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Intervista
INTERVISTA Gene Gnocchi
L’Eugenio della palla
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Foto: @genegnocchiofficial
ALBERTO CRISTANI
Con la sua pagina Facebook @ genegnocchiofficial comunica e interagisce giornalmente con i suoi numerosi fans con gentilezza e simpatia. Su Wikipedia è ‘catalogato’ come comico, conduttore televisivo, cantante, scrittore e umorista italiano. La sua lunga e fortunata carriera è iniziata nei primi anni Ottanta allo Zelig di Milano. Da allora ha proposto una comicità e un’ironia sempre tagliente, english style, difficilmente riscontrabile in altri artisti italiani. Avvocato mancato, calciatore dilettante di altissimo livello (che ha ‘sfiorato’ il debutto in serie A), Gene Gnocchi, all’anagrafe Eugenio Ghiozzi, si racconta a SportdiPiù magazine in questa intervista esclusiva, tra sorrisi, battute e ricordi. Senza nascondere, in attesa di tempi migliori, un velo di tristezza e di malinconia.
Gene, iniziamo questa intervista parlando di uno dei tuoi grandi amori ovvero lo sport, che in questo momento non se la passa benissimo…
«Di sicuro tutto lo sport, attualmente, sta vivendo un momento non bello, non facile, con tante polemiche per lo stop imposto dal governo a diverse discipline e allo sport dilettantistico. Io dico solo che dobbiamo fidarci: a nessuno fa piacere interrompere l’attività sportiva, specialmente per i ragazzi che fino a febbraio-marzo non potranno giocare. Questo fa male. Però alla fine siamo costretti a questa situazione. Bisogna pensare che tutto è fatto a fin di bene e si spera che presto si possa tornare a praticare sport in libertà senza rischi. Dobbiamo fare tutti un sacrificio, un passo in dietro. Io ho perso alcuni amici per il Covid e mi attengo scrupolosamente alle prescrizioni. Con un po’ di malinconia…».
Queste costrizioni, non solo nello sport ma in generale nella vita di tutti i giorni, ci rendono tristi…
«Assolutamente. Io per esempio ho debuttato il 20 di settembre con lo spettacolo nuovo e ho fatto solo una data. Per noi artisti andare su un palco e fare quello che amiamo non è solo lavoro, è la passione della vita. Non poterlo fare, a lungo andare, ti intristisce. Questo purtroppo è un sentimento diffuso in molte altre categorie economiche e sociali».
Ti fa paura rischiare un altro lockdown?
«Si, mi fa paura. Ma mi fa più paura rischiare di prendere il Covid. Alcuni miei amici stavano bene e nel giro di poco sono morti. Questo mi spaventa».
Il calcio di serie A pur essendo limitato va avanti: giusto così?
«Certo, in sicurezza è giusto che vada avanti. È però un campionato strano, una stagione dove il Covid può determinare risultati e classifica. Quando una squadra ha 11 giocatori positivi sicuramente perde la sua identità e rischia di perdere anche partite e punti. Variabili strane, imprevedibili, peggio degli infortuni. Ma quest’anno bisogna prenderla così…».
Di questa prima parte di stagione chi ti sta piacendo?
«Il Sassuolo perché De Zerbi è un
mister che non ha paura di niente contrariamente a certi ‘soloni’. Per esempio l’Inter dovrebbe accelerare ma fa tanta, troppa fatica. Mi piacciono anche Atalanta e Verona perché Juric con quello che ha riesce a fare il massimo. Anche a Genova aveva fatto vedere di cosa era capace, ma con Preziosi non è facile lavorare...».
Lo sport professionistico può dare un supporto per aiutare la base o è utopia?
«Secondo me sì, forse è più fattibile a livello singolo. Dal punto di vista economico le società sportive non stanno benissimo; stanno meglio i singoli giocatori e potrebbero aiutare con una raccolta fondi da destinare a realtà in difficoltà. Ci sono tutte le prerogative perché questa iniziativa venga accettata e funzioni».
Far ridere in questo periodo è complicato: dove trovi l’ispirazione?
«Da 12 anni sono molto aiutato da quello che succede nel mondo nel calcio. Io la sera mando sempre 3 o 4 battute per il Rompipallone de La Gazzetta, poi la redazione sceglie cosa mettere in prima pagina. Il calcio è una miniera, una fonte quasi inesauribile di ispirazione. Il giocatore è diventato social e quindi a fine giornata si è facile trovare ‘perle’ da cui prendere spunto. Poi ormai ho imparato la tecnica: è diventata una piacevole abitudine a prescindere. Per me il calcio è la vita e nel calcio c’è una ‘fauna’ che si presta benissimo ad essere presa per il culo (ride n.d.r.)».
