4 minute read

Uscita Verona Sud

Next Article
Sport Life

Sport Life

L'OPINIONE Uscita Verona Sud

di Daniela Scalia instagram dani_seamer TWITTER @DanielaScalia

Advertisement

Ma tu pagheresti 30 euro per vedere Insubria-Tridentina?

Per parlare seriamente di franchigie bisogna parlare seriamente di nomi e di identità locale. E anche (mi approprio di un pezzo di conferenza di Luca Tramontin al LAC di Lugano) di identità onomastica. Parole grosse ma concetti molto semplici che fanno la differenza pratica. Insubria-Tridentina... io guarderei bene chi gioca, a che ora, e che tempo fa. L’identità è una cosa pratica, non teorica. Non ho tempo/spazio per fare tutti gli esempi logici e comici che ho sentito nel super-tempio di Lugano, ma so che derby in NHL significa sfida tra squadre fondatrici, le Original Six. Se lo misuri a campanile vicino come da noi, sbagli. E cosa significa “sbagli”? Che fai fuori i soldi degli sponsor, che le giovanili restano senza fondi, che non hai da rimborsare gli arbitri e gli allenatori bravi ma che perdono lavoro, quindi ti trovi ad accettare quelli benestanti che bravi non sono. È una catena. Nelle proposte dei super-manager (ironico) leggo delle idee ben peggiori di Insubria-Tridentina. Il grave è che si fanno pagare anche per proporre: si chiama project expense o qualcosa del genere. Alla scusa storica del calcio (sempre colpa sua) si è aggiunto un reale ma comodo Covid (“Comovid” ha detto il nostro ribelle in conferenza), quindi ogni fiasco si giustifica senza autocritica. Se facessi finta di essere da Verona Nord forse potrei fregare qualcuno, ma nemmeno tutti, così, quando i nostri sport cercano di costruirsi o ricostruirsi nel dopo-pandemia dovrebbero (come si fa nello sport) prima ripassare i fondamentali, poi arrivare al resto. Non sto dicendo di appendersi staticamente alla tradizione, anzi, dico il contrario. Guarda cosa stanno facendo i Catalan Dragons di Rugby League nel campionato inglese, in uno sport che è addirittura “nordinglese”, o il Giappone in vari sport, o altri ancora. Ma attenzione, si appendono, agganciano alla tradizione, innestano il nuovo in un antico consolidato. Io preferisco Verona-Bergamo a Insubria-Tridentina, poi immagina tu per chi tifo.

L'OPINIONE Compagni di squadra di Luca Tramontin

I Rugbisti del suono

Il telaio della squadra seria è il telaio dell’azienda seria. C’è una spiegazione storica che tutti saltano come fosse fastidiosa o fantasiosa. Semplicemente: in età industriale gli inglesi nobili devono inventarsi un senso del lavoro che non hanno mai avuto (vivevano di rendita fino all’arrivo della rivoluzione industriale) quindi strutturano il lavoro imitando l’unica cosa collettiva faticosa che conoscevano: il football (su acqua, su fango o col bastone, quello con le regole di Rugby o di Oxford, uguale). Poi il mondo anglosassone domina e invade il mondo (ho le prove) e imposta indirettamente o direttamente le nostre aziende. Questo significa che la squadra che funziona e l’azienda che funziona sono parenti sani. La squadra che litiga e l’azienda che stenta sono parenti storpi, meglio fare le analisi prima di fare figli. Quando entri al Digital Lake Studio di Verbania trovi due fratelli, bravissimi a jouer/play (le lingue nordiche hanno lo stesso verbo per suonare e giocare, da noi invece sono ben separati, purtroppo).

Diversissimi tra loro come un pilone e

un mediano, con il compito comune di far giocare bene quello che arriva dalle giovanili. Metafora anti-anagrafe perché sono più vecchio, ma musicalmente sono più giovane. E qui non si va a calendario ma a esperienza specifica di campo. Il senso di squadra ti segue, ti avvolge, quando manca (se sei viziato come me) ti segnala la sua assenza e ti fa dire brutte parolacce. La mischia è la base ritmica, il resto sono mediana e tre/quarti. Questa fattela spiegare da un amico rugbista che suona, ce ne sono molti per fortuna. Ale e Alb prendono le mie imprecisioni, la mia mancanza totale di rapporto con il pentagramma, il mio fare le cose per sbaglio. Invece che buttarle via, esattamente come si fa con i palloni di recupero infangati, le trasformano in proiettili per fare punti. Poi senza gelosie, senza competizione (esattamente come fanno i capitani con gli allenatori), si passano le informazioni preziose e «mandano» o «mi mandano» da Marco Paolini, l’altro mediano, il sound engineer che mixa con il resto dell’episodio e trasforma in quel capolavoro (anche) audio che sono gli episodi – tutti - di Sport Crime e il collegato disco con la colonna sonora della prima stagione. “Meglio che lo faccia lui”. Ti viene in mente una frase che sia più sportiva, umile o collettiva? “Lascio la chitarra che hai suonato tu, è imprecisa ma ha un suo calore”. Dai, questo è hockey, rugby, roba di casta alta indipendentemente dal censo. Il ‘miserozzo’ che ha paura di perdere il posto ragiona e parla così. Jonny Wilkinson parla così.

Il finto rugbista che arriva in Svizzera per scroccare sussidi non ragiona così.

Così si ragiona ai London Wasps, a Casale sul Sile, ad Alleghe o a Viadana. Così parlano quelli che suonano chitarre e pianoforti per i grandi della musica, non per i bellunesi da riformatorio. Se vinci scudetti (far suonare colonne sonore a me è una Stanley Cup, una AlpenLiga 1992) con giocatori impediti vuol dire che giochi/play/joue a rugby o sport derivato.

Alberto Gallo al mixer

Da sx Alberto e Alessandro Gallo

This article is from: