all’occhiello dell’Unione Volley Montecchio Maggiore ma non l’unico punto di forza; il settore giovanile è probabilmente il centro di questo grande progetto, dove le giovani atlete trovano possibilità di crescere e puntare alla massima serie. Spiega Burato:“Dire che la nostra società punta anche sui giovani è errato: il Volley Montecchio punta esclusivamente sui giovani! Vogliamo far crescere figure del territorio ma anche delle zone limitrofe purchè siano molto giovani. Aver affrontato due stagioni consecutive in serie A con formazioni di età media compresa tra i 23 e i 21.6 anni credo possa rendere l’idea di cosa significano per noi i giovani. Per il campionato 20192020 abbiamo inserito alcune atlete con più esperienza con l’obiettivo di alzare
l’asticella del gioco in campo e per dare dei riferimenti per il settore giovanile. Per quel che riguarda lo sviluppo sul territorio collaboriamo con una serie di realtà di Verona come il Top Volley, con la quale abbiamo allestito una Serie C, e il Sambo Volley con cui andremo a costituire un’Under14. Nel vicentino abbiamo collaborazioni storiche con società come il Castellana, con la quale abbiamo un progetto in piedi di centri
estivi e progetti nelle scuole. Obiettivi per le prossime stagioni? Allargare il nostro cerchio di azione, consolidando e ampliando i rapporti con le società sportive con spiccata attitudine allo sviluppo dei settori giovanili; pur mantenendo distinte le nostre identità, sono convinta che un progetto condiviso così strutturato può diventare un punto di forza per la pallavolo femminile per il territorio compreso tra Vicenza e Verona”.
La rosa dell'Unione Montecchio Maggiore Volley 2019-2020
La presidente Burato con il capitano del Montecchio Maggiore 2019-2020 Chiara Scacchetti
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Giovane Anthea, grandi obiettivi di Gian Paolo Zaffani - Foto: Anthea Volley Viccenza
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n progetto per riportare pallavolo vicentina femminile ad alti livelli e per valorizzare il patrimonio della società, con un occhio di riguardo per le giovani atlete della provincia. Con questi presupposti è stata fondata nel novembre del 2016 l’Anthea Volley Vicenza, società nata con l’obiettivo di riportare ad alti livelli il volley vicentino grazie anche ad una di rete sinergica tra le società pallavolistiche vicentine. Volley Vicenza fa parte del network nazionale Vero Volley, che già oggi condivide con 20 società percorsi di formazione negli ambiti della direzione sportiva, del marketing e della comunicazione. Grazie a questa collaborazione Volley Vicenza garantisce alle società aderenti opportunità di formazione per le atlete, i dirigen-
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ti sportivi e il personale tecnico. La società è presieduta da Andrea Ostruzzi, si avvale di uno staff qualificato e di grande esperienza, con Mirella Cavallaro alla guida della formazione di serie B. Il Direttore Generale è Luca Milocco, ex pallavolista dal curriculum di tutto rispetto: 65 presenze in Nazionale dal 1985 al 1987, bronzo alle Universiadi di Kobe, campione d’Europa con l’Enermix Milano e campione del Mondo per Club con la Mediolanum Milano. Milocco si occupa di sviluppare e gestire lo staff tecnico della squadra e di coordinare i progetti di formazione rivolti alle atlete e al personale tecnico delle società aderenti al progetto, oltre a promuovere il coinvolgimento di nuove società sportive. “In poco meno di tre anni” – spiega il Dg Luca Milocco – “abbiamo fatto parecchia
Il Dg Luca Milocco strada. Con la prima squadra abbiamo centrato, alla prima presenza in serie B1, un incredibile quarto posto. Lo scorso campionato ci siamo ulteriormente migliorati terminando la stagione al secondo posto e ‘sfiorando’ la promozione in serie A, obiettivo al quale punteremo per la stagione che sta per iniziare”. Ambizione che passa, e non è scontato, attraverso la valorizzazione di un settore giovanile che, per la stagione 2019-2020, punta a raddoppiare sia nei numeri, sia nelle formazioni che scenderanno in campo.
L'allenatrice della formazione di serie B Mirella Cavallaro “Il settore giovanile” – evidenzia Milocco – “è fondamentale per qualsiasi società; per noi, che siamo una società praticamente appena nata, lo è ancora di più. Lo scorso anno abbiamo allestito una formazione Under 16 che, incredibilmente, è arrivata alle fasi nazionali. Quest’anno faremo fare un altro step: l’Under 16 verrà divisa, per motivi di età, e nascerà una formazione Under 18. Al fianco di queste compagini allestiremo due formazioni Under 14, una agonistica che si allenerà quattro volte la settimana, e una più ‘soft’ dedicata a chi vuole giocare principalmente per divertirsi e socializzare. Anche questo, ricordiamolo, è uno degli obiettivi della pallavolo. Infine per le più piccole ci sarà l’attività del minivolley”. “L’organizzazione societaria è uno dei nostri punti fermi” – spiega il Dg dell’Anthea Volley Vicenza – “perché l’improvvisazione non è più consentita, a nessun
livello. Essere ben organizzati ti permette di ottimizzare le risorse, individuare con una certa precisione gli obiettivi che ti vuoi prefiggere e ti permette di organizzare un settore giovanile che, negli anni, ti permetterà di portare nuova linfa alla prima squadra. Far crescere le giovani del vivaio è senza dubbio più gratificante rispetto all’acquisto di giocatrici da altre formazioni. È senza dubbio anche più impegnativo ma, se fatto bene, ti permette anche di risparmiare diversi soldi che puoi, a tua volta, reinvestire. Purtroppo quando decidi di intraprendere questo tipo di percorso, soprattutto se sei una società con poca storia alle spalle, rischi di attirare invidie e gelosie. È un vero peccato perché una sana rivalità fa solo che bene alla pallavolo e alle atlete. Noi comunque andiamo avanti per la nostra strada con la consapevolezza di lavorare correttamente e con professionalità”. Infine Luca MIlocco analizza gli obiettivi
Il presidente Andrea Ostruzzi a medio lungo termine: “Detto del settore giovanile, è inutile che ci nascondiamo: il nostro obiettivo con la prima squadra è quello di andare in serie A. Ci siamo andati vicino lo scorso campionato, ci riproveremo senza dubbio quest’anno. Partire tra le squadre favorite per la promozione non ci spaventa, anzi ci da un carica ulteriore. Noi siamo pronti: sarà poi il campo a dire se meritiamo, o meno, il salto di categoria”.
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Pallavolo Locara: 'D' bene in meglio! di Matteo Lerco - Foto: Pallavolo Locara
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na nuova avventura all’orizzonte. L’US Pallavolo Locara ricomincia a faticare dopo una stagione ricca di conquiste e di successi: dall’accesso in Serie D con la Prima Squadra ai progressi che hanno coinvolto tutto il Giovanile, si è appena concluso un anno aureo per il volley locarese. Ad illustrarci le novità in cantiere per l’annata ormai alle porte è stato il dirigente Claudio Brendolan: “Ripartiamo da tutto ciò di buono che è stato recentemente seminato” – chiosa il membro del direttivo – “la D è un vanto da condividere con tutto il paese, un traguardo che avevamo messo nel mirino e che siamo riusciti a tagliare perdendo una sola partita in tutto l’arco del campionato. Uno sviluppo evidente lo abbiamo riscontrato anche a livello di vivaio, con gli exploit delle rappresentative Under 12 e Under 13, giunte entrambe ai quarti di finale dei rispettivi tornei. In questa stagione ormai prossima amplieremo il novero di squadre, creando un Under
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14 e un Under 16, che si aggiungeranno alle due realtà in precedenza citate, all’S3 (Minivolley), alla Serie D e alla Seconda Divisione. Ci avvarremo, inoltre, sempre delle due palestre di Locara e Prova”. Ambizione fa rima con programmazione. A Locara la parola d’ordine è pianificazione: senza una precisa idea di fondo è difficile infatti strutturare un’annata convincente. “Il prossimo step è rappresentato dalla Serie C” – prosegue il dirigente – “quest’anno ci importa di condurre un torneo d’alta classifica e se arrivasse il grande salto sarebbe tutto di guadagnato. Abbiamo affidato le redini a Luca Beltrame, ex allenatore del Cerea, mentre il ruolo di secondo allenatore sarà ricoperto da Daniela Nicolin, artefice insieme a coach Andrea Lunardi della recente promozione. Proprio Lunardi sarà infine il collante tra Serie D e Giovanile, nonché il trainer della Seconda Divisione. Che con rosa ci apprestiamo a giungere ai nastri di partenza? Ci sarà un giusto mix di giocatrici giovani ed esperte, un connubio che speriamo porti
Claudio Brendolan in dote delle belle soddisfazioni”. Un mondo in continua espansione. Parallelamente all’ascesa del Locara, prosegue la crescita di un movimento pallavolistico veronese mai così prospero. ”Ci sono moltissime realtà che lavorano bene e che stanno contribuendo ad accrescere il prestigio della nostra Provincia” – chiude Brendolan – “merito di dirigenti in gamba, che mettono davanti a tutto la valorizzazione delle atlete. La via intrapresa dal volley autoctono è indubbiamente quella giusta”.
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A Caldogno da trent'anni si schiaccia! di Gian Paolo Zaffani - Foto: Pallavolo Caldogno
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ra il 19 settembre del 1989 quando un gruppo di genitori decise che a Caldogno, oltre al calcio e alla pallamano, si poteva e si doveva giocare anche a pallavolo. L’obiettivo principale era quello di dare la possibilità a tutti quei ragazzi che passavano la loro giovinezza per le strade di trovare, in uno sport come pallavolo, un centro di aggregazione e di formazione integrativa. Bastò poco per iniziare: una rete, un paio di palloni e una forte carica emozionale. Da quel fatidico giorno di trent’anni fa la Pallavolo Caldogno di strada ne ha fatta tanta, affermandosi nel tessuto cittadino come una della più società più attive sul territorio. Palestra, allenamenti, partite ma non solo; la dirigenza della Pallavolo Caldogno porta la pallavolo nelle scuole ponendola di fatto al centro della formazione dei ragazzi. L’iniziativa, in collaborazione con il comune di Caldogno, ha offerto la possibilità ai tecnici di impartire lezioni di pallavolo presso scuole primarie e scuola secondarie di primo grado. Uno dei ‘segreti’ del successo della Pallavolo Caldogno sta senza dubbio nella collaborazione e nel volontariato da parte di tutti i membri della società e di tutte quelle persone, sempre gratuitamente, si prestano per aiutare la gestione delle varie categorie di atleti. Per svolgere con serietà e dedizione questi progetti la società si avvale della collaborazione di allenatori con qualifica FIPAV. “Il bilancio di questi primi trent'anni di attività della Pallavolo Caldogno" ' spiega il direttore sportivo Mirko Bettagno – “è senz'altro positivo; questo però non significa che ci riteniamo appagati, anzi. L'obiettivo per i prossimi
Il direttore sportivo Mirko Bettagno
La presidente della pallavolo Caldogno Francesca Dalla Stella
Under 16
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Seconda divisione anni è di continuare a lavorare per migliorarci, per cercare nuovi obiettivi sportivi e per promuovere lo sport tra i giovani, un'opportunità, quest’ultimo, per coltivare nuove amicizie, imparare le regole del gruppo e rispettare compagni e allenatori. Non a caso in questi ultimi due anni abbiamo allestito dei camp estivi per cercare di ampliare il nostro settore giovanile e promuovere la pallavolo nel nostro territorio, inserendo all'interno del nostro organigramma collaboratori capaci ed esperti, per rendere la nostra organizzazione sempre più professionale”. “Da qualche anno” – conclude Bettagno – “organizziamo ritiri sportivi a Lignano in vista della preparazione atletica precampionato con tutte le nostre squadre, occasione che serve per cementare l’affiatamento fra le atlete e lo staff tecnico. Anche i genitori delle nostre ragazze risultano sempre molto
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Under 12 collaborativi nelle varie iniziative della società. Insomma siamo una grande famiglia e questo ha permesso alla Pallavolo Caldogno di diventare una delle realtà sportive più consolidate del nostro territorio; finchè passione, voglia e determinazione saranno dalla nostra parte, qui si continuerà a schiacciare!”.
