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Intervista
INTERVISTA Manuel Frigo
Campione di mamma
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SILVIA SCAPOL
Èentrato nella storia dello sport azzurro con la medaglia d’argento nella 4x100 stile libero, la prima di sempre, alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Nato il 18 febbraio 1997 a Cittadella, in Provincia di Padova, Manuel Frigo è il classico esempio di caparbietà e volontà, sebbene il nuoto non sia stata da subito la sua prima scelta. Manuel inizia a nuotare, per volere della mamma, all’età di otto anni e, dopo aver superato diversi momenti ‘complicati, inizia la sua scalata nel mondo del nuoto. Nel 2019 arriva la prima svolta della sua carriera con la partecipazione ai Mondiali di Gwangju. La conferma arriva con la storica medaglia Olimpica conquistata con Alessandro Miressi, Thomas Ceccon e Lorenzo Zazzeri. In questa intervista esclusiva a SportdiPiù Magazine, Manuel si racconta a 360 gradi tra sport, vita privata e obiettivi futuri.
Manuel, l’Olimpiade è il sogno di ogni atleta, ma il percorso per realizzarlo ha radici molto lontane. Raccontaci il tuo…
«Ho cominciato a nuotare verso gli otto anni per volere di mia mamma, come probabilmente accade a molti atleti. Io avrei voluto giocare a calcio, come facevano tutti i miei compagni di scuola. Ma mia mamma è stata irremovibile: prima dovevo imparare a nuotare e poi potevo fare altro. Quindi non avevo alternative. Dopo poco che avevo iniziato i corsi, la società sportiva mi fece recapitare una lettera in cui mi proponeva di entrare a far parte della pre-agonistica. E così mi sono fregato! Da lì è iniziato tutto».
Ti sei distinto da subito?
«Non sono mai stato un fenomeno, anzi.
Da piccolo facevo anche fatica a fare i tempi per qualificarmi per i regionali, a differenza di altri miei compagni che invece erano molto forti. Ho iniziato come dorsista e qualche risultato confortante ho cominciato ad averlo intorno ai quindici anni. Anche se ogni gara andata bene per me non era mai un punto di arrivo, bensì un punto di partenza per preparare quella successiva. Non mi sentivo mai arrivato: per me fare una buona gara con conseguente buon risultato era semplicemente raccogliere i frutti di tanti allenamenti. La mia gara, i 100 stile, li ho nuotati quasi per caso. Ma i risultati sono arrivati subito. E così ho cominciato a focalizzarmi sulle distanze veloci».
Successo che è arrivato attraversando anche momenti non semplici…
«Si, è vero. Il 2016 e il 2017 sono stati gli anni più difficili: mi vedevo sempre fermo allo stesso livello, facevo fatica a migliorarmi. Inoltre, vedevo i miei coetanei e anche quelli più piccoli che andavano più forte di me. Nella stagione 2017-2018, che è coincisa con la fine della scuola, io e il mio allenatore, Claudio Priamo, ci siamo parlati e abbiamo pianificato il percorso da fare, ma soprattutto lo spirito con cui affrontarlo. Facevo i doppi, alternavo gli allenamenti in vasca lunga e in corta. Quell’anno riuscii a scendere sotto i 50”, nuotai i 100 stile in 49”8 e questa è stata la cosa che mentalmente mi ha sbloccato. Da quel momento in poi, sono decollato e ho iniziato ad abbassare i miei tempi. Da lì è iniziato il percorso come atleta d’élite: le convocazioni in Nazionale, i collegiali con i velocisti, fino al mio trasferimento a Roma, per allenarmi con Claudio Rossetto, il tecnico federale responsabile dei velocisti della Nazionale Assoluta. Sono stati anni impegnativi, di grandi sacrifici, perché le spese erano praticamente tutte a carico mio e della mia famiglia. Il Centro Nuoto Rosà, l’impianto dove sono cresciuto e che sempre ringrazierò per il suo sostegno, mi dava un contributo economico, ma ovviamente non era sufficiente. Però ci credevo, e quindi ho stretto i denti e sono andato avanti a testa bassa. E ne è valsa la pena».
Come hai vissuto lo spostamento di un anno dei Giochi Olimpici?
