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INTERVISTA Giorgia Pegoraro

Questione di stile

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ALBERTO CRISTANI

C’ è chi gioca a calcio per professione, chi per passione. Chi lo fa per trascorrere qualche ora con gli amici e chi per smaltire la pancetta. C’è anche chi lo fa perché non sa quale altro sport praticare. Ma c’è anche chi gioca a calcio per amicizia e per stare insieme. Nel numero scorso di SportdiPiù magazine siamo entrati nel mondo della F.C. Bomberine intervistando il fondatore-presidenteallenatore Marco Bobby Cecolin. La palla ora passa al capitano Giorgia Pegoraro che, con questa intervista per nulla scontata e banale, ci racconta perché essere una Bomberina non significa solo giocare a calcio bensì si tratta di far parte di un progetto a 360°, tra divertimento, aggregazione, solidarietà, stile e bellezza. Perché, sia chiaro, le Bomberine prima di tutto sono donne.

Giorgia, com’è iniziata la tua avventura con le Bomberine?

«Tutto è iniziato un ferragosto di sei anni fa quando, grazie ad amici in comune, incontrai a Falcade Marco Bobby Cecolin, il mastro chef, alla griglia, di quella festa. Non mi chiese nemmeno il nome, mi disse semplicemente: “Ho sentito che sai giocare a calcio: vieni nelle Bomberine e non te ne pentirai”. E così è stato».

Quando inizia invece la tua passione per il calcio?

«Da piccola ho sempre giocato a calcio con il mio gemello e amici al patronato: i pomeriggi li trascorrevamo a contenderci il campetto con i ragazzi più grandi di noi. Dopo qualche anno di atletica leggera, un’amica mi ha convinto a partecipare a degli allenamenti di prova della Primavera del Calcio Padova: sono andati bene e dopo un anno in primavera sono approdata alla prima squadra che militava in serie C. Avevo quindici anni. Dopo la conquista della serie B nel 2008 mi sono infortunata al legamento crociato anteriore, così dopo soli quattro anni la mia avventura nel calcio a 11 si è interrotta bruscamente».

La cosa che balza più all’occhio delle Bomberine, oltre ai risultati, è la cura di particolari…

«Beh, certo: prima che giocatrici di calcio siamo ragazze! Ritengo sia giusto valorizzare questo aspetto, a partire dalle nostre divise di gioco che sono fatte su misura e ci calzano a pennello. Non come le solite magliette scartate dalle squadre maschili che indossate dalle ragazze fanno un bruttissimo ‘effetto tovaglia’. Il discorso immagine ha la sua importanza: ci siamo messe in gioco sui social, mostrando oltre che risultati sportivi, momenti di vita quotidiana, risaltando aspetti della nostra femminilità. Il riscontro è stato notevole. Nell’ambiente c’è chi giudica in maniera molto negativa questa nostra attitudine e sinceramente non lo capisco: l’immagine è da sempre curata da tutti gli sportivi, uomini e donne, dai campionissimi Cristiano Ronaldo e Federica Pellegrini fino a livelli più ‘terrestri’. Non vedo quindi perché non possiamo farlo anche noi nel nostro piccolo. A tal proposito Martina Rosucci, centrocampista della nazionale e della Juventus, un’icona del calcio femminile italiano, ha detto in un’intervista: “All’estero, dove il calcio femminile è cosa seria, il match è un evento: le giocatrici vanno dal parrucchiere, si truccano, entrano in campo depilate, con la fascetta vezzosa per i capelli e la manicure fresca. Io pure. Quando gioco in azzurro, poi, rappresento l’Italia. E voglio essere bella”. Noi Bomberine non giochiamo certo per la Nazionale, ma non per questo tralasciamo la cura dei particolari: vogliamo essere belle anche noi!».

Le Bomberine sono anche sinonimo di solidarietà e inclusione...

«Grazie alla popolarità raggiunta sui social, molte persone si sono appassionate al nostro mondo, probabilmente perché riusciamo a trasmettere l’entusiasmo e il divertimento nel giocare e stare insieme. Quindi è capitato che ci venisse chiesto di fare amichevoli o semplicemente di condividere dei momenti, come per esempio con Alessio Nicolai: un nostro tifoso che adesso fa parte della grande famiglia Bomberine. Ha iniziato a seguire i nostri risultati su Facebook, era in un momento difficile della sua vita e nel nostro piccolo siamo riuscite a trasmettergli qualcosa, quindi siamo state molto contente di accogliere lui e la sua famiglia nel nostro gruppo».