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I NTERVISTA
Ritorno a
di Paola Gilberti - Foto: Viadana Rugby, Michael Galli
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Abbiamo tutti voglia di riportare il Viadana in alto, dove merita di stare
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n grande ritorno al Rugby Viadana: dopo una stagione a Noceto Giacomo Bonfiglio torna a vestire la maglia giallonera. Bonfiglio, seconda linea classe 97, entra a far parte del club mantovano a 15 anni, “con il supporto costante ma a distanza della mia famiglia”, afferma, passando poi, nella stagione 2016/2017, al club affiliato dei Caimani Rugby di Bondanello, militante in serie B. L’anno successivo arriva la convocazione in prima squadra, la prima di molte e ora Giacomo è pronto a tornare in campo più carico che mai, augurandosi “di giocare il più possibile e migliorare sempre più per diventare parte attiva nei successi del Viadana di quest’anno!”. Giacomo, sei felice di tornare a Viadana? Sono molto felice, ormai la considero
casa. Qui ritrovo i compagni delle giovanili, della seconda squadra (Caimani) e ragazzi che ho conosciuto durante i miei due anni di ‘gavetta’ in prima squadra. Cosa ti aspetti da questa stagione? «In primis ho tanta voglia di lavorare per migliorare il mio livello sia fisico che tecnico, dato che Viadana è uno dei migliori club in Italia per quanto riguarda la struttura e lo staff. Giocherò al meglio per ottenere un posto da titolare, perché come dico sempre il Top 12 per me è un trampolino di lancio per guadagnarsi un posto nelle franchigie come Zebre e Benetton e, perché no, anche in Nazionale. A livello di squadra abbiamo tutti voglia di riportare Viadana in alto, dove merita di stare, punteremo a creare un gruppo, una famiglia solida che ci permetta di uscire al meglio dai momenti difficili.»
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L’anno scorso sei stato a Noceto. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Noceto è come Viadana, un piccolo paese che vive di rugby. Là ho trovato un fantastico gruppo di ragazzi con tanta passione. Ho avuto la fortuna di giocare tutto l’anno al fianco di una figura come Giuseppe Boggiani, seconda linea con anni di professionismo alle spalle e campione d’Italia con il Rovigo. Da lui ho cercato di prendere tutti i consigli possibili, nella speranza di riuscire a percorrere una carriera importante come la sua. Hai già un’idea su chi possano essere le favorite della stagione? Preferisco non fare pronostici riguardo le favorite, anche se so che Calvisano e Rovigo in casa sono delle corazzate. Sarà comunque fantastico poter andare là e dare il massimo per portare a casa il risultato, soprattutto nel derby con Calvisano, una partita sempre molto sentita. Nel Viadana hai avuto un bel percorso di crescita. Quanto pensi sia importante per una società sportiva investire nei giovani del vivaio piuttosto che nell’acquisto di stranieri? Prima di tutto è un vanto per una società avere una rosa di giocatori cresciuti nelle giovanili del club e soprattutto diventa molto più facile creare team perché ci si conosce già da anni, si è abituati a vivere
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e giocare insieme. In secondo piano, formare una rosa con giocatori del vivaio è un vantaggio a livello economico: i giocatori da fuori costano e creare una squadra diventerebbe parecchio oneroso. Situazione del rugby in Italia: movimento in crescita o in calo? Diciamo che il movimento in Italia è in lenta e non costante crescita. La federazione investe molto sulle accademie e sulle franchigie per andare a costruire una nazionale competitiva, ma penso dovrebbe anche a finanziare maggiormente i club italiani per poter alzare il livello del campionato e produrre talenti per la Nazionale. I recenti buoni risultati della Nazionale under 20 e soprattutto della Benetton fanno ben sperare per il futuro. Sicuramente il lavoro da fare è ancora molto. Ultimamente molte società di rugby si avvicinano alle scuole per far conoscere il mondo della palla ovale anche ai più piccini. Il mito del rugby sport violento è stato quindi sfatato? Il rugby è sicuramente uno sport di contatto, ma la violenza di cui si parla è una violenza ‘agonistica’ e regolamentata. Ultimamente si sta facendo sempre più attenzione alla salute dei giocatori, apportando cambi alle regole (l’altezza del placcaggio per esempio) e punendo
sempre più severamente chi va a violare queste regole durante il gioco. Quindi si il rugby è uno sport duro, ma è proprio questo che lo rende bello. Parliamo un po’ più di te: hai mai pensato di cambiare sport? O comunque ci sono altre discipline che ti appassionano? Ho praticato calcio e nuoto da piccolo, ma da quando ho iniziato a giocare a
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Da quando ho iniziato a praticare questo sport non ho mai avuto dubbi: questo è lo sport per eccellenza
rugby non ho mai avuto dubbi: questo è lo sport per eccellenza, e non ho proprio intenzione di cambiare. Sono comunque un appassionato di sport in generale, guardo un po’ di tutto: basket, pallavolo, calcio, però per la maggior parte del tempo guardo partite di qualsiasi campionato di rugby. Quando non giochi cosa fai? Hai qualche
hobby particolare? Da quando sono piccolo suono la chitarra, ogni tanto mi piace metterci le mani e rilassarmi suonando qualcosa. Ho anche un ukulele decisamente più facile da portarsi dietro che ho iniziato a suonare da autodidatta. Per il resto non sono un gran cuoco, ma mi piace cucinare. Quando ho del tempo libero provo qualche ricetta elaborata, con il rischio poi di uccidere la mia ragazza a cena. Sei anche tu, come la gran parte dei rugbisti, un estimatore della combo ‘birragrigliata’ o hai qualche piatto che ti piace o hai qualche piatto che ti piace di più? Purtroppo per me e per la mia pancia mi piace molto la carne grigliata e la birra
freschissima, ma adoro anche cibo messicano, indiano, sushi. E poi impossibile non amare una bella pizza stracciatella e crudo. Ultimissima domanda: cosa farai da grande? Ho un diploma di liceo scientifico, poi all'università non ho trovato niente che mi interessasse davvero. Mi sono iscritto a scienze motorie un po' in automatico, ma ho rinunciato poco dopo. Per ora conto di giocare a rugby il più possibile, consapevole che prima o poi finirà e non potrò vivere di rendita per il resto della mia vita. Nel frattempo tengo le porte aperte a qualsiasi opportunità, e non escludo neanche la possibilità di tornare a studiare.
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COVER STO RY o Caputi ni - Foto: Massim di Alberto Crista
Vado al Massimo
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iornalista, conduttore televisivo, telecronista, opinionista, inviato speciale sono alcuni dei ruoli che Massimo Caputi affronta da sempre con la massima professionalità. Il suo volto e la sua voce sono legate ad alcune delle trasmissioni più importanti, e indimenticabili, della televisione italiana tra cui Quelli che… il calcio, La Domenica Sportiva e Galagol. La sua voce ha raccontato, in copia con Josè Altafini e Giacomo Bulgarelli, le imprese della Nazionale italiana alle edizioni 1990, 1994 e 1998 del Mondiali e agli Europei dal 1988 al 2000. Ha inoltre prestato la voce alla serie di videogiochi FIFA, insieme a Giacomo
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Bulgarelli, dal 1998 al 2002. E poi radio, ancora tv e tanta carta stampata. Da agosto 2013, è Responsabile Redazione Sportiva de Il Messaggero. Tanta esperienza e competenza che Massimo, come ci racconta in questa intervista, non smette mai di ‘coltivare’ e, cosa non da tutti, da mettere a disposizione delle ‘giovani leve’ che si apprestano ad approcciare il mondo del giornalismo, soprattutto quello digitale. Anche se, come ci tiene a precisare: “La carta stampata non morirà, mai!”. Massimo, cos’è per te lo sport? «Credo che lo sport sia un movimento importante e in crescita. Questo parlando sia di sport come attività agonistica,
dato che in Italia abbiamo eccellenze anche negli sport meno noti, sia come attività legata a valori importanti. È il modo migliore per preparare i giovani a crescere correttamente e con le giuste priorità dato che insegna il rispetto delle regole e degli avversari, a misurare te stessi, gestire vittorie e sconfitte. Mi auguro quindi che lo sport sia sempre più presente nella vita di tutti noi e che con la nuova riforma ci sia anche possibilità di fare più sport a scuola e di costruire nuovi impianti per permettere ai ragazzi di fare pratica sportiva». Quanto è cambiata negli ultimi anni la comunicazione sportiva? «Tantissimo, direi totalmente. Con
Ho conosciuto bene Alberto Tomba: lui era lo sci, mi ha colpito la sua naturalezza, la sua ‘spensieratezza’ fuori dalle piste contrapposta alla sua assoluta concentrazione in gara. Poi c’è Roberto Mancini al quale sono legato da lunga amicizia: lui già a 20 anni aveva la mentalità da allenatore. Infine voglio ricordare la schermitrice Elisa Di Francisca, una ragazza eccezionale, piena di entusiasmo, di grinta, di voglia di vivere e di fare sacrifici: nonostante sia diventata mamma continua la sua carriera, dando consigli a tutte le mamme che devono conciliare vita privata e lavoro». internet e i social tutto è cambiato. Viviamo nell’era dove tutti posso avere le informazioni nel minor tempo possibile, in tempi rapidi e attraverso vari canali. Il giornalismo come lo intendevamo un tempo non esiste più ed è necessario saper utilizzare più strumenti per poter comunicare nel miglior modo possibile». Tra questi strumenti la carta trova ancora spazio? «Io lavoro con la carta, sono responsabile dello sport al Messaggero, e quindi penso che questo mezzo non morirà mai, ma deve recitare un ruolo diverso. Oggi le notizie arrivano rapide e su più mezzi, quindi la carta non può più essere solo informazione nel senso classico, ma deve avere un taglio diverso, quello dell’approfondimento. Questo è il suo ruolo».
Massimo Caputi con Giacomo Bulgarelli
Sei stato un telecronista di spicco, con un linguaggio fuor dalle righe, ma sempre elegante: ti manca la TV? «Nella mia carriera ho avuto la fortuna di fare di tutto, di sperimentare ogni forma di strumento, passando prima per la TV fino alla carta stampata. Ho avuto l’opportunità di fare tutto e nel miglior modo possibile. Devo però dire che la TV, come mezzo di comunicazione, non mi manca. Ci sono stato anche recentemente come opinionista, ma per poter tornare a essere una presenza fissa dovrei avere sicuramente un progetto che mi intrighi». Nella tua carriera hai conosciuti tanti atleti: chi ti ha più impressionato? «Ce ne sono tanti. Aver a che fare con tanti professionisti mi ha arricchito, ho imparato molto da ognuno di loro.
Massimo Caputi con Roberto Mancini
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Massimo Caputi durante una partita di calcio
Massimo Caputi FIFA Videogiochi Hai un blog (http://www.massimocaputi. it/cronista-digitale) e una pagina Facebook (Cronista digitale) dove racconti la tua esperienza e dai consigli a chi vuole intraprendere la carriera di giornalista: come ti è venuta questa idea? «Penso sia bello e importante restituire ai giovani le conoscenze e i consigli che ho acquisito negli anni e che in questo mondo, accelerato e frenetico, si fa fatica a ottenere. Io ho avuto la fortuna di iniziare questo lavoro molto giovane, guidato da grandi maestri che mi hanno saputo indirizzare e anche ‘tenere a freno’ quando potevo sentirmi realizzato. Durante il mio percorso ho poi avuto modo di stringere forti amicizie con colleghi come Pierluigi Pardo, Massimo Ugolini e Riccardo Gentili, professionisti con cui posso confrontarmi in assoluta libertà. Per questo voglio dare il mio contributo alle nuove generazioni. Ci sarà un ulteriore sviluppo ai miei progetti: sto infatti lavorando anche a una app dove sarà possibile trovare feedback che sfoceranno poi in incontri in tutta Italia». Se ti dico Verona cosa ti viene in mente? «Ricordo il Verona campione d’Italia, splendida favola di una squadra che era impossibile non ammirare. Poi la città con la sua bellezza: ogni volta che ci sono stato me la sono goduta. E poi mi viene in mente la gente che ho sempre trovato disponibile e divertente. Senza contare il buon vino... ». Nel tuo tempo libero ti diverti a giocare a golf: come mai hai scelto questo sport? «All’inizio mi sono avvicinato con titubanza e con qualche dubbio: lo consideravo uno sport da vecchi! Poi,
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Massimo Caputi e Pierluigi Pardo sul green
della notizia. Sempre che non darla possa recare un danno: in questo caso la situazione cambia. Ho avuto rapporti di amicizia con tanti calciatori e se mi sono conquistato la loro fiducia e confidenza è perché sapevano che mi me potevano fidarsi: non ho mai tradito né loro, né il mio lavoro di giornalista». praticandolo, mi sono ricreduto e mi sono fatto rapire della sua bellezza. Giocando a golf tieni impegnati testa, cuore e anima. E poi si pratica stando in mezzo alla natura, tra il verde. Nulla a che vedere, per esempio, con la palestra o con il tennis: giocando a golf ti sembra di essere in vacanza». Etica professionale, scoop, attenzione alla notizia: dare la notizia a tutti i costi o a volte fare è giusto e necessario fare un passo indietro? «Per quanto mi riguarda in molto casi ho preferito rinunciare allo scoop; l’uomo viene prima di ogni cosa e quindi il rispetto della persona e della sua sensibilità è superiore a qualsiasi senso
Ultima domanda: se potessi rivivere un momento da sportivo quale sceglieresti? «Senza dubbio la finale di Coppa del Mondo USA del 1994 persa ai calci di rigore con Brasile: se quel rigore di Baggio fosse entrato probabilmente avrei potuto raccontare la vittoria del quarto Mondiale dell’Italia».
