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INTERVISTA Simone Palazzin

Giù le mani dall'MMA!Foto: Simone Palazzin

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MATTEO LERCO

Tra i ‘mezzi’ e gli infiniti ‘fini’ che attraverso di essi si possono realizzare esiste una tensione ineliminabile. Qualsiasi strumento nel vivere quotidiano se utilizzato nella maniera scorretta può condurre ad esiti drammatici: onestà intellettuale è innanzitutto non confondere l’astratta pericolosità di una dinamica con l’inevitabile pericolosità della stessa. L’MMA, acronimo di Mixed Martial Arts, è finita ultimamente nell’occhio del ciclone per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ragazzo ucciso in una rissa a Colleferro nel tentativo di soccorrere un amico in difficoltà. La pratica della disciplina da parte dei due principali sospettati è stata impropriamente strumentalizzata dai media che l’hanno additata come concausa dell’evento, un’accusa che ha fomentato un acceso dibattito sulle criticità di quest’arte marziale. Insieme al Maestro Simone Palazzin, titolare della palestra Combat Academy, abbiamo provato a superare la nube di polemiche, al fine di osservare con lucidità e oggettività la questione.

Simone, a livello mediatico recentemente si è parlato tanto di MMA arrivando, in certi casi, a ‘demonizzare’ la disciplina. Qual è il tuo pensiero a riguardo?

«Ritengo che qualsiasi mezzo, se utilizzato impropriamente, possa diventare fonte di pericolo. Se penso alla vicenda di Colleferro non inquadro dei fighter, ma dei delinquenti: ogni considerazione ulteriore per me lascia il tempo che trova di fronte all’inqualificabilità del gesto. La vicenda deve essere analizzata considerando la perversione degli individui e non gettando fango su un’arte che al contrario ha come caposaldo il rispetto altrui. Vi cito a riguardo i due lottatori che durante l’attentato in Francia hanno salvato la vita ad un poliziotto e ad un cameriere, a riprova del fatto che è sempre la qualità

La protesta pacifica della Combact Academy per la chiusura della palestra.

delle nostre scelte a fare la differenza. Penso all’MMA come ad una scuola di vita: in palestra accogliamo spesso dei ragazzi aggressivi che iniziano con noi un percorso che li porta a cambiare la percezione che hanno della società. Questa è la vera essenza di ciò che noi maestri insegnamo».

Che percorso fai intraprendere ad un giovane che intende avvicinarsi a questo mondo?

«L’approccio vincente è sempre quello di seguire la sua passione: se credi in ciò che stai facendo tutto il resto viene da sé. Personalmente penso sia più semplice allenare ragazzi che non hanno mai praticato altre arti marziali, in quanto è più rapido il processo di assimilazione dei nuovi gesti e movimenti. In generale non ci sono particolari barriere, in quanto l’unico fattore che conta veramente è il duro lavoro».

Che impatto sta avendo questa «seconda ondata» di Covid-19 sul settore?

«Si fatica tantissimo, dallo scorso anno lavoriamo a singhiozzo e l’incertezza che arriva dall’alto di certo non aiuta. Noi titolari di palestre ci siamo adoperati per garantire sanificazione e sicurezza all’interno dei luoghi che utilizziamo, ma a quanto pare non è servito a nulla, dato che la chiusura si è abbattuta indiscriminatamente. Se penso specificamente all’MMA le difficoltà sono ancora maggiori, considerato che non siamo riconosciuti come disciplina sportiva, un mancato inquadramento che, com’è facile immaginare, non porta agevolazioni, ma accumulo di problematiche».

Volgendo lo sguardo all’estero, che situazione si sta delineando?

«Purtroppo in ambito europeo nessuno se la sta passando bene.

Simone Palazzin con Giulia Chinello.

L’unica differenza rispetto al territorio nazionale è che oltralpe, in certi casi, gli eventi possono continuare a disputarsi. Neanche questa però è una verità assoluta in quanto un’atleta professionista che seguo doveva disputare tre match in giro per l’Europa, ma sono stati annullati a causa dell’emergenza. Vedremo che piega prenderà la faccenda, ma non vedo un cielo sereno all’orizzonte».

Simone Palazzin e la squadra della Combact Academy

Il tuo cammino nelle arti marziali è iniziato molto lontano… quali sono stati gli snodi principali della tua carriera professionale?

«È partito tutto venticinque anni fa quando iniziai ad appassionarmi del kick jitsu, la “madre” dell’odierna MMA. Ho praticato negli anni anche il ju jitsu, la kickboxing e il judo, tutte esperienze bellissime che hanno contribuito a formare la persona che ora sono. Nella mia palestra oltre alle arti marziali miste insegno anche la kickboxing».

Agli onori della cronaca è giunto l’inaspettato ritiro di Khabib Nurmagomedov, da molti considerato il più grande fighter di tutti i tempi. Se è vero che per osservare nella sua interezza un quadro va fatto un passo indietro, non pensi che realizzeremo la sua grandezza

solo a distanza di tempo? «Per come la vedo io Khabib l’Imbattibile è già oltre la storia di questo sport. Il suo ritiro è una mazzata non indifferente per l’MMA: il campione daghestano ha contribuito in maniera sensazionale allo sviluppo di quest’arte, fungendo da propulsore mediatico per tutto il movimento. Ha fondato il suo mito sui valori del rispetto dell’umiltà, uno status che vale più di qualunque genere di vittoria. È e resterà sempre il numero uno».

I giovani atleti della Combact Academy.

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