Stadium n. 12/1949

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I LA NUOVA “500”

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Rassegna mensile illustrata di tutti gli sport Anno Roma.

IV ■ N. 12 - Roma - Dicembre 1949 — Direzione e Amministrazione : Via Conciliazione 1. — Tel. 5Ó1 .735 - 561.064 • 554.952 50 .'020 Comitato di Direzione LUIGI GEDDA Direttore — SISTO FAVRE Condirettore CARLO CARRETTO — GIULIO ONESTI — LEOPOLDO SALETTI ERNESTO TALENTINO — BRUNO ZAULI

SOMMARIO BRUNO ROGHI Il silenzio del Congresso . Pag. LANDÒ FERRETTI Dopo Londra . SISTO FAVRE Giovanissimi atleti della Fe­ de e dello Sport in gara nell’Anno Santo ....

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LEOPOLDO SALETTI Alpinismo invernale - Sport di élite ed alpinismo da pio­ nieri . ... ELIO CIAMMARONI Lo Sport e la Scuola .

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NÀTALE BERTOCCO Orientamenti ciclistici .

VITTORIO SPOSITI La scuola del ciclismo il­ lustrata da Alfredo Binda .

GIUSEPPE LA CAVA In materia di boxe cono­ scere i pericoli significa pre­ venirli

MARCO ANGELINI Interessi del motociclismo .

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PAOLO AGOSTEO Nel " sistema ■■ non tutti parliamo lo stesso linguag­ gio pag. 21 4 MARIO CIRIACHI I giovani nell’atletica . 23 LUIGI FERRA RIO Ora che è chiusa la stagio­ 7 , ne atletica occorre provve­ dere alla futura attività . 24 GUGLIELMO CERONI Gli sports dell’antica Roma IO erano spettacoli di massa . 26 LIVIO LUIGI TEDESCHI 12 Cinema e Sport . 28 ALFONSO CASTELLI M L’atletica pesante in Italia 29 13 ; NICO TALET Primo Camera lottatore . 30 LUIGI STIATT1 La beccacia CHIRONE I La posta di Chitone' . ’ 34 16 I In tribuna 37 33 Da tutto il mondo In copertina: 18 I campioni della «e discesa » tornano a sfrecciare sulle nevi im20 macolate.

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ABBONAMENTI Annuale L. 1100 • Semestrale L 600 • Benemerito L. 5.000 - Un numero costa L 123

Distribuzione.- S. E. S. S.

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urente l’ultimo Congresso Nazionale del C.O. V.I. s’è potuto notare, ancora una volta, che la maggior parte dei presenti fanno tappezzeria. Parodiando il famoso trittico di Cesare alcuni di essi, accorrendo nelle braccia delle spose e dei figli che li attendono retour de Rome, possono escla­ mare, non senza una punta di finta modestia: mi sedetti, tacqui e votai. Infatti i taciturni votano quasi sempre ” conformista „ socchiudendo le lab­ bra soltanto per prendere l’imbecr.uta di un mono­ sillabo, sì o no, a seconda degli itinerari delle al­ trui discussioni. Altri invece, si farebbero strappare l’unghia del dito indice — l’indice di fra’ Cristoforo nella scena con Don Rodrigo — piuttosto che disertare il tema di un discorso, piuttosto che lasciar trascor­ rere dieci minuti senza domandare la parola al dii attore dei coniferi lavori. I loquaci si dividono in tre categorie: i disquisitori, gli incontinenti e gli interruttori. Disquisitore, per esempio, è Mairano, che ha per slogan dialettico il seguente: un « progetto » per ogni com­ ma dell’ordine del giorno. Incontinente, ma simpa­ ticone per il resto, è Olivetti che vede in ogni di­ scussione un tramvai da aspettare alla fermata fis­ sa o facoltativa per salirci, invariabilmente, su. Quanto agli interruttori, variano e s’alternano, ma sono pochissimi perchè la buona regola della crean­ za sconsiglia i presidenti delle Federazioni, membri del Consiglio Nazionale, di ferirsi reciprocamente col temperino o con lo spillo delle battutte improv­ vise ed impreviste, che sono il sale dei dibattiti vivaci. Ho notato un’altra cosa. Il Consiglio Nazionale è molto serio. Non ne ho perduto uno, dal dopo­ guerra in poi, e non ricordo un discorso allegro, una risata cordiale. Lo sport lascia la sua spensieratez­ za, non dico la sua gioventù, fuor dalla porta. For­ se dipende dall’ambiente: infatti quei corridoi, quel­ le anticamere, quegli uffici dello Stadio Nazionale, negati alla luce del sole, suggeriscono l’immagine sconsolata di un intestino torto e ritorto (sì che un arioso Palazzo dello Sport è nei voti di tutti gli sportivi, per quando ci saranno i soldi necessari per costruirlo). Torniamo ai congressisti taciturni. Sono quelli ai quali spetta il maggior numero di sedie lungo i lati del parlamentare quadrato sportivo, i presiden­ ti a destra e a sinistra, i capi di fronte, i banchi dei giornalisti dirimpetto alla cattedra dei capi. Se gli sguardi fossero lana, alla fine d’ogni seduta una spesso tessuto si stenderebbe dagli occhi di Onesti e Zauli agli occhi di noi giornalisti: attenzione, cu­ riosità, sospetto e malizia tessono e ricamano que­ sta invisibile tela. Per consuetudine e deferenza ai

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cerimoniale il rappresentante del C.I.O., o il Bonacossa o il Thaon, seggono alla destra di Onesti, il presidente. L’ultima volta c’era il Thaon: il si­ lenzio fu suo, un compatto silenzio signorile. Non si può muovere appunto ai taciturni per il loro urbanissimo contegno visto che anche negli al­ ti consessi politici la regola del « chi tace accon­ sente » è largamente in uso. Senza contare che il silenzio non è uniforme come si potrebbe credere, ma, screziandosi e spezzettandosi in tanti atteggia­ menti sottilmente diversi e mutevoli, ha anche lui, vorremmo dire, la sua voce: una voce che soltanto gli esperti di assemblee sono in grado di percepi­ re con le loro antenne delicatissime. C’è il silenzio allo stato brado: l’onesto silen­ zio sferico di chi non ha niente da dire. C’è il si­ lenzio di chi passa il pomeriggio pigliando appunti i quali, dimenticati sul tavolo, rivelano la loro so­ miglianza con le figurine della geometria elemen­ tare. C’è il silenzio meteorologico del dirigente, na­ to con l’anima del marinaio, che fiuta il vento della discussione per orientarsi circa la migliore disposi­ zione della vela del voto. C’è il silenzio del con­ gressista che, cognito di letture dannunziane, fa il tifo per il pastore Aligi, quel tale che aveva dor­ mito per settecento anni. Nella categoria dei silenzi quello di Zauli, il segretario generale, ha un ruolo particolare, È il silenzio all’agguato. Succede quando un presidente qualunque di Federazione, in fregola di frondismo compito, s’alza per muovere ai capi qualche osser­ vazione la cui apparente ingenuità è una trappoletta dissimulata nell’erba delle parole cortesi. Il volto di Zauli ha i trapassi di certe miscele chimi­ che: modula dal grigio al giallo, dal verde al pao­ nazzo. Se in quei momenti accosti l’orecchio al pet­ to di Zauli chiudendo gli occhi, hai la sensazione d’averlo accostato ad un palo telegrafico: le parole, ancora allo stato di silenzio, fanno tremito e bru­

sìo. L’altro tace, tutti guardano Zauli, Zauli parla. 1 suoi periodi calmi e filati sembrano uscire da un gomitolo di spago: se l’oratore precedente non sta in guardia c’è caso che, avviluppato da quei periodi sornioni si ritrovi alla fine, quando Zauli s’è seduto, legato come un salame. Anche i silenzi di Onesti hanno un loro carat­ tere. Sono le tregue e gli ornamenti del parlatore fecondo che sta zitto per civetteria professionale, alla guisa del pianista che tiene le mani in tasca fi­ no al momento in cui la gente, con insistenza, l’in­ vita a suonare. Allora Onesti arpeggia per trastul­ lo, senza impegnarsi a fondo perchè ancora non sa quale pezzo sarà gradito all’uditorio, se la rapsodia di uno spericolato rabbuffo, o l’elegìa d’un compli­ mento al Congresso, o la barcarola d’un mellifluo adescamento di consensi. Una volta il presidente fu così bravo in quest’arte ch’io, dall’altra parte del­ l’aula, non potei sottrarmi alla tentazione di scoc­ cargli un bacetto aereo, e lui ne sorrise, modesto e appagato. Questa è la vita d’un Congresso del C.O.N.I., vista dall'angolo dei suoi silenzi. In tempo di guar­ nigione avevo un generale che andava matto per gli aforismi, forse perchè credeva di trovare in essi le tessere per entrare gratuitamente nel Palazzo della Storia. Ne ricordo uno ch’egli soleva ripetere ogni qualvolta schierava le truppe davanti a sè, mute e sull’attenti. Diceva: « La moltitudine che tace fa paura ». Ho ripensato a questo motto durante l’ul­ timo Congresso del C.O.N.I., numerando ed osser­ vando i congressisti tenacemente silenziosi. Non mi facevano patera, ecco, ma poi ho pensato che forse tacevano pensando al modo migliore di propiziarsi le simpatie del Totocalcio, dispensatore avaro di sussidi, e nemico delle agitate discussioni. Sul fron­ tale del Totocalcio sta scritto: « Il silenzio è d’o­ ro », e molti congressisti hanno preso alla lettera l’epigramma faceto.

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DOPO LONDRA

risultato è stato quello che ""è stato: con i numeri non si discute. Ma, questa volta, cercare le attenuanti della sconfitta, di­ mostrare che essa è dovuta più al­ la sfortuna che ad inferiorità su terreno di giuoco, non significa, come in tanti altri casi, mendica­ re scuse: sibbene rimanere nel campo della realtà.

EQUIVALENZA TECNICA Schapman, Allah del « sistema » ha in Winterbotton il suo profe­ ta: l’interpretazione tecnica, data dal primo, delle regole del calcio per aumentare al tempo stessa la pericolosità dell’attacco e la soli­ dità della difesa, ha convinto da tempo gli inglesi; e conquistato, poco a poco, il favore di quasi tut­ to il mondo calcistico, Winterbot­ ton, col lavoro sapiente e paziente di lima, ha fatto della « naziona­ le » inglese la più formidabile — e, vorremmo dire artistica — espressione vivente del « sistema ». Consapevole dello sforzo com­ piuto e dei risultati raggiunti (13 goal segnati contro due subiti nei recentissimi confronti con Scozia e Irlanda) ben poteva l’allenatore — e, in certo senso, creatore — dello squadrone bianco asserire che sul terreno di quel « sistema » la sua creatura era imbattibile. Si fossero sforzati gli Italiani, di adottare ed imporre un altro me­ todo di giuoco .perché qualora avessero presentato una squadra si­ stemista, la loro sconfitta sarebbe stata inevitabile. Lo stimatissimo scrittore londinese di cose calci­ stiche, Ivan Sharpe, condividendo la idea di Winterbotton, della cri­ tica e dell’opinione pubblica bri­ tannica, scriveva la mattina stes­ sa del 30 novembre: « L’Inghil­ terra dovrebbe segnare oggi otto (sic) reti! ». Ora, il fatto sensazionale che supera di gran lunga il risultato matematico dell’incontro, è que­ sto: che contro l’opinione di tutti gli Inglesi, e della maggior parte degli Italiani, gli Azzurri hanno giocato col sistema a Londra con­ tro la migliore, in senso assoluto, squadra di professionisti inglesi, e ^hanno, tecnicamente, uguagliata. Fo-’o perchè possiamo dire onesta­ mente che, oltre e più del vantag­ gio del campo (clima fisico - favo­ revole, senza contare quello mora­ le). l’elemento imponderabile, co­ stituito dal caso, ha deciso quale delle due squadre in campo doves­ se vincere.

SUPERIORI IN DIFESA

Amedei scende in arca inglese e nello scatto ha superato il suo " guardianoma questi Io aggancia „ m modo da fargli perdere il controllo della palla,

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Col « sistema » è difficile stabilire una netta demarcazione fra difesa ed attacco: il giuoco non si svolge, infatti, per linee successi-


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ve, in modo da creare tra l’una e l’altra un distacco; ma in profon­ dità, chiamando, volta a volta, ben sette dei dieci uomini in campo (quando non li chiama tutti e die­ ci!) a insidiare la rete avversaria o a dfendere la propria. Leggete la cronaca del 30 novembre: Wil­ liams ha dovuto fortunosamente parare un tiro di Bertuccelli (non su tiro piazzato, ma in azione) e Rowley, il centro-attacco, ha evi­ tato un nostro gol sicuro, allonta­ nando la palla dalla linea fatale, a portiere inglese battuto. Di regola, però, si può scindere il comportamento della squadra, agli effetti d’un giudizio per set­ tori, in tre diversi aspetti: quello difensivo dei due terzini e del cen­ tro-mediano; quello offensive-di­ fensivo dei due laterali e delle due mezze ali; e quello offensivo delle due ali e del centro-avanti. Ebbene: la difesa italiana è sta­ ta nettamente superiore a quella inglese, allineando in Parola il mi­ glior uomo in campo che non si è limitato a rendere quasi nullo Rowley (il quale si è giuocato, a quanto pare, sul campo del Tottenham, il posto in nazionale) ma è stato onnipotente nell’intercettare i passaggi delle mezze ali e, talvolta, è intervenuto persino contro le ali. Quando Parola ha commesso un errore è venuto il gol di Rowley: e l’Italia ha per­ duto. Ma di errori ( intervento ri­ tardato) come quello di Parola, la difesa britannica ne ha compiuti almeno otto, sicché i nostri attac­ canti per almeno otto volte han­ no potuto tirare liberamente a re­ te. e non sono riusciti a segnare: e l’Inghilterra... non ha perduto. Degli altri due esterni difensori, Giovannini si dice abbia meno brillato; ma egli aveva di fronte un fuori classe come Finney affian­ cato. nientemeno, da Mortensen: ebbene, nè l’uno nè l’altro hanno potuto segnare e neppure fornire al centro-attacco la palla del gol, che è venuta da sinistra. Dobbia­ mo dedurne che come hanno torto gli inglesi a parlare di cattiva pro­ va dei « grandi » Finney e Morten­ sen. così noi siamo ingiusti nel sottovalutare la prestazione di Giovannmi. Egli ha fatto il giuoco che l’elevatissima classe di chi gli stava di fronte gli ha consentito di svolgere: e praticamente ha ot­ tenuto il suo scopo. Non ci soffer­ miamo sul comportamento di Ber­ tuccelli da tutti lodato. Insistia­ mo, invece, sul valore complessi­ vo. sullo snlendido affiatamento dimostrato dal blocco dei tre ter­ zini. E’ proprio necessario aggiun­ gere che le poche volte nelle qua­ li attraverso auel blocco la scon­ ci passata macchina dell’attacco in­ glese è riuscita a passare. Moro ha parato, con ouella sua classe che ha sbalordito gli inglesi e che non

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Moro sta per bloccare uno spiovente, mentre Pearson gli si fa incontro per ostacolarlo.

Parola è stato onnipresente nell'intercettare; si ò esibito anche in rovesciate come questa che hanno lasciato di stucco gli avversari.


ha sfigurato neppure davanti al pur grande Williams? Nel giudicare il trapezio offensivo-difensivo, è da elogiare la potenza, ben nota, di Annovazzi, apparso in campo come un gladia­ tore a sventare le trame dell’at­ tacco inglese. Ma come rifornitole di palloni il milanista si è dimo­ strato meno brillante; troppe vol­ te i suoi tiri sono finiti in campo avverso anziché sui piedi degli at­ taccanti azzurri. Piccinini, che condivideva con Giovannini il compito di frenare il tandem Finney-Mortensen, ha condiviso, an­ che con Giovannini le critiche del­ la stampa. E noi non siamo certo soli a pensare che è stato un erro­ re dei selezionatori d’anteporre il troppo giovane juventino al collaudatissimo, nonché fornito di si­ cura classe, nero-azzurro Fattori. Delle due mezze ali, mentre Lo­ renzi ha lavorato come un negro in copertura ed in attacco, non abusando del suo ostinato « dribling », Martino ha deluso: quel­ lo del campo londinese non era il clima più adatto per un « gioco­ liere » come lui. Gli è mancato il cuore, e forse, anche la resistenza fìsica. Con Carauellese — in precarie condizioni fisiche, e freschissimo sposo — l’italo americano è stato uno dei due elementi della nostra inferiorità all’attacco. Nessuno dei due, oltre gli errori nella condotta di giuoco, ha dimostrato, poi, di avere il piede centrato; e questa lacuna è apparsa anche negli al­ tri tre attaccanti (Amadei, Loren­ zi, Boniperti) che, però, hanno brillato in campo scavalcando spesso la difesa, anche estrema, dei bianchi e non segnando, ap­ punto, un po’ per deficenza loro, un po’ per bravura di Williams, e un po’ anche, per sfortuna. Con Puccinelli al posto di Carapellese, e Bassetto a quello di Martino, le cose sarebbero, forse, andate altrimenti. E questo non è senno di noi perchè per escludere Bassetto, prima di parlare di me­ nomazioni fisiche, si sono sparse voci di... incubi, di paurosi sogni, di insonnia; ma non era, forse, tutto questo un tentativo di imporre all’opinione pubblica una esclusione apparsa tanto strana dopo le prove eccezionali fornite da Bassetto? « Ma — si diceva — nelle ultime giornate del campio­ nato il sampdoriano è apparso giù di forma ». Al che si può risponde­ re che anche Annovazzi non ave­ va brillato, da tempo, nelle file del. Milan, ma nel grande incontro, ha ritrovato la sua classe come, pro­ babilmente, l’avrebbe ritrovata Bassetto. Inoltre, se per escludere questo ci si basava sulle sue ulti­ me prestazioni, allora perchè, per la stessa ragione non ‘escludere Carapellese?

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VERSO I CAMPIONATI MONDIALI

Ma non intendiamo, qui, recri­ minare; solo affermare che il no­ stro attacco avrebbe potuto, con p’tri d”° uomini, esser pari a Lon­ dra, a quello inglese che ha saputo sfruttare le pochissime occasioni favorevoli, mentre il nostro ha malamente perduto le sue; ed è proprio qui la ragione per cui — superiori in difesa, e almeno pari in generale, nello svolgimento del giuoco — abbiamo perduto. Questa causa di una immeritata sconfitta è, dunque, tale da poter essere eliminata, perchè si tratta solo di ritoccare, nei pochi punti apparsi deboli, il nostro schiera­ mento. Ben altrimenti irreparabile sa­ rebbe stata la nostra inferiorità se gli inglesi ci avessero tecnicamente battuto nella applicazione del « sistema » ormai divenuto classico; o, ancor peggio, se a quel « sistema » essi avessero — come si diceva — apportate va­ rianti efficaci, specialmente circa il giuoco dei terzini d’ala. Invece, niente novità; e dimo­ strazione che la più selezionata, allenata e lanciata squadra profes­ sionista inglese, in casa propria, ha dovuto sudare le tradizionali sette camicie per vincere di fortu­ na una partita, perfettamente equilibrata nella quale si poteva pareggiare o, indifferentemente,

veder la vittoria assegnata all’una o all’altra squadra. Da ciò si deduce che l’itajia ha tutte le possibilità di conservare il titolo di campione del mondo, che detiene da quindici anni, avendolo conquistato nel torneo del 1934 e vittoriosamente difeso in quello del 1938. Perchè, pur con­ cedendo ai sud-americani la pro­ babilità di piazzare le loro due più forti squadre, nel girone fina­ le a quattro, vediamo sempre ne­ gli ormai raggiunti « maestri » in­ glesi i più pericolosi nostri avver­ sari. Milita a loro favore una su­ periorità atletica che si traduce in « fiato » (cominciare e finire la partita con lo stesso ritmo) e in «potenza» (tiri lunghi, prepoten­ ti che sorprendono, scavalcano, creano, ad ogni momento, situazio­ ni e possibilità nuove). E questa superiorità atletica dà loro anche una forza morale che li sorregge nei momenti più delicati, facendo di ogni calciatore d’oltre Manica, volta a volta, lo stilista o il « fighter » che, mantenendosi (ma non sempre) nei limiti fissati dalle re­ gole, si pianta come uno scoglio in difesa contro le ondate avversa­ rie o si slancia come catapulta al­ l’assalto delle più munite difese. Rivincita contro i bianchi, e con­ ferma nel titolo di campioni del mondo: ecco la duplice mèta che l’incontro londinese del 30 novem­ bre ci ha additata, e ci addita, co­ me difficile ma non impossibile a conquistare nel 1950.

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L'ing. Barassi presenta al Duca di Athlone i componenti la squadra azzurra.


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Lo sport cristianamente inteso e praticato: è questo il programma che l’organizzazione cattolica per la gioventù intende attuare. A tale fine, il Centro Sportivo Italiano, erede della indimenticata F.A.S.C.I., ha creato una sua organizzazione anche più vasta, e già feconda di no­ tevolissimi risultati. Essa, peraltro, doveva e deve necessariamente rivolgersi a forze ed elementi spor­ tivi già formati o comunque a giovani che possiamo definire sportivamente ” maturi ”. Restano cosi esclusi o appena incertamente inqiiadrati e conside­ rati, nel campo sportivo, i giovanissimi: coloro che nella G.I.A.C. si usa classificare ” juniores”. Che, in definitiva, sono i più, e proprio coloro che per tempo bisogna prelevare dai vivai anonimi, far en­ trare nei recinti ben protetti da ogni insidia di cli­ ma, di tempo, di ambiente sociali dalla dubbia sa­ nità morale, o addirittura insalubri e predisponenti ad un inquinamento di abitudini, di idee, di coscien­ ze, per il quale a scadenza più o meno lontana, ma inesorabile, non potrà porre riparo efficace nessun legislatore, nessun medico di anime e tanto meno nessun taumaturgo politico-sociale. « Ju Sport 1950 » è intitolato il grandioso pro­ gramma di attività sportiva che si svilupperà nel prossimo anno organizzato dall’ufficio Centrale Ju­ niores della G.I.A.C. con la collaborazione tecnica del C.S.I., manifestazione che supererà « di gran lunga ogni iniziativa del genere presa nel dopoguer­ ra da qualsiasi organizzazione giovanile ». È stato intelligentemente rilevato da un edu­ catore di Azione Cattolica, Aldo Notorio, che gli « juniores » non possono praticare sports al di fuori della loro Sezione. Ciò per evidenti ragioni. La Sezione è un centro di equilibrate attività, spiri­ tuali, culturali, sportive. Il ragazzo vi riceve una formazione integrale. Spingerlo a praticare sport fuori della Sezione, giovanetto ancora immaturo, di sensibilità delicata, esposta ad offese ed impressioni di un « esterno » tanto rude quanto, oggigiorno, cor­ rosivo, è un compromettere seriamente tanto lavoro spirituale già inoltrato. È lasciare un bel campo in germoglio, senza siepe di difesa, senza guardia al­ cuna, in balìa delle scorribande di animali e di van­ dali. La G.I.A.C. entra in campo così, preparando per tempo i suoi giovanissimi, nello spirito, nella men­ te e nel fisico, in modo che d’ora innanzi la più adul­ ta organizzazione del C.S.I. riceverà apporti sempre più numerosi e meglio temprati. Apporti che an­ dranno a rinvigorire tutto lo sport nazionale. Le ge­ nerazioni adolescenti devono fiorire e rinvigorirsi grado a grado nelle loro « riserve », nelle loro Se­ zioni tra la Chiesa e la palestra, tra il sagrato e la scuola, tra la famiglia e l’assistenza di sezione: il

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SPORT SANTO

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cinema, la biblioteca, il ben vigilato circolo parroc­ chiale, le festicciole garbate e serene, le varie gare sportive parrocchiali e interparrocchiali, dove ra­ gazzi, famiglie e presule tornino a formare quella antica comunità cristiana che fu la vera « cellula », il vero centro originario ed ovunque moltip li conte­ si, da campanile a campanile, formatrice umile, ma gloriosa e immortale dell’Italia cristiana; e con essa delle altre grandi nazioni cristiane, sorte dopo il crollo pagano, di Francia, di Spagna, d’Irlanda ed Inghilterra, di Ungheria, d’Austria, di Polonia: in­ somma l’Europa cattolica, che sopravvive e soprav­ vivrà a tutti gli scismi, a tutte le eresie, a tutti gli ateismi: sopravvive e vincerà. Forse ci poniamo di fronte ad un troppo gran­ dioso panorama storico-sociale? Niente affatto. Co­ me la vita comincia dal seme e si orienta secondo il suo primo fremito, secondo i primissimi sviluppi di germoglio e di pianticella, nella unità come nella serie e nella vastità del seminato, così è per l’indi­ viduo e per le collettività umane. E con quella infi­ nità di sviluppi precisamente storici e sociali che non possono non essere prerogativa dell’umanità. Ecco, dunque, la G.I.A.C. addossarsi anche que­ sto delicato e fondamentale compito: della forma­ zione atletica e sportiva dei suoi ragazzi. Come giu­ stamente ha osservato Notarlo, non ha S.S. Pio XII detto che « lo sport è una scuola di coraggio, di sopportazione, di risolutezza, di fratellanza cristia­ na, che fornisce alle virtù soprannaturali un fonda­ mento solido e prepara a sostenere senza debolezza il peso delle più gravi responsabilità »? L’entità del compito e il peso delle responsabilità viene dato da queste cifre: 13.000 sono le Associazioni di G.I.A.C. (e con questo siamo poco più oltre della metà del' numero prestabilito, poiché le parrocchie sono circa 22.000...), 180.000 sono gli iscritti juniores. E per questo primo anno non meno di 30.000 saranno i concorrenti alle gare a Ju Sport»: una poderosa leva giovanile, che farà leva a sua volta su tutto il resto in attesa di essere smosso... Senza contare, in un movimento così grandioso, il rilevante numero di «seniores» che saranno impegnati sia come istruttori che come giudici di gara e organizzatori. Quale il programma. « Ju Sport 1950 », nel suo spirito informativo e nelle sue prove specifiche, na­ turalmente e agonisticamente sfornanti nelle rispet­ tive finali? Circa il concetto informatore di essi ci siamo già pronunciati, dichiarando che spirito, cultura e sport vengono a costituire unità educativa inscindi­ bile: e appunto per questo il terzo termine, sport, va esercitato dai giovanissimi in seno alla Sezione stessa. Bisogna aggiungere che sono state scelte le attività più vicine alle possibilità fisiche e mentali

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junior isliche, realmente formative e ricreative, vale a dire: Vatietica leggera, la pallavolo, il tennis da tavolo, la corsa campestre, la marcia in montagna. Per questi cinque sport stabiliti come obbligatorii, occorre un equipaggiamento semplicissimo ed una preparazione che tutte le Sezioni possono coltivare con la. partecipazione di tutti i loro ragazzi. Ma la « Busta Ju Sport » in questi giorni per­ venuta a tutte le Associazioni, in apposito fascicolo regolamenti ed in manifesto di lancio della compe­ tizione, contiene tutti i dati e le spiegazioni neces­ sarie per una completa informazione in proposito. Ne riferiamo qui i sonimi capi, non a titolo di dif­ fusione, a cui è già stato ampiamente provveduto dall'ufficio Centrale Juniores e dalla Presidenza del C.S.I., ma a scopo dimostrativo. Ecco: SPORT OBBLIGATORI

PERIODO

MARZO MAGGIO

MARZO

APRITE

NOVEMBRE GENNAIO

DICEMBRE FEBBRAIO

Atletica leggera questo campionato è a sè, e non si inserisce in quel­ lo corrispondente del C. S.I.)