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I NTERVISTA
Nelle mani di Brando di Giorgio Vincenzi - Foto: Mantova 1911
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rchiviata la delusione del maggio scorso per la mancata promozione in Serie C, il Mantova del nuovo allenatore Lucio Brando guarda al prossimo campionato di Serie D con ottimismo e con la consapevolezza di avere una rosa di giocatori adeguata all’obiettivo che rimane il salto di categoria. Brando, 47 anni di Biella, viene da una stagione positiva al Fiorenzuola dove è giunto quinto nel campionato di Serie D (nelle semifinali di play off è stato sconfitto dal Modena). Prima ancora era stato l’allenatore del Domo Pont Donnaz Hone Arnad, in Eccellenza, della Juventus Domo, con la quale aveva sfiorato la Serie D, e della Virtus Verbania con la quale ha vinto il torneo di Eccellenza. Mister Brando, cosa significa per lei allenare il Mantova in Serie D visto che aveva avuto una offerta anche da una squadra di Serie C? «In effetti c’è stata una proposta di allenare una squadra di Serie C, ma dal punto di vista professionale sono convinto che ho fatto una scelta corretta perché mi permette di fare esperienza in questa categoria e di fare un campionato di vertice. Per il mio cammino di crescita, ribadisco, è stata la scelta migliore e poi spero di arrivare alla Serie C con il Mantova». Mantova ha un grande passato fatto di campioni e di campionati in Serie A: non la intimorisce tanta storia e quindi anche le molte attese da parte dei tifosi? «Timore no, grande rispetto per la storia sì. Certamente c’è una gratificazione nell’allenare una squadra con una storia importante e nel vedere così tante persone che la seguono. Detto questo, io faccio il mio lavoro mettendo tutta la mia professionalità e passione».
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La serie C è l’obiettivo di quest’anno? «Sarei ipocrita se dicessi il contrario. Cercheremo di fare un campionato di vertice, anche se vincere nel calcio non è facile per nessuno e a qualsiasi livello. Abbiamo però un organico adeguato e la società ha le ambizioni giuste per centrare l’obiettivo». Il Mantova farà parte del girone D: quali sono le rivali più temibili? «Sono davvero tante le rivali. Se devo fare dei nomi direi: Franciacorta, Crema, Fanfulla, Fiorenzuola, Calvina».
Quali sono i giocatori che dovranno fare la differenza in campo? «La differenza la devono fare tutti anche un giovane della juniores che entra a pochi minuti dal termine della partita e magari ti segna il goal della vittoria». Come giocherà il Mantova? «Il modulo fin qui utilizzato è stato quello del 4-3-3, ma non è escluso che in futuro possiamo prevedere delle modifiche. È anche possibile che durante una partita si passi da un modulo a un altro in base alle situazioni che si presentano.
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Per il mio cammino di crescita, Mantova è stata la scelta migliore
Che impatto ha avuto con la città di Mantova? «È una città stupenda che mi ha colpito fin da subito per la sua bellezza». E con i tifosi? «La precedente conduzione tecnica ha certamente lasciato un segno. Ho passato l’estate sentendo il nome di Morgia parecchie volte. Un allenatore che si è fatto volere bene e quindi non sarà facile prendere il cuore di queste persone».
Occorre però studiarle bene per non fare dei grandi ‘minestroni’». In passato le è stato dato il nomignolo ‘Marlon’ in riferimento al noto attore… «È una cosa del passato (sorride, n.d.r.) e nel mondo calcistico non mi chiamano così. I tifosi qualche volta hanno messo degli striscioni con questo nomignolo. Tutto qui». Che storia ha avuto da calciatore? «Non ho avuto un grandissimo percorso, sono arrivato sino alla Promozione. Ho smesso di giocare a 28 anni e avevo già in mente di fare l’allenatore». Parlando di allenatori in generale, secondo lei qual è quello più innovativo? «Secondo me è Pep Guardiola, il più geniale. In Italia mi piacciono Maurizio Sarri e Gian Piero Gasperini».
Mister Brando con l'ex centrocampista della Juventus Angelo Di Livio
Serie D girone D le rivali del Mantova 2019-2020: Alfonsine, Breno, Calvina, Ciliverghe, Correggese, Crema, Fanfulla, Fiorenzuola, Forli, Lentigione, Mezzolara, Progresso, Sammaurese, Sasso Marconi Zola, Savignanese, Sporting Franciacorta, Vigor Carpaneto. Lucio Brando (a sinistra) ed Emanuele Righi, direttore sportivo del Mantova (a destra)
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SPO RT LI FE
Psicomotricità e gioco-arrampicata di Arianna Del Sordo - Foto: King Rock
A che età i bambini possono cominciare ad arrampicare? E’ la domanda che si pongono in molti. E’ possibile iniziare a 4 anni, attraverso un percorso propedeutico all’arrampicata, dove il gesto verticale viene insegnato con il gioco, il divertimento e la fantasia. Ecco perché, nel caso dei nostri piccolissimi allievi, è più appropriato parlare di psicomotricità correlata e di giocoarrampicata.
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a psicomotricità consiste nel potenziare e valorizzare l’attività motoria dei bambini, mettendo in relazione l’esperienza corporea e la percezione mentale tra azione e mondo interiore, tra gesto ed intenzione. Lo scopo è creare una perfetta compenetrazione tra pensiero ed esperienza. Per bambini molto piccoli (4-5 anni di età), il gioco è fondamentale per sviluppare creatività, incoraggiare la socializzazione, diffondere lo spirito di condivisione ed
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impartire nuove informazioni. Attraverso il gioco, infatti, i bambini cominciano ad avere una percezione più concreta della realtà che li circonda, ma sempre attraverso la lente della loro fantasia. In questa fase, l’approccio psicomotorio è fondamentale, poiché permette loro di sperimentare, scoprire ed esprimersi, venendo a contatto con la realtà e con le persone che li circondano: il loro mondo interiore tende a fondersi con il mondo reale, in armonia. Agli educatori spetta il ruolo, delicato ed importante, di guidarli
in questo percorso, valorizzandone i gesti e interpretando le esperienze, per dare loro gli strumenti necessari a muoversi nel contesto che li circonda con naturalezza e serenità. Ecco quindi, che i bambini si rapportano gradualmente alle cose, agli spazi, ai colori, alle persone e, nel nostro caso specifico, alle pareti da scalare. Giocando si impara. Nelle nostre lezioni, ciascuna della durata di 45 minuti, l’arrampicata diventa uno strumento essenziale presente in tutti i
giochi: il gesto verticale è il mezzo che permette lo svolgersi del gioco e il raggiungimento di un obiettivo. Ogni bambino, infatti, è libero di muoversi seguendo il proprio istinto ed utilizzando le mani e i piedi nel modo più naturale possibile per lui. Attraverso il gioco, i bambini hanno dei piccoli obiettivi da raggiungere, correlati con un tratto di parete da scalare. Ad esempio: una ghianda da mettere in un panierino è una buona motivazione per sfamare lo scoiattolo del bosco, anche se questa comporta arrampicare su qualche presa; raggiungere un’isoletta per scoprire il tesoro dei pirati può essere uno stimolo ad andare fino in catena ed ottenere il premio sperato. Insomma: il gioco è il canale principale attraverso il quale acquisire il gesto verticale senza difficoltà e con il divertimento, potenziando e sviluppando capacità motorie e cognitive, sviluppando creatività e stimolando la curiosità. Imparare i valori dello sport attraverso il gioco. La piccola comunità che si crea, filtrata attraverso la lente del gioco, diventa un terreno fertile dove acquisire un sistema di valori fondanti dello sport, ma anche della vita di tutti i giorni. Nel gioco di squadra i bambini acquisiscono autostima, imparano a rispettare gli altri, ad avere pazienza e a sostenere il compagno. Ognuno mette
in campo le proprie capacità, ma anche i propri limiti, trovando un contesto positivo e confortevole dove poterli superare. In sostanza, negli appuntamenti di giocoarrampicata, i bambini: imparano, attraverso il gioco, a muoversi verso una nuova dimensione che è quella verticale; imparano a socializzare tra loro in modo libero e creativo, creando così le premesse per sviluppare, in futuro, quello che sarà lo spirito di squadra, strumento fondamentale per permettere loro di vivere lo sport e la competizione in modo sano, sereno e positivo. Al King Rock teniamo molto a questo percorso, perché ci permette di crescere i bambini all’insegna del divertimento, insegnando loro ad arrampicare in modo creativo e naturale. Per loro, abbiamo strutturato corsi di psicomotricità e arrampicata sportiva, due esperienze che si integrano tra loro e rispondono ai loro bisogni di movimento in un contesto ludico. Il bambino si diverte, acquisisce fiducia in sé e negli altri e migliora
la propria coordinazione globale. In questo modo può vivere l’arrampicata come una dimensione necessaria per scoprirsi e conoscere doti e limiti di sé, prendendo confidenza con le proprie emozioni e paure e superandole, grazie al contesto positivo che gli sta intorno. La fase successiva riguarda i bambini di età compresa tra 7 e 11 anni, ai quali è dedicato un corso permanente di arrampicata sportiva sia indoor che outdoor e dove l’arrampicata diventa protagonista assoluta. In questa fase, i bambini imparano a conoscere i loro stati emotivi, migliorano la loro componente motoria individuale, acquisiscono il movimento verticale e i principi della sicurezza, imparano a fare sicura e ad essere responsabili del proprio compagno.
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A tavola con Federica
Dott.ssa Federica Delli Noci Dietista - Specializzata in Scienze dell’Alimentazione
Gli zuccheri nella dieta: facciamo chiarezza
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uccheri sì o zuccheri no? Questo è il problema! Sempre più spesso sento dire dai miei pazienti che per ridurre i chili di troppo, hanno optato per la drastica riduzione dei carboidrati nella loro dieta, ottenendo un’immediata perdita di peso, con una conseguente difficoltà nel riuscire a mantenere il peso forma costante nel tempo. Cerchiamo di fare chiarezza su un frequente argomento di discussione tra i più e i meno esperti del settore. Gli zuccheri (o carboidrati) costituiscono la nostra principale fonte di energia e secondo le linee guida nazionali dovrebbero soddisfare circa la metà del nostro fabbisogno calorico giornaliero. Ma gli zuccheri non sono tutti uguali; si dividono in semplici (frutta, zucchero, miele, sciroppi, bevande zuccherate) assimilati più velocemente, e complessi (pane e sostituti, pasta, patate, riso) assorbiti più lentamente. Per questo motivo, il nostro livello di zuccheri nel sangue (la glicemia), si innalza più rapidamente dopo il consumo di frutta o di un succo di frutta rispetto a quello che succede dopo il consumo di un buon piatto di spaghetti al pomodoro. La quantità e il tipo di carboidrati da assumere durante la giornata è diverso per ciascuno di noi, tenendo anche presente che un eccesso di questi nutrienti nella nostra dieta, si accumula sotto forma di grassi ed è tra le principali cause di sovrappeso e obesità. Per chi pratica sport, gli zuccheri, sia semplici che complessi, non possono assolutamente mancare dall’alimentazione quotidiana, alternando nei diversi momenti della giornata alimenti come frutta e verdura a cibi come pasta, pane, riso o patate distribuendoli correttamente nelle 24 ore. I carboidrati semplici devono rappresentare circa il 10% delle calorie totali preferendo frutta, verdure e zuccheri naturalmente presenti nel latte ed evitando il saccarosio (il comune zucchero da
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tavola) e le bevande zuccherate. Un altro aspetto da non trascurare se si parla di carboidrati è la loro qualità. Nella scelta degli alimenti a base di carboidrati da portare sulle nostre tavole, sono da preferire i prodotti integrali per il loro basso indice glicemico e per il loro elevato contenuto di fibra, vitamine e minerali presenti in misura minore in pane, pasta, riso o prodotti da forno a base di farine raffinate. Quanti e quali carboidrati per perdere peso? Innanzitutto mai toglierli completamente dalla dieta quotidiana. Il rischio è quello di privare l’organismo di energia fondamentale che il nostro corpo andrà a ricavare da altri nutrienti come proteine e grassi. In assenza di energia proveniente dai carboidrati, il corpo sfrutta le proteine e i grassi assunti dagli alimenti per trasformarli in zuccheri con la conseguente perdita di peso ma esclusivamente di massa magra. La strada giusta per mantenersi in forma è quella di evitare l’eccesso di carboidrati semplici provenienti da zucchero, bevande zuccherate, caramelle, miele e dolciumi vari, preferendo prodotti integrali come pasta, riso,
pane e sostituti non raffinati da alternare durante la settimana e da distribuire uniformemente nell’arco di tutta la giornata; integrare la dieta con due porzioni di verdura e tre porzioni di frutta al giorno e incrementare soprattutto l’attività motoria per contrastare l’accumulo di energia che si può depositare sotto forma di grassi. Per quanto riguarda la quantità di carboidrati da assumere giornalmente, non è possibile generalizzare in quanto il fabbisogno di zuccheri di ciascuno di noi è correlato alle calorie giornaliere e dipende da numerosi fattori quali l’età, il sesso, il tipo di attività sportiva praticata, il numero e l’intensità degli allenamenti settimanali.
I NTERVISTA
Una vita su quattro rotelle di Giorgio Vincenzi - Foto: Lisa Vincenzi
“Il quartetto della nazionale italiana di pattinaggio artistico a rotelle Celebrity che ha conquistato quest’anno il titolo mondiale”.