Il fatto di partecipare ad un campionato dilettantistico per voi, e per il vostro presidente, è un dettaglio vista la grande passione e professionalità che dimostrate…

«Dopo gli ottimi risultati delle ultime due stagioni, prima dell’arrivo del Covid, ci hanno chiesto in molti perché non disputassimo un campionato federale. In realtà per un attimo ci abbiamo pensato, ma al di là del fatto che diverse di noi lavorano nel weekend e sarebbe difficile conciliare gli impegni sportivi, a noi interessa giocare ed allenarci insieme per divertirci. La Tuttocampocup è organizzata benissimo e non sentiamo la necessità di cercare altro. Le fasi regionali al villaggio Barricata e le nazionali a Tortoreto sono appuntamenti a cui non vogliamo più rinunciare».

Cosa significa essere capitano delle Bomberine?

«Sicuramente è motivo di orgoglio. La fascetta me l'ha passata la Cri (Cristina Zaccagnino n.d.r.), storica bomberina, presente dal primo allenamento. Lei ha avuto la passione, la voglia e l’entusiasmo di lavorare sempre con il gruppo anche quando i momenti non erano dei più rosei. Nei primi anni le Bomberine non hanno ottenuto grandi risultati e quindi posso immaginale la sua grande soddisfazione nell’alzare le quattro importanti coppe conquistate l’anno scorso. Quando lei e mister Bobby hanno deciso di darmi la fascia da capitano sono stata davvero molto contenta e orgogliosa. Mi sono sempre impegnata molto per questa squadra, in campo e anche fuori aiutando Bobby ad organizzare gli allenamenti. Non nascondo che piacerebbe anche a me alzare presto qualche coppa!».

Il Covid vi ha bloccato ancora: quanto è difficile andare avanti e trovare stimoli?

«Dopo un’estate di partitelle fra noi speravamo di poter iniziare finalmente il campionato, ci manca indossare la divisa da gioco, scendere in campo e giocare insieme in una competizione “vera”. Purtroppo, non ci sono ancora i presupposti, noi continuiamo a tenerci in forma con qualche allenamento fitness online, passeggiate in montagna o sui colli, certo, giocare a calcetto è un’altra cosa, ma almeno facciamo attività insieme e non appena si potrà ricominciare in sicurezza, noi ci saremo!».

Un tuo commento al blocco dei campionati dilettantistici?

«Personalmente condivido questa scelta, per quanto sia molto sofferta. In serie A i calciatori sono costantemente sottoposti a tamponi, facendo così la situazione è più facilmente controllabile. Nei nostri campionati non c’è la possibilità di fare altrettanto e questo probabilmente aumenta le possibilità di contagio tra sconosciuti e in una situazione di difficoltà nella quale ci troviamo adesso, è sicuramente un rischio da evitare. Non trovo altrettanto corretto fermare tutto lo sport: le palestre si erano attrezzate per garantire la sicurezza ai propri utenti, anche le associazioni sportive che si occupano di corsi di mantenimento per adulti avevano adottato dei protocolli molti rigorosi, è un peccato abbiano fermato tutto, sicuramente, da laureata in Scienze Motorie, sono di parte. Ma è indubbio che un’attività sportiva, svolta in sicurezza con degli esperti del settore, sia indispensabile per il benessere della persona».

Quando non sei in campo cosa fai?

«Sono un’educatrice motoria nella scuola dell’Infanzia e Primaria con progetti del Coni e allenatrice dei Piccoli Amici del MestrinoRubano, oltre che tenere dei corsi di attività motoria per bambini e adulti. Quindi lavoro principalmente con i bambini ed è un’attività che amo e in cui credo molto, la precarietà di questo settore è l’unico neo, poiché i conti contratti sono per lo più di collaborazione sportiva. Confido di entrare presto di ruolo a scuola come insegnante di educazione motoria, anche se questo vorrebbe dire ‘abbandonare’ i più piccoli perché l’Italia è uno dei rarissimi paesi sviluppati in cui non è previsto il ruolo dell’insegnante di motoria nella primaria. Ho sempre allenato maschietti, mi piacerebbe un giorno aprire una scuola calcio femminile».

Vita privata: come passi il tuo tempo libero e con chi?

«Il mio tempo libero è comunque dedicato principalmente all’attività spor-

tiva: oltre che al trekking sui colli o in montagna, con il mio ragazzo giochiamo da diverso tempo a padel, attività in cui ho coinvolto anche diverse compagne di squadra. Come ho già detto le mie compagne di squadra sono soprattutto le mie amiche, quindi fanno abbondantemente parte del mio tempo libero, con loro oltre che condividere la passione per lo sport, condividiamo la passione per il buon cibo: ogni occasione è buona per organizzare cene, aperitivi, grigliate in compagnia».