Tennis da Tavolo (questo campionato è a sè, e non si inserisce in quel­ lo corrispondente del C. S.I.)

Corsa campestre (questo campionato dopo le eliminatorie diocesane si inserisce in quello del C.S.I.)

2° Trofeo della Montagna

AGOSTO

{questo campionato segue le fasi previste dal proprio Regolamento)

PERIODO

MAGGIO

SETTEMBRE

IUGUO AGOSTO

MARZO

IUGUO GENNAIO FEBBRAIO

LUGLIO

SETTEMBRE

FASI Gare di Associazione Tornei Foraniali Eliminatorie Diocesane Semifinali Regionali Finali Nazionali

Tornei Foraniali Pallavolo Eliminatorie Diocesano (questo campionato dopo Eliminatorie Provinciali le eliminatorie diocesane Semifinali Regionali si inserisce in quello cor­ Finali Nazionali rispondente del C.S.I.)

GIUGNO

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SP ORT

Gare di Associazione Tornei Foraniali Eliminatorio Diocesano Semifinali Diocesano Finali Nazionali Gare di Associazione Tornei Foraniali Eliminatorie Diocesane Eliminatorie Provinciali Semifinali Regionali Finali Nazionali Eliminatorie Diocesane Semifinali Regionali Finale Nazionale

SPORT FACOL.TAT IVI _____________ SPORT_________ _________ FASI_________ Gare di Associazione Bocce Tornei Foraniali (questo campionato è a sè, Eliminatorie Diocesane o non si inserisce in quel­ Semifinali Regionali lo corrispondente del C. Finali Nazionali S.I.)

Nuoto (questo campionato dopo le eliminatorie diocesane si inserisce in quello de! C. S.I.)

Pallacanestro (questo campionato dopo le eliminatorie diocesane si inserisce in quello del C.S.I.)

Sci (questo campionato segue le fasi previste dal pro­ prio Regolamento)

Cicloturismo ed Escursionismo (secondo i regolamenti che verranno diramati)

Gare di Associazione Tornei Foraniali Eliminatorie Diocesane Eliminatorie Provinciali Semifinali Regionali Finali Nazionali Tornei Foraniali Eliminatorie Diocesane Eliminatorie Provinciali Semifinali Regionali Finali Nazionali

Eliminatorie Provinciali Finali Nazionali

Diocesano Nazionale (cicloraduno dell'Anno Santo a Roma)

Sport obbligatori e sport facoltativi: una ridu­ zione ad un minimo comun denominatore efficace per tutti e base indispensabile per una formazione necessaria e sufficiente. Facoltà di ulteriore svilup­ po per chi ha mezzi e possibilità. E questi mezzi e queste possibilità possono verificarsi in uno o più degli anni interessanti ciascun partecipante. Co­ munque, per una maturazione fisica contemporanea a quella spirituale e culturale, il limite tracciato dalla pratica e dall’agonistica nell'atletica leggera, con l’annessa corsa campestre, la pallavolo ed il percorso di montagna è completo e di sicuro rendi­ mento a tutti gli effetti voluti. Può sorprendere die si annoveri fra le esercitazioni sportive e lo si am­ metta addirittura obbligatorio in programma, il ping-pong. Esso è più un trattenimento: ma effi­ cacissimo nelle sere d’inverno, quando non è possi­ bile esercitarsi fuori (i turni di lezioni di ginnasti­ ca non possono tenersi tutte le sere per i medesimi elementi) ed è sommamente educativo, oltre che per l'occhio, la tempestività, i riflessi, per la socievolez­ za dei giovani. Concorre a formare un insieme di cordiale e benevola intimità, di cortesia che in av­ venire avranno il loro benefico influsso sociale. Nel nostro paese, non abbiamo il « club » signorilmente inteso e garbatamente frequentato. Il tennis da ta­ volo è un coefficiente prezioso per attuarlo, e per tempo, fra i giovanissimi, e vi riesce molto meglio che il bigliardo o le boccette, che sono più « giuo­ chi » che trattenimenti sportivi leggeri, e, comun­ que, per adulti. Il tennis da tavolo può, inoltre, col suo spiccatissimo carattere agonistico dare impron­ ta, creare, alimentare ambienti e interni sanissimi. Nel programma « Ju Sport 1950 » non è com­ preso il calcio. Approviamo esplicitamente, noi cal­ ciatori, questa omissione, che non è esclusione, ma un rinvio a diversa sede che non quella juniores. In definitiva il calcio è ver atleti già formati e per gio­ vani maturi e rassodati nello spirito. In «Ju» si con­ sidera l’adolescente, e con la dovuta misura. Guai a porre troppa carne al fuoco: e d'altra parte il calcio è così assorbente e defatigante tanto che può disturbare e stornare l’applicazione allo studio sco­ lastico. Comunque, è esclusivista di per se stesso, e chi vi è dedicato non può certaznente rivolgere la sua attenzione e la sua passione ad altri sport. Non è detto, con questo, che la Sezione Junio­ res non possa avere anche la sua brava squadra di calcio affiliata ed operante nel C.S.I., ma gli junio­ res aderenti al programma integrale del «Ju-Sport>> restano incastonati — e preziosamente — in tale programma. Ad ossa e mentalità consolidati, potranno, volendo, anch’essi passare al calcio, così come dedicarsi alle maggiori responsabilità e soddi­ sfazioni di altre specializzazioni sportive. E con zina dotazione formidabile di energie mo­ rali e fisiche, di castigatezza di costumi e di forza fi­ sica e volitiva quali solo la purezza può dare. Ecco come la G.I.A.C. potrà al chiudersi di ciascun anno e di ciascun qzzinquennio lanciare nel­ l’agone sportivo e nelle gare del pensiero, del la­ voro e della produzione, generazioni di giovani elet­ tissime. Temprati alla pratica, alla tecnica, allo spi­ rito sportivi, ma prima ancora alla fiamma della fe­ de, alla linea del dovere, alla elevazione dell’uomo alle serene altezze insegnate dalle leggi divine. La prima leva formativa ed agonistica è stata così bandita e organizzata per l’immimente 1950, Anno Santo, nel segno di Redenzione. E l’Italia muove fin dalle radici e dalle gemme alla grande rinascita.


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Un gruppo di u Juniorcs » segue con vivo e cordiale interesse le emo ioncnti fasi di una gara sciistica riservata appunto a', giovanissimi.

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Su quest’argomento Marcel Kurz ha scritto, oltre ■dieci anni or sono, un intero volume di quasi cinque­ cento pagine. Oggi invece non se ne scrive più se non di rado, e senza alcun rilievo, in occasione delle « prime » che qualche solitaria cordata di appassionati si az­ zarda compiere scalando le rarissime sommità del­ la cerchia alpina ancora inviolate nella stagione che le rende maggiormente affascinanti e parimenti difficili da conquistarsi: l’inverno. Sono considerate ascensioni invernali dalla to­ talità degli organismi alpinistici europei, ed anche perciò dal Club Alpino Italiano, quelle imprese che vengano effettuate nel periodo che va dal 1 dicembre al 30 marzo. Praticamente quindi un pe­ riodo di quattro mesi. Pare però, anche in seguito alle notevolmente mutate condizioni climateriche, che tale periodo debba venire ristretto nell’ambito dei termini più brevi della sola stagione invernale astronomica­ mente parlando, cioè dal 21 dicembre al 20 marzo ■successivo- e ciò a ragione; poiché, chi conosce per pratica esperienza la montagna invernale, sa che ben diversa è la situazione dei massicci alpini nelle ■date estreme; e pei- innevamento, per la condizio­ ne delle creste rocciose e, soprattutto, per la no­ tevolmente mutata durata della giornata solare che, rispetto al dicembre, a fine marzo, risulta di ben quattro ore più lunga. Ciò significa una presenza di « vetrato » più ac­ centuata, una temperatura più bassa e, nei ghiac­ ciai, una copertura di crepacci diversa oltreché ad una assai maggiore possibilità di impegno da parte degli scalatori. In tutta la grande cerchia delle Alpi, rarissime ancora sono le vette che non abbiano ancora cedu­ to agli attacchi di questa forma di alpinismo da pionieri. Il Monte Bianco e lo stesso Cervino, pur resi­ stendo quest’ultimo a lungo alle aggressioni sem­ pre più numerose degli scalatori, vennero saliti per la prima volta, nell’inverno, oltre mezzo secolo fa. Successivamente, caddero tutte le maggiori vet­ te del continente dal Weisshorn, al Dent Bianche al Gran Combin, dall’Eiger alla Dent d’Herens e Aguille Verte ed a inoltre altre, forse minori co­ me quota, ma assai più impegnative come diffi­ coltà. Come dicevamo, solo più poche sommità riman­ gono ancora inviolate nella stagione invernale. Ad ■esempio, nel massiccio del Gran Paradiso, la cui vetta di 4061 metri venne salita per la prima vol­ ta nel 1887 dalla cordata Sella-Aitken-Maquignaz, delle circa duecento vette tra maggiori e mi­ nori che costituiscono i contrafforti secondari, nean­ che più una dozzina di cime sono rimaste irranNELLA FOTO A SINISTRA: Il Campanile di Money (m. 3478) Massiccio dei Gran Paradiso. Questa fotografia ò stata fatta in occasione della I. ascensclone invernalo alla tosta di Money (m. 3572) effettuata il 21 dicembre 1941. Il Campanile di Money — salito finora cinque volte nella stagione estiva — * a tutl'oggi vergine di salite invernali.

giungibili, fino ad oggi almeno, nella stagione in­ vernale. Per chi nutrisse velleità le elencheremo. Le Ci­ me di Broglio, il Becco di Valsoera, il Piccolo Pa­ radiso, le Punte Budden, i Gemelli di Valnontey, il Campanile di Money, il Becco Centrale della Tribolazione e, forse, un paio di altre sommità, tutte vette queste aggirantesi sui 3500 metri e rappresentanti imprese di una certa entità nello àtesso periodo estivo. Nel Gruppo del Monte Bianco pure pochissimi sono i picchi che ancora hanno conservato la loro verginità invernale e questi, nella totalità, si tro­ vano situati nei contrafforti secondari. La pre­ senza in questi ultimi anni di una funivia condu­ cente sino ai 3400 metri del Colle del Gigante, ne renderà certamente più viva l’attrattiva solleti­ cando maggiormente le velleità di conquista de­ gli scalatori invernali. Così pure il massiccio del Monte Rosa, nono­ stante la sua ventina di vette superanti i 4.000 me­ tri, praticamente ormai non nasconde più alcun mistero invernale che non sia stato svelato; an­ cora nel febbraio del trascorso 1949 è stato effet­ tuato il primo percorso invernale della Cresta del­ la Signal che conduce ai 4559 metri della Punta Gnifetti. Rarissime sono le vette tutt’ora inviolate dalla stagione invernale delle Retiche come pure delle Dolomiti. Non sempre come in genere accade, le prime sa­ lite invernali vengono tentate e realizzate per i percorsi che nella buona stagione risultano essere di minor impegno. Talvolta anzi, o per l’esposizio­ ne settentrionale del versante del monte o per es­ sere i percorsi più facili esposti al pericolo di va­ langhe od ancora per la lunghezza maggiore del tracciato, accade che l’itinerario estivo non è asso­ lutamente percorribile ed occorre seguire tracciati e varianti diverse o nuove e perciò doppiamente impegnative. L’inverno però con le sue prerogative, insidie e difficoltà che gli scalatori d’alta montagna ben conoscono: vetrato sulle roccie, innevamento co­ spicuo e conseguente pericolo di slavine e valémghe, temperature bassissime, giornate di luce mol­ to brevi, frequente impossibilità di usare gli stessi sci per la parte bassa dei percorsi e la sovente incapacità di uso delle normali basi estive di parten­ za, rendono questa forma di alpinismo veramen­ te degna dell’aureola di pionierismo e di leggendarietà che la circonda. Di certo che chiunque si sia accostato all’al­ ta montagna nella stagione invernale reca un ri­ cordo incancellabile di quelle sterminate distese nevose, di quei grandi silenzi ed immense soli­ tudini non disturbate neppure dal fragore del tor­ rente che tace rappreso dal gelo; e soprattutto del­ la purezza di quegli orizzonti sconfinati che giu­ stamente, venne detto, destano « estasi di infi­ nito ».

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È UN PROBLEMA CHE INVESTE LE SORTI DI TUTTA LA GIOVENTÙ

1.(1 SPORT e I

LI SWL1 Tra i moltissimi articoli perve­ nuteci a seguito della campagna aa noi svolta in favore d’una rijorma dell’educazione fisica e spor­ tiva nella Scuola, pubblichiamo, oggi, questo del prof. Elio Ciammaroni, nolo e apprez'atn insej lauta di educazione fisica:

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r

« Stadium » s’è molto interessato e mol­ to si interessa della questione base della educazione fisica della gioventù: lo sport nella Scuola. Mi si permetta che anch’io esponga il mio pensiero in proposito. Dunque: in un questionario recentemen­ te sottoposto agli insegnanti si chiedeva se la educazione fisica dovesse essere lasciata nella scuola o dovesse esserne esclusa. E una domanda che dimostra poca preoccu­ alun-­ pazione sulle condizioni fisicne degli alun ni e come purtroppo il nostro insegna­ mento sia molto poco conosciuto e di con­ seguenza giudicato.

I.'educazione fisica continua ad essere sinonimo di ginnastica e ginnastica sino­ nimo di movimenti vari, eseguiti per rin­ forzare il corpo cioè i muscoli, la parte forse più trascurabile: sembrerebbe un pa­ radosso ma fa riflettere colui che esamina a fondo questo grave problema che inve­ ste le sorti di tutta la gioventù. Non voglio qui ripetere cos’è l’educa­ zione fisica, quanto difficile, delicato sia il suo insegnamento, quale influenza abbia sulla formazione dei fanciulli; troppo evi­ denti sono i pregi che la pongono in pri­ missimo piano nel mondo scolastico. Si potrebbe obbiettare però: è utile l’educa­ zione fisica come viene impartita attual­ mente nella scuola? Alla domanda — che, del resto, « Stadmm » ha già posto — si può rispondere fie essa investe un grave, annoso, grande problema tutt’ora insoluto e la colpa di questo stato di cose scaturi­ sce dall’errata impostazione dell’educazio­ ne fisica basala prima su considerazioni di carattere esteriore ed utilitario (la famosa preparazione militare fascista) ed ora sul concetto di diversivo dalle faticose lezioni teoriche. È semplicemente assurdo considerarla un diversivo; l'educazione fisica è preva­ lentemente formativa, eminentemente educativa e richiede tutta l’attenzione e la intelligente partecipazione dei fanciulli;

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essa è basata sullo studio dei bisogni dei

fanciulli: ciascuno di essi ha in sé delle forze naturali compresse, che se intelligentementc dosate risvegliano delle encrgic che ci consentono di formare il carattcre. I.a lezione di educazione fisica deve quindi perseguire due scopi:

1) quello di permettere al fanciullo di svilupparsi normalmente, sia pure alle volte in contrasto con le condizioni alitinaturali nelle quali è costretto a vivere; questo è lo scopo educativo; 2) quello di prevenire e correggere le deformazioni e le cattive attitudini con­ tratte durante la vita scolastica: questo è 10 scopo correttivo. Attualmente come è impostata, la lezio­ ne di educazione fisica nelle scuole, non raggiunge, ed anche solo in parte, che il primo scopo. E per il secondo che è anche esso importantissimo, come dimostrano anche le più grossolane statistiche scola­ stiche. cosa si fa? Assolutamente nulla. Anzi, esso è osteggiato per quieto vivere da parte di molti, timorosi di invadere 11 campo medico ed ignorato dalle autori­ tà che non hanno mai affrontato questo basilare problema, come è stato fatto e si stà facendo negli altri paesi. Normalmen­ te le lezioni ili educazione fisica hanno luogo tra una lezione teorica e l’altra e ci pongono di fronte ad una scolaresca i cui componenti, pure avendo quasi la stessa età cronologica, dal punto di vista mor­ fologico si presentano molto diversi; infat­ ti, accanto ai ragazzi forti c normalmente sviluppali ne abbiamo altri a sviluppo lento e gracili ed altri infine precoci ed indeboliti dalla spinta della crescenza e che molto spesso presentano deformazioni dovute anche alla prolungata e cattiva posizione sostenuta tra i banchi della scuola. Cosa può l’insegnante di fronte a questo gruppo di ragazzi così diversi tra loro? Poco; cerca di attuare una lezione composta di esercizi ad effetto generale e che alle volte sono insufficienti per il ra­ gazzo forte e troppo intensi per il debole. E allora possiamo parlare di educazione fisica vera e propria? No. se s’intende per essa quella disciplina che si è cosi poten­ temente affermata nei paesi più civili ac­ canto all’educazione morale ed intellettua­ le. diventa scienza pedagogica e tendente con esercizi razionali e progressivi a dare all'organismo umano quello stato di equi­ librio generale volgarmente chiamato sa­ lute; disciplina che deve rivolgersi all’u­ niversalità degli esseri e non più come la antica ginnastica ai soli individui forti. dosa bisogna fare per risolvere questo problema, cosi delicato ed arduo? Comin­ ciare col raddoppiare almeno le ore di in­ segnamento; impartire le lezioni, ove que­ sto sia possibile, per gruppi morfologici, simili per capacita e potenza c resistenza. È indispensabile, quindi, creare anche in Italia dei Centri di rieducazione fisi­ ca ove passino tutti i ragazzi componenti la popolazione scolastica. AI suo ingresso nella scuola il fanciul­ lo deve essere visitato dal medico che, coa­ diuvato dall'insegnante di educazione tìsi­ ca, lo assegnerà ad un gruppo: al primo se il ragazzo è sano e può svolgere la nor­ male lezione, al secondo se è debole ed imperfetto ed ha bisogno di un tipo par­ ticolare di lezione, al terzo se ha gravi ta­ re costituzionali per le quali l’educazione fisica nulla può fare. In tal modo verreb­ bero a cessare le poco edificanti richieste di esonero, sempre accordate. Al suo ingresso nella scuola il fanciulciullo verrà assegnata una cartellina bioti­ pologico ginnastica che lo seguirà per tut­ ta la vita scolastica e sarà tenuta aggior-

i nata annualmente almeno daH’inscgnantc <c dal medico che all’inizio dell’anno visi­ (terà gli alunni riscontrando i migliora­ imenti avvenuti, consigliando tempestiva­ >mente i genitori e trasferendo, se è il ca­ so, il fanciullo alla lezione del gruppo su­ ] periore. Soltanto cosi l’educazione tisica potrà essere apprezzata per quello che va­ le e potrà dare ai genitori degli alunni la imateriale possibilità di seguire anche lo :sviluppo fisico dei loro ragazzi. Attualmente essi non vengono seguiti da nessuno, perchè nessuno è in gratto di farlo specialmente i famigliali che quan­ do vedono il ragazzo mangiare e digerire sono tranquilli e non si preoccupano se iquesti abbia insufficienza respiratoria, una scoliosi o cifosi di crescenza, le spalle ca­ denti in avanti, le scapole alate, il dorso rotondo, il ventre flaccido, ccc. Tutti que­ sti difetti e lo si può notare giornalmen­ te producono nel fanciullo quél complesso di inferiorità che nessuno si preoccupa di ridurre ed annullare ridandogli la fiducia in se stesso. Infatti, non è facile che si consigli con il proprio insegnante e pensa che essendo debole tale resterà per sem­ pre. Occorre, invece, convincere gli alunni e i loro genitori che, eccettuate gravi de­ formazioni, un torace è sempre estensibile, un tronco modificabile, la respirazione profonda può sempre essere appresa c la capacità vitale sempre essere trasformata. Non mi dilungo oltre e concludo queste brevi note auspicando una riforma intel­ ligente dei corsi di educazione fisica nella Scuola e la costituzione dei centri sopra menzionati, ove la collaborazione piena del medico sportivo e dell’insegnante pos­ sa finalmente dare quei frutti felici che si attendono da troppi anni.

Klio Ci vili inumili

I campionati studenteschi del 1950 Il Ministro Gonella ha ricevuto al Mini­ stero della Pubblica Istruzione i rappre­ sentanti della Presidenza del Centro Spor­

tivo Italiano, che gli hanno sottoposto il

programma di massima della VI edizione dei Campionati Nazionali studenteschi per il 1950. Detti

campionati

saranno

sviluppati

provincialmente a cura degli enti e di ini­ ziative scolastiche e saranno portati su base nazionale solo in talune specialità. Il Ministro Gonella, sentita la relazione

del prof. Soletti, vice presidente del C.S.I. ha espresso il più vivo compiacimento

per l'iniziativa, sottolineando la necessità che il Centro Sportivo Italiano continui ad occuparsi delle manifestazioni sportive stu­ dentesche specie nella loro realizzazione

nazionale. I campionati studenti medi, che avran­ no sviluppo nazionale sono quelli di sport invernali, atletica leggera, pallacanestro, nuoto e palla a volo. Per guesfultima

specialità,

anzi,

nello stesso 1950,

si a-

vranno per la prima volta in Italia ma­ nifestazioni agonistiche internazionali stu­ dentesche promosse dal Centro Sportivo Italiano.


DISCESISTI

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Da qualche giorno il gruppo dei disce­ sisti azzurri o azzurrabili è a Corvara agli ordini dell'allenatore federale. Gino Seghi ed è molto probabile che al termi­ ne di questo allenamento collegiale si ad­ divenga alla designazione degli atleti che si imbarcheranno per il Nord America, per partecipare ai Campionati mondiali. È ormai deciso infatti che i fondisti va­ dano solo in Svezia ad addestrarsi sul ter­ reno olimpionico e sotto certi aspetti la decisione della F.I.S.I. va accolta con com. piacimento in quanto è forse più oppor­ tuno mandare ancora a scuola gli specia­ listi del fondo piuttosto che impegnarli in ima competizione dove un piazzamento scadente potrebbe awilirli. Ciò che non comprendiamo tuttavia è il ritardo nella convocazione dei fondisti rispetto a quella dei discesisti. Con ogni probabilità la ra gioite va ricercata nel particolare non dav vero trascurabile che mentre il discesismi dispone per fortuna di un paio di dozzi­ ne scarse di elementi da cui scremare la squadra italiana, i fondisti sono in nume­ ro tanto esiguo da non consentire o qua­ si un vero e proprio allenamento colle­ giale. Per questo c’è da complimentarsi con la F.I.S.I. per aver fornito nel comunicato di convocazione al raduno di Corvara un particolare che a molti potrà sembrare di scarsa importanza e che invece a nostro modo di vedere costituisce il motivo base per sperare per le prossime olimpiadi del 1952; qualcosa di più di quanto non fu possibile per i Giochi invernali di Saintliloritz. Si tratta dell’età dei convocati; e vedendo tanta gente al di sotto dei venti anni c'è sul serio da stringere la mano al buon Seghi che, mettendo il dito sulla pia­ ga e il consiglio direttivo della F.I.S.I. di fronte a un dato di fatto lampante, si è fi­ nalmente deciso di affiancare ai vecchissi­ mi azzurri, ai Colò, ai Chierrani, ai Ro­ berto Lacetelli e a Silvio Alverà dei ragazzi che le ultime leve sciistiche e forse prin­ cipalmente i campionati studenteschi han­ no fatto balzare in primo piano per tecni­ ca, spregiudicatezza agonistica e spirito di gara. È logico che il maggior contingen­ te dei discesisti azzurrabili è stato forni­ to, come sempre da Cortina d’Ampezzo e dall’Abetone, anche se, mancando in que-

La ■ campionissimo » Celina • Gino Seghi

13 ■E»


st’ultima locatila aa qualche anno i /non classe, scarseggiano i giovani. Cortina d’Ampezzo dunque avrà all’al­ lenamento collegiale di Corvara Albino Aliterà di anni 26, Silvio Aliterà di 28, De Bigontina Luciano di 26, l'anziano ed eslroso Roberto Lacedelli che ha raggivi le 30 primavere, in rappresentanza questi della vecchia scuola cortinese, dei Valle, dei Severino Menardi e di Alfonso Lace­ delli, ma anche dei giovani già fregiati di titoli nazionali anche se delle categorie minori o studentesche. Si tratta di litio Colli di 18 anni, di Luciano Costantini di 19. di (Alido Ghedina di ]9, di Alessan­ dro Menardi di 19, di Eugenio Monterà di 22. di Dino Ponipanin di 19, di Romano Rimoldi di 22 e infine di Piero Siorpais di 18 e di Sergio Cardini anch’egli di 18. Il Sestriere allinea nella formazione dei giovani preolimpionici due diciannoven­ ni. Carlo Schenone, proveniente da una famiglia di sciatori e di sciatrici di fama e Giuseppe Poncet. Lo Sci Club di Ma­ donna di Campiglio ha il suo rappresen­ tante in Bruno Burini di 18 anni, mentre da Vipiteno si aggiungono alla comitiva i fratelli Gartner, l’azzurro Carlo di 26 anni e Arturo di 22. La Val Gardena e rappresentata da Ermanno Xogler. stram­ bo nel carattere quanto nella pratica del­ lo sci e Otto Giudi un ventenne di cui si dicono meraviglie. Infine l'A belone con il 32.o Vittorio Pienoni il 29.o Zeno Colò e il 23.o Alessandro Petrucci degno conti­ nuatore della stirpe dell’Olindo Petrucci. Ben piti ridotta è invece la schiera delle ragazze. In lutti questi anni ben poco è saltato fuori, sicché a Corvara fors’anche per disponibilità di tempo sono state con­ vocate oltre naturalmente alla campionis­ simo ma ormai trentenne Celina Seghi, la diciottenne Giuliana Cominuzzo e la ven­ tiduenne Enna Pelisier, tutte e due dello Sci Cervinia.