“S
e fosse possibile vorrei che la mia vita girasse su quattro rotelle”. Chi parla così è Lisa Vincenzi, 36 anni, veronese, impiegata bancaria, una passione smisurata per il pattinaggio artistico a rotelle che l’ha vista da giovane atleta vincere il titolo di campionessa europea. Ora è impegnata come allenatrice dei gruppi spettacolo della società Artiskate che da dieci anni opera a Verona e che
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conta circa duecento atleti tra piccoli e grandi. C’era anche lei a Barcellona il 13 luglio scorso quando sulla pista Palau Sant Jordi in occasione World Roller Game il quartetto della nazionale italiana di pattinaggio artistico a rotelle Celebrity (composto dalle diciannovenni Anna Miglioranzi, Chiara Bertani, Irene Fattori e Giada Togni, appartenenti alla Artiskate n.d.r) ha conquistato il titolo mondiale. Quartetto allenato dai tecnici
Stefania Poli, che è anche presidente di Artiskate, e Sabrina Scatizzi, responsabile tecnico, che hanno saputo dare anima alla meravigliosa coreografia di Sandro Guerra sulle note di Rachmaninov Piano Concerto n.3. Lisa Vincenzi ha collaborato con i tecnici nelle parti di contorno della coreografia e più precisamente nelle acconciature e nel trucco; elementi che entrano a far parte del punteggio finale dell’esibizione delle atlete.
per le coreografie e i costumi. Di sicuro forma il carattere di chi lo pratica: si diventa più determinati e si va alla ricerca della perfezione. Com’è considerato a Verona il pattinaggio artistico a rotelle? È poco pubblicizzato anche perché non ci sono impianti dove promuoverlo. Tempo fa al palazzetto dello sport e per alcuni anni, fino al 2010, abbiamo organizzato a Natale il galà dei pattini, con il contributo del Comune, invitando campioni nazionali e internazionali e dei cantanti, come per esempio Emma, per dare maggior appeal all’evento. Abbiamo sempre fatto il tutto esaurito. Poi è venuto meno il contributo del Comune e degli sponsor e non se n’è fatto più nulla. Peccato! Lisa Vincenzi 2004 vincitrice dei Campionati Europei dei quartetti. Nelle due foto in basso Lisa Vincenzi in azione Lisa, quando ti sei innamorata del pattinaggio a rotelle? «Avevo sette anni quando ho iniziato a pattinare. A dire il vero da piccola avevo in mente di fare danza poi mio fratello mi ha ‘sabotato’ l’idea. Avendo difronte a casa una pista da pattinaggio, ho chiesto a mia madre di portarmi e da allora non l’ho più mollata. Tra le prime allenatrici ho avuto Stefania Poli, che assieme a Sabrina Scatizzi allena le attuali campionesse del mondo, che mi ha portato ai vertici di questo sport».
ben due medaglie d’oro: nella categoria Jeunesse, fino ai 16 anni, con il quartetto Magic Skate e nella categoria Senior con Celebrity; entrambi già campioni italiani in carica. Ai Campionati Italiani invece avevamo anche un altro quartetto, Etoille, che si è posizionato quarto. Se penso invece alle specialità di singolo: Michela Vesentini ha recentemente conquistato la medaglia di bronzo ai Campionati Italiani Fisr di Piancavallo nella categoria Divisione Nazionale A nonché la medaglia d’oro al Campionato Italiano Uisp.
Quali vittorie hai colto? Ho vinto a 21 anni a Firenze il campionato europeo dei quartetti. Nel 2004 questo era il massimo dei titoli previsti nel pattinaggio artistico a rotelle. Non c’era ancora il campionato del mondo Senior. Ho però smesso l’attività agonistica presto, a 24 anni, a seguito di un incidente al ginocchio sciando.
Ci sono gare di pattinaggio artistico a rotelle alle Olimpiadi? No, non è ancora uno sport olimpico. È un peccato perché il nostro Paese è ai vertici mondiali in molte categorie. Da 25 anni il presidente della Federazione italiana sport rotellistici (Fisr), Sabatino Aracu, sta lottando affinché diventi sport olimpico. Ed è anche per questo che gli World Roller Game sono diventati le nostre “olimpiadi”. Molto probabilmente non ci sono gli stessi interessi economici che girano intorno a quello su ghiaccio che invece è specialità olimpica. Da quest’anno per mostrare che non c’è nulla di diverso tra il pattinaggio artistico a rotelle e quello su ghiaccio abbiamo introdotto lo stesso metodo di punteggio, il “Rollart”. Speriamo in un ravvedimento!
Hai avuto la carriera da atleta interrotta bruscamente, ma poi hai proseguito come allenatrice. A dire il vero allenavo i bambini più piccoli anche mentre gareggiavo, certo che dopo l’incidente è diventata la mia attività sportiva principale. Per fare ciò ho conseguito le certificazioni che servono per allenare, anche perché lo richiede la società di cui faccio parte. Che risultati hanno ottenuto quest’anno le atlete di Artiskate ai campionati europei di Reggio Emilia e in altre gare? A Reggio Emilia abbiamo conquistato
È costoso per un ragazzino praticare questo tipo di sport? Non più di altri sport. Faccio un esempio: la società per cui alleno chiede una quota d’iscrizione che comprende lezioni, porta pattini e divisa, oltre a una cauzione per il noleggio dei pattini.
Che sport è il pattinaggio artistico a rotelle? Non è uno sport semplice perché prevede forza fisica e coordinazione, ma non pone limiti a nessuno. È bellissimo anche
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I NTERVISTA
Famila Schio:
10 e lode! di Marco Hrabar - Foto: Famila Basket Schio
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e premesse ci sono tutte. Per ripetersi in Italia e per arrivare più avanti possibile in Europa. Dopo aver vinto il decimo scudetto della propria storia, conquistando la prima e meritata stella, il Famila Basket Schio è pronto a disputare un altro anno alla grande,
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come spiega il direttore generale Paolo De Angelis, iniziando ripercorrendo la scorsa stagione. “Siamo reduci” – spiega De Angelis – “da un’annata che ricorderemo a lungo nella nostra storia, per tanti motivi. A inizio dell’estate 2018 abbiamo deciso di operare un grande cambiamento
Il dirigente sportivo Paolo De Angelis
all'interno del roster. Schio è stata sempre una squadra che ha puntato ai vertici del basket italiano, così come di stare tra le prime dieci d’Europa. Ogni anno dunque la squadra era rimasta la stessa, con qualche piccolo cambio. L’anno scorso era arrivato il momento di fare un cambio generazionale, un po’ per l’età
Il Presidente Cestaro tinuare su questa linea o fare un drastico cambiamento, con tutti i rischi a cui si poteva andare incontro. Il presidente» sottolinea «è stato lungimirante e ha capito che era il momento giusto per optare per un drastico cambio. Alla presentazione della squadra, il presentatore Federico Buffa, ha parlato di Famila 4.0 e rivoluzione copernicana. Nei primi tre, quattro mesi della stagione siamo andati incontro alle difficoltà che avevamo preventivato, con l’allenatore che doveva trovare la giusta amalgama, e perché anche le straniere più importanti sono arrivate a metà ottobre. Tutta questo ci ha messo in difficoltà, perdendo alcune partite di campionato e addirittura tutte e sette le partite di andata in Eurolega.
Tutto preventivato, ma la svolta era dietro l’angolo... «Ogni giorno vedevamo che la squadra faceva continui passi in avanti, quindi decidemmo di non toccare nulla ma inserire solo Allie Quigley, una straniera nuova, di grande esperienza ed intelligente da potersi subito inserire nel gruppo. A quel punto la squadra ha iniziato a decollare ed abbiamo vinto cinque partite di Eurolega, riuscendo ad arrivare quinti e passare all’Eurocup arrivando in semifinale, mentre in campionato abbiamo recuperato alla grande terminando primi la regular season e poi vincendo lo scudetto. Unico neo la sconfitta in semifinale di Coppa Italia, ma le ragazze non sono dei robot, e ci può stare». Questo non toglie che l’impresa fatta è stata storica... «Vincere con una squadra nuova e giovane il decimo scudetto e conquistare la
di alcune giocatrici, ma anche per un cambio di mentalità che si richiedeva per avere nuovi stimoli, nuove energie mentali e fisiche”. Le scelte da fare erano due. Com’è andata? «Insieme all’allenatore abbiamo messo il presidente Cestaro davanti al bivio di con-
Il coach Pierre Vincent con Francesca Dotto
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Festa scudetto
stella che potremo mettere sulla divisa da gioco e su ogni materiale societario, sono tutte soddisfazioni che ripagano il lavoro fatto. È probabilmente lo scudetto più speciale, perché gli altri anni la favorita era sempre Schio, mentre lo scorso campionato c’erano Schio, Venezia e Ragusa che potevano ambire alla vittoria finale, ma alla fine siamo ancora noi i campioni». Ora si volta pagina e si guarda alla nuova stagione. «Ovviamente, dopo aver fatto una rivoluzione, abbiamo cercato di puntellare la squadra laddove si voleva cercare di migliorare qualcosa, a livello di interpretazione del ruolo. Raffaella Masciadri ha smesso di giocare ma, essendo una persona di qualità e professionalità incredibili, abbiamo voluto rimanesse come Team Manager della squadra, seguendo dei progetti pilota. Anche Milica Micovic e Marcella Filippi non sono più con noi e a fronte di queste uscite sono arrivate Sabrina Cinilli, giocatrice d’esperienza ex Ragusa, Jasmine Keys, ragazza di 22 anni di Altavilla Vicentina e di gran prospetto, ed una ragazza italo-argentina 2001 play-guardia, Florencia Chagas, una delle prime quindici giocatrici al mondo della sua età. Riguardo alle straniere invece abbiamo preso Jillian Harmon, da Ragusa, e Diamond DeShields, una forza della natura e una ragazza in gamba prove-
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niente da Chicago e che dovrà abituarsi al più presto al gioco europeo, molto più di squadra rispetto all’America. Questo non ci preoccupa e pensiamo che lei sarà la vera star del campionato».
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Vincere con una squadra nuova e giovane il decimo scudetto e conquistare la stella sono soddisfazioni che ripagano il lavoro fatto Per affrontare al meglio anche l’Eurolega. «Ogni anno pensiamo che non è andata bene, ma alla fine sono tutte forti perché rappresentano il meglio d’Europa. Ci sono squadre di assoluto livello, ma siamo fiduciosi e vorremmo riuscire ad arrivare tra le prime quattro, per poi giocarci il primo turno dei play-off. Comunque» sottolinea «per il budget che avevamo a disposizione, abbiamo allestito un roster che può affrontare entrambe le competizioni». In campionato invece quali sono le sue previsioni? Quest’anno, a meno di sorprese, penso che sarà una lotta a tre, tra Schio, Venezia e Ragusa, che si sono rafforzate. Una outsider potrebbe essere San Martino di Lupari, e siamo tutti contenti dell’approdo in serie A della Virtus Bologna, che a mio avviso tra qualche anno darà fastidio alle tre favorite. Il campionato italiano è forse il più competitivo d’Europa, perché si può anche perdere contro una squadra di terza fascia, a differenza di altri campionati dove c’è un divario incolmabile tra le più forti e le altre». Riguardo all’anno scorso ha detto che il lavoro più duro è stato quello di creare una squadra. Quest’anno quale sarà? «Sarà cercare di mantenere la rotta. Adesso la barca a vela che abbiamo ha preso il vento giusto, e ne sta arrivando uno ancora più forte perché abbiamo rinforzato la squadra. Ora starà a noi riusci-
Paolo De Angelis con coach Pierre Vincent re di aumentare la velocità della barca e non sbagliare corrente e tornare indietro. L’anno scorso siamo stati miglior attacco e miglior difesa, ed ora dovremo migliorare in alcuni momenti della partita dove ci sono dei black-out».
agonismo e una tattica superiore a quella maschile. Per questo aspetto tutti la domenica pomeriggio, per assistere a due ore di puro spettacolo perché, oltre alla partita, c’è anche tanta musica e divertimento!»