Tu sei stato anche un giocatore di categoria…
«Si, ho cominciato in serie C nell’Alessandria di Pippo Marchioro, giocavo con Salvadori. Poi ho sempre giocato a livello di serie D. In quel periodo non c’erano le pay tv e quindi la gente veniva allo stadio a vedere la serie D. Io ho giocato in stadi con migliaia di persone sugli spalti. Un calcio vero, emozionante. E poi, se vogliamo dirla tutta, a livello tecnico noi eravamo più forti».
Ti spiace aver sfiorato l’esordio in serie A con il ‘tuo’ Parma? (il club ducale nel 2007 tesserò l’allora 51enne Gene Gnocchi con l’obiettivo di farlo esordire nella massima serie n.d.r.)
«Sì, certo, mi ero allenato bene. La squadra mi aveva accolto bene e aveva visto che con il pallone ci sapevo fare. Sicuramente non avrei fatto la figura del cialtrone. Mi ero preparato, mister Ranieri era d’accordo. Già mi immaginavo l’esordio all’ultima di campionato... Purtroppo il Parma quella stagione ebbe parecchie difficoltà e purtroppo si garantì la salvezza proprio all’ultima giornata vincendo 3-1 in casa con l’Empoli. Non ci fu quindi spazio per me e il mio sogno andò in fumo…».
Che tipo di giocatore eri?
Mi chiamavano il ‘Rivera della bassa’, quindi un trequartista vero, di quelli con i piedi gentili. Con me le punte si divertivano molto perché li facevo segnare. Molti miei amici sono ex punte o ex mediani che correvano per me».
In questi anni ti sei affezionato a un giocatore in particolare?
«Il primo nome che mi viene è Marco Parolo, centrocampista della Lazio, una persona davvero speciale e intelligente, che ha un senso dell’umorismo fantastico. Menzione speciale anche per Luigi Riccio ex del Piacenza e Ignazio Abate ex del Milan».
Di Verona hai qualche ricordo particolare?
«Ricordo che venivo a giocare a Chievo quando era in serie D. Poi la società e la squadra sono diventati un esempio per tutto il calcio italiano. Ricordo anche il Verona scudettato di Di Gennaro e compagni: una goduria!».
Collezioni cimeli calcistici?
«No niente, nemmeno un video, non ho mai tenuto niente, anche se ne avrei avuto la possibilità. L’unico ricordo che ho è una foto insieme
all’ex centrocampista del Milan Dejan Savićević… (l’ex giocatore montenegrino è il sosia ‘ufficiale’ di Gene n.d.r.).
Nel mondo dello spettacolo le amicizie esistono?
«Sì, certo. Io e Teo (Teocoli) eravamo amici poi ci siamo persi di vista. Forse più che amici ho persone con cui creo rapporti di stima reciproca. Però non esco con colleghi, ma mi trovo bene con parecchi.
Cosa fai nel tempo libero?
«Gioco a tennis, mi piace scrivere, leggere e stare con le mie bimbe, sono una gioia infinita».
Se potessi tornare indietro cosa non rifaresti?
«Sono stato il primo di 6 fratelli e quando ho cominciato a guadagnare con questo lavoro eravamo in una situazione difficile. Forse ho accettato di fare troppe cose rispetto a quello che avrei potuto fare. Errore che alla lunga paghi, ma c’era necessità. Forse avrei dovuto diversificare, fare più cinema. Ma va bene così: mi son tolto tanti sfizi e soddisfazioni in tv…».
Come vedi il tuo futuro?
«Continuerò ad andare sul palco a dire ‘stronzate’ perché è la mia vita. E continuerò a scrivere: sto finendo un libro di racconti. Saranno le cose che farò fine alla fine, anche la priorità sono mia moglie e le mie figlie.
È difficile per te gestire lavoro e famiglia?
«No, ho sempre trovato equilibrio. La tv per me è un lavoro come un altro: appena finisco torno a casa e faccio il papà e il marito. Non sono uno a cui piace la mondanità».
Com’è la comicità in questi anni?
Difficile dirlo, ognuno ha i suoi modelli di comicità. A me, per esempio, sono sempre piaciuti Paolo Villaggio nei panni del Professor Kranz tedesco di Germania, Cochi e Renato, Iannacci. Questo è tipo di comicità che mi piace e nella quale mi riconosco. Altre mi piacciono meno. Ma so quanto è difficile far ridere perciò apprezzo e rispetto tutti i comici».
Ultima domanda: c’è un evento sportivo che avresti voluto vivere da protagonista?
«Si, mi sarebbe piaciuto essere Federer e vincere Wimbledon battendo contemporaneamente Nadal e Djokovic. Chiedo troppo?».