«Per certi versi è stata molto dura, ma credo di averne beneficiato perché con un anno in più a disposizione sono riuscito a migliorarmi ancora. Dopo i buoni risultati che avevo ottenuto al mondiale del 2019, avevo ripreso la stagione con un po’ troppa leggerezza. Non mi stavo impegnando a sufficienza. Il fatto che siano traslate di un anno mi ha dato l’opportunità di rimettermi in gioco e impegnarmi come dovevo. Anche se gli assoluti invernali erano andati male: parlando con il mio allenatore ci siamo detti in che modo andavano affrontate le cose, e la strategia da seguire per poter portare a casa un sogno: partecipare ai Giochi Olimpici. Sono stati due anni davvero lunghi e la pressione per la qualifica olimpica è qualcosa che è difficile da spiegare: ti logora se non riesci a gestirla. Un’Olimpiade è qualcosa di veramente grande e qualsiasi descrizione risulterebbe riduttiva. Da piccolo dicevo sempre che volevo andare alle Olimpiadi, ma non ci credevo veramente, mi sembrava potesse essere solo un sogno. Se non fossi riuscito a gestire mentalmente questa pressione, Tokyo sarebbe rimasto solo un sogno. E sono felice di essere riuscito a godermela tutta».
Il Team Veneto è la famiglia del nuoto che ti ha cresciuto e per la quale sei ancora tesserato. Cosa ci puoi dire di questa realtà?
«Per me è una famiglia. Quando ero piccolino pensavo al Team Veneto sognando: tutti noi atleti sapevamo essere una delle migliori realtà in Italia, e non era così semplice entrare a farne parte. Perciò diventava l’ambizione di ognuno di noi, l’obiettivo da centrare, il sogno da realizzare. Ed era una cosa che ti spin-
geva ad impegnarti sempre di più, a fare sempre meglio e dare il massimo in ogni occasione. Quando sono riuscito a farne parte anch’io ero felicissimo e orgoglioso di me stesso».
Gianni Gross è il fondatore del Team Veneto e tu hai avuto l’opportunità di conoscerlo: che ricordo hai di lui?
«Ricordo le feste che si organizzavano all’inizio di ogni stagione agonistica, momenti di ritrovo per darci la carica su ciò che andavamo a fare. Gianni ovviamente era sempre presente, era in mezzo a noi. Noi andavamo a presentarci e salutarlo e lui aveva sempre una parola buona, una nota positiva per ognuno di noi. La cosa che non potrò mai dimenticare è stato quando, in una stagione in cui nuotavo con un compagno di squadra che è sempre stato molto più forte di me, Gianluca Gazzola, e che io pensavo di non riuscire a battere mai, Gianni mi disse: “Tu riuscirai a mettergli la mano davanti”. E dopo poco accadde veramente. Gianni ha sempre creduto molto in me e me lo ha sempre dimostrato. Per me è stato importantissimo ed è il ricordo più bello che ho».
Come atleta d’élite fai parte delle Fiamme Oro, un gruppo sportivo che brilla nel nuoto ma anche in molte altre discipline. Ce ne vuoi parlare?
«Per me è un onore fare parte delle Fiamme Oro, sono felice e orgoglioso di aver meritato di farne parte. Ci sono entrato da poco, ma quello che ho vissuto fino a ora mi ha dato la conferma di ciò che pensavo: un gruppo sportivo che supporta i suoi atleti al cento per cento. Qualsiasi problema non viene trascurato, ogni difficoltà viene analizzata e affrontata insieme, con il supporto della dirigenza. I risultati sportivi di cui può fregiarsi ne sono la testimonianza. Supportano l’atleta, economicamente e come struttura organizzativa e non è una cosa da poco. Ti consentono di allenarti e concentrarti sui tuoi risultati sportivi. Diversamente un atleta farebbe davvero fatica a portare avanti una carriera sportiva a livello internazionale».
La tua famiglia: mamma, papà, tuo fratello e tua sorella sono i tuoi primi tifosi. Qual è stato il loro ruolo nel tuo percorso di atleta?
«I sacrifici li ho fatti io, ma anche loro ne hanno fatti tantissimi. Quando sono andato a Roma, per inseguire un sogno, di fatto ero a carico loro. Gli allenamenti non mi consentivano di lavorare, se non fosse stato per il loro supporto non ce l’avrei fatta. Di fatto ero un peso, una spesa importante a fronte di nessuna entrata: i miei genitori sono due lavoratori normalissimi, non siamo ricchi. Inoltre, ho una sorella e un fratello, quindi una famiglia di cinque persone di spese ne ha parecchie. C’è stato un momento in cui entrambi cercavano di farmi ragionare sull’ipotesi di smettere. Senza alcuna cattiveria, ma proprio perché le spese erano tante. Loro hanno sempre creduto in me, ma non era una situazione facile da sostenere. Però, quando abbiamo avuto l’opportunità di valutare di andare a Roma, nessuno dei due è stato contrario, anzi. Mi hanno sostenuto!».