Per concludere, cosa si sente di dire ai vostri tifosi? «I nostri tifosi ci seguono sempre, anche in Europa, con a volte lo stupore di quelli della squadra di casa, che si chiedono come fanno. Noi li aspetteremo come al solito al palazzetto, sperando che però ci sia anche qualche tifoso in più. Numericamente abbiamo un riempimento medio del 65-70% con un incremento nei play-off, ma ci piacerebbe che nuove persone si avvicinassero per seguire questo sport. Da un paio di anni a questa parte si sta cercando di dare giusta visibilità allo sport femminile, e ho notato che, chi viene la prima volta a vedere il Famila Schio, poi ritorna sicuramente, per un
Roster Famila Basket 2019-2020 0 Jasmine Keys 1 Diamond DeShields 3 Eva Lisec 6 Sabrina Cinilli 7 Sandrine Gruda 10 Flo Chagas 13 Martina Fassina 14 Martina Crippa 22 Olbis Andrè Futo 23 Francesca Dotto (C) 24 Valeria Battisodo 33 Jillian Harmon Coach: Pierre Vincent Vice coach: Piero Zanella Assistant: Marco Silvestrucci
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I NTERVISTA
Domenico è sempre Domenico di Marco Hrabar - Foto: L.R. Virtus Vicenza
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iportare il Vicenza da allenatore dove merita e dove è giusto che sia. In serie A, per respirare a pieni polmoni quell’aria che da calciatore aveva fatto respirare ai tifosi biancorossi. Domenico Di Carlo non ci ha pensato un attimo e, quando gli è stato proposto dalla nuova proprietà del Vicenza guidata da Renzo Rosso, ha preso più che volentieri in mano il timone della barca, per prendere la destinazione che porta alla Coppa Italia, al Chelsea, alla Juve e all’Inter, per scrivere ancora nuove pagine di calcio che conta. Reduce da una stagione nella quale aveva cercato di rianimare un Chievo incapace di evitare la retrocessione dalla A, Di Carlo
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ha deciso di scendere di due categorie e firmare un triennale nella squadra dove aveva giocato dal 1990 al 1999 indossando anche la fascia da capitano. Da capitano ad allenatore dunque, pronto a trasmettere ai suoi ragazzi tutta quella grinta che da sempre lo ha contraddistinto in campo, come lui stesso spiega. “Per il Vicenza” - sottolinea mister Di Carlo - “era importante ritrovare una proprietà solida, con un progetto importante. La prima cosa che mi ha spinto a ritornare è stato questo primo fondamentale presupposto. Per me Vicenza è una città - e una squadra - dove si respira calcio di livello. Solo per Vicenza potevo fare una scelta del genere”.
Una scelta che però presuppone tanto lavoro... «Ci aspetta un campionato nel quale, insieme almeno ad altre cinque squadre, dovremo cercare di primeggiare ed essere protagonisti, per fare un campionato di vertice e giocarci il salto in serie B con le altre concorrenti». Si ritiene soddisfatto della rosa che ha a disposizione? «Insieme alla società è stato fatto un buon lavoro. Abbiamo confermato giocatori base della rosa dello scorso anno, aggiungendone degli altri di spessore tecnico e con personalità. Dal ritiro in poi abbiamo lavorato duramente per far coniugare al meglio tutte queste carat-
Di Carlo foto Virtus Vicenza Domenico Di Carlo e Francesco Guidolin al Vicenza nella stagione 1994-1995 teristiche, mettendo in pratica le mie idee conoscendoci al meglio sul campo. Siamo consapevoli di avere continui margini di miglioramento, ma la base da cui siamo partiti è sicuramente buona. Abbiamo una squadra solida, una tifoseria importante e una società assolutamente di primordine». Fondamentale sarà tradurre positivamente tutto sul campo. A proposito di campo: se le dico Stadio Menti? «Entrare allo stadio Menti per me è sempre emozionante. Ogni volta che esco da tunnel degli spogliatoi, o anche quando vado in tribuna, provo tantissima emozione. Questo per me è una motivazione in più per fare bene da allenatore tutto quello che avevo fatto da calciatore». Se apre il suo libro dei ricordi, la prima pagina è...? «Sono tanti i ricordi che affiorano alla mente. Ovviamente mi viene facile citare la vittoria della Coppa Italia contro il Napoli, la vittoria in Coppa delle Coppe contro il Chelsea, ma anche la vittoria in campionato contro la Juventus sono tutti ricordi di partite speciali. In dieci anni in biancorosso ci sono tanti episodi o momenti, ma quelle rimarranno nella storia del Vicenza». In questi anni che l’anno vista protagonista in campo ha capito che poteva fare l’allenatore. Da chi ha più imparato? «Sono stato allenato da Lumignani, Caramanno, Iaconi e, negli ultimi anni di carriera a Vicenza, da Ulivieri e Guidolin, due allenatori di spessore tecnico ed umano. Mi piaceva molto il loro modo di allenare, di comunicare e di fare tattica. Da quel momento è iniziata la mia
curiosità di diventare allenatore, sapendo che avrei potuto farlo, perché la pensavo esattamente allo stesso modo di loro, e mi arrabbiavo come loro quando le cose non andavano bene». Ritornando ai suoi ricordi: tutto questo dovrà ritornare a far parte della storia
del Vicenza... «L’obiettivo mio, insieme alla società, è far tornare questo calcio, partendo dalla base gettata quest’anno e costruire con tanto lavoro qualcosa di importante, pensando prima a scalare la classifica e poi le categorie».
Formazione del Vicenza che ha esordito in campionato contro il Modena
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Quale sarà la giusta ricetta per farcela? «Il bello del calcio è che uno può avere la squadra sulla carta più forte di tutte, ma se tu non ci metti carattere, determinazione e spirito di squadra non vincerai mai niente. Se il talento e la qualità non vengono messi a disposizione della squadra non si vinceranno mai i campionati». I tifosi biancorossi lo meritano senza dubbio... «Il salto più importante sarà questo, dalla C alla B. I tifosi sono sempre stati loro i veri protagonisti, quindi quest’anno dovranno sostenere la squadra e la proprietà, che ha aperto un ciclo che potrà dare grandi soddisfazioni. Starà ovviamente a noi saperli trascinare con l’atteggiamento giusto».
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Entrare allo stadio Menti per me è sempre emozionante. Ogni volta che esco dal tunnel degli spogliatoi, o quando vado in tribuna, provo tantissima emozione 90 / SdP
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SPO RT LI FE
Pavan, la randonneur che non cade mai di Jacopo Pellegrini - Foto: Loretta Pavan
“O
gni giorno scoprivo luoghi nuovi a me sconosciuti, anche se vicini a dove vivevo. Prima avevo un ritmo di vita troppo frenetico e non avevo il tempo di godermi queste piccole cose. E’ servita una malattia per accorgersi che queste cose semplici sono davvero importanti e ti danno davvero tanta energia”. Loretta Pavan è l’esempio perfetto di come affrontare i momenti di difficoltà che la vita ti pone dinanzi. Anche se colpita da un duro nemico non è mai caduta, ed ha sempre continuato a… pedalare.
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“Nel 2006” – ricorda Loretta – “sono stata colpita da un tumore al seno che aveva già portato via due mie sorelle. Ho affrontato operazioni e terapie ma dopo un anno e mezzo nulla era cambiato. La mia oncologa allora mi mise di fronte ad una scelta: dare un taglio al mio sistema di vita e volere più bene a me stessa o non riuscire più a reggere. Decisi allora di rimanere a casa -ero un’imprenditrice e mi occupavo di un’azienda orafa-, da lì alcuni amici mi proposero di uscire con loro in bici. Inizialmente rispondevo ‘assolutamente no’, ma dopo ripetuti inviti decisi di provare: vedevano che non ero contenta a stare in casa senza far nulla. Già dopo le
prime uscite, al rientro a casa, mi sentivo completamente un’altra persona, rigenerata. Questo fu il primo approccio.” Poi, improvvisamente, Loretta è rimasta letteralmente stregata dalle Randonnée (vedi box). “Nel 2014” – spiega la ciclista vicentina – “trovai un volantino di una pubblicità con l’immagine di una bicicletta e la scritta “Ne forte, ne piano ma… sempre lontano” che proponeva 600km no-stop Verona-Resia-Verona. Contattai l’organizzatore della randonnée Giorgio Murari per delle informazioni e da lì diventammo buoni amici. L’anno seguente mi accompagnò anche alla Parigi-Brest-Parigi che
completammo nelle 72h richieste, e nel 2016 alla Pinerolo-Barcellona-Pinerolo. Io dico sempre: a me l’aiuto arriva dalla bicicletta e dalle randonnée. Ma ognuno può trovare qualsiasi altro sport o attività, l’importante è che ti piaccia e che ti faccia star bene”. Non c’è meteo, non c’è clima, non ci sono intemperie che possano fermare la passione e la missione di Loretta che, pedalando, lancia messaggi e trasmette esperienza che vanno oltre l’aspetto puramente sportivo. “A inizio agosto” – racconta Loretta – “ho pedalato dall’ospedale di Vicenza fino a Tarifa, passando per gli ospedali di Alessandria e di Genova. In questo viaggio abbiamo promosso anche il libro “Un
cuore sulla maglia” di Francesca Peretti che racconta la mia storia e il ricavato del quale verrà interamente utilizzato per sostenere le iniziative degli “Amici del 5 Piano” offerte gratuitamente ai malati oncologici di San Bortolo. Questa è stata un’esperienza faticosa, soprattutto per il tanto caldo, ma pensare che il mio obiettivo non è nulla in confronto a chi sta soffrendo in un letto d’ospedale mi da la forza di andare avanti. Supero i momenti di difficoltà, di stanchezza e sonno, pensando alle persone per le quali sto pedalando”. Archiviate le ultime imprese, Loretta guarda già al futuro: “Di idee e di obiettivi ce ne sono tanti. Sarebbe molto bello fare il coast-to-coast
in Australia e in America e tutto il giro dell’Italia. La voglia è tantissima, ma in questi casi bisognerebbe trovare anche l’aiuto degli sponsor per affrontare almeno in parte le spese per viaggi così impegnativi. Quello che posso fare io è pedalare e dare l’energia alle persone che stanno affrontando la malattia e aiutare nella raccolta fondi per l’associazione.” Due ruote, tanta volontà e un cuore grande così: con queste ‘armi’ Loretta Pavan scriverà, ne siamo certi, centrerà altre grandi imprese ma, soprattutto, riuscirà a far arrivare il suo messaggio a tantissime persone e a tenere accesa la speranza di chi, ogni giorno, lotta conto la malattia.
COS’E’ UNA RANDONNÉE? Una Randonnée (o brevetto) è un evento proposto da una società ciclistica e riconosciuto dall’Audax Club Parisien (ACP) che li regola e li registra assegnandogli un numero di omologazione. La rappresentante italiana di ACP è ARI (Audax Randonneur Italia). Per partecipare bisogna essere iscritti ad una società ciclistica (oppure avere un cartellino sportivo individuale) ed avere una copertura assicurativa. Si riempie e si firma un modulo di partecipazione e si versa la quota di iscrizione agli organizzatori. Ai partecipanti viene fornito: 1) Carta di viaggio (cartellino giallo timbrato da ACP e dalla società organizzatrice). All’interno del cartellino sono indicati i punti di controllo, con il tempo minimo e massimo di passaggio. 2) Un roadbook contenente tutte le informazioni utili al riconoscimento del percorso e dei punti
di controllo. 3) Possono essere previsti controlli a sorpresa. Assistenza, rifornimenti, punti-ristoro, pasta-party e quant’altro possono essere forniti dagli organizzatori ma non sono dovuti e non sono parti essenziali delle Randonnée. Il Randonneur partecipa come se fosse una escursione personale, deve quindi organizzarsi per essere autosufficiente in tutto e rispettare sempre il codice della strada. Se si prevede di pedalare al buio la bici deve essere provvista di adeguato apparato di illuminazione e bisogna avere il giubbino catarifrangente. La partenza è libera (alla francese) entro una fascia oraria stabilita dagli organizzatori. Per avere l’omologazione il Randonneur deve far timbrare la carta di viaggio nei punti e negli orari prestabiliti scrivendo anche l’orario del passaggio e portare a termine la randonnée entro il tempo
massimo consentito. I tempi massimi previsti sono i seguenti: 13h30’ per 200km; 20h00’ per 300km; 27h00’ per 400km; 40h00’ per 600km; 75h00’ per 1000km I passaggi entro ciascun posto di controllo dovranno essere effettuati entro una “ora apertura” e “ora chiusura” menzionati sulla carta di controllo e calcolati per medie tra 15km/h e 30Km/h per le randonnée di 200,300 e 400 km e medie tra 13,5km/h e 30km/h per randonnèe di 600 o 1000km. All’arrivo il randonneur deve firmare e consegnare il cartellino giallo di controllo. Gli organizzatori controllano i timbri e l’integrità dello stesso ed inviano i dati a ARI e ACP per l’omologazione che consiste in un cartellino bianco contenente il numero di omologazione che sarà successivamente inviato al randonneur.
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SPO RT CENTE
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Medical Fitness a Villa dei Cedri e la "magia" dell'acqua termale pubbliredazionale a cura della Redazione - Foto: Villa dei Cedri
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e proprietà antinfiammatorie dell’Acqua Termale di Villa dei Cedri coadiuvano l’azione terapeutica aiutando a lenire il dolore sia post-traumatico che di origine posturale e adattativa. La riabilitazione in acqua risulta più efficace e riduce i tempi di recupero aiutando il paziente a un più rapido ritorno al proprio stile di vita.
