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Intervista
INTERVISTA Riccardo Meggiorini Ricomincio dal Lane
ALBERTO CRISTANI E JACOPO PELLEGRINI
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Probabilmente, nei suoi pensieri, la sua carriera sarebbe dovuta terminare con un giro di campo al Bentegodi di Verona, tra gli applausi e i cori dei tifosi del Chievo. Ma nel calcio, come nella vita le sorprese sono dietro l’angolo e così Riccardo Meggiorini, dopo sei anni in maglia gialloblu, ha deciso di rimettersi in gioco a pochi chilometri da Verona. Il Vicenza allenato da mister Di Carlo, e gestito dalla famiglia Rosso, gli ha fatto capire che la sua esperienza e la sua tecnica, oltre alle doti umane, potevano essere molto importanti per una società neo promossa ma, allo stesso tempo, molto ambiziosa. Riccardo ha accettato subito, senza pensarci troppo. Perché a trentacinque anni, e dopo una lunga e importante carriera, sono i valori e le motivazioni a fare la differenza. E a Vicenza, questo, lo sanno bene.
Riccardo, andare a Vicenza è stata una scelta, un’opportunità o un’occasione?
«È stata in primis una scelta ma anche un’opportunità. A luglio ho rifiutato un altro anno di contratto con il Chievo perché non c’erano più i presupposti per andare avanti, soprattutto a livello umano. Negli ultimi due anni è cambiato tanto. Quando arrivai al Chievo il Presidente Campedelli mi disse che per lui contava prima la persona e poi il calciatore. Per me è ancora così e per questo ho preferito cambiare
aria, soprattutto per essere più sereno. A Vicenza ho trovato un ambiente accogliente, una società seria dove c’è ambizione e dove si può fare sicuramente bene».
A Vicenza hai trovato qualche similitudine con il ‘tuo’ primo Chievo?
«Direi di no. Vicenza è una piazza completamente diversa anche se questo è un anno particolare causa Covid. Vicenza è una piazza storica, importante, con un bacino importante di tifosi. Il Chievo di quando sono arrivato era molto ben organizzato e preparato. Eravamo anche in un’altra categoria, in Serie A, e stava nascendo un bel progetto con Maran e per quasi cinque anni siamo rimasti ad alti livelli. Il Vicenza di oggi è una squadra neo promossa in serie B con tanti giovani: un progetto sportivo con prospettive molto diverse ma allo stesso modo molto stimolanti».
Un progetto stimolante che coinvolge non solo la famiglia Rosso, ma anche tutta la città di Vicenza…
«Si, la famiglia Rosso è a capo di una cordata di più di una decina di soci quindi a dimostrazione che in tanti credono in questo progetto. In un anno e mezzo è stata centrata la promozione in B dopo tre anni e un fallimento societario. L’obiettivo prossimo è tornare nella massima serie nell’arco di due, tre stagioni. Non so se questo sarà l’anno buono perché il cambio di categoria dalla C alla B non è facile, però mai dire mai. Siamo partiti un po’ con il freno a mano tirato ma secondo me la squadra c’è».
Quanto vi mancano i tifosi?
«Tanto. Giocare senza tifo è davvero strano. Sembra retorica, ma il pubblico può darti davvero qualcosa in più e, di contro, togliere qualcosa agli avversari. Oggi come oggi giocare in casa o in trasferta non fa differenza. Manca il fattore campo».
Quanto ha influito mister Di Carlo nella tua decisione di accettare la proposta del Vicenza?
«Parecchio. Il mister mi aveva chiamato già durante il lockdown di marzo per chiedermi in che situazione ero con il Chievo. All’epoca nessuno dei dirigenti gialloblu era ancora venuto a parlarmi dal Chievo: probabilmente davano per scontato che io sarei rimasto ancora. Si sono fatti vivi solo a fine campionato. Per come la vedo io questo non è il modo corretto di comportarsi. Così, anche per questo, ho preferito andare via. E non c’entra nulla l’aspetto economico: a Vicenza mi hanno dimostrato interesse vero, con un mister che mi ha voluto e fatto sentire importante. Accettare è stato naturale».
Che campionato di Serie B è quello di quest’anno?
«Come sempre equilibrato e per questo tosto e difficile. La squadra sulla carta favorita sembrerebbe il Monza, società che ha fatto acquisti davvero importanti. Però ce ne sono tante in lista possono puntare in alto. I Play-Off poi, come sempre, permettono anche a formazioni meno favorite di rientrare in gioco. Credo che alla fine sarà un campionato incerto fino alla fine».
E il Vicenza dove può arrivare?
«Per ora il nostro obiettivo è la salvezza. Abbiamo le carte in regola per giocarcela a viso aperto con tutti. A volte sarà l’episodio a fare la differenza e noi dovremo essere bravi e attenti affinchè questi episodi siano a nostro favore».
La squadra è un bel mix tra giovani e giocatori di esperienza: tra le nuove leve c’è qualcuno che ti ha impressionato particolarmente?
«Premetto che sono tutti bravi ragazzi e ottimi professionisti. Se devo fare qualche nome direi Beruatto, terzino molto bravo e Pontisso, centrocampista con tante qualità fisiche, tecniche, che calcia molto bene e forte da fuori area. Lui è un giocatore da Serie A».
Il Covid è un’altra componente che può spostare gli equilibri in questo campionato?
«Si certo. Ci sono squadre che non giocano, squadre che perdono a tavolino. Noi fino ad ora siamo stati fortunati ma va ad incidere molto sulle squadre che magari si trovano dimezzate, e anche allenarsi è più difficile. Anche per questo diventa più equilibrato il campionato. In un anno così dobbiamo essere pronti a tutto».
Il calcio dilettantistico, quello amatoriale e quello giovanile, ossia lo sport di base, con questi decreti sta veramente facendo fatica.
«Si, stanno uccidendo il calcio professionistico, figuriamoci quello dei dilettanti e amatoriale. La verità è questa. Le squadre e le società non hanno più le risorse dei tifosi a livello professionistico. A livello dilettantistico e amatoriale viene veramente a mancare tutto, anche la passione che ha la gente. Lo sfogo che si può avere al di fuori del lavoro è un aspetto importante della vita di milioni di persone in Italia. Nel calcio dilettantistico, poi, le strutture capisco che facciano più fatica a superare questo periodo qua. Loro sono la base del calcio, perché i professionisti partono tutti da lì»
A 35 anni la tua voglia di giocare è ancora alta: che obiettivi ti poni?
«La voglia è tanta perché vedo che sto bene, e se stai bene ti diverti: questo è il segreto per andare avanti quando arrivi ai 32-33 anni. Per me divertirsi ancora fa la differenza. Se il fisico tiene voglio andare avanti altri 2-3 anni. Dopo si vedrà. Ora sono in un momento positivo e voglio godermelo totalmente.”
Ultima curiosità: com’è Renzo Rosso?
«Renzo Rosso è un personaggio, un visionario, un grande imprenditore. Lui quest’anno viene spesso alle partite. Il figlio, Stefano, spesso anche agli allenamenti. Un segnale importante per tutto l’ambiente, a testimonianza di quanto credano e tangano al progetto. A noi fa piacere sentirli così vicini: la loro presenza è importante ed è uno stimolo per fare sempre meglio».
Riccardo Meggiorini in posa con la maglia del Vicenza al Museo Nicolis di Villafranca