È facile constatare come l'allenatore dei discesisti abbia buttato e non certo a ca­ so lo sguardo sugli clementi che più sono apparsi attivi nelle gare di seconda e ter­ za categoria della scorsa stagione. Dove re­ gna piuttosto il buio è tra i fondisti e non ci stancheremo mai di suggerire alla F.I. S.L di essere larga di aiuti e di collabora­ zione d’ogni genere per il nuovo recluta­ mento sciistico. Abbiamo accennato nell’ultimo nostro articolo ad una serie di gare lanciate dal Centro Sportivo Italiano e riguardanti in particolare i giovani: i Campanili alpini per i piccoli sciatori che sviluppandosi quest’anno già dalle vacanze natalizie prò. mettono un reclutamento davvero notevo­ le di ragazzi dai 10 -ai 15 anni, alla attraeente disciplina dello sci; e il triatlon sciistico che obbligherà gli Juniorcs, dai 16 ai 20 anni a compiete' una prova di fondo prima di affrontare le due più af­ fascinanti discese. Un programma notevo­ le annuncia anche il C.U.S.I. mentre VE. X.A.L. si limiterà ai raduni escursionisti­ ci invernali e al campionato a pattuglie, manifestazioni che giovano certo e ottima, mente alla propaganda dello sport bianco. Il calendario della F.I.S.I. comprende una serie di manifestazioni eccezionali, e non soltanto per quanto riguarda lo sci, ma anche e specialmente il ghiaccio, che ha una federazione a sè, e il bob o guido­

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slitta, rimasto fedele alla stessa Federa­ zione degli sport invernali. A Cortina si è infatti al lavoro per la messa in scena dei Campionati mondiali di bob che seguiranno a fine gennaio, quelli nazionali. Torna certo a merito eschisino degli organizzatori e dirigenti anipezzani l’essere riusciti ad attrarre sulla perla delle Dolomiti l’attenzione non sol­ tanto del mondo sportivo ufficiale italia­ no. ma anche di quello internazionale. Vero è che Cortina d’Ampezzo ha avuto assegnate le Olimpiadi Invernali del 1956 in virtù delle sue eccezionali qualità or­ ganizzative, della sua completa attrezzatu­ ra alberghiera che oggi non teme concor­ renze di sorta in tutta Europa e forse nel mondo. Ma anche per le qualità tecniche dei suoi dirigenti: Otto Menardi. Federi­ co Ternack, Angelo Bocci. Igi Menanti, Romeo Manaigo, Felice Mariotti, Luciano Rimoldi che si uniscono alla schiera dei maestri d'eccezione, quali Renalo Valle, Severino Menardi. Ghedina. Alverà, Lace­ delli. tanto per nominare qualcuno delle molte decine la cui fama ha varcato or­

mai le Alpi. Intanto in attesa delle Olimpiadi e in attesa della posa della prima pietra del grandioso palazzo del ghiaccio. Cortina è già pronta a ricevere i guidatori più fa­ mosi di bob di tutto il mondo: gli imput. sivi americani, i metodici e cronometrici inglesi, i tecnici svizzeri, gli esperti e va­ lenti austriaci che si misureranno con gli ardimentosi azzurri in gran parte naturai, mente cortinesi. La bella pista di Ronco, che tante ma­ nifestazioni ha permesso negli anni scorsi e che la passione di Federico Tcrchach con l'aiuto degli albergatori locali aveva riassettato lo scorso anno, ha subito nuo­ ve e più radicali modifiche, e questa volta con la partecipazione diretta del C.O.N.l. che giustamente si preoccupa di valorizza­ re e appoggiare gli impianti sportivi cor­ tinesi in quanto fanno parte integrale del­ le attrezzature sportive italiane.

Cosi alla vecchia pista di Ronco sono state apportate delle altre, quasi tutte prò. I un gate nei raccordi di entrata e di usci­ ta e ciò per consentire maggiori velocità e assicurare la massima incolumità ai con­ correnti. Sono stati spianati e levigati i ter­ rapieni e infine si è complctamente rifat­ ta l’ampia curva di arrivo, nei pressi del torrente Ronco. Ma anche la parte acces­ soria è stata resa degna di competizioni mondiali. Una grande rimessa per 21 slit­ te a due e altrettante a quattro è stata realizzata in prossimità dell’arrivo, utiliz­ zando il tetto della medesima per un'am­ pia tribuna. Un'altra tribuna è stata in­ stallata alle « grandi esse », il punto certo più difficile e spettacolare del percorso, mentre tribunette minori sono state col­ locate in altro punto. Ciò che più conta però è la creazione di una nuova auto­ strada che dall’arrivo condurrà in pochi minuti alla partenza sicché al vecchio mu. lo verrà sostituito un capace automezzo per trasportare concorrenti e slitte nel punto supcriore. Complessivamente la pista dopo le ul­ time rinnovazioni risulta di m. 1634 con un dislivello di 153. La sua pendenza me­ dia è del 9% con un massimo del I2<^. Comprende 17 curve a sezione parabolica e ciò che più conta è munita di un acque­ dotto proprio che assicura il mantenimenlo della superficie ghiacciata nelle curve come nei rettilinei. Ogni curva è inoltre collegata con la cabina di cronometraggio da un impianto telefonico mentre è stato installalo un servizio speciale di cronome­ traggio a cellula foto-elettrica, al centesi­ mo di secondo. Quando a questa messa in scena tecnica, diremo artificiale si aggiunga lo scenario incomjiarabile che s’apre sulla destra del­ ia pista e di fronte-, la visione delle Tofa­ ne e sul fondo quella delle « Tre cime di Lavaredo » c’è da chiedersi se al mondopuò esistere qualcosa che supera il traccia­ to di Cortina.

I Zeno Colà, U più forte dlsceiiata azzurro

X'a ber


Orientamenti ciclistici li

di Xalale Bertocco

Quando queste prime impressionini capiteranno sotto gli occhi dei lettori di « Stadium », con tutta probabilità il Congresso Ci­ clistico di Trieste sarà in pieno svolgimento, se non già agli ar­ chivi. Purtuttavia ho la presunzione di ritenere che gh argomenti trattati non saranno davvero passati di moda ed il Congresso avrà avuto appena modo di sfiorarli, preso da cento divagazioni come accade or­ mai in tutte queste riunioni ple­ narie di nessuna utilità tecnica e organizzativa, ma fors’anche pro­ pagandistica, se si toglie la gioia di tre giorni di svago una volta a Napoli e l’altra che so io a Mon­ tecatini o a San Remo. Quest’anno è stata la volta di Trieste, un po’ lontanuccia ad onor del vero dall'epicentro cicli­ stico ma egualmente gradita per­ chè Trieste ha un fascino tutto proprio e, diciamolo con schiettez­ za, se non esistesse bisognerebbe inventarla in quanto ha la virtù di toccare le corde del cuore e rinverdire quel certo spirito na­ zionalistico che, gratta gratta, trovi in tutti gli italiani, anche in quelli che nazionalisti non voglio­ no essere per partito preso o, for­ se meglio, per posizione presa di... partito. Bando agli scherzi ritengo che la proposta più simpatica che si udrà a Trieste sarà quella di un delegato, pare emiliano, il quale avrà l’ardire di chiedere al Parla­ mento delle biciclette: « Ma, a co­ sa servono questi Congressi? ». A nulla, o quasi, mi permetto di rispondere io. anche se la mia vo­ ce proviene flebile dal loggione. A nulla e posso dimostrarlo. Delle tre o quattrocento persone, più o meno delegate, presenti, sì e no una decina prenderanno la parola e poiché si conoscono in preceden­ za questi dieci oratori impeniten­ ti, per mandato, affermano, rice­ vuto dai rispettivi Comitati re­ gionali, vado ripetendo a me stes­ so se proprio non sia il caso d’ora innanzi di far riunire codeste per­ sone che di ciclismo sanno tutto, ben comprese certe manipolazioni niente affatto chiare, chiuderle in una stanza oer qualche giorno e lasciarle sgelare ben bene sino a

che non avranno sul serio trovato la comunità di vedute e soprat­ tutto di programmazione. Potrà sembrare ironia ma sta di fatto che l’U.V.I. ha perduto la sua compattezza proprio dal giorgior­ no che ha voluto riprendere la vecchia denominazione di « Unione ». Molti sono i problemi sul tavolo del tonante Congresso. Diceva giustamente in questi giorni un collega che si occupa di faccende ciclistiche e che dietro le biciclet­ te ha percorso quest’anno almeno 30 mila chilometri, come ciò che contano siano gli uomini e non le idee. Tutti i piani sono buoni a seconda di come vengono realiz­ zati ed è presumibile che ciascun uomo andando ad una presidenza abbia il proprio. Altrimenti non avrebbe ragione di farsi eleggere, a meno che il « bluff » non sia tanto grande da far prevalere esclusivamente la propria persona o meglio il nome a qualsiasi pro­ getto. In effetti il ciclismo ha avuto una evoluzione diversa da quella di anni addietro. Lo si può divide­ re oggi nettamente in due grandi branche: professionistico e dilet­ tantistico, anche se quest’ultimo ha un certo agganciamento alla piccola industria senza il quale, elevato com’è il costo delle bici­ clette e delle gomme, vivrebbe as­ sai male. Il professionismo vive ormai di vita propria agganciato alle gran­ di aziende industriali o editoriali, le uniche del resto che possono permettersi il lusso di stanziare capitali, per lo sviluppo di mani­ festazioni a largo raggio e di grande risonanza nazionale, tale da compensare l’impiego dei capi­ tali stessi. Le grandi manifesta­ zioni su strada, le uniche che ren­ dono veramente alla pubblicità commerciale più che alla propa­ ganda tecnica, sono monopolio delle suddette aziende che se ne servono quale strumento prezioso e fruttuoso per il lancio dei propri prodotti o delle proprie pubblica­ zioni. Si osservava giustamente all’ultimo giro della Lombardia, in una conversazione cordiale, presenti taluni dirigenti delle Ca­ se e della stessa Associazione dei

Corridori Professionisti, come l’at­ tività maggiore debba essere or­ mai concordata direttamente dal­ l’industria e dai corridori, sicché alla Federazione non rimane che ratificare quanto i promotori mag­ giori stabiliscono limitandosi tutto al più di suggerire lievi modifiche di carattere tecnico. D’altra parte, si fa presto a com­ pilare un calendario, difficile è realizzarlo. I professionisti mostrano e non soltanto a parole la propria indi­ pendenza nei confronti della Fe­ derazione e sì e no tengono fede agli impegni assunti con le pro­ prie « Case ». Tutto il resto non ha importanza. Se un Coppi decide di parteci­ pare al Giro di Francia è chiaro che fisserà il proprio programma in maniera da essere in efficenza per quella data, in quanto si deve presumere che se Coppi toma al Tour, torna per vincere. Tutto il resto non conta per lui. Ben com­ presi purtroppo i « campionati del mondo » che il grande atleta escluderebbe a priori dal proprio calendario qualora la sua parteci­ pazione alla grande corsa a tappe francese che costituisce realmen­ te, siamo sinceri, il vero campio­ nato del mondo assoluto su strada, sia effettiva. Così può dirsi per gli altri attori di primo piano del mondo ciclistico, per Bartali, Ma­ gni, Leoni, Ortelli, Maggini, Con­ te e via di seguito. E il discorso porterebbe lontano. Val dunque la pena di cambiare argomento e di dire all’U.V.I.: il ciclismo ha un’attività di natura diversa da quella calcistica e da qualsiasi altra branca sportiva. L’U.V.I. ha la fortuna di avere un patrimonio giovanile di ecceziona­ le valore. Deve saperlo conservare e indirizzare. Gli Enti che si sono affiancati al movimento ciclistico, se discipli­ nati e sorretti, possono dare dei vantaggi effettivi in quanto ben si sa come la vita agonistica dei ci­ clisti, qualunque sia la loro clas­ se e il loro valore, costa cara alle Società. ' i ha L’Unione Velocipedistica questi puntato forse troppo in r ---- ultimi anni alla parte professioni-

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stica. dimenticando quella ben più importante sviluppata dalle cate­ gorie minori. Si è parlato nei «congressini» regionali della « Scuola del ciclismo ». Possiamo anche portare al plurale questa iniziati­ va ma rimarrebbe pur sempre inadeguata alle effettive esigenze del movimento ciclistico degli al­ lievi e dei dilettanti. Più logica dunque appare l’idea presentata da alcuni vecchi dirigenti di svi­ luppare questa iniziativa sul pia­ no regionale e oserei dire sociale, visto che agli atleti manca proprio quella parte associativa, che può educarli, formarli, istruirli. Gli atleti corrono una volta la settimana e un’altra volta al mas­ simo vanno ad allenarsi. Per tutti gli altri giorni, sportivamente par­ lando, sono degli sbandati qual­ siasi. Forse perchè manca ad essi realmente una Società e un am­ biente dove questi giovani sporti­ vi praticanti dovrebbero trascor­ rere ore simpatiche dopo il lavo­ ro o dopo la scuola. I Comitati Re­ gionali hanno cento problemi a disposizione se vogliono effettiva­ mente prendere delle iniziative. Una Scuola del ciclismo prati­ cata in ogni Provincia, nel perio­ do invernale in ispecie, può rac­ cogliere centinaia di alunni e non soltanto dirigenti ma anche atleti, all’oscuro di tutto. Manca ai no­ stri ragazzi persino la conoscenza del regolamento di corsa, manca l’arte del saper correre e ciò che apprendono è soltanto frutto di furbizia, non di tecnica. Manca nel periodo invernale in ogni Pro­ vincia, una palestra cpn un buon insegnante di educazione fisica, per sviluppare un corso razionale preciclistico, tanto utile nel perio­ do invernale quanto prezioso, in seguito, nel corso della stagione. Mancano delle lezioni pratiche sulla tecnica del ciclismo. Manca la coscienza di società e di attac­ camento ai propri colori forse perchè ripeto scarse sono le sedi e meno ancora frequentate. È questo un po’ il difetto di tut­ te le società sportive italiane. Sia­ mo d’accordo che le sedi costano, ma anche nelle poche che esistono l’attività interna e l’impiego della stessa non va oltre il solito bigliardo, o i tavolini per le « carte ». L’U.V.I. deve preoccuparsi an­ che di questo. Deve pensare alla formazione di una coscienza spor­ tiva, di una onestà sportiva, di una morale sportiva nei giovani che si indirizzano volontariamen­ te e con largo spirito di sacrificio personale allo sport ciclistico — si tratta in effetti di modesti ap­ prendisti, di lavoratori autentici che non provengono certo da fa­ miglie benestanti .salvo rare ecce-

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zioni —, ma deve in particolare abituarli oltre che alla vita ago­ nistica anche a quella sociale e per ottener ciò occorrono delle ini­ ziative e l’esempio degli anziani, se è possibile. Giorni addietro ho avuto modo di partecipare a Roma ad un sim­ paticissimo simposio dei veterani sportivi della capitale. Modesto il menù ma in compenso abbondan­ tissimi i discorsi. E tutti sullo stes­ so tono, tutti dello stesso calore, tutti sullo stesso tema: «voglia­ mo, noi anziani, venuti allo sport dal nulla e vissuti con nulla nel­ lo sport, essere ancora di guida ai giovani. Vogliamo irradiarci nelle Società, ciclistiche in ispecie, in quanto siamo convinti di poter portare il calore del nostro entu­ siasmo e, ci sia permesso dire, an­ che la nostra esperienza, nei ra­ gazzi che possono saper correre, ma che mancano certo di una co­ scienza e di una formazione spor­ tiva interiore ». Sappiamo che tra l’Associazione dei veterani sportivi e gli organi ufficiali dello sport, non corre buon sangue, per talune asserzio­ ni un po’ precipitose, sembra da parte dei... vecchi. È un dissidio che va sanato al più presto. Pos­ siamo essere d’accordo sulle gare agonistiche dei veterani e sulla opportunità o meno di non per­ mettere a degli anziani di cinquant'anni di correre ancora col cronometro alla mano. Ma non basta una qualche divergenza di ordine tecnico per mettere all’in­ dice un movimento che rappresen­ ta una vera forza morale, la conti­ nuità dello sport. Se i pionieri non avessero svi­ luppata cinquantanni addietro la prima attività, derisi dall’opinio­ ne che oggi si accalca negli stadi, ignara forse ancora della vera espressione dello sport, non avreb­ be lo sport stesso quella risolu­ zione nazionale e internazionale che lo pone ormai sullo stesso pia­ no delle maggiori iniziative socia­ li ed economiche. Troviamo dunque il modo di sa­ nare il dissidio. Il Congresso di Trieste può fare anche questo, co­ sì come deve richiamare l’U.V.I. al proprio vero compito: la cura e l’impostazione dei giovani; la valorizzazione e lo sviluppo delle società; la vita e il progredire dei Comitati regionali, in una forma più dignitosa ed efficace. Sono questi i numeri più inte­ ressanti del programma triestino. Certo più utili del movimento professionistico e delle cento e cento discussioni su taluni avve­ nimenti, tipo campionato del mon­ do ai quali forse, solo noi italia­ ni diamo importanza.

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IIIIIIIISN ILLUSTRATA da BINDA <li Vittorio Spositi

lilla vigilia dell’Assemblea annuaLlle delle società ciclistiche italiane a Trieste mentre s’iniziava il torneo dei pre-congressi regio­ nali in funzione di orientamento della posizione da assumere nei confronti dei reggitori uscenti dal­ la presidenza dell’U.V.I. comincia­ rono anche le solite manovre elet­ torali. Adriano Rodoni eletto a Napoli per un quadriennio aveva voluto per atto di solidarietà con i suoi collaboratori del C.D. (la cui ele­ zione valevole per il corso di un anno sollevò tanto scalpore per il movimento dissidente di un grup­ po di società e di dirigenti) met­ tere in palio la presidenza. Ge­ sto simpatico che gli accattivò di colpo molte simpatie che si era alienate durante il 1949 con alcuni suoi atteggiamenti amletici, per certe sue incongruenze e per una serie di errori che in suo nome erano stati commessi nel campo te­ cnico organizzativo dagli uomini preposti al funzionamento tecnico della Federazione. Ma il gesto di solidarietà di Ro­ doni non fece diminuire d’inten­ sità il lavorio sotterraneo per lo accaparramento di deleghe, e di voti, favorito dal fatto che a con­ trastare la conferma a presidente di Adriano Rodoni sorse — uffi­ cialmente — la candidatura del Comm. Mairano — l’attuale pre­ sidente della Federazione italiana Pallacanestro — che non da que­ st’anno è solleticato di tentare la sorte in campo ciclistico abbando­ nando palle e cesti, per ruote e tubolari. La presenza di un candidato a contrasto, diede esca agli appetiti regionali, poiché ognuno di quanti hanno in pugno gruppi di società mercanteggiarono i voti dei quali


Adriano Rodoni

erano possesso in cambio di provvedimenti a favore della pro­ pria regione e di cariche — a pre­ ferenza quella di vice presidente — nel Consiglio direttivo. Qual­ cuno lavorò in sordina — e non mancavano emissari che segretamente viaggiavano per negoziare alleanze — qualche altro aperta­ mente sostenne, come il cam­ pano Comm. Improta, che i pro­ pri voti indipendentemente dal valore dei due avversari in lotta per la presidenza sarebbero anda­ ti a chi avrebbe promesso e ga­ rantito maggiori vantaggi al ci­ clismo meridionale. Tutto ciò è tutt’altro che bello, perchè non torna davvero a vantaggio nè dell’U.V.I. nè del ciclismo; ma che volete farci, finché il sistema de­ mocratico che in politica è teori­ camente il migliore, verrà usato per eleggere uomini che hanno compiti tecnici e organizzativi, non si può credere che l’U.V.I. marci sicura su vie nuove di effi­ cienza e di successo. Sarebbe lo stesso che ad eleggere il Ministro putacaso delle Finanze o della Giustizia fossero le legioni di im­ piegati del ministero stesso, da­ gli inservienti agli archivisti, dai commessi ai funzionari di grado A. Naturalmente Rodoni e Mairano non si sono limitati nella lotta elettorale a cercarsi degli amici e a garantirsi dei voti facendo delle promesse ed hanno esposto dei programmi tecnico-elettorali per i quali finalmente il ciclismo italia­ no troverebbe quel riassetto che s’auspica inutilmente da lunghi anni. Il comm. Mairano, diffondendo il suo progetto quel famoso pro­ getto che presentò l’anno scorso al Congresso di Napoli, che fu appro­ vato in linea di massima, e che

Rodoni realizzò in parte nel corso dell’annata. Progetto che divide l’U.V.I. in tanti settori netti, pre­ cisi; tecnici, legislativi, finanziari, organizzativi con una serie di commissioni. Dicono molti che il progetto sia ottimo. Per mio con­ to non sono d’accordo. Lo trovo, anzi, elefantiaco al punto di ren­ dere l’U.V.I. pesante e impedita nei movimenti come un uomo obe­ so. Mi perdoni il comm. Mairano, io ho della simpatia personale per lui, però quale uomo che dia un efficace riordinamento all’U.V.I. non ce lo vedo, ma sarò contento se un giorno dovrò ricredermi. Adriano Rodoni non ha parlato, invece, di riorganizzazione inter­ na della Federazione. Egli ha pun­ tato diritto sul bersaglio tecnico enunciando una serie di proposte di riforme alle carte federali, so­ prattutto importanti nella parte che si riferisce all’attività e all’or­ dinamento del settore professioni­ stico e al miglioramento dello sport ciclistico giovanile. Contem­ poraneamente ha lanciato il col­ po grosso, sensazionale: la istitu­ zione di una grande scuola di ci­ clismo stanziando 11 milioni per la sua realizzazione ed il suo fun­ zionamento iniziale. Più che una scuola sarà un centro di cultura, che tutti dovranno frequentare: corridori (dagli allievi delle corsette ai professionisti), ufficiali di gara, da quelli delle corsette di Peretola a quelli delle grandi pro­ ve internazionali, dirigenti centra­ li e periferici, direttori sportivi di Società e di Case industriali, ecc. Una grande scuola, una specie di università, insomma, con sva­ riate facoltà e — naturalmente — con un Rettore... magnifico! È in­ teressante al riguardo della scuo­ la in parola quello che Alfredo Binda disse ad Alberto De Watten uno dei redattori del parigino Equipe. Binda e De Watten trovandosi assieme un giorno, parlarono a lungo e si trovarono d’accordo nel rilevare che i problemi in campo ciclistico sono identici in Italia e in Francia. A prima vista tutto sembra ma­ gnifico in casa De Watten come in casa nostra. Entusiasmo, folle straripanti, organizzazioni ottime, disciplina, ordine dei servizi, con­ trollori esperti, appassionati, ma a guardare bene l’intimo delle co­ se, se si interrogano sportivi diri­ genti, industriali, organizzatori, giornalisti ed i corridori anche, ci si accorge che ci sono problemi che turbano i sonni dei responsa­ bili dell’attività ciclistica. La que­ stione principale è quella dell’ele­ fantiasi dei calendari pei' i quali si corre troppo, particolarmente fra i giovani che sono male gui­

dati e spesso vittime della me­ galomania di direttori sportivi in­ competenti. Alfredo Binda colse la palla al balzo ed illustrò al suo egregio interlocutore il progetto del suo presidente Rodoni. « Io sono un artigiano della pa­ ce — disse il tre volte campione del mondo — ed il mio ultimo la­ voro è consistito nell’attuare la riconciliazione fra Adriano Rodoni e l’avvocato Ambrosini e con una grande felicità sono riuscito all’in­ tento. Ve ne spiego il perchè: da Rodoni, principale animatore dell’U.V.L, e da Ambrosini, critico e competente ascoltatissimo in Ita­ lia, dipende in effetti la creazione di una scuola italiana del ciclismo. Un esperimento fu già tentato nel 1942, ma restò allo stato embrio­ nale e non si occupò d’altronde che della creazione di dirigenti. Oggi si guarda molto più in là. La scuola servirà volta a volta alla creazione di dirigenti, di di­ rettori sportivi e soprattutto di corridori. Fra questi, dilettanti, indipendenti e gli stessi profes­ sionisti, a turno, saranno invitati a frequentare dei corsi quindici­ nali ogni anno. Sarà illustrata co­ me deve svolgersi la loro parteci­ pazione alle grandi classiche na­ zionali ed internazionali, saranno consigliati su come si dovranno allenare per le prove che saranno chiamati a disputare ». «. Accade spesso — continuò Binda — che i nostri giovani che si recano a gareggiare all’estero vanno incontro all’ignoto. Essi sa­ ranno illuminati su quello che sa­ rà il percorso sul quale dovranno correre o quali gli avversari che dovranno incontrare... « L’idea di Rodoni è stata ap­ provata all’unanimità dai suoi collaboratori e 11 milioni di lire sono stati assegnati e tenuti in riserva per assicurare il via del funzionamento della scuola che troverà certamente sede nelle vi­ cinanze immediate di Milano ». Fin qui Alfredo Binda. Ora mi sembra che il progetto sia più che ottimo anche se i suoi avversari sostengono che è stata una botta lanciata, come si dice in linguag­ gio schermistico con ottima scelta di tempo, combattendo con Mai­ rano sulla pedana di Trieste. Sia pure; ma non si può negare che la realizzazione del progetto darà al ciclismo un contenuto tec­ nico-scientifico fino ad ora scono­ sciuto. Però ci vorranno degli inse­ gnanti adeguati e numerosi. Va bene Ambrosini in veste di... Ret­ tore Magnifico, ma gli altri dove trovarli? Nelle file dell’A.N.U.G. attuale? A no davvero!

