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Intervista Emil Hallfreðsson
INTERVISTA
Emil Hallfreðsson
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ALBERTO CRISTANI
Il soprannome Ghiaccio Bollente affibbiatogli dai tifosi dell’Hellas Verona è la migliore esemplificazione del suo valore, non solo per quanto riguarda le sue performance in campo. Emil Hallfreðsson, islandese doc – ma veronese di adozione – è quel tipo di giocatore che ogni allenatore vorrebbe allenare, ogni giocatore vorrebbe al suo fianco e ogni tifoso vorrebbe avere nella sua squadra del cuore. Con la maglia gialloblu è passato dall’inferno della serie C al paradiso delle serie A, al termine di una cavalcata entusiasmante. Dopo sei stagioni e 175 presenze (impreziosite da 7 gol) Hallfreðsson si trasferisce all’Udinese dove, anche causa infortuni, non riesce ad esprimersi al meglio. Terminata la parentesi friulana (inframezzata da un mordi-e-fuggi a Frosinone), Emil torna in Veneto e precisamente a Padova dove ritrova il suo allenatore ‘del cuore’ Andrea Mandorlini. La mancata, e sotto alcuni
Ghiaccio Bollente per Fresco
A fine carriera potrei anche fare l’allenatore; mi piace stare con i giovani, dargli una mano, un consiglio. Adesso però sono concentrato solo sul giocare.
versi clamorosa, promozione in serie B ha spinto la dirigenza patavina ad attuare una mezza rivoluzione con relativa rivisitazione del progetto sportivo. Progetto nel quale l’ex nazionale islandese, non ha trovato più spazio. E così, dopo un periodo di ‘limbo’ e di allenamenti in solitaria, arriva la proposta della Virtus di Gigi Fresco. Emil accetta. Il resto è storia recente.
Emil, alla fine, gira e rigira, sei ritornato a Verona…
«A dire il vero ci ero già tornato lo scorso anno; giocavo a Padova ma avevo deciso di vivere qui. Sinceramente non pensavo di tornare A Verona per giocare. Ero convinto di rimanere a Padova: lo scorso anno abbiamo fatto bene e pensavo di essere confermato. Però hanno avuto altre idee ma non c’è problema. Io ho dato il massimo per loro, ho fatto così per qualsiasi squadra con cui ho giocato. Quest’estate con la mia famiglia abbiamo deciso di rimanere in città per un altro anno anche perché qui, i nostri bambini vanno a scuola. Così mi tenevo in forma con il Sant’Ambrogio in attesa di capire cosa potesse succedere. Poi un giorno mi ha chiamato Gigi, chiedendomi se potevo dare una mano alla Virtus. Avevo altre richieste ma non volevo più spostarmi da qui; avrei cambiato squadra solamente per un progetto di un certo tipo».
Come stai?
«Fisicamente sto bene, mi diverto ancora a giocare. Quando sono arrivato alla Virtus erano quattro mesi che non facevo una partita ufficiale. Dopo pochi allenamenti ne ho fatte tre in una settimana! Giocare aiuta a trovare la forma miglioree quindi posso solo migliorare. La testa e la voglia ci sono ancora e questo è la cosa più importante».
Cosa sapevi della Virtus e del presidentemister Fresco?
«Ad essere sincero non conoscevo molto la Virtus: avevo sentito parlare di Gigi Fresco, una persona che all’interno della società fa praticamente tutto. Ad una persona che ha portato una squadra di quartiere fino alla serie C non puoi dire no. Mi sono subito integrato nella squadra. I ragazzi sono tutti bravi, giovani e tutto lo staff è preparato. Qui è come essere in famiglia: è una realtà diversa rispetto a quelle che ho vissuto precedentemente. Qui sto bene».
Che squadra è la Virtus 2021/2022 e quali obiettivi può raggiungere?
«Senza dubbio l’obiettivo di quest’anno sarà ancora arrivare ai playoff. Per quanto riguarda la squadra devo dire che ho trovato molti giovani bravi, forti. Io posso dare una mano a tutti questi ragazzi ed aiutarli a crescere. Posso dare equilibrio in campo e nello spogliatoio.
Fresco però vuole andare in B entro cinque anni…
«Perché no? Si può fare. Io ne avrò 42 anni: va bene! (ride n.d.r)»
Nel frattempo il ‘tuo’ Hellas sta volando…
«È vero. Sebbene abbia avuto un inizio difficile, con l’arrivo di Tudor hanno trovato la quadratura e ora sta andando benissimo. Sono contento per la società, per la squadra e per i tifosi. Speriamo davvero che continuino così. Con l’Hellas sono stato promosso dalla serie C alla serie A. Abbiamo fatto una grande impresa…».
Poi però sei andato ad Udine…
«A Verona avevo fatto bene, addirittura concluso una stagione con 14-15 assist. Quando l’Udinese si è fatta sotto ho deciso con la mia famiglia di provare un’altra esperienza. Ho pensato fosse la cosa migliore per me e anche per l’Hellas. Sei anni con l’Hellas non si dimenticano, eravamo tutti d’accordo: io, il direttore e la società. A Udine ho trovato una società organizzatissima. Lì sono rimasto 3 anni e mezzo. Il mio unico sbaglio è stato quello di andare al Frosinone: avevo ancora due anni di contratto ad Udine, potevo restare. A Frosinone non mi sono trovato bene, non era il mio ambiente. Inoltre mi sono fatto male al ginocchio. Così ho rescisso il contratto a gennaio 2019. È stato allora che l’Udinese, dopo l’operazione, mi ha richiamato, offrendomi assistenza e supporto nella rieducazione. Un gesto non dovuto, bellissimo. Da veri signori. Sono guarito e a fine stagione riuscii anche a giocare le ultime tre partite di campionato, segnando pure un gol. Con loro ho ancora un bellissimo rapporto, a loro dirò per sempre grazie».