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Per questo, squadre di calcio, società sportive, atleti e sportivi in generale usufruiscono delle competenze del centro Medical Fitness di Villa dei Cedri e della sua acqua "miracolosa". Vicino la piscina c'è la palestra attrezzata con macchine isotoniche per il potenziamento ed il recupero del tono muscolare e macchine cardiofitness. Queste ultime permettono la simulazione
dei movimenti della corsa e della pedalata con diverse possibilità di allenamento e monitoraggio; una funzione che, oltre ad essere allenante, permette di ricreare gli schemi motori parzialmente inibiti nei pazienti che sono stati costretti a immobilità, riportandoli al movimento sia per la quotidianità che per lo sport. Fiore all’occhiello dell’attività riabilitativa resta senza dubbio la piscina termale che
si trova parte all’aperto e parte al chiuso, posizionata nelle adiacenze della palestra. Una collocazione ideale sia il terapista che per il paziente, e che permette anche l’alternanza degli esercizi terapeutici dentro e fuori dall’acqua, con un costante controllo dell’attività e la possibilità dell’intervento. Le proprietà dell’acqua termale non sono solo a disposizione dei pazienti durante i trattamenti riabilitativi, ma anche in tutte le stanze dell’Hotel Villa dei Cedri, che sono dotate di vasche idromassaggio con acqua termale. È stata riorganizzata un'attività di personal training riabilitatico davvero soddisfacente; il paziente è assistito in ogni fase della riabilitazione da massoterapisti, dottori in scienze motorie, fisioterapisti e medici che suggeriscono programmi specifici che facilitano il paziente nel superare le difficoltà, graduandone l’impegno. L'Isocinetic Lab di Villa dei Cedri consente di guidare e monitorare, attraverso una attrezzatura computerizzata di gestire la rieducazione funzionale e migliorare la contrazione muscolare. Siamo in grado di soddisfare tutte le richieste, anche di riabilitazione neuromotoria, velocizzando e ottimizzando l’efficacia dei trattamenti. Osteopatia e Chinesiologia (DMSO Technique) sono altre armi terapeutiche a nostra disposizione per migliorare l'efficicacia dei nostri protocolli riabilitativi. Attraverso queste tecniche si attivano
nell’organismo e nella psiche le risorse e le energie necessarie per un recupero psicofisico completo. Il Centro Medical Fitness di Villa dei Cedri è oggi un riferimento importante per atleti, società sportive e squadre di calcio, che necessitano di assistenza qualificata per l'allenamento e il recupero. La riatletizzazione è l'importante fase finale post-infortunio che completiamo sul nostro bellissimo campo da calcio regolamentare in erba naturale. La remise en form è un bisogno psicofisico sempre più diffuso, che deriva dalla crescente attenzione che poniamo alla nostra immagine e alla nostra salute. E’ un’esigenza trasversale per tutte le età.
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I NTERVISTA di Jacopo Pellegrini - Foto: Simone Pizzini
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Come sosteneva Roy T. Bennet
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“Se hai un forte scopo nella vita, non hai necessità che qualcuno ti spinga... la tua passione ti guiderà”.
Stefano Castagna Presidente Società Dynos e Susanna Albertini Vice Presidente.
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"È
uno sport che fa innamorare il ragazzino… è una sfida tra il ragazzino, la mazza e la palla. Da li poi nasce l’Arcano.” Stefano Castagna, presidente della Dynos e uno dei fondatori della Farm System di Verona, ha le idee ben chiare su cosa voglia dire mettere i ragazzi e la loro crescita sportiva prima di ogni altra questione societaria. Ormai al termine di questa stagione lo abbiamo incontrato e abbiamo parlato del mondo Baseball, dalla Dynos alla Farm System… e altro ancora. Lei si è plasmato nel calcio: da giocatore ad arbitro, da dirigente a presidente... Quale è stata la scintilla che l’ha portata ad appassionarsi al Baseball e diventare presidente dei Dynos? La scintilla è scoccata 20 anni fa quando mio figlio, Castagna Alberto, partecipando ad un camp estivo si è appassionato a questo sport. Mi ha dato delle grandi soddisfazioni: ora sta giocando in Serie A2 con il BT Verona ed ha giocato in giro per l’Italia anche in A1. Poi da cosa nasce cosa e pian piano sono stato tirato dentro al direttivo finendo con l’essere votato come presidente.”
Da quante squadre è composta la vostra Società e quanti ragazzi contate? «La nostra Società è composta da 3 squadre di Baseball (maschili, ndr) che sono la Serie B, l’Under 15 e l’Under 12. Poi abbiamo anche 2 squadre di Softball (femminili, ndr) che sono la Serie A2 e l’Under15. In tutto contiamo circa 100 tesserati». Quale è la più grande problematica che riscontrate nel Baseball? «Sicuramente la più grande problematica è coinvolgere le scuole per far conoscere questo sport: loro sono il nostro bacino d’utenza principale ed entrare nelle ore di educazione fisica è davvero una grossa difficoltà». Far conoscere questo sport: quanto ci puntate e attraverso quali progetti? «Partecipiamo a tutte le manifestazioni, da quelle che organizziamo noi a quelle del Comune. Siamo presenti da 10 anni allo Sport Expo con una coda infinita fuori dal nostro stand: abbiamo due tunnel gonfiabili con una macchina che spara delle palle morbide che i ragazzi devono colpire. Quello su cui puntiamo è il farci conoscere». Quali sono invece le più grandi soddisfazioni che questo sport vi porta? «Ci siamo tolti delle grandi soddisfazioni quando i nostri ragazzi sono riusciti a vincere la Coppa Italia. Ma la più grande soddisfazione arriva quando vedi che il ragazzino che per la prima volta aveva preso in mano il guantone, la palla e la mazza arriva a vincere la sua prima gara. Vedere la felicità di questo successo è la nostra soddisfazione più grossa». Passiamo a parlare dell’impianto: come è strutturato il vostro centro sportivo? «Il centro sportivo è quello del Gavagnin. Abbiamo due campi: quello principale è uno dei cinque migliori d’Europa. Abbiamo giocato i Mondiali nel 2009 e ospitato la Nazionale. Inoltre abbiamo anche un campo da Softball, uno dei migliori campi d’Italia grazie al Comune che ha provveduto all’illuminazione. Abbiamo già avuto richieste per ospitare qualche gara degli Europei e dei Mondiali, sia di Baseball che di Softball, e noi abbiamo girato tutto al Comune. Ora speriamo vada a buon fine».
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Giudizio sulla stagione che sta volgendo al termine? «Per le giovanili è stata sicuramente una stagione di crescita con qualche soddisfazione. Con la Serie B siamo a metà classifica, consci di aver fatto un buon campionato anche grazie al fatto di aver inserito 13 ragazzi provenienti dalle giovanili. Anche con il Softball abbiamo avuto degli innesti dalle giovanili, 8 per la precisione, e 2 ragazze sono state addirittura convocate nella Nazionale Under 16».
tanti in campo sono 10. Per il futuro spero ci siano persone più brave di me che riescano a raccogliere più ragazzi per far vedere che esiste anche questo sport». Cos’è la Farm System e da chi è composta? «La Farm è un insieme di società che hanno sposato una metodologia per far crescere i ragazzini: abbiamo deciso di investire su tecnici americani e sudamericani, essendo molto preparati anche grazie al fatto che da loro è uno dei maggiori sport praticati, se non il maggiore. Le società che fanno parte di questo accordo sono: la Dynos con me, il BT Verona con Manzotti, San Martino con Piccoli e Villafranca con Ferrari».
Come vede il Baseball tra 10 anni in Italia? «Noi purtroppo lottiamo con i numeri: ogni anno abbiamo contatti con più di 4'000 ragazzini, ma quando ne portiamo
Quanti ragazzi contate come Farm e che categorie coprite? «In 4 società raggiungiamo i 300 tesserati: sono circa 100 della Dynos, 100 del San Martino, 60 del Villafranca e 40 del BT Verona. Con la Farm copriamo tutte le categorie, forse anche con più di una squadra». Uno dei vostri punti di vanto è il lanciatore: cosa può dirci a riguardo? «I due giocatori che fanno la partita sono il ricevitore, che detta gli schemi, e il lanciatore, che fa la gara. Il lanciatore forte non ti permette di battere; quello intelligente ti fa battere ma in modo tale da essere eliminato. Abbiamo avuto due fratelli, Mattia e Samuel Aldegheri, entrambi prodotti del San Martino passati dalle Seniores della Farm. Mattia ora gioca nel Parma in Serie A1. Samuel, il più giovane (18 anni, ndr), ha firmato invece con il Philadelphia». Obiettivi per il futuro della Farm? «Io posso parlare solo per me e dire il mio pensiero. Dovremmo unire tutte le forze per creare un’unica Società chiamata Farm dove ci aiutiamo per tutti i campionati. Poi a necessità venirsi incontro e scambiare i ragazzi per aiutare una delle altre Società che altrimenti non riuscirebbe a presentare la squadra per una delle categorie».
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Il volo della
Fenice di Andrea Martucci - Foto: Fenice Calcio 5
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opo sei anni Venezia torna in una categoria importante del calcio a 5 grazie alla Fenice VeneziaMestre. Nel 2012-2013 la retrocessione nei playout della Serie A del Venezia C5 (che aveva proseguito la storia del Dese), con la successiva rinuncia all'iscrizione per problemi finanziari. Da maggio di quest'anno, invece, grazie a un club che si chiama, ironia della sorte, Fenice Venezia Mestre, il futsal lagunare torna a rinascere ottenendo una prestigiosa promozione in serie A2. Luigi Pagana, ultimo tecnico dell'allora Franco Gomme e attuale trascinatore del club che ha la sua sede operativa a Mestre, ci racconta come si è concretizzata questa ‘rinascita dalle ceneri’. Mister, come è iniziata la tua avventura con
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la Fenice? «Venivo da dodici anni nei quali disputavo sempre, alternativamente, serie A e serie A2. In tutto questo periodo, però, non c'è mai stato un progetto, da parte delle società con cui ho lavorato, che puntasse sulla solidità data dalla "costruzione" dei giocatori. Era un sogno che avevo da tanto tempo, quello di affrontare questo tipo di sfida e, fatalità, è arrivata la Fenice che mi ha offerto questa possibilità concreta, avevano già lavorato sul settore giovanile, quindi c'era una base pronta. Ho visto la possibilità di provare a realizzare quel sogno di andare in serie A con una formazione composta interamente da ragazzi italiani, formati dalla società di partenza, per dimostrare, al mondo del calcio a 5, che gli italiani possono ambire a fare questo tipo di percorso, anziché rivolgersi al mercato estero».
Una delle caratteristiche principali nella filosofia di questo club è il lavoro che viene fatto soprattutto sui giovani, sia dal punto di vista sportivo, ma di conseguenza anche su quello sociale… «Il progetto della Fenice non va alla ricerca del massimo livello del campionato, nel senso che non punta alla qualità in assoluto della prestazione sportiva, ma cerca il massimo dello sport. Prima di tutto, pensa ad educare i giovani allo sport, perché è una cosa importante, seria, non va sottovalutata, e non è un semplice divertimento, ma piuttosto è creare una mentalità di un certo tipo, nella quale il sacrificio porta a dei risultati insieme, ovviamente, al divertimento. Questo tipo di visione, negli anni, ci ha permesso di crescere tanti ragazzi con principi e lavori elevati, perché decidono di fare allenamento per quattro o cinque volte la settimana e la
partita per due volte la settimana. E' un impegno importante dal punto di vista personale, che però permette di darsi degli obiettivi, cosa che i giovani, in questo momento, forse non hanno così forti, perché crescono senza capire bene che cosa vogliono fare. Invece i nostri, secondo me, in qualche modo iniziano già, con lo sport, a darsi, appunto, degli obiettivi, e dopodiché questo si riflette sulla vita. Quindi, prima di tutto c'è questo progetto di crescita personale, per i nostri ragazzi. Successivamente viene il livello sportivo in generale, che ci ha portato, ovviamente, alla serie A. Però quest'ultima è una conseguenza». Non è un caso se la Fenice Venezia Mestre in questi anni ha ottenuto risultati importanti, con titoli delle varie squadre under a livello regionale e, soprattutto, nazionale... «Questo deve far riflettere le altre società, perché dovrebbero capire che lo sport non significa divertimento e basta, ma ci deve essere anche una parte di sacrificio, in cui l'atleta si impegna per il raggiungimento dell'obiettivo. Questo fa capire che le cose si ottengono non per caso, bensì perché c'è un lavoro dietro, c'è la ricerca forte di raggiungere qualcosa, cosa che le altre società, forse, non hanno capito». Ci sono società che emergono in pochissimo tempo, perché magari hanno possibilità economiche, acquistano giocatori importanti i quali poi si spostano nelle squadre dove possono guadagnare di più economicamente, ma poi, all'improvviso, spariscono… «Si guarda troppo al risultato, all'ambizione, e il voler vincere qualche cosa, spesso, fa perdere di vista quello che è l'essenziale nello sport, cioè il fatto di promuovere una crescita personale dell'atleta, facendo crescere persone migliori, in grado di poter affrontare questo mondo con una mentalità un po' più ricca rispetto a quello che troviamo in questo momento attuale.
E queste società che puntano a vincere ad ogni costo, spesso non hanno un futuro, perché chi si impegna nella ricerca del risultato, una volta raggiunto, perde un po' lo stimolo, perché si tratta di obiettivi a tempo. Alla Fenice non è così: cerchiamo di dare una certa continuità al nostro progetto, cerchiamo di crescere, all'interno, il più possibile. Questo ci permetterà, in futuro, di avere qualcosa di più, anche economicamente, perché non è così semplice trovare risorse per poter andare avanti». Il futsal italiano è molto particolare: la serie A è piena di stranieri che passano da una squadra all'altra, a seconda di chi offre di più. I giocatori italiani, a loro volta, si accontentano della A2, se non della serie B, perché devono contemporaneamente crearsi un futuro fuori dal campo… «La nostra filosofia è abbastanza semplice: chi vuole uscire da noi perché ha maggiori ambizioni può farlo senza problema: troviamo sempre il modo di accontentare chi non vuole restare. Abbiamo messo dei paletti, sotto tutti i punti di vista, anche quello economico, che spesso possono creare problemi per qualcuno. Poi c'è anche il discorso del ricambio generazionale, che dev'essere in sintonia con il mercato in uscita, nel quale spesso, però, perdiamo i "pezzi" migliori. Però sappiamo che, da "sotto", cioè dalle giovanili, arrivano ragazzi che ci daranno una mano. Non è vero che i ragazzi italiani non possano ambire a fare un percorso di alto livello. Noi non li cresciamo con l'idea che questo possa diventare un lavoro, al più un secondo impiego. Quando sono giovani il primo obiettivo dev'essere sempre la scuola, per un futuro lavorativo. Però quando escono, a diciannove-vent'anni, si possono permettere di andare in giro e provare l'esperienza con la serie A».
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Si guarda troppo al risultato, all'ambizione, e il voler vincere qualche cosa, spesso, fa perdere di vista quello che è l'essenziale nello sport. Sarà decisamente una stagione in cui la squadra dovrà stringere i denti per poter salvare la categoria: cosa si aspetta dai propri giocatori? «Il nostro obiettivo sarà quello di disputare partite in modo che, per gli altri, sia difficile vincere. Chi ci batte deve essere veramente bravo. I principi base sono: una difesa forte e un attacco pulito. Tutte cose che ci permettano di avere il nostro, ed agli altri di avere il loro solo se giocano bene. E se ci batteranno in questo modo, meriteranno un applauso. Dal punto di vista tecnico non ho alcun pensiero, perché una squadra come la nostra, composta da giocatori che utilizzano entrambi i piedi, non la trovi facilmente, neanche in serie A. Poi, certo, dobbiamo crescere fisicamente, perché ci sono elementi di buona qualità ma che devono ancora "esplodere", cercando di saper tenere i contrasti con una certa veemenza, e mentalmente, diventando più forti anche in tal senso, perché comunque la nostra crescita sarà in questa direzione».
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EVENTO
Bentornata Mantova
Half Marathon!
di Marina Soave - Foto: Mantova HalfMarathon
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orna ad ottobre, dopo uno stop di quattro anni, la Mantova Half Marathon, mezza maratona nata nel 1987 che ormai fa parte della storia dello sport mantovano e non. Quest’anno un nuovo progetto riprende la miglior tradizione del passato, con un format di qualità, molto accattivante e ricco di iniziative. Dal 4 al 6 ottobre 2019 gli organizzatori hanno sviluppato un programma di ben tre giorni - nello scenario di piazza Sordello con la dichiarata ambizione di mettere in campo una grande rassegna del podismo, agonistico e non solo. L’organizzazione, oltre al Comune di Mantova, vede in primo piano il Comitato UISP (ideatore della competitiva) con il supporto tecnico della SSD coop QUISPORT, il Gruppo Podistico Avis Suzzara e FIDAL. Il tutto con la consueta condivisione e l’importante partecipazione di gruppi podistici, associazioni e volontari che rappresentano da sempre la spina dorsale del movimento sportivo mantovano. Fondamentale l’apporto del partner tecnico HOKA, Sportime e BV Sport. Importante anche la collaborazione di
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Fab-Lab Mantova, Istituto Superiore Enrico Fermi e “Progetto Comunicazione Scientifica ed Innovazioni” con i professori Valli e Grandi, e Nicola Pignatta. Il programma del week-end di inizio ottobre è denso di iniziative e attività che si concentreranno in piazza Sordello, dove sarà attivo l’MHM Village con stand ed espositori. Sabato 5 ottobre, alle ore 16, si terrà la Mini Running, corsa non competitiva per bambini e ragazzi da 3 a 13 anni su piccoli circuiti di distanza variabile. Domenica 6, invece, si svolgeranno le altre quattro iniziative con partenza e percorsi, in alcuni casi, diversificati. I primi a partire saranno gli atleti della 4^ MantovaTEN, corsa di 10 km competitiva con un unico giro nel centro storico. L’evento clou, naturalmente, è rappresentato dalla Half Marathon: 21,0975 km su un percorso interamente cittadino, organizzata con A.S.D. GP Avis Suzzara ed inserita nel calendario Fidal nazionale. Dopo lo start, in coda al nutrito gruppo di agonisti, partirà anche la corsa a staffetta denominata Dual Half Marathon che prevede la partecipazione in coppia ed un giro a testa (11,5 + 9,6 km).
Infine, pochi minuti dopo l’uscita dei corridori dal tratto iniziale del percorso, per tutti coloro che vorranno comunque partecipare all’evento, si terrà la camminata non competitiva di 7 km che si snoderà lungo le piste ciclabili che costeggiano i laghi di Mantova. Per info e iscrizioni: https://www.mantovahalfmarathon.it
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Correre in compagnia con gli
Angels Run C in
di Marina Soave - Foto: Angels in Run
orrono per una buona causa. Corrono in gruppo per non lasciare indietro nessuno. Non hanno ambizioni sportive come vincere medaglie o frantumare record. Questo e molto altro sono gli Angels in Run, associazione che promuove la lotta alla violenza sulle donne correndo in gruppo Angels in Run organizzano settimanalmente eventi gratuiti e aperti a tutti, un momento di sport e allegria che oltre a fare bene al corpo aiuta e fortifica lo spirito di questo gruppo di amici e amiche.
> I Giri dell’Adige
Un grande classico della tradizione di Angels in Run è il ritrovo del martedì sera. Si parte puntuali alle 19:00 dal Bottagisio Sport Center, un percorso di circa 7 km che si snodano quasi esclusivamente in piano a un ritmo medio di 6 minuti/km. I più temerari possono ripetere il giro.
> AIR Breakfast Run
Che sia estate o inverno la Breakfast AIR Run non si ferma mai. Qui si parte ogni giovedì alle 06:00 del mattino dal Parco delle Mura in quartiere S. Zeno per assaporare il piacere di correre per la città ancora addormentata. Circa 7 km tranquilli, con le doverose soste fotografiche e la colazione improvvisata all’arrivo. Un allenamento consigliato per chi vuole svegliarsi pieno di energie e pronto a conquistare il mondo.
> Camminata veloce
Per la camminata veloce, ricca di chiacchiere ed energia, il ritrovo è sempre il martedì sera. Si parte puntuali alle 19:00 dal Bottagisio Sport Center, un percorso di circa 5-7 km, dipende dalla volontà del gruppo, che si snodano esclusivamente in piano a un buon ritmo.
> Urban Trail
Una volta al mese ci concediamo una variazione sul tema e andiamo a caccia di percorsi con un po’ più di dislivello e alla scoperta della città, che nasconde tanti angoli inediti. L’Urban Trail permette di esplorare vie e salite, con un pizzico di fatica e di distanza in più, ma anche con tante soddisfazioni. Basta una vista di Verona dall’alto e il fiatone è dimenticato.
Si corre la sera, solitamente alle 19.30 e si parte ogni volta da un luogo diverso. La degna conclusione è un brindisi con stuzzichini a fantasia dei partecipanti che sono soliti condividere leccornie di ogni tipo. > Per info: www.angelsinrun.it Facebook: Angelsinrun
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The Rhytmic is magic di Paola Gilberti - Foto: RhythmicSport Academy
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uella appena passata è stata una stagione agonistica da incorniciare per la RhythmicSport Academy di Vigasio. A sottolinearlo sono stati gli eccellenti risultati ottenuti prima al Campionato Nazionale di Rappresentativa del Centro Sportivo Educativo Nazionale (CSEN), tenutosi a Città di Castello (Perugia) lo scorso 8 Giugno e poi al Campionato Italiano della Federazione Ginnastica d'Italia (FGI), svoltosi a Rimini dal 21 al 30 giugno, dove varie atlete della scuola di ginnastica ritmica hanno conquistato il podio. Grande la soddisfazione, quindi, anche
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per le allenatrici del team, come dichiara una delle tecniche Iara Bonvicini: “Sono più che soddisfatta dei traguardi raggiunti nel corso dell’anno, abbiamo centrato tutti gli obiettivi che ci eravamo poste per questa stagione sportiva. É stato un anno molto intenso e impegnativo perchè abbiamo fatto l’importante scelta societaria di entrare in Federazione, alzando quindi il livello di competizione. Ma le nostre allieve non ci hanno deluso, hanno continuato ad allenarsi con passione ed entusiasmo, sia io che le mie colleghe siamo davvero fiere di loro!” Lo stop estivo è stato brevissimo: solo due settimane di vacanza durante il mese
di agosto. E poi via, di nuovo in palestra a lavorare sugli obiettivi della prossima stagione. “Abbiamo terminato l’anno con la trasferta di Rimini del 29 giugno” – spiega Iara – “abbiamo riposato la domenica e dal 1 luglio eravamo di nuovo in palestra. Ci siamo allenate intensamente per tutta l’estate, è fondamentale per mantenere una buona preparazione fisica dato che a settembre comincia la stagione agonistica. Dobbiamo essere pronte!” Nonostante la giovane età, la società sportiva, nata due anni fa, è una realtà ben solida, composta da circa 200 tesserati dai 3 ai 18 anni. Giovane, ma esperto,
è anche lo staff tecnico formato, oltre che da Iara, anche da Martina Braga, Miriam Peraro, Veronica Mosconi e Giorgia Bastasini. “Il nostro primo obiettivo per il prossimo anno sportivo” – conclude Iara Bonvicini – è continuare a crescere gradino dopo gradino, senza tralasciare la ginnastica di base, i corsi di avviamento e la pre agonistica. Vogliamo mantenere sempre un’alta professionalità e attenzione verso tutti i settori, in modo da avere un bacino da cui attingere per avviare future agoniste. In più, puntiamo ovviamente a far conoscere a tutta Verona la ginnastica ritmica attraverso eventi sul territorio”. Il primo appuntamento societario sarà il Pink Ribbon Gala di Vigasio del 19 ottobre, organizzato dalla RhythmicSport Academy stessa e patrocinato dal comune di Vigasio e poi, il saggio di Natale che si terrà al Palasport dello stesso paese del Basso Veronese. Da gennaio poi cominceranno le gare agonistiche: i campionati regionali della Federazione e i campionati regionali dello Csen, l’ente promozionale di cui sono referente regionale per il Veneto. Insomma, per la RhythmicSport Academy una stagione che si preannuncia ricca di impegni e, visti i precedenti risultati, anche di numerose soddisfazioni.
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I NTERVISTA
Sogni Soffiati di Matteo Lerco - Foto: SWS
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sogni son desideri… a volte non così impossibili da realizzare. Ne sa qualcosa Nicolò Soffiati, 15 anni, residente a Bussolengo e terzo classificato al Sodi World Series, campionato mondiale di Kart recentemente svoltosi a Lignano Sabbiadoro. Nicolò ha reso onore al Tricolore destreggiandosi in un torneo complicatissimo, aperto solamente ai trenta migliori piloti del Pianeta nella categoria 12-16 anni. Una grande manifestazione che globalmente ha riunito ben 280 campioni provenienti dai cinque continenti e che, come da previsione, non s’è fatta mancare sussulti e colpi di scena. “Sono orgoglioso del risultato che ho conseguito” – spiega Nicolò – “resta però un po’ di amaro in bocca, in quanto sono stato in testa sino all’ultimo giro, quindi dentro di me avevo l’obiettivo di tagliare il traguardo per primo. È un peccato perché anche lo scorso anno, sempre qui a Lignano, sono andato molto vicino a conquistare il bottino pieno: se in quel frangente però il mio go-kart garantiva prestazioni inferiori rispetto agli altri, i rimpianti questa volta sono legati a qualche scelta sbagliata che ho operato sul finale di corsa e che purtroppo mi è costata il primato. Al di là di questo sono contento di essere arrivato così lontano”. Una disciplina, il karting, che richiede un difficile equilibrio tra fisicità e concentrazione. Soffiati ha analizzato il concetto: “Al centro di tutto c’è la corretta gestione della tensione, in quanto, considerata la brevità delle gare, non sono contemplati passi falsi. In quest’ottica personalmente mi da una mano praticare la BMX, dato che le competizioni in questo sport si articolano in circa quaranta secondi. Non ci sono compromessi: o sei sul pezzo o fallisci la prova”. I sogni nel cassetto fanno la muffa. Nello sport, e nella vita in generale, con la giusta umiltà talvolta non è utopistico provare a scalare montagne che a prima vista appaiono insormontabili. “Un giorno mi piacerebbe correre per la Ferrari” – prosegue il giovane talento bussolenghese – “sono consapevole del fatto che sia una meta difficilissima da raggiungere, ma sognare in grande non costa nulla. Per esempio un grande pilota di Formula Uno come Pierre Gasly ha utilizzato proprio il ‘Sodi’ come trampolino di lancio per giungere fino a dove è arrivato. Al vincitore di questo evento, oltre al vestiario, è infatti garantito un giorno intero di test con un grande team, occasione nella quale ci si può mettere in mostra in un palcoscenico di prim’ordine”. Il giovane campione veronese ha da ultimo definito un concetto semplice ma affatto scontato: lo sport è importante, ma non deve mai compromettere il percorso scolastico. “Frequento il Liceo Artistico Nani” – conclude – “non è semplice incastrare tutti gli impegni, ma con mentalità e dedizione si può riuscire a far combaciare le varie attività che compongono la quotidianità. Magari bisogna sacrificare un po' di vita sociale, ma ritengo che la possibilità di arrivare in alto valga indubbiamente qualche rinuncia”.