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« ... boxo priva di dilesa, che espone quindi facilmente ad

Tn materia di boxe conoscere

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pericoli significa prevenirli

. del prof*. Giuseppe Da Cava, presidente della F. I. H. S. L’esperienza di molti anni qua­ le medico della F.P.I. mi ha dato modo di osservare un gran nume­ ro di pugili, di studiarli intima­ mente non solo nello studio pro­ fessionale ma anche nel loro stes­ so ambiente, nelle palestre, sui ring, raccogliendo le loro impres­ sioni e le loro confidenze, ascol­ tando le discussioni e le osserva­ zioni dei tecnici. È questo il solo modo, io credo, di studiare inti­ mamente la patologia da pugilato e cioè le lesioni che possono esse­ re conseguenti a questa attività. Da questa massa di osservazio­ ni ho potuto trarre delle conclu­ sioni che qui brevemente rias­ sumo. Il primo fatto da mettere in evi­ denza è che raramente si trovano fra i pugili casi di lesione dei pol­ moni e del cuore. È uno sport la boxe che sviluppa la potenzialità di questi organi senza allatto dan­ neggiarli. Più frequenti invece, e direi ca­ ratteristici, sono i disturbi del si­ stema nervoso. La sindrome del punch-drunk (o pugile suonato)

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cosi come è stata descritta dal Martland di New York riguarda i casi ormai gravi e senza più spe­ ranza di regressione o di stazio­ narietà. Lo studio accertato di più di 300 pugili da me praticato ed i cui risultati sono stati da me pre­ sentati alle Journées Médicales di Bruxelles e riportati in una re­ cente monografia, ha dimostrato che questa sindrone può essere sommariamente divisa in tre sta­ di e che se il pugile è fermato nel­ la sua attività nel primo o secon­ do stadio essa, in genere, regre­ disce o resta stazionaria: donde l’importanza di quello che sto per riferire. La sindrone si presenta specialmente nei pugili professio­ nisti (è assai rara nei dilettanti) che praticano una boxe elemen­ tare. scarsa o priva di difesa, e che espone quindi facilmente ad essere colpiti al capo. Sono indi­ vidui coraggiosi e battaglieri, che profittando delle proprie capacità di incassaggio, scoperti fidando sulla propria potenza e aggressi-

vita piuttosto che sull’abilità te­ cnica. Il primo stadio della malattia si manifesta in genere poche setti­ mane o anche pochi giorni dopo un combattimento particolarmen­ te duro nel quale il pugile è an­ dato K.O., ma più spesso che ha subito una grave punizione. È ca­ ratterizzato da un cambiamento del carattere: il soggetto è eufori­ co, si sente bene, sicuro di se stes­ so della sua bravura, e si dichia­ ra ingiustamente sconfitto. Vi è una leggera punta di megalomania nel suo comportamento. Negli esercizi fisici però non è più così sciolto come prima, è piuttosto ri­ gido ed incoordinato. Questi sintomi più che dal me­ dico vengono per primo notati da­ gli amici, allenatori e famigliari. Questi sintomi, se il pugile resta a riposo per il periodo di qualche mese, regrediscono: in caso con­ trario si forza lentamente e rapi­ damente il secondo stadio. Secondo Stadio - fi caratteriz­ zato dall’aggravarsi dei fenomeni psichici: il pugile diventa arro-


gante, permaloso, sospettoso. Cer­ ca dei combattimenti da fare ma difficilmente trova organizzatori disposti ad ingaggiarlo perchè nel frattempo è diventato glass-jaw; si stabiliscono allora in lui idee deliranti. Egli si crede perseguita­ to dai dirigenti ritiene che il suo valore non sia riconosciuto. In tal caso però diventa aggressivo. Nel­ lo stesso tempo sono comparsi al­ tri sintomi: il pugile nel cammi­ nare talloneggia: all’alt tende a cadere in avanti. Le pupille non reagiscono più bene alla luce. In •oltre la parola diventa aburrattata, arrotolata. Ha spesso vertigini e cefalee. Dallo stadio secondario si passa insensibilmente allo sta­ dio terziario. In questo stadio i pugili hanno già in genere abban­ donato la boxe, ma continuano a prestare la loro opera nelle pale­ stre o arene sportive. La loro idea­ zione è lenta, e così la loro com­ prensione. La memoria è diminui­ ta. A volte il soggetto sembra as-

sente, altre particolarmente loqua­ ce. Il viso è senza espressione, la parola è sempre più inceppata, scarsa la volontà di lavorare per una specie di abulia. Sono in ge­ nere soggetti perduti per la so­ cietà che trascinano faticosamente la loro vita ricordando agli altri le glorie del proprio passato. Qual’è il~ meccanismo con cui questa sindrome si produce? Gli ÀA. che si sono interessati dell’ar­ gomento pensano che si tratti di minuscole emorragie cerebrali conseguenti ai numerosi colpi al capo ricevuti. Noi,, pure accettan­ do questa ipotesi in parte, credia­ mo che nel genere della malattia abbia notevole importanza un ri­ lievo da noi fatto con Tesarne ra­ diografico del cranio. La radiogra­ fia del cranio dimostra infatti in questi soggetti un notevole ispes­ simento della parete che in ter­ mine tecnico viene chiamato endocr aniosi. Questo reperto che è stato da

noi riscontrato su tutti i pugili che presentavano la sindrome, anche nei primi stadi, ci permette dun­ que di riconoscere con un dato ob­ biettivo, resistenza di essa quando ancora è possibile, inibendo ai soggetti l’esercizio del pugilato, far sì che la malattia regredisca o re­ sti stazionaria. Conosciuto dunque il male è ur­ gente porre in atto ogni mezzo utile per prevenirlo. È appunto con questo alto obiet­ tivo che F.P.I. ha già da tempo attuato norme mediche precise per il controllo dei propri pugili. È mia convinzione che con la stretta osservanza di tali misure e di tutte le altre che potranno es­ sere suggerite dall’esperienza gli incidenti saranno ridotti alla pura fatalità ed il pugilato potrà con­ tinuare ad essere un magnifico mezzo di sviluppo fisico ed un’ot­ tima scuola di coraggio e di san­ gue freddo.

Il classico K. O.: un colpo secco al mento e 11 pugnatore ò » fulminato» L'arbitro conta i dieci secondi, prima di porre fine al combattimento

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Tutto è bene ciò che finisce bene. Cosi avranno pensato quei molti che temevano in un movimento rivoluzionario nelle de­ cisioni e nelle elezioni della Federazione motociclistica. Bianchi può essere soddi­ sfatto. Siamo certi che egli manterrà la promessa data al momento della accetta­ zione della nuova investitura presidenzia­ le da parte del Congresso, « per servire so­ prattutto gli interessi dello sport motoci­ clistico». Interessi che hanno bisogno di un tutore in gamba che sappia ascoltare le necessità e le aspirazioni di zone che at­ tendono una rinascita sportiva e motori­ stica. Parlare delle deficienze propagandisti­ che dell'Italia del Sud non è una cosa nuova per i Congressi motoristici. Ed an­ che in questo fiorentino, svoltosi sotto la patema e competente presidenza dell’On. Arrigo Paganelli, le lagnanze dei rappre­ sentanti meridionali non sono state po­ che e, speriamo, non inutili. Si è inteso dire che i motoclubs del sud, praticamente sono abbandonati a sè stes­ si, che sono divisi, quasi avulsi dalla Fe­ derazione che ha con loro soltanto rap­ porti burocratici. Francamente, anche am­ mettendo che si sia un po' esagerato, la denuncia è grave. Si continua a lavorare soltanto sulla terra già dissodata, e non si intende bonificare? Non si vuol dar vita nuova e prolifica a quei centri dove c’è bisogno della scintilla vivificatrice dell’as­ sistenza federale tecnica e propagandisti­ ca? Il tema è vecchio. E non soltanto per il settore motociclistico. Tuttavia si pre­ senta sempre attualissimo per una risolu­ zione favorevole. Siamo certi che il presi­ dente Bianchi, affronterà anche questa spinosa questione del Sud e nel senso mi­ gliore. Ma quante altre cose non dovrà siste­ mare Bianchi? Se molto è stato fatto mol­ tissimo c’è ancora da fare. La grande mas­ sa motociclistica italiana deve divenire una grande famiglia; deve sentirsi, nello ambito federale, non soltanto guidata, ma sorretta, tutelata. Tra le prime cose da rivedere c’è l’assicurazione dei corridori. Anzi^ bisognerà studiare una forma assicu­ rativa più ampia, che si estenda a tutti gli affiliati. Occorrerà dare alla massa moto­ ciclistica provvidenze, sia pure sotto forma ' organizzativa e assistenziale che invogli­ no tutti coloro che sono fuori dell’ambito

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federale ad affigliarsi, a dhenii. parte operante del motociclismo sportivo e turi­ stico nazionale. Troppo pochi sono i tesse­ rati: 42 mila su oltre 600 mila motocicli­ sti circolanti. Bianchi nella sua esposizione ha detto fra l'altro, che il Consiglio ha avuto sem­ pre di mira la causa dello sport in gene­ re, senza parzialità per nessuno. Bene. Vuol dire che se qualche deficienza — non tutto può essere perfetto — si è veri­ ficata, si riparerà in seguito. Dove non ci sentiamo di essere d'accordo con lui è quando dice che non si possono affiliare i micro-motoristi in quanto, questi non possono, per ora, considerarsi motociclisti veri e propri e che soltanto quando in essi si sarà formata una coscienza motociclisti­ ca si potrà spalancare loro la porta fede­ rale. Ci permettiamo di dissentire da que­ sta tesi. In primo luogo non ci sembra buona politica rifiutare una corrente di forze fresche che non domanda altro (an­ che al proprio bilancio...) che di passare dal ronzante motorino alla rombante mo­ tocicletta magari di 500 cm.; poi dire che ad essi manca una « coscienza motociclisti­ ca», di grazia, vorremmo proprio sapere se cotale coscienza si misura con i centi­ metri cubi del motore che si adopia o che si è in grado di comprare. Il comm. Bianchi è giovane. Ma si ri­ corderà certamente che le prime motoleg­ gere si chiamavano biciclette a motore e i cavalcatori di esse bicimotoristi. Anche allora si guardava dall’alto in basso a que­ sti mezzi... leggeri da parte dei motocicli­ sti che caracollavano baldanzosi sulle ci­ lindrate da 1000 cmc. Ma da parte fede­ rale non si trascurò di inquadrare le nuo­ ve forze. E a quanto ci ricordiamo, tanto per fare dei nomi, proprio dai bicimoto­ risti vennero fuori i Taruffi e i Rossetti. Dunque, anche la « pratica micro-motori­ stica » è da rivedere. Non si potrebbe, per essi, studiare una categoria a parte? Per­ chè lasciare questi appassionati del moto­ re fuori dell’ambito federale? Comunque son tutte cose, queste, che verranno attentamente vagliate, e risolte nella migliore maniera. Non è uomo Bian­ chi da fare orecchi da mercante a propo­ ste che vengono portate sul tappeto della discussione. Egli ha troppo a cuore lo svi­ luppo del motociclismo italiano. E poi co­ me non tener conto della vittoria morale ottenuta dalla relazione presidenziale in Congresso? Le opposizioni, le critiche sono state ad una ad una annullate. Anche se queste critiche d’opposizione partivano da temi che per il bene dell’organizza­ zione motoristica dovrebbero essere accet­ tati in blocco. Difatti, con molto buon senso. Bianchi ha detto che sarà lieto che gli oppositori di oggi siano i suoi collabo­ ratori più attivi di domani. E, speriamo, che cosi avvenga.

Come abbiamo detto in nostri preceden­ ti articoli il nostro motociclismo ha biso­ gno della più assidua cura federale. La motocicletta, non dimentichiamolo, da principio strumento di sport e di ve­ locità, è oggi un efficacissimo strumento di lavoro. Oggi la moto, merito precipuo delle industrie italiane, può marciale con sicurezza assoluta di rendimento e di con­ tinuità, su tutte le strade, su tutti i per­

coli. mche su quei « fuori snada » sui quali il cavallo può... impuntarsi e l’uomo a piedi arrancare faticosamente c con len­ tezza.

Allo sport, nei settori rcgolaristico e agonistico, si deve il progresso gigantesco della velocità motorizzata affidata all'equi­ librio folgorante sul filo di due ruote. Al­ lo sport e alle sue manifestazioni si deve la grande efficace propaganda in favore della moto.

Appena una ventina di anni orsono non si richiedeva dalla motocicletta, su lungo viaggio, una velocità superiore ai-10-50 chi­ lometri orari, anche se sui circuiti si pote­ vano vedere bolidi speciali correre oltre i cento: sul terreno pratico del traffico non si poteva esigere di più. Ma oggi abbiamo visto quali medie si possono raggiungere con tutta sicurezza di tenuta di strada. E la riconferma l’avremo nella annunciata ripresa della Milano-Taranto per la ef­ fettuazione della quale la Federazione ha ricevuto un cospicuo contributo da una casa costruttrice. Il giovane, l’uomo d’af­ fari non può non essere attratto da questo mezzo veloce ed... economico (per modo di dire! Comunque economico nei confronti delle automobili). Dieci e più anni di sport c di lotta internazionale ad oltran­ za hanno prodotto il pressoché perfetto strumento odierno. E ciò dobbiamo dirlo, per particolare merito (guardate i motoscoters) dello sforzo ideatore e costruttivo italiano. Il perchè della particolare cura che la moto ha avuto in Italia è analogo a quel­ lo che ha consigliato i nostri costruttori ad attendere più, in automobilismo, ai mo­ delli di piccole c leggere vetture che del­ le grandi. Economia di costo, di consumo di carburante, configurazione geografica e caratteristiche stradali; la necessità, la scarsezza di materia prima c di mezzi fi­ nanziari hanno aguzzato l’ingegno, fatto sprizzare l’estro inventivo, affinato, l’inge­ gnosità costruttiva, provocato la creazio­ ne di gioielli. Quei gioielli di moto indi­ menticabili, a partire dalle 125 di cilin­ drata, sino ad ottenere quelle 250 tipica­ mente italiane, superbe nella velocità co­ me umili nel consumo che prime ebberoconsacrazione di gloria al Tourist Trophy; coronate da un formidabile schiera­ mento di 500 crac. che dominano per ve­ locità, tenuta e robustezza. Emanuele Bianchi ha, tra l’altro, alla presenza dei delegati dei 382 moto clubs affiliati, degnamente commemorato i 35 caduti dello sport motociclistico. Ha ri­ cordato Castcllanza, perito a Monza, Banchini a Poggibonsi, Magni e tutti gli altri valorosi. Tutti gli illustri caduti di questo anno per la causa di quella « moto » che è uno degli strumenti preziosi del febrile lavoro odierno. Generoso sangue ha tinto di nuova porpora il gagliardetto dei <i centauri » che sono alla testa di un eser­ cito la cui essenza di vita ha la risolutiva rapidità di azione sui campi del lavoro, della produzione c dell’agonistica. I caduti si onorano e si perpetuano co­ si, facendo insegna della loro fede, del lo­ ro slancio, del loro sacrificio.

Marco Angelini


HI SISTEMA fi vera novità della stagione ,—calcistica in corso è da ricer­ carsi nell'indirizzo tecnico che, oggi, tutte le squadre della massima divi­ sione, seguono. Sistema è il nuovo verbo calcistico. Come è stato possibile arrivare a questa totalitaria adesione quando, al sito apparire, il sistema, fu deriso prima, e successivamente ostacolato e combattuto anche da tecnici e competenti di provato valore? Il naturale evolversi di ogni disci­ plina può essere ritardato, mai fermato. Così è stato anche per questa tattica di gioco che rappresenta un chiaro migliora­ mento nei confronti del metodo. L'alto di nascita del sistema, è rappre­ sentato dalla pattila giocata dalla nostra squadra nazionale, contro l’Inghilterra, nel lontano 1935. Il risultato, bugiardo nel punteggio, può avere illuso gli assen­ ti. non certo i presenti che poterono con­ statare, de viso, quanto netta fosse la su­ periorità di gioco dell’avversario sulla nostia formazione metodista. La partita di rivincita, giocatasi a Milano, non fece che dare conferma della constatazione effettuata sul campo londi­ nese. Con la scomparsa poi. dai campi di gioco, degli ultimi campioni della » ge­ nerazione felice » il metodo venne a svuo­ tarsi di ogni suo contenuto, ed ha così inizio la sua lenta fine. La nuova generazione, uscita dalla guerra, per necessità di cose, tecnicamen­ te povera, si è trovata, così, a cavallo, fra il morente metodo e l'ancor troppo gio­ vane sistema il quale, un po' perché agli inizi, molto perchè non corroborato da un apporlo tecnico da parte di chi incomin­ ciava a praticarlo, si trovò, piti vittima che colpevole, bersaglio delle piti aspre critiche. Chi seppe far tacere queste critiche iti lo scomparso « Torino » al quale va. fra gli altri, il merito di avere permesso al sistema di potersi affermare su larga sca­ la. Migliore alfiere non si poteva avere. Comunque, allo stato attuale delle cose, dobbiamo convenire che se gli inizi sono stati superati non per questo possiamo di­ re di avere raggiunto la mela. In fatto di sistema non parliamo an­ cora, tutti, lo stesso linguaggio, ci sono interpretazioni troppo personali, non si ha ancora una idea ben chiara, precisa e definita e dove maggiormente queste di­ scordanze affiorano è nella pratica attua­ zione di questa nuova tattica di gioco. Di­ ve, l'indirizzo sistemista essere rigido op­ pure elastico? Deve, cioè, l’avversario di-

non tutti parliamo lo stesso linguaggio

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corso di una stessa azione di gioco, deve essere ugualmente ed istantaneamente af­ ferrato dal giocatore stesso in modo da trovarsi sempre nella posizione migliore per prevenire ogni intervento dell'avver­ sario.

Ecco il sistema: si procede a coppie; ma come gli innamorati litigiosi...

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retto essere sottoposto a l imo stretto c severo controllo opp ile può godere di li­ na certa libertà... controllata? Ai fini dii gioco quest'ultimo caso dovrebbe es ere il solo ad attua-si. i i (pianto, ogni giocato­ re. pur dovendo sottostare a quelle che sono le ca-atteristic'ie fondamentali dell'indirizzo sistemata. deve avere una cer­ ta libertà di movimenti c non perdersi, in tutto il corso della gara, in un vano rincorrete l'uno, c sfuggire l'alno, il di­ retto avvcisario, alti intenti i giocatoli, controllore e controllato, non hanno più possibilità di mettere in mostra il meglio delle propiie qualità. Se il campito si li­ mita solo a distruggere, e tale diventa se ci si attiene esclusivamente, alla stretta marcatura, si viene a svuotare la vera es­ senza del gioco del calcio.. Per paralizzare ogni movimento del di­ retto avversario non occorie esserne il.à carceriere, seguirlo in ogni suo pasjio; l'avversario si puu e lo si deve isola.c con intelligenza, con un lavoro sottile di in tercettainento, di antic.po. Ecco che cosi si raggiunge il duplice scopo di elimina­ re il diretto avversa, io e nello stesso te-..po inette.e in mostra il meglio delle pro­ prie qualità, sia tecniche che agonistiche. È naturale che per fare ciò occorre che il giocatore sia in possesso di requisiti atletici superiori alla media comune; ed è naturale che, in carenza di elementi di valore, il livello del gioco ne lisenta. Ma, a parità di valori, l’indirizzo sistemista dà, al gioco, maggiore varietà, situazioni sem­ pre nuove ed impensate, il tutto poi so­ stenuto dal massimo rendimento sia atle­ tico che tecnico e tattico del giocatore. Volendo pur dare un peso relativo ai con­ fronti, non possiamo convenire che la ci­ fra di gioco, svolta nel quinquennio si-

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s’.emista granata, è stato di gran lunga stille iorc a quello svolto dalla Juventus, nel quinquennio bianco-nero, e tenere presente che l’undici juventino vantava nei confronti di quello granata un mag­ giore numero di clementi di elevata clas­ se. Nondimeno dobbiamo dire che gli ele­ menti base del giocatore metodista limangono tali, ed ugualmente necessari, al gio­ catore sistemista solamente che questo ha bisogno di una maggiore e ]più completa preparazione atletica ed uni più pronto adattamento ai diversi ruoli, in quanto 10 « scambio dei posti » è l'arma prima per sfuggire alla marcatura del proprio avversario. Si suole comunque dire che con il si­ stema i compiti del terzino centrale (nel metodo perno c fulcro di tutto il gioco della squadra) siano ridotti a bj.i poca cpsa. Errore, in quanto sia l'uno che l’al­ tro. operando nella zona più delicata del terreno di gioco non possono se non ave­ re sempre compiti di alta responsabilità. Indubbiamente il lavoro, in indirizzo si­ stemista, è oia meno giavoso, è diminuito 11 suo apporto al gioco offensivo ma, al contrario, è divenuto il perno di tutto lo impianto difensivo; il suo è ora, un lavo­ ro sottile, diffìcile, intelligente al massi­ mo dove, più che forza e polmoni ci vuo­ le cervello. Ma dove, particolarmente, vogliamo int.atiene.ci è sulla marcatura cui deve es­ sere sottoposto l'avversario nel senso che, se in determinati momenti è bene che sia stretta e serrata, in altri può e deve esse­ re piuttosto elastica; mentre, in altri an­ cona, il seguire l’avversario nelle sue scor­ ribande si viene ad incorrere in un vero e proprio errore tattico. Il fulmineo suc­ cedersi di queste diverse situazioni, nel

Soffermiamoci un istante sui diversi tempi cui deve essere ispirata la condotta del terzino di centro nei confronti del suo diretto avversario: piti questi rimane entro l'area di rigore e più ha bisogno di essere strettamente sorvegliato; se vi ri­ mane ai margini sorvegliato sempre, ma a distanza ravvicinata, se poi se ne allon­ tana. in misura sempre piti crescente, c l'azione gravita sempre nelle vicinanze della area di rigore, non lo si deve più seguire altrimenti si incorre in un mador­ nale errore tattico. Si viene cioè a lascia­ re sguarnita, della propria presenza, la propria area di rigore che in quel mo­ mento anche se la minaccia non è imme­ diata è pur sempre incombente. Con ciò vogliamo dire che in un deter­ minato istante non ci si deve piti preoc­ cupare dell’avversario diretto ma del ruo­ lo che copre, della zona del terreno di gioco in cui dovrebbe operare. Alfine di distogliere, il terzino di centro, dai suoi compiti prettamente difensivi, il centro attacco cosa fa? Cuoca arretrato con la chiara intenzione di risucchiarsi così il diretto avversario, ma con il vantaggio inestimabile di lasciare l'area di rigore sguarnita, del suo più prezioso difensore, a vantaggio dei propri compagni di linea. Niente di nuovo sotto il sole, il latto che il centro attacco giochi arretrato non è certo una novità portata dal sistema. In pieno periodo d’oro metodista ricordo che la prima linea dello Sparla, di Piaga, gui­ data. allora, dal fortissimo belga Braille, si disponeva ad arco concavo rispetto al­ la difesa avversaria e ciò appunto per sconvolgere i piani tattici di noi difenso­ ri, e guai lasciarsi adescare! Anche il terzino d’ala non deve lasciar­ si risucchiare dal suo diretto avversario se questi gioca molto arretrato ;al contrario lo deve sempre seguire nelle scorribande che costui tenta nel senso trasversale del campo in quanto esso ricorre a questo stratagemma alfìn di sottrarsi sì all’avver­ sario, ma soprattutto per avvicinarsi mag­ giormente all’arca di rigore e, possibil­ mente, senza «angelo custode", il che porterebbe ad un uomo libero, in area di rigore, o immediate vicinanze. Nei lunghi anni della mia attività cal­ cistica spesso mi capitava di essere supera­ to, specie nelle azioni di contrattacco, dal mio diretto avversario d’ala. Orbene se questi puntava direttamente a rete allo­ ra, se non interveniva il mio compagno di linea, erano guai, ma sovente, e non certo intelligentemente, il mio avversario, proseguiva nella sua corsa lungo la linea laterale con l'intenzione, evidente, di crossare poi, al centro. In tal caso io non lo seguivo ma puntavo direttamente ver­ so la mia area di rigore e ciò con non po­ ca sorpresa da parte dei miei stessi com­ pagni. Ma il mio ragionamento era chia­ ro e semplice: arrivare nell’area di rigo­ re. possibilmente, prima che vi giunges­ se il pallone.

Paolo Agosteo (ex tenino nizurro)

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I GIOVANI MLLÌTLETICI <1 i

Terminala ormai la stagione agonistica dell'atletica leggera, dirigenti e tecnici stanno lavorando per approntare i piani di attività per l’anno venturo. Mentre il 1949 è servito per dare una nuova impo­ stazione ai quadri maggiori, il 1950 do­ vrà affinare le qualità degli atleti maggio­ ri per i quali si prospetta una grande competizione: i Campionati Europei a Bruxelles. Tenuto conto degli innegabili ed ecce­ zionali progressi compiuti in tutte le na­ zioni, è evidente come, fin d'ora, la ma­ nifestazione in Belgio si presenti ardua per i nostri rappresentanti. Giustamente la Fidai si sta preoccupan­ do di questo ed ha stabilito appunto particolari disposizioni, affinchè gli azzur­ ri. che saranno prescelti per Bruxelles, possano presentarsi nelle migliori condi­ zioni possibile c tenere cosi alti i nostri colori.

Anchc noi siamo perfettamente allineati con i tecnici della Federazione di atletica. I Campionati d’Europa saranno non certo facili per i nostri c sarà utile prepararsi degnamente per quelle specialità in cui gli atleti italiani potranno avere possibi­ lità di onorevole piazzamento, se non ad­ dirittura di vittoria. Vogliamo però richiamare l'attenzione non solo dei dirigenti, ma anche dei tecni­ ci sulla più vasta situazione del nostro atletismo.

Senza voler nulla rimproverare ad alcu­ no, vogliamo cioè rammentare di non puntare con tutte le forze sul solo, sia pu­ re grande, obbiettivo dei Campionati Eu­ ropei. Andranno a Bruxelles, infatti, da venti a trenta nostri atleti, ma resterà in Italia una massa non indifferente di altri elementi, parecchi dei quali giovani, gran parte vere speranze per i Giochi Olimpi­ ci del 1952. Il compito dei dirigenti non sarà quin­ di solamente quello di ottenere una no­ stra buona affermazione nel Belgio, ma sarà assai più vasto e più largo. Stiamo purtroppo notando una eccessiva mania che possiamo chiamare di « campioni' smo » in talune sfere direttive, mania che fa spesso trascurare le giuste ed anzi ne­ cessarie esigenze di una vastissima massa di appassionati e di praticanti. Cerchiamo di, spiegare il nostro con­ cetto.

