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IL METAVERSO È DAVVERO SOSTENIBILE?

Il nuovo mondo virtuale aiuta i marchi moda a correre nel futuro. Ma gli edge data center grazie ai quali funziona sono fisici, situati in tutti i paesi del mondo e continuano ad aumentare di numero

di Angelo Ruggeri

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Non vi sono dubbi: il metaverso sta traghettando i brand di moda nel futuro. In un mondo alternativo, che consente di vivere una seconda vita totalmente in modo virtuale. L’obiettivo di questa realtà parallela è di dare agli utenti un’esperienza immersiva all’interno dell’ambiente virtuale, anche grazie a strumenti come i visori VR, le cui vendite stanno crescendo in maniera esponenziale in tutto il mondo. Così è possibile non solo connettersi con i propri amici, ma anche giocare, lavorare e - come noto - fare acquisti. Il metaverso si delinea, quindi, come una realtà del futuro (in parte, già del presente) in cui gli utenti potranno soddisfare la loro necessità di restare connessi, comunicare e socializzare attraverso i loro device.

Se si parla di metaverso, oggi, non si può non citare la sostenibilità, tema tanto caro anche al fondatore di Facebook (oggi, dopo il rebranding e grandissimi investimenti, Meta) Mark Zuckerberg: basti pensare al progetto “Meta Boost Guide to Green”, nato per supportare le piccole imprese nel loro percorso verso l’ecosostenibilità aziendale, recentemente esteso anche all’Italia. A suo parere (e anche di molti studiosi ed esperti) scegliere di vivere parte delle proprie attività nel me- taverso, potrebbe giocare un ruolo decisivo nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Sostituire i beni fisici con quelli virtuali permette, per esempio, di ridurre l’impatto ambientale delle catene di produzione. Favorire gli eventi digitali, preferendoli a quelli in presenza, fa calare la necessità di spostarsi con mezzi inquinanti. Migrare le attività sociali nella realtà virtuale consente, inoltre, di ridurre in modo drastico i rifiuti prodotti, eliminare lo spreco e abbassare il proprio impatto ambientale.

Ma non è tutto “green” ciò che luccica. Infatti, se da un lato si riduce l’inquinamento, dall’altro potrebbero nascere o aumentare altre forme di inquinamento. Per esempio, la continua crescita di richiesta di device tecnologici per interagire con la realtà virtuale aumenterà l’impatto ambientale dell’intero comparto IT per l’estrazione delle materie prime. O ancora, i server e gli edge data center (fisici, situati in tutti i paesi del mondo) che ospitano il metaverso dovranno essere sempre più numerosi, potenti e performanti. Questa necessità farà inevitabilmente incrementare i consumi elettrici domestici e, di conseguenza, la produzione di CO2 . La soluzione per ora? Sta sempre nel mezzo. E nell’omnicanalità, tra online e offline.

In alto, il primo store di Printemps nel metaverso

In basso, il nuovo progetto digitale del CFDA

UNA VITA PRE-LOVED

Il consumatore ricerca una moda sempre più etica e responsabile e questo spiega l’importante crescita che il vintage sta registrando negli ultimi anni di Sara Fumagallo

Fino a qualche anno fa la moda vintage e second-hand era un fenomeno che riguardava una cerchia ristretta di persone. Oggi, invece, trovare appassionati in giro per negozi specializzati e mercatini dell’usato, alla ricerca di pezzi unici (e a volte anche griffati), è quasi la normalità. Infatti, è prevista una crescita del mercato del 127% e, secondo l’agenzia di rilevazioni Statista, il valore globale toccherà i 218 miliardi di dollari entro il 2026. Il Nord America guida il global market dell’abbigliamento di seconda mano e punta a raddoppiare il proprio business in tre anni, raggiungendo gli 82 miliardi di dollari. Anche se in modo graduale, questo trend ha iniziato a registra- re un incremento significativo già nel 2019 grazie soprattutto al grande interesse riscontrato da parte della Gen Z, i consumatori del futuro: per loro scegliere prodotti pre-loved è sostenibile (93%), intelligente (92%), rende accessibili prodotti di alta gamma (30%) e non ha costi eccessivi (28%).

Infatti, il tema della “sostenibilità” è centrale. Comprare vintage e second-hand significa prolungare il più possibile la vita di un prodotto, dando un contributo concreto alla lotta contro gli sprechi e l’inquinamento.