L’Udinese però a fine campionato 2018-2019 non ti ha riconfermato. Ed è così che ti sei ritrovato a Padova con Mandorlini…
«Mandorlini è l’allenatore con il quale ho legato di più, con lui ho trascorso tanti anni. Abbiamo vinto tante partite insieme, sono stati anni importanti con lui ho sempre giocato mezz’ala. A Verona abitava nell’appartamento sopra di me. Quando si perdeva, aspettavo sempre ad andare al campo per non incrociarlo sulle scale (ride n.d.r.). Con il mister ho sempre avuto un ottimo rapporto. A Padova siamo stati davvero vicini a vincere ancora qualcosa di importante. Avevamo un bel vantaggio in classifica ma il calcio dimostra che può sempre succedere di tutto. Avevamo fatto 79 punti, avevamo fatto più gol di tutti e presi meno di tutti. Ma non è bastato. Siamo andati ai playoff, siamo arrivati alla finale e, sebbene avessimo dominato nei tempi regolamentari, l’abbiamo persa ai rigori. Si vede che doveva andare così. Fa parte di quelle strane regole non scritte del calcio. Pazienza».
Hai già in mente cosa farai quando smetterai di giocare?
«No, ora come ora non so proprio dirti cosa farò; dipende da quello che succederà. Certo, le opportunità non arrivano per caso, le devi cercare. E così farò. Mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio anche se con mia moglie abbiamo un’azienda che fa import-export di prodotti italiani in Islanda e, devo dire, sta andando molto bene. Quello sta diventando un lavoro, anche se attualmente lo gestisce totalmente mia moglie. Potrei anche fare l’allenatore; mi piace stare con i giovani, dargli una mano, un consiglio. Adesso però sono concentrato sul giocare. Se poi riuscirò
Hai amici nel mondo del calcio?
«Instaurare rapporti di amicizia veri nel mondo del calcio non è semplice perché c’è tanta competizione. Io però tre amici veri li ho conosciuti; sono Juanito Gomez, Vangelis Moras e Jorginho. Con loro ho condiviso tanto in campo e altrettanto fuori dal campo. Ci sentiamo spesso e appena possibile ci si incontra con le famiglie».
Gli avversari che ti hanno fatto più ‘penare’?
«Quando con l’Hellas giocavamo contro la Juventus mi impressionava Pogba, giocatore davvero fortissimo. E poi c’è l’extraterrestre Messi: ci ho giocato contro con la Nazionale ai Mondiali del 2018. Pareggiammo 1-1 e, nonostante non avesse disputato una delle sue migliori partite, fu quasi immarcabile. Ricorderò sempre quella gara».
Messi o Ronaldo?
«Sono due fenomeni ma personalmente preferisco Messi».
I giocatori più forti con cui hai giocato a Verona?
«Toni e Jorginho sono due giocatori che mi hanno lasciato il segno: il primo segnò tantissimo nonostante fosse a fine carriera, il secondo, sebbene ancora giovane, si intuiva sarebbe diventato un campione. Ah, per me Jorginho è da pallone d’oro: ha vinto tutto. Se lo merita».
Che 2022 sarà per Emil Hallfreðsson?
Emil insieme alla moglie Ása María e ai piccoli Emanuel e Andrea Alexa
a trovare un’opportunità interessante a Verona deciderò insieme alla mia famiglia con la quale condivido sempre ogni cosa».
L’Italia ti ha stregato, ma l’Islanda è la tua terra: cosa porteresti dell’una nell’altra e viceversa?
Sportivamente mi immagino un 2022 con la Virtus ai playoff. Fuori dal campo spero che la mia famiglia continui a stare bene qui a Verona. E che la salute non ci manchi mai. Per quanto riguarda il mio futuro professionale non so cosa dire…
Ti vedi ancora con la maglia della Virtus?
Intanto vediamo come finirà questo campionato e poi deciderò. E comunque: perché no?
«Dall’Italia porterei in Islanda il tempo, le temperature, il sole e il buon cibo. Ma anche la qualità della vita: qui è più easy, si vive più tranquilli. In Islanda sono tutti in competizione. Ogni tanto dico ai miei amici islandesi: “State tranquilli, dovete godervi la vita”. Ma non mi ascoltano. Dall’Islanda invece porterei in Italia l’acqua calda e pulita. E un po’ di natura».
Cosa fai nel tempo libero?
«Nel tempo libero dedico tanto tempo alla mia attività di import-export insieme a mia moglie. È un passatempolavoro piacevole. Poi mi piace molto stare con i bambini: mio figlio gioca nella la scuola calcio dell’Hellas. Mi piace portarlo all’allenamento e rimanere a guardarlo mentre gioca. Tempo libero per me significa stare con la famiglia».
Hai parlato prima di cibo: c’è un piatto veronese che ti piace in particolare?
«Adoro il risotto all’amarone: è fantastico!».
Vino o birra?
«Io bevo sempre un buon bicchiere, mi piace in particolare il vino rosso. La birra non mi fa impazzire, ma non ditelo in Islanda...».
Emil insieme al 'suo' allenatore Andrea Mandorlini