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Ciri a c li i

Il campione dell'atletica leggera è. nel novantanove per cento dei casi, prodotto di selezione da una grande quantità di atleti. Ora. se la propaganda per l'atletica leggera non viene sempre curata come de­ ve, se non ha le sue vaste c capillari ma­ nifestazioni ben difficilmente si raggiun­ ge lo scopo. I campioni che oggi abbiamo — ed in verità non sono molti, rispetto a quelli delle altre maggiori nazioni euro­ pee — dovranno in genere, in un giorno non lontano, cedere la posizione di privi­ legio. se non in campo nazionale certa­ mente in quello internazionale. Spesse volte, dopo ore ed ore di inutili Abbiamo pronti, in tutte le specialità, giovani capaci di colmare i vuoti che veiranno certamente a verificarsi? Nella stagione teste terminata è stato svolto in Italia un buon lavoro di reclu­ tamento e di propaganda: Campionati studenteschi. G. 1’. dei Giovani, Sfera di \rgento. G. P. Mezzofondo, leve giova­ nili. tornei goliardici, hanno portato in­ dubbiamente qualche buon frutto ed anche qualche eccellente risultato. For­ se possiamo affermare di intravedere già, tra gli atleti migliori seleziona­ ti da queste manifestazioni, qualche cam­ pione in erba, qualche ragazzo dotato di quella classe che potrebbe permettergli di indossare la maglia azzurra ad Helsinki. Ma (pianto è stato fatto ci sembra non sia ancora sufficiente.

Ad esempio, il contributo delle grandi masse studentesche è stato relativamente scarso, in rapporto all'elevato numero di ragazzi. Ed entra qui un altro ragionamento. La atletica leggera non deve essere considera­ la — è bene ripeterlo ad ogni occasione — uno sport a sè. Una certa esasperazio­ ne. quando pensiamo ad altre attività sportive, ci farebbe addirittura affermare che. più che la ricerca dei campioni, l’a­ tletica leggera deve esser intesa come sa­ lutare esercizio fisico, come base indispen­ sabile per ogni altra forma di sport, Oia se domandate alla gran massa dei giova­ ni dai 14 ai 18 anni quanti possano esser tra loro i praticanti dell’atletica leggera avrete certo una risposta sconfortante.

Ecco perchè anche se abbiamo afferma­ to come il lavoro di propaganda della sta­ gione 1949 è stato scarso e come invece sia necessario potenziarlo, senza perderlo mai di vista. Ecco perchè insistiamo nel con­ sigliare ai tecnici c dirigenti di non pun­ tare con tutte le loto forze all’eletto grup-

po degli azzurri per Bruxelles, ma di ri­ servare anzi una gran parte di energie e di mezzi alla cura ed al perfezionamento delle masse giovanili.

Chi si interessa dell’atletica leggera ha anche una missione. Non deve solamente appagarsi del risultato maiuscolo di que­ sto o quel campione, di una vittoria o di un eccellente piazzamento.

Giustissima soddisfazione anche questa, ma necessaria di essere confortata da un complesso di buon lavoro per i giovani.

Comprendiamo spesso l’entusiasmo ed anche la responsabilità di molti dirigenti, ma in fondo la loro maggiore soddisfazio­ ne deve esser quella di aver bene merita­ to per la causa dello sport.

Cosa chiediamo dunque di preciso pol­ lo sviluppo dell'atletica leggera fra i gio­ vani? Che vengano potenziate, e possibil­ mente sviluppate, le manifestazioni già organizzate nella stagione 1949, che poi ne siano indette altre, soprattutto per risve­ gliare passione ed interesse tra gli studen­ ti. Si può ottenere certamente assai di più, sotto ogni aspetto, ed i benefici si peseran­ no non solo dal punto di vista della sa­ nità fisica, ma anche, c specialmente, da quello della morale. Deve spettare anche alla FIDAL questo compito educativo, tanto più tenendo pre­ sente la necessità deH’atlctismo italiano di poter disporre di un maggiore numero di elementi di primissimo piano, ai quali spetta anche il compito di creare, con il fascino derivante dalle loro imprese, la strada migliore e più facile per una affer­ mazione della specialità basilare. Ed ora. poiché ci siamo rivolti alla F.I. D.A.L.. vorremmo consigliarne i dirigenti a trovare un sistema per incoraggiare ed anche per premiare parecchi di quegli oscuri lavoratori dello sport i quali con ammirevole tenacia, alimentata solamente da una grande passione, trovano tempo c mezzi per diffondere le basi prime dell’a­ tletismo c riescono a portare negli stadi, nuovi clementi e talvolta a scovare persino qualche campione.

Tanto per fare qualche esempio; sapete a chi spetta il merito dì aver • creato • un giovane atleta sul quale si appuntano tante speranze dei tecnici, il mezzofondi­ sta Tagliapictra? Esclusivamente al prof. Bovi, che ha forgiato l'atleta e l'ha porta­ to veramente alla ribalta della notorietà. Come il prof. Bovi ci sono in Italia pa­ recchi appassionati c competenti che dan­ no il loro contributo, in genere sconosciu­ to a tutti, di capacità e di volontà. Sarà bene ricordarsi di questi benemeri­ ti, sarà bene dar loro un riconoscimento del merito.

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Ora che è chiusa la stagione atletica occorre provvedere alla futura attività I

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atletica oramai sta chiudendo i batlen.

ti e compilando i suoi bilanci. La ?./. L D.A.L. dà mano agli allenamenti colle­ giali e gli atleti ripongono le scalpine nel­ l'armadio in attesa di ricalzarle non appe­ na l’aria si intiepidisca. I tecnici discutono attorno i risultati raggiunti e si preoccupano di quello che si potrà fare il prossimo anno, quan­ do gli atleti nostri saranno chiamati a di sputare a Brusselle i canipionati europei quei campionati che, creati dall’Italia nel 1934 — la prima sede di disputa fu Lorino — servono ora magnificamente ad in­ dicare la strada da seguire per migliorarli i risultati nelle Olimpiadi che seguiranno. E la prima Olimpiade, dopo i campione ti europei di Brusselle, sarà quella di He! sinki. I risultati della stagione testé chiusa allineati l’uno a fianco dell'altro con ac canto la data nella quale vennero conse guiti, servono anche a fissare la data in cui un atleta ha raggiunto il suo migliai grado di forma e siccome l'epoca ideale dovrebbe coincidere con quella delle Olimpiadi, se ciò non si è verificato occor rerà studiare il modo per compiere Palli neamento fra le due date.

L'epoca della forma migliore

È questo, a nostro modo di vedere, tl iato più difficile, se non il più interessan­ te dell'atletica: arrivare cioè a mettere in forma un campione per la data delle ma­ nifestazioni classiche, che coincidono ge­ neralmente con i mesi estivi. Del resto è proprio nei mesi caldi che i muscoli si sciolgono facilmente, il peso specifico dell'atleta trova il suo equilibrio, il corpo è asciutto avendo perduto il grasso super­ fluo, si fatica meno per mettersi in pres­ sione, il gesto atletico ha una spontaneità che rende più facile lo sforzo per seguir­ lo e maggiormente reddittizio lo slancio. Sulla possibilità di far raggiungere agli atleti la loro miglior forma nell’epoca de­ siderata, vi sono studi interessanti com­ piuti quasi tutti seguendo la curva dei ri­ sultati che si vanno registrando gara per gara e ci ricordiamo che lo stesso Luigi Beccali, il quale poi doveva raggiungere

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<Ii Filici Ferrarlo


a Los Angeles quella bella e clamorosa vittoria nei 1500 metri che tulli ricordia­ mo, faticò assai a stabilire la quan­ tità di lavoro che egli doveva eseguire per far coincidere il suo miglior grado di for­ ma con l'epoca delle Olimpiadi, vale a di­ re con i mesi estivi, durante i quali ba­ sta però uno sforzo maggiore di quello abituale per distruggere d’un colpo tutto il lavoro compiuto per lunghi mesi. Quello che ci ha portato ad occuparci del problema nell’intento soprattutto di farci leggere dai giovani che praticano da poco l'atletica e che vanno cercando una via precisa da seguire negli allenamenti, è il fatto che compilando il bilancio della stagione testé chiusa abbiamo amila la im­ pressione che i nostri campioni non ab­ biano toccata la loro forma migliore nel periodo estivo. Basterebbero per tutti, gli esempi del prestigioso Siddi ■ /’« uomo vo­ lante » del nostro atletismo ■ e di Taddta, il classico lanciatore di martello per eccel­ lenza, per dimostrare quanto sia vera la nostra asserzione. .Mentre difatti Siddi conseguiva il suo miglior tempo sui 400 metri, a stagione inoìtrata, l’altro migliorava il primato italiano al 4 novembre. Per questi due alieti non si può dire che i loro risultati di eccellenza vennero tardivamente rag­ gi unii a stagione avanzata perchè solo al­ lora entrarono in possesso di uno stile suf­ ficientemente redditizio-, si tratta infatti di due atleti già formati e quindi nelle condizioni di trovarsi perfettamente impo­ stati in fatto di stile quando la stagione è nel vivo, perchè se non fosse così dovre­ mo aggiungere che i due palesano dei di­ ’i Illillfetti tali che, dati gli anni nei quali tono nell’atletica, riuscirà assai difficile far ora scomparire. A nostro giudizio i due non hanno fat­ to coincidere il periodo di loro migliore rendimento con la stagione e di conse­ guenza bisognerà che in avvenire seguano più attentamente la loro preparazione.

Salute fisica, grandi risultati

Quand’è che un atleta è nella sua forma migliore? Un campione si accorge di trovarsi nella sua forma migliore quando i suoi muscoli sono asciutti, a fior di pelle; allorché non accusa fatica a compiere uno sforzo, la sua azione di corsa è facile, o facile il suo ge­ sto se si tratta di un lanciatore o di un saltatore; quando ha perfettamente assi­ milato lo stile migliore e quindi l'eserci­ zio atletico gli riesce spontaneo e allorché il peso del suo corpo corrisponde a quel­ lo normale. L'atleta in tale epoca, avrà tutte le sue energie fresche e di consegueti. za tutto gli tornerà facile. Non è però a'trettanto facile mantene­ re costantemente la buona forma ed ecco perchè occorre approfittare di tale epoca per raggiungere i risultati migliori. Infat. ti sarà sufficiente rallentare l’allenamento oppure intensificarlo eccessivamente per sciupare il sistema nervoso o intorpidire i muscoli ed ecco perchè proprio allora sa­ rà bene avere la cura migliore del proprio lavoro e controllare quotidianamente il peso. Gli atleti nella loro grande maggioran­ za, non hanno l’abitudine al peso, cioè

non controllano, sia prima dell'allena­ mento sia dopo l'allenamento o la gara, il proprio peso. Pochi sanno che durante un allenamento severo un atleta perde circa Ire chili del suo peso normale e cosi avvie­ ne durante la gara, perdita di peso che vie­ ne ricuperata attraverso la alimentazione ed il riposo. Naturalmente se nel periodo in cui un atleta è nella sua forma migliore non ricupera il peso perduto fra un allena­ mento e l'altro o fra una gara e l’altra, si­ gnifica che qualche cosa del suo corpo non funziona, perchè non vi è più la de­ siderata assimilazione. Ciò può dipendere tanto dal troppo lavoro, quanto dall'ec­ cessiva fatica, tutte cose che non si risol­ vono però troncando il lavoro, il che po­ trebbe significare un eccessivo aumento di peso, ma anche con qualche consiglio del medico, che è il solo nelle condizioni di consigliare rimedi per ridare al nostro fisico la sua freschezza. Spiegato quali sintomi dicono all’atleta che egli è nella sua migliore forma, ve­ diamo un po' come si raggiunge il massi­ mo del rendimento. Grave errore è quello di ritenere di po­ tersi mettere in forma in breve tempo. In­ fatti un rapido grado di messa in forma, presuppone un lavoro intenso e tale lavo­ ro sciupa i muscoli, consuma le energie, logora il fisico costretto ad una fatica ec­ cessiva. Ecco perchè quasi sempre un la­ voro intenso ottiene l'effetto contrario di quello desiderato. Fisico sempre fresco

È necessario dunque compilare un pro­ gramma di attività che porti a poco a poco’ ad aumentare il proprio lavoro senza scos­ se al fisico. Il controllo del peso è il mi­ glior giudice, perchè l’atleta sa quale è il1 suo peso specifico e deve cercare di rag­ giungerlo per gradi. Ad ogni seduta di al­ lenamento che porta ad una perdita di peso, deve corrispondere un recupero. Na­ turalmente se questo recupero non avvie­ ne o avviene in quantità minima, è segno che il lavoro è eccessivo, se invece porta ad avvicinarsi man mano al peso specifi­ co, allora ciò indica che si è sulla via buona. Vi è dunque il controllo del peso, ma vi è la stanchezza che regola il lavoro. In­ dubbiamente dopo una seduta di allena­ mento, (le prime della ripresa della , sta­ gione sono faticose, perchè si tratta di le­ varsi d'addosso tutto il grasso accumulato durante l’inverno) ogni individuo si sen­ te un po' stanco, ma questa stanchezza an­ drà scomparendo man mano che l’allena­ mento procede e si arriverà al giorno in cui dopo una seduta di allenamento, ba­ sterà una doccia calda ristoratrice, perchè tutta la fatica scompaia e al giorno dopo l'atleta si senta nelle condizioni di rico­ minciare da capo. L’allenamento non deve essere insomma per un atleta già formato o che si va for­ mando, una fatica che sciupa il fisico, ma un mezzo per ristorare il fisico, per abi­ tuarlo allo sforzo, per assimilare lo stile, per potenziarlo ed ecco perchè la quantità di lavoro va aumentata gradualmente man mano che la stagione si va inoltran­ do e si raggiungono i mesi di maggioi rendimento.

Così come il lavoro va aumentando per gradi, dovrà anche diminuire per gradi perché se tale lavoro è intenso nei mesi ancora freddi o tiepidi, deve calare nei mesi caldi, poiché il fisico attraverso il caldo affronta già una parte di quella fa­ tica che viene subita durante gli allena­ menti. Quando va iniziato il lavoro per rag­ giungere in periodo estivo la forma mi­ gliore? Diremo subito che per un atleta non esistc riposo in fatto di allenamento, ma può esistere solamente una pausa agonisti­ ca, cioè una diminuzione e qualche volta anche l'arresto del periodo di gare. Ecco perchè d’inverno — sosta agonistica — vengono consigliate le corse campestri, che costituiscono per l'atleta un lavoro di al­ lenamento attraverso la gara, oppure gli esercizi di palestra, che sono un altro si­ stema di lavoro perchè durante l’inverno i muscoli non si fascino di grasso e non perdano la loro abituale agilità. Anticipare l’inizio del lavoro

Parlando a suo tempo di Gordien pri­ matista mondiale di lancio del disco, vi abbiamo detto che egli, per raggiungere il suo miglior grado di forma a luglio, aveva lavorato tutto l’inverno in California, cioè in una zona a clima caldo. Cioè egli aveva avuto paura di un eccessivo aumen­ to di peso, nel quale caso per raggiungere poi il peso specifico, occorre o un lavoro intenso a stagione inoltrata quando il freddo impedisce di raggiungere i migliori risultati. Non fermarsi completamente dunque durante l’inverno, per non impigrire tutto il corpo e gradurre il lavoro, compresa la partecipazione alle gare, in modo tale da raggiungere scioltezza di muscoli ed agi­ lità e freschezza e potenza nei mesi di lu­ glio ed agosto. Il lavoro ben disciplinato permetterà agli atleti di raggiungere un buon grado di forma-, ma occorre attenzione massima ad un ben congegnato programma.

Lo sport non sarebbe oggi quel per­ fettissimo ed organizzato strumento che è — sarebbe una cosa empirica e senza regolarità — se mancasse dei suoi giudici.

Molto spesso, anzi quasi sempre, sfuggono al grosso pubblico e persi­ no ai più. appassionati degli sportivi queste figure in apparenza di secondo piano, ma che invece sono le basi fon­ damentali delle competizioni, perchè danno ad esse quel crisma della rego­ larità. senza di che verrebbero a per­ dere la più gran parte del loro valore.

H giudice dello sport merita il più ampio elogio e la maggiore ricono­ scenza da parte degli sportivi. Prossi­ mamente parleremo del • giudice spor­

tivo * con un ampio articolo dì Luigi Terrario.

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Gli sport dell’antica Roma erano grandiosi spettacoli

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e potrebbero 'esserlo ancora oggi se lo si volesse Il collega Guglielmo Ceroni, pre­ sidente del Sindacato Romano Cronisti, autore di pregevoli opere su Roma antica, noto e colto « ro­ manista » (parliamo dei « romani­ sti » studiosi della storia e dell'ar­ te di Roma e non dei « tifosi giallo­ rossi »), ha scritto per ■> Stadium » questo interessante articolo, primo di una serie, sui singoli sports e sull'attrezzatura sportiva della Ro­ ma repubblicana e imperiale, che verremo man mano a pubblicare.

Quando si parla di grandi ma­ nifestazioni spettacolari per mas­ se, di solito non si tiene conto del­ l'apporto che in qziesto campo può dare lo sport. Lo sport inteso co­ me manifestazione popolare è uno spettacolo. Tale lo intendevano, per esempio, i Romani così attenti e solleciti a tutte le arti sportive al punto da innalzare al fastigio dell’altare pagano l’atleta, l’auri­ ga e persino il gladiatore. Nell’antichità non si concepiva quasi spettacolo senza la parteci­ pazione di quello che oggi può de­ finirsi « il tifo » sportivo; persino gli spettacoli teatrali avevano questo attributo che loro confe­ riva l’attenzione degli spettatori i quali ravvisavano nei personag­ gi e nelle battute allusioni ai loro tempi. Si potrebbe dire che tutto quanto era spettacolo nell’antica Roma fosse attinente ai tempi che si vivevano. Spettacolo era il trion­ fo dei consoli e dei generali che sfilavano sulla Via Appia reduci dalle vittorie di Tracia, del Metaponto, di Germania, di Gallia o di Britannia. Spettacolo era la lotta dei gladiatori; spettacolo la « Pompa » sacra che sfilava nei pronao dei templi; spettacolo la corsa degli aurighi che ha costi­ tuito per lungo volgere di secoli la quintessenza dello sport presso i Romani, circondata dalla passio­ ne popolare che forse nei giorni nostri non ha riscontrato nemme­ no nelle grandi partite di calcio internazionale. Gli stessi monumenti 'dell’anti­ ca Roma ci parlano di questa dif­ fusione dello spettacolo sportivo: il Circo Massimo è l’esempio più solenne di costruzione circense. L’arena era lunga 568 metri e la lunghezza totale del Circo era di 600 metri; la sua larghezza da 75 ad 87 metri; la spina misurava

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344 metri; la larghezza della ca­ vea 27 metri; poteva contenere nell’epoca di Augusto 150 mila persone! Un raffronto con lo Sta­ dio di Los Angeles che è il mag­ giore del mondo ci dà le seguenti misure: lunghezza dello stadio americano 207 metri, largo 89, gra­ dinate profondità 60 metri, ca­ pienza 105 mila spettatori. Ma Roma non si limitava agli Stadi i cui avanzi sono giunti si­ no a noi e tra i quali è da anno­ verarsi il Circo di Massenzio sull’Appia Antica lungo mezzo chi­ lometro e largo 80 metri e che è l’unico esempio di costruzione cir­ cense giunta a noi intatta; bisogna ricordare altre imponenti costru­ zioni. Quale il Circo Flaminio edificato dal Console C. Flaminio tra l’attuale piazza Paganica e la piazza dell’Ara Coeli. Il Circo di Flora eretto in onore della Prima­ vera là ove è oggi la Piazza Bar­ berini; il Circo di Domiziano per l’estensione di Piazza Navona, ca­ pace ai suoi tempi di 30 mila spet­ tatori, per limitarci solo ai mag­ giori. I Circhi erano dedicati alle corse delle bighe, delle quadrighe, ma erano anche eretti per gli al­ tri sport i cui incontri, le cui ma­ nifestazioni avevano luogo tra una corsa e l’altra. Il pugilato, la scherma con la daga, la corsa a piedi, la corsa a cavallo erano gli sport preferiti insieme al lancio del disco {importato dall’atletica greca) e del giavellotto. Nè va confuso lo sport tipico con quelle manifestazioni che avevano luogo al Colosseo o negli anfiteatri eretti per gli incontri tra gladiatori e per le naumachie. I Romani distinguevano tra le due specie di spettacoli, ma si può dire che, salvo alcune epoche di particolare crudeltà, gli stessi in­ contri tra gladiatori si limitavano alla destrezza e non giungevano sino al sangue. Che lo sport fosse un grande spettacolo di massa popolare lo dimostra la descrizione ohe si può trarre dagli storici e dai cronisti dell’epoca. Vediamo come avveniva una corsa al Circo: l’avvenimento era semvre fastoso e festoso insieme. La folla conveniva al Circo a tor­

me numerose anche cinque o sei ore prima che lo spettacolo aves­ se inizio. Intorno al Circo una fol­ la di venditori ambulanti offriva rustiche focacce di miele, semi di zucca, borracce di sidro, di vino, e dolciumi. Circa mezz’ora prima che lo spettacolo avesse inizio giungeva al Circo l’imperatore col seguito. Da questo momento ogni cittadino cominciava con grande strepito a « tifare » — come si di­ rebbe oggi — per i colori degli au­ righi preferiti {«albata» o bian­ chi, « russata » o rossi, « presina » o verdi, «veneta» o azzurri). Spes­ so l’imperatore parteggiava per aurighi men cari alla folla e, que­ sta allora, manifestava a gran vo­ ce il suo disappunto poiché è no­ to che al Circo la folla aveva la più ampia libertà di espressione di fronte allo stesso imperatore. Subito dopo l’ingresso dell’im­ peratore veniva distesa sul Circo la tenda per riparare i presenti dai raggi troppo cocenti del sole. Era come un segnale. Dall’esterno giungeva all’interno del Circo la eco delle acclamazioni della folla assiepata lungo il passaggio della « pompa » o processione che ac­ compagnava il « magister » {ma­ gistrato) dei giuochi. Il corteo era fastoso: precede­ vano suonatori di trombe o d’altri strumenti musicali, seguivano por­ tatori di vasi d’oro e d’argento con i profumi per i sacrifici. Ecco, quindi, il « magister » vestito co­ me un trionfatore con in pugno uno scettro d’avorio sormontato da un’aquila. Un efebo gli teneva so­ spesa sul capo una corona d’oro tempestata di pietre preziose: in­ torno al carro del « magister » ca­ valcavano alti magistrati ed i fi­ gli dei nobili e dei militari. Segui­ vano in pompa magna i sacerdo­ ti con i simboli degli dèi romani; quindi un codazzo di atleti dei più vari sports, di cantori, di poeti, e persino di comici e danzatori che dovevano divertire la folla. Di seguito venivano recati i si­ mulacri delle divinità alle quali erano dedicati i « ludi » di quel giorno. P corteo sfilava nel Circo. Quin­ di ; sacerdoti prendevano posto sulla spina ed il « magister » salu-

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tato l’imperatore, ed ■ il popolo prendeva posto sul suo seggio ed ordinava l’inizio della gara. A questo punto al clamore suc­ cedeva un silenzio profondo. En­ travano allora gli aurighi sui car­ ri leggeri a due ruote, trainati da due, tre, quattro e persino 10 ca­ valli. I carri erano riccamente ornati e gli aurighi si distingueva­ no dal colore della corta tunica' che indossavano. Fatta l’estrazione della prima corsa gli aurighi andavano a col­ locarsi nelle rimesse o « carceres » in attesa del segnale di partenza. Ora il « magister » ed il pretore si recavano insieme dinnanzi alla tribuna imperiale invitando l’im­ peratore a dare il segnale della partenza. L’Imperatore allora si sporgeva dalla balaustra del pulvinare te­ nendo bene in alto, in modo che

fosse visibile a tutto il Circo, la « mappa » o panno bianco. Quindi, la agitava. Contemporaneamente squillavavano le trombe, i cancelli delle « carceres » si sva lanca va no ed a corsa sfrenata gli aurighi entrava­ no in pista, doppiavano l’« alba li­ nea » il cui nastro cadeva dando ai giudici il segnale che da quel momento si era iniziata la corsa vera e propria. I giudici collocati presso la spi­ na, vicino alla mèta, calcolavano i giri dei carri con le uova e con i « delfini », I vincitori venivano infine ac­ compagnati al podio imperiale ove ricevevano la palma tradizionale che veniva staccata da un tronco ergentesi sulla spina. Tra una corsa e l’altra si svol­ gevano altre gare: cavalieri abi­ lissimi che nel colmo della veloci-

tà saltavano da un cavallo all’al­ tro; gare podistiche di « batterie » di atleti; gare di lotta, dì salto, di pugilato completavano lo spetta­ colo. A questo punto noi moderni possiamo chiederci: in questa Ro­ ma che ha così possenti monumen­ ti, che ha così singolare tradizio­ ne, si stenta, dunque, tanto a tro­ vare l’antica strada per ridare vita a spettacoli di massa che entrereb­ bero nell’orbita delle attrazioni turìstiche? S’immagini la ricostru­ zione di una corsa al Circo am­ bientata nello Stadio di Massenzio; la festosa sfilata della «pompa»; il contorno delle Itici, dei costumi, delle musiche che farebbero di ta­ le ricostruzione un indimenticabi­ le spettacolo arricchito da tutti gli accorgimenti che la regìa e la tec­ nica moderna consentono. CftUglielmo Ceroni

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flfflh SI’ORT IL problema visto da uno sportivo Non è certo cosa facile analizzare in rapida sintesi gli aspetti numerosi e di­ versi di un problema che è molto più complesso di quanto non possa sembra­ re a prima vista, ma abbiamo la spe­ ranza di poter per lo meno creare quel.l’ambiente necessario per risvegliare l’interesse che il tema riveste. Il problema del film sportivo è bene venga vivisezionato da uno sportivo, che •dello sport conosce profondamente la materia e che ha vissuto veramente la vi­ ta degli atleti di tutte le specialità nei vari settori, dove la lotta per il <> prima­ to » crea lo stimolo principale che dà vi­ ta ad un complesso di episodi non facil­ mente tratteggiabili, ma sempre interes­ santi c spettacolari c quindi degni di es­ sere portati sul piano di spettacolo per la massa. Sarebbe cosa facile affrontare la mate­ ria iniziando con la critica, sia pure se­ rena, di ciò che è stato fatto e di ciò, che, pur potendolo, non si è fatto; ma allora l’argomento subirebbe una deviazione e lo scopo che noi perseguiamo anziché es­ sere raggiunto verrebbe evitato e forse falsato. Sarà bene che queste righe provochino la sassaiola delle critiche e delle propo­ ste. perchè se entrambe saranno genuina­ mente positive porteranno un prezioso materiale costruttivo, che faciliterà note­ volmente il raggiungimento del fine. Con serenità possiamo affermare che il film sportivo non ha trovato ancora, nè in Italia né altrove, la sua applicazione integrale, anche se spesso e a varie ripre­ se, la stampa e la critica hanno tentato di presentare come tale qualche lavoro che pur racchiudendo in sè il tema spor­ tivo, di trama sportiva non ne aveva af­ filio e'lo sport non figurava che quale complemento molto spesso efficace ai soli fini pubblicitari della pellicola. La elencazione dei film pseudo sporti­ vi, che sono stati fino ad oggi program­ mati, ci porterebbe completamente fuori strada, perchè provocherebbe una anali­ si dettagliata di ciascuno, che sul piano puramente sportivo, sarebbe loro sfavore­ vole, ed allora subentrerebbe la relazione di evitare. Saremmo tentati di elencare molti «perchè», ma gli interrogativi darebbe­ ro l'impressione di solo chiedere, mentre noi desideriamo contribuire allo studio del problema e ovviare, almeno in parte, alla lacuna che l’arte cinematografica non è ancora riuscita a colmare. Molteplici sono i motivi per cui non è stato realiz­ zato il film sportivo, ma i basilari, secon­ do noi, sono i seguenti: — poca o nessuna convinzione sulla ef­ ficacia commerciale del film sportivo da parte dei produttori e dei registi, che in

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tale modo non hanno mai voluto » ten­ tare » resperimento. — mancanza di soggetti a carattere sportivo, perchè ideati c scritti o da puri sportivi, che non avevano, appunto per­ chè tali, la chiara visione delle esigenze cinematografiche c commerciali del copio­ ne; o da scrittori che pur avendo inqua­ drato il soggetto dal punto di vista pro­ duttivo, non ne avevano curata, per la poca o nessuna conoscenza della materia, la efficacia sportiva. — Difficoltà di trovare fra i registi, sce­ neggiatori c attori, elementi all’altezza di « sentire » e quindi rendere « sportivo » un soggetto cinematografico. Dobbiamo peraltro riconoscere che lo ambiente sportivo, anche in campo inter­ nazionale, è venuto completamente a mancare e non si è mai curato dell’importante problema, mentre non venivano trascurati ai moderni giuochi olimpici i bandi per i concorsi nel campo della let­ teratura, della architettura, della scultu­ ra, della pittura e della musica. Occorre quindi provocare una più appassionata e lucida attenzione degli artisti in genere, intorno al fenomeno sociale dello sport, per cogliere nei suoi aspetti e motivi, in­ sieme alla sua inequivocabile esperienza estetica, quella sua impareggiabile forza interiore che mantiene viva e propaga li­ na sana tradizione. Bisogna aderire con intelligenza e genialità ai tempi ed alle nuove necessità umane di cui lo sport è un indice, un simbolo ed un esponente. La pellicola sportiva può essere di pa­ recchi tipi, oltre la documentaria che pel­ ota esula dalla nostra dissertazione. Tut­ ta la gamma del drammatico, del senti­ mentale, del comico ed anche dell’eroico, (perchè lo sport ia molti suoi aspetti è eroismo), può trovare il suo sviluppo com­ pleto ma, come abbiamo detto, occorre in­ nanzitutto che l’autore del soggetto cono­ sca profondamente la materia sportiva che deve trattare. Non è assolutamente ammissibile, ed il pubblico non lo perdonerebbe, che in un film sportivo venissero trascurati i cano­ ni fondamentali che disciplinano l’atti­ vità fisica, la quale è stata codificata in modo tale, che un profano potrebbe de­ finire esagerato. Ecco perchè in quasi tutti i film, dove lo sport faceva capolino, una gran parte degli spettatori ha trovato modo di cri­ ticare gli sviluppi dei vari episodi, per­ chè trattati con criteri, non conformi al­ l’ortodossia dello sport, e che pertanto crano facilmente individuabili da tutti gli spettatori appassionati sportivi. Trovare un autore che conosca a fon­ do i problemi sportivi può essere diffìci­ le, ma il compito può venire facilitato

con l'intervento di uno o più tecnici, i cui consigli, in materia sportiva, serviranno all’autore per sviluppare la trama detta­ tagli dalla fantasia, adattandola alla real­ tà del dinamismo sportivo. E cosi dicasi poi per tutto quanto ri­ guarda la laboriosa organizzazione e pre­ parazione del film, che deve essere segui­ ta sempre dai tecnici sportivi, specie nei dettagli che possono sembrare di lieve entità. Che dire poi del regista? Egli, più che l'autore del soggetto, si rende responsa­ bile dell’esatta interpretazione e deve es­ sere costantemente affiancato da clementi che sappiano sempre consigliarlo perchè la voce « sport » si mantenga in primo piano e possa quindi dare la voluta e ne­ cessaria impronta al film sportivo. Collaborazione quindi; fra autori, sce­ neggiatori, operatori, attori c registi ed i competenti sportivi, e da questa collaborazione attiva, il film a soggetto sportivo potrà effettivamente nascere, così come lo vuole la folla che assiste con periodica assiduità a tutti gli spettacoli sportivi; così come lo vuole la gioventù attanaglia­ ta dal morbo sportivo che non guarisce c lascia sempre una traccia di sè anche quando altri impegni, altre fatiche, altre responsabilità, hanno distratto il pratican­ te dalla serena tenzone agonistica. Il cinematografo può in tale ricerca ac­ quistare un vigore nuovo e una più con­ creta missione; e scoprire nello spettaco­ lo vario e spontaneo di ognuna delle ma­ nifestazioni sportive, gli elementi di quel­ la immediatezza che tanto per sè, quanto per la disciplina sportiva si chiama giu­ stamente « forma » o, in senso più eleva­ to « stile ». Il film a soggetto sportivo diventerà do­ mani il migliore tonico dell’organismo af­ faticato dalla snervante c febbrile attivi­ tà quotidiana, poiché farà ricevere allo spettatore gli episodi dei quali egli stesso, in molte occasioni, è stato protagonista o vi avrà assistito, e lo distrarrà, e lo al­ lieterà nel contempo, con la saggia tra­ ma: drammatica sentimentale o comica, che si andrà sviluppando. Noi siamo certi che il film, che saprà ispirarsi allo sport ed alla vita attiva, po­ trà prendere consistenza e vigore di svi­ luppo, completando così la sua alta fun­ zione educativa. Il dado è tratto, l’argomento può inte­ ressare molte persone e sarebbe utile co­ noscere le varie opinioni in materia; si potrà così formare una solida base, pre­ messa necessaria perchè il problema ven­ ga veramente approfondito ed avviato al­ la soluzione da molti auspicata.

Livio Luigi Tedeschi

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L’atletica pesante in Italia 1 supremi organi dello sport, ni Italia, soltanto in questo dopoguerra si sono li­ nalmente resi conto dell interesse e della importanza che l’atletica pesante riveste, soprattutto ai fini olimpici. La lotta greco romana, la lotta stile libero (da non con­ fondersi con il « catch as catch can » che con lo sport ha ben poco a che vedere) ed il sollevamento pesi costituiscono un com­ plesso di attività agonistiche che pesa sul­ la classifica olimpica per ben 22 titoli. L’altra attività che fa parte dell'atletica pesante, il judo (lotta giapponese) non ha ancora ottenuto l’ammissione ai Giuochi Olimpici, ma non è escluso che un gior­ no possa farne parte, dato lo sviluppo che questo va assumendo in tutto il mondo. Vent’un titoli olimpionici costituiscono una cifra che è superata solamente dall’a­ tletica leggera e dagli sports invernali. La atletica pesante può, quindi, essere consi dorata al terzo posto ed all’estero, in mol­ ti paesi, gode effettivamente (iella consi­ derazione che spetta al suo rango olim­ pico. Prima della guerra, ad eccezione di qualche sporadico tentativo di realizzare iniziative organiche, questo sport era rele­ gato nel dimenticatoio ed era considerato come la cenerentola delle discipline spor­ tive italiane. Oggi, fortunatamente, non è più così ed i risultati non si sono fatti at­ tendere: Londra è stata la tappa lumino­ sa della lotta greco romana, in attesa di poter raggiungere anche nelle altre speciaiita risultati altrettanto concreti. Le accresciute possibilità finanziarie del­ la Federazione Italiana Atletica Pesante c le piu ampie vedute con le quali sono sta­ ti affrontati i maggiori problemi, hanno consentito di dare all’atletica pesante una organizzazione seria e con solide basi. ovganizzazione che deve servire come punto di partenza per gli sviluppi futuri. Dalle poche decine di società affiliate del 1946, sopravvissute alla crisi che ave-

va stroncato i gruppi della ex G.I.L., dell’O.N.D. c dei Vigili del Fuoco, che prima della guerra avevano costituito la parte maggiore della società della F.l A.P., sia­ mo ora giunti alla cifra di circa 180 so­ cietà affiliate. Non è una citta iperbolica, ma considerando che. almeno per ora, l’a­ tletica pesante è uno sport in pura perdi­ ta dal punto di vista finanziario, non è neppure troppo poco. Anche il numero de­ gli atleti tesserati è in costante c progres­ sivo aumento: dai 350 di anteguerra sia­ mo arrivati ai 3000 circa. Numeroso e bene organizzato è il setto­ re arbitrale, che vanta oltre 150 arbitri, suddivisi nelle varie categorie. Su questa base organizzativa in crescen­ do si è snodata, in questi ultimi anni, la rosa delle manifestazioni organizzate di­ rettamente dalla Federazione o attraverso i Comitati Regionali e le società affiliate. Solo nel 1949 le gare sono state circa 500. con la partecipazione di 10.000 atleti-gara. Oltre ai campionati nazionali di ogni se­ rie e specialità, che comportano ben undi­ ci manifestazioni, vi sono i Gran Premi della F.I.A.P., i Gran Premi Roma ed i T>ofci di propaganda con eliminatorie lo­ cali.-semifinali icgionali e finali, il Trofeo Mc"»gola di sollevamento pesi, e infine la Coppa Italia, riuscitissima manifesta­ zione a squadre rappresentative regionali che impegna per circa sei mesi ben 92 squadre. Anche in campo internazionale l’attività del dopoguerra è stala intensa. Nella lot­ ta greco romana gli avversari incontrati sono stali Cecoslovacchia. Ungheria, anco­ ra Ungheria. Turchia: nella lotta stile li­ bero la Svizzera c la Turchia; nel solleva­ mento pesi t'c volte l’Austria ed una l’Ungheria c la Svizzera. Inoltre sono sta­ ti organizzati i Giuochi del Mediterraneo a Palermo, con la partecipazione della F-ancia e della Spagna; si è partecipato alle Olimpiadi, ai Campionati intcnazio-

liali delle Alpi Austriache, ai campionati europei di lotta greco romana di Praga, a ciucili mondiali di lotta stile libero di Istanbul ed a quelli mondiali di pesi di Parigi e di L'Aja. Questo complesso imponente di attività internazionali — che ha dato all’Italia un titolo olimpionico (Lombardi). due meda­ glie di bronzo olimpiche (Gallegati e Fantoni), due vittorie di squadra e tre pa­ reggi, e sette vittorie individuali — ha trovato riscontro in significativi successi diplomatici, che hanno dato all'Italia un posto nell'ufficio di Presidenza dcH’International Amateur Wrcstling Fedcration, la vice Presidenza della Fédcration Inter­ national Haltérophilc e la Presidenza e la Segreteria dell'Union Europeenne du Judo, la cui sede è stata — prima federa­ zione internazionale agonistica del dopo­ guerra affidata all'Italia — portata a Roma. Alle Olimpiadi di Londra, l'atletica pesante, con un primo posto, due terzi, un quarto ed un quinto, ha ottenuto 23 punti, quarta quindi fra tutti gli sport italiani. Questi risultati sono stati ottenuti an­ che mercè l’ausilio di allenatori federali apprczzatissimi anche aH’cstero, quali Quaglia per la greco-romana, Osmond per il sollevamento' pesi. Per la lotta stile li­ bero si è in trattative con un allenatore turco, l.a scelta è caduta sulla Turchia per i sensazionali successi ottenuti da que­ sta Nazione — sette titoli su otto ai recen­ ti campionati mondiali — nella specialità. L’atletica pesante sta riacquistando, fra gli sport italiani, il posto che le compete. La strada maestra è stata inboccata e sia­ mo certi che il futuro riserverà ai nostri atleti le più belle soddisfazioni.

Alfonso Castelli

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PRIMO CARCERA Rammento Primo Camera du­ rante il triste periodo bellico co­ stretto dalle... preoccupazioni fi­ nanziarie a darsi al cinematogra­ fo. Nella tumultuosa babele di Cinecittà la sua era, ormai, una nota figura di generico. Aveva in­ terpretato diverse parti di secon­ do piano in cui vi si richiedeva il tipo gigantesco. Una, delle sue ultime interpretazioni romane fu quella di « Gran Capo » d’una tri­

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bù in cui il ruolo di « guerrieri » era affidato alle donne. Gli uomini stavano nella capanna a far, come suol dirsi, la calzetta e le donne se ne andavano allegramente in guerra contro le tribù avversarie. Si trattava, in sostanza, d’uno strano film comico di Totò che an­ cora, a tutt’oggi, circola nei cine­ ma della periferia e della provin­ cia. Anzi, fu proprio durante la lavorazione di tale film che Primo

Camera interpretò, dal vero, la parte dell’eroico salvatore della donzella aggredita dal mostro. E le sue azioni di uomo forte ebbero un... quarto d’ora di rialzo. Fu così: in una scena doveva figurare una specie di danza sel­ vaggia in cui una... guerriera (per la cronaca, la nostra campionessa di pattinaggio Cecchini; al suo de­ butto cinematografico) si esibiva con un grosso serpente boa sulle


spalle. In sostanza, la solita sto­ machevole danza del serpente. Era d’inverno e il freddo era la più chiara assicurazione che il rettile, intirizzito com’era (quantunque il domatore Lombardi lo tenesse nei momenti di riposo accurata­ mente avvolto in panni di lana dentro un’enorme cesta) non si sarebbe troppo risvegliato dal suo torpore. Invece, avvenne il... qua­ si fattaccio. Sapete come son fat­ te queste riprese cinematografiche. Prova e riprova la scena sotto la luce accecante dei riflettori a di­ stanza ravvicinata, il forte calore emanato dalle lampade ad arco, evidentemente, richiamarono al risveglio il terribile rettile. Ad un tratto mentre la « danzatrice sa­ cra » si esibiva in più o meno buf­ fi contorcimenti davanti alla tribù (gli uomini erano negri autentici: truppa di colore inglese d’un vi­ cino campo di concentramento) e al « Gran Capo », il rettile, tirata fuori la biforcuta lingua, avvol­ se con una forte stretta la povera Cecchini. Un grido e la donna cad­ de svenuta tra il raccapriccio dei presenti. Camera, più svelto del domatore Lombardi, con un balzo fu sopra al serpente afferrandolo con le sue erculee mani. In un at­ timo la situazione era risolta con la vittoria di Camera per... ab­ bandono dell’avversario. Primo ce l’aveva fatta anche con il serpen­ te boa. Per più giorni nell’ambiente eterogeneo di Cinecittà si tornò a guardare a lui come ad un auten­ tico campione di forza. Molti si domandavano come mai con tut­ ta quella agilità e forza atletica ancora a sua disposizione avesse abbandonato lo sport che pure gli era sta'o fonte di aite soddisfazio­ ni morali e materiali. Si tornò a parlare dei suoi successi pugili­ stici, del campionato mondiale di boxe e, particolarmente come il « colosso del quadrato » venne fuori nell’arengo sportivo a reci­ tare la parte di « ottava meravi­ glia del mondo». C’era chi faceva l’erudito e rac­ contava aH’attorniante folla di ge­ nerici e comparse come Primo fosse stato « scoperto » dal peso massimo francese Jornée, sgrezzato da un ottimo istruttore come Maurice Endeline, assistito passo passo e lanciato da un grande, in­ telligente procuratore Leon Sée -- che in" cinque anni, dal 1928 al 1933, da semplice attrazione di circo equestre di provincia lo ac­ compagnò fino al campionato mon­ diale assoluto di pugilato.

Per più giorni Camera divenne nuovamente l’idolo della folla, seppure questa folla s’era ormai ristretta al genericume della « cit­ tà cinematografica ». Poi la guer-

ra recò giorni sempre più tristi e dolorosi per la Patria; e Camera conobbe la più nera ristrettezza di mezzi finanziari — lui che ave­ va toccato la facile ricchezza — per sè e per la famiglia.

Poi, ancora, a gettare fosca om­ bra sull’attività pugilistica del gi­ gante friulano venne fuori il fa­ moso libro « Addio allo sport » del giornalista sportivo america­ no Paul Gallico in cui, fra l’altro, si narrava come attorno all’italia­ no, nella sua permanenza ameri­ cana, dopo aver perduto lo scet­ tro di campione del mondo, si fos­ se organizzata una « banda » di sfruttatori i quali — secondo il Gallico capeggiati dal manager Duffy — ammaestravano, con la forza o con la ragione, gli avver­ sari a lui opposti. Si parla, nel li­ bro, di vari atti da gangsters con tanto di minacce a mano armata. E vero quanto ha raccontato il Gallico? A giudicare, almeno, dal­ l’accoglienza che Camera ha avu­ to dal pubblico americano al suo ritorno nella Repubblica stellata, non sembra che, alle rivelazioni di questo libro, sia stata data mol­ ta importanza. Sono cose che in America avvengono un po’ tutti i giorni: l’abbiamo visto nei films e ce lo raccontano le cronache di quei giornali, come pure si potreb­ bero citare addirittura libri in cui si mette a nudo la terribile piaga del gangsterismo. Tuttavia, è cer­ to, il gigante friulano conquistò il campionato mondiale assoluto di pugilato, di forza e di valore. Ma più che di Camera pugna­ tore, (del resto il suo campionato mondiale durò esattamente un anno meno quindici giorni: dal 29 giugno 1933 al 14 giugno 1934), voglio parlare di Camera lottato­ re. Poiché, come accennavo più sopra, egli è tornato da tempo in America a ricalcare i « quadrati » sportivi; e questa volta in veste di lottatore. E sembra che la fortu­ na sia meritatamente dalla sua parte. Subito l’italiano si affermò al­ l’attenzione della folla verso la quale esercitava ancora una viva attrazione. Tanto per citare un episodio racconteremo come tornato egli a conclusione d’un suo giro fortuna­ to ner diversi Stati, a lottare nel­ la St. Nicholas Arena di New York (il Madison Garden della lotta), l’affluenza della folla fu tanta che si calcolarono a diverse migliaia le persone che dovettero ritornar­ sene a casa per mancanza di po­ sto. In quell’occasione, sconfisse Bobby Bruns, uno dei principali aspiranti al massimo titolo. Da allora, Primo è passato di vittoria in vittoria e le... difficoltà conosciute in Italia ormai non so­

no per lui che un pallido ricordo. Ha acquistato una bella tenuta in California e il suo conto in Banca si calcola che abbia raggiunto la cospicua cifra di trecento milioni. Su 100 combattimenti uno solo ne ha perduto: contro il lottatore ita­ liano Rocca. Sapete quanto guadagna oggi Camera? Cinquemila dollari la settimana. Ma vuol farsi pagare di più. È diventato numero di viva attrazione. Per una grande tournée che dovrebbe effettuare in Sud Africa, Sud America e Australia ha richiesto ben 7500 dollari set­ timanali. Non c’è male. , Negli Stati Uniti ne hanno fat­ to di lui un idolo sportivo. E fra non molto diverrà cittadino ame­ ricano. Questo buon italiano « dal­ la forza di leone e dal cuore di fanciullo » seguirà, la sorte di tan­ ti altri connazionali il cui paese natale, purtroppo, non ha potuto concedere quella vita di benes­ sere cui essi aspiravano. Camera, ormai, che non è più attorniato dalla « ganga » sfrutta­ trice e senza scrupoli, ma amoro­ samente e intelligentemente assi­ stito dalla sua mogliettina italia­ na, è avviato verso quel titolo as­ soluto di lotta libera cui tende con tutte le forze. Vuol bene ai suoi fi­ glioli e vorrebbe che essi sapessero un giorno che il loro papà è giunto alla conquista di un secondo cam­ pionato del mondo. Sarebbe per lui una grande soddisfazione. La via per arrivare a quest’altra lu­ minosa meta gli è intanto sbarra­ ta da Antonio Rocca. Ma fra non molto ci sarà l’incontro rivincita. Riuscirà Camera ad aprirsi il dif­ ficile varco? Stando a quanto dicono le cro­ nache sportive americane, il friu­ lano ha molte probabilità di suc­ cesso, quantunque abbia ancora da superare diverse tappe prima di giungere all’agognato momento in cui sarà chiamato alla suprema di­ sputa. Fisicamente sta bene. For­ se mai è stato così bene. I giorna­ listi sportivi statunitensi dicono che egli si trova in perfette condi­ zioni di forma e che non l’hanno affatto trovato invecchiato. Il ti­ mido, impacciato ragazzone di una volta, è ora un uomo dall’intuito pronto, in grado di sapersi tute­ lare i propri affari senza bisogno di amministratori e di consigli dei soliti « disinteressati amici » ; co­ me, purtroppo per lui era avvenu­ to in passato. E soprattutto di lui si parla come d’un atleta seria­ mente preparato nel fisico e nello spirito e perciò capace di raggiun­ gere le più alte vette del successo.

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È IL PETTIROSSO CHE CON IL SUO TICCHETTIO DÀ IL SEGNALE...

LA BECCACCIA Novembre e dicembre sono i mesi clas­ sici per l'Italia della beccaccia, uccello selvatico verso il (piale ogni cacciatore, de­ gno di tale qualifica. prova la piti grande attrazione. La « regina del bosco » — an­ che in Italia è rimasta sempre tale, no­ nostante la... repubblica — è la.calamita per autentici, appassionati seguaci dello sport venatorio. C'è chi dice che essa, a differenza di altri selvatici, come se la... regalità le avesse dato alla testa, sia, se non completamente, in buona parte stu­ pida: una specie di schizzofrenica, se ta­ le simpatica forma neuropatologica, squi­ sitamente umana, si potesse inserire nella vasta e varia famiglia dei volatili e parti­ colarmente nella più aristocratica rappre­ sentante della sottofamiglia degli scolopacidi. Invece coloro che, pubblici ministeri da strapazzo neil'assise venatoria, pronun­ ziano o sostengono un'accusa simile, sono perfettamente fuori della realtà ed allo­ ra se conoscono la beccaccia la conoscono come... calamità e non come calamita. Questione di un semplice accento! Anche la volpe, impossibilitata ad arrivare al­ l'uva se ne uscì, ce lo racconta Fedro, con la lapidaria esclamazione « Nondum ma­ tura est. nolo acerbam sumere! » E. quin­ di. per tali minimizzatoli della beccaccia si può impunemente ritenere che per essi la inarrivabile regina del bosco non sia matura e. quindi, non sia il caso di sfor­ zarsi a cacciarla. Sta di fatto che essa è senza dubbio uno fra i selvatici più dotati di scaltrezza c di furbizia e la sua caccia

si basa sul silenzio e sul l'accortezza. con­ dizioni essenziali . Allorquando la beccaccia ha imparato a conoscere l'uomo ed il cane è ben difficile poterla incamiciare. I suoi voli bizzarri, talvolta cortissimi, tal'altra lunghi c tor­ tuosi servono, sovente, a far perdere le sue traccio anche a cani ottimi e cornuti<pie a rendere difficilissima la sua cerca. Come vive questo simpatico e.regale cam­ pione dell'avifauna? Il Brehm ce ne fa una descrizione assai esatta. « Di giorno, esso scrive, non si mostra mai all’aperto e (piando fosse costretta a posarsi, si acco­ vaccia subitamente ed il suo piumaggio si confonde con il suolo, come avviene anche per le pernici. Quando tutto è per­ fettamente tranquillo nel bosco può avve­ nire che anche di giorno essa cammini, ma sempre per ciò fare sceglie quei luo­ ghi che valgono meglio a nasconderla ed a difenderla dalla viva luce, la quale pro­ babilmente le è molesta. Solo al crepu­ scolo si fa vivace e comincia a correre. Nella stagione tranquilla essa tiene il col­ lo rattratto, il capo orizzontale e la pun­ ta del becco rivolta in basso. Cammina incurvata, strisciando a corti passi, lenta­ mente c non a lungo, perchè gli estesi tratti attraversa non a piedi, ma volando e nel volo appunto può fare tutto ciò che le piace... AI cadere del crepuscolo serale la beccaccia si pone in cerca del cibo, o nelle ampie strade della foresta, o nei luoghi erbosi, o nei luoghi paludosi di quella o nella loro vicinanza ».

