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MErLO: “QUANdO MANdAI IN TILT SUArEz”
from IL BRIVIDO SPORTIVO STADIO SPECIALE SEMIFINALE COPPA ITALIA FIORENTINA-CREMONESE DEL 27-04-2023
Il grande centrocampista della squadra del 1966: “L’Inter era fortissima, ma noi avevamo talento Superai in dribbling l’ex Pallone d’oro che si aggrappò alla mia maglia per fermarmi”
dANIELE TAIUTI
Lo scorrere del tempo avvicina i ricordi; la Fiorentina, fresca di ambizioni, ci aiuta a lucidarli. Gli stacchi perentori di Cabral, i guizzi di Gonzalez, fanno riecheggiare nel presente il blasone gigliato. Ridanno luce a un passato che grazie al suo eco dà voce a nuove aspirazioni viola, gridando l’importanza del club. Essa si cinge in preferenza alla Coppa Italia. La gloria viola lega sei volte a sé il trofeo nazionale, 1940, 1961, 1966, 1975, 1996 e 2001. Legami che oltrepassano avversari dal diverso valore, trasportati dalla spinta di Firenze. Nel 66 aiutò la squadra a superare in semifinale la grande Inter. Ne parliamo con Claudio Merlo, protagonista della sfida. L’augurio, che il Giglio possa trovare una settima sistemazione nell’albo della manifestazione, superando prima la Cremonese. prima la Cremonese.
Claudio Merlo, cosa ricorda di quella storica partita con l’Inter?
“Affrontavamo una grandissima Inter campione del mondo. Quel match incarnò alla perfezione lo spirito che avrebbe albergato in quella squadra negli anni a venire, segnando l’inizio della Fiorentina ye ye portandola al secondo tricolore del 69; spavaldo e spensierato senza timore di niente e nessuno. Come ricordo personale, ancora in mente a tanti tifosi di una certa età, il dribbling tentato e riuscito su Suarez, Pallone d’oro nel 60, costretto a tenermi per la maglia, per frenare la mia fuga”.
Quale fu il momento decisivo che spinse i favori del destino verso il viola?
“Il secondo tempo. Uno stadio ancora tiepido si riempì durante l’intervallo. Questo per noi rappresentò una forte scossa emotiva, che ci permise di disputare una seconda frazione memorabile. E riscattare lo svantaggio di Jair, grazie alle reti di Brugnera e Hamrin. Due acuti che premiarono il lavoro straordinario di tutta la squadra”.
L’affermazione in quell’edizione fu voluta o nata strada facendo?
“Era una squadra dall’ossatura molto giovane, composta altresì anche da dei fuoriclasse, come Hamrin, Albertosi, De Sisti e Maschio. Non abbiamo mai pensato, tuttavia, di vincere quella Coppa Italia; con l’Inter, vista la forza dell’avversario eravamo sicuri di uscire.
“Penso di sì. Un piede in finale già ce l’abbiamo. Tocca porre l’altro. La squadra però ha trovato la giusta fiducia e una buona continuità di gioco; ha il potenziale per alzare la coppa”.
La Cremonese è ancora un ostacolo?
“Sicuramente. Se pensassimo di aver già passato il turno si rivelerebbe una partita assai difficile. Perché accorderemmo un grosso vantaggio alla squadra lombarda. La Fiorentina deve avere in testa solo la vittoria, come qualcosa ancora da costruire, senza pensare al risultato favorevole della partita d’andata”.
Chi preferirebbe in un’eventuale finale fra Inter e Juventus?
Ma la spensieratezza della gioventù, il suo talento, uniti all’apporto del pubblico ci fecero compiere quell’impresa storica”.
Il gruppo attuale può apporre la sua firma sulla settima sinfonia gigliata?
“Non saprei, più sentita sarebbe quella con la Juventus, per ovvie ragioni di tifo. Ma la partita secca è sempre un’incognita, legata a dinamiche particolari. Tutti possono battere tutti. Lo dimostra la stessa Cremonese che ha eliminato prima Napoli e poi Roma”.