QUALCHE NUMERO

La pandemia ha avuto un grande impatto sul settore del-

Comprare e vendere prodotti pre-owned è un trend che ha dato vita al fenomeno del decluttering. In poche parole: “Non lo metti? Mettilo in vendita”. E questo è anche il Vinted , società nata nel 2008 e che negli ultimi anni ha spopolato nel mondo del second-hand, prevalentemente di moda. Secondo un report condotto da Vaayu, questo “nuovo” modo di fare shopping ha permesso un risparmio di emissioni pari a 1,8 kg di CO 2 e per articolo. Anche altre app hanno cavalcato l’onda di questa tendenza e, a tal proposito, Vestiaire Collective è stata la prima nel 2009 a sdoganare l’acquisto di capi pre-loved nel settore luxury, mentre Wallapop , dal 2013, ha introdotto l’esportazione del second-hand multicategoria.

3 Store

“La parola vintage, ai tempi, non esisteva. Io vendevo usato americano e i ragazzi ne andavano pazzi”. Così, nel 1978, Angelo Caroli apre il suo primo store pre-loved a Ravenna, A.N.G.E.L.O. , che oggi risulta essere tra i più influenti a livello nazionale e internazionale. A Milano, uno dei punti di riferimento per lo shopping vintage è Cavalli e Nastri . Con tre differenti spazi nel cuore della città lombarda, la realtà è oggi un mix tra boutique di moda e concept store. Scendendo un po’ più a sud dello Stivale, precisamente a Roma, si trova Pifebo che, dal 2007, seleziona abbigliamento streetstyle sia per uomo che per donna.

la moda e ha influenzato molti stili di vita, tra cui anche il vintage. Infatti, si stima che entro il 2024 circa il 50% di questo tipo di prodotti verrà acquistato attraverso siti e app online ed entro il 2028 questo mercato supererà anche il fast fashion, raggiungendo un valore pari a 80 miliardi di dollari (nel 2009 si aggirava attorno ai 10 miliardi). Secondo McKinsey & Company, nel decennio 2020-2030 questo business crescerà dai 25 ai 30 miliardi di euro, mentre Barclays sostiene che l’indotto di questo mercato aumenterà ancora di più: da 36 a 77 miliardi di dollari. In questo modo, i nuovi prodotti e materiali innovativi nell’ambito della moda verranno parzialmente sostituiti da capi vintage, second-hand ma anche riparati e noleggiati. Queste pratiche di circolarità potrebbero arrivare a coprire 700 miliardi di dollari entro il 2030 (23% dei ricavi totali del settore) e i brand di moda potrebbero ricavare il 20% del proprio fatturato da questi beni. Una tendenza che ha raggiunto ottimi risultati grazie al cambio di prospettiva e abitudini dei consumatori. Sono proprio loro a essere più attenti ed esigenti nei confronti di una moda più etica e green. In questo settore, l’81% di chi ha comprato “usato”, prevede di spendere lo stesso importo (o più) nel corso dei prossimi cinque anni. Il 41% afferma che quando si tratta di abbigliamento, il second-hand è la prima opzione e il 62% dichiara di cercare un oggetto di seconda mano prima di uno nuovo. E ancora, il 46% dei consumer appartenenti alla Gen Z e Millenial, prima di effettuare un acquisto, tiene in considerazione anche il possibile valore nel mercato del resale.

Fonti:

Maertens Milano, McKinsey & Company, Statista, thredUP, Vaayu

3 Mercati

Da un’idea di Linda Ovadia e Gianluca Iovine, nel 2014 prende vita East Market : un progetto dal sapore contemporaneo e internazionale che oggi si estende su una superficie di oltre 6.000 mq, all’interno di una ex fabbrica aeronautica di Milano. Con il suo pay-off

“Everything old is new again”, permette di vendere, comprare e scambiare ogni tipo di merce: antiquariato, modernariato, abbigliamento, sneakers, dischi. Dal capoluogo lombardo a Parma, invece, prende vita

Remira Market : il mercatino vintage, green e inclusivo nato per sensibilizzare il pubblico verso uno stile di vita più responsabile. Dal 2015, Vinokilo si impegna a offrire un’alternativa economica e responsabile al fast fashion, in un mix tra vino, musica e vintage. Un mercato itinerante che, a oggi, è presente in 14 paesi nel mondo.

Un’immagine emozionale di Vinted

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