La vostra squadra è una grande famiglia: genitori, figli, compagni sono spesso coinvolti e partecipano da vicino alla vostra passione. È anche per questo che le Bomberine si differenziano un po’ dal ‘classico’ calcio femminile?

«Sì, credo di sì. Alle ultime finali regionali a Barricata sono venute a tifare per noi quasi 100 persone tra parenti, amici e simpatizzanti che trascorrevano il tempo tra una partita e l’altra in lunghe tavolate a mangiare e chiacchierare insieme come una grande famiglia. In effetti eravamo l’unica squadra con un seguito così, non saprei dire se sia questo aspetto a differenziarci dal classico calcio femminile, a noi fa indubbiamente piacere condividere momenti sportivi e di festa con i nostri cari».

Che giudizio dai sulla crescita – se c’è stata – del calcio femminile degli ultimi anni? C’è ancora pregiudizio nei confronti delle calciatrici?

«Sicuramente sono stati fatti dei passi avanti, la Juventus è stata la prima big ad investire molto sul settore femminile, anche dal punto di vista dell’immagine, sarebbe bello che anche le altre squadre facessero lo stesso. Senz’altro qualcosa si sta muovendo, ma c’è ancora molto da fare. Dal discorso immagine, perché è indubbio che un freno alla partecipazione delle ragazze a questo sport sia dovuto agli stereotipi che purtroppo ci sono ancora in Italia, che negli altri paesi invece non ci sono; al discorso scuole calcio: una buona attività di base è fondamentale per la crescita di uno sport, io credo che finché non si investirà in progetti concreti per la riuscita di questo settore, sarà difficile avere dei risultati importanti».

Alcune calciatrici hanno ultimamente fatto outing: come giudichi questa loro scelta? Ma, soprattutto, è indispensabile nel calcio femminile rendere noto a tutti i propri gusti sessuali?

«Se le persone decidono di fare outing credo lo facciano perché si sentano meglio così, trovo abbastanza triste che in Italia queste situazioni diano da parlare. Fare outing per molti è fare un gesto di coraggio e non dovrebbe essere così, ognuno dovrebbe sentirsi libero di vivere la propria sessualità senza il timore di essere giudicato».

Hai un idolo sportivo?

«Rimanendo nel mondo del calcio sono stata innamorata per tanti anni di Alessandro Del Piero: capitano esempio di stile e correttezza, giocatore strepitoso e uomo bellissimo, ho seguito tutte le sue partite: ricordo ancora l’emozione al suo gol alla Germania ai mondiali del 2006! Al di là del calcio, nutro grandissima ammirazione per Federica Pellegrini, una campionessa eccezionale in grado di vincere praticamente tutto e trovare sempre nuovi stimoli per raggiungere nuovi traguardi: ha attraversato diversi momenti difficili nella sua carriera ma ne è uscita ogni volta più forte e motivata. Un’icona di stile anche al di fuori della piscina: l’abbiamo vista in diversi programmi televisivi e sfilare nelle passerelle di moda rafforzando la sua immagine. Credo sia un aspetto importante per farsi conoscere, perché purtroppo, spesso, non basta essere dei campioni assoluti nel proprio sport per essere conosciuti, eccezion fatta per il calcio maschile. Questo è un peccato perché campioni del genere dovrebbero essere usati come esempio di sport per i giovani, per dare motivazioni e trasmettere valori».

Il Covid ci sta cambiando la vita: come vedi il futuro?

«Il Covid sta mettendo alla prova tutti noi: è un momento difficile perché si ammalano sempre più persone con le conseguenze più disparate, dagli asintomatici a chi deve sperare di trovare un posto letto in ospedale. Molti settori sono stati penalizzati drammaticamente dal punto di vista economico e sarà poi difficile rialzarsi, io che lavoro nell’ambito sportivo non vedo un futuro molto roseo per me e per i miei colleghi viste le nuove ordinanze. I prossimi saranno mesi complicati, bisogna che tutti facciano la propria parte, essere responsabili e attenti anche se ci sono abitudini che non è facile abbandonare: le cene in compagnia, i momenti di festa con amici e parenti, l’abbraccio di una persona cara. Io non perdo comunque la fiducia, spero di tornare presto a fare il mio lavoro con i bambini in serenità, per il momento si tiene duro!».

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