La tua fidanzata Giorgia come vive il tuo status di atleta? È un impegno che non lascia molto spazio.
«Giorgia è di Roma, nuota anche lei e questo aiuta. Una persona che ti sta vicino fa fatica a capire in che modo vive un atleta se non è nell’ambiente. Mi è di supporto e capisce perfettamente i miei impegni».
Vivi a Roma, lontano da casa. Come ti sei adattato e quanto ti pesa o ti piace?
«Da qualche mese mi sono spostato al Centro Federale di Ostia e vivo lì. A Roma ho vissuto per tre anni e mi sono trovato sempre bene. Lo stare lontano da casa non mi è mai pesato. Vivevo con un altro nuotatore, Ivano Vendrame, e sono stati anni divertenti. Anche perché facendo lo stesso “mestiere” i ritmi erano i medesimi e quindi le esigenze simili. Ostia, essendo una località di mare, nella stagione meno turistica non è proprio bellissima. Preferivo Roma. Ma avendo la fidanzata che vive lì ho modo di tornarci spesso».
Come ti trovi con il tuo nuovo allenatore, Claudio Rossetto?
«Ci siamo intesi fin da subito, da quando sono arrivato a Roma. Claudio è un allenatore di grande spessore, ha allenato atleti importanti: Filippo Magnini, Luca
Dotto, la stessa Federica Pellegrini per un periodo. È molto in gamba nel suo lavoro, ma con noi atleti si pone sempre con fare costruttivo, mai supponente. E non è una cosa scontata quando comunque segui atleti di alto livello e i risultati danno prova della qualità del tuo lavoro».
La persona che ha significato di più in questo tuo percorso di atleta?
«Non ho dubbi in merito: Claudio Priamo. Il mio primo allenatore. È stata la persona che mi ha guidato, che mi ha cresciuto. Anche lui ha fatto molti sacrifici per me e se sono l’atleta che sono, lo devo a lui. Lui si è battuto tanto per me, ha sempre creduto in me e vedeva quel qualcosa che ad altri sfuggiva. Se non fosse per lui, non sarei qui ora».
Hai un compagno di allenamento ideale?
«Onestamente non saprei, mi sono sempre trovato bene con tutti. Sia quando nuotavo al Centro Nuoto Rosà che quando mi sono trasferito a Roma. Cerco sempre di trovare il meglio delle situazioni e delle persone. Fortunatamente non ho bisogno di qualcuno di particolare con cui allenarmi. Ci sono state anche occasioni in cui, per vari motivi, mi dovevo allenare anche da solo».
Qual è l’allenamento che proprio non sopporti e quello che preferisci?
«È una domanda difficile (ride n.d.r.)! Credo che la differenza non stia tanto nel tipo di allenamento che devo svolgere, bensì nel come mi sento. Se sto bene, mi diverto a fare qualsiasi cosa: aerobia, velocità, di tutto. Ma se non sono in forma, mi pesa tutto».
Si è chiusa una parentesi sportiva con questa Olimpiade, ma praticamente se ne è aperta subito un’altra, quella che culminerà con l’edizione dei Giochi di Parigi 2024. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Sono abituato a pensare un anno alla volta: non è così scontato qualificarsi ogni anno agli appuntamenti importanti previsti in una determinata stagione. Perciò non faccio programmi a lungo termine. Prima di Parigi 2024 ci sono i Mondiali a maggio 2022 e poi abbiamo gli Europei a Roma ad agosto 2022. Quindi vorrei riuscire a prepararmi bene per qualificarmi a queste due manifestazioni. Ogni stagione ha i suoi obiettivi, ovviamente quello principale sarà l’Olimpiade del 2024, ma voglio procedere step by step».
Manuel come atleta è sotto gli occhi di tutti, ma come sei fuori dalla vasca? Quali sono i tuoi hobby?
«Mi definirei un ragazzo tranquillo, anche perché la vita dello sportivo non ti da tante alternative. Durante il giorno mi alleno e magari la sera approfitto per vedere qualche amico. Non sono uno che si tira indietro quando c’è da fare festa. Mi piace molto leggere, e ogni tanto mi diverto a fare qualche esperimento in cucina. Guardo anche gli altri sport: il calcio, sono tifoso della Juventus. Credo non ci siano sport che mi annoiano e quando ci sono delle manifestazioni importanti mi diverto a seguirle, e ovviamente a tifare Italia, di qualunque sport si tratti».