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DUE infinite di Bruno Mostaffi - Foto: ACI Verona
renderà il via dal 10 al 12 ottobre il 37° Rally Due Valli, evento cardine della stagione sportiva dell’Automobile Club Verona. Il Campionato Italiano Rally disputerà nella prima giornata, come per lo scorso anno, i due passaggi sulla lunga “Erbezzo”, intervallati da un riordino a Bosco Chiesanuova, e poi farà ritorno a Verona per la prova spettacolo “Città di Verona” in programma al Parcheggio C dello Stadio Bentegodi. Qui grandi novità per il pubblico, a partire dal nuovo disegno della prova spettacolo, con tribune inserite all’interno dell’area del circuito per poter vivere un’emozione a misura di tutta la famiglia. L’accesso prevederà posto in tribuna, biglietto e cappellino ufficiale Rally Due Valli con scontistiche dedicate agli under 12. All’interno della prova spettacolo, dalle 14, spazio anche alla terza edizione di Rally Therapy – A bordo di un sogno, iniziativa studiata dall’Automobile Club Verona in collaborazione con l’ULSS9 di Verona e con il supporto del Comune di Verona Assessorato ai Servici Sociali. Alcuni
Paolo Cuomo direttore Aci Vr
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ragazzi e ragazze diversamente abili potranno provare l’ebbrezza del rally salendo a bordo di vetture da rally guidate da piloti di comprovata esperienza per un paio di giri sul percorso della prova spettacolo. Novità di questa edizione la collaborazione con Stefano Fusilli, pilota disabile che da anni compete con i piloti normodotati e che ha recentemente partecipato anche alla Caprino-Spiazzi, oltre che con Daniele Negrente e il suo staff. La gara del Rally Due Valli 2019 CIR riprenderà poi nella giornata di sabato per la tappa più lunga con le prove speciali di “Roncà”, “Cà del Diaolo” e “Santissima Trinità” riprese dal percorso 2018, mentre la “Marcemigo” riproporrà un tratto cronometrato che non si disputava dal 2017. Tutte e quattro le prove saranno ripetute per due volte, prima di scendere a Verona per il suggestivo arrivo in Piazza Bra dopo 11 prove speciali. Grandi cambiamenti per il CRZ, ex CRR, ovvero la Coppa Rally di Zona. I piloti che parteciperanno al regionale disputeranno infatti tutta la prima tappa, con due passaggi su “Erbezzo”, mai disputata dal CRZ, che sarà suddivisa per ragioni di regolamento in due prove: “Cappella Fasani” di 5,20 km e “Passo Fittanze” di 12,8 km da ripetersi per due volte con il riordino di Bosco Chiesanuova nel mezzo. Terminata questa spettacolare prima frazione di gara, i concorrenti del CRZ torneranno in Fiera al Parco Assistenza senza disputare la prova spettacolo. La seconda tappa comprenderà altre 4 prove speciali, le stesse del CIR solo
Adriano Baso presidente Aci Vr
per il primo giro pur con la “Ca’ del Diaolo” accorciata come per le scorse edizioni, prima di fare rientro a Verona per l’arrivo in Piazza Bra. Un totale quindi di 8 prove cronometrate per il CRZ. Confermato il parco assistenza al parcheggio P3 di Veronafiere che ospiterà come per le passate edizioni anche la logistica direzionale dell’evento, con Direzione Gara, Sala Stampa e Rally HQ. Straordinaria iniziativa rivolta a pubblico e appassionati sarà quest’anno Rally Due Valli Fly, il servizio che consentirà di salire a bordo di un elicottero e sorvolare le prove speciali durante il loro svolgimento. Questa novità sarà attivata sia nella giornata di venerdì che nella giornata di sabato e presto sul sitowww.rallyduevalli.it saranno aperte le iscrizioni con la possibilità di prenotazione. I sorvoli avranno una durata di 15 minuti. È possibile prenotare e chiedere informazioni inviando una mail a info@rallyduevalli.it In abbinamento al rally moderno
VALLI emozioni
Podio Rally Due Vally 2018
si correranno anche il 14° Rally Due Valli Historic, valido per il Campionato Italiano Rally Auto Storiche e il 9° Due Valli Classic, Trofeo Tre Regioni di Regolarità sport la cui comunicazione sarà quest’anno completamente indipendente. Info e aggiornamenti su www.rallyduevalli.it e sui profili social Facebook, Twitter e Instagram.
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Breaking News
AG EN DA Il 20 ottobre al via l'Adigemarathon 2019
Domenica 20 ottobre prenderà il via sul fiume Adige la sedicesima edizione dell’Adigemarathon top event dedicato agli appassionati canoa, kayak e rafting. In acqua scenderanno gli agonisti, sul tradizionale percorso di 35 chilometri da Borghetto di Avio (Trento) a Pescantina (Verona); gli amatori e gli appassionati di rafting pagaieranno per 20 chilometri dall'Isola di Dolcè a Pescantina. Confermata, oltre alla consolidata gara internazionale, la mezza maratona dedica-
C'era una volt
D
Per info: www.adigemarathon.com
a...
La voce delle Olimpiadi
a questa radio lo speaker narrava l'impresa del secolo, la vittoria a Olympia 1936, i giochi olimpici di Germania, di Jesse Owens l'atleta di colore che ammutolì il Dittatore e tutto il terzo Reich. La Radio sarà uno degli esemplari comunicativi del 900 trovando posto all'interno di MURA acronimo del Museo della Radio Comunicazione di Verona, che aprirà i battenti nella Monumentale Porta Nuova il 25 aprile 2021 data del compleanno di colui che il terzo millennio l'ha connesso, Guglielmo Marconi, fautore del Wireless e padre della connessione globale, che azzerando le distanze ci permette cose impensabili. Impensabile fino a poco fa, era poter vedere Owens vincere a Berlino davanti alla radio sopracitata in realtà Aumen-
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ta ai ragazzi tra i 12 e i 15 anni da Dolcè a Pescantina. Il programma della manifestazione si completa con la gara di Rafting (R6), Campionato Italiano Maratona e la gara di SUP che si svolgerà sulla stessa distanza della mezza maratona. La manifestazione è organizzata dal veronese Canoa Club Pescantina in collaborazione col trentino Canoa Club Borghetto d’Avio, il fondamentale supporto del Comune di Dolcè e Pescantina ed il patrocinio di Provincia di Verona, Provincia di Trento, Comuni di Avio,
Brentino Belluno, Rivoli Veronese. Opereranno, lungo il fiume Adige, oltre 300 volontari, impegnati in servizi di supporto e per garantire ai partecipanti sicurezza (Croce Rossa Comitato della Valpolicella e Bardolino, Protezione civile ambientale di Verona, Protezione Civile di Dolcè, Polizia Locale Dolcè e Pescantina, Arma dei Carabinieri), ristori ed impegno sociale (Avis Valdadige, Pro Loco e Gruppo Alpini di Volargne; sezioni Avis di Settimo, Balconi e Pescantina). Nel villaggio della canoa, a Pescantina, protagoniste assolute saranno cuochi e cuoche, coordinate da Ermino Panato, che sforneranno domenica 20 ottobre migliaia pasti a base di tortellini, cotechino e pearà. “L’Adigemarathon” -spiega Vladi Panato, presidente del Canoa Club Pescantina “continua a costituire un appuntamento internazionale di assoluto prestigio mondiale tant’è che nelle scorse edizioni ha costituito una tappa delle World Series di Classic Canoe Marathon.” All’edizione 2018 hanno parteciparono ben 1482 tra canoisti, rafting e sup, record per l’Adigemarathon, confermando la manifestazione come la più imponente festa della canoa italiana.
tata, uno dei fiori all'occhiello che Mura delizierà Veronesi e turisti tutti. Si potranno ammirare i volumi storici UNICI che ritraggono foto e dediche di atleti e graduati, medaglie e ornamenti di Olympia 1936. Un Museo unico al Mondo, all'avanguardia tecnologica e conservatore di pezzi unici al mondo della storia comunicativa mondiale, un Museo che candida Verona a #capitalecomunicativamondiale Un EcoMuseo attento all'ambiente, alimentato con energia green, studiato sull' impatto zero e sul Riciclo. Un fiore all'occhiello, non solo per la qualità e l'unicità dell'avanguardia tecnologica, ma anche per il rispetto ambientale e la linea verde mondiale, nato dalla Rigenerazione urbana di un Monumento Simbolo della nostra splendida Città.
Radio mod. Orion Berlino 36
Libro con foto e dediche di tutti gli atleti delle Olimpiadi, nel primo piano Jesse Owens
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Ladies Running:
#roadto17novembre di Alberto Cristani - Foto: VeronaMarathon
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adies Running – Smile, Be Cool, Be Marathoner’ è il progetto di Verona Marathon che vuole portare quante più donne possibili a correre. Cosa serve per partecipare? Motivazione al massimo, tanto entusiasmo, la giusta determinazione e una buona dose di follia. Sono 16 le coraggiose protagoniste che hanno in comune queste caratteristiche e per le quali sono state selezionate, tra più di 100 candidate, per il progetto che ricalca quanto è già stato fatto nel 2018 e che ora viene ripetuto. Perché è stato un successo. Perché con la perseveranza, con la costanza, si ottengono risultati. Disomogeneo il gruppo con diverse impiegate, una avvocatessa, una commessa, una educatrice d’asilo nido, una imprenditrice, una parrucchiera, una infermiera di terapia intensiva, una private banker, una social media manager e due enologhe. Dai 25 ai 44 anni, sposate con figli o single, completamente neofite oppure già sportive. Ce n’è per tutti i gusti. Un progetto esclusivamente dedicato al gentil sesso e che già lo scorso anno ci ha fatto conoscere donne tostissime, per
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tutte c’è un solo grande obiettivo: correre il 17 Novembre alla Verona Marathon. Poco importa se sarà la Verona Marathon da 42,195 km, la ZeroWind Cangrande Half Marathon da 21,097km, i sogni non hanno distanza. Quel che conta è mettersi in gioco, provarci e fare di tutto per riuscire a renderli realtà. Le ‘girls’ si sono affidate, in gruppo o singolarmente, ai tecnici del Verona Marathon Team ed in particolare dei coach Ilaria Benetti e Samuel Volpi, a controlli medici del Dottor Roberto Filippini Direttore del reparto Medicina dello Sport dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ed alla preziosa guida di un nutrizionista, perché se lo sport e sinonimo di benessere tutto il corpo deve essere tenuto sotto controllo. Si allenenano da sole o in compagnia con le tabelle dei coach, il punto base spesso sarà il Verona Marathon Hub, centro focale della maratona scaligera dove si possono avere tutte le informazioni. Alcune praticano altri sport, qualcuna corre o cammina, qualcuna ha dovuto mettere da parte lo sport dopo la maternità o comunque ha voglia di rivincita. Questi i nomi di tutte le 16 donne prota-
goniste. In questi mesi avremo il piacere di farvele conoscere singolarmente ed in maniera decisamente più approfondita: Cecilia Bevilacqua, Marika Brentarolli, Claudia Cattafesta, Valeria Di Pietrantonio, Sara Fasoli, Valentina Garonzi, Chiara Gelmetti, Silvia Lugoboni, Giulia Manganello, Erica Marogna, Alida Norcia, Beatrice Rigotti, Serena Salgari, Katia, Denise Tessaro, Elena Turri. Le 16 Ladies Running hanno davanti a loro un percorso non facile che si apprestano a vivere ma che sicuro regalerà loro grandi soddisfazioni e sarà un esempio per tante. ‘Solo’ 16 donne, ma sono solo un esempio per tutte e tutti coloro che vorrebbero fare ma non fanno. Verona Marathon ha il desiderio che tutte possano conquistare la Veronamarathon il 17 Novembre e che questa sia solo un primo passo verso una vita fatta di sport, movimento e benessere.
Edizione
kfadv.it — courtesy of F. Crestani
f i e r a c av a l l i . i t
Un vortice di emozioni.
VERONAFIERE.IT
Verona 7-10 Novembre 2019