■< Quando la beccaccia si alza dal " pulito ,. il tiro è tacile... ■■

Larve ed insetti che cerca tra le foglie cadute, o nello sterco bovino, lombrichi che trova infilzando il suo lungo becco nel terreno umido costituiscono il suo cibo. Ai primi albori guadagna un corso d’acqua, od una fontana, dove si lava il becco e le zampe. Quando poi il giorno la sorprende lontano dalla sua macchia, si rincantuccia o in un piccolo cespuglio o dovunque crede potersi nascondere alla vista ed ivi rimane, se non frastornata, fino al crepuscolo. Nel bosco essa prefe­ risce le zone più « forti », i rovai più fol­ ti da dove vola, se disturbata, con quel caratteristico frullo che tutti i « suoi » fe­ deli inconfondibilmente riconoscono. Il suo volo è rapido: nel levarsi dalla mac­ chia fa la « colonna », ascende cioè quasi perpendicolarmente, per poi «pianare». Il cacciatore novellino, emozionato, spara durante, chiamiamolo, il decollo c nor­ malmente. a meno che non incappi in una fortunata combinazione (non per la beccaccia, beninteso), spadella. Quando la beccaccia riprende terra, fa una vera e propria « picchiata ». Se poi si alza da un cespuglio o dalla macchia tagliata, o dal pulito il suo volo è simile a quello della quaglia ed in tal caso il tiro è facilissimo. La caccia alla « regina del bosco » è, per chi la comprende, fra le più emozionanti e ricche di sorprese. Il buon cacciatore, « er beccacciaro », come si dice a Roma, deve essere allenato alla fatica ed alle in­ temperie. È caccia che si pratica nei me­ si maggiormente ricchi di precipitazioni atmosferiche, nel mezzo delle macchie c degli « spinacceti », dove spesso, oltre a pezzi di stoffa, si lasciano traccio di san­ gue per le immancabili graffiature. Per ovviare a queste i cacciatori si muniscono di « guardamacchic ».

Inoltre è necessario che colui che ama tale sorta di caccia sia padrone del pro­ prio stomaco, nel senso che sappia impor­ si ai richiami dei succhi gastrici. Talvol­ ta succede di camminare un'intera gior­ nata, in mezzo alla macchia bagnatissima e su pozze d'acqua, senza poter mangiare ed anche senza poter sparare. Calma, pa­ zienza ed occhio buono sono le doti astratte e concrete del tipico « Beccaccia­ ro». Il cane deve essere ubbidiente, cac­ ciare a « corto », avere ottimo naso e reg­ gere bene la punta. Si usa mettergli un sonaglio, o campano per poter accorgersi, dal suono o dal.suo silenzio, se stia brac­ cando, oppure stia puntato. In tale secon­ do caso occorre cercare di accostarsi 11 più possibile e quindi mettersi nella po­ sizione più comoda per il tiro, cercando di evitare alberi ricchi di fronde. Spesse volte, dopo ore ed ore di inutili ricerche, magari anche dopo (piasi un'in­ tera giornata, ad un tratto ci accorgiamo che il cane comincia a « sentire », che ha

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« avventato » la tanto desiderata preda: si può essere stanchi, slmili, moralmente depressi, ma di fronte all'inizio del « la­ voro » del cane, la stanchezza fisica, la depressione morale spariscono d’incanto, come se il nostro corpo ed il nostro spi­ rito si fossero immersi in un Lete dalle acque ricostituenti. Il cane limane fermo, è puntato: nel cacciatore è una tensione spasmodica, ilidescrivibile ed indefinibile. Sembra esa­ gerazione, ma non io è. Ce ne appelliamo a tutti coloro che, cacciatori come noi, non potranno che con noi convenire. Cacciatore, cane c fucile formano un'uni­ ca entità: ecco, d'ttn tratto, il caratteristi­ co bòpòpó/zópó: la beccaccia è frullata: il colpo o la coppiola c quindi il cane che torna a noi con la preda ancora pal­ pitante. E la «padella»? Sembra sentir­ ci chiedere. Non c'è che dire, fra le even­ tualità del tiro, esiste pure quella e fran­ camente. specie dopo una giornata di in­ fruttuose ricerche l’eventualità « padella » è sconcertante, ma in queste nostre note facciamo conto che la deprecata eventuache tutto vada colità non si verifichi ine dovrebbe andare... Se poi volete che si tenga conto anche della « padella » sia pure: rimane la speranza di poter ribat­ tere la nostra beccaccia e di spararle an­ cora altre 1 o 5 volte, nel corso delle qua­ li è augurabile poterla « impiombare » e, {[itindi. incamiciare anche a dispetto di coloro che ci hanno fatto divagare c sor­ tire dai sentieri euforici. Allorquando la beccaccia si leva, spe­ cie sotto la punta del cane, è curiosissima in quanto si volta, con la testa, indietro, come per rendersi ragione della causa che l’ha costretta a prendere il volo: il suo lungo becco dà l'impressione di un sigaro Virginia, quei lunghi sigari di un tempo che richiedevano, per essere fumati l'impiego di un'intera scatola di cerini. Quando, la beccaccia non frulla dalla macchia piana o dalla spalletta, ma si alza dal pulito la soddisfazione che dà. a chi la uccide, è infinitamente inferiore: essa è « spaesata », come tino di quei tanti provinciali candidati alla «patacca», di schietta marca romanesca. Anche la « po­ sta » è interessantissima ed ha numerosis­ simi appassionati, pure fra i « pezzetta™ ». La « posta», come ben si sa si fa la sera, circa dieci mintiti prima dell'Ave Maria e si esaurisce dieci mintiti dopo. E il pettirosso che con il suo ticchettio dà il segnale dell'inizio dell'attesa: quando questo simpatico uccelletto « stringe » o accelera il canto, aprite bene gli occhi c guardate bene nei varchi delle macchie, specie in quelli che hanno uno sfondo ni­ tido sul cielo. Spesso una nottola, una ci­ vetta vi fanno battere il cuore, ma vi ri­ prendete subito che il volo della beccac­ cia non si può sbagliare con quello di al­ tri volatili. La sera la beccaccia esce dal bosco per andare a mangiare. La « posta » la si fa anche la mattina, allorquando cioè essa rientra nel suo regno: vuol dire che il fronte d'attesa è capovolto c si li­ mita alle prime luci. Per terminare, un poderoso c sincero « in bocca al lupo » a veterani ed a neo­ fiti della caccia alla regina del bosco. : ■

laiigi Miniti

« ... spesso volte, dopo oro od ore, di inutili ricerche, ad un tratto ci accorgiamo che il cane comincia a " sentire ", che ha " addentato " la tanto desiderata preda... »

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ALDO LAURI, Roma. -— Sì. si è molto parlato in questi ultimi tempi di « base­ ball » e se ne è parlato a proposito del suo inserimento nelle schiere sportive ita­ liane. E’ stato cioè opportunamente de­ ciso che, in attesa che questo sport ab­ bia raggiunto tale efficienza da poter co­ stituire una federazione propria, sia gui­ dato. nei primi passi, da una federazione di sport affine: e precisamente dalla As­ sociazione Golfistica Italiana. Ma ciò che tu vuoi specialmente sapere (e con te an­ che altri è in che cosa consiste questo sport che. agli inizi tra noi. costituisce invece lo sport nazionale degli Stati Uni­ ti d’America. Le regole tecniche furono fissate nel 1846; il primo « club » risale al 1856. > Il b. b. « svolge le sue gare su un cam­ po 150 x 100 (esattamente 147 yards per 122). Le squadre sono costituite di nove giocatori. Servono al giuoco: una palla di piombo ricoperta di cuoio di 23-24 cm. (esattamente 9-9 1-4 pollici) di circonfe­ renza. e del peso di gr. 142-156 (esatta­ mente once 5-5.5) inoltre, un bastone ro­ tondo. del diametro massimo di due pol­ lici e 3-4 (7 centimetri) nella parte più grossa, e della lunghezza di cm. 86 (cir­ ca 34 pollici). Viene seguito sul campo un quadrato di m. 27,40 ( 90 piedi) di Iato: i quattro angoli sono le basi (ecco perchè si chia­ ma base-ball). Sulla base principale sta il batter (battitore); gli è vicino un po’ più indietro il catcher (prenditore). Di fronte, a m. 18.40 (piedi 60.5). sulla direttrice dell’angolo, sta il pitcher (lan­ ciatore). Le due squadre si alternano nello stare alla battuta o in campo. Ecco, in sostanza, lo svolgimento del giuoco: il lanciatore lancia la palla al battitore che la colpisce col bastone per gettarla nel campo avversario. Subito, dopo corre, lungo il limite del campo, alla base più vicina, prima che uno degli av­ versari abbia potuto lanciare al giuocatore della stessa base la palla raccolta. Se il battitore non viene a raggiungere la prima base, è « fuori », altrimenti può cercare di raggiungere le successive op­ pure fermarsi e lasciare che un compa­ gno di squadra gli subentri come batti­ tore. Se sbaglia tre volte, è sostituito. La squadra segna un punto, quando un giuocatore riesce a compiere un giro com­ pleto. Se tre battitori consecutivamente sono messi • fuori » la squadra opposta subentra alla battutala. La partita è di 9 giuochi; cioè nel corso di essa ciascu­ na delle due squadre deve, alternativa­ mente, giuocare in campo ed alla bat­ tuta per 9 volte. II prenditore che prende le palle sba­ gliate dal battitore è — come l’arbitro — protetto da una corazza e da una so­ lida maschera; tutti gli altri in giuoco hanno un guanto di cuoio imbottito. Si tratta, dunque, di un gioco maschio ed alquanto violento. Richiede atleti ro­ busti e ben allenati. Massimo è stato, ed è il suo apporto alla prestanza fisica del­ la gioventù d’oltre oceano. Poiché il « base-ball » attrae, alle sue gare, folle immense, già. nelle sue schie­ re. accanto ad un vero esercito di dilet­ tanti, sono sorti gruppi di professioni­ sti, popolari in tutta l’America quanto i ■ divi • dello schermo, cioè più dello stesPresidente della Repubblica... CURIOSO. Orvieto. — Dario Mangiarotti che stravince, nella spada, a Parigi, assente il fratello, spadista non meno for­ te di lui. ti fa curioso di conoscere altri

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casi di « famiglie ■ sportive, oltre quelle già segnalate, il mese scorso, nella ri­ sposta ad Umberto Mancini. Per restare nella scherma ci sono, vivi e vegeti, i due Nostini. Se poi passiamo ad altri sport, la lista si allunga... Nel ciclismo ecco, in linea, i due Coppi, tra noi; ed in Francia chi non ricorda i due Pelhssier? Una legione sono, infine, i calcia­ tori fratelli sicché si è dovuto ricorrere al primo, secondo, terzo, ccc. dopo il co­ gnome per distinguere l’uno dall’altro. Sin dalla prima epoca d’oro del calcio ita­ liano una famiglia dette ben 5 fratelli tutti di gran classe ed uno addirittura fuori classe: Cevenini terzo. Ed ora il caso di 5 fratelli calciatori in A. si ripe­ te coi Sentimenti. E’ superfluo aggiun­ gere che come i Nadì, i Mangiarotti. i Nostini incontrandosi tra loro sulla pe­ dana hanno dato vita ad assalti leali e combattuti come tra estranei, così nelle partite di calcio accade non di rado che i fratelli militanti in opposte squadre si scontrino duramente; qualche volta l’otti­ mo Sentimenti quarto ha dovuto racco­ gliere sulla propria rete palloni speditigli con decisione e precisione... fraterna. ELIO MANFREDI, Palermo. — L’Ita­ lia era assente dai campionati mondiali di tiro a segno recentemente svoltisi in Argentina. In questo sport non sono, pe­ rò. mancate in passato nè la partecipa­ zione nè onorevoli affermazioni da parte italiana. Ecco i campionati mondiali conquistati nel fucile (arma libera): nel 1901 Vale­ rio, nel 1914 Bonicelli, nel 1912 Ticchi; nell’arma da guerra Isnardi (1921) e Penza (1927). Nell’arma libera, limitatamen­ te alle posizioni a terra, il maggior ti­ tolo fu. inoltre conquistato da Conti nel 1902 e da Frasca nel 1908. Nella pi­ stola, Boninsegni si coronò campione del mondo nel 1935. Ecco, poi, i risultati conseguiti dall’Ita­ lia nel tiro a segno alle Olimpiadi. Nel 1932 (Los Angelus) un vero trionfo nella pistola: 1. Morigi; 3. Matteucci; 4. Bonin­ segni; ed un buon piazzamento nella ca­ rabina; 4. Zorzi. Nel 1936 (Berlino) Boninsegni si classificava sesto nella pistola. MARIO FERRARI, Milano. — Le « me­ daglie » olimpioniche assegnate all’Italia per i concorsi d’arte non sono molte in confronto alla eccellenza artistica ed alla tradizione del nostro Paese in questo campo. Pure non dimenticato che sin dalla pri­ ma Olimpiade in cui questi concorsi si svolsero (1912), l’Italia si classificò pri­ ma nella pittura con Pellegrini. Prima fu anche nella scultura (1936) con Vignoli, e nella letteratura epica (1948) con Stufarich. Aggiungiamo anche, il primato nel­ la lirica di Raniero Nicolai (1920) che una recente pubblicazione ufficiale ignora. GIOVANNI BIANCHI. Romff. — Zato­ pek è certamente un grande campione. Un atleta dai mezzi eccezionali. Il suo ultimo record è stato quello dei 10.000 m. coprendo la distanza in 29’21"2 sulla pi­ sta dello Stadio di Vitkovice, sobborgo della città mineraria di Moravska Ostrawa. Partecipavano alla gara oltre a Za­ topek undici altri atleti cecoslovacchi. Ma non si trattava in questo caso di « fa­ re il passo » al campione, perchè dopo quattro giri egli già aveva doppiato il primo uomo, e quando ha tagliato il traguardo dei dieci chilometri l'ultimo di coloro che hanno terminato la prova era a quattro giri dall'asso cecoslovacco.

Zatopek si è cosi presa la rivincita su Heino. che deteneva il titolo dal primo settembre con 29’27”2. La lotta fra i due dura da vari anni. Heino stabilì il record nel 1944 con 29’35"74’, Zatopek tentò in­ vano di batterlo. Alle olimpiadi di Wembley Zatopek vinse, stabilendo il nuovo record olimpionico di 29’59’’6. Ma fu so­ lo ITI giugno scorso che il boemo tolse a Viljo Heino la corona correndo la di­ stanza in 29'28"2. Fu un regno di breve durata. Il 1. settembre il finlandese ri­ prendeva lo scettro correndo i diecimi­ la in 29’27”2 Poi è stata la volta di Zato­ pek di prendersi una spettacolosa ri­ vincita.

VINCENZO BLASI. Milano. — Pur non avendo, diremo così, tradizioni ciclisti­ che. pure l’Inghilterra ha una buona in­ dustria velocipedistica ed esporta anche. Un ordine di mezzo milione di dollari da­ gli Stati Uniti per 20 mila biciclette da consegnarsi entro quest’anno, è stato an­ nunciato da una ditta britannica produt­ trice di biciclette. In generale gli ordini oltremare sono stati raddopiati ed i gua­ dagni in dollari fortemente aumentati dal­ la Mostra Britannica del Ciclo e del Mo­ tociclo che ha anche battuto un record per quanto riguarda il numero dei visi­ tatori: 190 mila in otto giorni. MARIO AMBROSI. Teramo. — Il più grande e più pesante elicottero del mon­ do. il Cierva Air Horse, di produzione britannica che ha dato spettacolari dimo­ strazioni durante la Settimana delI’Aria tenutasi quest’anno a Farnborough, è sta­ to ordinato da varie società americane. Le consegne dovranno avvenire entro due anni. Il Cierva Air Horse ha recentemente concluso una serie di prove volando con un carico di 17.500 libbre — record mon­ diale per un apparecchio ad ali rotanti con una media di 2,6 tonnellate per ro­ tore. Esso è azionato da un motore Mer­ lin Rolls Royce ed ha una fusoliera ret­ tangolare. La macchina ha una capacità di carico di 800 piedi cubici e può tra­ sportare 24 passeggeri.

Ten. GINO CATTANEO. Milano. — Se­ condo le statistiche in Europa la so­ la Inghilterra, attualmente, è in grado di esportare apparecchi aeronautici in gran­ de quantità. E le esportazioni britanni­ che di aeroplani hanno già superato que­ st'anno il totale raggiunto nell'intero 1948. Nel settembre sono stati inviati oltremare aeroplani, motori aeronautici, pneumatici ed accessori per un valore di oltre 2 mi­ lioni e un quarto di sterline, portando cosi le esportazioni dei primi nove mesi del 1949 a 26 milioni di sterline, un mi­ lione cioè oltre il totale 1948. L’obiettivo per l'anno è di 33 milioni, cosicché se i fabbricanti britannici di aeroplani conti­ nueranno ad esportare al ritmo attuale, equivalente a circa 35 milioni all’anno, l’obiettivo stesso dovrebbe esser raggiun­ to facilmente. Fin daH’inizlo del 1947 gli aeroplani e le attrezzature aeronautiche britanniche fu­ rono di circa 76 milioni di sterline. Cir­ ca 4 mila nuovi aeroplani sono stati ven­ duti oltremare, compresi gli ultimi tipi a reazione. L'Inghilterra è oggi il solo paese in grado di accettare ordinazioni per tipi di motore con propulsione a tur­ bina, mentre il mercato per gli apparec­ chi a reazione è diviso fra Gran Breta­ gna e Canadà.

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Il Santo Padre ha ricevuto in udienza speciale i giovani studenti dell'istituto Tecnico « Bonsignori » di Remedello, (Brescia), vincitori della 5a edizione dei Campionati Nazionali Studenteschi Medi, indetti dal Centro Sportivo Italiano; per mandato del C.O.N.I. e del Ministero della P. I.. I 160 studenti sono stati presentati al Papa dal Prof. Soletti, vice Presidente del C.S.I., che ha illustrato al Pontefice la manifestazione polisportiva studentesca, che ha impegnato oltre 120.000 atleti-studenti di 1270 Istituti d'Italia. Pio XII ha consegnato ai vincitori le targhe artistiche offerte dal Comitato Olimpico Nazionale Ita­ liano, quale ambito premio.

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La strenna più gra­

dita per le Feste NaPfuoco duro c falloso: SILO suo controllo c U repressione. Vogliamo un scriverci trattato, visto c considerato che non passa settimana che all’infcrmeria vengano con­ dotti a coppie i giocatori? Per carità, tanto sarebbe inutile mettersi a far l’a­ nalisi di difese che entrano, spazzano e spaccano: chi d’istinto e chi d’intenzione; chi con semplicità... lineare c chi con ma­ lizia di trucchi, che è la più pericolosa e la meno avvertibile. L’importante è che gli arbitri identifichino bene e reprimano con rigida giustizia. Per poter far que­ sto bisogna essere in grado di vedere di­ stintamente c di giudicare con limpida decisione all’istante. Quanto, purtroppo, sovente non avviene. E perchè questo, invece, si verifichi, con normalità convincente e rassicuran­ te per tutti, giocatori e pubblico, è ne­ cessario avere in campo arbitri maturi di esperienza e in perfetta efficenza con i muscoli delle proprie gambe E quanto più possibile ex giocatori, gióvani di età non solo, ma in freschezza di energie ed in condizioni di vero e proprio elevato rendimento atletico: velocità c resisten­ za di corsa; fiato da vendere nè più nè meno del più efficiente degli atleti in campo, di modo da essere presente a tut­ te la fasi culminanti, di vedere bene. Oc­ corre un arbitro in campo che sia un qualche cosa tra il quattrocentista e il mezzofondista?... Già, e non c’è altro medio. La musica è sempre la stessa.

i Campionato in piena attività... di ser­ ti zio i pronastici sono all’ordine del gior­ no. Due ipertifosi — ognuno dei quali so­ steneva la squadra del cuore — frementi d’ansia si sono rivolti ad un competente, Generoso Dattilo (chi non lo conosce al­ zi la mano.’), per avere da lui un giudi­ zio preciso. Si era alla vigilia dell’incon­ tro stracittadino Torino - Juventus. Sa­ pete come Generoso ha risposto alla do­ manda; — Chi vincerà? Cosi: — Le due squadre hanno ciascuna pos­ sibilità di vittoria. Mentre la Juventus, più tecnica, potrebbe riuscire a vincere appunto in virtù della sua tecnica, il To­ rino potrebbe sfondare con la sua bal­ danza sicuro di avere le spalle guardate da un difensore come Moro. Però si po­ trebbe anche giungere ad un « nulla di fatto ». Chiaro, no?

[ stato scritto in questi giorni di preL congresso « velocipedislico » che il cicli­ smo ha bisogno d’una attiva propaganda. Quale? Non basta quella del Giro di Fran­ cia, del Giro d’Italia, e di tutte quelle al­ tre competizioni dove i vincitori intasca­ no pacconi di biglietti da mille? Il cicli­ smo. sport popolare per eccellenza, non ha un gran bisogno di propaganda. Si può dire che i giovani vanno al ciclismo co­ me le api ai fiori. Sono tante le sugge­ stive attrattive che la bicicletta offre alla passione, all’esuberanza cd all’ardente sentimento di lotta dei nostri ragazzi da far apparire oziosa ogni parola al riguar­ do. Osserviamo, invece, il fenomeno di quei giovani, e sono migliaia, che, giunti sulla soglia dell’affiliazione, si allontana­ no. o perchè paventano cose insormonta­ bili o perchè non si sentono spinti da al­ cuna lusinga. Occorre innanzi tutto com­ piere un’opera di incoraggiamento e que­ sto non certamente con dei cartelli pub­ blicitari, ma con il più pratico dei modi, venendo incontro cioè a questa massa, ap­ pianandole la strada, togliendo tutti que­ gli ostacoli che una mente timorosa possa aver creato contro i suoi propositi. Come

ben si comprende questo è un compito eminentemente periferico. Quando poi i giovani sono entrati nei ranghi occorre subito pensare alla qualità. Tutti coloro che dalle piccole gare emergono, con se­ gni indubbi dbllc loro egregie possibilità, debbono essere curati scrupolosamente con aiuti di ogni genere, con intelligenza cd amore. Questa è la propaganda ’’ che si deve attuare M ci congressi ciclistici si parla molto, II ma non sempre a proposito e non sempre considerando quale dovrebbe es­ sere la vera funzione di coloro che si di­ cono gelosi custodi delle sorti sportive e industriali del « cavallo d’acciaio ». Co­ munque, non ha importanza questo fatto. La bicicletta fa da sè. Essa di anno in anno conquista sempre nuove masse. Le statistiche salgono sempre. E l’ammira­ zione per questa bicicletta, veicolo adatto a tutti gli uomini dai sei anni (e anche meno) ai sessanta (e anche più), aumen­ ta continuamente anch’essa. Come, del resto, non avere ammirazione e ricono­ scenza per questo veicolo che non ha bi­ sogno di nessun combustibile? La benzi­ na della bicicletta sta nei garretti; ad es­ si la jacoltà di lanciarla a corsa folle (vi par niente filare a 40 all’ora?) per le bel­ le vie di città o di campagna. Quante cose, dunque, sono a vantaggio della bicicletta: praticità, utilità, diverti­ mento. senza dimenticare il lato sportivo cd economico. E, infatti, anche alle clas­ si più povere è consentito l’uso di questo modesto mezzo di locomozione; non ci so­ no distinzioni di classe in questo campo; la modesta operaia può ben permettersi una mattutina passeggiata per i viali om­ brosi di un parco, come una qualunque ricca signorina. Sport e divertimento, dunque, alla por­ tata di tutti; macchina semplice e di po­ che esigenze, questo spiega la grande po­ polarità e la diffusione che ha raggiunto. Diffusione che non dovrebbe far di­ menticare all’unione Velocipedistica Ita­ liana l’importanza cicloturistica.

vete visto, nella recente trascorsa sta­ li gione. come il tennis ha conquistato in fatto di popolarità? Diamo agli sportivi delle belle gare cd essi non si faranno pregare per assistervi. Con le varie vitto­ rie che il tennis italiano ha saputo in que­ sti ultimi tempi conquistare in campo in­ ternazionale, noi abbiamo visto le nostre azioni rialzarsi nella borsa tennistica di Europa; virtualmente — per le vitto­ rie riportate — campioni europei sono i nostri tennisti. Ed ormai il tennis italiano marcia di pari passo con gli altri sports. Esso non deve mai più rappresentare una parte di secondo piano. Organizzatori, dirigenti, tennisti, tutti debbono contribuire a che questa attività non segni un attimo di so­ sta, ma continuamente essa si sviluppi c si rinnovi con lena crescente. L’inverno è il periodo in cui, nel ten­ nis, si formulano i piani per l’avvenire. E sappiamo con quanto amore i dirigenti della Federazione tennistica seguono le sorti del dinamico sport della racchetta. Ebbene tutti debbono essere in linea: i tennisti, col progresso costante della loro cifra di gioco c le crescenti possibilità di affermazioni internazionali; gli sportivi con la loro presenza, partecipazione c ge­ neroso incitamento, con la formazione del­ l’ambiente favorevole ad uno sport di co­ sì alta efficacia ai fini della educazione sportiva, atletica c sociale del popolo.

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4 BUENOS AYRES — Il Capitano Adria­ no Mantelli ha stabilito, in terra argen­ tina. una magnifica » performance •• di di­ stanza per alianti veleggiatori. Decollato con rimorchio aereo alle ore 12,50 dall’Aeroporto di Merlo (provincia di Bue­ nos Ayres) a bordo di un veleggiatore monoposto « Meise <■ (tipo olimpionico) si sganciava alia quota di circa 700 metri, iniziando il veleggiamento in direzione Nord-Owest e, guadagnando quota, resta­ va in aria 5 ore c 40 minuti, atterrando presso il centro di La Paz, che dista dal­ l'aeroporto di partenza 410 Km. n pri­ mato italiano di distanza per alianti era già detenuto dallo stesso Capitano Man­ telli con un volo di 120 chilometri, ef­ fettuato il 28 maggio 1939.

AIUTI

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Mario (Pro Patria di Milano) p. 64.85; 6. Pergrcflì Mario (Pro Patria di Carpi) p. 63.90; 7. Neri Romano (Romeo Neri di Rimini) p 61,65; 8. Lasagni di Ivio (Pro Patria di Carpi) p. 59,67.

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4- ZAGABRIA. — Durante i Campionati assoluti di Società svoltisi a Zagabria gli atleti jugoslavi hanno abbassato altri due primati nazionali. Nel giavellotto fem­ minile la Radosavljcvic ha lanciato l'at­ trezzo a m. 38.30 (primato precedente m. 38.57 della stessa Radosavljevic). An­ che nei 10.000 metri Mihalic ha fatto re­ gistrare il tempo di 31’13”6 (primato pre­ cedente dello stesso Mihalic, 31’17”4). 4- PRAGA. — Gli atleti sovietici hanno iniziato un programma per battere tutti i record mondiali in ogni branca di sport entro i prossimi anni, n giornale aggiun­ ge che nei dieci mesi scorsi gli atleti rus­ si hanno stabilito 32 records mondiali, di cui 6 nell’atletica leggera, 10 nel solle­ vamento pesi, 8 nel tiro a segno e pa­ recchi altri nel pattinaggio veloce 4 MOSCA. — Nel corso di una riunione tenutasi a Mosca, Sergej Scerbakov ha stabilito il nuovo primato dell’unione So­ vietica nel salto triplo con m. 15,43, con­ seguendo nello stesso tempo la migliore prestazione europea dell’annata. 4- BUENOS AYRES. — L’argentino Al­ berto Triulzi ha superato il limite mon­ diale dei 110 metri ad ostacoli, percor­ rendo la distanza nel tempo favoloso di 13”5. Tuttavia diflìcilmente tale primato eccezionale potrà essere omologato, per­ chè l’atleta è stato notevolmente aiutato da un forte vento favorevole. Si tratta — se la notizia è esatta di una presta' Z-4 4 4♦V» zione non solo eccezionale, ma addirittu ­ ra più unica che rara. 4- MOSCA. — II maratoneta russo Teo­ dosio Vanijn ha migliorato il primato mondiale dei Km. 30 di corsa, che appar­ teneva al finlandese Hjetanen col tempo di ore 40’46”4, percorrendo la distanza in ore 1.39’14”6 4- ANKARA. — Nei corso di una riunio­ ne svoltasi in questa città il turco Belzi ha stabilito il nuovo primato nazionale nel martello con m. 48,86 (p.p 47,32). 4- BERGAMO. — Taddia ha lanciato il martello a m. 56,69 stabilendo il nuovo primato italiano. ,

4 ROMA. — Allo Stadio di Roma hanno avuto luogo i campionati nazionali di ginnastica artistica. Le classifiche genera­ li sono le seguenti: Nazionali: 1. Figone Guido (Pro Chiavarl) p. 102.70 ; 2. Vadi Quinto (Etruria di Prato) p. 95,50; 3. Maggian Tullio (id.) p. 94.55; 4. Urbani Livio (Borgo Prati di Roma p. 94.10; 5. Bonacina Guido (VV. FF. di Milano) p. 93,50. Seniores: 1. Sampieri Vittorio (Forti e Liberi di Fori!) p. 70. 80 ; 2. Smeraldi Ma­ rio (id.) p. 70,55; 3. Libassi Paolo (S.G. Vareslana) p. 68,97; 4. Malaspina Pietro W FF. di Milano) p. 65.10; 5. Galimberti

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4 BUENOS AYRES. — Si annuncia che sette dei dodici arbitri inglesi che diri­ geranno gli incontri della stagione argen­ tina 1950 sono stati già assunti a Londra. Si tratta di Robert Aldridge. Kuhn Muler. William S. Barker, Charles Bert Gros­ se, John E. Made. Thoms Runder ed Ernest Wibraham. Lo stipendio è stato fissato per ciascuno in 1800 pesos mensi­ li, con la possibilità di convertire l’intero mensile in sterline. 4 INCONTRI INTERNAZIONALI: — Svezia - Irlanda 3-1; Francia Cecoslovac­ chia 1-0; Austria - Jugoslavia 5-2; Tur­ chia - Siria 7-0; Ungheria - Svezia 5-0.

4 ROMA. — La slassifica generale indivi­ duale del Trofeo della U.V.I. dopo il Gi­ ro Ciclistico della Sicilia, ultima prova, è la seguente: 1. Pagliazzi (indip.) p. 52; 2. (a pari merito) Rossi (Cimatti), Salimbeni (Legnano) e Fumagalli (Atala), p. 37; 5 Soldani (Legnano) p. 30; 6. Roggi, p. 27; 7. Pontisso. p. 26; 8 Cecchi, p. 25; 9. (a pari merito) Barozzi e Fulcheri, p. 23; 11. Giudici, p. 22; 12. Tonini, p. 20; 13. (a pari merito) Simonini, Volpi P„ Simani e Biondi, p. 17. Classifica cat. indipendenti: 1. Pagliaz­ zi. p. 52; 2. Roggi, p. 27; 3. (a pari merito) Biondi e Simoni, p. 17; 5. Patti, p. 12; 6. (a pari merito) Petrocchi e Taddei, p. 10 8. (a pari merito) Agati, Susini. Spinazzi, Ferrari e Covolo, p. 8; 14. (a pari merito) Locateli!. Sarti. Volpi A , p. 7. Classifica per « Case «: 1. Cimatti, p. 19; 2. Legnano, p. 30; 3. Arbos. p. 51; 4. Benotto, p. 61: 5. Frejus, p. 72. 4 PARIGI, — Si è tenuta nella sede del­ la Federazione francese di ciclismo la riu­ nione annuale per fissare la data del ca­ lendario nazionale su strada 1950. Le principali gare sono state stabilite come segue: 26 febbraio: Criterium di Orano: 26 marzo: Criterium Nazionale organizza­ to dalKEquipe; 12 marzo - 2 aprile: Giro dell’Algeria e della Tunisia; 9 aprile: Pa­ rigi - Roubaix; 30 aprile: Giro dell’Alta Savoia; 14 aprile - 8 maggio: Giro del Marocco; 7 maggio: Parigi Tours; 21 maggio: Corsa Bocche della Senna; 29 maggio: circuito della Savoia: 4 giugno: Bordeaux-Parigi dietro motoleggere; 18 giugno Campionato di Francia; 2 luglio: Circuito del Pirenei; 13 luglio - 6 agosto: Giro di Francia; 14-15-16 luglio: Giro della Lorena; 16 agosto - 3 settembre: Criterium degli assi; 17 settembre: Gran Premio Nazionale. E’ stato soppresso il

Gran Premio Equipe per squadre a eronometro. 4 PARIGI. — Il G. P. Wolber si svolgerà in quattro tappe dall’8 all’ll giugno, con arrivo a Parigi al Pare des Princes. Det­ ta prova sarà riservata ai dilettanti ed agli indipendenti. A questa gara è previ­ sta anche la partecipazione di una squa­ dra di corridori italiani residenti in Fran­ cia. 4-- NIZZA. — ?\ivaro Alvaro oiorgetti Giorgetti non è an­ t * dato in America ec si riposa sulla Costa Azzurra. Ha il proposito di battere il primato dell’ora su ---------------------strada dietro allenatori Effettuerà la prova sull’autostrada Milano-Torino. 4 PALERMO. — II Trofeo Cadetti ha avuto il seguente risultato: 1. Molinari (Pedale Monzese) che compie i Km 152 del percorso in ore 4,23’ alla media di Km. 34,620: 2. Ferrari Angelo (Ciclo Lom­ bardo, Milano); 3. Zanettini Turkeimes (Gerbi Villasanta): 4. Marini Fausto (G.S Vis Sauro, Pesaro); 5. Piazza Donato (Gerbi Villasanta); seguono altri. 4 MILANO. — Le probabili formazioni delle squadre ciclistiche italiane, per la prossima stagione, sono le seguenti: Atala: Ortelli. De Santi, Bof. Berlocchi Zampini, Casola, Pagliazzi (?). Arbos: Lo­ gli. Paolieri, Castellucci, Pontisso, Tocca­ celi (?). Cerati. Bartali: Bartali. Corrieri, Brignole, Benso, Campigli. Stranieri: Jomaux, dubbio, Dupont c Cerami, in di­ scussione. Benotto: Pasotti, Cargioli (?), Bonini, Drei (gli altri ancora non si co­ noscono). Bianchi ■ Fausto Coppi, Serse Coppi, Carrea, Milano. Pasquini (?), Con­ te. Ricci (?f. Pezzi, Bottecchia: Mario Fazio. Alfio Fazio. Vittorio Magni. Zampieri. Cimatti: Barozzi, Giudici, Giganti, Cre­ monese, Rossi, Tonini e X. Frejus: Covolo (acquistato sul finire della stagione 1949). Pedroni, Fanti, Doni, Barducci, Si­ monini. Stranieri in predicato: Jomaux. Dupont, Cerami e Pirmez Fioretti : Zuc­ cotti, Marangoni, Ghezzo, Gargioli (?). Canna: Bini, Meazzo. Verdini. Tosi. Cro­ ci-Torti (Svizzera), Zbinden (id.). Girardengo: Non è ancora stata annunciata la formazione ufficiale. Si ha ragione di cre­ dere che il campione del mondo Van Steenbergen ed il suo compagno Kint cor­ reranno alcune classiche in Italia per conto della casa dell’ex campionissimo. Legnano: Leoni. Fornara, Salimbeni, Soldani. Minardi. Petrucci e Albani. Lypie: Sergio Maggini. Fumagalli, Seghezzi, Sel­ vatico. Lugatti, Falsiroli. Stucchi: De Zan, Pinarello. Della Giustina (?), Roma I. Casaschi, Schaer (Svizzera). Taurea: L. Maggini, Astrua. Martini, Vincenzo e Vit­ torio Rossello, Fondelli. Franchi. Viscon­ tea: Ronconi. Biagioni, Ricci (?), Sforac­ chi, Petrocchi, Servadei (?). Pagliazzi (?) Welter: Bresci, Cecchi (gli altri ancora non si conoscono). Wilier Triestina: F. Magni. Ausenda. Feruglio, Bevilacqua, Grosso, Barbiere. 4 PARIGI. — La pista del Parco dei Principi riaprirà i suoi battenti il 26 mar­ zo. Ecco le date per le riunioni della sta­ gione 1950. Dopo il 26 marzo, grande riu­ nione il 16 aprile, e poi il 30 dello stesso mese, il 7 e 20 di maggio, il 4 e 11 giu­ gno, il 9 e 23 luglio, il 6 agosto, il 3, il 17 e il 24 settembre. 4 PARIGI. — Il Giro dell’ovest 1950 si disputerà in otto tappe. Esso avrà inizio il 26 agosto e terminerà il 3 settembre. Ecco le tappe: 26 agosto: Caen-Le Mans: 27 agosto: Le Mans-La Roche sur Yon; 28 agosto: La Roche-Nantes; 29 agosto: Nantes-Quimper; 30: riposo: 31 agosto: Quimper-Morlaix; 1 settembre: MorlaixDinan (Saint Malo); 2 settembre: Saint Malo-Cherbourg; 3 settembre: CherbourgRennes.

4 BRESCIA — n percorso della Mille Miglia del prossimo anno dovrebbe es­ sere il seguente: Brescia, Padova, Bolo­ gna, Ferrara, Ravenna, Ancona, Pescara,

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linate? portoghesi di calcio. E. j.tanto per la cronaca, Chi sono questi uomini appollaiati su alte pertiche? Non lo immagi ---- Sono i cosidetti ----- " r -------,------- " tifosi ----------. ’ — sono " portoghesi ’... di Bologna. I quali dimostrano una non disprezzabile attitudine sportiva se a forza di braccia e di gambe sono saliti fin lassù e vi sono rimasti per tutta l’ora e mezza di giuoco.

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Rieti, Roma. Livorno. Pisa, Firenze, Reg­ gio Emilia, Brescia. In base a notizie an­ cora non ufficiali sembra che alla classi­ ca corsa saranno invitati anche piloti sud­ americani. 4 FIRENZE. — Il Congresso della Fede­ razione Motociclistica Italiana ha rieletto presidente il comm. Bianchi. L’esito del­ le votazioni per la nomina degli undici componenti il consiglio è stato il seguen­ te: Lurani. conte ing. Giovanni, voti 157. Colucci comm. Ferruccio 152, Carrara ing. Mario 150. Bellini rag. G. 128. Colombo rag. Paolo 128. Curii rag. Giovanni 96. Leonardi comm Ugo 84, Bocca rag. Ma­ rci 78. Treggiani avv. Luigi 73, Tassinari comm. Renato 69, Magnani comm. Gino 63. Le elezioni per il collegio sindacale hanno dato i seguenti risultati: Ferrarlo Ambrogio, rag. Bai Macario, Soncini. ~ Supplenti: Pocchetti e Pirola. 4- BUENOS AYRES. — Il Gran Premio Argentino, la difficoltosa maratona auto­ mobilistica in dodici tappe, è stata vin­ ta da Juan Galvez, il cui fratello Oscar ha vinto l’ultima tappa, dalle cascate di Iguazu a Buenos Ayres. Juan Fangio ha mantenuto il secondo posto nella classi­ fica generale.

4- BELGRADO. — TTn nuovo record ju­ goslavo dei 200 metri stile libero è stato stabilito dal nuotatore Mariam Stipetic che ha percorso la distanza in 2'10”9 L'atleta lubianese fece parte della squa­ dra jugoslava che pratecipò alle Olim-

piadi di Londra, insieme ai migliori nuo­ tatori della nazione transalpina, ha già iniziato gli allenamenti per i campionati europei dell’anno prossimo. 4- AMSTERDAM. — Nel corso di una riunione natatoria la quindicenne Gertil Wielema ha ottenuto sui 100 metri dorso una eccellente prestazione facendo regi­ strare il tempo di l’12”8. Tale tempo figu­ ra come secondo nella graduatoria mon­ diale, infatti il primato del mondo della distanza appartiene alla connazionale Kint col tempo di l’10”9. mentre quello delle Van Feggelen era di l’12”9 4- MADRID. — Lo spagnolo Alberiche ha battuto nuovamente il primato nazionale dei m. 400 s. 1. già da lui detenuto con 4’48’’6 portandolo a 4’47”9.

4- LONDRA. — L’organizzatore dell'in­ contro tra Freddie Mills e l’americano Joey Maxim ha imposto al peso massimo americano di compiere in piroscafo il viaggio dall’America all’Europa. A termi­ ne di contratto, tanto Freddie Mills quan­ to Joey Maxim non potranno, prima del­ l’incontro. condurre automobili su lunghi percorsi nè fare uso della motocicletta, nè cavalcare. L’incontro che si svolgerà a Londra il 24 gennaio avrà per teatro lo stadio di Earl Court capace di ospita­ re 20 mila spettatori. 4- ALDERHOL (Inghilterra). — I dilet­ tanti svedesi hanno battuto per 12 a 4 la squadra dell'armata britannica. 4- LOS ANGELES. — Maxie Docusen ha

battuto ai punti Enrico Bolanos, dopo un durissimo incontro 4- BOSTON. — Joe Louis, l’uomo d’affari che non riesce a stare lontano dal «ring», ha osservato sorridendo che non bisogna trarre affrettate conclusioni dalla sua de­ cisione di svolgere una serie di esibizio­ ni di dieci riprese. Questo non significa, egli dice, che intenda tornare al com­ battimento. Ma aggiunge con orgoglio: « se volessi, probabilmente in sei o otto settimane sarei pronto per cercar di ri­ conquistare il titolo ». 4- FILADELFIA. — Ike Williams, cam­ pione del mondo dei pesi leggeri, ha bat­ tuto ai punti Jean Walzack, ex - cam­ pione francese dei medio-leggeri. 4- NEW YORK. — Le autorità pugilistiche americane sembra si siano finalmente orientate verso il riconoscimento della ne­ cessità di modificare i regolamenti e di creare un ente internazionale che disci­ plini l’attività mondiale. 4- NEW ORLEANS. — Con una decisione unanime dei giudici, ma senza il favore del pubblico, l’americano Bert Linam, di Austin (Texas) ha battuto ai punti in 12 riprese l’italiano Aldo Minelli. H berga­ masco ha talvolta superato Tawersario in fatto di tecnica, ma questi è stato più aggressivo. L’amerciano ha riportato una leggera ferita all’arco sopracciliare sini­ stro nella settima ripresa e Minelli ha avuto analogo incidente nell’ultima. 4- GINEVRA — Il medio-leggero milane­ se Odorico è stato battuto ai punti in dieci riprese dall’americano Jimmy Swan. Nel corso della stessa serata il medio­ massimo Giovanni di Reggio Emilia, re­ sidente in Svizzera ha sconfitto ai punti

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Simoniello, mentre Schwab ha regolato il peso piuma francese Martin.

4- NEW YORK. — Il campione mondiale dei pesi massimi Ezzard Charles intende esiliarsi dalla sua città natale di Cincin­ nati perchè, essendo negro, è stato in­ vitato a-lasciare il Country Club di quel­ la città, di cui egli era membro. 4- LONDRA. — Il campione britannico dei pesi gallo. Stan Rowan. ha rinunciato al titolo. Il 12 novembre Rowan aveva per­ duto il titolo imperiale della categoria, passato a Vie Toweel che Io aveva scon­ fìtto a Johannesburg. 4 L'AJA. — Il campione olandese dei pesi medi Lue Van Dam ha battuto con un largo margine di punti in dieci ri­ prese il francese Kid Marcel. La supe­ riorità dell’olandese è stata troppo schiac­ ciante perchè si possa dire che rincon­ tro sia stato interessante. All'ultima ri­ presa Marcel è stato salvato da un K.O. dalla campana finale

4- SACRATON (Filadelfia). — fi peso leg­ gero italiano Massimiliano Sanna ha bat­ tuto, in un incontro sulla distanza di dieci riprese, Fred Mannorte di Broklyn. Il combattimento è stato un po’ scialbo ed i giudici hanno assegnato unanimamente la vittoria all'italiano. 4- ROMA. — Belardinelli ha sconfitto net­ tamente ai punti lo sfidante Fattori, ri­ manendo cosi campione italiano dei « mo­ sca ». 4 PARIGI. — Giannelli ha dovuto ab­ bandonare di fronte a Sckena alla quar­ ta ripresa. Anche Rossellini è stato bat­ tuto ai punti dal campione francese Mousse.

4- STRASBURGO. — n peso massimo Embarek ha battuto ai punti Vartamian. 4- ROMA. — L’Ufficio di_ Presidenza del­ la Federazione Pugilistica Italiana ha preso le seguenti disposizioni che hanno carattere di emergenza. Arbitri - Tutti gli arbitri si dovranno sottoporre a visita medica obbligatoria al­ l'atto del rinnovo licenza per l’anno 1950. Gli arbitri che non avranno i requisiti fi­ sici necessari, officeranno solo come giudi­ ci qualora ritenuti idonei per tale mansio­ ne. Corsi di aggiornamento per gli aibitri verranno effettuati il più presto possibile e possibilmente a Roma dove gli arbitri verranno invitati per gruppi di Regioni. E’ fatto obbligo ai signori arbitri, a par­ tire dall'1 gennaio p.v., di indossare, nel­ l’espletamento della loro funzione, la pre­ scritta divisa. La indennità di divisa, già fissata in precedenza, verrà raddoppiata. E’ fatto obbligo ai signori arbitri di re­ primere nel modo più rigoroso le even­ tuali scorrettezze dei pugili in combatti­ mento. A tale proposito gli arbitri non debbono tralasciare in nessun caso di ri­ prendere pubblicamente i pugili scorretti, o peggio, fallosi squalificando senz’altro quelli che dopo due avvertimenti ricades­ sero nelle scorrettezze anche se queste non hanno provocato danno all’avversa­ rio. Gli arbitri che riscontrassero attra­ verso l’andamento dell’incontro da loro diretto una differenza di punteggio tra i due avversari, presso che impossibile a colmarsi, dovranno sospendere l’incontro per manifesta inferiorità di uno dei con­ tendenti anche se questi non è andato al tappeto. Procuratori. - Verrà effettuata una re­ visione di tutti i Procuratori Sportivi e in special modo di quelli affiliati « in prova » per un anno. Società - Verrò effettuato un control­ lo sulla consistenza organica delle So­ cietà affiliate con speciale riferimento al­ le loro palestre, ai loro istruttori e, in generale, all’attività che essi esplicano.

4- MILANO. — Martin ha battuto Milioni per K.O.; Roteglia ha battuto ai punti Bistezzo. 4- BARCELLONA. — Villaplana è stato costretto al pareggio dall'italiano Diori.

Condirettore resp. SISTO FAVRE

4- PARIGI. — Edoardo Mangiarotti per la seconda volta si è aggiudicato brillan­ temente il Trofeo Monal, al quale parte­ cipavano centosettantaquattro fra i mi­ gliori spadisti del mondo, n clamoroso successo di Mangiarotti è un trionfo del­ la scherma italiana.

4- ASPEN (Colorado). — Con l'adesione dell'Italia salgono ad otto le Nazioni che

CAMPIONI

DEL

hanno sinora accettato l’invito di nren der parte ai campionati mondiali di sei in programma per il 1950 negli Stati Uni li. Trentuno sono le Nazioni invitate, e sì presume che quasi tutte aderiranno al l'invito Gli Stati Uniti, che ospiteranno i campionati per la prima volta, hanno di­ viso le competizioni che si svolgeranno in due città separate da tre quarti del­ l’ampiezza del . continente Lakc Placid, nello Stato di New York e sede delle Olimpiadi invernali 1932, ospiterà le gare di salto e di fondo dal 29 gennaio al 5 febbraio. Le gare di discesa e di Slalom si svolgeranno invece ad Aspen, nel Co­ lorado, dal 13 al 18 febbraio. Oltre all'Ita­ lia hanno fin qui ufficialmente accettata l’invito Norvegia. Svezia. Austria, Canadà, Israele, Cile e Jugoslavia.

PANNATO

IL PERUGINO GIOVANNI EVANGELISTI I* i

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Fui ospite un giorno del Veloce Club Perugino e m’era mentore nella visita che io feci alla sede della bella e gloriosa socie­ tà ciclistica umbra, Bruno Carattoli, Vi­ ce prefetto di Perugia, amantissimo del ci­ clismo e che occupami i suoi ritagli di tempo al perfezionamento degli accessori della bicicletta cominciando dal cambio, che era allora all’inizio del suo sviluppo, e che ebbe in Carattoli un ideatore genia­ le, il precursore, quasi, dei cambi odierni. Fra le presentazioni di quel giorno eb­ bi la fortuna di avere quella di un omettino, dai capelli d’argento, dallo sguardo vivo e la parola ardita. Avrà toccato allo­ ra i 70 anni — vi parlo di più di 30 anni or sono — ma era agile, vigoroso, e quan­ do mi lasciò lo vidi inforcare con un sal­ to da adolescente la bicicletta ed andarse­ ne pedalando velocemente su per corso Vanii ucci. Era Giuseppe Evangelisti, del quale sta per ricorrere il 15.o anniversario della sua morte; quell’Evangelisti che fu una au­ tentica gloria del ciclismo nei primi albori della bicicletta e che onorò l’Italia, oltre che nel campo sportivo, in quello artisti­ co come pittore, o come patriota perchè fu « garibaldino » —di quelli autentici — entusiasta e valoroso, combattendo contro i turchi in Grecia e contro i tedeschi nel­ le Argonne. Dalla natia Perugia nel lontano periodo che corre fra il 18È)0 ed il 1896 egli pere­ grinò per le piste italiane, incontrando e molto spesso battendo, campioni di grido quali Alaimo, Pontecchi, Ruscelli, Robecchi, Tarlarini, Cariolato, Lanfranchi, Fa­ scini, Monto e Tomaselli, finché nel 1897 al richiamo di alti ideali abbandonava im­ provvisamente lo sport per correre volon­ tario nella legione garibaldina a Domohos, intraprendendo così la sua prima campa­ gna di guerra. La sua più grande prova ciclistica fu quella nella quale, unitamente all’indi­ menticabile Gigi Pontecchi, sulla bella e suggestiva pista delle Cascine di Firenze, fu opposto all’americano ’/.immerman che era allora — nel 1894 — campione del mondo. Incontro che Evangelisti avrebbe forse vinto se non fosse uscito malaugura­ tamente di curva mentre a meno di 100 metri dal traguardo precedeva di oltre una lunghezza il prestigioso americano. Ritornò alle corse ciclistiche nel 1901 al­ lorché trovandosi nell’America del Sud

C/c. Postale . Roma 1/3905

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per una delle sue peregrinazioni di arti­ sta, incontrò sulle piste argentine. Peteda, Ruggerone, il giovane Gardellin allo­ ra alle prime armi e Luciano Mazan an­ cora non conosciuto con il nomignolo di Petit Breton. Poi si ritirò definitivamente dalle gare e rientrato in Italia fu tutto preso dall* malia dell’arte e si dedicò con ispirazione e trasporto alla pittura ed alla decorazio­ ne, lasciando nei teatri, nelle ville e nei palazzi dell’Umbria pregevoli opere fra- le quali non mancano quelle di motivo spor­ tivo. Un’altra sua pittura a carattere politico che è ancora ammiratissima è quella ri­ producibile il famoso duello alla spad* fra il Conte di Torino ed il Duca d’Orleans, avvenuto nel 1896 quando il princi­ pe francese oltraggiò l’eroismo dell’esercito italiano battuto nella famosa battaglia di Adua, duello che pose termine alla odiosa campagna inscenata dal giornalista e spa­ daccino francese Tourneguex, contro la quale intervenne invano il prode generale Albertone e che il famoso umorista Con­ dolili bollò di ridicolo travestendosi nel carnevalesco generale Mannaggia la Rocca. In gara Evangelisti metteva la stessa anima, lo stesso ardore, lo stesso coraggio che dimostrò in guerra. Come quando a Domokos suonò la travolgente carica all* baionetta contro i Turchi e raccolse fra le sue braccia Antonio Fratti morente; come quando nel 1912 con Ricciotti Garibaldi combattè a Drisco, come quando nelle A in ­ gonne fu conipagno di eroismo di Bruno e di Costante Garibaldi e si meritò con la Legion d’onore il grado di capitano; come quando, ufficiale nell’esercito regolare, combattè con i Cacciatori delle Alpi a Col di Lana, a Cima di Fai Bruna, al Cordevole, ecc. Schivo di cariche e di onori fu pago so­ lo d’essere l’anima ed il consigliere prezio­ so del Veloce Club Perugino interessando­ si dei giovani e promettenti corridori che negli anni venivano affermandosi sia nel­ le corse regionali sia nel classico Giro dell’Umbria. Il Veloce Club Perugino e gli umbri tutti ricordano con ammirazione ed affet­ to il patriota, l’artista e il campione scom­ parso. Peccato che l’U.V.I. non lo ricordi intitolando al suo nome un Trofeo da porre in palio in qualche grande competi­ zione riservata ai giovani.

Victor

Scuola Grafica "Guido de Gregorio' . Roma

Sped. abb. postale . Gruooo III - Autorizzazione della Commissione Nazionale Stamoa N. 1769 del 14/11/1945


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